1469 CAPITOLO 65 Tatiana Mancini Andrea Giustina Data la natura del sistema endocrino e le sue origini embriologiche, il clinico deve sempre aver presente l’eventualità che si possano osservare su base eziopatogenetica (e quindi sindromica) interessamenti patologici concomitanti o associati di più ghiandole endocrine, Sindromi plurighiandolari le cosiddette sindromi plurighiandolari. Si riscontrano due tipologie di tali sindromi: quelle neoplastiche (o neoplasie endocrine multiple) e quelle su base infiammatoria e autoimmune (sindromi poliendocrine autoimmuni). 9 9 Neoplasie endocrine multiple Definizione Si definisce affetto da neoplasie endocrine multiple (Multiple Endocrine Neoplasia, MEN) un paziente che abbia sviluppato una neoplasia in due o più ghiandole endocrine. In precedenza veniva impiegata la definizione di “adenomatosi endocrine multiple” o sindrome plurighiandolare. La sigla MEN è oggi preferita perché nello stesso paziente può svilupparsi sia un’iperplasia ghiandolare sia una neoplasia maligna. La MEN1 può essere caratterizzata dalla combinazione di più di 20 neoplasie endocrine e non endocrine (Tab. 65.1). Questo è il motivo per il quale non è semplice trovare una definizione della MEN1 che includa tutti i casi descritti. Da un punto di vista pratico si assume che nella MEN di tipo 1, chiamata anche sindrome di Wermer, le neoplasie interessino le paratiroidi, il pancreas e l’ipofisi anteriore (si veda Tab. 65.1). La MEN1 si definisce familiare quando vi è un caso di MEN1 più almeno un familiare con per lo meno una delle tre principali neoplasie. Dal momento che l’iperparatiroidismo è la più frequente e precoce manifestazione clinica di MEN1, una forma familiare isolata di iperparatiroidismo può essere il preludio di una forma tipica di MEN1. Relativamente alla MEN di tipo 2, esistono diverse varianti cliniche (Tab. 65.2): MEN2a, caratterizzata da carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma e iperparatiroidismo; il carcinoma midollare della tiroide familiare; la MEN2a con amiloidosi-lichen cutaneo; la MEN2a o carcinoma midollare della tiroide familiare con malattia di Hirschsprung; la MEN2b, caratterizzata da carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma, ganglioneuromatosi intestinale e delle mucose, habitus marfanoide. La MEN 2 fornisce un modello unico per la prevenzione e la cura delle neoplasie nonché per la possibilità di prevedere con precisione le manifestazioni cliniche e stratificare il C0325.indd 1469 rischio sulla base del tipo di mutazione riscontrata nel carrier. Epidemiologia Le MEN sono sindromi rare. Relativamente alla MEN1 viene riportata una prevalenza da 2 a 10 per 100.000 abitanti. La frequenza delle diverse neoplasie endocrine e non endocrine differisce a seconda delle casistiche e risente della diversa penetranza della patologia. Come si può osservare nella tabella 65.1, gli adenomi paratiroidei sono i più frequenti (~ 90 %), seguiti dai tumori gastroenteropancreatici, dei quali il gastrinoma risulta il più frequente (~ 40 %). Più rari gli adenomi ipofisari, dei quali il prolattinoma è il più frequente (~ 20%). La prevalenza della MEN2 è di 1 su 5000 persone. La MEN2a rappresenta il 75% delle MEN2. Il 95% dei soggetti con MEN2a svilupperà un carcinoma midollare della tiroide, il 50% un feocromocitoma mono- o bilaterale e il 30% un’iperparatiroidismo. Eziologia e fattori di rischio Le neoplasie endocrine multiple rappresentano un esempio di neoplasie correlate ad alterazioni genetiche. Il gene responsabile della MEN1 è localizzato sul cromosoma 11q13, consiste in 10 esoni e codifica per una proteina di 610 aminoacidi definita menina. La menina risiede principalmente nel nucleo e interagisce con Jun D, proteina attivante la trascrizione: da quando è disponibile lo screening genetico per la MEN1 ne sono state identificate più di 400 mutazioni germinali e somatiche. Tutte le varietà della MEN2 derivano, invece, dalla mutazione di un proto-oncogene, localizzato sul cromosoma 10, che codifica per un recettore ad attività tirosin-chinasica (RET). 6/9/10 7:48:09 PM 1470 Parte 9 - MALATTIE ENDOCRINE Tabella 65.1 Prevalenza delle manifestazioni cliniche della MEN1 Tumori endocrini Adenoma delle paratiroidi Tumori gastroenteropancreatici (GEP) – Gastrinoma – Insulinoma – Non-funzionanti – Altri (glucagonomi, somatostatinomi, vipomi ecc.) Adenomi ipofisari – Prolattinomi – Non funzionanti – GH + PRL, GH – ACTH – TSH Carcinoidi – Timici – Bronchiali – Gastrici Adenomi surrenali non secernenti (%) 90 40 10 20 2 20 17 5 (ciascuno) 2 Raro Tumori non endocrini Lipomi Angiofibromi facciali Collagenomi Meningiomi Ependimomi Leiomiomi Feocromocitomi 2 2 10 25 (%) 30 85 70 5 1 10 <1 Tabella 65.2 MEN2a e sue varianti cliniche o sindromi C0325.indd 1470 Patogenesi Per spiegare l’insorgenza di neoplasie in due o più sedi differenti è stato ricercato un progenitore embrionario comune di tutte le cellule della MEN. Questo precursore di origine neuroectodermica veniva individuato nel sistema APUD (Amine Precursor Uptake and Decarboxilation), o più recentemente, nel sistema neuroendocrino diffuso che raggruppa tutte le cellule secernenti peptidi biologicamente attivi, presenti anche al di fuori delle ghiandole endocrine. Questa teoria non è accettata da tutti e ha perso via via di importanza con l’individuazione di mutazioni genetiche in grado di determinare la trasformazione neoplastica con meccanismi simili in tessuti ghiandolari diversi. Entrambe le MEN sono patologie a trasmissione autosomica dominante, ma i meccanismi attraverso i quali le mutazioni inducono la trasformazione neoplastica sono diversi. Nel caso della MEN1, infatti, le mutazioni determinano l’inattivazione della menina, che si comporta da onco-soppressore; nella MEN2, invece, vi è l’attivazione del proto-oncogene RET che promuove la trasformazione neoplastica. Nella MEN1 la mutazione in un allele (first hit) viene ereditata ed è pertanto presente in tutte le cellule del corpo, ma è generalmente silente fino allo sviluppo del primo tumore. Tale allele mutato predisporrebbe alla trasformazione neoplastica di alcuni tessuti. Quando la prima mutazione si combina con la mutazione somatica o postnatale dell’altro allele (second hit) in una determinata cellula, quella cellula inizia l’espansione clonale neoplastica. La perdita di eterozigosi (LOH, Loss Of Heterozygosity) del locus 11q13 è compatibile con l’ipotesi di Knudson delle due mutazioni formulata per gli onco-soppressori. A differenza di quanto accade per la MEN2, non sono state trovate correlazioni significative genotipo-fenotipo. Ci può essere una variabilità fenotipica inter- e intrafamiliare, cioè soggetti portatori della stessa mutazione possono presentare quadri clinici differenti sia nelle forme familiari sia nelle forme sporadiche. Diversa la patogenesi della MEN2, nella quale le mutazioni determinano la modificazione di un aminoacido. L’attivazione del gene RET determina l’omodimerizzazione (mutazione nel dominio extracellulare in gran parte delle MEN2a) o l’attivazione del sito catalitico della tirosin-chinasi (mutazioni del dominio intracellulare nelle MEN2b). La mutazione del gene RET è responsabile di tutte le varianti cliniche, ma esiste una correlazione precisa genotipo-fenotipo. Dal tipo di mutazione è possibile ricavare anche un’informazione prognostica: l’aggressività del carcinoma midollare della tiroide nella MEN2 correla con il codone del gene RET mutato. Sindrome MEN2a Caratteristiche cliniche Carcinoma midollare della tiroide (95%) Feocromocitoma (50%) Adenoma della paratiroidi (30%) Carcinoma midollare della tiroide familiare (FMTC) Carcinoma midollare della tiroide (100 %) MEN2a con amiloidosi-lichen cutaneo MEN2a e lesione cutanea pruriginosa localizzata nella parte superiore del dorso MEN2a o FMTC con malattia di Hirschsprung MEN2a o FMTC con malattia di Hirschsprung Fisiopatologia MEN2b Carcinoma midollare della tiroide (90%) Feocromocitoma (45%) Habitus marfanoide (65%) Ganglioneuromatosi delle mucose e intestinale (100%) La precocità di comparsa e la molteplicità delle lesioni caratterizza le neoplasie nelle forme familiari di MEN1 confrontate con le sporadiche. La presenza di una mutazione germinale nelle forme familiari sembra poter spiegare tali differenze. Il meccanismo fisiopatologico delle forme familiari è analogo a quello delle forme sporadiche, nelle quali si trova con elevata frequenza la mutazione 6/9/10 7:48:09 PM Capitolo 65 - SINDROMI PLURIGHIANDOLARI somatica della MEN1. Mutazioni germinali MEN1 sono state riscontrate nel 20% degli iperparatiroidismi familiari, mentre nelle famiglie con tumori ipofisari isolati non è stata trovata la mutazione MEN1. Nella MEN2 l’iperplasia multifocale delle cellule C è il precursore del carcinoma midollare della tiroide ereditario; la progressione da iperplasia a lesione microscopica è variabile e può impiegare anche diversi anni. Le metastasi possono essere molto precoci e interessare il compartimento cervicale centrale o laterale e i linfonodi mediastinici oppure organi a distanza (polmone, fegato, ossa). Manifestazioni cliniche Adenomi ipofisari In meno del 10% dei casi l’adenoma ipofisario rappresenta la prima manifestazione clinica di una MEN, nonostante gli adenomi ipofisari siano presenti in più del 60% dei pazienti. La sintomatologia è correlata all’eventuale ipersecrezione o all’effetto massa per i macroadenomi, come accade per le forme sporadiche (si veda il Capitolo 60). Altre manifestazioni cliniche Altre manifestazioni cliniche (si veda Tab. 65.1) sono rappresentate da: carcinoidi timici, carcinoidi bronchiali, carcinoidi gastrici di tipo II a cellule simil-cromaffini, adenomi surrenali, lipomi cutanei e viscerali, angiofibromi e collagenomi. MEN1 Le manifestazioni cliniche della MEN1 sono correlate all’ipersecrezione ormonale [paratormone (PTH), gastrina ecc.] e alla malignità (gastrinoma, insulinoma, carcinoidi dell’intestino anteriore o foregut). Iperparatiroidismo L’iperparatiroidismo è la più comune endocrinopatia presente nella MEN1, raggiungendo una penetranza vicina al 100% a 50 anni di età. È solitamente anche la prima manifestazione clinica della MEN1, comparendo all’età di circa 20-25 anni, cioè 30 anni prima rispetto alla forma sporadica. Questo determina, nelle donne affette da iperparatiroidismo nell’ambito di una MEN1, una precoce riduzione della massa ossea. Un’altra peculiarità dell’iperparatiroidismo nella MEN1 è che la neoplasia interessa generalmente tre o più paratiroidi, che possono anche essere ectopiche. Neoplasie pancreatico-duodenali Il gastrinoma rappresenta la neoplasia più frequente nella MEN1 seguito dall’insulinoma. Il gastrinoma interessa il duodeno in più del 90% dei casi, è frequentemente multifocale, contiene spesso una componente maligna e ha già metastatizzato alla diagnosi nella metà dei casi. Sono fattori prognostici negativi la localizzazione pancreatica della lesione primitiva, la presenza di metastasi (linfonodi, fegato, ossa) e di una sindrome di Cushing ectopica, nonché gli elevati livelli di gastrina alla diagnosi. L’eccesso di gastrina determina ipersecrezione di acido cloridrico ed è clinicamente caratterizzata da ulcere gastriche multiple e spesso diarrea (sindrome di Zollinger-Ellison). Anche l’insulinoma può essere maligno, ma difficilmente prima dei 30 anni. Non esistono marcatori in grado di indicare il rischio di progressione delle lesioni maligne. Gli insulinomi possono risultare positivi in ordine decrescente di frequenza per cromogranina A e B, polipeptide pancreatico, glucagone, insulina, proinsulina, somatostatina, gastrina, polipeptide intestinale vasoattivo (VIP), serotonina, calcitonina, neurotensina. La produzione inappropriata di insulina è clinicamente caratterizzata da una sindrome ipoglicemica che tipicamente si manifesta a digiuno. Più rare le neoplasie che producono VIP (vipomi), che determinano la sindrome di Verner-Morrison (diarrea acquosa profusa, ipokaliemia e acloridria per inibizione della secrezione acida gastrinomediata) e glucagone (il cui eccesso produce diabete ed epidermolisi bollosa). C0325.indd 1471 1471 MEN2 Il carcinoma midollare della tiroide è la prima manifestazione clinica nella gran parte dei pazienti con MEN2a ed è frequentemente multifocale. Si tratta di una neoplasia secernente calcitonina derivata dalle cellule parafollicolari della tiroide. Soprattutto nei pazienti in giovane età, non frequentemente colpiti nelle forme sporadiche, è necessario escludere la presenza di un feocromocitoma, che può essere estremamente pericoloso soprattutto in occasione dell’intervento chirurgico per carcinoma midollare della tiroide (crisi ipertensive). Nelle casistiche più vecchie la diagnosi di carcinoma midollare della tiroide veniva effettuata dopo il riscontro di un nodulo tiroideo: in questi casi la malattia progredisce e si ha una mortalità cancrocorrelata nel 15-20% dei pazienti. Nelle forme di MEN2 il carcinoma midollare della tiroide può avere decorso più benigno e meno evolutivo rispetto alle forme sporadiche. Nel caso in cui si proceda, dopo l’analisi genetica, a una tiroidectomia precoce la mortalità scende al di sotto del 5%. La seconda neoplasia in ordine di frequenza è rappresentata dal feocromocitoma, neoplasia della midollare del surrene, secernente catecolamine. Nella MEN2 il feocromocitoma è presente in circa la metà dei casi con localizzazione bilaterale e multifocale. Anche la mortalità improvvisa per feocromocitoma si è notevolmente ridotta dopo l’introduzione della diagnosi genetica. Da un punto di vista clinico, se la diagnosi non è precoce compaiono i segni di ipersecrezione. Nel carcinoma midollare della tiroide l’ipersecrezione di calcitonina non provoca alterazioni del metabolismo minerale rilevabili clinicamente e i livelli sierici di calcio e fosforo sono normali. La sola manifestazione clinica della neoplasia può essere rappresentata dalla crescita locale e dalle metastasi (a partire dai linfonodi latero-cervicali). Il 30% dei pazienti presenta diarrea, che regredisce dopo l’asportazione del tumore. La patogenesi della diarrea non sembra essere legata solo alla calcitonina, ma piuttosto alla produzione di prostaglandine, serotonina o VIP (che non sono fisiologicamente prodotti dalle cellule C) da parte del tumore. Nel feocromocitoma l’ipersecrezione di catecolamine determina crisi ipertensive, tachicardia, sudorazioni, vampate e cefalea. La terza neoplasia in ordine di frequenza (30% dei casi) è quella della paratiroidi, che nella MEN2a si presenta in forma più lieve rispetto alla MEN1: spesso i pazienti sono asintomatici e talora le paratiroidi adenomatose sono 9 6/9/10 7:48:09 PM 1472 Parte 9 - MALATTIE ENDOCRINE visualizzate casualmente durante l’intervento di tiroidectomia per carcinoma midollare della tiroide. La MEN2b si caratterizza, rispetto alla MEN2a, per una maggiore aggressività clinica. Infatti, il carcinoma midollare della tiroide è più aggressivo e tende a manifestarsi in età più giovanile, con possibilità di metastasi già a un anno di età. Le paratiroidi sono interessate molto raramente. La qualità di vita di questi pazienti è compromessa dalla diarrea, che sembra dipendere da una serie di fattori umorali prodotti dalla neoplasia nonché dalla dismotilità intestinale correlata alla ganglioneuromatosi. I pazienti presentano inoltre un aspetto marfanoide (arti lunghi, cifoscoliosi, aracnodattilia, ectopia del cristallino) e neurinomi mucosi multipli a livello delle labbra, della mucosa orale, del tratto gastrointestinale. Diagnosi MEN1 Per identificare i portatori di MEN1 si raccomanda l’analisi genetica, che deve essere principalmente effettuata nei pazienti con diagnosi clinica di MEN1, nei loro familiari e nei pazienti con forme atipiche di MEN1. Il test genetico ha solo un significato “informativo”, ma non consente un intervento profilattico efficace come quello che si può effettuare per la MEN2. In ogni caso, escludere una mutazione nota in un membro della famiglia rende superflui successivi screening. La stessa analisi genetica risulta più complicata nella MEN1 rispetto alla MEN2 e nel 10-20 % dei casi non è possibile individuare la mutazione. Quando l’analisi del DNA non si è rivelata utile, per i pazienti a rischio (per esempio, i familiari di primo grado di un paziente con MEN1) viene effettuato lo screening biochimico annuale con dosaggio di calcio ionizzato, PTH, prolattina (PRL), fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1) estendendo eventualmente anche al dosaggio di glicemia, insulina, proinsulina, glucagone, gastrina e cromogranina A. Nel caso dei gastrinomi esami di secondo livello sono l’output di acido-gastrico o il dosaggio della gastrina dopo stimolo con la secretina. Per l’insulinoma si impiega il test al digiuno. Relativamente all’imaging, le indagini vengono ripetute ogni 3-5 anni. Per quanto riguarda l’iperparatiroidismo, a differenza delle forme sporadiche, la scintigrafia con 99mTc-sestamibi non è indicata prima dell’intervento, dal momento che tutte e quattro le ghiandole devono comunque essere esaminate nel corso dell’intervento stesso. Può invece trovare un utile impiego prima di un reintervento per recidiva. La scintigrafia con analoghi marcati della somatostatina può essere utile nella localizzazione di un tumore neuroendocrino, ma le lesioni devono trovare conferma alla tomografia computerizzata (TC)/risonanza magnetica (RM) prima di inviare il paziente all’intervento chirurgico. Utile per la localizzazione degli insulinomi è l’ecografia endoscopica. Relativamente agli adenomi ipofisari l’imaging è rappresentato dalla RM dell’ipofisi. Lo screening consente di fare una diagnosi nelle neoplasie non funzionanti o nelle forme funzionanti prima della comparsa di una sintomatologia correlata all’ipersecrezione ormonale. Anche il riscontro di tumori cutanei, infine, potrebbe essere utile per individuare i portatori di MEN1 prima della comparsa di una sintomatologia. C0325.indd 1472 MEN2 Rappresenta una delle patologie nelle quali la diagnosi genetica consente un intervento clinico estremamente efficace. Il sequenziamento del DNA per il gene RET è efficace e ampiamente disponibile, a differenza dell’analisi genetica per la MEN1. Le mutazioni sono state riscontrate negli esoni 10, 11, 13, 14, 15 e 16, per cui routinariamente possono essere testati solo questi esoni e, se negativi, si può passare al sequenziamento, in centri specializzati, dei rimanenti 15 esoni. La ricerca della mutazione del gene RET è obbligatoria in tutti i bambini con un rischio al 50%: l’analisi genetica consente una diagnosi in più del 95% dei casi. Il codone mutato consente di stratificare il rischio in tre categorie a seconda del tipo di MEN2, l’età di comparsa e l’aggressività del carcinoma midollare della tiroide. A seconda della mutazione (e quindi della variante di MEN2a) e della storia clinica della famiglia si imposterà lo screening successivo. L’analisi genetica consente di fare diagnosi prima del dosaggio della calcitonina, basale o sotto stimolo (dato che spesso i livelli basali di calcitonina non sono particolarmente elevati) con pentagastrina, calcio o entrambi. Tuttavia la calcitonina rimane un eccellente marker tumorale; se elevata dopo l’intervento, è il primo segno di persistenza o recidiva. Se la mutazione non viene identificata, ma la presunzione del carcinoma midollare della tiroide rimane elevata, si utilizza il dosaggio della calcitonina basale e dopo stimolo. Vi sono casi in cui la diagnosi di carcinoma midollare della tiroide parte invece dal riscontro di un nodulo tiroideo: in questi casi si evidenziano elevati livelli di calcitonina durante il percorso diagnostico del nodulo tiroideo stesso. Oggi esistono criteri stringenti per la diagnosi di carcinoma midollare della tiroide familiare: più di 10 portatori in famiglia, multipli portatori o affetti con più di 50 anni d’età e un’adeguata storia clinica soprattutto per i membri più anziani. Con questi criteri è possibile che pazienti con carcinoma midollare della tiroide familiare siano collocati fra le MEN2, ma ciò costituisce un problema minore, dal momento che è più importante non tralasciare la diagnosi di feocromocitoma. Fatta diagnosi di carcinoma midollare della tiroide, prima dell’intervento è necessario escludere un feocromocitoma. La ricerca della mutazione germinale del gene RET è consigliabile in tutti i casi apparentemente sporadici di carcinoma midollare della tiroide e feocromocitoma perché, anche se il riscontro della mutazione è solo occasionale (1-7% per carcinoma midollare della tiroide), risulterebbe comunque molto importante per i familiari. Se il paziente presenta la mutazione del gene RET, tale mutazione va ricercata in tutti i familiari di primo grado. Se il test genetico è, invece, negativo la probabilità che si tratti di una forma ereditaria è scarsa. Eventualmente può essere effettuato il test alla pentagastrina nei familiari. Va ricordato che il feocromocitoma può essere ereditario nell’ambito di altre sindromi diverse dalle MEN: von Hippel-Lindau, neurofibromatosi di tipo 1, sindrome da paragangliomi e feocromocitoma ereditario. 6/9/10 7:48:09 PM Capitolo 65 - SINDROMI PLURIGHIANDOLARI 1473 Terapia e della sottomucosa duodenale. Per i pazienti con elevata secrezione di gastrina indotta dalla secretina è inclusa la duodenotomia. L’intervento di Whipple viene scelto nel caso in cui il margine della neoplasia maggiore interessi la testa del pancreas. Sono ancora preliminari i risultati di chemioterapia e radioterapia in questi pazienti. Le terapie dell’iperparatiroidismo e degli adenomi ipofisari sono trattate nei relativi capitoli (64 e 60, rispettivamente). MEN1 Da un punto di vista prognostico la mortalità correlata alla sindrome di Zollinger-Ellison è stata virtualmente eliminata dall’eccellente controllo metabolico ottenuto grazie alle attuali terapie mediche (inibitori di pompa protonica). Con il conseguente allungamento dell’aspettativa di vita, questi pazienti vanno più frequentemente incontro alle complicanze correlate alla malignità di alcune forme neoplastiche che sarebbero responsabili della morte di circa un terzo dei pazienti affetti da MEN1. Questo dipende in parte dal fatto che non esistono, diversamente dalla MEN2, una prevenzione e una terapia efficaci (eccetto la timectomia profilattica per i carcinoidi timici), anche perché i principali organi bersaglio (pancreas, duodeno e polmone) non si prestano né a screening per diagnosi precoce né all’ablazione chirurgica. MEN2 Carcinoma midollare della tiroide La prevenzione e la terapia del carcinoma midollare della tiroide sono chirurgiche. La prognosi è tanto migliore quanto più precoce è la diagnosi, in maniera che l’intervento di tiroidectomia totale impedisca la progressione della malattia. Se la diagnosi è posta sulla base della mutazione è la categoria di rischio a indicare tempi e modi per l’intervento. In genere la tiroidectomia totale deve essere effettuata prima dei 6 mesi nella MEN2b e prima dei 5 anni nella MEN2a. L’intervento di minima è la tiroidectomia totale: non vi è accordo sulla necessità della dissezione centrale dei linfonodi cervicali. L’intervento viene esteso alla dissezione laterale ed eventualmente all’esplorazione del mediastino se vi è evidenza preintervento di una diffusione della malattia. La prognosi a distanza è strettamente correlata alla radicalità dell’intervento. Nel caso di malattia metastatica l’intervento non è indicato a meno che il debulking della neoplasia non venga impiegato per migliorare la sintomatologia. Il carcinoma midollare della tiroide metastatico non risulta sensibile a chemioterapia e radioterapia. Va tuttavia sottolineato che anche i pazienti con malattia metastatica possono rimanere asintomatici per molti anni. Neoplasie pancreatico-duodenali A eccezione dell’insulinoma, tutte le altri sindromi da eccesso ormonale causate da neoplasie pancreatico-duodenali rispondono bene alla terapia medica. Inibitori di pompa e H2 bloccanti (per la gastrina), e analoghi della somatostatina (per le altre ipersecrezioni) consentono di controllare la sintomatologia. I gastrinomi nella MEN1 sono frequentemente multipli e/o metastatici, per cui è discusso il ruolo della chirurgia. Controverso è anche il ruolo della chirurgia enteropancreatica per i pazienti con MEN1 asintomatici. Alcuni autori suggeriscono l’intervento con lesioni di più di 3 cm o in crescita, altri solo sulla base della diagnosi biochimica, in quanto la malattia può essere metastatica anche con imaging negativo. L’intervento standard, per neoplasie diverse dai gastrinomi, è rappresentato dalla resezione distale del pancreas con ecografia intraoperatoria e palpazione bidigitale per l’enucleazione di neoplasie della testa del pancreas 9 Feocromocitoma Per la terapia del feocromocitoma si veda il Capitolo 2. Sindromi poliendocrine autoimmuni Definizione Classificazione (Tab. 65.3) Le sindromi poliendocrine autoimmuni (SPA) sono generalmente caratterizzate da ipofunzione di due o più ghiandole endocrine, associata alla presenza di anticorpi circolanti organo-specifici e a infiltrazione linfomonocitaria delle ghiandole interessate. Attualmente l’unica condizione endocrina descritta nella sindrome e caratterizzata da iperfunzione ghiandolare è rappresentata dalla malattia di Graves-Basedow. Le endocrinopatie nella SPA sono associate ad altre patologie autoimmuni e non autoimmuni. Esistono controversie nosologiche relative alla classificazione delle SPA. Nel 1980 Neufeld e Blizzard hanno classificato le SPA in quattro diversi tipi: • SPA di tipo 1 (o APECED: Autoimmune PolyEndocrinopathy Candidiasis Ectodermal Dystrophy): candidiasi cronica (73-100%), ipoparatiroidismo cronico (73-90%), malattia di Addison autoimmune (22-93%) (almeno due presenti); • SPA di tipo 2 (sindrome di Schmidt): malattia di Addison autoimmune (deve sempre essere presente) più tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto (6982%) e/o diabete mellito di tipo 1 (30-52%); C0325.indd 1473 6/9/10 7:48:09 PM 1474 Parte 9 - MALATTIE ENDOCRINE Tabella 65.3 Classificazione delle sindromi poliendocrine autoimmuni (SPA) SPA DI TIPO 1 (O APECED: AUTOIMMUNE POLYENDOCRINOPATHY CANDIDIASIS ECTODERMAL DYSTROPHY) Manifestazioni minori Manifestazioni maggiori (almeno 2 presenti) Candidiasi cronica (73-100%) Ipogonadismo ipergonadotropo (24-60%), diabete mellito insulino-dipendente (0-12%), tireopatie autoimmuni (2-36%), ipofisite (7%), gastrite cronica atrofica (13-27%), anemia perniciosa (0-15%), malassorbimento (6-22%), epatite cronica (5-31%), colelitiasi (44%), vitiligo (8-25%), alopecia (13-72%), sindrome di Sjögren (12-18%), distrofia ectodermica (10-52), deficit immunologici (cellulari e umorali), asplenia, neoplasie (esofago e stomaco), calcificazioni dei gangli basali, vasculiti (3%), nefrocalcinosi (correlata alla terapia con vitamina D) Ipoparatiroidismo cronico (73-90%) Malattia di Addison (22-93%) SPA DI TIPO 2 (O SINDROME DI SCHMIDT) Forme incomplete Addison + anticorpi anti-tiroide e/o anti-cellule insulari (ICA) e/o anti-glutammico-decarbossilasi (GAD) Tiroidite autoimmune (69-82%) e/o Tiroidite autoimmune + anti-corteccia surrenale (ACA)/21-idrossilasi Diabete mellito di tipo 1 (30-52%) Diabete mellito di tipo 1 + ACA/21-idrossilasi Altre manifestazioni minori Tireopatia + diabete mellito di tipo 1 + ACA/21-idrossilasi Nessuna forma clinica + ACA/21-idrossilasi + anti-tiroide Vitiligo, gastrite cronica atrofica, ipogonadismo ipergonadotropo, e/o ICA e/o GAD epatite autoimmune, alopecia, neoplasie, anemia perniciosa, miastenia grave, ipofisite Forma completa Addison autoimmune (100%) Tiroidite autoimmune Mixedema idiopatico Tiroidite asintomatica + esoftalmo autoimmune Malattia di Graves-Basedow SPA DI TIPO 3 3A Endocrinopatie Diabete mellito di tipo 1, sindrome di Hirata, insufficienza ovarica precoce, ipofisite linfocitaria, neuroipofisite 3B Patologie gastrointestinali Gastrite atrofica, anemia perniciosa, malattia celiaca, malattia infiammatoria intestinale, epatite autoimmune, cirrosi biliare primitiva, colangite sclerosante 3C Patologie dermatologiche e neurologiche Vitiligo, alopecia, miastenia grave, stiff man syndrome, sclerosi multipla 3D Collagenopatie LES, LED, connettivite mista, artrite reumatoide, artrite sieronegativa, sclerodermia, sindrome di Sjögren, vasculite, sindrome di Werlhof, sindrome da anticorpi antifosfolipidi SPA DI TIPO 4 (TUTTE LE COMBINAZIONI NON INCLUSE NELLE PRECEDENTI) • SPA di tipo 3: tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto più altra patologia autoimmune (esclusi Addison, candidiasi e ipoparatiroidismo); • SPA di tipo 4: due o più malattie autoimmuni organo-specifiche (che non ricadano nei tipi precedenti). Recentemente Betterle et al. hanno proposto un’ulteriore suddivisione delle SPA di tipo 3 in quattro diversi gruppi a seconda che le tireopatie si associno a diabete mellito (3a), gastrite atrofica, anemia perniciosa (3b), vitiligo, alopecia, miastenia grave (3c), patologie autoimmuni non organo-specifiche (3d). Le SPA, prima di diventare “cliniche”, possono essere “potenziali” se ci sono solamente C0325.indd 1474 gli autoanticorpi o “subcliniche” quando i test funzionali sono compatibili con un’insufficienza endocrina in stato iniziale o appunto subclinico o biochimico. Più comunemente, tuttavia, si tende a semplificare i criteri di classificazione identificando in SPA di tipo 2 tutti i pazienti che non rientrano nella tipo 1. Questa semplificazione nasce dal fatto che le forme diverse dalla SPA di tipo 1 sarebbero multigeniche, con quadri clinici che variano a seconda dell’assortimento genetico che si ha nei diversi individui. Esiste infine una poliendocrinopatia molto rara (denominata IPEX), correlata al cromosoma X, che si presenta nell’infanzia con diabete mellito insulino-dipendente e severa diarrea, e determina deficit di crescita e mortalità precoce (Fig. 65.1). 6/9/10 7:48:09 PM Capitolo 65 - SINDROMI PLURIGHIANDOLARI Epidemiologia La SPA di tipo 1 è una patologia generalmente rara (< 1:100.000/anno), ma vi sono alcune comunità nelle quali è stato osservato un aumento nella prevalenza (in Sardegna, 1 su 14.500 abitanti). Il rapporto femmina-maschio va da 0,8 a 2,4. Di solito solo la metà dei pazienti presenta tutte e tre le componenti maggiori della SPA di tipo 1. La SPA di tipo 2 ha una prevalenza di 1,4 -4,5 su 100.000 abitanti, con un rapporto femmina-maschio da 2,7 a 3,7. Se si considerano le SPA di tipo 3, come classificate da Betterle et al., il 52% dei pazienti con una tireopatia autoimmune presenta anticorpi organo- e non organo-specifici e presenterebbe quindi una SPA di tipo 3. Dal momento che le tireopatie interessano il 7-8% della popolazione, si può evincere che il 3,5-4% della popolazione presenterebbe una forma completa o incompleta di SPA di tipo 3. Eziologia e fattori di rischio La SPA di tipo 1 è la prima patologia autoimmune nella quale è stata riconosciuta come causa la mutazione in un singolo gene localizzato sul cromosoma 21q22.3, il gene regolatore autoimmune (AIRE). La trasmissione è autosomica recessiva. Il gene AIRE è importante per la maturazione intratimica delle cellule T e partecipa alla selezione negativa delle cellule T che reagiscono con gli autoantigeni. La sua mutazione determinerebbe quindi un’alterazione nell’immunotolleranza. La SPA di tipo 2, invece, presenta una modalità autosomica dominante ma a penetranza incompleta. Dal momento che gli antigeni HLA giocano un ruolo nel condizionamento della risposta dei linfociti T agli antigeni si è ricercata una particolare correlazione fra la SPA di tipo Timo 2 e l’HLA. È stata riscontrata nei pazienti con SPA di tipo 2 un’aumentata prevalenza dell’HLA-DR3 e HLA-DR4, in particolare con gli aplotipi DRB1*0301, DQA1*0501, DQB1*0201. Sono stati infine individuati particolari genotipi HLA che implicano un aumentato rischio per lo sviluppo di una particolare insufficienza endocrina. Un aumentato rischio di malattia di Addison si ha, per esempio, con genotipo DR3/4, DQ2/DQ8 con DRB1*0404. Il difetto genetico responsabile dell’IPEX è stato identificato sul gene FOXp3, il quale è espresso nelle cellule T regolatrici CD4+ CD25+. La mutazione, alterando le cellule regolatrici, genera un’autoimmunità multiorgano (si veda Fig. 65.1). Patogenesi La patogenesi dell’autoaggressione nelle endocrinopatie autoimmuni è considerata multifattoriale e resta ancora da spiegare il meccanismo attraverso il quale target preferenziale dell’aggressione autoimmunitaria possano essere le ghiandole endocrine. Questa propensione, in determinati soggetti, a sviluppare un’autoimmunità prevalentemente (anche se non esclusivamente) endocrina è per lo meno in parte spiegabile con alterazioni della risposta immunitaria mediata dai linfociti T. È stata descritta una popolazione di cellule T (CD4+ CD25+) con potenti proprietà regolatorie che inibiscono l’attivazione di cellule effettrici CD4+ CD25−. Queste cellule, regolando l’autoaggressione delle cellule B e T, sembrano avere un ruolo determinante nella patogenesi delle malattie autoimmuni (si veda Fig. 65.1). Lo sviluppo della malattia autoimmune è determinato da un sottogruppo di cellule T che riconoscono uno o più peptidi degli organi target. Questi peptidi sono legati alle molecole HLA e sono presentati al recettore delle cellule 1475 9 Organo bersaglio Cellula PAE Cellula Th2 Anticorpi AIRE APS-1 Cellula B Cellula T Cellula T patogena Cellula T Peptide dell'organo bersaglio Attivazione ambientale Immunità innata Cellula PAE HLA Cellula T APC FOXp3 IPEX Cellula T regolatoria Cellula Th1 Malattia di Addison AIRE = regolatore autoimmune; APC = cellula che presenta l’antigene; APS-1 = sindrome poliendocrina di tipo 1; HLA = antigene leucocitario umano; IPEX = immunodisregolazione, poliendocrinopatia, enteropatia X-correlata; PAE = cellule che esprimono l’antigene in periferia; Th1 = T helper 1; Th2 = T helper 2. Figura 65.1 Patogenesi dell’autoimmunità nelle malattie poliendocrine. (Da: Eisenbarth GS, Gottlieb PA. Autoimmune polyendocrine syndromes. NEJM 2004;350:2068-79. Copyright © 2004 Massachusetts Medical Society. All rights reserved.) C0325.indd 1475 6/9/10 7:48:09 PM 1476 Parte 9 - MALATTIE ENDOCRINE T (TCR). Le cellule B producono anticorpi sotto lo stimolo delle cellule T. Il riconoscimento delle molecole “self” dipende dalla maturazione di cellule T, un processo che inizia nel timo e prosegue in periferia. Relativamente ai modelli animali, per la patogenesi delle SPA, vi sono principalmente due teorie: quella virale e quella dell’effetto soppressore. Secondo l’ipotesi virale, la patologia autoimmune si svilupperebbe in seguito al cosiddetto “mimetismo molecolare”, secondo il quale la risposta immune sarebbe il risultato di una cross-reazione fra un antigene ambientale e un antigene dell’ospite. Topi infettati con il reovirus di tipo 1 svilupperebbero una SPA nella quale gli autoanticorpi del topo presenterebbero determinanti antigenici simili a quelli umani. Relativamente all’ipotesi dell’effetto soppressore, la somministrazione di ciclosporina A in topi neonati determina un difetto dei linfociti T soppressori. La timectomia manterrebbe tale difetto, determinando un ampio spettro di endocrinopatie autoimmuni simili a quelle umane (tiroiditi, gastriti, insuliti, adrenaliti, ovariti/orchiti). Per esempio il gene AIRE, la cui alterazione è alla base della SPA di tipo 1, ha un ruolo nella generazione di cellule regolatrici nel timo e il venire meno di questa sua funzione determina l’autoimmunità. Per spiegare perché un soggetto vada incontro a processi autoimmuni coinvolgenti più ghiandole è stato ipotizzato che ghiandole provenienti dallo stesso strato germinativo presentino antigeni comuni, specifici per tale strato, che possano essere il target della risposta immune. Sembra infine esservi un ruolo dell’apoptosi nella distruzione immunomediata delle cellule endocrine, come evidenziato nel diabete mellito. Fisiopatologia Questi processi patologici determinerebbero la fase preclinica di SPA con la produzione di autoanticorpi (Tab. 65.4) e la progressiva distruzione immunomediata del tessuto ghiandolare, che nella fase clinica è caratterizzata da un processo infiammatorio con infiltrazione linfocitaria. La distruzione della ghiandola determina poi insufficienza funzionale della stessa. Nel corso della malattia di GravesBasedow sono invece prodotti anticorpi stimolanti la funzione ghiandolare. Tabella 65.4 Autoantigeni nelle SPA Tiroidite di Hashimoto Tireoperossidasi (TPO), tireoglobulina (Tg) Malattia di Graves-Basedow Recettore del TSH, TPO Ipoparatiroidismo Recettore calcio-sensibile, NALP5 (proteina ricca in leucina) Cellule paratiroidee Malattia di Addison Corteccia surrenalica (ACA), 21-OH, 17-OH, P450scc, cellule producenti steroidi (StCA) Ipogonadismo Cellule producenti steroidi (StCA), 17-OH, P450scc Diabete mellito di tipo 1 Cellule insulari (ICA), GAD (glutammico-decarbossilasi), IA2 (proteina tirosin-fosfatasi simile), insulina Gastrite cronica atrofia H+/k+ ATPasi delle cellule parietali gastriche Anemia perniciosa Fattore intrinseco Malattia celiaca Transglutaminasi, gliadina Epatite autoimmune Enzimi citocromo: P450D6, 2C9, 1A2, 2A6 L-amino acido aromatico decarbossilasi (AADC) Alopecia areata Tirosina idrossilasi Vitiligo Tirosinasi Malassorbimento Triptofano idrossilasi Adenoipofisi Ipofisi Manifestazioni cliniche SPA di tipo 1 Solitamente la candidiasi rappresenta la prima manifestazione clinica, a comparsa di solito prima dei 5 anni, seguita dall’ipoparatiroidismo (solitamente prima dei 10 anni) e più tardi dalla malattia di Addison (solitamente prima dei 15 anni). Le alterazioni minori, invece, possono comparire successivamente almeno fino alla quinta decade di vita. La candidiasi cronica mucocutanea colpisce generalmente unghie, cute e mucosa orale, vaginale ed esofagea. In genere interessa meno del 5% della superficie cutanea. Può complicarsi con stenosi esofagea e carcinoma della mucosa orale. Disturbi gastrointestinali sono stati descritti nei pazienti con coprocoltura positiva per Candida: la C0325.indd 1476 sintomatologia sembra regredire dopo terapia sistemica con antifungini. La candidiasi cronica mucocutanea è caratterizzata dal deficit di risposta selettivo delle cellule T agli antigeni della Candida, tanto che la SPA di tipo 1 rientra fra le immunodeficienze acquisite. La risposta anticorpale è invece preservata, proteggendo i pazienti da una candidiasi sistemica. L’ipoparatiroidismo è trattato nel Capitolo 64 e la malattia di Addison nel Capitolo 62. Le manifestazioni minori sono rappresentate da: ipogonadismo ipergonadotropo (24-60%), diabete mellito insulinodipendente (0-12%), tireopatie autoimmuni (2-36%), ipofisite (7%), gastrite cronica atrofica (13-27%), anemia perniciosa (0-15%), malassorbimento (6-22%), epatite cronica (5-31%), colelitiasi (44%), vitiligo (8-25%), alopecia 6/9/10 7:48:10 PM Capitolo 65 - SINDROMI PLURIGHIANDOLARI (13-72%), sindrome di Sjögren (12-18%), distrofia ectodermica (10-52%), deficit immunologici (cellulari e umorali), asplenia, neoplasie (esofago e stomaco), calcificazioni dei gangli basali, vasculiti (3%) e nefrocalcinosi (correlata alla terapia con vitamina D per ipoparatiroidismo). SPA di tipo 2 Se si considerano le forme potenziali (solo anticorpi presenti) e subcliniche (deficit evidenziato con test funzionali), le forme incomplete di SPA di tipo 2 sono possibilmente molto più frequenti di quelle clinicamente evidenziate. Oltre all’Addison, di cui si è già detto, la tiroidite di Hashimoto e il diabete mellito di tipo 1 rappresentano le endocrinopatie più frequenti. Manifestazione endocrina più rara è l’ipofisite autoimmune. Sul piano clinico è interessante osservare come, data la prevalenza dell’ipotiroidismo autoimmune, si può considerare poco probabile la comparsa di endocrinopatie autoimmuni in un paziente con ipotiroidismo autoimmune come prima manifestazione. Al contrario, è facile attendersi un successivo sviluppo di tireopatia e/o diabete mellito in un soggetto in cui la malattia di Addison rappresenti la prima endocrinopatia diagnosticata. Diagnosi e follow-up anticipare la diagnosi clinica di insufficienza surrenale. Sia gli ACA sia gli anticorpi anti-21-idrossilasi sono presenti nella quasi totalità dei pazienti con Addison. Gli anticorpi nelle diverse patologie possono precedere la manifestazione clinica correlata: è pertanto utile e necessario, nei pazienti con SPA di tipo 1, effettuare un ampio screening anticorpale e ripeterlo periodicamente (si veda Tab. 65.4). La probabilità di sviluppare la patologia varia a seconda dei casi: molti soggetti con positività per ICA (anti-cellule insulari) e GAD (anti-glutammico-decarbossilasi) possono non sviluppare mai il diabete, mentre la probabilità di sviluppare un’insufficienza surrenale è elevata in caso di positività per ACA. Relativamente alla diagnosi genetica, la ricerca di mutazioni del gene AIRE viene utilizzata come screening nelle comunità ad alto rischio oppure nei familiari di individui affetti. 1477 9 SPA di tipo 2 La ricerca degli anticorpi specifici (si veda Tab. 65.4) consente di evidenziare i pazienti “potenziali” che potrebbero diventare “subclinici” dopo i test funzionali [ormone tireostimolante (TSH), tiroxina libera (FT4), test all’ACTH, test al carico orale di glucosio]. SPA di tipo 1 Essendo la prima manifestazione clinica, la candidiasi cronica mucocutanea può essere considerata un marker precoce di SPA di tipo 1. La candidiasi cronica mucocutanea isolata, soprattutto nel bambino, deve indurre a effettuare una valutazione immunologica, biochimica e clinica alla ricerca di insufficienze endocrine. Nell’ipoparatiroidismo sono presenti: ipocalcemia, iperfosforemia, ipocalciuria e iperfostaturia. Anche la diagnosi di ipoparatiroidismo è sostanzialmente clinica, perché non vi è un marker sierologico organo-specifico. Gli anticorpi finora individuati [contro le cellule paratiroidee, contro il recettore calcio-sensibile, contro la proteina 5 ricca in leucina (NALP5)] non hanno valore diagnostico. Nel periodo neonatale l’ipoparatiroidismo nell’ambito della SPA va distinto da malattie genetiche come la sindrome di Di George, caratterizzata da ipoplasia di timo e paratiroidi. Esiste infine un ipoparatiroidismo familiare isolato con diversi pattern ereditari. Relativamente alla malattia di Addison, gli anticorpi anticorteccia surrenale (ACA) possono essere presenti già alla comparsa delle prime due patologie, consentendo di C0325.indd 1477 Terapia SPA di tipo 1 Pazienti con candidiasi cronica mucocutanea devono essere periodicamente sottoposti a terapia antifungina con itraconazolo, che risulta tuttavia poco efficace per la localizzazione mucosa. La terapia dell’ipoparatiroidismo si basa sulla somministrazione cronica di calcio e vitamina D. Data la mancanza di PTH e l’inibizione dell’enzima 1-idrossilasi renale, è preferibile utilizzare i preparati di vitamina D già idrossilati come il calcitriolo. Nell’ipocalcemia acuta va somministrato calcio e.v. La terapia dell’insufficienza surrenale è trattata nel Capitolo 62. SPA di tipo 2 Le terapie delle principali patologie presenti in questa sindrome sono trattate nei Capitoli 61, 62 e 68. 6/9/10 7:48:10 PM 1478 Parte 9 - MALATTIE ENDOCRINE Bibliografia Alimohammadi M, Björklund P, Hallgren A et al. Autoimmune polyendocrine syndrome type 1 and NALP5, a parathyroid autoantigen. N Engl J Med 2008 Mar 358(10):1018–28. Beckers A, Daly AF. The clinical, pathological, and genetic features of familial isolated pituitary adenomas. Eur J Endocrinol 2007 Oct;157(4):371–82. Betterle C, Dal Pra C, Mantero F et al. 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