Lezione Termodinamica 1 Sistemi termodinamici La termodinamica si occupa delle interazioni tra corpi macroscopici che comprendono sia scambi di energia meccanica sia scambi di calore (energia termica), e storicamente nasce assieme allo sviluppo della macchina a vapore, dunque con lo scopo di studiare la possibilità di convertire con la massima efficienza il calore in energia meccanica. È dunque una scienza che nasce come esigenza empirica, diversa dallo studio delle proprietà fondamentali della materia. In effetti la termodinamica come viene comunemente intesa riguarda la descrizione dal punto di vista dei comportamenti macroscopici di insiemi di corpi o sostanze costituite da numeri enormi di costituenti microscopici, dei cui dettagli ci disinteressiamo – perché per noi non misurabili, o perché ingestibili dato il numero enorme di costituenti coinvolti (dell’ordine del numero di Avogadro). Un sistema termodinamico è di solito definito come un insieme di corpi completamente descritto dal punto di vista macroscopico - da un certo numero (in genere non molto grande) di variabili, dette variabili di stato. In realtà da un punto di vista generale possono essere considerati sistemi termodinamici anche insiemi di corpi molto complessi, per esempio la Terra, o il sistema solare, o l’intero universo. L’importante, per definire un sistema, è definirne i confini, cioè stabilire in modo non ambiguo se un dato corpo o una data porzione di sostanza appartiene al sistema o al resto dell’universo (ambiente esterno). Una bottiglia piena d’aria, per esempio, può essere considerata un sistema termodinamico, anche quando è aperta: l’importante in questo caso è stabilire un confine (anche solo geometrico e non fisico) per decidere se una porzione di aria si trovi all’interno o all’esterno del sistema. I sistemi si possono classificare secondo il tipo di interazioni che possono avere con l’ambiente esterno: • un sistema è aperto se può scambiare energia e materia con l’esterno (per esempio una bottiglia aperta, o un organismo biologico); • un sistema è chiuso se può scambiare energia ma non materia con l’esterno (per esempio una bottiglia chiusa, un palloncino pieno di gas o di acqua); • un sistema è isolato meccanicamente se è chiuso e non può scambiare energia meccanica con l’esterno (per esempio un fluido contenuto in un recipiente fermo e dalle pareti rigide); 1 • un sistema è isolato termicamente se è chiuso e non può scambiare energia termica (calore) con l’esterno (per esempio un fluido contenuto in un recipiente dalle pareti isolanti); 1.1 Variabili di stato, funzioni di stato Lo stato di un sistema è definito dai valori delle variabili di stato che permettono di descriverlo completamente dal punto di vista macroscopico. Un fluido contenuto in un recipiente dato, per esempio, sarà descritto da variabili come la massa totale, il volume, la temperatura, la densità, la pressione. In altri termini, due copie dello stesso sistema in cui tutte le variabili di stato hanno lo stesso valore devono essere indistinguibili dal punto di vista dell’osservazione macroscopica. Le variabili termodinamiche si dividono in due categorie a seconda del loro comportamento in funzione delle dimensioni del sistema. Immaginiamo di prendere un sistema omogeneo (suddivisibile in tante piccole parti tutte identiche) e raddoppiarlo, semplicemente affiancandolo a una copia identica. Se cosı̀ facendo la variabile considerata raddoppia, è una variabile estensiva, cioè proporzionale alle dimensioni del sistema. Se invece la variabile rimane la stessa, si tratta di una variabile intensiva. Sono variabili estensive il volume, il numero di moli e l’energia totale di un sistema, mentre sono intensive la pressione e la temperatura. Non tutte le variabili di stato sono indipendenti: possono essere legate da un’equazione di stato come nel caso dei gas perfetti, in cui pV = nRT lega tra loro la pressione di un gas, il suo volume, la sua temperatura e la sua massa (espressa in numero di moli).1 Lo stato del sistema costituito da un dato numero di moli di gas perfetto, dunque, può essere specificato completamente dai valori di due variabili a scelta tra p, V, T , dato che la terza è legata alle altre due dall’equazione di stato. In generale lo stato di un sistema può essere quindi rappresentato da un punto in uno spazio cartesiano che ha sugli assi i valori delle variabili di stato. Una grandezza fisica relativa al sistema è funzione di stato quando può essere espressa come funzione delle variabili di stato: il suo valore dipende quindi solo dallo stato in cui si trova il sistema, indipendentemente dalla storia del sistema stesso. Se un sistema si trova nello stato A e poi vi ritorna dopo essersi trovato in un altro stato B tutte le funzioni di stato riassumono lo stesso valore. 1.2 Sistemi in equilibrio Noi ci occuperemo quasi esclusivamente di sistemi termodinamici in equilibrio, sia tra le varie parti del sistema, sia tra il sistema e l’esterno. Un sistema (o una sua parte, è in equilibrio) se il suo stato è stazionario, ossia non varia nel tempo (le variabili di stato non dipendono dal tempo) e se non ha scambi macroscopici netti di energia o materia con le altre parti del sistema o con l’esterno. L’equilibrio può essere di vari tipi: 1 Una mole di una sostanza di composizione chimica nota è una quantità pari al peso molecolare medio espresso in grammi, e corrisponde (entro la precisione sperimentale) a un numero di Avogadro di molecole NA ≈ 6 × 1023 2 • equilibrio meccanico: la forza totale e il momento delle forze agenti sul sistema (e su ogni sua porzione) sono nulli. Questo implica per esempio, come abbiamo visto, che all’interno di un fluido la pressione deve essere uniforme (trascurando l’effetto della gravità). Inoltre se il sistema non è meccanicamente isolato, le forze di pressione sulle pareti devono essere bilanciate: questo implica per esempio che se il sistema è costituito da due camere separate da una parete mobile, la pressione ai due lati della parete deve essere la stessa; se il sistema è rappresentato da un gas in un cilindro chiuso da un pistone, l’equilibrio meccanico richiede che la pressione del gas sia uguale alla pressione esterna, e cosı̀ via. • equilibrio termico: non ci sono più scambi di calore netti tra le varie parti del sistema, o tra il sistema e l’esterno. Questo implica che la temperatura deve essere uniforme all’interno del sistema e, se questo non è isolato termicamente, deve essere uguale a quella dell’ambiente esterno. • equilibrio diffusivo e equilibrio chimico nel caso in cui siano possibili scambi di materia o reazioni chimiche tra il sistema e l’esterno, o tra le varie parti del sistema. Si raggiunge quando la quantità netta di materia di ogni componente del sistema non varia più nel tempo. Noi non ci occuperemo di sistemi in cui questi scambi sono possibili. 1.3 Trasformazioni termodinamiche Si chiamano trasformazioni termodinamiche le variazioni dello stato del sistema (e quindi delle variabili e delle funzioni di stato). Per esempio, data una certa quantità di gas contenuta in un recipiente ermeticamente chiuso, ne si può variare lo stato scaldandolo, o comprimendolo, o entrambe le cose. Una particolare categoria di trasformazioni, impossibili da realizzare in pratica ma utili come casi limite, è rappresentata dalle trasformazioni reversibili. Una trasformazione è reversibile se • è quasistatica, ossia estremamente (infinitamente) lenta, in modo tale che in ogni istante il sistema si possa considerare all’equilibrio tra le sue parti e con l’ambiente esterno; • le cause che la provocano sono infinitamente deboli • in ogni momento della trasformazione il verso di quest’ultima si può invertire con un cambiamento infinitamente piccolo delle cause esterne Se una trasformazione non soddisfa questi criteri (idealizzati) è detta irreversibile (tutte le trasformazioni reali, in particolare quelle spontanee, lo sono: più sono lente, tuttavia, più si avvicineranno alla situazione limite della trasformazione reversibile). La compressione di un gas in un cilindro chiuso da un pistone sarà reversibile se avviene in modo molto lento, tale che in ogni istante la pressione esterna applicata al pistone sia uguale a quella interna del gas. Allo stesso modo un riscaldamento attraverso lo scambio di energia termica sarà reversibile se in ogni istante la temperatura del sistema sarà uguale a quella del corpo esterno con cui scambia calore. 3 Naturalmente, affinché la trasformazione proceda in un verso anziché nel verso opposto (e quindi per esempio il gas venga compresso e non espanso) sarà necessario che la pressione esterna superi anche se di poco quella interna, ma il limite di trasformazione reversibile è per l’appunto quello in cui questa differenza di pressione (la “causa” che provoca la trasformazione) è infinitamente piccola e tende a zero; per invertire il verso della trasformazione la differenza di pressione dp deve passare da positiva e molto piccola a negativa e molto piccola: è questo che si intende con “cambiamento infinitamente piccolo” delle cause. La compressione di un gas ottenuta appoggiando un peso sul pistone, o il suo riscaldamento ottenuto immergendo il recipiente nell’acqua bollente, sono esempi di trasformazioni decisamente irreversibili. Le trasformazioni reversibili di un sistema (e solo quelle!) si possono rappresentare come curve continue nello spazio delle variabili di stato. Una trasformazione è ciclica se lo stato finale coincide con quello iniziale: se la trasformazione è reversibile è rappresentata nello spazio delle variabili di stato da una curva chiusa. 2 Primo principio della termodinamica Il primo principio della termodinamica afferma che l’energia si conserva, a patto di includere negli scambi energetici anche gli scambi di calore, identificato come una delle forme che può assumere l’energia (grazie agli esperimenti di Joule). Per un dato sistema, il primo principio si esprime convenzionalmente cosı̀: ∆U = ∆Q − ∆L (1) La variazione di energia totale (o energia interna) di un sistema in una trasformazione (finita o infinitesima) è uguale alla differenza tra la quantità di calore (energia termica) assorbito ∆Q e il lavoro ∆L compiuto dal sistema verso l’esterno (energia meccanica). È fondamentale osservare che l’energia totale di un sistema (che in ultima analisi, dal punto di vista microscopico, è la somma delle energie meccaniche dei suoi costituenti) è, come in meccanica, una funzione di stato.2 La variazione di energia interna dipende solo dallo stato finale e da quello iniziale, mentre il lavoro compiuto e il calore assorbito dalla trasformazione, dunque dal cammino seguito per andare dallo stato iniziale a quello finale. 3 Gas perfetti Il gas perfetto, o ideale, è per definizione un gas che obbedisce alla legge dei gas perfetti, verificata sperimentalmente per tutti i gas sufficientemente rarefatti. Per una data quantità di gas individuata dal numero n di moli, l’equazione è, come sappiamo pV = nRT 2 Lo stato di un sistema in meccanica è specificato conoscendo a un dato istante la posizione e la quantità di moto di tutte le particelle che lo costituiscono. 4 dove p è la pressione del gas, V il volume, T la temperatura assoluta e R una costante universale, che vale circa 8.31 J K−1 mol−1 . Dato il sistema chiuso costituito da un certo numero n di moli di un dato gas, lo stato del sistema è fissato dai valori di due a scelta delle variabili di stati p, V, T . Tradizionalmente si scelgono le prime due, e lo stato del sistema è rappresentato da un punto nel piano cartesiano p, V . 3.1 Diagramma p, V e trasformazioni reversibili notevoli Una trasformazione reversibile del sistema suddetto è dunque rappresentata da una curva continua nel piano p, V . In particolare • una trasformazione a volume costante o isocora è rappresentata da un segmento verticale; • una trasformazione a pressione costante, o isobara, è rappresentata da un segmento orizzontale; • una trasformazione isoterma è rappresentata da un segmento di iperbole, di equazione pV = costante. Nel corso di una trasformazione, anche se reversibile, il gas scambia in generale energia (meccanica o termica) con l’esterno. In particolare, alle variazioni di volume è associato uno scambio di energia meccanica (lavoro). Supponiamo per semplicità che il recipiente che contiene il gas abbia una sola parete mobile (pistone): se perpendicolarmente al pistone agisce una forza esterna F , e il pistone si muove di un tratto dx comprimendo il gas, il lavoro compiuto dalla forza esterna sul sistema sarà dWext = F dx. Se la forza esterna è una forza di pressione, si ha F = pext S dove S è la superficie del pistone. Dunque il lavoro compiuto sul sistema vale dWext = F dx = pext Sdx = −pext dV , dove dV = −dxS rappresenta la variazione (infinitesima) di volume del gas (negativa se il gas si è compresso, e la forza esterna ha compiuto un lavoro positivo). Se la trasformazione è reversibile, in ogni istante la forza esterna sul pistone deve essere controbilanciata dalla forza interna dovuta alla pressione del gas: in modulo, deve essere pS = |F |. Il lavoro fatto dall’esterno sul sistema vale dunque in questo caso dWext = −pdV , dove a pe xt abbiamo sostituito il valore della pressione del gas p. In genere si considera convenzionalmente il lavoro dL fatto dal gas verso l’esterno (è quello che si vuole ottenere da una macchina termica), che è l’opposto di quello fatto dall’esterno sul sistema. In conclusione il lavoro fatto verso l’esterno da un gas il cui volume varia di dV in una trasformazione reversibile è dato da dL ≡ −dWext = pdV Si noti che la formula vale anche se l’espansione non è descritta dal movimento di un pistone (per esempio nel caso di un palloncino che si gonfia), perché il calcolo si può applicare a ogni piccola porzione di superficie: sommando (integrando) su tutti gli elementini di superficie si ottiene per il lavoro complessivo lo stesso risultato. Nel piano p, V il lavoro dL = pdV corrisponde all’elementino di area sottesa dalla curva della trasformazione. Il lavoro totale compiuto dal gas nel corso di una trasformazione reversibile uno stato A uno stato B sarà dunque 5 F dx Figura 1: Lavoro fatto dall’esterno su un gas Z B L= p dV A che corrisponde all’area compresa tra la curva e l’asse orizzontale. Nel caso in cui la curva non sia una funzione che a un valore di V associa un unico valore di p, si può in genere spezzare il cammino in più tratti per ciascuno dei quali si calcola l’integrale definito. Se la curva è chiusa (trasformazione ciclica) l’integrale su tutto il cammino è pari all’area racchiusa dalla linea, presa con il segno positivo se la linea è percorsa in senso orario, negativo altrimenti. • Esempio: Lavoro compiuto dal gas in un’espansione reversibile isoterma. Supponiamo che n moli di gas perfetto siano soggette a un’espansione isoterma reversibile a temperatura T , passando dal volume VA al volume VB > VA . Il lavoro compiuto dal gas verso l’esterno varrà Z B L= Z VB p dV = nRT A Va VB 1 dV = nRT ln V VA Il lavoro compiuto dal gas per andare da uno stato A a uno stato B dipende quindi dal cammino percorso: il lavoro non è una funzione di stato. 3.2 Calori specifici Se un gas perfetto subisce una trasformazione isocora (a volume costante) non scambia energia meccanica con l’esterno. La sua temperatura però cambia (proporzionalmente alla pressione, secondo la legge dei gas perfetti), e questo significa che il gas ha scambiato calore, secondo la formula nota ∆Q = CV ∆T 6 dove la capacità termica è chiamata CV per significare che la trasformazione è a volume costante. Anche per i gas vale che la capacità termica è proporzionale alla massa di sostanza, e quindi al numero di moli. Si introduce quindi il calore specifico molare a volume costante cv , definito come la capacità termica a volume costante di una mole di gas: CV = ncV Notiamo che per una trasformazione a volume costante, poiché ∆L = 0, dal primo principio della termodinamica si ha ∆U = ∆Q. Dunque ∆U = ncV ∆T per una trasformazione isocora. In maniera del tutto analoga si definisce il calore specifico a pressione costante cp , cosicché per una trasformazione isobara ∆Q = Cp ∆T = ncp ∆T 3.3 Espansione libera nel vuoto L’energia interna di un gas perfetto è una funzione di stato che dipende solo dalla temperatura. Questo risultato, a cui si può arrivare per via teorica grazie a modelli meccanici e statistici, è stato dimostrato sperimentalmente da Joule prima che tali modelli venissero elaborati, grazie all’esperimento dell’espansione libera nel vuoto. L’esperienza consiste nel chiudere una certa quantità di gas in una ampolla (A) collegata tramite un rubinetto a un’altra (B) in cui è stato fatto il vuoto (naturalmente non il vuoto assoluto, irrealizzabile nella pratica, ma diciamo una sua buona approssimazione ai fini dell’esperimento). A B A B Il gas chiuso nella prima ampolla ha un certo volume V0 = VA e una certa temperatura T0 , misurabile. Le due ampolle, in ciascuna delle quali è presente un termometro vengono isolate termicamente dall’esterno, e il rubinetto tra le due viene aperto, lasciando espandere il gas. Si tratta di un’espansione libera, un processo veloce e altamente irreversibile. 7 Dopo un certo tempo, quando il gas si è stabilizzato e ha raggiunto un nuovo equilibrio, esso occupa il volume V1 = VA + VB . La temperatura misurata nelle ampolle è naturalmente uguale per i due termometri (cosa che non era vera immediatamente dopo l’apertura, ma che invece sarà vera per definizione al raggiungimento del nuovo equilibrio). Il risultato non banale è che questa nuova temperatura T1 è la stessa che il gas aveva prima dell’espansione. Si noti bene che questo non significa che si è trattato di un’espansione isoterma (men che meno reversibile): è una trasformazione irreversibile complicata in cui però lo stato iniziale e quello finale sono caratterizzati da avere volume diverso, ma la stessa temperatura. Dal punto di vista energetico, sappiamo che il sistema non ha scambiato calore con l’esterno, perché è stato isolato termicamente. Dunque ∆Q = 0. Ma sappiamo anche che ∆L = 0, perchè il gas, pur espandendosi, non ha applicato alcuna forza su alcuna parete esterna: si è espanso nel vuoto, dunque non ha compiuto alcun lavoro. Possiamo quindi concludere che ∆U = 0, ossia che l’energia interna di un numero dato di moli di gas perfetto, che è una funzione di stato e quindi in generale può essere espressa come U (V, T ), funzione delle due variabili indipendenti V e T , in realtà non dipende dal volume ed è quindi U (T ). Una conseguenza immediata è che dati due stati A e B della stessa quantità di gas perfetto a temperature diverse TA , TB e in generale a volumi diversi VA , VB , la differenza di energia interna tra i due stati dipenderà solo dalla temperatura e sarà data da ∆U = U (B) − U (A) = ncV (TB − TA ) anche se la trasformazione non è isocora. Infatti la differenza di energia dipende solo dallo stato finale e dallo stato iniziale, non dal percorso che li congiunge. Possiamo quindi pensare di portare prima il gas dallo stato (VA , TA ) allo stato (VB , TA ), che ora sappiamo avere la stessa energia, e quindi allo stato (VB , TB ) con una trasformazione a volume costante, in cui ∆U = CV ∆T . Un’altra conseguenza è che lungo una trasformazione isoterma reversibile si ha ∆U = 0 e quindi, chiamando sempre A e B lo stato iniziale e quello finale ∆Q = ∆L = nRT ln VB VA dove abbiamo usato il lavoro compiuto lungo un’isoterma, calcolato poco sopra. 3.4 Relazione tra cp e cV Il primo principio della termodinamica permette di trovare una semplice relazione che lega il calore specifico (molare) a pressione costante e quello a volume costante per un gas perfetto. Consideriamo infatti una mole di gas perfetto (n = 1) che si trova inizialmente nello stato rappresentato dal punto A con coordinate p0 , V0 nel piano p, V . Se con una trasformazione isobara infinitesima lo portiamo allo stato C = (p0 , V0 + dV ), avremo per il calore assorbito dQAC = cp dT = cp [TC − TA ] 8 e per il lavoro compiuto dal gas dLAC = p0 dV = p0 (VC − VA ) = p0 RTC RTA − p0 p0 = R(TC − TA ) = RdT Se invece lo portiamo con una trasformazione infinitesima isocora allo stato B = (p0 , V0 + dV ), abbiamo dQAB = cV dT = cV [TB − TA ] e dLAB = 0 p B dP A C dV V Figura 2: Relazione tra cp e cV Se scegliamo i punti B e C in modo che abbiano la stessa temperatura (TB = TC ) (figura 2), l’energia dei due stati finali sarà la stessa, e dunque dUAB = dUAC . Per il primo principio della termodinamica avremo quindi dQAC − dLAC = cp dT − RdT = cV dT da cui otteniamo la relazione cercata fra i calori specifici molari cp − cV = R 3.5 Equazione dell’adiabatica Abbiamo visto casi notevoli di trasformazioni termodinamiche reversibili per un gas perfetto: l’isobara, l’isocora caratterizzata da ∆L = 0, l’isoterma caratterizzata da ∆U = 0. In quale caso ∆Q = 0? Una trasformazione termodinamica in cui il sistema non scambia calore con l’esterno è detta adiabatica. Ci chiediamo quale curva nel piano p, V rappresenti una trasformazione adiabatica reversibile per una mole (n = 1) di gas perfetto. Per determinarlo usiamo uno stato iniziale A = (p0 , V0 ) e, analogamente al caso precedente, altri due stati ai vertici di un triangolo rettangolo di area 9 p A dP C B dV V Figura 3: Trasformazione ciclica infinitesima con i punti A e B collegati da una adiabatica infinitesima, B = (p0 + dp, V0 + dV ) e C = (p0 + dp, V0 ) (figura 3), in modo tale che A e B si trovino collegati da un tratto di trasformazione adiabatica. Consideriamo poi la trasformazione ciclica A → B → C → A. Sappiamo che in una trasformazione ciclica la variazione netta di energia interna è nulla, perché l’energia interna è una funzione di stato: dUAB + dUBC + dUCA = 0 (2) Consideriamo i singoli tratti: • A → B è una trasformazione adiabatica (dQBC = 0), dunque dUAB = −dLAB = −p0 dV dove abbiamo trascurato l’area del rettangolo ABC che, essendo uguale in valore assoluto a 12 dp dV , è un infinitesimo di ordine superiore. • B → C è una trasformazione isobara, dunque dUBC = dQBC − dLBC = cp (TC − TB ) − p0 (VC − VB ) cp = (pC VC − pB VB ) + p0 dV = R cp = − p0 dV + p0 dV R • C → A è una trasformazione isocora (dLCA = 0), dunque dUCA = dQCA = cV (TA − TC ) = cV cV (pA VA − pC VC ) = − V0 dp R R Imponendo la 2 otteniamo −p0 dV − cp cV p0 dV + p0 dV − V0 dp = 0 R R cioè cV V0 dp = −cp p0 dV 10 che si può riscrivere, per un punto qualunque p, V dp cp p =− dV cV V (la curva ha sempre coefficiente angolare negativo), o cp dV dp + =0 p cV V che integrata da uno stato 1 a uno stato 2 dà ln p1 cp V1 + ln =0 p2 cV V2 ossia p1 p2 V1 V2 γ =1 da cui p1 V1γ = p2 V2γ con γ≡ cp R =1+ >1 cV cV per qualunque coppia di stati collegati da una trasformazione adiabatica reversibile. In altri termini l’equazione di un’adiabatica nel piano p, V è pV γ = costante Sostituendo p = RT /V l’equazione può essere espressa anche come T V γ−1 = costante 11