108 - La dispensa del Convegno Nazionale Fiscosport di

Rag. Pietro Canta – Consulente Nazionale Fiscosport
Coordinatore e Resp. dei Consulenti e Amm.re Unico Fiscosport srl
Commercialista in Imperia – ideatore del sito www.fiscosport.it
e-mail: [email protected]
Fiscosport: l’aggiornamento
fianco del Dirigente sportivo
settimanale
al
L’esigenza di fornire alle società ed associazioni sportive dilettantistiche un
aggiornamento costante in materia fiscale-sportiva mi ha dato lo spunto, nell’ormai lontano anno
2000, per inventare uno strumento informatico utile per tutti gli addetti ai lavori, una testata
giornalistica sulla quale dare voce ai maggiori esperti “fiscosport”, che provenendo dal mondo
sportivo (almeno la maggior parte) hanno la capacità di rivolgersi ai Dirigenti sportivi con un
linguaggio semplice ma incisivo per sollevare ed analizzare le problematiche più ricorrenti.
Un impegno condiviso da 24 professionisti (che con la selezione del 13 e 14
ottobre 2006 diventano 36), dottori e ragionieri commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro che
con articoli di attualità e di indiscusso interesse, risposte ai quesiti, pubblicazione di sentenze e
circolari ministeriali, modulistica compilabile on-line ed archiviabile, guide e vademecum si
pongono al fianco del Consulente e/o Dirigente della società ed associazione sportiva
dilettantistica alle prese con gli aggiornamenti fiscali.
Fiscosport è altresì apprezzato per la newsletter settimanale inoltrata all’utente
registrato al sito www.fiscosport.it a mezzo e-mail, una “rivista ipertestuale” dalla quale, a mezzo
indice e sommario, è possibile collegarsi al sito e leggere interamente la notizia pubblicata ovvero
scaricare l’allegato e/o il modulo in formato Microsoft word, excel, powerpoint, ecc. per un
successivo utilizzo sul computer dello studio o dell’associazione sportiva.
L’idea di cui sopra doveva essere tradotta in un progetto a favore dell’intero
mondo sportivo: nasce nel 2002 il progetto CONI/Fiscosport a cui credono il Presidente del CONI
di Imperia, Ivo Bensa ed un grande Dirigente dello sport italiano, Beppe Gentile. Vi aderiscono 68
Comitati periferici del CONI, forse troppi perché si possa proseguire un’iniziativa valida. Sulle
ceneri di tale esperimento, nasce il progetto globale Fiscosport 2004-2006, al quale tra i primi
aderisce il Presidente del CONI di Treviso, Giovanni Ottoni, attualmente il Comitato provinciale che
annovera il maggior numero di utenti registrati (282). Si affiancano alla “provincia più fiscosportiva
d’Italia”, 4 C.R. CONI o Scuole Regionali dello Sport (Liguria, Puglia, Sicilia e Trentino Alto Adige)
e 10 C.P. CONI (Avellino, Gorizia, Lodi, Novara, Padova, Rimini, Siena,Udine, Varese e Verbania),
nonché, in forma promozionale, 3 Fsn/Dsa/Eps a livello nazionale (FIGS, FIPSAS e FSI), 12 a
livello regionale (FIBS Sardegna, FICK Umbria, FIDAL Sicilia, FIG Toscana, FIGH Abruzzo,
FIJLKAM Karate Puglia, FIPAV Sicilia, FIT Campania, FIV Sicilia, FISB Lombardia, AICS Emilia
Romagna, CSEN Campania, ENDAS Calabria) e 7 a livello provinciale (FIPAV Agrigento e
Taranto, FIT Vicenza, AICS Pordenone, ASI Piacenza, CNS Libertas Matera e Salerno).
Il 3° Meeting dei Consulenti ed il Convegno Nazionale Fiscosport di Alassio (SV)
ci permetterà di valutare al meglio le esigenze dei Consulenti e dei Dirigenti delle società ed
associazioni sportive dilettantistiche, per tramutarle in modifiche ed implementazioni al sito
internet, che con il nuovo progetto 2007-2009 denominato “+ dai servizi Fiscosport – versi”,
rivolto ai CONI Regionali e Provinciali e alle Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive
Associate e agli Enti di Promozione Sportiva, sarà sempre più al fianco del Dirigente sportivo che,
avvalendosi anche della presente dispensa, saprà scalare le strade impervie del fisco italiano.
Nel ringraziare i Consulenti Regionali e Provinciali Fiscosport che si sono
dedicati alla stesura della presente dispensa e alle relazioni al Meeting e al Convegno Fiscosport,
mi auguro che coloro che hanno modo di leggerla possano trarne beneficio.
3
Dott. Patrizia Sideri – Consulente Provinciale Fiscosport Siena
Dottore Commercialista in Siena e Consulente del C.P. CONI di Siena
e-mail: [email protected]
Proiezione slide sull’iscrizione al
registro del CONI
La proiezione delle slide prima dell’inizio del Convegno Nazionale Fiscosport è
un segnale dell’importanza che Fiscosport dà a tale adempimento a cui sono tenute le società ed
associazioni sportive dilettantistiche non solo per avvalersi delle agevolazioni fiscali del settore ma
anche per ottenere il riconoscimento a fini sportivi.
Purtroppo a oggi sono poco più di 20.000 gli organismi sportivi che vi hanno
provveduto su un totale di oltre 120.000 associazioni affiliate alle Fsn/Dsa/Eps (fonte Il Sole 24 Ore
sport – settembre 2006).
Riproponiamo qui di seguito il lavoro redatto a cura della Dott.ssa Valentina Di
Renzo e del Dott. Giuliano Sinibaldi nel mese di novembre 2005, che insieme alle slide redatte a
cura della Dott.ssa Patrizia Sideri rappresentano un contributo di Fiscosport per quei Dirigenti
sportivi che sanno intuire l’esigenza più volte espressa sulla nostra testata:
A partire dal 2 Novembre 2005 è entrato in funzione il Registro delle Associazioni e Società
Sportive Dilettantistiche, in forma telematica, pubblicato sul sito web del CONI www.coni.it.
Il Registro è stato istituito dall’articolo 5, comma 5 lettera c) del D.lgs. 23 luglio 1999, n° 242 e
regolamentato dalla deliberazione del Consiglio Nazionale dell’11 novembre 2004; inoltre, con
l’articolo 7 della Legge 27/07/2004 n. 186 è stato disposto che le agevolazioni fiscali previste per le
società ed associazioni sportive dilettantistiche dall’art. 90 della legge 289/2002, e successive
modificazioni, si applicano solo alle società ed alle associazioni sportive dilettantistiche che sono in
possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI, quale garante dell’unicità
dell’ordinamento sportivo.
L’iscrizione al Registro è dunque obbligatoria qualora si intendano ottenere:
- il riconoscimento dello status di associazione/società “sportiva”;
- le agevolazioni fiscali previste dalle vigenti normative a favore dello sport dilettantistico.
L’iscrizione sarà contraddistinta dal rilascio di un codice di identificazione alfanumerico.
Il registro sarà oggetto di verifica annuale anche ai fini della trasmissione all’Agenzia delle Entrate.
Si offre, di seguito, una breve guida informativa ed operativa per l’adempimento dell’iscrizione:
Finalità del Registro:
1. Attribuzione del riconoscimento ai fini sportivi alle associazioni e società sportive
dilettantistiche, come previsto dall’articolo 5, comma 5 lettera c), Decreto Legislativo 23 luglio
1999 n° 242;
2. Elaborazione dell’elenco delle associazioni e società sportive dilettantistiche –
riconosciute ai fini sportivi - previsto dall’articolo 7 del Decreto Legge 28 maggio 2004 n° 136
(convertito nella legge 27 luglio 2004 n. 186), elenco che il CONI dovrà trasmettere ogni anno
all’Agenzia delle Entrate;
3. Creazione di un’anagrafica delle associazioni e società sportive dilettantistiche che praticano
l’attività sportiva organizzata dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive
Associate e/o dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti;
4
4. Realizzazione del primo gradino di una Banca Dati delle società sportive da implementare
successivamente con l’inserimento di informazioni quantitative e qualitative relative ai tesserati
ed alle altre figure che gravitano intorno alle associazioni/società.
L’adempimento di cui al n. 2 è chiaramente previsto al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate il
controllo in ordine alla legittima fruizione delle agevolazioni fiscali da parte delle società ed
associazioni sportive dilettantistiche.
Funzionamento e caratteristiche tecniche ed operative del Registro:
a) Il Registro ha natura telematica - è pubblicato sul sito del CONI www.coni.it;
b) è suddiviso per comitati provinciali;
c) è suddiviso in tre sezioni:
· associazioni sportive dilettantistiche senza personalità giuridica;
· associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica;
· società sportive dilettantistiche costituite nella forma di società di capitali e di società
cooperative;
d) è articolato in due parti:
· generale - accessibile a qualunque utente internet e contenente informazioni di base su
ciascuna società iscritta: il numero di iscrizione, la sezione di appartenenza, la
denominazione completa, la città e la provincia della sede, l’indicazione della FSN o DSA
e/o EPS cui l’associazione/società è affiliata;
· analitica - riservata ad utenti selezionati, contenente informazioni più dettagliate tra cui, ad
esempio, riferimenti circa la natura dell’Atto Costitutivo/Statuto, estremi eventuali iscrizioni
di legge (Registro delle Persone Giuridiche oppure Registro delle Imprese), codice fiscale
e/o partita IVA, sede legale (e recapito corrispondenza e domicilio fiscale se diverso dalla
sede), legale rappresentante con codice fiscale, indirizzo e recapiti telefonici. Nella parte
analitica si terrà traccia, inoltre, di tutte le modificazioni intervenute nella ragione sociale,
negli amministratori, nei dati di affiliazione;
e) La validità dell’iscrizione è annuale e coincide con quella dell’affiliazione;
f) Le FSN/DSA/EPS proseguiranno a ricevere, a controllare e conservare gli atti costitutivi/statuti
dei propri affiliati e le eventuali modifiche agli stessi;
g) È necessaria una autocertificazione rilasciata dal legale rappresentante in ordine al
possesso, da parte della società/associazione dei requisiti richiesti dalla legge per l’iscrizione
nel registro stesso; è appena il caso di segnalare che una falsa dichiarazione in sede di
autocertificazione, oltre a comportare, in caso di accertamento in merito alla veridicità
delle dichiarazioni, la sanzione della cancellazione dal registro, costituisce fattispecie
penalmente rilevante.
Requisiti per l'iscrizione
Possono iscriversi al Registro solo le associazioni e le società sportive dilettantistiche che
svolgano attività sportiva dilettantistica, compresa l’attività didattica, in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 90 della Legge 27 dicembre 2002 n° 289 e successive modifiche, e i cui statuti, oltre ai
requisiti richiesti dal suddetto art. 90, prevedano l’obbligo di conformarsi alle norme e direttive del
CONI e della Federazione Sportiva Nazionale (FSN) o Disciplina Sportiva Associata (DSA) e/o
Ente di Promozione Sportiva (EPS) cui esse sono affiliate.
Condizione preliminare per l’iscrizione è, dunque, l’affiliazione ad una FSN/DSA o ad un EPS, ai
quali è attribuita la delega al riconoscimento provvisorio ai fini sportivi delle associazioni e società
sportive dilettantistiche con relativa raccolta, verifica e conservazione della documentazione
necessaria (atti costitutivi e statuti).
In ogni caso, il riconoscimento definitivo sarà collegato all’iscrizione al Registro che diventa, a
tutti gli effetti, condizione indispensabile per poter godere delle agevolazioni fiscali previste
per gli enti sportivi.
Le Federazioni/enti/discipline associate, dopo aver raccolto la consueta documentazione (atti
costitutivi, statuti e relativi verbali di modifica) e verificata la regolarità della stessa, concedono il
riconoscimento in via provvisoria (si segnala che sul sito web del Comitato Olimpico Nazionale
5
Italiano al collegamento http://www.coni.it/index.php?id=1228 è possibile consultare l’elenco
provvisorio, suddiviso per provincia, delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche
riconosciute dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate, dagli Enti di
Promozione Sportiva su delega del CONI in relazione alla stagione sportiva 2003/2004 ovvero
anno sportivo 2004).
L’inclusione in tale elenco, però, non sostituisce in alcun modo l’iscrizione nel Registro e, pertanto,
anche le associazioni /società indicate in elenco sono tenute ad iscriversi secondo la procedura
sopra indicata.
Il riconoscimento definitivo avverrà solo con l’iscrizione nel Registro.
Requisito essenziale per l’iscrizione nel Registro è che il proprio statuto sia conforme alle
disposizioni del citato art. 90, co, 17, 18 e 18-bis Legge 289/2002 e, ovviamente, agli Statuti
delle FSN/DSA/EPS di appartenenza in quanto il rifiuto dell’affiliazione o del rinnovo
dell’affiliazione da parte delle FSN/DSA/EPS per mancanza dei requisiti richiesti implica, come
sopra segnalato, l’impossibilità di accedere all’iscrizione al Registro.
Per la verifica del rispetto delle previsioni dell’articolo 90, commi 17-18-18-bis della Legge
289/2002 si propone un semplice CHECK LIST da fare in merito ai seguenti punti:
A. indicazione, nella denominazione dell’ente, della finalità sportiva dilettantistica;
B. scopo o oggetto sociale riferiti all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa
quella didattica;
C. attribuzione della legale rappresentanza dell’associazione;
D. esclusione di ogni scopo di lucro e previsione che i proventi delle attività non possono, in
nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette;
E. modalità organizzative rispettose del principio di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati;
F. previsione della elettività delle cariche sociali (con esclusione delle società sportive di capitali o
cooperative per le quali si applicano comunque le norme del codice civile);
G. obbligo di redazione dei rendiconti economico-finanziari, nonché modalità di approvazione degli
stessi da parte degli organi statutari;
H. modalità di scioglimento dell’associazione;
I. devoluzione del patrimonio, in caso di scioglimento della società o associazione sportiva, ai fini
sportivi;
Deve essere, altresì, rispettato il divieto per i componenti dell’organo amministrativo di ricoprire la
medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche.
Si consiglia inoltre di verificare presso le FSN/DSA/EPS di appartenenza l’esistenza di eventuali
ulteriori clausole statutarie richieste dagli stessi per l’affiliazione che, si ripete, rappresenta una
condizione necessaria per l’iscrizione nel registro.
Procedura per l'iscrizione
Secondo quanto riportato nel sito web www.coni.it del CONI le iscrizioni potevano essere effettuate
a partire dal 2 novembre 2005 (data confermata dal CONI Ufficio Riconoscimenti Organismi
sportivi DA e EPS).
La richiesta di iscrizione al Registro è presentata utilizzando la modulistica on line ed avviene in via
telematica. E’ necessario, quindi, disporre di un computer e del collegamento ad internet.
6
Si ritiene che non sia necessario per l’associazione sportiva possedere un proprio collegamento ed
un proprio indirizzo di posta elettronica: questi potranno essere messi a disposizione anche da
terzi (dirigenti, soci, consulenti etc.)
I formulari a disposizione sul web sono due:
- modulo di iscrizione
- "autocertificazione”
Le associazioni/società si collegano, quindi, al sito del CONI e superata una prima fase di
identificazione, in seguito alla quale ricevono una chiave di accesso, accedono al “proprio” modulo
di iscrizione con alcuni campi già compilati.
Completato l’inserimento delle informazioni richieste (e/o modifica dei campi precompilati)
l’associazione/società scarica e stampa l’autocertificazione che contiene le informazioni della
società presenti nel Database.
L’iscrizione al registro ed il rinnovo annuale non sono subordinati al versamento di nessuna quota.
Sono responsabili della veridicità delle informazioni inserite nel modulo d’iscrizione
l’associazione/società che se ne fa carico con la sottoscrizione di una sorta di autocertificazione
(documento cartaceo firmato dal legale rappresentante della stessa) presentata ai Comitati
Provinciali territorialmente competenti direttamente dal legale rappresentante (o suo delegato) con
consegna diretta o inviata per posta, insieme alla fotocopia del documento d’identità (del legale
rappresentante), entro 5 giorni dalla compilazione del modulo on line.
Successivamente, il Comitato Provinciale CONI che riceve l’autocertificazione accede al sistema di
gestione ed appone il visto di convalida alla iscrizione della associazione/società. Il registro si
aggiorna man mano che vengono apposte le validazioni da parte dei Comitati Provinciali.
Variazioni successive e rinnovi.
Le associazioni/società iscritte al Registro comunicano con le stesse modalità previste
precedentemente tutte le modificazioni intervenute nei propri dati entro 30 giorni dal verificarsi
dell’evento.
Al termine del periodo di validità dell’iscrizione al Registro, che equivale al periodo di validità di
affiliazione nella FSN/DSA/EPS, l’associazione/società è posta in “attesa” fino alla compilazione
della richiesta di rinnovo per il quale si prevede analogo iter. In fase di rinnovo, l’autocertificazione,
da consegnare al Comitato Provinciale, attesterà la regolarità dell’affiliazione e le eventuali
modifiche apportate al Database.
Accertamento e sanzioni.
La veridicità delle dichiarazioni dei dati riportati nel registro sarà verificata dal CONI tramite
controlli “a campione”. In caso di verifica della non veridicità dei dati scatterà la sanzione della
revoca dell’iscrizione, avverso la quale è ammesso il ricorso alla Giunta Nazionale del CONI entro
30 giorni dalla comunicazione del provvedimento.
Saranno inoltre cancellate dal registro le società ed associazioni che:
a) ne facciano richiesta:
b) perdano i requisiti per l’iscrizione;
c) non comunichino le variazioni intervenute nei propri dati entro 30 giorni dal verificarsi
dell’evento.
Problemi aperti
In merito al problema dell’iscrivibilità delle Polisportive e delle associazioni/società monosportive
affiliate a più enti il CONI si è espresso con le seguenti indicazioni.
7
Per le Polisportive, l’iscrizione deve essere fatta presso ogni singola FSN/DSA e/o EPS per ogni
singola disciplina. Parere conforme per quanto riguarda le monosportive affiliate a più Enti, per le
quali è auspicabile effettuare l’iscrizione presso ogni singolo ente. Stesso discorso, ad esempio,
vale per l’Associazione di calcio che è affiliata sia alla FIGC che al CSI (in quanto partecipa a più
campionati/tornei).
L'iter completo dell'iscrizione (sunto della procedura riportata integralmente sul sito
ufficiale del CONI - www.coni.it - servizi mondo sportivo)
Preliminare
· Raccolta e riepilogo dei dati identificativi degli affiliati alle FSN/DSA/EPS (stagione 2003/04 2004/05). Le informazioni confluiscono nella banca dati e rappresentano l'impalcatura del sistema
di gestione.
Punto 1: identificazione ed iscrizione provvisoria
· Le associazioni/società si collegano al sito del CONI e superata la fase di identificazione (in due
collegamenti successivi) accedono al "proprio" modulo di iscrizione con alcuni campi già compilati.
· Completato l'inserimento delle informazioni richieste (e/o modifica campi precompilati)
l'associazione/società scarica e stampa la "autocertificazione" che contiene le informazioni della
società presenti nel Database.
Punto 2: autocertificazione
· La "autocertificazione", firmata dal legale rappresentante dell'associazione/società, dovrà essere
presentata al Comitato Provinciale CONI territorialmente competente direttamente dal legale
rappresentante (o suo delegato) con consegna diretta o inviata per posta, insieme alla fotocopia
del documento d'identità (del legale rappresentante), entro 5 (cinque) giorni dalla compilazione
del modulo d'iscrizione on-line.
Punto 3: validazione ed iscrizione definitiva
· Il Comitato Provinciale CONI che riceve la "autocertificazione" accede al sistema di gestione ed
appone il visto di convalida alla iscrizione della associazione/società;
· Il Registro si aggiorna mano a mano che vengono apposte le validazioni da parte dei Comitati.
Punto 4: certificazione
· L'iscrizione definitiva consente all'associazione/società di stampare, nel periodo di validità, il
certificato di riconoscimento ai fini sportivi collegandosi al sistema di gestione utilizzando la chiave
di accesso ricevuta nel corso dell'identificazione al punto 1.
Punto 5: rinnovo dell'iscrizione
· Al termine del periodo di validità dell'iscrizione al Registro, l'associazione/società è posta in
"attesa" fino alla compilazione della richiesta di rinnovo per il quale si prevede analogo iter;
· In fase di rinnovo, l'autocertificazione da consegnare al Comitato Provinciale attesterà la
regolarità dell'affiliazione e le eventuali modifiche apportate al Database;
· Al preliminare, illustrato in precedenza, si sono sostituiti flussi informatici periodici provenienti
dalle FSN, dalle DSA e dagli EPS;
· Le associazioni/società che non avranno provveduto al rinnovo, rimarranno in "attesa" sino al
provvedimento di cancellazione del Consiglio Nazionale del CONI.
8
Avv. Katia Scarpa – Consulente Provinciale Fiscosport Milano
Avvocato in Milano – Dottore di ricerca in diritto tributario – Attività didattica in diritto tributario
presso le Università degli studi di Milano e Brescia
e-mail: [email protected]
La responsabilità civile e penale nello sport
Sommario: Premessa - L’illecito nell’ordinamento sportivo - L’illecito nell’ordinamento
statale - L’ILLECITO CIVILE - La responsabilità degli atleti - La responsabilità dei dirigenti e/o
amministratori di enti sportivi. - La responsabilità degli enti sportivi verso i propri tesserati La responsabilità degli enti sportivi verso i terzi - L’ILLECITO PENALE - Lesioni sportive e
responsabilità penale dell’atleta. - Lesioni sportive negli sports a violenza eventuale o
necessaria. - La frode sportiva.
PREMESSA
Quando si parla di responsabilità ci si riferisce, solitamente, a quel procedimento di verifica
della liceità di un comportamento che porta alla comminatoria di sanzioni (civili o penali) nel
caso in cui si accerti la violazione di norme giuridiche primarie dell’ordinamento statale.
In ambito sportivo, il tema presenta da subito un carattere peculiare perché esistono due
ordinamenti giuridici che regolamentano lo sport e precisamente: l’ordinamento sportivo
costituito dal Coni (ed in ambito internazionale da CIO)1 e l’ordinamento statale. Il fenomeno
sportivo interessa, infatti, oltre che l’ordinamento giuridico nazionale, anche un ordinamento
giuridico settoriale a formazione spontanea, teso al perseguimento di un fine particolare, non
istituito dall’ordinamento generale statale, ma sorto spontaneamente da un gruppo sociale il
quale, una volta evoluto, si è creato una propria organizzazione ed ha emanato un proprio
corpo di norme2.
Si pone, perciò, anzitutto, il problema del rapporto esistente tra questi due ordinamenti, che
viene risolto dagli interpreti ritenendo che l’ordinamento sportivo si inserisca nell’ambito
dell’ordinamento giuridico nazionale, quale ordinamento derivato, riconosciuto dal primo e
volto al perseguimento di scopi leciti e compatibili con le finalità proprie dell'ordinamento
giuridico generale, non direttamente presi in considerazione da quest’ultimo3.
Ancorché il comportamento tenuto da un atleta (ovvero da un dirigente, da un medico o da
ogni altro soggetto che operi nell’ambito sportivo) debba essere rispettoso al contempo delle
norme dell’ordinamento sportivo e di quelle di diritto comune (ed alla loro violazione
consegue un diverso regime della responsabilità), il legislatore nazionale ha espressamente
previsto il principio della massima autonomia dell’ordinamento sportivo da quello statale, per
quanto attiene alle norme relative all’organizzazione ed all’amministrazione delle gare
sportive, ovvero agli aspetti tecnici della singola disciplina sportiva.
1
Seguendo il pensiero di quanti riconduce un ordinamento giuridico all’esistenza di una pluralità di persone organizzate
con un sistema di norme positive e sulla scorta del pensiero della giurisprudenza, può affermarsi che anche
l'ordinamento sportivo costituito dal C.O.N.I. sia un ordinamento giuridico in senso proprio dotato di potestà normativa.
Sussistono infatti i tre elementi: 1) una pluralità di soggetti; 2) una normazione sportiva emanata da organismi
appartenenti al gruppo stesso, il cui compito è quello di disciplinare l'attività sportiva dei soggetti che ne fanno parte; 3)
un'organizzazione sportiva che fa capo al Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) e alle federazioni sportive
nazionali.
Per un approfondimento si veda tra le altre Corte di Cassazione, Sez. Unite, 12 maggio 1979, n. 2725, in Giust. civ.,
1979, I, 1380, nonché, in dottrina, GIANNINI, Gli elementi degli ordinamenti giuridici, Riv. trim. di dir. pubblico, 1958,
219 e ss. e CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, I, Padova, 1984, 12 .
2
Così G. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2005, 6 e ss.
3
Si veda: QUARANTA, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in Riv. di dir. sport., 1979, 29 e ss.,
33.
9
Le norme dell’ordinamento sportivo, perciò, sono per lo più indifferenti per l’ordinamento
statale e hanno efficacia giuridica meramente interna all’ordinamento sportivo medesimo.
Esse regolano l’organizzazione, l’esercizio e lo svolgimento dell’attività sportiva (ovvero i
tempi, i modi e le sue forme) e - mirando, per lo più, a garantire la parità competitiva e
l’uniformità dei criteri di classificazione dei risultati ottenuti, in funzione della prevenzione di
eventi dannosi e della tutela dell’integrità fisica dei gareggianti – si ispirano ai principi della
parità, lealtà e correttezza nell’esecuzione dell’attività sportiva. Discende che la condotta
illecita per l’ordinamento sportivo determina l’avvio di un procedimento autonomo che
riguarda la giustizia sportiva, senza interessare quella ordinaria.
Non rilevano per l’ordinamento statale, neppure i fatti illeciti posti in essere nell’ambito di una
competizione sportiva che rientrino nella normale azione dell’attività sportiva. Ciò, perché si
tratta di comportamenti ritenuti leciti e “dovuti” in base alle norme che regolano l’attività
sportiva che lo Stato, lungi dal comprimere e reprimere, cerca di promuovere e favorire.
La condotta illecita, invece, interessa anche il diritto comune, quando essa abbia trovato
nell’attività sportiva una semplice occasione, essendo spinta da motivazioni diverse, di
aggressione e pregiudizio all’altrui incolumità che inducono l’ordinamento statale ad
intervenire. Si avvia, allora un diverso procedimento (in sede civile e/o penale), che rimane
distinto ed autonomo da quello dell’ordinamento sportivo, riguardando la giustizia ordinaria.
Dubbio, poi, è l’interesse per l’ordinamento statale di quei comportamenti che integrano la
condotta tipica di sport ontologicamente a valenza aggressiva. In tali casi, i problemi
interpretativi riguardano essenzialmente la liceità ed i limiti di ammissibilità di condotte poste
in essere nell’ambito dell’esercizio di sport nei quali l’aggressione fisica e la violenza verso le
persone fanno parte delle regole del gioco (il pugilato, la lotta, il judo ecc…) ovvero di sport
rispetto ai quali esse non sono contemplate, anzi sono proibite, ma possono essere
comunque presenti (calcio, rugby, hockey ecc…)4.
Infine, hanno rilevanza anche per l’ordinamento statale quelle condotte (cd. commissive
mediante omissione) che hanno determinato danni fisici o materiali ad un soggetto atleta o
terzo, in conseguenza delle violazioni di doveri di diligenza gravanti su soggetti aventi la
funzione di garantire che i rischi riconducibili all’attività sportive siano contenuti nella misura
più elevata possibile.
Di seguito, pertanto, si andranno ad esaminare (seppure in breve) le condotte ritenute illecite
per i due ordinamenti, sportivo e statale, soffermando l’attenzione, in particolare sui casi che
sollevano interessanti questioni interpretative.
L’ILLECITO NELL’ORDINAMENTO SPORTIVO
Si è anticipato che il comportamento tenuto da un soggetto operante in ambito sportivo deve
essere rispettoso delle norme dell’ordinamento sportivo, che regolano l’organizzazione,
l’esercizio e lo svolgimento dell’attività sportiva (ovvero i tempi, i modi e le sue forme) in
funzione della parità competitiva, dell’uniformità dei criteri di classificazione dei risultati
ottenuti della prevenzione di eventi dannosi e della tutela dell’integrità fisica dei gareggianti .
La violazione di obblighi o divieti previsti dalle norme primarie dell’ordinamento sportivo (ed
in particolare dei regolamenti federali) configura l’ipotesi di illecito sportivo e comporta
l’insorgere di responsabilità disciplinare5.
In sintesi, si prevedono tre ipotesi di responsabilità sportiva e precisamente: (1) quella che si
manifesta attraverso le condotte commesse da chi rappresenta l’ente sportivo; (2) quella in
cui il fatto, ancorché commesso da persone estranee all’ente sportivo, vada a vantaggio
4
Vale segnalare che, in tali casi si avvia un procedimento che, pur riguardando la giustizia ordinaria, potrebbe anche
comportare l’utilizzo delle risultanze istruttorie del procedimento di giustizia sportiva ovvero l’uso delle norme
sportive, ad esempio, per valutare la correttezza del comportamento tenuto dall’atleta.
5
G. VALORI, Il diritto nello sport. Principi, soggetti, organizzazione, Torino, 2005, 167 e ss.
10
dello stesso e (3) quella consistente in fatti violenti commessi dagli atleti ovvero dai
sostenitori dell’ente sportivo, in occasione o a causa di una gara.
Il primo caso configura una ipotesi di responsabilità diretta in cui l’illecito viene addebitato
direttamente alla società, in ragione del rapporto organico che unisce l’ente ai soggetti che lo
rappresentano.
Nel secondo e terzo caso, invece, l’indagine sulla responsabilità del soggetto agente
prescinde da ogni valutazione della colpevolezza del soggetto agente (cd. responsabilità
oggettiva) perchè l’ordinamento sportivo tutela i terzi e cerca di indurre gli enti sportivi ad un
maggior controllo ed alla prevenzione di comportamenti che potrebbero nuocere alle
persone e compromettere la regolarità dei campionati, invitando al rispetto delle norme che
regolano il gioco della disciplina praticata dalla federazione internazionale di appartenenza,
nonché della regola fondamentale del fair play che costituisce la garanzia della par conditio
per coloro che prendono parte ad una competizione (cd. giustizia tecnica6).
Sotto il profilo sanzionatorio, poi, tali condotte vengono punite con provvedimenti che vanno
dalla squalifica alla penalizzazione di punti in classifica; ovvero dalla retrocessione all’ultimo
posto in classifica del cd. colpevole all’esclusione dal campionato; o, ancora, dalla revoca
dell’assegnazione di un titolo a provvedimenti di carattere economico.
L’ILLECITO NELL’ORDINAMENTO STATALE
Il comportamento lesivo di diritti e/o interessi di soggetti partecipanti ad un’attività sportiva
interessa anche il diritto comune, in tre occasioni: (1) quando il soggetto (estraneo all’azione
di gioco e all’intento agonistico) abbia trovato nell’attività sportiva una semplice occasione
per liberare intenti aggressivi e pregiudizievoli ai danni di altri soggetti; (2) quando si
manifesta in condotte tipiche o possibili nell’ambito dell’esercizio di sports nei quali
l’aggressione fisica e la violenza verso le persone fanno parte delle regole del gioco ovvero
di sports rispetto ai quali esse non sono contemplate, anzi sono proibite, ma possono essere
comunque presenti; (3) quando, infine, si esprime attraverso comportamenti posti in essere
da soggetti operanti nell’ambito degli organismi sportivi (e perciò non necessariamente da
atleti, ma da allenatori, dirigenti, medici, amministratori ecc…), e si concretizza in violazioni
di precisi doveri imposti al fine di tutelare gli atleti e gli spettatori dai possibili rischi insiti nella
particolare pericolosità dell’attività sportiva, ovvero doveri di buona amministrazione dell’ente
a tutela dei tesserati e dei terzi.
La liceità per l’ordinamento nazionale di tali condotte, poi, va riguardata con riferimento sia
alle norme dell’ordinamento civile sia a quelle del diritto penale.
Ed allora, nel primo e nel terzo caso, il tema della responsabilità nello sport, viene ricondotto,
per lo più, ai casi tipici di responsabilità civile e penale. Nella seconda ipotesi, invece,
riaffiora la questione del rapporto esistente tra ordinamento giuridico statale ed ordinamento
sportivo, perché il giudizio sulla liceità della condotta e sui limiti di ammissibilità del
comportamento tenuto non può non tener conto del fatto che il legislatore nazionale in
alcuni casi legittima e ritiene “dovute”, nell’ambito di una competizione sportiva, condotte
diversamente ritenute illecite.
Si pone, perciò, il problema della liceità per l’ordinamento statale di quei comportamenti che
integrano la condotta tipica di sport ontologicamente a valenza aggressiva (il pugilato, la
lotta, il judo ecc…) e quello dei limiti di ammissibilità di quegli sport rispetto ai quali condotte
Organo di giustizia tecnica è l’ Ufficiale di Gara o Arbitro il quale opera le decisioni di tipo tecnico (cronometraggio,
assegnazione del punto) e quelle di natura disciplinare (espulsione o ammonizione).
6
11
violente, pur essendo vietate, possono essere comunque presenti (calcio, rugby, hockey
ecc…)7.
L’ILLECITO CIVILE
LA RESPONSABILITÀ DEGLI ATLETI
L’art.2043 c.c. nel prevedere che “qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un
danno ingiusto, obbliga colui che l’ha commesso al risarcimento del danno” fissa il principio
del cd. neminem ledere e pone la regola cardine dell’intero sistema della responsabilità
civile.
A tale disposizione occorre fare riferimento (in linea di massima) per valutare la
responsabilità civile dell’atleta che, nell’ambito di una competizione sportiva, abbia cagionato
danni ad un avversario. Diverse, però, saranno le conclusioni a cui si giungerà a seconda
che (1) il comportamento tenuto dall’atleta (estraneo all’azione di gioco e all’intento
agonistico) abbia trovato nell’attività sportiva una semplice occasione per liberare intenti
aggressivi e pregiudizievoli ai danni di altri soggetti, ovvero (2) quando si tratta di condotte
tipiche o possibili nell’ambito dell’esercizio di sport nei quali l’aggressione fisica e la violenza
verso le persone fanno parte delle regole del gioco ovvero di sport rispetto ai quali esse non
sono contemplate, anzi sono proibite, ma possono essere comunque presenti.
Nel primo caso si è in presenza di una condotta (commissiva ovvero omissiva) ritenuta
illecita dall’ordinamento statale e punita per il fatto di cagionare (quale effetto diretto ed
immediato) un danno a terzi, con dolo o colpa. La circostanza che il fatto si verifichi nel corso
di un’attività sportiva non rileva per l’ordinamento statale, se il soggetto agente abbia agito
con precisi intenti aggressivi e violenti e la competizione sportiva sia stata solo un’occasione
per agire.
Solleva dubbi, invece, sulla liceità per l’ordinamento statale l’ipotesi in cui il comportamento
lesivo dell’incolumità fisica di altri soggetti partecipanti ad una competizione sportiva si
verifichi nell’ambito di gare in cui l’aggressione fisica e la violenza verso le persone fanno
parte delle regole del gioco ovvero rientrano nella normale alea dell’attività sportiva, perché
pur non essendo contemplate (ma essendo, anzi, proibite) esse possono essere comunque
presenti.
Il problema, poi, si profila di ancor più difficile soluzione nel caso di sport ontologicamente a
valenza aggressiva (il pugilato, la lotta, il judo ecc…).
Al riguardo, la dottrina ha ritenuto, per lo più, che la condotta sportiva dannosa dovesse
ricondursi nell’ambito dei comportamenti ritenuti leciti per l’ordinamento sportivo per
l’operare delle scriminanti del consenso dell’avente diritto, ovvero dell’esercizio di un diritto8.
Vale segnalare che, in tali casi si avvia un procedimento che, pur riguardando la giustizia ordinaria, potrebbe anche
comportare l’utilizzo delle risultanze istruttorie del procedimento di giustizia sportiva ovvero l’uso delle norme
sportive, ad esempio, per valutare la correttezza del comportamento tenuto dall’atleta.
8
In dottrina si è a lungo discusso sul fondamento della liceità dei fatti lesivi o letali accaduti durante lo svolgimento
dell’attività sportiva e sui limiti di accettabilità del rischio che vi è connesso da parte dei gareggianti. Al riguardo,
l’impunità della condotta sportiva dannosa da alcuni è stata ricondotta alla consuetudine (Così PICHLER, La lesione
sportiva nel diritto penale, in Riv. Dir. Sport, 1964, 163), da altri alla scriminante del consenso dell’offeso (Si veda
MARINI, Violenza Sportiva, in noviss. Dig. It., XX, 982), a quella dell’esercizio di un diritto (ALBEGGIANI, Sport <dir.
Pen.> in Enc. Dir., LXIII, 538) ovvero alla concorrente presenza di entrambe le cause di giustificazione, dell’esercizio
del diritto e del consenso dell’offeso, secondo che l’azione sia o meno conforme alle regole sportive (PRUGNOLA, La
violenza sportiva, in Riv. Dir. Sport.., 1960, 53 e ss.); alla generale autorizzazione e alla volontà permissiva dello Stato
(Così DE FRANCESCO, La violenza sportiva e i suoi limiti scriminanti, in Riv. It., dir. Proc. Pen., 1983, 588 e ss.) e da
altri ancora è stata riportata ad una causa di giustificazione non codificata, applicabile mediante un procedimento
analogico in bonam partem, che tiene conto dell’utilità sociale e della mancanza di danno sociale (Così ANTOLISEI,
Manuale di diritto penale, Milano, 1964, I, 242 e ss.).
7
12
La giurisprudenza, invece, ha adottato i normali criteri di valutazione della responsabilità e, dopo un primo periodo in cui è andata ad escludere l’illiceità del comportamento solo
quando esso fosse stato rispettoso delle regole del gioco9, - più di recente ha ritenuto lecita
la condotta che rientri nella normale alea dell’attività sportiva10.
Tradizionalmente si è ritenuto che le regole del gioco fossero state fissate non solo per
regolamentare l’attività dei partecipanti alla gara, ma anche allo scopo di prevenire eventuali
conseguente nocive per i gareggianti e per i terzi. I regolamenti federali delle diverse
discipline sportive, perciò, sono stati utilizzati dai giuridici dell’ordinamento nazionale per
integrare i principi di ordine pubblico, in primis il principio del neminem ledere, di cui
all’art.2043 c.c.
Da ultimo, oltre ai casi di rispetto delle regole del gioco, la giurisprudenza ha ritenuto lecito il
comportamento che rientri nella normale alea dell’attività sportiva11, avendo riguardo, sia alle
caratteristiche della disciplina sportiva praticata, sia al suo grado di pericolosità ed al rischio
consentito nell’esecuzione della stessa. In particolare, si è ritenuto che l’esercizio dell’attività
sportiva comporti in capo ai partecipanti l’onere dei soli danni sofferti in conseguenza
dell’alea normale inerente al suo svolgimento, ma non anche quelli non riconducibili entro
tali limiti, in cui cioè la condotta agonistica crei eccezionali situazioni di pericolo incompatibili
con le finalità e la disciplina tecnica del gioco, talché l’evento che ne derivi sia effetto del tutto
abnorme, ascrivibile ad un comportamento trasmodante rispetto ad esse12. E la
responsabilità civile dell’atleta è stata ricondotta alla disciplina di cui all’art. 2050 c.c.
Con riferimento agli sports nel cui esercizio sono connaturati l’aggressione e la coazione
fisica (quali ad esempio il pugilato), la giurisprudenza ha ritenuto che l’accettazione del
combattimento sottintende la consapevolezza di dover mettere in atto una condotta
agonistica aggressiva nei confronti dell’altro contendente che implica una difesa
tecnicamente qualificata ed una pari aggressione da parte di quest’ultimo e, al tempo stesso
la consapevolezza della probabilità di subirne conseguenze dannose. Tuttavia, si è
affermato il dovere di interrompere il combattimento qualora si manifestino situazioni di
pericolo e di rispettare l’osservanza delle regole tecniche ed il contenimento dell’azione,
senza travalicare le finalità agonistiche e le strette esigenze della disciplina, onde consentire
il pieno rispetto dell’incolumità altrui13.
I regolamenti tecnici delle federazioni, allora, assumono un valore parametrico indispensabile, quali regole di condotta
fissate anche allo scopo di prevenire eventuali conseguente nocive per i gareggianti e per i terzi ed in funzione
integrativa dei principi di ordine pubblico stabiliti dall’ordinamento generale che devono comunque prevalere, primo tra
tutti il principio del neminem ledere (Così Trib. Bari 31.03.1958 in Arch. Giur. Circ., 1958, 1047 e ss.).
10
In particolare, si è tenuto conto delle caratteristiche della disciplina sportiva praticata, del suo grado di pericolosità e
del rischio consentito nell’esecuzione della stessa.
Al riguardo, giova richiamare la sentenza della Cass. Sez. V pen., 21.02.2000 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento
sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 390 e ss., da cui emerge che il grado di rischio insito nella disciplina
sportiva praticata e l’accettazione di quel rischio manifestata con la partecipazione alla gara informano il giudizio di
responsabilità, perché, in rapporto ad essi si esprime la valutazione sulla liceità dei comportamenti lesivi.
11
In particolare, si è tenuto conto delle caratteristiche della disciplina sportiva praticata, del suo grado di pericolosità e
del rischio consentito nell’esecuzione della stessa.
Al riguardo, giova richiamare la sentenza della Cass. Sez. V pen., 21.02.2000 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento
sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 390 e ss., da cui emerge che il grado di rischio insito nella disciplina
sportiva praticata e l’accettazione di quel rischio manifestata con la partecipazione alla gara informano il giudizio di
responsabilità, perché, in rapporto ad essi si esprime la valutazione sulla liceità dei comportamenti lesivi.
12
Così Cass. Sez. Un. 13.11.1958 n.3702, in Riv. Dir. Sport, 1961, 74 e più di recente Cass. 22.10.2004, n.20597 in
Giuda al dir., 2004, 48 e ss., nonché Cass. 08.08.2002 n.12012 in Arch. Civ. 2003, 387 e ss.
13
Si vedano, al riguardo: Trib. Roma, 31.12.1948, in Riv. Dir. Sport, 1949, 1-2, 54 e ss.; Trib. Monza, 21.09.1947, in
Riv. Dir. Sport, 1957, 443 e ss.; App. Milano, 14.10.1960, in Riv. Dir. Sport, 1961, 196 e ss. confermata da Cass.
22.11.1961, in Giur. It, Rep., 1962, v. Omicidio colposo, n.12 e più di recente Trib. Milano 14.01.1985 citata in V.
FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 412 e ss. e Cass. Sez. pen., 22.02.2000
anch’essa citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 414 e ss.
9
13
LA RESPONSABILITÀ DEI DIRIGENTI E/O AMMINISTRATORI DI ENTI SPORTIVI.
La responsabilità dei dirigenti e/o amministratori di enti sportivi viene per lo più ricondotta
nell’ambito della responsabilità contrattuale.
Vengono in rilievo, pertanto, le disposizioni dettate dall’art.1176 c.c. unitamente alle
specifiche previsioni che il codice civile detta in tema di responsabilità degli amministratori di
società e associazioni.
Poiché gli enti sportivi possono adottare diverse forme organizzative i regimi di
responsabilità civile si differenziano in base ai seguenti criteri:
a) Quando l’ente sportivo si sia costituito nella forma di società per azioni e di
cooperativa, gli amministratori devono adempiere ai doveri imposti dalla legge e
dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro
specifiche competenze, ai sensi di quanto dispone l’art.1176 c.c. a tenore del quale
“Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di
famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività
professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività
esercitata”. In presenza di danni derivanti alla società a causa di un comportamento
degli amministratori, pertanto, questi sono solidalmente responsabili verso la società
qualora risulti che la loro condotta sia stata contraria ai doveri imposti dalla legge
ovvero dall’atto costitutivo.Considerando, poi, che a norma dell’art.2381 c.c. il
consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato
esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi
componenti, fissando il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della
delega; e potendo impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni
rientranti nella delega, emerge che il consiglio di amministrazione è responsabile se
– pur conoscendo una situazione pregiudizievole – non si è attivato per eliminare,
impedire o ridurre le conseguenze dannose. In caso di delega di funzioni,
comunque, sono esenti da responsabilità gli amministratori che abbiano fatto
annotare senza ritardo il proprio dissenso rispetto all’esecuzione dell’atto dannoso,
nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio (dandone immediata
notizia per iscritto al Presidente del Collegio sindacale).
b) Quando l’ente sportivo si sia costituito nella forma di società a responsabilità limitata, gli
amministratori (sempre in ossequio a quanto dispone l’art.1176 c.c.), devono adempiere
ai doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura
dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Ai sensi dell’art.2476 c.c., però, essi
sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei
doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della
società, salvo che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a conoscenza che
l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constatare il proprio dissenso.
c) Per le associazioni riconosciute il regime giuridico della responsabilità civile non è
diverso da quello relativo alle s.p.a. ed alle s.r.l. I terzi, per le obbligazioni contratte con
l’ente, possono rivalersi esclusivamente nei confronti e nei limiti del patrimonio
associativo. Gli amministratori, poi, sono assimilati ai mandatari e sono tenuti alla
diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell’art.1710 c.c., con conseguente
responsabilità per gli atti compiuti in violazione dei doveri imposti dalla legge o dall’atto
costitutivo e dallo statuto dell’associazione. Tuttavia, essi sono esenti da responsabilità
se non hanno partecipato all’atto e se, essendo a conoscenza che l’atto si stava per
compiere, abbiano fatto constatare il proprio dissenso.
d) Nell’associazione non riconosciuta, infine, “delle obbligazioni rispondono anche
personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto
14
dell’associazione.” (art.38 c.c.)14. Gli associati, in quanto tali, non rispondono mai delle
obbligazioni assunte dall’associazione, ma solo in quanto abbiano agito in nome e per
conto dell’associazione. Vale segnalare che deve trattarsi di un’attività concretamente
posta in essere, poiché la responsabilità di coloro che hanno agito in nome e per conto
dell’associazione – avendone il potere – non dipende, solo dalla loro astratta qualità di
rappresentante, ma dall’effettivo svolgimento dell’attività da cui sia derivata una
obbligazione per l’associazione. Detta responsabilità, pertanto, non riguarda gli
amministratori che si sono limitati a deliberare l’atto fonte dell’obbligazione senza agire
all’esterno, a meno che essi non abbiano curato lo svolgimento dell’attività negoziale
direttamente o per delega.
LA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI SPORTIVI VERSO I PROPRI TESSERATI
Sulla responsabilità degli enti sportivi verso i propri tesserati non vi è concordia tra gli
interpreti. Accanto a chi esclude la responsabilità dell’ente sportivo riconducendo la
fattispecie nell’alveo dei casi di assunzione del rischio da parte del tesserato, vi è chi ritiene
che l’ente sia responsabile, ora a titolo di responsabilità contrattuale15; ora per responsabilità
extracontrattuale.
Come si è già accennato i casi di responsabilità contrattuale verso i tesserati sono per lo più
ricondotti alle ipotesi di cattiva amministrazione, ma non è mancato chi ha ravvisato la
responsabilità dell’ente alla medesima stregua della responsabilità dell’imprenditore,
ritenendo sussistere per questo un preciso obbligo di adottare tutte le misure di diligenza e
prudenza, nonché tutte le cautele a tutela dell’integrità fisica dell’atleta professionistalavoratore16.
Le ipotesi di responsabilità extracontrattuale, invece, vengono ricondotte, accanto al
generale principio del neminem ledere, alle previsioni dell’art.2048 c.c. nell’ipotesi di
affidamento agli insegnanti per l’effettuazione di gare o tornei scolastici, nel caso di danno
subito da uno studente a causa di una condotta colposa di un altro gareggiante17 ovvero a
Con riferimento alla responsabilità degli amministratori di un organismo sportivo dilettantistico, la Commissione Tributaria
Centrale (Sezione V, decisione n. 5109 del 13 febbraio 1989) ha affermato che quando esso è costituito nella forma di comitato
(art. 40 c.c.), che si rinnova anno per anno per l’espletamento dell’attività sportiva, con conseguente autonoma gestione per
ciascuna stagione sportiva e scioglimento al termine della stagione stessa, la responsabilità solidale, sotto il profilo fiscale, dei
suoi rappresentanti è limitata al periodo in cui ciascuno di essi ha rappresentato il comitato stesso.
15
Così Cass. 08.01.2003 n. 85 in Resp. Civ. prev., 2003, 765 e ss. secondo cui gli enti sportivi, datori di lavoro degli
sportivi professionisti, sono obbligate a tutelare lo stato di salute di costoro, per prevenire malattie e infortuni e
impedire l’eventuale aggravamento delle condizioni fisiche già menomate a causa di tali eventi, adottando tutte le
misure di prudenza e diligenza e le necessarie cautele, così come consegue dall’art. 2087 c.c. e dalla specifica disciplina
normativa diretta a tutelare l’integrità fisica degli atleti.
16
Ciò, soprattutto nel caso di carenza dei necessari accertamenti sanitari e/o errori diagnostici o nella terapia prescritta.
Sul punto si veda Trib. Genova 04.05.2000 in Riv. Dir. Sport. 2000, 690 e ss. secondo cui “se vi è certamente una certa
zona di rischio naturale ..che l’allievo con la sua scelta accetta, tuttavia…la palestra… ha il dovere di organizzare i
corsi, di vigilare sull’attività degli istruttori e sull’andamento delle lezioni, di impartire le opportune disposizioni
finalizzate, sempre a tutelare l’incolumità fisica degli allievi, impedendo che la situazione sportiva “traligni” oltre i
confini del rischio naturale suddetto”.
Si è precisato, al riguardo che per andare esente da responsabilità le società sportive devono fornire la prova di aver
posto in essere le misure idonee a garantire lo svolgimento della competizione secondo le regole che le sono proprie.
L’ente non è tenuto, allora, a dimostrare di aver posto in essere tutte le misure idonee ad eliminare il rischio inevitabile
del giuoco, cioè quel rischio che rientra nell’alea normale dell’attività agonistica prescelta.
Non è mancato, poi, chi ha affermato la responsabilità dell’ente sportivo nel caso di evento dannoso verificatosi a causa
di una buca presente su un campo di tennis (Così Cass. 28.10.1995 n. 11264 in Riv. Dir. Sport, 1996, 87 e ss.) ovvero
nel caso di urto di uno sciatore contro un pilone posto sulla pista battuta (Trib. Pinerolo 02.04.1999 n. 86 ined.).
17
Così Trib. Milano, 03.06.1985, in Foro Pad., 1985, I, 376 e ss., App. Milano, 06.10.1987, in Riv. dir. sport., 1987,
446 e ss. oltre a Cass. 22.11.1991, n. 12358, Riv. dir. sport., 1992, 660.
Si segnala, però, Cass. 14.10.2003 n. 15321, in Foro It., 2004, I, 426, che ha escluso la responsabilità di una scuola
organizzatrice di una manifestazione sportiva e dell’insegnante, nel caso di azione compiuta in una normale fase di
gioco, senza l’impiego di violenza ed irruenza incompatibili con il contesto ambientale e con le persone che partecipano
al gioco.
14
15
quelle dell’art.2050 c.c., nel caso di danni arrecati nel corso di una escursione con una guida
alpina18.
Per quanto riguarda più specificamente il tema della responsabilità degli organizzatori di
manifestazioni sportive in relazione all’idoneità ed alla sicurezza dei luoghi ove esse si
effettuano e, propriamente, al tema della responsabilità dei gestori degli impianti sportivi, si
fa riferimento prevalentemente alle disposizioni contenute negli artt.2043 e 2051 c.c.. Ed
infatti, è stato ritenuto responsabile il gestore che abbia trascurato di rimuovere le strutture
potenzialmente pericolose per l’atleta nell’esercizio dell’attività sportiva, ora sulla base del
principio generale del neminem ledere (nella specie si trattava della presenza di un muretto
ai margini di un campo di calcetto)19; ora, invece, facendo riferimento alla previsione
contenuta nell’art.2051 c.c. (nella specie si trattava di una buca in un campo di tennis)20.
LA RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI SPORTIVI VERSO I TERZI
Vi è discordia di opinione tra gli interpreti anche sulla responsabilità degli enti sportivi verso i
terzi, danneggiati nel corso di una competizione sportiva.
In linea di massima, si individuano due linee interpretative prevalenti: (1) quella di chi
riconduce la responsabilità dell’ente sportivo nell’ambito della responsabilità contrattuale,
facendo riferimento alle disposizioni dettate dagli artt. 1176, 1786 e 1228 c.c., e (2) quella di
chi la riporta alle disposizioni contenute negli artt. 2043, 2048, 2049, 2051 e 2087 c.c.
Tra i fautori della responsabilità contrattuale dell’ente21, vale segnalare la posizione di chi ha
fatto riferimento alla disposizione contenuta nell’art.1786 c.c. precisando che, nel caso di
esercizio, sotto forma di impresa, di attività di palestra, piscina e circoli sportivi, poiché il
soggetto-frequentatore non è in grado di provvedere direttamente alla custodia delle cose
che non può tenere con sé durante la sua permanenza in loco, l’ente risponderebbe alla
medesima stregua dell’albergatore, nelle ipotesi di sottrazione dei beni depositati.
Nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, accanto a chi ha ricondotto la
responsabilità dell’ente sportivo al principio generale del neminem ledere (art.2043 c.c.),
poiché ad esso incombe il dovere di adottare ogni misura idonea ad evitare la possibilità di
eventi dannosi che vedano coinvolti gli spettatori22 vi è chi ha di volta in volta ricondotto le
singole fattispecie alle speciali previsioni contenute negli artt. 2048, 2049, 2051 e 2087 c.c.
E così vi è chi ha ritenuto le singole fattispecie riconducibili ai casi di responsabilità indiretta
per il fatto dei propri tesserati o incaricati in forza dell’art.2049 c.c. e chi ha applicato
l’art.2050 c.c., soprattutto con riferimento alle gare motoristiche23. Si è precisato, in
particolare, che nei confronti degli spettatori la responsabilità dell’organizzatore si configura
sia per l’omissione di cautele e di misure di sicurezza suggerite dall’oggettiva pericolosità
della corsa e dalle caratteristiche del tracciato che rendano prevedibile l’accadimento di un
sinistro, sia in quanto la manifestazione sportiva è da considerarsi pericolosa, in quanto tale
Sotto questo aspetto è di interesse la sentenza del Trib. Bolzano 24.01.1977 in Resp. Civ. prev., 1978, 459. Per un
approfondimento in dottrina, si veda CARRERI, Attività pericolosa e responsabilità contrattuale. La nuova professione
di guida alpina, in Riv. Dir. Sport., 1997, 64
Deve, comunque, escludersi la responsabilità della guida, quando il sinistro sia frutto dell’inosservanza di cautele o di
ordini o prescrizioni impartiti dalla guida da parte di altri alpinisti o escursionisti imprudenti ed indisciplinati, non
rientrando tra i poteri della guida quello di costringere all’obbedienza i propri clienti. Così Trib. Trento, 06.12.1949, in
Riv. Dir. Sport., 1950, 1-2., 119.
19
Così Trib. Roma 04.06.1997 in Riv. Dir. Sport. 1997, 504 e ss.
20
Così Cass. 28.10.1985 n. 11264 in Riv. Dir. Sport. 1996, 87 e ss.
21
Si veda Trib. Ferrara 15.04.1970 in Riv. Dir. Sport, 1972, 96 e ss
22
Ad esempio è stata ritenuta responsabile una società organizzatrice di una partita di squash per le lesioni procurate ad
uno spettatore da una palla lanciata erroneamente da un giocatore, perché aveva omesso di predisporre barriere
protettive sufficienti a prevenire eventi similari. Così Trib. di Milano 12.11.1992 e Trib. Rovereto 05.12.1989 n. 301 in
Riv. Dir. Sport., 1990, 499 e ss.
23
Cass. 24.01.2000 n. 749 in Riv. dir. sport., 2001, 192 ed in Foro it., 2000, I, 2861.
18
16
è definita da specifiche norme di pubblica sicurezza, sia perché interessata dall’affluenza di
notevoli masse di pubblico che creano oggettive situazioni di pericolo24.
In tema di responsabilità dell’ente sportivo per i danni arrecati a soggetti terzi, non tesserati,
vale segnalare un’interessante soluzione giurisprudenziale che ha ravvisato anche la
responsabilità extracontrattuale dell’ente sportivo per la condotta illecita di atleti avversari,
normalmente non imputabile alla condotta d’appartenenza del danneggiato25, se questa ha
trascurato di predisporre le misure di protezione necessarie a neutralizzare i rischi della
pratica sportiva.
Sembrerebbe, invece, pacifico per gli interpreti doversi escludere una qualsiasi
responsabilità diretta del CONI per i fatti accorsi nell’ambito di una manifestazione sportiva
promossa da una associazione sportiva. Di interesse, sul punto, è la sentenza del Tribunale
di Milano 24.05.200126, che seguendo una linea interpretativa tracciata dalla Cassazione ha
escluso ogni responsabilità del CONI, affermando che non è compresa tra i suoi poteri
l’ingerenza nell’organizzazione delle manifestazioni sportive promosse nell’ambito
dell’attività federale. La giurisprudenza milanese, cioè, ha ritenuto che il CONI non ha alcun
onere di vigilanza sull’attività delle associazioni sue affiliate e, perciò, nessuna responsabilità
può esserle imputata per fatti accaduti in occasione di manifestazioni promosse nell’ambito
dell’attività federale, responsabilità che semmai dovrebbero attribuirsi alla Federazione. La
responsabilità della Federazione è stata propriamente riconosciuta nel caso di un infortunio
in una prova di equitazione in una gara internazionale di pentatlon, in quanto l’atleta era
stato avviato dalla Federazione a sostenere la gara privo di adeguata preparazione27.
L’ILLECITO PENALE
Sul piano statistico, la stragrande maggioranza della casistica penale riguarda problemi
relativi a fattispecie di omicidio o lesione personale per eventi dannosi, direttamente
riconducibili all’attività sportiva, con un preciso distinguo tra: (1) le offese all’integrità
personale che un atleta può arrecare ad un altro atleta in quegli sports che sono
caratterizzati dal fatto di prevedere la possibilità (o addirittura la necessità) di condotte
violente contro l’avversario e (2) le offese all’incolumità fisica nei confronti di soggetti estranei
alla pratica sportiva, nell’ambito di attività sportive non violente28.
Vi sono poi ipotesi di lesioni o di morte verificatesi nell’ambito di attività sportive, quali
conseguenza di eventuali violazioni dei doveri di diligenza gravanti su soggetti aventi la
funzione di garantire che i rischi riconducibili all’attività sportiva siano il più possibile limitati.
Si pensi ai casi di responsabilità a carico degli amministratori per i danni derivanti da
incidenti verificatesi negli impianti da esse gestiti, ovvero, più in particolare: alla condotta (a)
Si veda Trib. Milano, 21.09.1998, in Riv. dir. sport., 1999, 556, citata altresì in V. FRATTAROLO, L’ordinamento
sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 517 e ss.
25
Così Trib. Bari, 10.06.1960, in Dir. Giur. 1963, 83 e ss. che ha escluso la responsabilità della società di appartenenza
del danneggiato per mancanza del rapporto di committenza richiesto dall’art. 2049 c.c. trattandosi di giocatore
dilettante.
26
Si tratta della sentenza Trib. Milano 14.01.1985 citata in V. FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella
giurisprudenza, Milano, 2005, 412 e ss. ed in particolare a p. 452.
27
Sul punto si veda Cass. Sez. un. 12.07.1985 n. 7640 in Riv. dir. sport., 1996, 75 e ss, nonché Cass. 28.02.2000 n. 2220
in Danno e Resp. 2000, 614 e ss. e . 23.06.2000 n. 6400 in Corr. giur. 2000, 74 ed in V. FRATTAROLO, L’ordinamento
sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005, 456.
28
Nel primo caso si pongono, perciò, quelle questioni (a cui si è fatto cenno) sui limiti di liceità della violenza sportiva
ed in particolare sull’ammissibilità per l’ordinamento statale di quei comportamenti che in astratto potrebbero
configurare ipotesi di reato di percosse o lesioni, per il solo fatto di accadere nell’ambito dell’esercizio di un’attività
sportiva.
Nel secondo caso si profilano problemi di individuazione della misura del rischio consentito dall’ordinamento e dei
criteri di valutazione della colpa personale del soggetto agente nell’ambito di attività sportive. Sul tema, per un
approfondimento, si veda: ANGELONI, Colpa penale e gare automobilistiche, in Riv. Giur. Circ. trasp. 1954, 1081e ss.;
BARRUSO, La responsabilità per le lesioni arrecate a terzi nell’esercizio dello sport, in Riv. dir. sport., 1957, 3 e ss.;
PETROCELLI, La illiceità penale della violenza sportiva, in Riv. Crit. Dir giur., 1928, 242 e ss., nonché in Saggi di
diritto penale, Padova, 1952, 194 e ss.
24
17
del medico sportivo che abbia omesso di accertare il possesso, da parte dell’atleta, dei
requisiti di idoneità fisica richiesti dalla legge per la partecipazione alla gara29; (b) del
direttore di gara che abbia trascurato (ad esempio prima di una gara automobilistica) di
adottare le cautele necessarie a ridurre il rischio per gli atleti partecipanti (o i terzi spettatori)
di essere coinvolti in incidenti30; (c) dell’istruttore che consenta all’allievo di svolgere da solo
una pratica sportiva senza esserne ancora padrone31; (d) della guida alpina che esponga i
partecipanti ad una escursione ad un rischio giuridicamente inaccettabile32; (e) del
responsabile della manutenzione di impianti sportivi il cui difettoso funzionamento abbia
arrecato lesioni ai soggetti che li abbiano utilizzati.
Infine, vi è un’ampia casistica di fattispecie in cui il partecipante ad una competizione
sportiva (ma anche un soggetto operante nell’ambito dell’ente sportivo, che sia estraneo alla
gara) violi gli obblighi di lealtà sportiva e ne alteri i risultati. In quest’ambito, oltre al caso di
frode sportiva, si inserisce anche il fenomeno del doping, perché l’atleta, con la
somministrazione illegale di sostanze chimiche che ne accrescono le energie ed il
rendimento agonistico, viola il dovere di lealtà sportiva e, mettendo a repentaglio la propria
salute fisica, accresce al contempo il rischio sportivo.
LESIONI SPORTIVE E RESPONSABILITÀ PENALE DELL’ATLETA.
Procedendo, seppure in sintesi, all’esame delle questioni interpretative di maggiore rilievo
sulla responsabilità penale nello sport, viene all’attenzione, anzitutto, il tema dei limiti della
responsabilità penale dell’atleta, per le lesioni conseguenti alla pratica sportiva.
Come già accennato, la questione non si esaurisce nel problema della liceità della violenza
sportiva, ma si estende alla punibilità di quelle condotte che in astratto potrebbero
configurare ipotesi di reato di percosse o lesioni, poste in essere nell’ambito dell’esercizio di
sport che non si esercitano attraverso forme di violenza fisica nei confronti dell’avversario.
È noto, infatti, che vi sono sports in cui le regole del gioco escludono ogni possibilità di
contatto fisico e uso di violenza (ad esempio l’atletica leggera) e sports che ammettono la
possibilità del contatto violento, talora in via del tutto eventuale (ad esempio nel calcio) talora
quale essenza stessa del gioco (si pensi alla lotta libera) ovvero addirittura la autorizzano
quale attività lesiva intenzionale ai danni dell’avversario (ad esempio nel pugilato).
Per quanto attiene alle attività sportive del primo tipo, problemi di responsabilità penale si
pongono solo se la generica pericolosità inerente alla pratica sportiva si traduce in una
effettiva lesione o morte, in conseguenza della competizione. Si configurano, in tali casi, le
ipotesi tipiche di reati avverso l’incolumità della persona che si prospettano al di fuori dello
sport.
Trattandosi di lesioni conseguenti a pratiche sportive che non sono caratterizzate da forme
di violenza fisica nei confronti dell’avversario, si pongono interessanti questioni interpretative
per l’accertamento della colpa dell’agente.
Nell’ambito della tradizionale responsabilità penale per colpa, la valutazione della condotta
viene riportata alla verifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento, ovvero al diligente
rispetto delle generali norme di cautela previste proprio in funzione di prevenzione del rischio
insito nella natura dell’attività pericolosa.
Si veda VERGER, La responsabilità del medico, del dirigente sportivo e delle U.S.L. nel giudizio di idoneità alla
pratica sportiva agonistica, in Riv. dir. sport., 1984, 308 e ss.;
30
In giurisprudenza si veda: Trib. Torino 13.07.1983, in Riv. dir. sport., 1983, 566 e ss. nonché Cass. 05.04.1982 n. 769,
in Arch. Giur. Circ., 1983, 662 e ss.
31
In giurisprudenza, si veda Pret. Firenze, 25.06.1957, in Riv. dir. sport., 1957, 427 e ss., nonché Pret. Malè,
09.11.1983, in Riv. dir. sport., 1985, 375 e ss.
32
Si veda CHABOT, Responsabilità negli infortuni alpinistici, in Riv. dir. sport., 1959, 372 e ss., nonché ROSSI, In tema
di responsabilità civile e penale nascente dall’attività alpinistica, in Arch. resp. civ., 1963, 621 e ss.
29
18
Nelle attività sportive, invece, le regole cautelari di riferimento non possono essere costruite
in base ai criteri tradizionali della prevedibilità ed evitabilità dell’evento, perché queste
potrebbero condurre a regole di condotta che, se osservate, porterebbero all’astensione
dell’attività consentita in quanto tale. Esse devono, perciò, tener conto dell’esigenza di
permettere lo svolgimento dell’attività sportiva, ritenuta socialmente utile, mantenendo al
contempo il livello di pericolosità entro limiti accettabili. Consegue, perciò, che soltanto il
superamento di tali limiti o dei margini del cosiddetto rischio consentito può essere fonte di
responsabilità colposa.
L’accertamento della responsabilità per colpa, in tema di lesioni sportive sembra, allora,
doversi dirigere da un lato alla verifica dell’esistenza di un’autorizzazione dell’ordinamento
statale all’esercizio della specifica attività sportiva e, d’altro lato, all’individuazione delle
regole cautelari da osservare per mantenere il livello di pericolosità della pratica sportiva
entro limiti accettati dall’ordinamento medesimo, facendo riferimento – oltre che ai principi
generali di cautela e prudenza nello sport - all’esatta determinazione delle regole del gioco,
scritte dalle organizzazioni sportive.
La legge 16.02.1942 n. 426, istituendo il CONI quale ente di riferimento per la disciplina,
l’organizzazione ed il riconoscimento delle attività sportive, sembra consentire e legittimare
unicamente l’esercizio degli sports riconosciuti da tale ente pubblico. In dottrina, ci si è
chiesti se possano considerarsi consentiti dall’ordinamento statale anche i rischi ricollegabili
a pratiche sportive esercitate al di fuori delle strutture organizzative facenti capo al CONI
ovvero se i criteri di valutazione della colpa per tali attività debbano essere più rigorosi di
quelli relativi alle attività sportive autorizzate dall’ordinamento.
Al riguardo sembra doversi accogliere la linea interpretativa di chi ha escluso che la
legittimità di una pratica sportiva possa essere ancorata unicamente a dati formali,
dovendosi prediligere, piuttosto, valutazioni di contenuto. Ed allora, “in presenza di una
pratica sportiva non organizzata ufficialmente, ma sostanzialmente corrispondente a quelle
praticate all’interno delle organizzazioni ufficiali e rispettosa delle regole di comportamento
per quelle predisposte, i criteri di valutazione della colpa non sono destinati a subire
significative modifiche. L’area del rischio consentito, viceversa, è destinata a ridursi
drasticamente, fino a potersi anche annullare in caso di pratiche sportive diverse da quelle
disciplinate e riconosciute dall’ordinamento statale o che, pur corrispondendovi in astratto, in
realtà non vengono praticate in modo conforme alla disciplina per quelle predisposta33”.
LESIONI SPORTIVE NEGLI SPORTS A VIOLENZA EVENTUALE O NECESSARIA.
Per gli sports in cui la violenza è connaturata all’essenza stessa del gioco, occorre
differenziare i casi della cosiddetta violenza base, in cui la violenza espressamente
autorizzata dai regolamenti sportivi già di per sé induce a comportamenti astrattamente
riconducibili a fattispecie penalmente sanzionate, dai casi in cui le lesioni all’integrità della
persona siano più gravi rispetto a quelle previste e considerate dai regolamenti sportivi.
Il tema dei limiti alla responsabilità penale dell’atleta per le lesioni conseguenti alla pratica
sportiva, pertanto, va affrontato operando un bilanciamento tra due esigenze contrapposte:
da un lato quella di garantire nell’attività sportiva un’adeguata tutela dell’integrità fisica e
della salute degli atleti e d’altro lato, quella di assicurare un sufficiente spazio di libera azione
agli sportivi, senza il quale lo sport perderebbe gran parte delle sue specifiche caratteristiche
e non potrebbe realizzare quella positiva funzione sociale che gli viene concordemente
riconosciuta.
Il mero rinvio alla verifica della conformità della condotta alle regole del gioco per valutare la
responsabilità colposa dell’atleta non appare, però, sufficiente, poiché così si giungerebbe a
sanzionare la maggior parte delle pratiche sportive violente.
33
Così F. ALBEGGIANI, Sport (dir. Pen.) in Enc. Dir., LXIII, 545.
19
La giurisprudenza, peraltro, ha ormai abbandonato tale linea interpretativa. Maggiori
consensi vanno, ora, alla tesi di chi ritiene di dover escludere la responsabilità penale e
perciò di non doversi punire l’atleta che abbia agito con violenza, arrecando lesioni fisiche
all’avversario, nell’ambito di una competizione sportiva, anche quando la regola del gioco sia
stata violata.
Diverse sono le soluzioni dogmatiche di tali ipotesi di non punibilità che si possono
ricondurre a due linee di pensiero principali e precisamente (1) quella di chi riconduce il
fondamento della non punibilità di fatti di violenza sportiva alle scriminanti del consenso
dell’avente diritto, ovvero dell’esercizio di un diritto e (2) quella di chi collega la non punibilità
a valutazioni di tipo sostanziale, legate al riconoscimento dell’importanza sociale dello sport
ed ottenute mediante un processo di integrazione analogica delle norme che prevedono le
cause di giustificazione o attraverso il parametro della cosiddetta “adeguatezza sociale”, da
riferire alle condotte sportive violente.
I sostenitori del ricorso alla scriminante del consenso dell’avente diritto ritengono che la
partecipazione a competizioni sportive comporti l’accettazione implicita dei rischi ad esse
connessi e, quindi, anche il consenso alla condotte di violenza sportiva ed alle conseguenze
lesive a queste riconducibili.
Ad essi è stato obiettato che il consenso andrebbe a scriminare unicamente quei
comportamenti violenti e le conseguenze lesive che rientrino nelle previsioni delle regole del
gioco, rimanendo esclusi quei comportamenti tenuti, nell’ambito della gara, in violazione
delle regole del gioco e dovendosi, comunque, accertare il contenuto della singola
manifestazione di consenso, e cioè se l’atleta abbia accettato a priori, il solo rischio
connesso alla regolare esecuzione dell’attività sportiva, ovvero anche quello ricondotto a
comportamenti attuati in violazione delle regole del gioco.
Tale ultima questione è stata risolta da alcuni, facendo riferimento alla scriminante
dell’esercizio di un diritto di cui all’art. 51 c.p., per cui tutte le condotte di violenza sportiva
conformi ai regolamenti delle varie pratiche riconosciute dallo Stato sarebbero a priori lecite
per l’ordinamento statale.
Anche tale soluzione interpretativa, però, non risolve i problemi di ammissibilità e non
punibilità delle condotte violente da cui siano derivate lesioni, attuate in violazione delle
regole del gioco ovvero nell’ambito di sport non organizzati ufficialmente e non riconosciuti
dal Coni. A tali fattispecie si è cercato di dare soluzione ricorrendo, a seconda dei casi, sia
alla scriminante del consenso dell’avente diritto, sia a quella dell’esercizio dell’avente diritto,
ovvero all’analogia in bonam partem.
LA FRODE SPORTIVA.
Di interesse, in tema di responsabilità penale è la questione dei profili di rilevanza penale di
quelle condotte che – violando i principi di lealtà sportiva – siano diretta ad influenzare
fraudolentemente l’esito di una gara, modificando a favore di alcuni competitori l’alea insita
nel gioco stesso (la cd. frode sportiva).
Il legislatore è intervenuto al riguardo con la legge n. 401/1989 che all’art.1 prevede il reato
di Frode in competizioni sportive, individuando una serie di condotte ritenute illecite per
l’ordinamento penale, in quanto lesive della certezza e regolarità delle competizioni sportive
e la genuinità dei loro risultati 34.
L’art. 1 della L. n. 401/1989 prevede che “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei
partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato Olimpico nazionale
italiano (CONI), dall’Unione italiane per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti
dallo Stato e dalle associazioni ad esso aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al
corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito
con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a due milioni.” Nei casi di lieve entità
34
20
Da un profilo strutturale, le fattispecie di reato sono assai simili alle ipotesi di frode sportiva
tipizzate dall’art.2 del codice di giustizia sportiva della FIGC, ma hanno una portata più
generale in quanto riferite a qualsiasi tipo di competizione sportiva, esercitata all’interno di
organizzazioni riconosciute dallo Stato (e non solo al gioco del calcio ricondotto nell’ambito
della federazione italiana gioco calcio). Le condotte tipizzate dal legislatore al 1 ° comma
dell’art.1 citato, poi, possono essere poste in essere – quale soggetto attivo – da “chiunque”
e, perciò anche da soggetti estranei all’organizzazione sportiva35.
Più complessa, invece, per gli interpreti è l’individuazione del soggetto attivo della previsione
contenuta al 2° comma. Secondo alcuni36 partecipante alla competizione, non sarebbe
soltanto l’atleta, ma anche chi rivesta un ruolo immancabile per lo svolgimento della gara
quali gli arbitri e gli ufficiali di gara. Resterebbero esclusi gli allenatori e i dirigenti corrotti,
anche se la loro punibilità potrebbe essere sancita per effetto della previsione di chiusura
degli “atti fraudolenti”. Altri37, invece, estende l’interpretazione del concetto di “partecipante”
fino a comprendervi anche allenatori, massaggiatori e medici.
La condotta di reato consiste nell’offrire o promettere denaro o altra utilità o vantaggio a
taluno dei partecipanti alla competizione38 ovvero nel compiere altri atti fraudolenti, sempre
finalizzati all’alterazione del regolare esito della competizione sportiva organizzate da
organizzazioni riconosciute dall’ordinamento statale39. Il reato, perciò, si verifica unicamente
in presenza di tali condotte tipiche e non in qualsivoglia manifestazione sportiva, ma solo in
quelle che presentano connotati agonistici e siano organizzate dal CONI ovvero dalle
federazioni sportive da questo riconosciute, dall’UNIRE e da altri enti sportivi riconosciuti
dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti40. L’elemento psicologico è quello del dolo
specifico, rappresentato dalla volontà dell’agente a perseguire il fine del raggiungimento di
un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della
competizione.
si applica la sola pena della multa. Le stesse pene si applicano al partecipante della competizione che accetta il denaro o
altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa.
35
Si tratta, cioè, di una previsione di reati comune, per la quale il Tribunale di Roma ha precisato che il partecipante alla
competizione deve essere escluso dal novero dei soggetti includibili nel “chiunque”. Ciò, perché la ratio della norma
sarebbe quella di contrastare forme esterne di corruzione. Si veda Trib. Roma, 21 febbraio 1992. Per un
approfondimento, si veda altresì A. TRAVERSI, Diritto penale dello sport, Milano, 2001, p. 72.
36
Sul punto, si veda T. PADOVANI, op. cit.. p. 94 nonchè A. TRAVERSI, op. cit., p. 73.
37
A. BOLOGNA, L’illecito sportivo nella nuova normativa, in Riv. dir Sport, 1990, p. 146, attribuisce il ruolo di
“partecipante” a chiunque svolga una funzione connessa in via diretta con l’evento. A. LAMBERTI, op. cit., p. 213,
riconduce tale qualifica a chiunque ponga in essere comportamenti eziologicamente legati alla competizione.
38
E’ sufficiente che l’offerta o promessa sia giunta alla conoscenza del partecipante perché sussista il reato- trattandosi
così di un delitto a consumazione anticipata, laddove in difetto o se intempestive si avrebbe solo il minus del tentativo
(naturalmente se siano riscontrabili i requisiti della idoneità e della univocità degli atti propri del tentato reato). Per un
approfondimento, si veda: AA. VV., Diritto sportivo, Torino, 1998, p. 114.
39
Secondo parte degli interpreti la norma al primo comma prevede più condotte alternative, andando a configurare
più fattispecie di reato Così T. PADOVANI, Commento all’art. 1 Legge 13 dicembre 1989, n. 401, in Leg. Pen. 1990,
n. 1-2, p. 94. Il secondo comma, poi, individuerebbe una fattispecie autonoma, ancora distinta. Così A. LAMBERTI,
La frode sportiva, Napoli, 1990, p. 178.
40
AA. VV., Diritto dello sport, Le Monnier, 2004, p. 199.
21
Dott. Stefano Andreani – Consulente Regionale Fiscosport Toscana
Dottore Commercialista in Campi Bisenzio (Firenze) – Presidente della Commissione di
Studio dell’ Ordine Dottori Commercialisti di Firenze sul Controllo di Gestione.
e-mail: [email protected]
La srl sportiva: adempimenti civilistici e fiscali
ASPETTI PROBLEMATICI:
A) LA DETASSAZONE DEI CORRISPETTIVI SPECIFICI
B) L'INTRASFERIBILITÀ DELLE QUOTE
ADEMPIMENTI CIVILISTICI E FISCALI
C) GLI ADEMPIMENTI CIVILISTICI
D) GLI ADEMPIMENTI FISCALI
Nelle prime due parti di questa breve relazione si darà conto di due dei più rilevanti aspetti
problematici della disciplina fiscale delle società sportive dilettantistiche, la detassazione dei
corrispettivi e l'intrasferibilità delle quote.
Nella altre due parti ne verranno sommariamente ricordati gli adempimenti civilistici e fiscali,
raffrontandoli con quelli stabiliti per le associazioni.
A) LA DETASSAZIONE DEI CORRISPETTIVI SPECIFICI
1) Le norme di riferimento
Per le associazioni sportive l’art. 148 (già art. 111), III comma, del T.U.I.R., a condizione che
siano rispettate una serie (ormai ben nota) di condizioni statutarie, fa rientrare nell’area
istituzionale e non commerciale (e quindi esclude da tassazione i corrispettivi specifici pagati dagli
utilizzatori), l’attività svolta nei confronti [si aggiungono a capo e trattini per migliorare la leggibilità,
n.d.r.]:
"- degli iscritti, associati o partecipanti,
- di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto
costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale,
- dei rispettivi associati o partecipanti
- e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali".
Fra i requisiti statutari per aver diritto a tale agevolazione, il IV comma, lettera c), del medesimo
articolo richiede per gli associati "l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la
temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti
maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione dello statuto e dei regolamenti e per la nomina
degli organi direttivi dell'associazione".
Si richiede cioè che per aver diritto all'agevolazione gli associati o partecipanti siano "effettivi", con
pieni diritti e doveri.
L'art. 90 della L. 289/2002 ("Finanziaria 2003") estende tale agevolazione anche "alle società
sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza fine di lucro", stabilendo fra
l'altro alcune modifiche ovvero integrazioni ai requisiti statutari fissati dall'art. 148 T.U.I.R.
22
2) Il dubbio interpretativo - Le prese di posizione dell'Agenzia delle Entrate
Nel caso di S.r.l. o S.p.A. sportive dilettantistiche la figura del socio coincide con quella
dell'utilizzatore della struttura solo in alcune realtà assolutamente marginali; forse solo per alcuni
centri ippici particolarmente esclusivi, perchè negli stessi golf club, l'altra fattispecie nella quale gli
utilizzatori abituali di norma coincidono con i soci della struttura, è prassi che sia concesso l'utilizzo
della struttura, a pagamento, anche ai soci degli altri golf club.
In tutti gli altri casi, soci della S.r.l. sono di norma un gruppo ristretto, a fronte del quale vi sono
spesso centinaia o migliaia di utilizzatori, che è assolutamente impensabile pensare di far entrare
ed uscire dalla compagine sociale, ogni volta con aumento o riduzione del capitale sociale (si dirà
al punto "B" dell'intrasferibilità delle quote, e peraltro il trasferimento delle quote avrebbe
comunque costi assolutamente proibitivi).
Si pone quindi il problema di definire quali siano gli utilizzatori i cui corrispettivi sono considerati
istituzionali e quindi detassati.
Il Ministero e l'Agenzia delle Entrate non hanno ancora (dopo oltre tre anni) preso una posizione
ufficiale sulla questione, e le uniche prese di posizione in qualche modo "ufficiali" (le virgolette
sono qui d'obbligo, trattandosi di atti a efficacia circoscritta alla singola fattispecie oggetto del
quesito) di cui siamo a conoscenza hanno affermato che sono considerati istituzionali solo i
corrispettivi specifici corrisposti dai soci della Società.
Fra di esse possiamo citare la decisione prot. 22433 del 19/4/2005, di recente ampiamente
pubblicizzata dagli organi di stampa, che dopo una ampia disamina della questione conclude
affermando che "... non è possibile riferirsi a soggetti diversi dai soci in presenza di una norma
che, pensata in riferimento alle associazioni, limita l'esenzione agli iscritti, associati e partecipanti".
In ciò dimenticando che la norma, come vedremo più avanti, non finisce qui, ma continua
elencando ulteriori fattispecie.
3) Il dubbio interpretativo - Una diversa interpretazione
A nostro avviso, una soluzione compiuta e corretta non sarebbe potuta venire che da una diversa
formulazione della norma, che avesse distinto fra:
- i soci, portatori di capitale e titolari del diritto di amministrazione di tale capitale
- i “partecipanti”, interessati allo svolgimento dell’attività sportiva ma per nulla interessati
all’investimento in quote ed alla gestione “patrimoniale”.
Avrebbero potuto essere definite le caratteristiche e le diverse competenze di tali due figure:
- i soci, che conferiscono capitale, eleggono il consiglio di amministrazione cui è demandata la
gestione del patrimonio, votano per quote come è norma nelle società di capitali
- i partecipanti, che versano quote (annuali, periodiche o per specifici servizi), eleggono un
consiglio direttivo cui è demandata la gestione dell’attività sportiva (organizzazione dell’attività,
scelta delle squadre e delle competizioni cui iscriversi, realizzazione degli eventi sportivi, ecc.),
votano per teste.
Tale costruzione avrebbe definito chiaramente i ruoli e rispettato la ratio della estensione delle
agevolazioni alle società di capitali.
Ma il testo della norma è un altro, ed è tale testo che dobbiamo applicare. Esso però dice di più di
ciò a cui la D.R.E. della Lombardia si ferma, infatti:
- in primo luogo (e su questo anche la D.R.E. e gli altri uffici periferici dell'Agenzia delle Entrate
non paiono sollevare dubbi), qualora siano rispettati i requisiti statutari, anche alle società di
23
capitali si applica l'art. 148, III comma, nella prima parte, quella cioè che esclude la commercialità
dei proventi da "iscritti, associati o partecipanti", ovvero dai soci;
- ma se è detassata l’attività nei confronti dei soci, allora è detassata anche l’attività nei confronti
“di altre associazioni e... dei rispettivi associati o partecipanti”, come recita la parte centrale del
comma III dell’art. 148;
- ed infine, se tutto ciò è vero, allora si deve applicare anche l'ultimo periodo del citato III
comma, che esonera da tassazione l’attività nei confronti “dei tesserati delle rispettive
organizzazioni nazionali”;
Ed allora, qualora la S.r.l. sportiva si affili ad una Federazione o ad un Ente di promozione sportiva,
e tesseri per tale federazione o ente i propri frequentatori, non si comprende perchè i corrispettivi
da essi pagati non debbano rientrare in tale ultima previsione agevolativa.
L'iter qui sopra descritto può forse non apparire "elegante", ma ci sembra rispecchi sia la lettera
della Legge, sia la ratio della mini-riforma: estendere alle società di capitali le agevolazioni dettate
per le associazioni sportive nei rapporti con chi, presso di esse, svolge attività sportiva
dilettantistica,
B) LA INTRASFERIBILITÀ DELLE QUOTE
Fra i requisiti statutari richiesti dall'art. 148, VIII comma:
- la lettera e) richiede "il principio del voto singolo di cui all'art. 2532, comma 2, del codice civile" (il
"voto per teste", dettato per le cooperative)
- la lettera f) stabilisce l' "intrasmissibilità della quota"
La seconda formulazione dell'art. 90, XVIII comma, della Finanziaria 2003, demandava ad un
emanando regolamento la fissazione delle clausole che avrebbero dovuto essere incluse negli
statuti delle società e associazioni sportive, e nulla diceva a proposito di tali due requisiti.
Dopo le modifiche apportate dall'art. 4 del D.L. 22/3/04 n. 72 invece è stato chiarito che, per
quanto riguarda il diritto di voto, per le società di capitali e le cooperative "si applicano le
disposizioni del codice civile", quindi in voto per quote.
Analoga eccezione ai citati principi di cui all'art. 148 TUIR non è invece stabilita per
l'intrasmissibilità della quota.
Ora, parte della dottrina ritiene che anche tale requisito sia, implicitamente, abrogato per le società
di capitali, ma la lettera della norma rimane a tutt'oggi chiarissima in senso opposto, e forse tale
limitazione ha anche una sua ratio: stabilire un ulteriore vincolo per evitare che le società di capitali
sportive possano consentire ai soci, attraverso plusvalenze in sede di trasferimento delle quote, di
realizzare utili da tale attività.
Ritengo che, a differenza di quanto detto relativamente alla problematica della detassazione dei
corrispettivi specifici, in questo caso non si possa desumere dalla norma e dall'evoluzione di essa
una chiara volontà del legislatore, in un senso o nell'altro; nè una applicazione rigorosa della
norma pare un vincolo eccessivo, tale cioè da vanificare nella realtà lo spirito dell'art. 90 (come
invece accadrebbe se si aderisse alla tesi "restrittiva" sulla detassazione dei corrispettivi specifici).
Ritengo quindi, ovviamente fino ad eventuali diverse e chiare istruzioni ufficiali sul punto, che il
vincolo dell'intrasferibilità delle quote debba essere contenuto negli statuti delle società di capitali
sportive dilettantistiche, se si vuol avere diritto alle agevolazioni fiscali.
24
Una sola ultima considerazione di spirito spiccatamente civilistico-societario: la normativa ex art.
90 si applica a tutte le società di capitali, e quindi anche alle S.p.A.; e per queste ultime la totale
intrasmissibilità della partecipazione presenta probabilmente forti dubbi di legittimità.
Da ciò deriva che un'interpretazione rigorosa della norma rende probabilmente impossibile per una
S.p.A. usufruire delle agevolazioni dettate per le società sportive, o in altri termini rende
impossibile, per una società che voglia operare nel campo dello sport usufruendo delle
agevolazioni fiscali del settore, costituirsi in forma di S.p.A.
Non pare però che si possa partire da tali considerazioni per dedurne la necessità di una diversa e
più "elastica" interpretazione: l'impossibilità di fruire delle agevolazioni non svuota la norma di
significato, ma si limita semplicemente a limitarne di fatto l'applicabilità solo ad alcune, e non a
tutte, le tipologie di società di capitali; in particolare, fra l'altro, a limitarne l'applicabilità alle figure
più comuni e meno costose.
C) GLI ADEMPIMENTI CIVILISTICI
Non è certo questa la sede per dilungarsi in un'elencazione degli obblighi civilistici e fiscali che
gravano sulle S.r.l. sportive, che sono svariati ma anche, ritengo, ben noti; verranno quindi
sottolineati solo i principi generali e fatte, se del caso, alcune precisazioni.
Una S.r.l. sportiva è civilisticamente una S.r.l., esattamente come le altre; essa è quindi tenuta al
rispetto di tutti gli adempimenti civilistici posti dalla Legge a carico delle S.r.l.: dalla costituzione
con atto notarile al deposito del bilancio comprensivo di nota integrativa (ed eventualmente
relazione sulla gestione), dalla vidimazione iniziale dei libri soci, assemblee e verbali C.d.A., alla
tenuta della contabilità ordinaria; dal capitale minimo di Legge alla necessità di un aumento di
capitale con atto notarile in caso di ingresso di nuovi soci.
Rispetto all'associazione è quindi una struttura evidentemente diversa, con adempimenti e quindi
costi di gestione indubbiamente molto più alti.
Va però rilevato che ciò vale se il confronto viene fatto con un'associazione non riconosciuta di
dimensioni modeste, ed è evidente che per organismi di dimensioni modeste la struttura societaria
è assolutamente sovradimensionata.
Le considerazioni sono però molto diverse se il confronto viene fatto non con la "configurazione
minima" dell'associazione, ma con la struttura civilistica, contabile e amministrativa di
un'associazione di dimensioni più rilevanti.
Sotto il profilo civilistico, se cresce la struttura, e conseguentemente i rischi, diviene consigliabile
che l'associazione ottenga il riconoscimento, unico modo per fruire della responsabilità limitata; in
tal caso anche l'associazione deve essere costituita con atto notarile, dotarsi di un capitale minimo
non trascurabile, effettuare una serie di adempimenti presso Prefettura o Regione che hanno un
costo professionale non dissimile da quello richiesto per la costituzione di una S.r.l.
Sotto il profilo contabile, una struttura di una certa consistenza non può certo essere gestita con
un libricino cassa, e la tenuta di una contabilità adeguatamente strutturata appare quindi
imprescindibile. Fra una contabilità organizzata, con una corretta gestione quantomeno di cassa e
banca, un minimo di distinzione fra costi di gestione e costi pluriennali da ammortizzare, una
suddivisione dei costi e dei ricavi sufficientemente analitica, da un lato, e una contabilità ordinaria
dall'altro, le differenze sono nella sostanza minime.
Va sottolineato poi come, per un'associazione di dimensioni non minime, appaia opportuno
quantomeno che costi e ricavi siano esposti in maniera sufficientemente chiara e che la situazione
patrimoniale sia portata a conoscenza dei soci con precisione; da ciò alla redazione di un vero e
proprio bilancio di esercizio il passo non è lungo; certo nella S.r.l. rimane l'obbligo di redazione del
bilancio stesso nella forma rigida stabilita dal codice civile (forma che peraltro dà informazioni
molto lacunose soprattutto per quanto riguarda il conto economico), nonchè della nota integrativa,
25
nonchè infine l'obbligo di deposito dello stesso, con costi sia professionali sia di bolli e diritti che
rimangono certamente un onere non trascurabile a carico della S.r.l.
Infine, sotto il profilo amministrativo, a parte il costo (peraltro una tantum) della vidimazione
iniziale, anche nell'associazione sono indispensabili libro soci, libro assemblee e libro dei verbali
del Consiglio di Amministrazione ovvero Consiglio Direttivo; l'onere aggiuntivo per una S.r.l. invece
di un'associazione è quindi trascurabile.
L'unica rilevante differenza rimane quindi il costo dell'ingresso di nuovi soci, evento
assolutamente normale (e gratuito) nell'associazione, straordinario e costoso nella S.r.l.; il numero
dei soggetti che si presume entreranno a far parte dell'organismo dopo la sua costituzione diviene
quindi uno degli elementi fondamentali da considerare nella scelta della forma giuridica; ciò
peraltro, a ben vedere, non tanto e non solo per il costo, ma soprattutto perchè costringe i
fondatori ad esaminare uno degli elementi fondamentali della struttura che si vuole creare, ovvero
la sua "volatilità":
- se l'organismo che si vuole creare deve avere una consistenza patrimoniale rilevante,
presumibilmente fornita da un numero ristretto di soggetti destinati a non variare nel tempo, e
quindi una struttura con caratteristiche più di stabilità che di elasticità, sarà di norma preferibile la
struttura societaria
- se invece si prevede il coinvolgimento di numerosi soggetti ed un loro accentuato turnover,
caratteristica che di norma si accompagna ad una consistenza patrimoniale non particolarmente
rilevante, insomma una struttura più "volatile", allora la forma associativa potrebbe risultare
migliore.
D) GLI ADEMPIMENTI FISCALI
Ben poco c'è da dire, infine, sugli adempimenti fiscali, dato che sostanzialmente coincidono con
quelli stabiliti per le associazioni.
Sono infatti assolutamente identici in caso di opzione per la Legge 398/91, mentre differiscono in
misura non rilevante caso di assenza di tale opzione dato che, se sono identici gli obblighi in corso
d'anno (tenuta registri IVA, emissione di scontrini ovvero ricevute fiscali, ecc.) l'associazione può
determinare il reddito avvalendosi della c.d. "contabilità semplificata", mentre tale possibilità è
preclusa alle società di capitali.
Va peraltro richiamato quanto detto sopra relativamente agli obblighi contabili: superate le
dimensioni piccole, per le quali la struttura societaria appare certamente sconsigliabile, la tenuta di
una contabilità ordinaria anche ai fini fiscali appare probabilmente consigliabile anche per
un'associazione.
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Dott. Nicola Cecconato – Consulente Regionale Fiscosport Veneto
Dottore Commercialista in Treviso – Presidente del Collegio Sindacale dell’Istituto per il
Credito Sportivo (Banca dello sport) e sindaco supplente della CONI Servizi Spa
e-mail: [email protected]
L’associazione sportiva dilettantistica
e le agevolazioni fiscali
ASPETTI CIVILISTICI E QUALIFICAZIONE TRIBUTARIA DEGLI ENTI NON COMMERCIALI
AVENTI FINALITÀ SPORTIVA DILETTANTISTICA
A seguito della disposizione normativa introdotta con l’art. 90 co. 17 L. 27.12.2002 n. 289 possono
essere costituite società ed associazioni aventi finalità sportiva dilettantistica in una delle seguenti
forme:
- associazione sportiva con personalità giuridica
- associazione sportiva priva di personalità giuridica
- società sportiva di capitali, senza fine di lucro (Spa, Srl, e con il D.L. 72/2004 anche le
cooperative)
REQUISITI STATUTARI PER L’OTTENIMENTO DEI BENEFICI FISCALI
Le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale
devono essere espressamente indicati, al fine di ottenere i benefici ed agevolazioni previsti per
legge i seguenti requisiti (Art. 90 co. 17 – 18 L. 289/2002)
- la denominazione: obbligo da parte delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, di
inserire nella propria denominazione, senza abbreviazioni la dicitura “Associazione Sportiva
Dilettantistica”
- l’oggetto sociale: riferito all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività
didattica
- l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione
- l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun
caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette
- le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di
tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive
dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano
le disposizioni del codice civile
- l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione
degli stessi da parte degli organi statutari
- le modalità di scioglimento dell’associazione
- l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società o
delle associazioni.
Un’ulteriore fondamentale requisito per beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per il
settore sportivo si applicano esclusivamente a quegli enti sportivi che sono in possesso del
riconoscimento sportivo rilasciato dal CONI in qualità di unico organismo certificatore della
effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche.
In mancanza del predetto riconoscimento tali soggetti non possono essere considerati quali
enti sportivi e, pertanto, non potranno fruire dei benefici fiscali previsti. È stato previsto
l’obbligo a carico del CONI di trasmettere annualmente all’Agenzia delle Entrate l’elenco
delle società ed associazioni riconosciute ai fini sportivi. La previsione è finalizzata a
27
rendere più agevoli i controlli dell’Agenzia delle Entrate segnalando le associazioni e le
società che, proprio in quanto hanno ottenuto il predetto riconoscimento, possono fruire
delle agevolazioni fiscali previste per il settore.
Da ultimo si segnala che con il D.L. 72/2004 è stato introdotto all’art. 90 il comma 18 bis che
stabilisce il divieto, peraltro già stabilito nel precedente testo del comma 18 punto 4), per gli
amministratori delle società ed associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la
medesima carica in altre società ed associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della
medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciuta dal CONI, ovvero
nell’ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva.
Legge 21 maggio 2004, n. 128 All'art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, comma 17, lettera c), dopo le parole:
"societa' sportiva di capitali" sono inserite le seguenti parole: "o cooperativa".
All'art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il comma 18 e' sostituito dai seguenti: "18. Le società e le associazioni
sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l'altro essere indicata la sede legale. Nello
statuto devono essere espressamente previsti: a) la denominazione b) l'oggetto sociale con riferimento
all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica c) l'attribuzione della
rappresentanza legale dell'associazione d) l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non
possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette e) le norme sull'ordinamento interno
ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle
cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative
per le quali si applicano le disposizioni del codice civile f) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari,
nonchè le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi_statutari; g) le modalità di scioglimento
dell'associazione h) l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle
associazioni.
Art. 148 T.U.I.R. – Enti di tipo associativo
1. Non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle
finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme
versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote e contributi associativi non concorrono a formare il reddito
complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del
comma 1 dell’art. 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di
corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse
prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come
componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di
abitualità o di occasionalità.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di
promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in
diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate dietro versamento di corrispettivi specifici nei confronti degli
iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento,
atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o
partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie
pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le
somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di
alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate
nell’esercizio delle seguenti attività:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
d) pubblicità commerciale;
e) telecomunicazione e radiodiffusioni circolari.
5. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge
25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considerano
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commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande
effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di
viaggi e soggiorni turistici, semprechè le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta
attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
6. L’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 5 non è considerata commerciale anche se effettuata
da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con
le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, semprechè sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati
nel comma 3.
7. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche
in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l’assistenza prestata
prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione
sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta
imputazione.
8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle
seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura
privata autenticata o registrata:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la
vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione
con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190 della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto
medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli
associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei
regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni
statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2, del
codice civile, sovranità dell’assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione,
criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza
per le associazioni il cui atto costitutivo anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi
dell’articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e semprechè le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano
prive di organizzazione a livello locale;
f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non
rivalutabilità della stessa.
9. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 8 non si applicano alle associazioni religiose riconosciute
dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali
e di categoria.
REGIME FORFETARIO L. 16.12.1991 n. 398
La legge 16.12.1991, n. 398 ha disposto per le associazioni e società sportive dilettantistiche, che
oltre ad avere entrate istituzionali hanno introiti di natura commerciale, un regime forfetario di
determinazione delle imposte sia ai fini IVA che agli effetti IRES, oltre a rilevanti semplificazioni in
termini di tenuta della contabilità.
Le agevolazioni previste dalla L. 16.12.1991, n. 398 interessano:
- la definizione di un limite annuo di proventi commerciali, al di sotto del quale è possibile
usufruire delle agevolazioni
- la determinazione di un coefficiente per la determinazione forfetaria del reddito imponibile
- le modalità di determinazione dell'Iva dovuta
- le semplificazioni in materia di adempimenti contabili e dichiarativi
REQUISITI SOGGETTIVI: destinatari delle disposizioni agevolative di cui alla L. 16.12.1991, n.
398 sono:
- le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali, senza fine di lucro;
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- le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive
nazionali
- le associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni
sportive nazionali, ma riconosciute da enti di promozione sportiva
CONDIZIONI OGGETTIVE
Per accedere al regime di cui alla L. 398/1991, oltre al rispetto delle condizioni soggettive
evidenziate sono necessarie:
- l’esercizio di idonea opzione
- il rispetto di appositi limiti dimensionali
OPZIONE per il REGIME AGEVOLATO: le associazioni sportive dilettantistiche per usufruire del
regime di cui alla L. 398/1991 devono esercitare apposita opzione. Dette associazioni che
svolgono attività istituzionale e attività commerciali connesse alle stesse non sono tenute
all’obbligo di presentare la dichiarazione Iva annuale, tuttavia per esercitare l’opzione per la Legge
398/91 devono utilizzare la specifica modulistica relativa alla dichiarazione annuale Iva, invece
che la denuncia di variazione di cui all’art. 35, D.P.R. 633/72. Le istruzioni alla dichiarazione
annuale Iva prevedono che il quadro VO vada allegato alla dichiarazione dei redditi, a tal fine è
previsto nel frontespizio del Mod. Unico una specifica casella da barrare per segnalare la
presenza del quadro VO compilato da un soggetto non tenuto alla presentazione della
dichiarazione annuale Iva. A partire dall'1.1.2000 l'opzione è vincolante per almeno un
quinquennio (D.P.R. 30.12.1999 n. 544). Con riferimento a quanto disposto dall'art. 9, co. 2,
D.P.R. 544/1999 l'opzione per l'adozione dei regime di cui alla L. 398/1991 deve essere
comunicata alla SIAE, competente in base al domicilio fiscale, prima dell'inizio dell'anno
solare per il quale l'associazione intende usufruire del regime agevolativi o contestualmente
all’inizio dell’attività.
ADEMPIMENTI CONTABILI: sotto il profilo contabile gli adempimenti sono assai semplici; l’unica
scrittura fiscale obbligatoria è rappresentata dal registro ove annotare i corrispettivi che deve
essere conforme a quello approvato con il D.M. dell’11 febbraio 1997. L’annotazione potrà essere
effettuata anche cumulativamente entro il 15 del mese successivo rispetto a quello di riferimento.
Le fatture d’acquisto dovranno essere solo conservate e numerate.
DETERMINAZIONE DELL’IVA
Le disposizioni agevolative ai fini Iva per le associazioni che hanno optato per la L. 398/1991
trovano la propria collocazione nell'art. 9, co. 1, D.P.R. 544/1999. La norma richiamata afferma che
le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le associazioni pro
loco, che optano per l'applicazione delle disposizioni di cui alla L. 16.12.1991, n. 398 applicano, ai
fini Iva, relativamente ai proventi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali connesse agli
scopi istituzionali, le disposizioni di cui all'art. 74, co. 6, D.P.R. 633/1972.
L’Art. 74, 6° co. prevede che agli effetti della determinazione dell’Iva, la detrazione di cui all’art. 19
del DPR n. 633 è forfettizzata con l’applicazione di una detrazione in via ordinaria pari al 50%
dell’imposta relativa alle operazioni imponibili. La medesima disposizione prevede, inoltre, le
seguenti specifiche percentuali di detrazione forfettizzata:
•
per le sponsorizzazioni la detrazione è forfettizzata in misura pari al 10% dell’imposta
•
per le cessioni o le concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione
radiofonica la detrazione compete in misura pari ad 1/3 dell’imposta
Il versamento dell'iva non avviene più tramite la SIAE ma seguendo i termini ed i modi ordinari.
Infatti, il versamento dell'iva viene effettuato tramite il Mod. F24 con i codici tributo ordinariamente
previsti per l'iva. Il versamento dell'iva è trimestrale come dispone l'art. 9, co. 3, D.P.R. 544/1999,
e deve essere effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre di
riferimento utilizzando i codici tributo 6031 (primo trimestre scadenza di pagamento 16 maggio) –
6032 (secondo trimestre scadenza di pagamento 16 agosto) – 6033 (terzo trimestre scadenza di
pagamento 16 novembre). Il versamento dell’iva relativa al quarto trimestre da effettuare entro il
16 febbraio per le associazioni in regime di L. 398/1991 va effettuato utilizzando il codice tributo
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6034. Il versamento dell’IVA trimestrale va effettuato senza la maggiorazione dell’interesse
dell'1%, come riformulato dall’art. 31, co. 3, L. 388/2000.
DICHIARAZIONE IVA ANNUALE: le associazioni sportive dilettantistiche che hanno optato per il
regime di cui alla L. 398/1991 non devono presentare la dichiarazione iva annuale, a meno che
le stesse associazioni non effettuino attività commerciali non connesse all’attività istituzionale. In
questo caso l’associazione, che avrà provveduto a tenere una contabilità separata, presenterà la
dichiarazione Iva limitatamente alle attività in relazione alle quali l’Iva non viene calcolata in
modo forfetario.
DETERMINAZIONE del REDDITO IMPONIBILE AI FINI IRES
L’associazione sportiva dilettantistica che ha optato per l’applicazione del regime di cui alla Legge
n. 398/91 determina il reddito imponibile ai fini IRES applicando un coefficiente di redditività pari al
3% e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali.
Reddito Imponibile ai fini Ires = (Proventi commerciali x 3%) + plusvalenze patrimoniali
Il reddito deve essere dichiarato nel quadro RG del modello Unico – Enti non commerciali ed
equiparati.
La percentuale di forfetizzazione del 3% influenza anche la determinazione dell’IRAP. Infatti nel
quadro IQ, sezione III, per il calcolo dell’IRAP, le associazioni che hanno optato per la Legge n.
398/91 devono basarsi sull’importo del reddito determinato forfetariamente. Ai fini della
determinazione del reddito imponibile si considerano i proventi commerciali conseguiti nel periodo
d’imposta. Nel caso in cui le associazioni sportive dilettantistiche in regime L. 398/1991 hanno il
proprio esercizio sociale a cavallo dell’anno, devono fare riferimento ai dodici mesi dello stesso,
anche se non coincide con l’anno solare. Invece, ai fini Iva si deve sempre fare riferimento all’anno
solare.
ELEVAZIONE a € 250.000,00 del LIMITE MASSIMO dei PROVENTI COMMERCIALI: in base
all'art. 90, co. 2, L. 27.12.2002, n. 289 viene elevato da € 185.924,48 ad € 250.000,00 il limite dei
proventi da attività commerciali conseguiti nel precedente periodo d’imposta al di sopra del
quale non è possibile avvalersi delle disposizioni agevolative previste dalla L. 398/1991.
Ai fini di un'analisi pratica del limite occorre operare la seguente distinzione:
a) soggetti già costituiti: i contribuenti interessati potranno beneficiare del nuovo limite fissato in
€ 250.000,00 a condizione che nel periodo d'imposta precedente abbiano conseguito proventi
commerciali per un ammontare non superiore ad € 250.000,00
b) soggetti di nuova costituzione: tali soggetti possono fruire delle disposizioni di cui alla L.
398/1991 nel caso in cui ritengano di conseguire nel periodo d'imposta dalla data di
costituzione proventi commerciali per un ammontare non superiore ad € 250.000,00 indicando
l'importo previsto nella dichiarazione di inizio attività di cui all'art. 35.
SUPERAMENTO DEL LIMITE DI € 250.000,00: nel caso in cui l’associazione sportiva
dilettantistica superi il limite di € 250.000,00 (limite massimo di proventi commerciali per poter
optare per la L. 398/1991) nel corso del periodo d’imposta, gli effetti dell’opzione terminano con
decorrenza dal mese successivo a quello in cui il limite suddetto è stato superato, con il
conseguente obbligo di adottare le disposizioni ordinarie in tema di contabilità.
CRITERIO di CASSA: i proventi commerciali che partecipano alla formazione dei limite di €
250.000,00 di cui sopra devono essere individuati in base al criterio di cassa.
ENTRATE ED USCITE SU CONTI CORRENTI BANCARI O POSTALI
É fissato in € 516,46 il limite al di sopra del quale ogni entrata ed uscita dell’associazione sportiva
dilettantistica deve essere effettuata attraverso conti correnti bancari o postali intestati
all’associazione sportiva.
Il transito si intende regolarmente effettuato quando sono espressamente indicati l’erogante ed il
percipiente, e pertanto quando i pagamenti sono effettuati tramite (C.M. 08.03.2000 n. 43/E):
- bollettino di conto corrente postale
- bonifico bancario
- assegno non traferibile
- bancomat o carta di credito
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Sono quindi esclusi gli assegni ordinari, la cui destinazione finale non è certa e trasparente.
Nel caso di mancato rispetto di tale disposizione, l’associazione sportiva perde:
- per gli incassi l’agevolazione relativa alla loro intassabilità (diventano reddito imponibile)
- per i pagamenti, la deducibilità del costo
- le agevolazioni della Legge n. 398/91
DETERMINAZIONE DEL PLAFOND: nel plafond di € 250.000,00 si devono ricomprendere:
- i ricavi o proventi di cui all’art. 85, D.P.R. 917/1986 che assumono natura commerciale per
l’attività svolta dalle associazioni in questione; tali proventi devono essere effettivamente
percepiti (criterio di cassa)
- le sopravvenienze attive di cui all’art. 88, D.P.R. 917/86 sempre relative all’attività commerciale
esercitata (C.M. 11 febbraio 1992, n. 1-11/151)
Sono invece esclusi dal suddetto limite:
- i proventi di natura istituzionale (quote e contributi associativi)
- le sopravvenienze derivanti da attività istituzionali
- le plusvalenze patrimoniali di cui all’art. 86, D.P.R. 917/1986
- i proventi da cessione di beni patrimoniali
- i proventi derivanti da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali la cui connessione
con gli scopi istituzionali comporta che le attività commerciali debbano essere strumentalmente
funzionali alla manifestazione sportiva e rese in concomitanza con lo svolgimento della medesima
- i proventi conseguiti a seguito di raccolte di fondi effettuate con qualsiasi modalità.
L'esclusione dal reddito imponibile non può superare l'importo massimo di € 51.645,69 per ogni
periodo d'imposta e nel corso di un massimo di due eventi realizzati nello stesso periodo (per
una più ampia trattazione si rinvia al paragrafo successivo)
- le indennità di preparazione e promozione sportiva degli atleti di cui all’art. 6 Legge n. 91/81
- i proventi di cui all'art. 143, co. 1, secondo periodo, D.P.R. 917/1986: non si considerano
attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 c.c. rese in conformità alle
finalità istituzionali dell'associazione sportiva dilettantistica senza specifica organizzazione e verso
pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione
- i proventi di cui all'art. 148, co. 3, (proventi cosiddetti “decommercializzati”) D.P.R.
917/1986; non si considerano commerciali le attività svolte a) anche se a fronte di corrispettivi
specifici b) purché dirette a iscritti/associati partecipanti facenti parte di un'unica organizzazione
locale o nazionale o agli iscritti associati di queste ultime o, infine, ai tesserati delle organizzazioni
nazionali di riferimento c) con il caso aggiuntivo delle cessioni nei confronti anche di terzi di
proprie pubblicazioni prevalentemente destinate agli associati
- i corrispettivi per la cessione dei diritti degli atleti
CONSIDERAZIONI sulla DETERMINAZIONE del REDDITO IMPONIBILE: ai fini della determinazione del reddito complessivo delle associazioni sportive dilettantistiche è utile precisare che:
- il reddito complessivo delle associazioni in oggetto è dato dalla sommatoria dei redditi fondiari,
di capitale, d’impresa ovvero diversi ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione (art. 143,
D.P.R. 917/86) in quanto appartenenti agli enti non commerciali
- la determinazione dei redditi di cui sopra verrà fatta secondo la disciplina per gli stessi
prevista (art. 144, co. 1, D.P.R. 917/1986)
- per le associazioni in esame il reddito d'impresa può essere determinato secondo il regime
disposto dalla L. 398/1991 (percentuale dei proventi commerciali più eventuali plusvalenze)
Art. 143 T.U.I.R. – Reddito Complessivo
1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 è formato dai
redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di
quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Per i
medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del
codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamenti di
corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.
2. Il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell’articolo 8.
3. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma
1 dell’articolo 73:
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a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte
di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di
sensibilizzazione;
b) i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime
di accreditamento di cui all’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito
dall’articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali
esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi.
Art. 144 – Determinazione dei redditi
1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati
distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se
nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del titolo I relative ai redditi delle varie categorie.
2. Per l’attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l’obbligo di tenere la contabilità separata.
3. Per l’individuazione dei beni relativi all’impresa si applicano le disposizioni di cui all’articolo 65, commi 1 e 3- bis.
4. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all’esercizio di attività
commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra
l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e l’ammontare complessivo di
tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di
locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto.
5. Per gli enti religiosi di cui all’articolo 26 della legge 20 maggio 1985, n. 222, che esercitano attività commerciali, le
spese relative all’opera prestata in via continuativa dai loro membri sono determinate con i criteri ivi previsti.
6. Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica sono esonerati dall’obbligo di tenere la
contabilità separata qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria a norma di
legge dagli stessi enti.
RACCOLTE PUBBLICHE DI FONDI
I proventi di cui sopra sono non imponibili se rispettano le seguenti condizioni:
- limiti di frequenza: il numero degli eventi non può essere complessivamente superiore a 2 per
anno
- limiti quantitativi: l'esclusione dal reddito imponibile non può superare il limite annuo
complessivo fissato con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con Ministero per i Beni e
le Attività culturali l’importo massimo è fissato in € 51.645,69 (D.M. 10.11.1999); la quota dei
proventi eventualmente eccedente il limite ovvero i proventi conseguiti oltre l'ambito delle due
manifestazioni per anno costituiscono reddito imponibile per la percentuale del 3%.
L'attività di raccolta pubblica di fondi non deve essere correlata ad una qualsiasi manifestazione
sportiva, ma deve rispettare le condizioni dall'art. 143, co. 3, D.P.R. 917/1986. Tale ultimo articolo
dispone che non concorrono alla formazione del reddito i fondi pervenuti a seguito di raccolte
pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di
servizi ai sovventori, in concomitanza di:
- celebrazioni
- ricorrenze
- campagne di sensibilizzazione
La C.M. 08.03.2000 precisa altresì che possono rientrare in tale agevolazione:
- le somministrazione di alimenti e bevande
- la vendita di materiali sportivi e di gadget pubblicitari
- le sponsorizzazioni correlate all'evento specifico
- le cene sociali
- le lotterie
In riferimento alle raccolte di fondi i proventi non imponibili possono altresì realizzarsi anche
attraverso la vendita di beni o servizi resi a fronte di offerte non commisurate al valore del bene
venduto o del servizio prestato.
Entro 4 mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale per le raccolte pubbliche di fondi deve essere
redatto un apposito rendiconto (art. 20, co. 1-bis, D.P.R. 600/1973), accompagnato da una
relazione illustrativa, dai quali devono risultare, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le
spese relative a ciascuna manifestazione nell'ambito della quale vengono realizzati i proventi non
imponibili in oggetto al fine di poter controllare in modo efficace sia le modalità di reperimento sia
quelle di impiego dei predetti fondi.
33
Il rendiconto in oggetto deve essere tenuto e conservato ai sensi dell'art. 22, D.P.R. 600/1973.
Pertanto, va conservato ai fini fiscali fino a quando non sia divenuto definitivo l'accertamento
relativo al periodo d'imposta cui il rendiconto stesso si riferisce. Ai fini pratici tale rendiconto può
essere riportato in calce al bilancio, sul libro dei verbali delle assemblee dell'associazione.
Non possono beneficiare della detassazione ai fini Ires dei proventi realizzati per il tramite di
raccolte pubbliche di fondi i soggetti costituiti in forma di società di capitali e in forma
cooperativa, nonché le associazioni che non hanno optato per il regime di cui alla L. 398/1991.
Restano escluse anche le associazioni senza scopo di lucro e le pro-loco che non sono state
espressamente citate nell'art. 37, L. 342/2000, anche se possono optare per il regime forfetario
della L. 398/1991.
Art. 37 co. 2 L. 342/2000 – Disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche Per le
associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive
nazionali purché riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell’opzione di cui all’articolo 1 della
legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un
numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo
complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attività culturali: a) i proventi realizzati dalle associazioni
nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali; b) i proventi realizzati per il tramite della
raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo.
EROGAZIONI LIBERALI
L’art. 15 co. 1 lett i-ter) D.P.R. 917/86 prevede che l’importo massimo su cui calcolare la
detrazione del 19% per le erogazioni liberali in denaro a favore di società e associazioni sportive
dilettantistiche effettuate da persone fisiche è pari ad € 1.500,00
I soggetti Ires, siano essi società o enti commerciali oppure enti non commerciali possono
operare la detrazione del 19% calcolata sullo stesso importo complessivo fissato per le persone
fisiche.
CONTRIBUTI
Il Coni, le Federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni non
sono obbligati ad operare la ritenuta d’acconto del 4% sui contributi erogati alle società e
associazioni sportive dilettantistiche.
Le Regioni, Provincie, Comuni e gli altri enti pubblici devono operare una ritenuta del 4% a titolo
di acconto delle imposte sui redditi con obbligo di rivalsa sull’ammontare dei contributi a fondo
perduto ad imprese esclusi quelli per l’acquisto di beni strumentali. Quindi:
- la ritenuta va operata dal soggetto che eroga il contributo
- la ritenuta compete solo se il contributo è dato ad un’impresa (anche un’associazione per la sua
attività commerciale)
- se il contributo finanzia l’attività istituzionale dell’associazione non va fatta la ritenuta.
TRATTAMENTO DELLE SPESE DI SPONSOR
È previsto uno specifico trattamento fiscale delle spese sostenute dalle imprese al fine di
promuovere la propria immagine o i beni/servizi offerti, mediante una specifica attività da parte:
- delle società/associazioni sportive dilettantistiche
- delle fondazioni costituite da istituzioni scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili
riconosciute dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva.
I corrispettivi in denaro o in natura di importo inferiore a € 200.000,00 costituiscono spese di
pubblicità, di cui all’art. 68, comma 2, TUIR.
Viene quindi introdotta una presunzione assoluta sulla natura di queste spese considerate in ogni
caso spese di pubblicità. In questo modo si viene a garantire il soggetto erogante (impresa)
rispetto ad eventuali contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria sulla natura della
spesa. Verrà meno, in sostanza, il rischio che le suddette spese potranno essere qualificate come
spese di rappresentanza a deducibilità limitata (1/3 in cinque anni).
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REGIME FORFETARIO EX ART. 145 T.U.I.R.
L’art. 4 del D. Lgs. n. 460/97 ha introdotto, per rispondere ad una esigenza di semplificazione degli
adempimenti contabili e fiscali delle associazioni sportive dilettantistiche che svolgono anche
attività commerciali, un nuovo regime forfetario che può essere utilizzato dagli enti non
commerciali ammessi alla contabilità semplificata o supersemplificata (Art. 145, D.P.R. n. 917/86 e
art. 20, comma 3, D.P.R. n. 600/73). L’applicazione di tale regime è esclusa per le associazioni
sportive che applicano il regime previsto dalla Legge 398/91. La forfetizzazione prevede dei
coefficienti di redditività da applicare ai ricavi di cui all’art. 85, D.P.R. 917/86.
ATTIVITÀ DI PRESTAZIONE DI SERVIZI
Ammontare Ricavi
Coefficiente di redditività
Fino a Euro 15.493,71
15%
Da Euro 15.493,71 fino a Euro 309.874,14
25%
ALTRE ATTIVITÀ
Ammontare Ricavi
Coefficiente di redditività
Fino a Euro 25.822,84
10%
Da Euro 25.822,85 fino a Euro 516.456,90
15%
Al reddito determinato con i coefficienti si devono aggiungere i componenti del reddito d’impresa
individuati nelle plusvalenze patrimoniali, nelle sopravvenienze attive, nei dividendi e
interessi e nei proventi immobiliari.
Il regime forfetario dell’art. 145, D.P.R. n. 917/86 vale solo ai fini della determinazione del
reddito di impresa mentre non è prevista analoga semplificazione per l’IVA.
IMPOSTA REGIONALE sulle ATTIVITA PRODUTTIVE (IRAP)
La C.M. 4.6.1998, n. 141/E ha specificato che anche gli enti non commerciali sono soggetti
passivi dell'irap. Ai fini della corretta applicazione dell'irap occorre verificare se l'ente non
commerciale privato:
- svolge esclusivamente attività istituzionale oppure se a questa affianca anche attività di natura
commerciale;
- si avvale di regimi forfetari di determinazione del reddito quale quello della L. 398/1991, oppure
quello introdotto dall'art. 145, D.P.R. 917/1986.
A tale proposito è opportuno considerare tre possibili fattispecie:
associazione sportiva dilettantistica che svolge esclusivamente attività di natura
istituzionale
- associazione sportiva dilettantistica che svolge, oltre all'attività istituzionale, attività
commerciale senza usufruire dei sistemi di determinazione forfetaria dei reddito d'impresa
- associazione sportiva dilettantistica che svolge, oltre all'attività istituzionale, attività
commerciale e si avvale dei sistemi di determinazione forfetaria del reddito d'impresa
ALIQUOTA: nei confronti degli enti privati non commerciali l'aliquota Irap è del 4,25% sia per
l'attività istituzionale che commerciale.
ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE con ATTIVITÀ ESCLUSIVAMENTE
ISTITUZIONALE: la base imponibile è data dalla somma delle seguenti tipologie reddituali:
a) retribuzioni del personale dipendente: l'ammontare delle retribuzioni spettanti (criterio di
competenza) da considerare ai fini Irap è quello rilevante ai fini previdenziali, determinato a
norma dell'art. 12 dei D.P.R. 30.4.1969, n. 153, come sostituito dall'art. 6 dei D.Lgs. 2.9.1997, n.
314.
Ai sensi dell'art. 11, co. 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997 nell'ammontare di tali compensi non vanno
compresi i contributi INAIL, le somme corrisposte agli apprendisti e disabili, nel limite del 70%,
quelle corrisposte al personale assunto con contratto di formazione-lavoro;
b) redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente: concorrono alla base imponibile Irap
secondo il criterio di competenza;
35
c) compensi per collaborazioni coordinate e continuative: si assumono con riferimento al
momento di erogazione (criterio di cassa);
d) compensi per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente: vengono attratti a
tassazione anche i compensi per attività di lavoro autonomo occasionale. Si assumono con
riferimento al momento di erogazione (criterio di cassa).
Per quanto riguarda le indennità di trasferta e i rimborsi forfetari di spese percepiti dai soggetti
che svolgono attività sportiva dilettantistica di cui all'art. 67, co. 1, lett. m), D.P.R. 917/1986 si
rileva che non concorrono alla definizione della base imponibile Irap degli enti privati non
commerciali che svolgono esclusivamente attività non commerciale.
ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE CON ATTIVITÀ ISTITUZIONALE e
COMMERCIALE (SENZA OPZIONE per i REGIMI FORFETARI DI DETERMINAZIONE DEL
REDDITO D’IMPRESA): la base imponibile si determina con riferimento al cosiddetto metodo
misto, il quale richiede la separata individuazione della base imponibile per la parte di attività che
si riferisce alle finalità istituzionali da quella avente finalità commerciale.
Per la parte istituzionale, la base imponibile si determina secondo il metodo retributivo
indicato nel paragrafo sopra.
Ai sensi dell'art. 10, co. 2, D.Lgs. 446/1997 la base imponibile ai fini Irap è determinata,
relativamente alle attività commerciali svolte, secondo le disposizioni dell'art. 5, D.Lgs. 446/1997
(criterio contabile). In sostanza, la base imponibile è data dalla dífferenza tra:
- valore della produzione (ricavi delle vendite e delle prestazioni di servizi e altri ricavi e
proventi);
- costi della produzione (escluse spese per il personale, svalutazioni delle immobilizzazioni,
svalutazioni dei crediti e delle disponibilità liquide, accantonamenti per rischi e altri
accantonamenti).
Dato il richiamo dell'art. 5, D.Lgs. 446/1997, l'ente non commerciale, anche se non tenuto, dovrà
provvedere alla redazione del bilancio (anche se parziale) secondo lo schema civilistico. Nella
pratica gli enti non commerciali sono costretti a riclassificare le voci del conto economico in modo
tale da determinare i costi e i ricavi conformi allo schema di bilancio previsto dal Codice civile (art.
2425 c.c.). Solamente dopo tale operazione sarà possibile determinare la base imponibile Irap.
I costi deducibili, non specificamente riferibili alle attività commerciali, rilevano per un importo
pari al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi considerati imponibili e l'ammontare
complessivo di tutti i ricavi e proventi (cd. regola del pro-rata).
Pertanto, i soggetti in esame dovranno definire due basi imponibili, una relativa all'attività
istituzionale (art. 10, co. 1, D.Lgs. 446/1997) e una relativa all'attività commerciale (art. 10, co. 2,
D.Lgs. 446/1997). Dato che gli enti in oggetto svolgono anche attività commerciali, nella
determinazione della base imponibile dell'attività istituzionale non rilevano le retribuzioni e
compensi riferibili alle attività commerciali ovvero quelli a queste imputabili in via forfetaria. A
partire dall'1.1.2003, l'art. 5, co. 2, L. 289/2002 modificando l'art. 11, co. 1, lett. b), n. 2, D.Lgs.
446/1997 ha disposto l'esclusione, dai compensi non ammessi in deduzione dalla base
imponibile Irap, delle somme di cui all'art. 67, co. 1,lett. m), D.P.R. 917/1986 consistenti nelle
indennità ed I rimborsi erogati agli sportive dilettanti.
ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE con ATTIVITÀ ISTITUZIONALE e
COMMERCIALE (con OPZIONE per i REGIMI FORFETARI di DETERMINAZIONE dei
REDDITO d'IMPRESA): ai sensi dell'art. 17, co. 2, D.Lgs. 446/1997, la base imponibile è
determinata sommando al reddito d'impresa calcolato in base alla determinazione forfetaria:
a) le retribuzioni sostenute per il personale dipendente
b) i compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, i compensi per prestazioni
di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e gli interessi passivi.
Nel caso in cui le retribuzioni e gli altri compensi siano attribuiti a soggetti impiegati anche in
attività istituzionali, concorre alla base imponibile solo la quota di retribuzione riferibile alle
attività commerciali secondo il rapporto di cui al richiamato art. 10, co. 2, D.Lgs. 446/1997
(regola del pro-rata).
Tale criterio di determinazione della base imponibile è facoltativo.
A partire dall'1.1.2003, ai fini Irap l'art. 90, co. 10, L. 289/2002 stabilisce che, per i soggetti che ai
fini delle imposte sui redditi si avvalgono di regimi forfetari di determinazione del reddito (ad
36
esempio L. 398/1991), le indennità di trasferta ed i rimborsi forfetari di cui all'art. 67, co. 1, lett.
m), D.P.R. 917/1986 non concorrono alla formazione della base imponibile Irap.
RAPPORTI DI LAVORO NON DIPENDENTE PER LE SOCIETÀ E ASSOCIAZIONI SPORTIVE
DILETTANTISTICHE
L’art. 67 T.U.I.R. stabilisce che “Sono redditi diversi ... se non sono conseguiti nell’esercizio
di arti e professioni: ... m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i
compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche ... da qualunque organismo
... che persegua finalità sportive dilettantistiche .... tale disposizione si applica anche ai rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non
professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.” Il successivo art. 69
stabilisce che “... Le indennità, i rimborsi forfetari, i premi ed i compensi di cui alla lettera m) del
comma 1 dell’art. 81 (ora art. 67) non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore
complessivamente nel periodo d’imposta a 7.500 euro.”
Si osserva che il periodo d’imposta a cui fare riferimento è quello del percettore, per cui, essendo
lo stesso “persona fisica”, coincide con l’anno solare e non con il periodo d’imposta dell’ente. L’art.
25 della Legge 13/5/99 n. 133 stabilisce poi che sulla parte imponibile dei compensi sopra citati, e
quindi sulla quota eccedente i 7.500 euro, si applica una ritenuta nella misura fissata per il primo
scaglione del reddito (attualmente 23%) (oltre alle addizionali regionale e comunale), che è a titolo
d’imposta fino a € 20.658,28 (in pratica su un reddito complessivo di € 28.158,28 viene operata la
ritenuta solo su € 20.658,28), mentre sulle somme eccedenti è operata una ritenuta a titolo
d’acconto.
La circolare INPS n. 42 del 26/2/2003 stabilisce infine che, trattandosi di redditi diversi e non di
redditi da lavoro, tali importi non sono soggetti a contribuzione previdenziale.
In base alla prima frase dell’art. 67 T.U.I.R., qui sopra riportata ed evidenziata, possiamo quindi
individuare due categorie di istruttori (ovvero allenatori, atleti o simili):
a) Istruttori liberi professionisti ovvero con partita IVA. Sono trattati esattamente come tutti gli
altri liberi professionisti: fanno fattura con IVA, in tale fattura applicano il 4% di maggiorazione a
titolo di rivalsa INPS, e sono soggetti a ritenuta d’acconto del 20% (codice 1040 nel modello
F24)
b) Altri istruttori percepiscono i compensi di cui al citato art. 67 TUIR: i primi 7.500 euro non
imponibili, i successivi soggetti a ritenuta 23% (a titolo d’imposta sui primi 20.658,28 euro, a
titolo d’acconto sugli ulteriori, da versare comunque con codice 1040), più addizionali (codice
3802 la regionale, codice 3816, se dovuta, la comunale), nessun assoggettamento a
contribuzione INPS o INAIL.
ALTRI RAPPORTI “SPORTIVI”
Abbiamo già ricordato che l’art. 67 T.U.I.R. estende il trattamento qui sopra illustrato “ai rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non
professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.”
La circolare n. 21/E, illustrativa dell’art. 90 Legge 289/02, precisa che si deve trattare di un’attività
continuativa caratterizzata da un certo grado di stabilità. Sono pertanto escluse le prestazioni di
tipo occasionale (che rimangono soggette all’applicazione della ritenuta nella misura del 20%). Per
quanto concerne il requisito della professionalità si sottolinea come la prestazione debba essere
diversa da quella svolta abitualmente dal collaboratore.
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Dott. Luca Corvi – Consulente Regionale Fiscosport Lombardia
Dottore Commercialista in Beregazzo con Figliaro (Como) – Consigliere della Giunta
dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti
e-mail: [email protected]
Il Meeting dei Consulenti: le soluzioni prospettate e
i dubbi irrisolti
Fiscosport ha programmato per sabato 14 ottobre 2006 dalle ore 15 alle ore 19
presso la Biblioteca Comunale di Alassio (SV) il 3° Meeting dei Consulenti Fiscosport, aperto a tutti
i consulenti e agli addetti ai lavori – riconosciuto per i crediti formativi da parte dell’Ordine dei
Dottori Commercialisti e del Collegio dei Ragionieri di Savona (così come il Convegno nazionale).
Con la supervisione ed il coordinamento a cura del Dott. Luca Corvi
(Consulente regionale Fiscosport Lombardia), moderatore del Meeting, i lavori degli esperti
Fiscosport entrano nel vivo con l’introduzione degli argomenti di discussione a cura di:
Dott. Nicola Forte (Consulente Nazionale Fiscosport – Roma)
La Dre Lombardia e l’irrisolto problema dell’Iva sulle quote delle srl sportive
Dott.ssa Rosanna D’Amore (Consulente Regionale Fiscosport Emilia Romagna)
La cooperativa sportiva: una soluzione spesso trascurata
Avv. Katia Scarpa (Consulente Provinciale Fiscosport Milano)
La trasformazione degli enti sportivi dilettantistici
Dott. Stefano Andreani (Consulente Regionale Fiscosport Toscana)
Gli affitti dei locali e degli impianti dopo il decreto Bersani
Dott.ssa Valentina Di Renzo (Consulente Provinciale Fiscosport Venezia) e
Rag. Antonio Asquino (Collaboratore Redazione Fiscosport – Consulente del Lavoro – Venezia)
Il rapporto di lavoro nel mondo dello sport: problematiche e dubbi interpretativi
La presente dispensa non contiene le relazioni introduttive degli esperti di cui
sopra in quanto gli argomenti posti in discussione vengono analizzati dagli esperti Fiscosport e da
tutti i consulenti e gli addetti ai lavori presenti al meeting e solo dopo l’analisi dei vari interventi e la
successiva stesura di approfondite relazioni si potrà esprimere il punto di vista degli esperti
Fiscosport attraverso la pubblicazione di una dispensa specifica sugli argomenti affrontati durante i
lavori del meeting (una breve relazione sulle “soluzioni prospettate e i dubbi risolti” sarà
oggetto dell’intervento del Dott. Luca Corvi al convegno Fiscosport del 15 ottobre 2006).
Troppo spesso la normativa per le società ed associazioni sportive
dilettantistiche è carente di quei chiarimenti ministeriali che permetterebbero a tutto il comparto
sportivo di affrontare meglio le problematiche che quotidianamente assillano i Dirigenti sportivi più
attenti ad una corretta gestione della propria associazione.
La strada dell’interpello è quella meno praticata in quanto si rischia di incontrare
l’opinione contraria da parte dell’Amministrazione Finanziaria a problemi, come il caso delle quote
delle SRL sportive (primo argomento del Meeting, già oggetto del 1° Meeting dei Consulenti
Fiscosport nell’ottobre 2004), che rischiano di bloccare di fatto il proliferare della nuova struttura
societaria sportiva dilettantistica, troppo rigida e carente di quei benefici fiscali che possano
giustificare la riduzione della responsabilità degli amministratori.
Ci auguriamo di poter affrontare al meglio le problematiche, cercando di
redigere un documento “ a firma congiunta “ da sottoporre al Direttore dell’Agenzia delle Entrate,
nella speranza di veder pubblicate, in una circolare, le soluzioni da noi prospettate.
38
Dott. Rosanna D’Amore – Consulente Regionale Fiscosport Emilia Rom.
Dottore Commercialista in Forlì – Collaboratrice delle riviste "Corriere Tributario" ed "Enti non
profit" (ed. Ipsoa) - Componente della Commissione Nazionale "Aziende Non Profit" istituita
presso il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti.
e-mail: [email protected]
Le novità del decreto Bersani per il no profit e
l’addio all’F24 cartaceo
Il D.L. n. 223/2006 convertito nella legge n. 248/2006 non ha introdotto novità dirette – ad
eccezione della norma che riguarda l’Ici – agli enti non commerciali, ma le disposizioni in esso
contenute possono riguardare il mondo del non profit in relazione alle attività svolte da enti e
associazioni.
Di seguito sono trattate in sintesi le disposizioni più rilevanti del decreto, mentre maggiore spazio
trovano le novità che riguardano il nuovo regime iva delle operazioni immobiliari.
OMESSO VERSAMENTO IVA, RILEVANZA PENALE (ART. 35, COMMA 7)
Assume rilevanza penale l’omesso versamento dell’Iva risultante dalla dichiarazione annuale, se di
importo superiore a euro 50.000=, semprechè il contribuente non si ravveda sull’omissione entro il
termine di versamento dell’acconto Iva inerente l’esercizio successivo.
Ad esempio, il mancato versamento dell’Iva di importo superiore ad euro 50.000= risultante dalla
dichiarazione per l’anno 2005, costituisce reato penale a meno che l’omissione non venga sanata
entro il 27 dicembre 2006 (termine ultimo per il versamento dell’acconto relativo all’anno 2006).
Assume rilevanza penale anche l’indebita compensazione –superiore alla soglia dei 50.000= eurodi tributi con crediti non spettanti.
PERDITE DEI SOGGETTI IN CONTABILITÀ SEMPLIFICATA (ART. 36, COMMI 27 E 28)
La nuova disciplina (applicabile anche agli esercenti lavoro autonomo) prevede che i soggetti in
contabilità semplificata non potranno più utilizzare le perdite di impresa per compensare, nel
medesimo periodo di imposta, redditi di differente tipologia.
Ciò sta a significare che non sarà più possibile per un ente non commerciale abbattere, ad
esempio, un reddito fondiario con la perdita inerente l’eventuale attività commerciale (da cui si può
generare la perdita di impresa).
Questa disposizione trova applicazione con decorrenza dal periodo di imposta 2006, ed
interesserà, pertanto, la dichiarazione da presentarsi nell’anno 2007.
ELENCO CLIENTI E FORNITORI (ART. 37, COMMI 8 E 9)
E’ stato reintrodotto un vecchio adempimento inerente l’obbligo di comunicare all’amministrazione
finanziaria l’elenco dei soggetti nei confronti dei quali sono state emesse fatture (clienti) e l’elenco
dei soggetti da cui si sono effettuati acquisti (fornitori).
L’obbligo riguarda tutti i soggetti titolari di partita Iva, ma un prossimo provvedimento dirigenziale
preciserà le caratteristiche dei soggetti interessati all’obbligo (potrebbero essere esclusi
dall’obbligo i soggetti che determinano il reddito d’impresa forfetariamente e quindi tutti gli enti e
associazioni in regime 398/91).
39
La prima scadenza è fissata al 29 aprile 2007 ( e ricorrerà al 29 aprile di ciascun anno) e
riguarderà il periodo d’imposta 2006. La trasmissione degli elenchi dovrà avvenire esclusivamente
in via telematica, direttamente o per il tramite di intermediari abilitati.
NUOVI TERMINI DI VERSAMENTO E SCATURENTI DA UNICO E PER L’ICI E NUOVI TERMINI
PER LA PRESENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI (ART. 37, COMMI 10,11,12,13,14,53,54,55)
I termini inerenti la presentazione delle dichiarazioni sono stati notevolmente accorciati:
‰
Mod. 770/semplificato: il termine ultimo per la trasmissione telematica della dichiarazione è
fissato al 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento; la certificazione dei
compensi dovrà essere trasmessa agli interessati entro il 28 febbraio dell’anno successivo;
‰
Mod. Unico (redditi, Irap, Iva): il termine ultimo per la trasmissione telematica è fissato
all’ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta e
quindi, per gli enti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare entro il 31 luglio. In
caso di dichiarazione in forma cartacea (pochissimi per la verità), i termini di presentazione
si accorciano di un mese.
La riduzione dei termini di presentazione delle dichiarazioni riduce automaticamente i termini entro
cui effettuare i ravvedimenti operosi per gli omessi o insufficienti versamenti scaturenti dalle
dichiarazioni.
Trattandosi di disposizioni che decorrono dal 1 maggio 2007, si ritiene corretto considerare, salvo
diversa interpretazione da parte dell’amministrazione finanziaria, quale termine ultimo per la
presentazione telematica del modello 770 semplificato per l’anno 2006, il 30 settembre 2007.
I versamenti connessi ad “Unico” dovranno avvenire entro il sedicesimo giorno del sesto mese
successivo al periodo d’imposta (ovvero settimo mese, con la maggiorazione dello 0,40%), e
quindi per gli enti con periodo coincidente con l’anno solare, entro il 16 giugno (in luogo del 20
giugno) ovvero entro il 16 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%.
Per l’ICI, le modifiche introdotte riguardano:
‰
i termini di versamento: la prima rata dovrà essere corrisposta entro il 16 giugno
dell’anno in corso (in luogo del 30 giugno) e la seconda tra il 1 ed il 16 dicembre (in
luogo del 20 dicembre); è facoltà del contribuente effettuare il pagamento dell’imposta
in un’unica soluzione entro il 16 giugno;
‰
l’abolizione della dichiarazione Ici;
‰
la possibilità di versare l’Ici con Mod. F24 su tutto il territorio nazionale (con decorrenza
1 maggio 2007).
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ATTRIBUZIONE DEL NUMERO DI PARTITA IVA (ART. 37,
COMMI 18, 19 E 20)
La disposizione introduce la possibilità che l’amministrazione finanziaria possa effettuare controlli,
anche successivi, al fine di verificare un effettivo esercizio dell’attività dichiarata al momento di
richiesta della partita Iva.
La norma decorre dal 1 novembre 2006, ma i controlli potranno riguardare anche posizioni aperte
prima di tale data.
E’ prevista l’uscita di un apposito provvedimento dirigenziale con cui fissare, tra l’altro, le specifiche
informazioni da richiedere all’atto della dichiarazione di inizio attività.
40
COMUNICAZIONE TELEMATICA DEI CORRISPETTIVI (ART. 37, COMMI 33-37)
I soggetti tenuti alla certificazione dei corrispettivi con ricevuta o scontrino fiscale (ad esempio,
un’associazione fuori dal regime 398/91 per la somministrazione di pasti ai propri soci) sono tenuti
a trasmettere telematicamente all’agenzia delle entrate l’ammontare complessivo dei corrispettivi
giornalieri delle cessioni di beni e prestazioni di servizi.
La disposizione decorre dal 1 gennaio 2007, con l’obbligo di effettuare la prima trasmissione
telematica entro il 31 luglio 2007 per trasmettere l’ammontare dei corrispettivi dei mesi precedenti.
E’ previsto un credito di imposta pari a € 100,00, da utilizzarsi esclusivamente in compensazione
attraverso il mod. F24, per coloro che sceglieranno di adattare il misuratore per la trasmissione
telematica dei corrispettivi.
F24 TELEMATICO (ART. 37, COMMA 49)
A partire dal 1° ottobre 2006, salvo proroghe, tutti i titolari di partita Iva non potranno più
effettuare i pagamenti di tributi (Iva, ritenute, IRPEF, IRES, IRAP, ecc.) e contributi (INPS, INAIL,
ENPALS, ecc.) mediante presentazione cartacea del modello F24 presso banche o poste, ma
dovranno effettuare i pagamenti obbligatoriamente per via telematica.
Con riferimento al modello di pagamento, si osserva che esso non presenta modifiche rispetto a
quello in formato cartaceo; identici sono pure i minimi di versamento e le possibilità di operare la
compensazione fra crediti e debiti.
Anche l’F24 on line, inoltre, sarà ravvedibile, sia entro il termine breve (entro i trenta giorni dalla
scadenza), con pagamento di interessi e sanzione ridotta del 3,75%, sia entro il termine lungo
(termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo nel corso del quale è stata
commessa la violazione), con pagamento di interessi e sanzione del 6%.
Tra i soggetti esclusi dal nuovo obbligo, salva la possibilità di adeguarvisi spontaneamente, i
contribuenti non titolari di partita Iva e, quindi, oltre ai privati, continueranno a presentare il modello
cartaceo gli enti non commerciali privi di partita Iva (obbligati, tuttavia, al versamento telematico, se
dotati di numero identificativo per gli acquisti intracomunitari).
Il contribuente tenuto al nuovo adempimento potrà scegliere fra tre possibilità:
1. compilare e pagare direttamente tributi e contributi con il modello F24 on line (modalità che si
ritiene preferibile, considerata la delicatezza della materia);
2. rivolgersi ad intermediario abilitato, incaricandolo di effettuare i pagamenti direttamente sul
proprio conto corrente; gli intermediari utilizzano, in tal caso, il modello F24 cumulativo
(Entratel);
3. mediante l’home banking (Cbi – Corporate banking Interbancario), utilizzando il modello F24.
MODIFICA ALLA DISCIPLINA DI ESENZIONE DALL’ICI (ART. 39)
La disposizione sostituisce il comma 2-bis dell’art. 7 del D.L. 20.09.2005 n. 203, convertito, con
modificazioni, dalla L. 2.12.2005, n. 248 e nella sua nuova formulazione prevede l’esenzione Ici
solo nel caso in cui le attività (assistenziale, culturale, ricreativa, sportiva, didattica, oltre che
previdenziale, sanitaria e ricettiva), non abbiano esclusivamente natura commerciale.
LE PRINCIPALI NOVITÀ NEL SETTORE IMMOBILIARE (ART. 35, COMMI DA 8 A 10 SEXIES)
41
Di particolare impatto sono risultate le norme inerenti la disciplina dell’imposizione indiretta delle
operazioni immobiliari: sostanziali modifiche sono state apportate ai numeri 8 e 8-bis dell’art. 10
del Dpr n. 633/72, inserendo, altresì, il numero 8-ter, che hanno introdotto un generalizzato regime
di esenzione dell’imposta sul valore aggiunto per i trasferimenti e le locazioni di tutte le tipologie di
fabbricati, anche se con alcune eccezioni.
Riteniamo utile, al fine di agevolarne la comprensione, fornire uno schema di sintesi del nuovo
regime previsto per le cessioni e locazioni di immobili, distinguendo tra i fabbricati ad uso abitativo
e i fabbricati cosiddetti “strumentali”.
Al fine di un corretto inquadramento delle nuove disposizioni, la distinzione tra immobili ad uso
abitativo ed immobili strumentali deve essere operata con riferimento alla classificazione catastale
degli immobili stessi, a prescindere, quindi, dal loro effettivo utilizzo (così si espressa
l’amministrazione finanziaria nella circolare 27/E del 4 agosto 2006).
A. FABBRICATI AD USO ABITATIVO.
A.1. CESSIONI
CEDENTE
ACQUIRENTE
IVA
REGISTRO IPOTECARIA CATASTALE
Impresa
4% *
costruttrice/ristrutturatrice
Chiunque
€ 168
€ 168
€ 168
10% *
che vende entro 4 anni
20% *
dall’ultimazione dei lavori
* 4% se “prima casa”; 10% se fabbricato non di lusso o ristrutturato; 20% se fabbricato di lusso (in
tal caso, i benefici “prima casa” non spettano).
Impresa
Chi acquista
costruttrice/ristrutturatrice
ha i requisiti
esente
3%
€ 168
€ 168
che vende dopo 4 anni
“prima casa”*
dall’ultimazione dei
lavori,
Chi acquista
oppure
non ha i
esente
7%
2%
1%
altra impresa
requisiti “prima
(non costruttrice né
casa”
ristrutturatrice)
*I benefici “prima casa” non spettano se il fabbricato è di lusso.
Chi acquista Fuori
ha i requisiti Campo
3%
€ 168
€ 168
“prima casa”*
Iva
Privato
Chi acquista
Fuori
non ha i
7%
2%
1%
Campo
requisiti “prima
Iva
casa”
*I benefici “prima casa” non spettano se il fabbricato è di lusso.
Con riferimento alle compravendite di fabbricati abitativi (e loro pertinenze) correnti fra privati, la
parte acquirente può richiedere, con dichiarazione resa al notaio e recepita nell’atto di
compravendita, che la base imponibile ai fini del registro e delle imposte ipocatastali, sia costituita
dal valore catastale dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 52, commi 4 e 5, del D.P.R. n.
131/1986 (Testo unico dell’imposta di registro), con conseguente irrilevanza, ai fini dell’imposizione
indiretta, dell’effettivo corrispettivo pattuito per la cessione.
L’indicazione in atto del prezzo (corrispettivo) effettivamente pattuito, tuttavia, costituisce un
obbligo specifico per le parti, il cui mancato assolvimento comporta la decadenza dal beneficio
della tassazione sul valore catastale; in caso di occultamento del corrispettivo, pertanto, le imposte
andranno calcolate sul prezzo realmente concordato con applicazione delle sanzioni dal 50% al
100% sulla differenza d’imposta.
42
L’indicazione del prezzo effettivo si aggiunge alle ulteriori dichiarazioni obbligatorie da rendere,
all’atto della stipula, nella forma della dichiarazione sostitutiva di atto notorio; tali dichiarazioni
(valevoli anche per gli atti non stipulati fra privati) riguardano le modalità di pagamento, l’intervento
di mediatori immobiliari e gli oneri per l’attività d’intermediazione eventualmente fruita. La mancata
indicazione dei predetti dati espone all’accertamento di valore ai fini dell’imposta di registro (ed è
punita con l’applicazione di una sanzione da € 500 ad € 10.000, come disposto dall’art. 35, comma
22 bis).
A tale ultimo riguardo, si segnala che il D.L. n. 223/2006 introduce, a far data dal 1° gennaio 2007,
la possibilità di fruire di una detrazione d’imposta del 19% per le spese d’intermediazione
sostenute per l’acquisto dell’abitazione principale (l’agevolazione, quindi, spetta solo ai privati) fino
ad un importo non superiore ad € 1.000 per ogni annualità.
Gli obblighi di indicazione di cui sopra (che non riguardano i contratti preliminari), trovano
applicazione per gli atti pubblici e le scritture private autenticate stipulati a decorrere dal 6/7/2006.
A.2. LOCAZIONI
LOCATORE
CONDUTTORE
IVA
REGISTRO
Soggetto IVA
Chiunque
esente
2% *
Privato
Chiunque
Fuori Campo Iva
2% *
*Le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico di locatore e conduttore in
parti uguali (art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392).
B. FABBRICATI COSIDDETTI “STRUMENTALI”.
B.1. CESSIONI CON IVA OBBLIGATORIA
CEDENTE
ACQUIRENTE
IVA
REGISTRO IPOTECARIA CATASTALE
Chiunque,
20%
tranne società
€ 168
3%
1%
di leasing e
10%
Impresa
*
fondi
costruttrice/ristrutturatrice
immobiliari
che vende entro 4 anni
dall’ultimazione dei lavori
Società di
20%
leasing e fondi
10%
€ 168
1,5%**
0,5%**
immobiliari
*
Soggetti che
detraggono
Altri soggetti IVA
20%
€ 168
3%
1%
l’IVA per non
più del 25%***
e privati
*L’IVA è al 10% per i fabbricati ristrutturati.
**Le aliquote ridotte si applicano dal 1° ottobre 2006.
***La percentuale di detraibilità spettante deve essere comunicata dall’acquirente al cedente (o dal
conduttore al locatore, in caso di locazione).
Attenzione: tra i soggetti privati sono da ricomprendere gli enti non commerciali che utilizzano
l’immobile strumentale nella sfera dell’attività istituzionale. In questo caso infatti, configurandosi
essi stessi quali consumatori finali, viene a mancare il diritto ad esercitare la detrazione
dell’imposta loro addebitata in via di rivalsa.
E’ necessario comunicare al proprio cedente, a mezzo di apposita dichiarazione, che l’ente non
agisce nell’esercizio di impresa.
Tale dichiarazione deve essere riportata nell’atto di compravendita.
Nel caso di acquisto di immobili strumentali ad eventuali attività commerciali esercitate, ai fini del
corretto trattamento Iva (esenzione o con Iva), occorre verificare la percentuale di detraibilità
dell’Iva e comunicarla al cedente.
43
Dalla lettura della circolare ministeriale n. 27/E del 4 agosto 2006 si evince che la percentuale di
detrazione da assumere debba essere quella derivante da pro rata (provvisorio o dell’anno
precedente) e ciò induce a pensare che il calcolo debba essere effettuato solo nel caso di soggetto
cessionario il cui diritto alla detrazione è limitato per effetto del compimento di operazioni attive
esenti (art. 19, comma 5 e art. 19-bis del Dpr 633/72 ).
A parere nostro sembrerebbe logico pensare che la limitazione alla detrazione possa trovare
applicazione anche in presenza di regimi speciali. Su questo punto sarebbe opportuno un ulteriore
chiarimento dell’amministrazione finanziaria.
B.2. CESSIONI ESENTI CON IVA SU OPZIONE
CEDENTE
ACQUIRENTE
IVA REGISTRO IPOTECARIA CATASTALE
Impresa non costruttrice
né ristrutturatrice o
impresa
costruttrice/ristrutturatrice
che vende dopo 4 anni
dall’ultimazione dei lavori
Imponibile IVA
20%
€ 168
3%
1%
Soggetti che
(con opzione)
detraggono l’IVA
Esente
per più del 25%
/
€ 168
3%
1%
(senza opzione)
Impresa non costruttrice
né ristrutturatrice o
impresa
costruttrice/ristrutturatrice
che vende dopo 4 anni
dall’ultimazione dei lavori
Imponibile IVA
20%
€ 168
1,5%
0,5%
Società di
(con opzione)
leasing e fondi
Esente
immobiliari
/
€ 168
1,5%
0,5%
(senza opzione)
Tra i soggetti che detraggono l’Iva per più del 25% sono da includere gli enti non commerciali per
le eventuali attività commerciali svolte, semprechè l’immobile acquistato sia strumentale alle
attività commerciali svolte dall’ente stesso.
Le aliquote ridotte si applicano dal 1° ottobre 2006.
B.3. CESSIONI OBBLIGATORIAMENTE ESENTI
CEDENTE
ACQUIRENTE
IVA
Impresa non
costruttrice né
Esente (art.
Chiunque
ristrutturatrice che
10
non ha detratto
27quinquies)
l’IVA
Fuori Campo
Privato
Chiunque
Iva
B.4. LOCAZIONI CON IVA OBBLIGATORIA
LOCATORE
Soggetti IVA
REGISTRO IPOTECARIA CATASTALE
7%
2%
1%
7%
2%
1%
CONDUTTORE
IVA
REGISTRO
Soggetti che detraggono l’IVA
per non più del 25% e privati
20%
1%
44
Attenzione: tra i soggetti privati sono da ricomprendere gli enti non commerciali che utilizzano
l’immobile strumentale nella sfera dell’attività istituzionale. In questo caso infatti, configurandosi
essi stessi quali consumatori finali, viene a mancare il diritto ad esercitare la detrazione
dell’imposta loro addebitata in via di rivalsa.
E’ necessario comunicare al proprio locatore, a mezzo di apposita dichiarazione, che l’ente non
agisce nell’esercizio di impresa.
Nel caso di locazione di immobili strumentali ad eventuali attività commerciali esercitate, ai fini del
corretto trattamento Iva (esenzione o con Iva), occorre verificare la percentuale di detraibilità
dell’Iva e comunicarla al locatore. (Per la percentuale di detraibilità si vedano le considerazioni
fatte per le cessioni al punto B.1.).
Per i nuovi contratti di locazione, ai fini del calcolo della percentuale di detrazione, il conduttore
deve fare riferimento al momento della stipula del nuovo contratto e la dichiarazione del conduttore
stesso deve essere menzionata nel contratto di locazione.
B.5. LOCAZIONI ESENTI CON IVA SU OPZIONE
LOCATORE
CONDUTTORE
IVA
REGISTRO
Soggetti IVA
Imponibile IVA
20%
1%
(con opzione)
Soggetti che detraggono l’IVA
Esente
per più del 25%
/
1%
(senza opzione)
Tra i soggetti che detraggono l’Iva per più del 25% sono da includere gli enti non commerciali per
le eventuali attività commerciali svolte, semprechè l’immobile in locazione sia strumentale alle
attività commerciali svolte dall’ente stesso.
B.6. LOCAZIONI OBBLIGATORIAMENTE ESENTI
LOCATORE
Privato
CONDUTTORE
Chiunque
IVA
Fuori
Campo Iva
REGISTRO
2%
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 35, comma 10, agli articoli 5 e 40 del Dpr n. 131/86
(testo unico dell’imposta di registro), per tutti i contratti di locazione è previsto l’obbligo di
registrazione (e di versamento della relativa imposta di registro).
Tale obbligo, nel precedente regime, era escluso per le locazioni soggette ad Iva mentre ora si
rende applicabile anche a tutti i contratti di locazione con Iva in corso alla data di entrata in vigore
del decreto legge (ricordiamo 4 luglio 2006).
Nel caso di cessioni esenti per le quali si intende optare per l’assoggettamento ad Iva, le parti
devono indicare l’esercizio dell’opzione nell’atto di compravendita.
Nel caso di locazioni esenti, i cui contratti sono pendenti alla data del 4 luglio 2006 (ossia in corso
di esecuzione al 4 luglio 2006), le parti dovranno presentare telematicamente, nel periodo che va
dal 1^ al 30^ novembre 2006, per la registrazione del contratto una apposita dichiarazione nella
quale potrà essere esercitata, con effetto dal 4 luglio 2006, anche l’opzione per l’imposizione Iva.
Nello stesso periodo dovranno essere eseguiti i versamenti relativi all’imposta di registro.
45
Dott. Giuliano Sinibaldi – Consulente Regionale Fiscosport Marche
Dottore Commercialista in Pesaro – Consulente fiscale dei C.P. CONI di Ancona e
Pesaro/Urbino.
e-mail: [email protected]
La contribuzione ENPALS e la tipologia dei
redditi diversi
I COMPENSI “SPORTIVO/DILETTANTISTICI” E LA CONTRIBUZIONE ENPALS
1 INTRODUZIONE
L’ENPALS – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo – è
un Ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, istituito con D.Lgs. del Capo Provvisorio
dello Stato 16/07/1947 n. 708, ratificato, con modificazioni, dalla L. 29/11/1952 n. 2388.
Oltre che dal decreto istitutivo di cui sopra, l’assicurazione all’ENPALS è disciplinata anche dal
D.P.R. 31/12/1971 n. 1420, dalla L. 30/04/1969 n. 153, dal D.Lgs. 30/04/1997 n. 182 nonché
dall’art. 43, comma 2, della L. 27/12/2002 n. 289 (legge finanziaria 2003) il quale, integrando l’art.
3, comma 2, del D.Lgs. 708/1947, ha deferito “al Ministero del Lavoro ……… su eventuale
proposta dell’ENPALS, il potere di adeguare con decreto le categorie dei soggetti assicurati
obbligatoriamente all’ENPALS”
2 LE NUOVE CATEGORIE DI LAVORATORI SPORTIVI ASSOGGETTATE A CONTRIBUZIONE
2.1 IL D.M. 15-03-2005 E LE CIRCOLARI ENPALS N. 7 e 8/2006
Sulla base della suddetta delega il Ministero del Lavoro ha emanato il “famoso” D.M. 15-032005, surrogato, in via interpretativa, dalle circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30-03-2006, attraverso il
quale è stato operato l’ampliamento delle categorie di lavoratori obbligatoriamente assicurati
presso l’ENPALS stessa, categorie fra le quali sono state inserite le seguenti:
20) impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre,
sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi;
22) direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società sportive;
23) atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici delle società del calcio
professionistico e delle società sportive professionistiche
(i numeri fanno riferimento all’elenco di cui al D.M. sopra indicato, ripreso dalla circolare ENPALS
n. 7/2006)
L’ENPALS, attraverso le circolari di cui sopra, ha operato un’interpretazione estensiva in
relazione all’adeguamento delle categorie dei lavoratori in relazione ai quali corre l’obbligo di
iscrizione presso l’ente stesso, con conseguente assoggettamento, con valenza retroattiva
dell’obbligo contributivo al secondo trimestre 2005, al versamento dei relativi contributi.
Occorre ricordare che la normativa ENPALS, quando usa i termini “addetti” e
“Lavoratori” non opera alcuna distinzione in ordine alle diverse tipologie di attività
lavorativa: l’obbligo assicurativo deve essere ottemperato indipendentemente dalla natura,
subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro;
ebbene: secondo l’iniziale interpretazione (appunto: estensiva) operata dall’Ente, i rapporti
instaurati dalle società/associazioni sportive con i c.d. “sportivi dilettanti” avrebbero assunto natura
di lavoro autonomo e, in quanto tali, avrebbero dovuto essere oggetto di iscrizione alla gestione
assicurativa con conseguente versamento contributivo.
46
Sostanzialmente, l’unica categoria di “lavoratori sportivi” esclusa dall’obbligo contributivo sarebbe
stata quella degli atleti dilettanti, laddove figure come allenatori, istruttori e collaboratori
“amministrativo/gestionali” sarebbero dovute essere assoggettate a contribuzione.
Entro il 17/07/2006 le associazioni e le società sportive interessate al nuovo obbligo
avrebbero, ai sensi delle citate circolari n. 7 e 8, dovuto procedere all’iscrizione dei lavoratori
interessati nonché al versamento dei contributi relativi non solo al 2° trimestre 2006 (per il quale il
17/07 risultava essere il termine “ordinario”), ma anche ai trimestri 2°/3° e 4° 2005 e 1° 2006, in
relazione ai quali L’ENPALS ha precisato che, trattandosi di “innovazione normativa caratterizzata
da profili di incertezza interpretativa” non si sarebbe proceduto all’applicazione di sanzioni ma del
semplice interesse legale del 2,5% sui contributi tardivamente versati.
2.2.
LE VERIFICHE SIAE/ENPALS
DILETTANTISTICO
E
LE
REAZIONI
DEL
MONDO
SPORTIVO
A partire dal mese di Aprile 2006, sulla base della suesposta interpretazione normativa,
sono state effettuate numerose verifiche in capo a società ed associazioni sportive dilettantistiche,
sia da parte di ispettori ENPALS che da Uffici territoriali della SIAE, verifiche che, salvo rare
eccezioni, si sono concluse con un verbale di accertamento che evidenziava la presenza di figure
di “lavoratori” non iscritti all’istituto ed in relazione ai quali non è stato effettuato alcun versamento
contributivo.
Tali verifiche hanno comprensibilmente messo in fibrillazione tutto l’ambiente sportivo
dilettantistico;
se si tiene in considerazione che, come sarà più dettagliatamente illustrato nel prosieguo della
presente relazione:
a) l’aliquota contributiva ENPALS è pari al 32,7% dei compensi erogati, a qualsiasi titolo,
anche in natura, ai “lavoratori”, siano essi subordinati, autonomi o occasionali;
b) tale aliquota si applica ai compensi giornalieri, i quali, ai fini contributivi, non possono
comunque essere inferiori ad un minimale che, per l’anno 2006, è fissato in € 40,62 (talché
la contribuzione minima giornaliera non può essere inferiore ad € 13,28);
c) l’obbligo di assoggettamento contributivo comporta, oltre all’aspetto economico/finanziario
del versamento, una serie di impegnativi adempimenti formali che richiedono l’ausilio di un
professionista esperto in materia;
risulta evidente che, se fosse passata questa linea interpretativa le conseguenze per
l’organizzazione delle società/associazioni sportive dilettantistiche, soprattutto quelle di più piccola
dimensione, e per tutto il mondo sportivo dilettantistico sarebbero state devastanti.
L’assoggettamento a contribuzione con aliquota del 32,7% dei compensi, rimborsi spese, premi, ex
art. 67 c. 1 lett. m) TUIR, erogati ad atleti, allenatori, collaboratori amministrativo/gestionali
avrebbe definitivamente compromesso il già fragile (quando è raggiunto) equilibrio economico di
gran parte dei sodalizi sportivi.
2.3 LA POSIZIONE DI FISCOSPORT
Considerata la portata delle nuove disposizioni non sono mancate, ovviamente, le opinioni
discordanti con l’interpretazione dell’Ente;
in particolare, Fiscosport si è, da subito, e contrariamente ad altre testate ed opinioni
dottrinali, fatto portavoce di una linea interpretativa assolutamente critica rispetto a quella fatta
propria dall’ENPALS (cfr. articolo del collega Stefano Andreani in “Fiscosport” del 05/05/2006 e
articolo del sottoscritto in “Fiscosport” del 16/06/2006) ponendo in risalto quanto segue:
a)
In primo luogo l'interpretazione logico-giuridica delle norme e delle circolari.
47
1. Il D.M. 15/3/05 è stato emesso (come correttamente rammentato in apertura della Circolare
7) in forza della previsione dell'art. 3, II comma, D.Lgs. 708/1947, così come sostituito
dall’art. 43, comma 2, della L. 27/12/2002 n. 289. Si evidenzia che l'art. 2 di tale D. Lgs.
stabilisce che "L'iscrizione all'Ente sostituisce a tutti gli effetti, ... l'assicurazione obbligatoria
per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, e successive
modificazioni".
2. In sostanza, quindi, le categorie elencate nel successivo art. 3 sono soggette alla
contribuzione ENPALS in luogo della contribuzione INPS, in quanto è stato (con una logica
sotto certi aspetti anche corretta) ritenuto opportuno che, data la propria particolarità, il lavoro
nello spettacolo (e nello sport) debba essere regolamentato, sotto l’aspetto previdenziale, in
maniera diversa rispetto al lavoro “ordinario” in considerazione, soprattutto, della
caratteristica non continuativa, per non dire, sovente, saltuaria, che si riscontra nelle
prestazioni lavorative di tale settore. In definitiva, le categorie di cui all'art. 3 del D.Lgs. 708,
per la particolare tipologia di attività svolta, sono assoggettate "in via speciale" a ENPALS
invece di essere "normalmente" assoggettate a INPS;
3. Il D.Lgs. 314/1997 ha introdotto il principio secondo il quale, per determinare la base
imponibile ai fini contributivi, deve farsi riferimento alle previsioni del TUIR in tema di redditi
da lavoro dipendente. Lo stesso TUIR individua all’art. 52 i redditi c.d. “assimilati” a quelli di
lavoro dipendente e, all’art. 53, i redditi di lavoro “autonomo”: ebbene, in nessuna di tali
categorie di reddito sono contemplati i compensi “sportivi”, che, infatti, sono qualificati redditi
“Diversi” dall’art. 67 dello stesso TUIR; coerentemente con tale principio, in relazione alla
nuova (in quanto creata con l’art. 32 della L. 342/2000 – L. Finanziaria 2001) categoria di
redditi rappresentata dai c.d. “compensi agli sportivi dilettanti” l'INPS ha chiaramente preso
posizione, nelle note circolari 32 del 07/02/2001 e 42 del 26/02/2003, che i redditi di cui
all'art. 67, I° comma. lettera "m" del TUIR, non essendo configurati quali “redditi da lavoro”
(dipendente, parasubordinato o autonomo che sia) bensì quali redditi “Diversi” non sono
assoggettabili a contribuzione previdenziale. Sulla stessa linea si è espressa l’INAIL con nota
del 02/05/2001;
4. difficile pertanto comprendere su quali basi l'ENPALS potrebbe seguire un’interpretazione
divergente da quella offerta dall'INPS. E in effetti ad un'attenta lettura del D.M. 15/03/2005 e
delle circolari ENPALS n. 7 e 8 tale diversa interpretazione non appare: nessun punto delle
suddette circolari affronta la questione dei compensi ex art. 67, che quindi non può che
ritenersi già risolta dalle precedenti circolari;
5. in realtà, ad una lettura attenta della norma, appare altresì difficile capire quale sia la reale
novità introdotta dal citato D.M. 15/3/05: infatti, fra le categorie di cui all'art. 3, D.Lgs.
708/1947, già nella formulazione stabilita dalla Legge di ratifica 29/11/1952 n. 2388
comparivano al n. 21 gli "addetti agli impianti sportivi", mentre la Legge 14/6/1973, n. 366,
aveva aggiunto il n. 22: "calciatori ed allenatori di calcio". Qual è dunque, l’elemento di
novità? Gli “addetti agli impianti sportivi" devono essere assoggettati a contribuzione
ENPALS praticamente da sempre, ma l'Ente, in pendenza di tale previsione, non ha mai
sollevato l'ipotesi di assoggettare a contribuzione i compensi erogati, sulla base dell’art. 67
TUIR agli sportivi dilettanti. Il D.M. 15/3/05 non ha fatto che ampliare e dettagliare, sulla base
dell’evoluzione dell’organizzazione del lavoro nell’ambito sportivo, la categoria degli “addetti
agli impianti sportivi" attraverso la previsione delle categorie n. 20, 22 e 23 sopra riportate,
ma non ha mai citato i compensi percepiti dagli “sportivi dilettanti”;
b) In secondo luogo l'interpretazione letterale delle norme e delle circolari.
6. La circolare n. 7, in relazione al gruppo dei lavoratori di impianti e circoli sportivi, dopo avere
specificato (ma anche questa non è una novità, costituendo anzi uno dei fondamenti della
normativa ENPALS) che l’obbligatorietà dell’iscrizione prescinde dalla natura giuridica, autonoma o subordinata – del rapporto di lavoro, sottolinea che “….. è da considerare
addetto agli impianti sportivi il personale la cui prestazione è direttamente legata a questi
48
ultimi, tanto che la prestazione stessa sarebbe impossibile per il datore di lavoro ovvero per il
committente se gli impianti venissero meno…”; ora, se tale caratteristica è sicuramente
presente in relazione a categorie quali custodi, manutentori, bagnini etc. è difficilmente
identificabile in relazione ad atleti, allenatori, dirigenti, collaboratori amministrativo/gestionali
delle società/associazioni sportive dilettantistiche (rimane il problema degli istruttori sportivi
sul quale ci si inoltrerà ultra);
7. l’esclusione dell’obbligo di assoggettamento a contribuzione ENPALS dei compensi erogati in
favore di atleti ed allenatori delle società/associazioni sportive dilettantistiche deriva dal
tenore letterale sia del D.M. 15/03/2005 che della circolare n. 7 del 30/03/2006: entrambi,
infatti indicano, al n. 23 dell'elenco delle figure da assoggettare a contribuzione "atleti,
allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici ..... delle società sportive
professionistiche", laddove, al n. 22 della medesima lista sono indicati i "direttori tecnici,
massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive" ; secondo il noto principio ubi
lex voluit dixit, ubi noluit tacuit l'analisi comparata delle due categorie lascia fuori dal campo
applicativo della norma gli atleti, allenatori etc. delle società e associazioni sportive
dilettantistiche ;
8. l’esclusione dell’obbligo di assoggettamento a contribuzione ENPALS dei compensi erogati in
favore di Direttori Tecnici, Istruttori e Dipendenti delle A.S.D. poggia, sotto l’aspetto letterale,
sullo stessa logica della precedente, anche se, oggettivamente, appare più "ardita": il n. 22
di D.M e Circolare individua i "direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle
società sportive" . Il termine società, soprattutto dopo la novella della L. 289/2002 non può
che riferirsi ai sodalizi costituiti in forma di SRL, SPA o COOPERATIVE dilettantistiche, cioè
nelle forme giuridiche disciplinate dal titolo V° del Libro V° del c.c., laddove le Associazioni
Sportive Dilettantistiche sono disciplinate, dal punto di vista del diritto civile, dal titolo II° del
libro I° del medesimo c.c.; è possibile che il termine "società" usato dal D.M. e dalla circolare
voglia significare, come nell'accezione comune, sia l'una che l'altra entità giuridica, ma le
norme di diritto vanno scritte in termini giuridici non in termini "comuni"; è tuttavia possibile
anche ipotizzare, viceversa, che la terminologia sia voluta, al fine di escludere dal pesante
onere le ASD sulla scorta della complessiva normativa di agevolazione delle stesse, di cui si
dirà fra breve. Come corollario di tale affermazione, occorre tuttavia ribadire che, qualora le
medesime figure fossero remunerate da una società sportiva (SRL, SPA o Cooperativa)
l'assoggettamento ad ENPALS sarebbe dovuto.
b) Infine l’incongruenza della nuova previsione con l’impianto normativo di favore in
materia di sport dilettantistico.
9.
L’eventuale obbligo di assoggettamento previdenziale dei compensi erogati agli “sportivi
dilettanti” si porrebbe in chiara controtendenza nei confronti di un impianto normativo
generale che, negli ultimi anni, in considerazione delle precipue caratteristiche del mondo
sportivo dilettantistico, delle difficoltà finanziarie in cui versa, e della valenza sociale
dell’attività sportiva, ha in tutta evidenza cercato di creare una sorta di “no tax area” in favore
dei rapporti di natura sportiva dilettantistica.
Ovviamente, nel sottolineare con forza le suddette posizioni Fiscosport ha, comprensibilmente,
suggerito un atteggiamento oltremodo prudenziale, soprattutto nella corretta qualificazione dei
rapporti lavorativi in senso lato nonché auspicato una decisa presa di posizione da parte degli
organismi sportivi nazionali, CONI in primis;
2.4 L’INTERVENTO DEL CONI ED IL RINVIO DEL TERMINE DEL 17/07/2006
Come – da tutti – auspicato, l’intervento del CONI si è concretizzato in una serie di incontri
informali, attraverso un tentativo di moral suasion, con i vertici ENPALS;
49
da tali incontri è emersa una prima, insufficiente apertura, formalizzata in una lettera del presidente
ENPALS al presidente CONI del 17/05/2006, nella quale, in sostanza, in ordine all’ipotesi di
assoggettamento a contribuzione dei “compensi agli sportivi dilettanti” veniva riconosciuto che …..
“la qualificazione delle suddette somme alla stregua di “redditi diversi” comporta, come è noto,
che per le stesse non si configuri l’assoggettamento a contribuzione previdenziale”.
Tuttavia, richiamando la nota Ris. n. 34/E del 26/03/2001 (peraltro precedente all’ultimo intervento
normativo in materia, rappresentato dall’art. 90 della L. 289/2002), ed operando un’interpretazione
particolarmente restrittiva della stessa, l’ENPALS ritiene che, affinché i compensi possano
qualificarsi redditi diversi, quindi da non assoggettare a contribuzione, “….. è necessario che
l’attività prestata sia diretta alla realizzazione di gare o manifestazioni sportive a carattere
dilettantistico…… mentre in tutte le altre ipotesi (fitness etc.) non è inquadrabile come tale” .
Viene inoltre ribadito che, qualora l’attività possa essere qualificata come professionale,
l’assicurazione previdenziale è in ogni caso dovuta.
Pur essendo largamente insufficiente, si è trattato dell’apertura di una breccia (i redditi diversi
sono esclusi!!!) sulla quale il CONI è intervenuto con decisione e, con una memoria in data
06/06/2006 ha, in sostanza, ribadito che:
1) La legge n. 289/2002 ha allargato la platea degli “sportivi dilettanti” anche ai collaboratori
amministrativo/gestionali superando, di fatto, la lettura data dalla ris. 34/E del 2001;
2) Già dal 1986 l’Amministrazione Finanziaria, con circ. 27 del 03/07/86, in relazione alla L
25/03/1986 n. 80, aveva chiarito che devono essere qualificati “sportivi dilettanti”, per
esclusione, tutti quei soggetti che non svolgono attività sportiva professionistica ai sensi
della L. 23/03/1981 n. 91;
3) Tale qualifica deve quindi essere riconosciuta non solo a tutte quelle figure (allenatori,
istruttori, dirigenti) che, pur non avendo un rapporto diretto con la manifestazione sportiva
ne rendono possibile, con la propria opera continuativa di preparazione degli atleti ed
organizzazione dei sodalizi, lo svolgimento, ma altresì a quei soggetti che svolgono attività
sportive dilettantistiche di carattere amatoriale non iscritte in qualche competizione;
4) Ai sensi dell’art. 7 della L. 27/07/2004 n. 186 il CONI è l’unico organismo certificatore della
effettiva attività sportiva dilettantistica; le agevolazioni tributarie si applicano alle ASD ed
alle Società sportive dilettantistiche iscritte al Registro tenuto dal CONI stesso, il quale
trasmette annualmente all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle società ed associazioni in
possesso dei requisiti richiesti dall’art. 90 della L. 289/2002
Sulla base delle suddette osservazioni l’ENPALS non ha potuto fare altro che rinviare, in attesa
di ulteriori chiarimenti, il termine per la prima iscrizione fissato nel 17/07/2006, rinvio peraltro
operato “in extremis” e con l’insolito mezzo di un comunicato stampa apparso sul sito internet
in data 13/07/2006.
2.5
LA CIRCOLARE ENPALS N. 13 DEL 07/08/2006 ED IL NUOVO TERMINE DEL
16/10/2006
GLI SPORTIVI DILETTANTI NON SONO SOGGETTI ALL’OBBLIGO CONTRIBUTIVO
Dopo il messaggio del 13.07.06 che “congelava” la scadenza del 17/07/2006 per il
versamento dei contributi relativi ali trimestri 2°/3° e 4° 2005 e 1° e 2° 2006 in attesa di ulteriori
chiarimenti, l’ENPALS ha finalmente emanato la tanto attesa circolare esplicativa in relazione
all’obbligo ed alle modalità di assoggettamento a contribuzione previdenziale delle somme
percepite nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
Le conclusioni cui giunge l’Ente di Previdenza sono, in sostanza, le seguenti:
I compensi, premi, indennità di trasferta e rimborsi forfettari di spese, di cui all’art.
67, comma 1, lett. m) del TUIR, erogati …… da qualunque organismo sportivo, comunque
denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che sia riconosciuto (dal
50
CONI), in quanto redditi “diversi” non devono essere assoggettati a contribuzione
previdenziale.
La circolare si occupa esplicitamente delle “figure professionali tipiche del settore, quali gli
istruttori presso gli impianti ed i circoli sportivi, nonché i direttori tecnici, i massaggiatori e gli
istruttori presso associazioni o società sportive”, e non cita gli atleti e gli allenatori; tuttavia
appare ovvio, considerate le motivazioni addotte nel testo, che tali figure, a maggior ragione,
debbano considerarsi scevre dall’obbligo contributivo.
Anzi, la mancata citazione nel corpo della circolare deve probabilmente intendersi, come peraltro
già evidenziato precedentemente, che, per tali figure, l’obbligo di assoggettamento non era stato
previsto sin dall’origine.
La Circolare recepisce pressoché integralmente le motivazioni espresse dal CONI nel
messaggio del 06.06.2006, sopra riportate:
Gli emolumenti ed i rimborsi spese fiscalmente qualificati come “Redditi Diversi”, fra i quali
rientrano i compensi agli sportivi dilettanti non possono essere assoggettati ad obblighi contributivi
di alcun genere, in quanto tale obbligo grava esclusivamente sui redditi derivanti da attività di
lavoro, e ciò indipendentemente dalla forma, autonoma, subordinata o parasubordinata nella quale
il rapporto di lavoro si estrinseca
Il decreto del Ministero del Lavoro del 15 marzo 2005, entrato in vigore il 22 aprile 2005,
oggetto delle “incriminate” circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30/03/2006 ha esclusivamente adeguato
e precisato le categorie di “lavoratori”, intesi quali prestatori di lavoro autonomo o subordinato, da
assoggettare a contribuzione ENPALS anziché INPS, ma non ha, né avrebbe potuto, allargato la
platea dei soggetti obbligati ad iscrizione presso l’ente di previdenza ai percettori di redditi
fiscalmente non qualificati redditi di lavoro.
Inoltre
“in considerazione della oggettiva difficoltà interpretativa della materia in questione” vengono
fissati i due nuovi termini del 16/10/2006 per il versamento dei contributi (a partire da Aprile 2005
fino a Settembre 2006) e del 25/10/2006 per la presentazione delle relative denunce, con
applicazione dell’interesse legale anziché delle sanzioni civili in relazione al ritardo rispetto alle
scadenze “naturali”
3 LA CORRETTA QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO LAVORATIVO
3.1 LA POSIZIONE DELL’ENPALS
Tutto risolto, dunque?
Le società ed associazioni sportive dilettantistiche possono considerarsi totalmente
esentate, per sempre, da ogni e qualsiasi obbligo previdenziale?
Tale conclusione potrebbe rivelarsi inesatta e fondata su una eccessiva superficialità nella
lettura della fonte interpretativa. La presa d’atto dell’ENPALS appare infatti, oltre che dovuta, solo
parziale:
51
Infatti, affinché possa verificarsi l’esonero dall’assoggettamento contributivo delle somme
erogate da società/associazioni sportive dilettantistiche occorre che siano verificate le seguenti
condizioni:
1) Requisito soggettivo: iscrizione al Registro del CONI
è necessario che le somme siano erogate dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali,
dall’UNIRE , dagli Enti di Promozione Sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato,
che persegua finalità sportive dilettantistiche e che risulti iscritto nel Registro delle Associazioni
e delle Società sportive dilettantistiche tenuto dal CONI.
Si ricorda, in proposito, che l’iscrizione a tale Registro è indispensabile, ai sensi dell’art. 18 della L.
289/2002, e successive modificazioni, per beneficiare di tutte le agevolazioni fiscali previste dalla
normativa in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche e che tale registro viene
annualmente comunicato dal CONI all’Agenzia delle Entrate. A questo punto, la mancata iscrizione
al Registro può avere effetti anche sotto l’aspetto previdenziale, in quanto
la mancata iscrizione della società/associazione sportiva all’apposito Registro c/o il
CONI, oltre a far perdere alla stessa il diritto di usufruire delle agevolazioni fiscali previste
dalla legge, comporterà anche l’assoggettamento a contribuzione ENPALS dei compensi,
premi etc, erogati ai c.d. “sportivi dilettanti”
2) Requisito oggettivo: qualificazione dell’attività svolta
Affinché possa applicarsi l’esclusione dall’obbligo contributivo è necessario che, ai sensi
dell’art. 67, 1° comma, lett. m) TUIR, l’attività oggetto di retribuzione sia eseguita “nell’esercizio
diretto di attività sportive dilettantistiche…”, ovvero che si riferisca a “….rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo – gestionale di natura
non professionale resi in favore di società ed associazioni sportive dilettantistiche…”
Si tratta di un problema non nuovo, che attiene, prima ancora dell’obbligo contributivo, la
qualificazione fiscale dell’attività svolta in favore delle ASD e, quindi, la possibilità di qualificare o
meno il beneficiario delle somme quale “sportivo dilettante”:
molto spesso la figura “agevolata” dello “sportivo dilettante” è stata, ed è, utilizzata, soprattutto
nell’ambito della gestione di impiantistica sportiva (palestre/centri fitness/piscine etc) in maniera
eccessivamente disinvolta;
è di tutta evidenza che laddove siano state inquadrate come “sportive dilettantistiche”
collaborazioni di natura prettamente professionale, se non addirittura di lavoro dipendente, sarà
estremamente difficoltoso controbattere alle eventuali eccezioni sollevate dai verificatori ENPALS
o SIAE.
Debbono quindi essere chiaramente individuate tre grandi categorie di rapporti fra le
associazioni e società sportive e i loro collaboratori:
a) i lavoratori dipendenti;
b) i lavoratori autonomi;
c) i "collaboratori" di cui all'art. 67 TUIR.
Quanto corrisposto agli appartenenti alle prime due categorie è soggetto alla ordinaria disciplina
delle imposte sui redditi e ad obbligo previdenziale; quanto corrisposto ai "collaboratori sportivi" è
52
soggetto alla particolare disciplina di cui all'art. 67 TUIR e al collegato art. 25 della Legge
13/5/1999 n. 133, e successive modificazioni, ed è escluso da obblighi contributivi.
E’ questo il punto sul quale tutti i soggetti coinvolti, dai prestatori d'opera, alle associazioni e
società sportive, agli organi verificatori, debbono prestare la massima attenzione: la collocazione in
una di tali categorie deve essere effettuata sulla scorta di una attenta valutazione di ogni singolo
rapporto, perchè da tale collocazione discendono le conseguenze sul piano fiscale e previdenziale.
Se un collaboratore è tenuto al rispetto di un orario preciso, è sottoposto alle direttive e al potere
disciplinare di un superiore, ha diritto ad una retribuzione costante indipendentemente dai risultati
raggiunti, e in generale rispetta le previsioni della consolidata dottrina e giurisprudenza in materia,
allora è un lavoratore dipendente.
Analogamente, e qui la questione è più delicata, se un istruttore, allenatore, massaggiatore,
manutentore, svolge tale attività "per professione abituale, ancorchè non esclusiva", come recita
l'art. 5 D.P.R. 633/72, allora sarà un lavoratore autonomo, soggetto a ordinaria imposizione fiscale,
tenuto agli adempimenti IVA e soggetto ad obbligo previdenziale.
E ancora, la seconda parte dell'art. 67 lettera "m" comprende anche i "rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale";
anche in questo caso, qualora la prestazione si configuri come "professionale", la speciale
disciplina agevolativa non troverà applicazione, ma si tratterà di "ordinaria" co.co.co., con i
conseguenti obblighi fiscali e previdenziali.
Solo qualora il rapporto non rientri in tali categorie, perchè mancano sia la subordinazione
che la "professionalità", solo allora si potrà legittimamente applicare il trattamento fiscale e
previdenziale agevolato.
Figure quali la segretaria in reception piuttosto che l’addetto alle pulizie si configurano nella
maggior parte dei casi come lavoratori dipendenti (eventualmente part – time) piuttosto che come
collaboratori di tipo amministrativo-gestionale ex art. 67 TUIR.
Ma le situazioni più delicate riguardano principalmente tutta una serie di professionalità di
natura sportiva in senso lato, piuttosto che “sportiva dilettantistica” come intesa dalla L.
133/99 e successive modificazioni: si sta parlando di tutti quegli istruttori sportivi, massaggiatori,
addetti agli impianti, la cui funzione prevalente, se non esclusiva, non è quella di preparare atleti,
attuali o potenziali, quanto quella di garantire il funzionamento dei corsi organizzati nell’impianto
sportivo in favore dei frequentatori dello stesso, siano essi soci o clienti.
Si evidenzia ancora una volta che la problematica in oggetto non è affatto nuova o provocata dal
D.M. 15-03-2005, e dalle circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30-03-2006: l’assoggettamento a
contribuzione ENPALS anziché a contribuzione INPS degli addetti (dipendenti e/o professionisti)
agli impianti sportivi è in vigore praticamente da sempre, e le problematiche relative
all’assoggettamento a contribuzione si sarebbero comunque poste, anche ante 30/03/06, in ogni
caso di verifica da parte di ispettori ENPALS e/o del lavoro: semplicemente, in seguito
all’emanazione delle suddette circolari è cambiata la “sensibilità” dell’ente nei riguardi di tali
situazioni e si è incrementato il numero dei controlli.
Tale circostanza è non solo ricordata, ma è ribadita chiaramente dalla circolare n. 13, oggetto del
presente paragrafo, laddove l’ENPALS precisa che “……. Si ritiene opportuno puntualizzare che
detta norma (l’art. 67 TUIR) preclude l’inquadramento tra i “redditi diversi” nell’ipotesi in cui gli
stessi siano conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali…..”
In particolare, per quanto riguarda le prestazioni di natura “Professionale”, l’ENPALS, richiamando
la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 1° marzo 2004, ritiene che si configurano i
presupposti per la classificazione alla categoria di reddito professionale laddove lo svolgimento
53
dell’attività implichi “il possesso di specifiche conoscenze tecnico-giuridiche connesse
all’attività svolta”
Sul piano concreto, si può parlare di attività professionale, secondo l’ENPALS, laddove
dall’esame dell’attività posta in essere emerga che:
1) l’attività, anche se non esercitata in via esclusiva o preminente, si sviluppi con caratteristiche di
abitualità, laddove tale termine sta a significare che l’attività è caratterizzata da ripetitività,
regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti;
2) la misura delle somme complessivamente percepite non abbia caratteristiche di marginalità, ed
il confine della marginalità è individuato nel percepimento, nel corso dell’anno solare, di somme
non superiori a € 4.500,00 (quattromilacinquecento/00), limite di reddito non soggetto a
tassazione ai sensi del TUIR per i professionisti e lavoratori autonomi;
3) la presenza di più committenti, effettivi o potenziali(??????) costituisce viceversa un indice di
attività professionale, anche se la “potenzialità” è un concetto di difficile dimostrazione.
Uscendo dalla terminologia tecnica per entrare nell’operatività quotidiana, quanto espresso nella
circolare comporta che in relazione a posizioni di soggetti quali istruttori di Body
Building/tennis/basket/nuoto etc. che prestano la propria opera in favore di più committenti (diverse
società sportive e/o palestre etc), gli ispettori ENPALS potrebbero disconoscere al prestatore
d’opera la qualifica di “sportivo dilettante”, per inquadrare lo stesso quale esercente la libera
professione di istruttore sportivo, in quanto tale da assoggettare a contribuzione, e ciò soprattutto
se i proventi derivanti dall'attività svolta quale (presunto) "sportivo dilettante" costituiscono l'unico
reddito a disposizione del prestatore d’opera stesso.
IN CONCLUSIONE:
i compensi erogati ai c.d. “sportivi dilettanti” da società/associazioni
dilettantistiche non devono essere assoggettati a contribuzione ENPALS;
sportive
Tale condivisibile e, per certi aspetti, “dovuta” conclusione, oltre ad essere coerente con il
complesso impianto normativo di favore nei confronti dello sport dilettantistico, potrà far tirare un
grosso sospiro di sollievo a tutto il mondo dello sport dilettantistico, che si era sentito
pesantemente minacciato sotto l’aspetto dell’equilibrio economico e finanziario dal nuovo, pesante
fardello;
tuttavia, affinché la suddetta esenzione contributiva sia riconosciuta è necessario che
a) la società/associazione sportiva dilettantistica sia iscritta nell’apposito Registro tenuto
dal CONI;
b) l’attività oggetto di retribuzione rientri fra le fattispecie previste dall’art. 67, comma 1,
lett. m) del TUIR e non costituisca un rapporto di lavoro, subordinato e/o autonomo
“dissimulato”
3.2 L’ATTIVITA’ PROFESSIONALE DEGLI ISTRUTTORI SPORTIVI
54
Il quesito che, a questo punto, le società/associazioni sportive dilettantistiche devono porsi è:
quando, e al verificarsi di quali circostanze l’attività di uno sportivo dilettante (in particolare, di un
istruttore sportivo) può essere qualificata quale attività professionale di lavoro autonomo?
Prima di addentrarci nell’esame di tale problematica occorre evidenziare che, contrariamente a
quanto avviene negli “ordinari” rapporti di lavoro, quelli, per intendersi, che gravitano nell’orbita
INPS, ai fini ENPALS non esiste alcuna differenza fra attività di lavoro subordinato ed
attività di lavoro autonomo. Infatti, chiunque svolge, anche solo occasionalmente,
un’attività di tipo artistico o sportivo è tenuto all’iscrizione all’ENPALS.
Non è dunque necessario che gli ispettori contestino, o presuppongano, la sussistenza di un
rapporto di lavoro subordinato, essendo sufficiente la sussistenza di un rapporto di lavoro in senso
lato, anche autonomo, anche occasionale, affinché scatti il presupposto contributivo.
Tale circostanza rende vieppiù complessa la strategia difensiva delle società/ASD:
se, infatti, può risultare piuttosto agevole dimostrare l’assenza di subordinazione gerarchica
(l’istruttore sportivo, solitamente, concorda, e non subisce, l’orario dei corsi, nell’ambito degli stessi
ha ampia capacità e potere decisionale in ordine all’organizzazione della lezione, sovente, in caso
di impedimento, reperisce direttamente il proprio sostituto), non altrettanto agevole appare, qualora
non si possa inquadrare la prestazione fra quelle “sportive dilettantistiche pure”, dimostrare
l’assenza della “professionalità”:
qualora un istruttore sportivo presti la propria attività in favore di diverse società/associazioni
sportive, svolga la propria attività in maniera continuativa, quando non addirittura prevalente e/o
esclusiva , e percepisca compensi di ammontare significativo, soprattutto se non possiede altri
redditi che possano giustificare il ruolo secondario dell’attività sportiva, sarà sicuramente
difficoltoso difendere la natura “sportivo dilettantistica” delle prestazioni operate
un ulteriore problema che si pone, al proposito, e che sarà ampiamente esplicitato nella seconda
parte della presente relazione è che, mentre ai fini INPS è previsto (correttamente) che una
eventuale attività professionale svolta in via non prevalente da un soggetto iscritto,
obbligatoriamente, in un’altra cassa previdenziale, debba essere assoggettata all’aliquota ridotta
del 10%, e mentre tutte le Casse di Previdenza legate agli Ordini Professionali prevedono che in
caso di esercizio non esclusivo della professione il professionista possa optare per l’esenzione
contributiva in relazione all’attività professionale (non prevalente)
ai fini ENPALS qualsiasi attività professionale, anche occasionale, anche non prevalente,
anche se esercitata da un soggetto già iscritto ad altra cassa previdenziale debba essere
assoggettata alla contribuzione piena con l’aliquota del 32,7%
E’ il caso, ad. es., del professore o del dipendente pubblico che, per qualche ora alla settimana,
svolge attività di istruttore sportivo.
Si evidenzia che, qualora la natura sportivo-dilettantistica venga disconosciuta a livello
previdenziale, tale disconoscimento, inevitabilmente, avrà riflessi anche a livello fiscale, con la
conseguenza che, tra aliquota ENPALS 32,7%, ( di cui 2/3 a carico del datore di lavoro) e ritenuta
IRPEF 20% la “forbice” a carico delle società/associazioni sportive dilettantistiche, supera il 40%,
e può diventare anche superiore in caso di determinazione del compenso “al netto” ovvero in caso
55
di contestazione in ordine alla natura professionale della prestazione, che richiederebbe
l’emissione di una fattura soggetta ad IVA.
Per uscire dall’empasse l’ENPALS, nella circolare n. 13 del 07/08/2006, individua un limite
quantitativo sotto il quale l’attività del collaboratore sportivo, ancorché di natura non
sportivo/dilettantistica, quindi professionale in senso lato, può considerarsi “marginale”, e quindi da
non assoggettare a tassazione:
tale limite è individuato nella percezione, nel corso dell’anno solare, di somme inferiori ad €
4.500,00, limite individuato dalla normativa fiscale (art. 11 TUIR) quale “no tax area” in caso di
redditi di lavoro autonomo.
Fino ad € 4.500,00, dunque, ad avviso dell’ENPALS, il reddito prodotto dal lavoratore non è
mai da assoggettare a contribuzione; qualora, viceversa, si superi detta soglia:
a) se l’attività svolta è di natura “sportivo dilettantistica” il compenso non è da
assoggettare a contribuzione;
b) se l’attività è, o viene classificata, di “lavoro autonomo” è da assoggettare a
contribuzione, nelle modalità che verranno esplicitate più oltre
a questo punto sono doverose alcune considerazioni:
1. nessuna norma di primo livello (legge o decreto legislativo) individua un limite al di sopra del
quale un’attività può considerarsi “professionale” ancorché “occasionale”;
2. tale vuoto normativo non può essere colmato da una circolare che rappresenta uno strumento
di informazione interna nei confronti degli uffici periferici e non può avere potere imperativo
sulle imprese e sui lavoratori soggetti a contribuzione;
3. ai fini INPS (si ricordi quanto detto all’inizio della relazione: l’assoggettamento ad ENPALS è
“speciale” e “sostitutivo” dell’ordinario assoggettamento previdenziale INPS), esiste la
categoria (regolamentata da una norma di legge, non da una circolare interna) dei “prestatori
d’opera occasionale” i quali sono considerati tali, e non soggetti a obblighi contributivi, fino ad
un reddito annuo di € 5.000,00. Perché ai fini ENPALS tale franchigia si riduce ad € 4.500,00?
4. ai fini fiscali, il limite di “no tax area” in caso di redditi assimilati ai redditi di lavoro dipendente
(art. 11 TUIR) è di € 7.500,00: poiché, nei casi di specie, si è in presenza, prevalentemente, di
rapporti di natura prettamente “coordinata e continuativa”, piuttosto che di natura professionale
(il collaboratore non impiega mezzi propri, utilizza l’organizzazione e gli strumenti del
committente, non sopporta rischio di impresa) perché la soglia di esenzione non viene
inquadrata ad € 7.500,00, valore, guarda caso, coincidente con la soglia di esenzione totale
anche per i redditi di natura “sportivo/dilettantistica?”
4
CONCLUSIONI
1) Quando la prestazione eseguita è di natura sportivo/dilettantistica ex art. 67, comma 1 lett. m)
TUIR non si pone alcun problema di assoggettamento a contribuzione ENPALS;
2) Quando la prestazione lavorativa non può essere inquadrata (neppure a livello fiscale), nella
categoria di cui sopra occorre distinguere se il rapporto è di tipo subordinato o professionale in
senso lato;
3) In caso di inquadramento della prestazione lavorativa a titolo di lavoro subordinato
(dipendente), vanno applicate le disposizioni previste in proposito dal TUIR, il compenso va
assoggettato a contribuzione ENPALS 32,7% nonchè INPS per quanto riguarda i c.d.
“contributi minori” e INAIL. Vanno inoltre rispettate tutte le normative previste dalla legislazione
sul lavoro (TFR, Ferie, riposo settimanale, sicurezza negli ambienti di lavoro etc.). Tale
inquadramento può essere individuato in tutti quei casi in cui prevale la subordinazione
gerarchica del lavoratore, il rispetto di orari rigidi, la presenza di un compenso fisso, come, ad
esempio, per il personale di recepion, gli addetti alle pulizie, i custodi etc.;
4) In caso di svolgimento, da parte del prestatore d’opera, di attività di lavoro autonomo – in
senso lato – si possono individuare tre situazioni:
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a) Libero professionista in possesso di P. IVA: Il lavoratore emetterà fattura assoggettata ad
IVA , il committente provvederà a pagare il compenso al netto della ritenuta fiscale del 20%
e della ritenuta ENPALS dell’8,89%, - come verrà meglio spiegato inseguito – e provvederà
successivamente a versare all’ENPALS il 32,7% del compenso erogato, di cui i 2/3
(23,81%) a proprio carico;
b) Collaboratore coordinato e continuativo: la contribuzione ENPALS (32,7% di cui 1/3 a
carico del lavoratore) scatterà al superamento del limite di € 7.500,00 di compenso annuo;
c) Collaboratore “Occasionale”: la contribuzione ENPALS scatterà al superamento del limite di
€ 5.000,00 di compenso annuo;
N.B!!
Le indicazioni di cui al precedente n. 4b) e 4c) sono il frutto delle considerazioni e delle
valutazioni esposte nell’ambito del presente lavoro;
L’interpretazione ENPALS, fornita nella circolare n. 13/2006 è che la soglia di esenzione
debba essere individuata nel limite di € 4.500,00 annui;
Un atteggiamento comprensibilmente prudenziale, volto a prevenire, prima ancora che
dirimere eventuali accertamenti per omessa contribuzione, non potrà che attenersi alle
indicazione fornite dall’ente.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, appare sempre più urgente un provvedimento normativo
che disciplini in maniera esaustiva, sotto gli aspetti fiscali, previdenziale e giuslavoristico, il lavoro
sportivo in senso lato, in tutte quelle situazioni “ibride” nelle quali la qualificazione di attività
“sportivo dilettantistica” pura non possa ragionevolmente trovare collocazione.
IL LAVORO SPORTIVO E LA TUTELA PREVIDENZIALE
1 INTRODUZIONE
La seconda parte del presente lavoro ha l’obiettivo di chiarire il seguente problema:
nei casi in cui, per scelta ponderata o a seguito di una verifica SIAE/ENPALS, una
società/associazione sportiva dilettantistica sia tenuta a “regolarizzare” i propri collaboratori, quali
sono gli adempimenti ed i costi relativi all’iscrizione previdenziale?
Innanzitutto, va chiarito che, quando si parla di lavoro sportivo, occorre distinguere fra:
a) lavoro sportivo professionistico;
b) lavoro “sportivo in senso lato” prestato in favore di sodalizi sportivi dilettantistici e/o impianti
sportivi, palestre, centri fitness etc.
Il lavoro sportivo professionistico è disciplinato dalla L. legge 23 marzo 1981, n. 91, che ha
dettato una disciplina organica del contratto di lavoro avente ad oggetto le prestazioni sportive
professionistiche.
Secondo la definizione contenuta nell'art. 2 della predetta legge, ai fini dell'applicazione della
relativa disciplina, sono sportivi professionisti:
a) gli atleti,
b) gli allenatori,
c) i direttori tecnico-sportivi,
d) i preparatori atletici,
che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle
discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive
nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive
stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
57
L'art. 3 della legge n. 91/81 stabilisce che "la prestazione di lavoro a titolo oneroso dell'atleta
costituisce oggetto di un contratto di lavoro subordinato", salvo - ed in tal caso va ritenuta la
sussistenza di un contratto di lavoro autonomo - ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) attività svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro
collegate in un breve periodo di tempo;
b) atleta non contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di
preparazione od allenamento;
c) prestazione pur continuativa ma non superiore a otto ore settimanali oppure a cinque giorni
ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.
Tali condizioni devono ritenersi non meri indici rivelatori dell'autonomia del rapporto, ma elementi
qualificatori esclusivi e vincolanti e pertanto, ove non ricorrano le circostanze suesposte, al
rapporto di lavoro con l'atleta professionista deve essere riconosciuta natura subordinata.
Altri professionisti sportivi
L'art. 3 sopra citato trova applicazione limitatamente agli "atleti", i quali costituiscono solo una
parte, seppur rilevante, dei professionisti sportivi.
Nei confronti degli altri appartenenti alla categoria di prestatori di lavoro in esame (allenatori,
direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici), non potendo applicarsi gli specifici criteri suesposti,
il giudizio sulla natura subordinata o meno del rapporto dovrà essere formulato sulla base delle
modalità concrete di svolgimento del rapporto.
Addetti agli impianti sportivi, istruttori sportivi, impiegati e collaboratori di società
sportive dilettantistiche:
Tali figure professionali non sono disciplinate dalla L. 91/81, conseguentemente per la definizione
e la relativa disciplina occorre rifarsi alla normativa del Lavoro nello spettacolo ed in particolare
alla disciplina ENPALS.
Considerando le finalità del presente lavoro, è su questa seconda categoria di lavoratori sportivi
che verrà concentrata l’attenzione. In particolare, sarà presa in esame la problematica della tutela
previdenziale di tale categoria di lavoratori, lasciando le problematiche giuslavoristiche ad altre
sedi
2 SOGGETTI ASSICURATI ALL’ENPALS
Devono obbligatoriamente iscriversi all’ENPALS, ai sensi dell’art. 1, D.P.R. n. 1420/1971, per
quanto riguarda l'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sostitutiva di quella
generale gestita dall'INPS:
•
•
I lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 708/1947, siano essi subordinati o autonomi;
chi svolge, anche solo occasionalmente, un’attività di tipo artistico o sportivo, salvo quanto
sopra detto in relazione al limite annuo di € 4.500,00 previsto dalla circolare ENPALS
13/2006;
si ricorda che sono indicati all’art. 3 del Dlgs 708/1941, anche in seguito alle previsioni del
D.M. 15-03-2005, le seguenti categorie di lavoratori:
21) impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre,
sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi;
24) direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società sportive;
25) atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici delle società del calcio
professionistico e delle società sportive professionistiche
(i numeri fanno riferimento all’elenco di cui al D.M. sopra indicato)
I lavoratori subordinati sono inoltre:
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- obbligatoriamente iscritti all'INPS ai fini delle altre forme di previdenza obbligatoria comuni alla
generalità dei lavoratori subordinati (disoccupazione, assegno per il nucleo familiare, malattia e
maternità) con una aliquota di contribuzione aggiuntiva del 5,5%;
- iscritti all'INAIL in presenza delle condizioni di legge che rendono obbligatoria l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
In base a quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12824/2002, l'obbligo
assicurativo presso l'ENPALS è indipendente dall'attività svolta dal datore di lavoro essendo
sufficiente l'appartenenza del lavoratore ad una delle categorie indicate nel suddetto art. 3.
Ciò significa che un “personal trainer” che svolge, professionalmente, la propria attività nei
confronti di un privato cittadino, deve provvedere al versamento ENPALS
Non si presuppone, inoltre, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, essendo inclusi
nelle categorie di soggetti obbligati sia coloro che prestano attività di tipo autonomo, sia coloro
che prestano attività di tipo subordinato. Con i lavoratori dello spettacolo, e sportivi, possono
inoltre essere stipulati anche contratti di tipo c.d. parasubordinato quali lavoro a progetto o
associazione in partecipazione con apporto di sola manodopera, o flessibili come il lavoro
intermittente, o ancora con finalità in senso lato formative come il contratto di inserimento o di
reinserimento (ML nota n. 4256/2006).
Per l'individuazione dei requisiti contributivi e delle modalità di calcolo delle contribuzioni e delle
prestazioni (pensione), i lavoratori dello spettacolo, e sportivi, iscritti all'ENPALS, sono distinti in
tre gruppi:
A) lavoratori a tempo determinato che prestano attività artistica o tecnica direttamente connessa
con la produzione e la realizzazione di spettacolo;
B) lavoratori a tempo determinato che prestano attività al di fuori delle ipotesi di cui al
raggruppamento sub A), tra i quali sono compresi:
1. impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere,
palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi;
2. direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e i dipendenti delle società sportive;
C) lavoratori dello spettacolo con rapporti di lavoro a tempo indeterminato:
la suddetta suddivisione non comporta alcuna differenza in ordine al trattamento contributivo delle
rispettive categorie, ma ha l’unico fine di differenziare il requisito dell’annualità di contribuzione
richiesto per il sorgere del diritto alle prestazioni previdenziali (erogazione della pensione).
In pratica, ai fini pensionistici, il conteggio di un’annualità di contribuzione è soddisfatto quando
viene effettuato, per ogni anno, un versamento contributivo pari a :
1) 120 contributi giornalieri per i lavoratori appartenenti al gruppo a);
2) 260 contributi giornalieri per i lavoratori appartenenti al gruppo b) (lavoratori sportivi);
3) 312 contributi giornalieri per i lavoratori appartenenti al gruppo c);
Definizione delle diverse categorie assicurate all'ENPALS
Come evidenziato nella prima parte del presente lavoro, con la circolare n. 7/2006, l'ENPALS
anche sulla base dell'adeguamento delle categorie di lavoratori assicurati obbligatoriamente
presso di sé, ex D.M. 15 marzo 2005, ha operato una suddivisione in gruppi delle diverse figure
professionali rientranti in tali categorie fornendo delle precisazioni sulle particolari qualità distintive
di ciascuna di esse ed evidenziandone le declaratorie desunte dai ccnl o, in assenza, dalla prassi.
Tra i vari gruppi è esplicitamente previsto il Gruppo lavoratori di impianti e circoli sportivi;
La circolare n. 7/2006 precisa che:
•
Il gruppo degli impiegati, degli operai, degli istruttori e degli addetti agli impianti e circoli
sportivi di qualsiasi genere comprende, anche se non menzionate, altre strutture quali i
kartodromi ed il bowling.
59
•
•
•
•
Per impiegati ed operai si intendono i lavoratori dipendenti di circoli sportivi e di imprese
che gestiscono i suddetti impianti ovvero li utilizzano in via non occasionale.
Secondo il Ministero del lavoro si devono ritenere ricomprese nella categoria delle
imprese che gestiscono "impianti sportivi" solo quelle che hanno impianti propri o che, pur
non essendone proprietarie, li gestiscono direttamente, con esclusione delle imprese
degli impianti di trasporto e di risalita a fune (v. anche INPS mess. n. 16161/1989).
Tra le imprese che gestiscono impianti sportivi è soggetto all'obbligo di assicurazione
presso l'ENPALS solo il personale per il quale sussista un nesso di collegamento diretto
tra la prestazione di lavoro e l'impianto, tanto che la prestazione stessa sarebbe
impossibile o priva di interesse per il datore di lavoro se gli impianti venissero meno (ML
circc. n. 108/1984 e n. 57/1985; ENPALS circc. n. 30/1999; n. 20/2002; n. 7/2006).
Per gli istruttori e gli addetti agli impianti e circoli sportivi, in base alle innovazioni di cui al
D.M. 15 marzo 2005, l'obbligatorietà dell'iscrizione all'ENPALS sussiste a prescindere
dalla natura giuridica del rapporto di lavoro.
Lavoratori autonomi assicurati all'ENPALS
Nell'ambito delle categorie soggette all'obbligo assicurativo presso l'ENPALS, il Ministero del
lavoro, con la circolare n. 33/1962, ha fornito una elencazione di figure che prestano
normalmente attività in forma autonoma e che sono tenute all’iscrizione presso l’Ente in relazione
all’assicurazione previdenziale;
tale elencazione deve intendersi integrata dalle previsioni della circolare n. 7/2006, sopra citata,
relativamente agli istruttori ed agli addetti agli impianti e circoli sportivi.
Conseguentemente, i lavoratori autonomi sportivi, anche se in possesso di P.IVA, devono
essere iscritti all’ENPALS e non alla c.d. “gestione separata per i professionisti senza
cassa previdenziale” presso l’INPS.
Tale iscrizione comporterà, come si vedrà in seguito, un onere previdenziale sensibilmente
superiore rispetto a quanto richiesto dall’INPS, soprattutto se il lavoratore è già assoggettato ad
altra copertura previdenziale (es insegnante di educazione fisica).
Il maggior onere dovrebbe essere giustificato dal migliore trattamento previdenziale (pensione)
garantito dall’ENPALS rispetto all’INPS sia in termini quantitativi che in termini di giornate
lavorative richieste per il raggiungimento dell’età pensionabile (vedi supra)
3. ADEMPIMENTI A CARICO DELLE SOCIETA’/ASSOCIAZIONI SPORTIVE
a) Immatricolazione delle aziende
I datori di lavoro (aziende titolari di impianti sportivi, associazioni/società sportive dilettantistiche)
che occupano, sia con rapporto autonomo che subordinato, lavoratori soggetti all'assicurazione
obbligatoria all'ENPALS, sono obbligati a denunciare l’inizio dell’attività immatricolandosi presso
l'Ente stesso.
Con la denuncia iniziale di attività viene richiesta una corposa documentazione, tra cui anche lo
statuto e l’atto costitutivo
b) Denunce di lavoratori iscritti
Il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell'art. 9, D.L.C.P.S. n. 708/1947, a denunciare all'ENPALS
(mod. 032/U) le persone occupate indicando
• la retribuzione giornaliera corrisposta
• tutte le altre notizie eventualmente richieste dall'Ente nonchè ogni variazione dei dati
inizialmente comunicati
• entro 5 giorni dalla stipulazione dei contratti ovvero entro 5 giorni dal verificarsi delle
suddette variazioni.
60
c) Certificato di agibilità
Il certificato di agibilità deve essere richiesto agli uffici dell’ENPALS avvalendosi sempre del Mod.
032/U di denuncia di inizio attività ed esibito ai funzionari incaricati ai controlli ed alla vigilanza
contributiva.
Il certificato di agibilità è obbligatorio per tutti coloro che rendono prestazioni artistiche e/o sportive
ed ha validità per la giornata o per il periodo durante il quale si svolgono l’attività artistica o
sportiva.
Il certificato è indispensabile perché il locale, o l’impianto sportivo, o il singolo lavoratore
autonomo sportivo possano agire
A norma dell'art. 6, D.L.C.P.S. n. 708/1947, le imprese di ………. e gli impianti sportivi non
possono far agire nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento i
lavoratori dello spettacolo indicati ai punti da 1 a 14 dell'art. 3, D.L.C.P.S. n. 708/1947, se non
sono in possesso di apposito certificato di agibilità, previsto dall'art. 10, rilasciato dall'ENPALS
che attesti la mancanza di inadempienze nei propri confronti (v. anche ENPALS circ. n. 21/2002;
n. 27/2002).
Nel caso di lavoratori autonomi (v. art. 3, comma 98, L. n. 350/2003) la richiesta del certificato di
agibilità è a carico degli stessi e la sanzione amministrativa viene irrogata nei confronti del
soggetto committente (ENPALS circ. n. 17/2004). In realtà tale norma è indirizzata esplicitamente
ai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, ma, considerato che il D.M. 15 marzo 2005, che
ha previsto la figura professionale degli istruttori sportivi lavoratori autonomi è successivo, la
disciplina relativa ai lavoratori autonomi dovrebbe essere la stessa.
In particolare in caso di inosservanza dell'obbligo suesposto è prevista la sanzione di € 25 per
ogni lavoratore al quale si riferisce l'inosservanza e per ogni giornata lavorativa da ciascuno
prestata (v. ENPALS circ. n. 14/2001).
d) Libretto ENPALS
L'art. 11, D.L.C.P.S. n. 708/1947, prevede che ad ogni lavoratore iscritto, l'ENPALS rilascia un
libretto personale sul quale il datore di lavoro/committente è tenuto a registrare i periodi di
occupazione, l'ammontare della retribuzione giornaliera corrisposta e dei contributi versati.
Tali registrazioni devono essere eseguite al massimo ogni settimana ed in ogni caso quando
l'iscritto cessa la sua occupazione o ne faccia richiesta.
In caso di inesatta o incompleta registrazione dei dati sul libretto personale il datore di lavoro è
punito con l'ammenda non superiore a € 1.032 salvo che il fatto non costituisca reato più grave (v.
ENPALS circolare n. 14/2001).
e) Singolo lavoratore autonomo
Il singolo lavoratore autonomo (artista/sportivo) può richiedere l’immatricolazione all’ENPALS, che
gli rilascia, previa presentazione di un contratto di lavoro di qualsiasi natura (subordinata, parasubordinata o autonoma) il libretto personale su cui saranno annotati – a cura del datore di
lavoro/committente – i versamenti contributivi.
L’obbligo del versamento contributivo sui compensi pattuiti grava in ogni caso sui datori di
lavoro/committenti, anche nei casi di un’attività professionalmente svolta dal lavoratore, nonché
nei casi di una attività occasionale.
4. DETERMINAZIONE DEI CONTRIBUTI
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 43, comma 1, lett. a), L. n. 289/2002 (Finanziaria
2003) al D.Lgs. n. 182/1997, a decorrere dal 1° gennaio 2003, per tutti i lavoratori dello spettacolo
(e dello sport), indipendentemente dalla data di iscrizione al Fondo pensioni per i lavoratori dello
spettacolo (successiva o antecedente al 31 dicembre 1995), dovrà essere corrisposta l'aliquota di
61
finanziamento in vigore nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'INPS (v. anche ENPALS
circ. n. 1/2003).
Per la generalità dei lavoratori dello spettacolo e dello sport l’aliquota contributiva è del
32,7%
Ai sensi del DPR 31/12/1971 n. 1420:
a) I contributi (32,7%) devono essere calcolati sulla Retribuzione (compenso) giornaliera;
b) I contributi sono ripartiti fra datori di lavoro, nella misura dei 2/3 dell’aliquota, pari al
23,81%, e lavoratore, nella misura di 1/3 dell’aliquota, pari all’8,89%;
c) La quota di contributi di competenza del lavoratore sarà trattenuta all’atto del pagamento
del compenso;
d) Il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico
del lavoratore
La suddetta aliquota contributiva và calcolata su una retribuzione giornaliera, determinata a
norma dell'art. 12, L. n. 153/69 (v. anche ENPALS circc. n. 13/2000 e n. 10/2001).
La retribuzione giornaliera imponibile si determina dividendo il complesso dei compensi ricevuti
dal datore di lavoro per il numero delle giornate di durata del contratto, con esclusione dei riposi e
delle festività nazionali eventualmente godute (art. 4, D.L.C.P.S. n. 708/1947; art. 2, comma 5,
D.P.R. n. 1420/1971; ENPALS circ. n. 28/1981).
Nel caso di contratti a termine, di breve o lunga durata, e che prevedono la corresponsione della
retribuzione per le sole giornate effettivamente svolte, la denuncia dei contributi dovrà essere
effettuata mensilmente in base al numero delle giornate di cui alle singole prestazioni. La
retribuzione giornaliera, nel caso in esame, si otterrà dividendo l'ammontare complessivo dei
compensi, determinato secondo i criteri espressi in precedenza, per il numero delle prestazioni
effettuate, sempre nel limite massimo di 26 giorni al mese.
Attenzione: Minimali di retribuzione
Analogamente a quanto previsto per le assicurazioni gestite dall'INPS, ai fini del calcolo dei
contributi di previdenza sociale la retribuzione da prendere in esame non può essere inferiore a
quella stabilita da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più
rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali qualora ne
derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
In ogni caso l'importo della retribuzione minima giornaliera non può essere inferiore al
minimale stabilito il quale, per l’anno 2006, è fissato in € 40,62 giornaliere (ENPALS circ. n.
3/2006), e viene rivalutato annualmente sulla base delle variazioni dell’indice ISTAT.
In concreto il datore di lavoro (società/associazione sportiva) è tenuto al versamento di un
contributo minimo di € 13,29 per ogni giornata lavorativa.
Si tratta di un obbligo particolarmente pesante in tutti quei casi (e sono molti) in cui la prestazione
lavorativa si sostanzia in una o due ore di prestazione giornaliera (si pensi al caso degli istruttori
di fitness, danza, spinning, nuoto etc): in tali casi l’incidenza della contribuzione sul compenso
effettivo può risultare particolarmente pesante.
Le aliquote contributive si applicano integralmente sulla retribuzione giornaliera se questa non
eccede il massimale di retribuzione giornaliera imponibile; se invece, la retribuzione giornaliera è
superiore al massimale, il contributo si applica sul massimale giornaliero corrispondente alla
fascia di retribuzione giornaliera corrisposta al lavoratore (v. art. 1, D.Lgs. n. 182/1997), che sono
annualmente rivalutati sulla base dell'indice dei ISTAT. Sulla parte di retribuzione eccedente il
massimale di retribuzione imponibile relativo a ciascuna fascia, si applica un contributo di
solidarietà nella misura del 5% di cui il 2,50% a carico del datore di lavoro.
Per l’anno 2006 l’importo del massimale annuo ammonta a € 85.478,00 (circ. 3/2006)
L'aliquota aggiuntiva I.v.s. dell'1% a carico del lavoratore si applica sulla quota di retribuzione
giornaliera eccedente l'importo annuo della prima fascia di retribuzione pensionabile diviso 312 (
62
per il 2006 € 39.297,00) e fino al massimale di retribuzione giornaliera imponibile relativo a
ciascuna delle fasce di retribuzione giornaliera.
Determinazione dei contributi in capo ai lavoratori autonomi.
Si è più volte ribadito che, ai fini ENPALS, non assume alcuna differenza la natura autonoma o
subordinata del rapporto di lavoro: per l’ente esistono un “datore di lavoro” ed un “Lavoratore”
Ciò comporta degli effetti del tutto particolari in caso di lavoratori autonomi sportivi in possesso di
partita IVA.
Giova ricordare che, in ambito INPS, il libero professionista iscritto alla gestione separata, è
tenuto al versamento contributivo nella misura del 18,8% del reddito prodotto dall’attività
professionale. Tale aliquota si riduce al 10% se il professionista è iscritto ad altra cassa
obbligatoria. Non esistono, a differenza delle gestioni artigiani e commercianti, minimali di
versamento, annui o giornalieri. Il professionista ha diritto ad addebitare al committente un
contributo del 4% dei compensi percepiti a titolo di compartecipazione alla contribuzione IVS.
In ambito ENPALS accade questo:
a) l’aliquota contributiva non è del 18,8% (o 10%) ma del 32,7%;
b) tale aliquota si calcola sul compenso giornaliero, e non sul reddito;
c) L’aliquota è suddivisa tra committente e professionista nella misura di 1/3 – 2/3; se il
professionista ha forte potere contrattuale riuscirà a traslare, di fatto, tutto il carico
contributivo sul committente, concordando un compenso “al netto”, viceversa, qualora il
potere contrattuale sia in capo al committente, il professionista rischia di dover accettare
un compenso “al lordo” e, di fatto, pagare una quote del 32,7 dei compensi che, rapportata
al reddito, potrebbe assumere un peso devastante.
La fatturazione avverrà come segue:
Compenso Lordo
IVA
Totale Fattura
Ritenuta IRPEF
Ritenuta ENPALS
Netto dovuto
100,00
20,00
120,00
20,00
8,89
91,11
Il committente dovrà versare all’ENPALS l’intero contributo di € 32,7 di cui i 2/3 a proprio carico
Il professionista potrà portare in deduzione dal reddito fiscale, in sede di presentazione della
dichiarazione dei redditi, la quota di contributo ENPALS rimasta a proprio carico (8,89)
5. DENUNCIA DEI CONTRIBUTI
Denuncia mensile - Mod. 031/R Le imprese sono tenute a denunciare per ogni singolo mese di attività soggetta agli obblighi
contributivi, le somme dovute e versate all'Ente, utilizzando il modello 031/R, sia per i lavoratori
dello spettacolo, sia per i giocatori, gli allenatori di calcio e gli sportivi professionisti (ENPALS
circc. n. 2/1994; n. 44/1997; n. 1/2003).
I modelli di denuncia mensile sono forniti in duplice copia dall'ENPALS. L'originale del modello
deve essere trasmesso, tramite posta o mediante consegna allo sportello, agli uffici ENPALS
territorialmente competenti entro il 25° giorno del mese successivo a quello di competenza; copia
dello stesso deve essere conservata dal datore di lavoro (v. ENPALS circc. n. 37/1998; n.
7/2006).
Come precisato dall'ENPALS con circolare n. 14/1998, al modello deve essere allegata
l'attestazione di versamento.
Dato che il mod. 031/R deve essere utilizzato esclusivamente per la denuncia mensile della
contribuzione corrente dovuta, le imprese, diversamente dal passato, non possono più presentare
alcun modello 031/R per comunicare variazioni (integrazioni, sostituzioni o rettifiche) di dati
63
mensili o di dati riferiti a periodi più ampi di quelli mensili già segnalati all'Ente. Detta funzione
viene, infatti, svolta dal modello 031/RC1 "Denuncia di versamento di somme dovute non a titolo
di contribuzione corrente" (v. ENPALS circ. n. 15/1999).
Denuncia trimestrale - Mod. 031/CM
Le aziende sono tenute a compilare e inviare all'ENPALS la denuncia delle retribuzioni soggette a
contribuzione e delle trattenute a carico dei lavoratori pensionati utilizzando il mod. 031/CM
(ENPALS circc. n. 2/1994; n. 44/1997; n. 14/1998; n. 7/2006).
E' previsto un modello unico utilizzabile sia nel caso di normale denuncia e sia nel caso di
variazione di precedenti segnalazioni.
A tale scopo le imprese dovranno contrassegnare, a seconda dell'ipotesi che ricorre, la casella
"normale" oppure la casella "variazione".
Le denunce devono essere trasmesse all'Ente, complete dei dati richiesti, entro il 25° giorno
successivo al trimestre di riferimento e quindi: entro il 25 aprile per il trimestre gennaio - marzo;
entro il 25 luglio per il trimestre aprile - giugno; entro il 25 ottobre per il trimestre luglio settembre; entro il 25 gennaio per il trimestre ottobre - dicembre. La copia del modello deve
essere trattenuta dal datore di lavoro.
In caso di sospensione o cessazione dell'attività prima della conclusione del trimestre (ovvero nel
caso di attività occasionale), il mod. 031/CM deve essere presentato entro e non oltre il 5° giorno
successivo a quello fissato per il versamento dei relativi contributi.
6. VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI
A norma dell'art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997 tutti i contribuenti devono eseguire versamenti
unitari dei tributi e contributi, con eventuale compensazione dei crediti, utilizzando il modello di
pagamento unificato "F24".
Come previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 241/1997, a decorrere dal 1999, il versamento unitario
riguarda anche la contribuzione dovuta all'ENPALS dai datori di lavoro per il fondo pensioni per
i lavoratori dello spettacolo e per gli sportivi professionisti.
Erroneo versamento inps/enpals
Il versamento della contribuzione erroneamente effettuata all'INPS ma di competenza
dell'ENPALS, o viceversa, comporta il trasferimento dei contributi all'ente effettivo titolare del
credito, con esonero di ogni onere accessorio per ritardato pagamento (INPS circ. n. 30/1999).
Modalità e termini per il versamento dei contributi
Il versamento dei contributi correnti dovuti all'ENPALS deve essere effettuato, a mezzo del mod.
F24, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è scaduto il periodo di paga cui si
riferisce il modello di denuncia contributiva 031/R (art. 18, D.Lgs. n. 241/1997; INPS circ. n.
259/1998 e ENPALS circc. n. 37/1998; n. 7/2006).
7. RATEAZIONI CONTRIBUTIVE
Per il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi ed accessori di legge, dovuti agli enti
gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie è prevista la possibilità di richiedere una
rateazione a dodici mesi, a ventiquattro, trentasei e 60 mesi (art. 2, comma 11, D.L. n. 338/1989;
art. 3, comma 3 bis, D.L. n. 138/2002).
Rateazioni fino a 12 mesi
Le decisioni circa le rateazioni fino a 12 mesi sono di competenza dei Dirigenti gli Uffici periferici
indipendentemente dall'importo del debito contributivo maturato.
In base all'entità del debito per sola sorte capitaria le fasce degli importi ai fini del numero delle
rate da concedere in euro sono riportate di seguito nella tabella (v. circ. ENPALS n. 15/2002).
Fino a euro 2.065
In n. 3 rate
Da euro 2.066
A euro 3.615 In n. 4 rate
Da euro 3.616
A euro 5.681 In n. 5 rate
Da euro 5.682
A euro 7.746 In n. 6 rate
Da euro 7.747
A euro 10.329 In n. 8 rate
64
Da a euro 10.330
Da a euro 13.945
A euro 13.944 In n. 10 rate
In poi
In n. 12 rate
Rateazioni da 13 a 24 mesi
Le decisioni sulle domande di rateazione per debiti contributivi di importo fino a € 258.228,45 (di
sola sorte contributiva) sono rimesse alla competenza dei Dirigenti gli Uffici periferici.
Le domande di rateazione per debiti contributivi di importo superiore a euro 258.228,45 devono
essere trasmesse al Servizio Contributi e Vigilanza con motivato parere e da questo sottoposte al
Direttore Generale per la eventuale approvazione o reiezione.
Rateazione da 25 e fino a 60 mesi
Al fine di eliminare i vincoli restrittivi alla concessione di rateazioni e rendere più semplice e
veloce l'iter amministrativo, l'art. 3, comma 3-bis, D.L. n. 138/2002, ha previsto la possibilità per gli
enti previdenziali di concedere la rateazione fino a 60 mesi, in deroga a quanto previsto dall'art. 2,
comma 11, D.L. n. 338/1989, a condizione che i crediti siano iscritti a ruolo.
Le richieste di concessione del beneficio rateale di durata da 25 a 60 mesi devono essere
trasmesse alla Direzione generale - Servizio contributi e vigilanza - complete della
documentazione giustificativa e con parere del Dirigente preposto. Il predetto Servizio, esaminati
gli atti, formula le proprie osservazioni, sottoponendo la richiesta al Direttore generale per la
reiezione o l'accettazione dell'istanza (v. ENPALS circ. n. 17/2003).
L'ENPALS concede con provvedimento motivato le rateazioni da 25 fino a 60 mesi, previa
presentazione di garanzia fideiussoria assicurativa o bancaria o di garanzia ipotecaria per un
importo pari all'intera cifra posta in rateazione; lo svincolo della fideiussione stessa o della
garanzia ipotecaria rimane subordinato ad apposita dichiarazione dell'Ente che verrà rilasciata
solamente ad estinzione del debito. L'importo del debito di cui viene richiesta la rateazione fino a
60 mesi non deve inoltre essere inferiore a 50.000 euro complessivi di contributi ed oneri
accessori.
Procedura per la rateazione dei debiti
Ai fini della concessione di ogni tipo di rateazione, le domande di beneficio rateale devono essere
accompagnate dal versamento di una rata provvisoria pari alle somme dell'importo
complessivamente dovuto tra carico contributivo ed oneri accessori (al netto delle quote carico dei
lavoratori che debbono essere versate in unica soluzione all'atto della presentazione della
domanda di rateazione unitamente alle eventuali trattenute di pensione) diviso il numero delle rate
richiesto (ENPALS circ. n. 15/2002).
Nel caso in cui venga richiesta una rateazione superiore a 24 rate, nelle more della decisione del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la rateazione deve sempre essere assolta
direttamente con l'ENPALS, sulla base di versamenti mensili pari ad 1/24 del dovuto complessivo
(ENPALS circ. n. 25/2002).
Nel caso in cui la rateazione venga regolarmente onorata, dopo il pagamento dell'ultima rata si
procede al discarico (l'annullamento) dell'importo iscritto a ruolo.
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Dott. Giancarlo Senese – Consulente Regionale Fiscosport Campania
Dottore Commercialista in Napoli – Presidente della Commissione di studio "Gestione
imprese sportive" dell'Ordine dei dottori Commercialisti di Napoli
e-mail: [email protected]
Sponsorizzazioni e liberalità a favore dello
sport dilettantistico
Una delle criticità dello sport dilettantistico, rispetto a quello professionistico, è rappresentata
dall’evidente maggiore difficoltà nel reperire i mezzi finanziari necessari per il sostenimento della
propria attività. Gli incassi derivanti dall’attività sportiva svolta con pubblico pagante, i diritti
radiotelevisivi, offerte milionarie da parte degli sponsor, plusvalenze derivanti dalla cessione d’atleti
ed il ricorso al mercato dei capitali attraverso le quotazioni di borsa (strumenti propri dello sport
professionistico) - metodi efficaci o non che possano apparire - non sono, infatti, alla portata delle
società e degli altri enti che operano nel vastissimo settore dello sport dilettantistico, se non per
alcune trascurabili eccezioni ( es. incassi derivanti dal pubblico pagante, ma con rilevanza, il più
delle volte, poco significativa). Tali soggetti, pertanto, sono obbligati, ed ancora di più lo saranno
per il futuro, ad industriarsi per “convincere” soggetti esterni a finanziare la realizzazione d’eventi e
l’acquisto di prodotti necessari per la propria attività.
Lo sport, a tutti i livelli, esige sempre di più capacità gestionale, crescita culturale e formativa di chi
lo pratica, ma, soprattutto, di chi decide di farlo diventare la propria attività professionale
investendo o semplicemente gestendo strutture d’erogazione di servizi sportivi.
I principali mezzi a disposizione delle società e degli enti che operano nel settore dilettantistico per
il reperimento di fonti finanziarie, aggiuntive a quelle tipiche, fondamentalmente sono:
-
le sponsorizzazioni;
-
le liberalità;
-
contributi erogati dal C.O.N.I. e dagli enti pubblici.
1. SPONSORIZZAZIONI
Nella presente esposizione saranno analizzati, in primo luogo, i tratti civilistici essenziali del
contratto di sponsorizzazione, per poi passare alla disamina della complessa e, se vogliamo,
dispersiva normativa fiscale che caratterizza l’intero settore sportivo dilettantistico. Ci
soffermeremo, infine, sul trattamento fiscale applicabile alle parti del contratto (sponsor e
sponsee), ai fini delle imposte dirette e dell’imposizione indiretta.
1.1. ASPETTI CIVILISTICI
Appare opportuno considerare, innanzitutto, che il contratto di sponsorizzazione è un contratto non
disciplinato in maniera organica dal codice civile, ma definito essenzialmente da alcune leggi
speciali a carattere settoriale. Ci si riferisce, in particolare, all’art. 8, comma 12, della L. 223/90 in
materia di spettacoli televisivi e radiofonici, nonché all’art. 120 del D. Lgs n. 42/2004, in materia di
tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.
Da ciò discende il carattere di atipicità del contratto di sponsorizzazione che trova, pertanto, tutela
giuridica nella disciplina dettata in materia di principi generali del contratto, conformemente al
dettato dell’art. 1322, comma 2, c.c..
Sulla base della connotazione assunta giuridicamente, possiamo definire la sponsorizzazione
come: il contratto con il quale una parte – sponsor – si obbliga nei confronti dell’altra parte –
sponsee – alla dazione di una somma di denaro o d’altri beni fungibili per il finanziamento
dell’attività svolta da quest’ultima, che, a sua volta, s’impegna ad utilizzare, nello svolgimento della
propria attività, il nome, il marchio o altro segno distintivo riconducibile allo sponsor,
promuovendone l’immagine presso il pubblico.
66
Da quanto sopra riferito è possibile individuare gli obblighi che gravano sulle parti in virtù del
contratto di sponsorizzazione: lo sponsor è colui che sponsorizza, obbligandosi alla dazione di una
somma di denaro o d’altri beni fungibili per il finanziamento dell’attività svolta dallo sponsee.
Questi, invece, s’impegna ad utilizzare, per la propria attività sportiva, il nome, il marchio o altro
segno distintivo riconducibile allo sponsor, promuovendone l’immagine presso il pubblico.
Non è richiesta la forma scritta ad substantiam. Essa è libera, anche se è sempre consigliabile
utilizzare la forma scritta al fine di definire esattamente gli obblighi ed i diritti che gravano e che
sono vantati dalle parti, allo scopo di evitare il sorgere di contenziosi tra esse.
La definizione data al contratto in esame fa emergere un’altra importante caratteristica del
contratto di sponsorizzazione rappresentata dall’elemento sinallagmatico: è un contratto a
prestazioni corrispettive; sono previsti, infatti, obblighi a carico di entrambe le parti. Tale elemento
distingue le spese di sponsorizzazione da quelle di rappresentanza, nelle quali, come precisato
dall’amministrazione finanziaria (Ris. 9/204 del 17/06/1992) manca, invece, l’elemento
sinallagmatico. Da ciò derivano, come vedremo, importanti conseguenze circa il trattamento fiscale
delle spese sostenute da chi eroga fondi a favore di società o associazioni sportive dilettantistiche.
E’ inoltre un contratto consensuale: si perfeziona, in pratica, con il semplice consenso; può avere,
altresì, ad oggetto un singolo evento ovvero una serie d’eventi o attività svolte dallo sponsorizzato,
come ad esempio un’intera stagione calcistica ecc..
Nella prassi si possono avere diverse tipologie di sponsorizzazioni: com’emerge dalla definizione,
esso è un contratto che può prevedere l’obbligo, da parte dello sponsor, di erogare una somma di
denaro oppure propri prodotti o beni, come ad esempio forniture di materiale sportivo; è il caso
delle cosiddetta sponsorizzazione tecnica, che si configura come un’operazione permutativa
atipica. E’ anche frequente, ad es. nel settore del basket o della pallavolo, il c.d. “abbinamento”,
nel quale lo sponsee si obbliga a modificare la propria denominazione sociale, assumendo quella
dello sponsor o comunque, ad affiancarla al proprio nome.
Oltre alla prestazione principale a carico dello sponsor, vi possono essere, infine, una serie
d’obbligazioni accessorie, in ragione dei risultati raggiunti dallo sponsee (es. maggiori corrispettivi
in ipotesi di vittoria o risultato positivo in campionato ecc.).
1.2. ASPETTI FISCALI
L’approfondimento fiscale afferente la tipologia contrattuale in esame è data dalla rilevanza delle
imposte dirette (Ire ed Ires) e delle imposte indirette (IVA, Imposta di registro ecc.) sulle singole
parti del contratto, con imposizione differenziata a seconda che rivestano la posizione di sponsor o
di sponsee.
Può rivestire la figura di sponsor sia una persona fisica (con o senza partita Iva), sia una persona
giuridica.
Potranno essere sponsee gli enti non-profit (associazioni senza scopo di lucro) e le società di
capitali costituite ai sensi dell’art. 90, comma uno della L. 289/2002.
Imposte dirette
Ai fini Irpef o Ires, la normativa di riferimento applicabile allo sponsor è senz’altro quella sancita
dall’art. 90, comma otto della L. 289/2002. La norma cita testualmente che: “il corrispettivo in
denaro o in natura in favore di società o associazioni sportive dilettantistiche … costituisce per il
soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore ad € 200.000,00
spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine e dei prodotti del soggetto erogante,
mediante una specifica attività del beneficiario“.
La norma introduce una presunzione assoluta di assimilazione alle spese di pubblicità delle
somme erogate da uno sponsor che produce reddito d’impresa, fino ad un importo massimo di €
200.000,00. La precisazione non è di poco conto, se si considera che l’acceso dibattito dottrinale in
merito alla questione se assimilare le spese di sponsorizzazione alle spese di pubblicità o alle
spese di rappresentanza aveva (ed ha, per la parte eccedente il tetto massimo previsto dalla
norma suindicata), importanti conseguenze fiscali, disciplinate dall’art. 108, comma due del Tuir.
Le spese di pubblicità sono, infatti, integralmente deducibili nell’esercizio di competenza, ovvero in
quote costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi (cfr. art. 108, comma due, 1°
periodo TUIR); mentre le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite di 1/3, sempre in quote
costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi ovvero, per beni di valore unitario
inferiore ad € 25,82, nel solo esercizio di competenza (cfr. art. 108, comma due, 2° periodo TUIR).
67
Volendo, per completezza espositiva, riferire circa le diverse interpretazioni in merito alla natura
delle spese di sponsorizzazione, è opportuno segnalare come la dottrina prevalente e
l’Amministrazione finanziaria sono orientate nel considerare tali spese come spese di pubblicità (su
tutte Ris. M.F. 17/6/1992 – prot. N. 9/204). Anche se tale impostazione, chiaramente, per lo sport
dilettantistico, riguarderebbe oneri sostenuti dallo sponsor per importi non superiori ad € 200.000,
00, in quanto, fino a quest’importo, sono, per definizione di legge, considerate spese di pubblicità
indipendentemente dall’incertezza che si potrebbe avere circa la loro effettiva natura. Non vi è
dubbio che, il legislatore in tale circostanza, abbia voluto incentivare il settore sportivo
dilettantistico, sempre necessitato, come abbiamo visto, di reperire mezzi finanziari utili alle attività
istituzionali.
Anche l’associazione dei dottori commercialisti di Milano, con norma 127 del 4/1/1996 ha
catalogato le spese di sponsorizzazione tra quelle di pubblicità.
Diversamente il TAR del Lazio che, con Sent. N. 673 del 29/4/1991, in relazione all’esatta
individuazione della natura delle sponsorizzazioni, ha sancito l’assimilazione delle spese in
commento alle spese di rappresentanza, in quanto la sponsorizzazione “consente solo di
richiamare il nome dell’impresa finanziatrice, ma manca del contenuto e dell’effetto tipico del
messaggio pubblicitario, nel senso che priva della capacità di cattura, di suggestione e di
persuasione del potenziale consumatore”. Altra interpretazione è, invece, fornita dal Secit, che
introduce una distinzione: se l’oggetto del messaggio è rappresentato dal prodotto dell’attività dello
sponsor, le spese di sponsorizzazione sono assimilate alle spese di pubblicità, con conseguente
deducibilità integrale. Se, invece, il messaggio ha ad oggetto il nome dello sponsor, le spese di
sponsorizzazione sono assimilate alle spese di rappresentanza, con conseguente deducibilità nel
limite di 1/3.
In ogni caso, la norma precedentemente richiamata (art. 90, comma 8 della L. 289/2002) ha fugato
ogni dubbio e questione in merito a tale dibattito per importi inferiori o uguali ai 200.000,00 euro,
che sono, secondo l’interpretazione autentica del legislatore, assimilate alle spese di pubblicità.
Va ricordato che si tratta soltanto di un’assimilazione che il legislatore ha voluto specificare ai soli
fini della deducibilità del costo per lo sponsor, dato che, da un punto di vista concettuale e
civilistico, la sponsorizzazione è diversa dalla pubblicità. Secondo l’orientamento della Corte di
Cassazione (Sent. N. 428 e 429 del 19/1/1996 e 6958 del 1/8/1996 e) si ha:
- pubblicità se l’attività promozionale è, rispetto all’evento, in rapporto di semplice
occasionalità (cartelli collocati ai margini di un campo sportivo, pubblicazioni promozionali
dell’evento sportivo, manifesti, striscioni ecc);
- sponsorizzazione se tra promozione di un nome o di un marchio e l’avvenimento agonistico
viene istituito uno specifico “abbinamento” (nome dello sponsor sulle maglie, borse ecc.). In
tal caso si verifica una relazione di connessione con lo spettacolo stesso: l’impresa
sponsorizzante utilizza il soggetto sponsorizzato quale veicolo della propria immagine,
traendone importanza e prestigio.
Posizione, poi, ripresa e condivisa dall’amministrazione finanziaria con R. M.F. del 9/8/1999 n.
137/E, per l’assoggettamento di tali spese all’imposta sugli spettacoli.
Ritornando alla disamina del trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette delle spese di
sponsorizzazione, va specificato che, se per importi inferiori o uguali ad € 200.000,00, esse sono
assimilate, ai fini fiscali, alle spese di pubblicità, per la parte eventualmente eccedente tale importo
bisognerà verificare, caso per caso, se esse saranno da ricondurre alle spese di pubblicità o alle
spese di rappresentanza, con conseguente diverso trattamento fiscale.
Per ciò che concerne la posizione fiscale da attribuire allo sponsee, va innanzitutto segnalata
un’importante e recente R.A.E., la 88/E dell’11/07/2005, che afferma che la sponsorizzazione è da
inquadrare come una forma atipica di pubblicità commerciale e che, ai sensi dell’art 148, comma 4
del Tuir, è sempre considerata attività commerciale; in quanto tale, concorre, con i relativi proventi
aventi natura commerciale, alla formazione del reddito delle associazioni sportive dilettantistiche e
delle società sportive senza scopo di lucro ad esse assimilabili fiscalmente ai sensi dell’art. 90 L.
289/02.
Stante l’interpretazione restrittiva dell’amministrazione finanziaria in merito alla considerazione che
le sponsorizzazioni sono da considerare rientranti nell’attività commerciale dell’ente che le
percepisce, a soli fini tuzioristici, andrebbe verificata la possibilità di applicazione ad esse delle
disposizioni contenute nell’art. 143, 1 comma, II periodo, Tuir. A parere di chi scrive, l’estensione
della norma di cui sopra che, al verificarsi dei requisiti ivi previsti prevede l’esclusione dei proventi
dal reddito imponibile dell’ente sportivo, apparirebbe poco rispondente alla realtà e, come tale,
68
enormemente rischiosa per il contribuente. E’ da preferire, pertanto, l’impostazione data
dall’amministrazione finanziaria, come sopra è stata specificata, e che rende tali spese sempre
assimilabili alle attività commerciali dell’ente stesso.
A questo punto è da approfondire la normativa agevolativa prevista specificamente per il settore
sportivo dilettantistico, contenuta nella L. 398/1991, nonché dall’art. 25 della L. 133 del 1999.
Quest’ultima norma prevede una sorta di “decommercializzazione” dei proventi percepiti dalle
associazioni sportive dilettantistiche, estesa anche alle società sportive dilettantistiche, nel limite di
€ 51.645,69, purchè si tratti:
- di proventi percepiti nello svolgimento di attività commerciale connessa agli scopi
istituzionali dell’ente;
- di associazioni sportive dilettantistiche riconosciute da un ente di promozione sportiva
(anche se non riconosciuta dal C.O.N.I.);
- di proventi derivanti da un numero di eventi non superiore a 2.
Fermo restando il rispetto di tali presupposti, la decommercializzazione dei proventi comporta che
gli stessi, nel limite dei 51.645,65, non concorrono alla formazione del reddito del soggetto
percepiente, con conseguente esclusione da imposizione diretta.
La principale agevolazione per il settore in commento è, invece, la L. 398/1991 (fruibile per
opzione) che prevede una tassazione agevolata, ai fini Ires, dei proventi commerciali percepiti
dalle associazioni e società sportive dilettantistiche: il reddito imponibile da tassare è determinato
applicando l’aliquota del 3% sui proventi commerciali relativi a ciascun periodo d’imposta, fino
all’importo massimo di 250.000,00. In questa ipotesi, i proventi derivanti da sponsorizzazioni si
sommano agli altri compensi aventi natura commerciale e, nei limiti stabiliti dal regime forfettario L.
398/91, godono dell’agevolazione.
Al riguardo, non va dimenticato l’art. 7, D.L. n. 136/2004 (conv. in L. 186/2004) che stabilisce che il
Coni è l’unico organismo certificatore dell’effettiva attività sportiva svolta dall’ente sportivo e, da
esso, ne fa discendere anche l’utilizzo di eventuali agevolazioni fiscali. Presso il CONI è stato
istituito un apposito Registro a cui devono essere iscritti tutti gli enti sportivi che aspirano ad
ottenere il requisito del “riconoscimento sportivo” anche per essere certi di non incorrere in rilievi
da parte dell’amministrazione finanziaria in caso di accertamenti tributari.
Irap
La questione è, invece, meno articolata per quanto riguarda l’Irap. I proventi (per lo sponsee) e gli
oneri (per lo sponsor) derivanti dal contratto di sponsorizzazione rientrano nelle voci di conto
economico rilevanti ai fini del tributo e rappresentano, pertanto, proventi tassabili ed oneri
deducibili, secondo le regole dell’Ires.
Iva
Anche in tal caso è necessario segnalare quanto precisato dalla R.M. n. 88/E dell’11/07/2005: la
sponsorizzazione è considerata una forma atipica di pubblicità commerciale che, ai sensi dell’art.
4, comma 5, lett. i) del DPR 633/1972, è considerata sempre attività commerciale, a prescindere
dal soggetto che la pone in essere.
La conseguenza è che un soggetto che svolge attività di sponsorizzazione è tenuto, per la stessa,
a rispettare tutti gli obblighi previsti dalla normativa Iva e ad assoggettare le prestazioni rese con
aliquota ordinaria (20%).
Per lo sponsee è sancito quale regime agevolativo, la possibilità, per chi opta per le agevolazioni di
cui alla L. 398/1991, di detrarre, dall’IVA a debito, forfetariamente un’iva a credito nella misura del
10% dell’iva a debito sulle sponsorizzazioni, ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. 633/72.
Dal punto di vista dello sponsor, secondo le disposizioni dell’art. 2, co. 2 del DPR 633/1973, le
cessioni di beni prodotti o commercializzati dallo sponsor sono imponibili con applicazione
dell’aliquota d’imposta relativa ai beni ceduti.
Lo stesso valga per le c.d. sponsorizzazioni tecniche, che come inizialmente specificato,
prevedono lo scambio di beni (sponsor) dietro prestazioni di servizi (sponsee). Essa si configura
come un’operazione permutativa atipica, soggetta ad imposizione fiscale ai sensi dell’art. 2, co. 1
del DPR. 633/1972: non essendoci esborso di denaro, il corrispettivo è rappresentato dal valore
normale dei beni e servizi ceduti (art. 13, co. 2 dett. d del DPR. 633/1972).
In tal caso gli strumenti a disposizione dello sponsor ai fini degli adempimenti Iva sono,
alternativamente:
69
-
autofattura (art. 25 DPR 633/1972);
-
registro omaggi (art. 39 DPR 633/1972);
-
fattura di vendita (art. 21 DPR 633/1972), con o senza rivalsa dell’Iva.
Imposta di registro
L’imposta di registro è applicata nella misura fissa di € 129,11, in quanto il contratto di
sponsorizzazione è già sottoposto ad IVA.
L’imposta si applica in termine fisso, entro 20 giorni, se il contratto è stipulato per scrittura privata
autenticata o per atto pubblico.
Si applica, invece, solamente in caso d’uso se il contratto è stipulato nella forma della scrittura
privata non autenticata ovvero se tutte le condizioni contrattuali sono sottoposte ad Iva.
2. EROGAZIONI LIBERALI
Le erogazioni liberali in denaro sono state, anch’esse, oggetto di una serie di interventi legislativi
volti ad agevolare il settore dello sport dilettantistico.
In particolare, spetta all’erogante persona fisica, ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett, i) del Tuir,
come modificato dall’art. 90 co. 9 della L. 289/2002, una detrazione dall’imposta lorda del 19% su
un importo massimo di € 1.500,00, per periodo di imposta, a condizione che l’erogazione sia
effettuata a mezzo banca o posta, o altro mezzo idoneo stabilito da M.F.
Vanno, inoltre, segnalate alcune norme agevolative a favore delle Onlus, applicabili, quindi, alle
associazioni sportive dilettantistiche con finalità sociale.
E’ previsto, in particolare, dall’art. 14 del D.Lgs. n. 35 del 17/03/2005, a favore di chi eroga somme
di denaro alle Onlus, una deduzione dal reddito imponibile, fino al 10% del reddito stesso, e nel
limite di € 70.000,00 annui.
Tale normativa, di recente introdotta, non abroga, né tantomeno è cumulabile, con la normativa
precedente, ma è alternativa ad essa. Quest’ultima (art. 15, co. 1, lett. 1-bis Tuir) prevede, per le
donazioni a favore delle Onlus:
- la detrazione d’imposta pari al 19% (ma con un tetto massimo di € 2.065,82), per le
erogazioni effettuate dalle persone fisiche o dagli enti non commerciali;
- la possibilità di usufruire di un onere deducibile dal reddito pari ad € 2.065,83 o al 2% del
reddito per le erogazioni effettuate dalle imprese.
Come specificato, tale normativa è solo alternativa a quella introdotta con la L. 35/2005, per cui
sarà facoltà del contribuente scegliere la norma a lui più favorevole.
A tali disposizioni vanno aggiunte quelle previste dall’art. 25 della L. n. 133/1999, già richiamata a
proposito delle sponsorizzazioni: è, infatti, previsto, nel rispetto dei limiti posti dall’articolo in
questione (limite dei 51.645,69 euro annui), numero di eventi annui non superiore a 2 e
riconoscimento dell’associazione da un Ente di promozione sportiva, che non concorrano a
formare reddito imponibile anche le raccolte pubbliche di fondi. Con la conseguenza che, se
condotte con tale modalità e nel rispetto dei limiti suddetti, anche il fund raising non concorrerà a
formare il reddito del soggetto percepiente.
70
Dott. Andrea Liparata – Consulente Regionale Fiscosport Lazio
Dottore Commercialista in Roma - Collaborazioni con il settimanale economico
fiscale “Italia Oggi sette”, il mensile “Terzo Settore” ed il settimanale “La settimana
fiscale” - gruppo Il sole24ore, il settimanale “Il Fisco” De Agostini Editore.
e-mail: [email protected]
La gestione del bar
adempimenti privacy
sociale
e
gli
LA GESTIONE DEI BAR NEI CIRCOLI SPORTIVI
La somministrazione di alimenti e bevande, rappresenta un’attività estremamente diffusa
nell’ambito dei circoli e delle associazioni aventi finalità di carattere sportivo dilettantistico,
ricreativo e culturale. Le motivazioni che giustificano l’apertura di bar presso enti non lucrativi,
compresi quelli sportivi dilettantistici, possono ricondursi ai seguenti:
1) esigenza di incrementare le entrate finanziarie dell’ente;
2) miglioramento delle condizioni di permanenza degli associati presso il circolo.
La qualificazione tributaria delle attività di somministrazione, sia ai fini delle imposte dirette, sia per
le indirette è stata oggetto di numerosi interventi di carattere giurisprudenziale che ne hanno
delineato i profili della rilevanza tributaria.
Le casistiche di interesse
Quando ci si sofferma ad esaminare i profili dell’imponibilità IRES e IVA dell’attività di gestione di
bar è opportuno sottolineare che la problematica fiscale riguarda prevalentemente quelle entità di
tipo associativo e societario, fiscalmente privilegiate, indicate negli artt.148 comma 3) del DPR
n.917/1986 e 4 comma 4) del DPR n.633/1972.
Diversamente, per tutte le altre tipologie non lucrative, variamente riconducibili alla definizione di
ente non commerciale contenuta all’art.73 comma 1) lett.c) del TUIR, l’attività di gestione di bar e
più in generale quella di somministrazione di alimenti e bevande assume sempre natura
commerciale e rilevanza ai fini dell’imponibilità sia IRES, sia IVA. Inoltre, con riferimento a quelle
tipologie di enti non lucrativi che assumono la qualifica di Onlus, il problema della gestione di
attività di bar, deve essere affrontato tenendo conto della compatibilità rispetto alle previsioni
contenute nell’art.10 del D.Lgs. n.460/1997. Infatti se l’attività di somministrazione non dovesse
essere potenzialmente riconducibile ad un’attività istituzionale, ovvero direttamente connessa, la
Onlus si troverebbe nella condizione di perdere la propria qualifica.
Le imposte dirette
Secondo quanto stabilito dall’art.148 comma 3) del TUIR non si considerano commerciali le attività
svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali anche se effettuate verso pagamento di
corrispettivi specifici purché rivolte ad iscritti, associati e partecipanti. È proprio dall’interpretazione
più o meno estensiva della predetta disposizione che derivano le principali incertezze in materia di
imponibilità IRES. Infatti, se si accolgono le tesi generalmente sostenute dall’Amministrazione
Finanziaria e dalla giurisprudenza prevalente, la gestione di bar ha una natura intrinsecamente
commerciale, in quanto variamente assimilabile alle somministrazioni di pasti e alla gestione di
spacci aziendali e mense. Diversamente, se si adotta un’interpretazione delle disposizioni tributarie
più favorevole al contribuente, si potrebbe osservare che la gestione di bar presso circoli, rivolta
nei confronti di associati, non è assimilabile alla gestione di uno spaccio ma più propriamente si
profila come attività accessoria all’istituzionale, in quanto idonea a garantire una migliore
permanenza degli associati nei locali dell’ente. Tuttavia, secondo la giurisprudenza prevalente in
materia, il beneficio della non imponibilità IRES riguarda esclusivamente le attività effettuate in
conformità ed in attuazione alle finalità istituzionali e la gestione di un bar, in quanto avente
inequivoca natura commerciale, non può ritenersi coerente e farsi rientrare tra le finalità
istituzionali di un ente sportivo. Del resto, solo in ipotesi di prestazioni e di servizi che realizzino le
finalità istituzionali senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non
eccedono i costi di diretta imputazione, è possibile ipotizzare fattispecie non rilevanti ai fini IRES.
71
Imponibilità IVA
Analoghe considerazioni a quelle effettuate in materia di imposte dirette possono evidenziarsi in
ambito IVA. Gli indirizzi maggiormente favorevoli al contribuente stabiliscono l’esclusione dal
campo di applicazione dell’IVA dei proventi derivanti dalla gestione di bar presso circoli,
riconducendo la somministrazione nella fattispecie individuata dall’art.4 comma 4) del DPR
n.633/1972. Di conseguenza, l’attività di gestione di un bar presso un sodalizio sportivo è
assimilata ad una prestazione di servizi nei confronti di associati e partecipanti, in conformità alle
finalità istituzionali, esclusa dal campo di applicazione dell’IVA. In particolare, la tesi dell’esclusione
può essere sostenuta affermando:
1) l’attività di bar è diversa da quella di spaccio, e solo per quest’ultima si riscontra una
presunzione legislativa di commercialità;
2) l’attività di bar risulta accessoria alle finalità istituzionali sportivo dilettantistiche, in quanto
favorisce la permanenza degli associati presso la sede sociale;
Pertanto, secondo la tesi giurisprudenziale minoritaria favorevole al contribuente, si può affermare
che i proventi derivanti dalla gestione di bar si configurano come esclusi, quando sono
contestualmente soddisfatte le seguenti condizioni:
a) deve trattarsi di attività accessorie rispetto quelle istituzionali;
b) l’eccedenza rispetto ai costi di diretta imputazione deve essere interamente impiegata nelle
finalità non lucrative dell’ente;
c) la somministrazione deve rivolgersi esclusivamente nei confronti di associati e partecipanti.
Diversamente e secondo le tesi dell’amministrazione finanziaria e giurisprudenziali prevalenti, la
gestione di un esercizio di bar non può ritenersi coerente e farsi rientrare tra le finalità di circolo
sportivo. La gestione di bar ha intrinseca e incontestabile natura commerciale e come tale non può
ricondursi fra le finalità proprie delle associazioni In particolare, il beneficio dell’esclusione da IVA è
da attribuire solo a quelle somministrazioni che soddisfino le seguenti condizioni:
1) siano effettuate nei confronti degli associati e soggetti assimilati;
2) siano inidonee ad evidenziare un utile economico;
3) siano svolte in assenza di organizzazione;
4) siano caratterizzate da corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione.
- L’IMPONIBILITA’ DELL’ATTIVITA’ DI BAR SECONDO LA CASSAZIONE Sentenza
Tributo
Esito
Corte di Cassazione Sez.III Sent. n.310 del
imponibilità
IVA/IRES
13/01/1999
Corte di Cassazione Sez.Tributaria Sent.
imponibilità
IRES
n.6340 del 03/05/2002
Corte di Cassazione Sez.Tributaria Sent.
esclusione da
IVA
imposizione
n.280 del 13/01/2004
Corte di Cassazione Sez.Tribuatria Sent.
esclusione da
IVA
imposizione
n.18560 del 20/09/2005
Corte di Cassazione Sez.V Sent. n.19843
imponibilità
IRES
del 12/10/2005
Corte di Cassazione Sez.V Sent. n.19840
imponibilità
IVA
del 12/10/2005
Corte di Cassazione Sezione Tributaria
imponibilità
IVA
Civile n.612 del 13/01/2006
LE RACCOLTE OCCASIONALI DI FONDI UN’IPOTESI DI NON RILEVANZA FISCALE
L’art.143 comma 3 lett.a) del TUIR e il comma 2) dell’art.2 del DLgs n.460/1997 stabiliscono, per
gli enti non commerciali, che non risultano imponibili né ai fini IRES, né IVA, oltreché esenti da
ogni altro tributo, i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche occasionali anche con
scambio/offerta di beni di modico valore o di servizi ai sovventori. Ai fini dell’applicabilità delle
richiamate agevolazioni fiscali di carattere tributario, è necessario che le raccolte in parola
soddisfino i seguenti requisiti:
1) occasionalità dell’evento;
2) concomitanza con celebrazioni, ricorrenze e campagne di sensibilizzazione;
3) modico valore dei beni eventualmente ceduti;
72
4) obbligatorietà di una rigorosa rendicontazione dell’evento.
È interessante evidenziare che in presenza dei predetti eventi occasionali, possono individuarsi
quali modalità di raccolta fondi, escluse da imponibilità, anche l’effettuazione di attività di
somministrazione finalizzate a incentivare l’afflusso di liberalità nei confronti dell’ente non lucrativo.
Analogamente e ad esclusivo beneficio degli enti sportivi dilettantistici, compresi quelli costituiti in
forma societaria, devono richiamarsi le agevolazioni stabilite dall’art.25 della L.n.133/1999. Tale
norma prevede espressamente la non rilevanza ai fini IRES, per un numero di eventi non superiore
a due per anno e per un importo complessivo non superiore ad euro 51.645,69 dei proventi
derivanti da:
1) svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali;
2) raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all’143 comma 3, lett.a), del TUIR.
In questa circostanza sono riconducibili alle attività commerciali connesse alle istituzionali in
esenzione di IRES, le attività di somministrazione effettuate nei confronti dei partecipanti alla
manifestazione. Tuttavia, la possibilità di fruire del regime di esclusione dall’IVA è configurabile
solo se riscontrato il requisito dell’occasionalità. In altri termini, se il circolo effettua attività di
somministrazione abitualmente, ad esempio perché gestisce un bar, potrà beneficiare solo
dell’esenzione da IRES.
Sintesi del quadro tributario
A seguito dell’analisi delle diverse pronunce giurisprudenziali succedutesi nel tempo il quadro della
qualificazione tributaria della gestione di bar effettuata da circoli nei confronti di associati assume
dei connotati più chiari, anche se ormai sembra preclusa la possibilità di spazi agevolativi.
Attualmente, sembra consolidata un’interpretazione estremamente restrittiva che accoglie
pienamente le tesi dell’Amministrazione Finanziaria, secondo cui la gestione di bar è comunque da
considerare fiscalmente rilevante, in quanto assimilabile alla gestione di spacci e alla ristorazione.
Tale orientamento, di fatto rende difficile ipotizzare gestioni di bar da parte di circoli sportivi che
non abbiano i connotati della rilevanza tributaria.
Pertanto, a titolo conclusivo e di sintesi, le uniche circostanze in cui può ancora ipotizzarsi
un’irrilevanza fiscale sono quelle di somministrazioni riconducibili alternativamente:
1) eventi di raccolta occasionale di fondi;
2) gestioni di bar ed esercizi similari da parte di associazioni d promozione sociale le cui finalità
assistenziali sono riconosciute dal Ministero degli Interni;
3) attività effettuate in assenza di organizzazione e per corrispettivi non eccedenti i costi di diretta
imputazione.
LA PRIVACY NEGLI ENTI SPORTIVI
Il D.Lgs n.196/2003 ha imposto e con scadenze diversificate, una serie di adempimenti nei
confronti di tutti i soggetti sia pubblici, sia privati che trattano a vario titolo dati personali. La
disciplina e gli adempimenti privacy purtroppo risultano scarsamente adottati e la percezione che si
riceve dagli operatori a vario titolo coinvolti, è quella di considerare le problematiche inerenti il
trattamento dei dati come un elemento di carattere facoltativo. In realtà è opportuno evidenziare
che gli inadempimenti in materia di privacy, sono destinatari di una disciplina sanzionatoria
piuttosto restrittiva che in alcuni casi assume persino rilevanza penale. Tali semplici e brevi iniziali
considerazioni, al solo fine di ricordare che il settore sportivo dilettantistico non risulta esonerato
dagli adempimenti in materia di privacy, e che in presenza di entità associative non riconosciute, le
potenziali sanzioni pecuniarie non coperte dal patrimonio dell’ente gravano sui soggetti che
assumono il ruolo di rappresentanti legali.
Gli elementi di definizione
Tutta la disciplina della privacy, si fonda su un sistema organizzativo che il legislatore intende
diffondere quale schema generale idoneo a garantire un adeguato controllo, in ordine ai momenti
dell’acquisizione e del successivo trattamento dei dati personali. In proposito, ai fini della
comprensione del modello organizzativo ideato per la tutela nel trattamento dei dati personali, è
opportuno soffermarsi nell’esaminare i principali concetti definitori dettati all’art.4 del D.Lgs
n.196/2003.trattamento di dati: la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione,
l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la
cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;
73
1) dato personale: qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od
associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi
altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;
2) dati identificativi: i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato;
3) dati sensibili: i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati,
associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i
dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;
4) titolare: la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro
ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le
decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti
utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza;
5) responsabile: la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi
altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali;
6) incaricati: le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal
responsabile;
7) interessato: la persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati
personali;
8) comunicazione: il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi
dall’interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli
incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;
9) diffusione: il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma,
anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione.
Nell’ambito di un circolo sportivo (titolare), sia esso costituito in forma associativa, sia in forma
societaria è necessario che il trattamento dei dati personali degli interessati (soci, fruitori,clienti,
fornitori atre entità comprese le federazioni ecc.) sia svolto nel rispetto della legge con particolare
attenzione alla protezione, tutela, e necessità nel trattamento.
L’acquisizione dei dati da parte di un circolo.
Quale primo elemento è importante che i circoli sportivi acquisiscano e conservino i dati personali
degli interessati solo quando questi risultino necessari allo svolgimento delle attività
statutariamente stabilite. Inoltre, la conservazione dei dati personali acquisiti deve avvenire in
modo da evitare l’identificazione dell’interessato, salvo il caso in cui ciò non risulti necessario.
In fase di iniziale acquisizione dei dati da parte del circolo sportivo, si può ipotizzare ad esempio
l’ingresso di un nuovo associato/fruitore, è necessario fornire un’informativa nei confronti
dell’interessato.
L’informativa, che può avvenire anche in forma verbale, anche se per fini probatori risulta
opportuna la forma scritta deve fornire:
1) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati- (ad es. per la pratica
sportiva, per adempimenti amministrativi ecc.);
2) la natura obbligatoria o facoltativa del trattamento e le conseguenze di un eventuale rifiuto
di fornire i dati ( un associato deve necessariamente fornire i propri dati anagrafici all’ente
sportivo per i necessari e obbligatori adempimenti amministrativi, in caso contrario non sarà
possibile procedere con l’iscrizione);
3) i soggetti e le categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati o che possono
venirne a conoscenza (per esempio i dipendenti e i collaboratori del circolo, eventuali
consulenti, la federazione sportiva, l’amministrazione finanziaria ecc.);
4) i diritti di cui all’art.7 del DLgs n.196/2003 (origine dei dati, finalità del trattamento,
aggiornamento ecc.);
5) gli estremi identificativi del titolare e di almeno un responsabile.
Alla cessazione del trattamento i dati devono essere essenzialmente distrutti ovvero destinati alle
specifiche finalità previste dall’art.16 del D.Lgs. n.193/2006. Il trattamento dei dati può avvenire
solo in presenza di consenso espresso dell’interessato, il consenso deve essere manifestato in
forma scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili. Tuttavia, si evidenzia che il consenso è
validamente prestato solo se documentato per iscritto, in proposito è opportuno prestare
particolare attenzione all’acquisizione del consenso quando i dati degli interessati sono utilizzati
per finalità extra-sportive, ad esempio commerciali o promozionali.
74
Diversamente, il consenso potrebbe non essere acquisito, purché non si realizzi comunicazione
all’esterno e diffusione, quando è effettuato nei confronti degli associati/aderenti per finalità
istituzionali con modalità rese note all’atto dell’informativa di cui all’art.13 del D.Lgs. n.196/2003.
I trattamenti di dati sensibili, che generalmente non interessano gli enti sportivi, possono essere
effettuati solo in presenza di consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione dell’autorità
garante.
I trattamenti di dati sensibili
Con riferimento alle entità non lucrative è prevista una specifica disciplina del trattamento dei dati
sensibili, contenuta nell’autorizzazione n.3 del Garante per la protezione dei dati personali. In
proposito è stabilito:
1) esonero dall’acquisizione del consenso quando il trattamento è effettuato da associazioni, enti
od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico,
religioso o sindacale, ivi compresi partiti e movimenti politici, per il perseguimento di scopi
determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo,
relativamente ai dati personali degli aderenti o dei soggetti che in relazione a tali finalità hanno
contatti regolari con l’associazione, ente od organismo, sempre che i dati non siano comunicati
all’esterno o diffusi e l’ente, associazione od organismo determini idonee garanzie
relativamente ai trattamenti effettuati, prevedendo espressamente le modalità di utilizzo dei dati
con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa. Tale esonero non
coinvolge e interessa gli enti sportivi che quando trattano dati sensibili devono pertanto
procedere all’acquisizione del consenso da parte dell’interessato;
2) obbligo di configurare i sistemi informativi e i programmi informatici riducendo al minimo
l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, ricorrendo ove possibile all’utilizzazione di
dati anonimi;
3) autorizzazione al trattamento di dati sensibili, per finalità tra le altre sportive o agonistiche di
tipo non professionistico, culturali e di formazione;
4) l’autorizzazione riguarda anche la tenuta di registri e scritture contabili, di elenchi, indirizzari e
degli altri documenti necessari per la gestione amministrativa dell’ente, per l’adempimento di
obblighi fiscali, per la diffusione di bollettini, riviste e simili;
5) gli interessati per i quali è autorizzato il trattamento di dati sensibili, in caso di enti sportivi
sono: gli associati, i soci (compresi i familiari e conviventi), gli aderenti, i sostenitori, i
sottoscrittori, i soggetti che presentano richiesta di ammissione o di adesione, coloro che
hanno contatti regolari con l’ente, i soggetti che ricoprono cariche sociali o onorifiche, i
beneficiari, gli assistiti, e i fruitori delle attività;
6) i dati sensibili oggetto di autorizzazione da parte del garante sono quelli idonei a rivelare
l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere e atre tipologie
di dati che in generale non interessano i circoli sportivi. Diversamente, non sono coperti
dall’autorizzazione generale i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Le misure di sicurezza
Dopo aver esaminato succintamente gli aspetti connessi ai profili dell’acquisizione e delle
autorizzazioni necessarie al trattamento di dati personali in capo ad enti sportivi dilettantistici, è
opportuno soffermarsi brevemente ad esaminare gli obblighi in materia di misure di sicurezza. Le
misure di sicurezza trovano la loro efficace applicazione previa creazione di una struttura
organizzativa interna che può immaginarsi suddivisa secondo il seguente schema ideale:
a) titolare del trattamento dati: si tratta dell’ente sportivo dilettantistico che si pone quale ultimo
responsabile di tutte le attività di trattamento realizzate;
b) responsabile del trattamento dei dati (interno od esterno): soggetto preposto al trattamento dei
dati da parte del titolare - in questa categoria rientrano tra gli altri gli eventuali consulenti
esterni all’ente (avvocato, commercialista, consulente del lavoro, medico sportivo ecc.);
c) incaricato al trattamento dei dati (interno o esterno): persone fisiche incaricate di singoli
trattamenti;
d) responsabile ed eventuali incaricati copie di sicurezza e ripristino dati (interno o esterno): si
tratta dei soggetti incaricati dell’effettuazione delle copie di sicurezza degli archivi informatici e
delle conseguenti prove di ripristino;
e) responsabile ed eventuali incaricati dei locali (interno o esterno): si tratta dei soggetti incaricati
ad evitare accessi non autorizzati nei locali in cui sono conservati dati personali;
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f)
responsabile ed eventuali incaricati copie credenziali (interno o esterno): si tratta dei soggetti
tenuti alla conservazione e rinnovo delle credenziali (password e username) per l’accesso agli
strumenti informatici utilizzati per il trattamento dei dati;
g) responsabile ed eventuali incaricati manutenzione strumenti (interno o esterno): si tratta dei
soggetti tenuti alla verifica delle esigenze di manutenzione degli strumenti, agli aggiornamenti
dei programmi e dei sistemi antivirus, firewall e antispam.
In proposito, è necessario distinguere l’ipotesi di trattamenti con strumenti elettronici da quella
effettuata esclusivamente secondo modalità cartacee.
Dopo aver individuato un adeguato organigramma, l’ente sportivo deve procedere ad adottare e
gestire le obbligatorie misure di sicurezza individuate dal D.Lgs n.196/2003 e dallo specifico
allegato B. Le misure da adottare risultano diversificate in relazione alle tipologie di trattamento
dati che possono essere effettuate secondo modalità informatiche ovvero cartacee.
Obblighi in termini di misure di sicurezza in presenza di trattamenti effettuati con strumenti
informatici:
Obbligo di redazione di un DPS (documento programmatico sulla sicurezza), da aggiornare
almeno annualmente, in presenza di trattamenti di dati sensibili con strumenti elettronici con
previsione di interventi formativi periodici;
Obbligo per gli operatori che accedono ai computer di essere dotati di una username e
password, che servono per consentire l’accesso a singoli archivi, ad insiemi ovvero a tutti gli
archivi presenti negli strumenti elettronici in uso;
Accesso al computer da parte dei singoli operatori solo a seguito della digitazione della
username e password segrete e conosciute esclusivamente dal singolo operatore;
Obbligo di conservazione di password e username in busta chiusa da parte del responsabile
copie credenziali, per eventuali accessi di emergenza. Tuttavia, in tali circostanze l’operatore
deve essere informato tempestivamente dell’accesso;
Previsione di password di almeno otto caratteri, ovvero del numero massimo consentito dallo
strumento elettronico utilizzato;
Modifica delle pasword almeno ogni 6 mesi in presenza di dati personali comuni, 3 mesi in
caso di dati sensibili;
Divieto di attribuzione di username e password identiche a diversi operatori;
Disattivazione delle credenziali trascorsi 6 mesi di inattività;
Obbligo annuale di verifica della sussistenza delle condizioni per la conservazione di
username e password;
Obbligo di aggiornamento (semestrale/annuale) dei programmi utilizzati dai sistemi
elettronici in cui si verifica il trattamento dei dati ;
Obbligo di effettuazione di salvataggi dei dati personali presenti nei computer almeno
settimanale e conseguenti prove di ripristino;
Obbligo di dotare gli strumenti di un sistema Antivirus, Firewall e Antispam;
Obbligo di aggiornare ogni sei mesi i sistemi Antivirus, Antispam e Firewall.
Obblighi in termini di misure di sicurezza in presenza di trattamenti effettuati con strumenti
informatici:
- obbligo per il titolare/responsabile di impartire istruzioni scritte a tutti gli incaricati contenenti
istruzioni scritte finalizzate al controllo e alla custodia degli atti e documenti contenenti dati
personali;
- obbligo di aggiornamento almeno annuale della lista degli incaricati al trattamento dei dati
personali;
- obbligo per gli incaricati, in presenza di dati sensibili, di controllare e custodire durante il
trattamento i documenti ricevuti;
- controllo degli accessi agli archivi contenenti dati sensibili;
- in ipotesi di persone che accedono agli archivi sensibili dopo l’orario di chiusura, obbligo di
preventiva autorizzazione.
76
ANNOTAZIONI
77
78
INDICE
Pag,
RAG. PIETRO CANTA
Fiscosport: l’aggiornamento settimanale al fianco del Dirigente sportivo
3
DOTT. PATRIZIA SIDERI
Proiezione slide sull’iscrizione al registro del CONI
4
AVV. KATIA SCARPA
La responsabilità civile e penale nello sport
9
DOTT. STEFANO ANDREANI
La srl sportiva: adempimenti civilistici e fiscali
22
DOTT. NICOLA CECCONATO
L’associazione sportiva dilettantistica e le agevolazioni fiscali
27
DOTT. LUCA CORVI
Il Meeting dei Consulenti: le soluzioni prospettate e i dubbi irrisolti
38
DOTT. ROSANNA D’AMORE
Le novità del decreto Bersani per il no profit e l’addio all’F24 cartaceo
39
DOTT. GIULIANO SINIBALDI
La contribuzione ENPALS e la tipologia dei redditi diversi
46
DOTT. GIANCARLO SENESE
Sponsorizzazioni e liberalità a favore dello sport dilettantistico
66
DOTT. ANDREA LIPARATA
La gestione del bar sociale e gli adempimenti privacy
71