AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Amplificatori Operazionali 3.1.
L’amplificatore differenziale Per amplificatore differenziale si intende un circuito in grado di amplificare la
differenza di tensione tra due segnali applicati in ingresso. In atre parole un
amplificatore differenziale è un dispositivo attivo a tre terminali che genera al
terminale di uscita una tensione proporzionale alla differenza di tensione fornite
ai due terminali di ingresso. Bisogna comunque tener presente che, anche se
poco usati, esistono amplificatori differenziali che amplificano la differenza di
corrente presente ai terminali di ingresso (norton amplifier).
Gli amplificatori differenziali sono impiegati in numerose applicazioni come i
circuiti retroazionati oppure i sistemi di controllo. Gli amplificatori operazionali,
come vedremo in seguito, possono essere considerati degli amplificatori
differenziali con caratteristiche particolari.
La Figura 3.1 mostra lo schema fondamentale di un amplificatore differenziale.
(1)
(2)
Esso presenta due ingressi ai quali sono applicati i segnali vIN
e vIN
ed un’uscita
( vOUT ).
Figura 3.1 – Amplificatore differenziale.
Tutti i segnali sono riferiti al terminale di massa. In generale, la massa ha
potenziale intermedio rispetto alle tensioni di alimentazione VCC e VEE. Per
semplicità, molto spesso l'amplificatore viene disegnato senza mostrare le
tensioni di alimentazione, così come è stato fatto in Figura 3.1. Nella maggior
parte dei casi VCC ≥ 0 e VEE ≤ 0 . Le tensioni di alimentazione sono spesso
simmetriche, per esempio ± 5 V, ± 12 V, ± 15 V, ± 18 V, ± 22 V, e così via.
Il modello circuitale (modello a parametri g) dell’amplificatore differenziale è
mostrato in Figura 3.2. Tale rappresentazione circuitale comprende una
resistenza di ingresso Rid (molto spesso questa resistenza viene anche indicata
semplicemente con Rin, una resistenza di uscita Rout, e un generatore controllato
in tensione Ad·vid . Si fa notare che in molti tesi o manuali il guadagno
differenziane viene anche indicato con AVOL ( A- amplificazione; v - tensione; OL –
open loop).
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Figura 3.2 – Modello circuitale di amplificatore differenziale.
Ad = guadagno differenziale di tensione (guadagno a circuito aperto)
vid = ( v p − vn ) = differenza dei segnali d'ingresso
Rid = resistenza differenziale di ingresso dell'amplificatore
Rout = resistenza di uscita dell'amplificatore
(3.1)
In condizioni ideali, la tensione presente al terminale di uscita è in fase con la
tensione applicata al terminale di ingresso indicato con il simbolo “+” e sfasata di
180° rispetto al segnale applicato al terminale di ingresso indicato con il simbolo
“–”. I terminali ai quali sono applicate le tensioni vp e vn sono detti rispettivamente
ingresso non-invertente e ingresso invertente.
Nelle normali applicazioni l'amplificatore è pilotato da un circuito descritto dal
circuito equivalente secondo Thévenin, comprendente un generatore di
tensione vs e una resistenza Rs. Inoltre, l'amplificatore è collegato in uscita ad una
resistenza di carico RL. La Figura 3.3 mostra il circuito equivalente di un
amplificatore differenziale collegato con la sorgente del segnale da amplificare
ed il carico.
Figura 3.3 – Amplificatore collegato in ingresso a un circuito equivalente di Thévenin e in uscita a
un carico.
La tensione di uscita in questo semplice circuito può essere espressa da 1 :
Si osservi che le tensioni vs, vOUT, is, ecc. rappresentano in generale tensioni e correnti
variabili con il tempo: vs(t), vOUT(t), is(t) , ecc. Pertanto, per ricavare nel caso generale le
espressioni del guadagno di tensione, di corrente, delle resistenze di ingresso e uscita, e
1
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
( carico )
vOUT
= Ad ⋅ vid
Rid
RL
con vid = vs
.
Rout + RL
Rid + Rs
(3.2)
Il guadagno in tensione dell’amplificatore, quando trasferisce “potenza” dal
generatore di segnale al carico, è:
Ad( carico ) =
( carico )
vout
Rid
RL
.
= Ad
⋅
vs
Rs + Rid Rout + RL
(3.3)
3.2.
L’amplificatore operazionale Se vogliamo realizzare un amplificatore differenziale “ideale” dobbiamo fare
in modo che rispetti, per quanto possibile, i seguenti requisiti.
Amplificazione differenziale → ∞
(2)
(1)
⎡vOUT = Ad ⋅ ( vIN
− vIN
) ; Ad amplificazione differenziale⎤⎦
⎣
Amplificazione di modo comune → 0
(2)
(1)
⎡ vOUT = Acm ⋅ ( vIN
+ vIN
) / 2 ; Acm amplificazione di modo comune⎤⎦
⎣
Amplificazione indipendente dalla frequenza (larghezza di banda infinita)
Elevata impedenza differenziale d'ingresso ⎡⎣ Zid( equivallente ) → ∞ ⎤⎦
( equivalente )
→ 0 ⎤⎦
Bassissima impedenza d'uscita ⎡⎣ Z out
Offset e deriva → 0
Tutte queste caratteristiche, una volta rispettate, fanno sì che l'amplificatore
che le realizzi venga definito amplificatore operazionale.
Esistono molte tecniche per implementare un amplificatore operazionale; ad
esempio utilizzando transistor a giunzione, oppure transistor ad effetto di campo,
od ancora tecniche di campionamento. Risulta comunque scomodo analizzare
il suo funzionamento, una volta inserito in un circuito, disegnandone lo schema
effettivo; pensiamo, pertanto, di realizzarci un modello che sia equivalente
all'amplificatore operazionale per gli effetti esterni, ma che presenti una
complessità circuitale inferiore. Inoltre, il circuito equivalente sarà valido per
qualsiasi tipo di amplificatore ed i suoi parametri saranno ricavabili,
direttamente, da misure esterne effettuate sullo stesso.
Il simbolo elettrico di un amplificatore operazionale (O
Op Amp - Operational
Amplifier) è un triangolo con due ingressi su un lato e un'uscita sul vertice
opposto (si veda figura 3.4). I due ingressi sono riconoscibili dalla presenza del
così vi, dobbiamo considerare la rappresentazione complessa (ad esempio a fasori)
delle componenti individuali dei segnali: vs(t), vOUT(t), is(t) , ecc. Si osservi inoltre che i
segnali vs(t), vOUT(t), is(t) , ecc. possono presentare diverse componenti armoniche, ed
eventualmente anche una componente continua.
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
segno "+" e del segno "–" e vengono chiamati rispettivamente ingresso non
invertente e invertente. Gli amplificatori Sono anche chiamati amplificatori in
continua nel senso che, sono capaci di amplificare segnali di frequenza "zero"
(corrente continua), oltre che segnali di frequenza non nulla.
Figura 3.4 – Simbolo circuitale dell’amplificatore operazionale.
L’amplificatore operazionale è un dispositivo elettronico che si comporta
come un generatore di tensione controllato in tensione. Bisogna però osservare
che l’amplificatore operazionale può anche essere utilizzato per realizzare un
generatore di tensione controllato in corrente o un generatore di corrente
controllato in tensione o corrente.
Un amplificatore operazionale può facilmente eseguire somme/differenze di
segnali, amplificare un segnale, integrarlo o derivarlo. La sua versatilità
nell’eseguire operazioni matematiche è la ragione per cui è stato chiamato
amplificatore operazionale.
E’ frequentissimo l’uso di amplificatori operazionali nel progetto di circuiti
elettronici analogici. La motivazione risiede nel fatto che tali amplificatori sono
versatili, economici, facili e persino divertenti da usare. La capacità e la
versatilità degli amplificatori operazionali si sfruttano aggiungendo componenti
esterni che consentono di ottenere le funzioni di trasferimento desiderate. Tra le
caratteristiche tipiche degli amplificatori operazionali vi sono la risposta in
frequenza, lo sfasamento del segnale, la velocità con cui l’uscita si adegua alle
variazioni dell’ingresso ed il guadagno.
3.3.
Amplificatori operazionali ideali In un amplificatore differenziale ideale la tensione di uscita dipende solo dalla
differenza vid delle tensioni di ingresso, ed è indipendente dalle resistenze di
ingresso e uscita. Se riprendiamo l’equazione (3.3) si vede che questa condizione
può essere verificata in un amplificatore in cui la resistenza di ingresso è infinita
(Rid = ∞) e la resistenza di uscita è nulla (Rout = ∞). Infatti:
lim Ad( carico ) = lim Ad
Rid →∞
Rout → 0
Rid →∞
Rout → 0
RL
= Ad
Rs
+
R
R
out
L
+1
Rid
1
⋅
⇒
Ad =
vout
.
vid
(3.4)
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Nel caso dell'amplificatore ideale il guadagno è quindi pari all'intero valore Ad.
Il guadagno Ad è detto guadagno di tensione ad anello aperto (o a circuito
aperto) dell'amplificatore, e rappresenta il massimo valore del guadagno che
può essere ottenuto dall'amplificatore.
Come già detto, il termine "amplificatore operazionale" deriva dal fatto che
questi amplificatori a elevate prestazioni sono utilizzati nei sistemi analogici per
realizzare funzioni o operazioni specifiche, come la moltiplicazione, la somma e
l’integrazione. In queste applicazioni il ruolo dell'amplificatore operazionale è
quello di amplificatore differenziale ideale con un'ulteriore proprietà: guadagno
di tensione infinito (Ad.= ∞). Benché sia in pratica impossibile realizzare
l'amplificatore operazionale ideale, è nondimeno utile introdurre questo
concetto per facilitare l'analisi e il progetto dei circuiti analogici.
Una volta chiarite le proprietà dell'amplificatore operazionale ideale, e il suo
utilizzo nei circuiti fondamentali, si possono rimuovere le diverse ipotesi di idealità,
a scopo di esaminare il loro effetto sul funzionamento del circuito.
Come si è detto, l'amplificatore operazionale ideale è un amplificatore
differenziale caratterizzato da Rid = ∞, Rout = 0, Ad = ∞. Da queste ipotesi
discendono due importanti proprietà degli amplificatori operazionali:
(1) Ad = ∞ ⇒ vid = 0
(2) Rid = ∞ ⇒
ii( + ) = 0 .
ii( − ) = 0
Vediamo adesso come è possibile determinare queste due proprietà
dell’amplificatore operazionale.
Risolviamo l’equazione (3.4) e risolrispetto a vid si ottiene
vid =
vout
quindi lim vid = 0
Ad →∞
Ad
.
(3.5)
Se il guadagno Ad = ∞, la tensione di ingresso vid = 0 per ogni valore finito della
tensione di uscita vOUT. Questo risultato è spesso causa di sconcerto; stupisce che
un segnale d’ingesso nullo possa dare un segnale di uscita non nullo. Infatti, in
( 2)
(1)
base all’equazione vOUT = Ad ⋅ ( vIN
− vIN
) = Ad ⋅ vid , se vin = 0 anche l’uscita dovrebbe
essere nulla (vOUT = 0). La risposta può essere data in questo modo; quando Ad si
approssima all’infinito, vid ≅ 0 si approssima effettivamente a zero, ma in modo
tale da mantenere il prodotto Ad ⋅ vid non nullo e uguale a vOUT . Il fatto che vid ≅ 0
implica che i morsetti di ingresso sono “sempre equipotenziali”. In altre parole i
morsetti d’ingresso dell’amplificatore operazionale si comportano come se
fossero “virtualmente” cortocircuitati.
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
L’altro importante risultato discende dal valore infinito della resistenza di
ingresso ( Rid = ∞) . Se la resistenza differenziale d’ingresso è infinita le correnti di
ingresso risultano nulle: ii( + ) = 0 e ii( − ) = 0 .
La figura 3.5 mostra il modello circuitale di un amplificatore operazionale
ideale.
Figura 3.5 – Modello circuitale di un amplificatore operazionale ideale.
3.3.1. Ipotesi per l’analisi degli amplificatori operazionali ideali.
Le ipotesi fondamentali relative all'amplificatore operazionale ideale sono:
1) La differenza tra le tensioni di ingresso è nulla: vid = 0;
2) Le correnti di ingresso sono nulle: i(+) = 0 e i(-) = 0.
Le due ipotesi, come abbiamo visto in precedenza, derivano dall'aver assunto
un valore infinito per il guadagno e la resistenza di ingresso. Un amplificatore
operazionale ideale è in realtà caratterizzato da numerose altre proprietà.
Queste sono:
reiezione del modo comune infinita;
reiezione delle variazioni delle tensioni di alimentazione infinita;
intervallo di variazione della tensione di uscita infinito;
corrente erogabile all'uscita infinita;
larghezza di banda ad anello aperto infinita;
slew rate infinito;
resistenza di uscita nulla;
corrente di offset e corrente di polarizzazione di ingresso pari a zero;
tensione di offset all'ingresso pari a zero.
Alcuni termini indicano grandezze che non sono ancora state studiate, ma
che verranno definite e analizzate più avanti.
Gli amplificatori commerciali, in relazione al modello commerciale utilizzato e
all’uso, approssimano (più o meno bene) un amplificatore operazionale ideale.
Bisogna comunque tener sempre presente che gli amplificatori operazionali
hanno intervallo di variazione della tensione di uscita finito. Tale limitazione è
imposta dalle tensioni di alimentazione, cioè: –VEE < vOUT < VCC .
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Figura 3.6 –Tensione di uscita di un amplificatore differenziale in funzione della tensione di ingresso.
La Figura 3.6 mostra come l’amplificazione differenziale lineare abbia (in
prima approssimazione) tre regioni di funzionamento, a seconda del valore della
tensione differenziale di ingresso vid :
1. saturazione positiva, vOUT = VCC ;
2. regione lineare, –VEE ≤ vOUT =Ad·vid ≤ VCC ;
3. saturazione negativa vOUT = –VEE .
Se si tenta di aumentare vid oltre la regione di linearità, l’amplificatore
operazionale satura e fornisce vOUT = VCC o vOUT = –VEE . Se non espressamente
indicato, si assumerà che gli amplificatori operazionali funzionino in regione
lineare.
L’ipotesi di intervallo di variazione della tensione di uscita infinito è realizzabile
soltanto se si impone che l’amplificatore opera in regione lineare.
Comunque, nonostante l’ipotesi di funzionamento in zona lineare, in un
progetto con amplificatori operazionali, bisogna sempre verificare che il segnale
di ingresso sia tale da non portare l’amplificatore in saturazione.
Gli amplificatori operazionali (amplificatori differenziali di tensione) commerciali
presentano solitamente cinque morsetti di collegamento: (–) e (+)
rispettivamente per gli ingressi invertente e non invertente; VCC (V+) e VEE (V–) per
l’alimentazione positiva e negativa; il terminale di uscita (VOUT). Sono a volte
presenti altri morsetti per la cancellazione dell’ offset e per la stabilizzazione del
circuito. La Figura 3.7 mostra la tipica piedinatura di un amplificatore
operazionale commerciale.
Figura 3.7 –Tipico amplificatore operazionale commerciale.
3.4.
Circuiti con amplificatori operazionali ideali Elettronica a.a. 2008/2009 |
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
In questo paragrafo verranno descritti i circuiti fondamentali che utilizzano
l’amplificatore operazionale, come l’amplificatore invertente e non-invertente, il
buffer a guadagno unitario (o inseguitore di tensione), l’amplificatore
sommatore, l’amplificatore sottrattore, l’amplificatore per strumentazione, ecc.
L’analisi di questi circuiti è basata sulle due ipotesi relative agli amplificatori
operazionali ideali e sulle due leggi di Kirchhoff.
3.4.1. Amplificatore invertente.
Un amplificatore invertente può essere realizzato ponendo a massa l’ingresso
non-invertente [morsetto (+)], collegando il terminale di ingresso invertente
[morsetto (-)] al terminale d’uscita attraverso la resistenza RF , collegando
attraverso una resistenza R1 il terminale invertente al generatore che fornisce il
segnale da amplificare. L’amplificatore operazionale in configurazione
invertente è mostrato in Figura 3.8.
Figura 3.8 – Amplificatore operazionale in configurazione invertente.
La resistenza RF è, di fatto, la rete di retroazione. In questa configurazione RF
applica una retroazione negativa. Si noti, inoltre, che RF chiude “l’anello” tra
ingresso e uscita.
Vediamo adesso di determinare i parametri relativi alla rappresentazione a
doppio bipolo dell’amplificatore retroazionato mostrato in Figura 3.8. In altre
parole, proviamo a calcolare il guadagno di tensione a circuito aperto (g21 = Avo
(in questo contesto Af ; guadagno ad anello chiuso con l’amplificatore non
collegato al carico ), la resistenza di ingresso (1/g11 = Rin) e la resistenza di uscita
(g22 = Rout) . Faremo l’ipotesi che il parametro di trasferimento inverso possa essere
ritenuto trascurabile (g12 = 0).
Iniziamo con il calcolare il guadagno di tensione.
Con riferimento alla Figura 3.9, applichiamo la legge di Kirchhoff per le
tensioni alla maglia costituita dal generatore di segnale (vs), dalla resistenza R1,
dalla resistenza RF e dalla tensione presente all’uscita (vOUT). Per questa maglia (in
Figura 3.9 maglia c ) possiamo scrivere:
vs = is R1 + iF RF + vOUT .
(3.6)
70
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Figura 3.9 – Amplificatore invertente – studio delle tensioni e delle correnti.
Possiamo anche applicare la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo di
ingresso (in Figura 3.9 nodo n-i). Per questo nodo possiamo scrivere:
ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
is = ii( − ) + iF
⇒
is = iF .
(3.7)
Se sostituiamo il risultato dell’equazione (3.7) nell’equazione (3.6), ricaviamo:
v s − vOUT = ( R1 + RF ) i S .
(3.8)
La corrente is può essere ricavata utilizzando la legge di Kirchhoff per le
tensioni alla maglia costituita dal generatore di segnale (vs), dalla resistenza R1,
dalla tensione differenziale (vid) presente ai morsetti di ingresso dell’amplificatore
differenziale. Per questa maglia (in Figura 3.9 maglia d) possiamo scrivere:
vs = is R1 + vid
⇒ is =
vs − vid
vid ≅ 0 ipotesi di Op Amp ideale
R1
⇒
is ≅
vs
.
R1
(3.9)
Se sostituiamo il risultato dell’equazione (3.9) nella (3.8), otteniamo per il
guadagno in tensione:
vS − vOUT = ( R1 + RF )
vs
R1
⇒ − vOUT =
RF
vs
R1
⇒ Af =
vOUT
R
=− F
vs
R1
.
(3.10)
In base al risultato ricavato con l’equazione (3.10) è possibile fare diverse
considerazioni: il guadagno di tensione negativo sta ad indicare che eventuali i
segnali sinusoidali di ingresso risultano sfasati di 180° in uscita ; il guadagno di
tensione è maggiore o uguale a 1 se RF≥ R1 ma può anche risultare inferiore a 1
se R1> RF.
L’espressione (3.10) mostra che l’amplificazione operazionale, in
configurazione amplificatore di tensione invertente, presenta una amplificazione
ad anello chiuso dipende solo da un rapporto di resistenze (Af = –RF/R1 ). Tale
risultato offre notevoli vantaggi al progettista, perché gli rende agevole
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71
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
dimensionare l'amplificazione per la sua applicazione specifica. Ipotizziamo di
aver bisogno di un amplificatore con Af =2. In questo caso, si sceglie il rapporto
RF/Rl = 2; per esempio si può scegliere Rl = 10 kΩ e RF = 20 kΩ. Se si vuole Af = 10,
allora si sceglie RF/Rl = 10; per esempio si scelgono Rl == 5 kΩ e RF = 50 kΩ. Un altro
vantaggio dell'equazione (3.10) è che Af può essere reso preciso e stabile quanto
si vuole usando resistori di qualità opportuna. In realtà non è neppure necessario
che i singoli resistori siano di alta qualità, ma è sufficiente che lo sia il loro
rapporto. Per esempio, se si usano due resistenze che variano con la
temperatura, ma in modo tale che il loro rapporto rimanga costante (questa
caratteristica è detta di allineamento in temperatura o temperature tracking),
allora Af è indipendente dalla temperatura, diversamente da quanto accade ad
Ad . In generale Ad dipende dalle caratteristiche dei dispositivi interni (transistori,
diodi, resistori ecc.) e perciò è molto sensibile alla deriva termica,
all'invecchiamento, alle variabili di produzione e così via. Questo è un eccellente
esempio di uno dei più affascinanti aspetti dell'elettronica, ossia la possibilità di
ottenere circuiti stabili usando componenti instabili.
Vediamo adesso come è possibile calcolare le resistenze d’ingresso e di uscita
dell’amplificatore operazionale in configurazione invertente.
La resistenza di ingresso Rin, dell'amplificatore invertente può essere ottenuta
direttamente dall’ equazione (3.9). Infatti, il parametro 1/g11= Rin si determina
collegando, ai morsetti di ingresso,un generatore di tensione (nel nostro caso vs )
e misurando la corrente che entra nell’amplificatore (nel nostro caso is). Il la
resistenza di ingresso si ricava:
is ≅
vs
R1
⇒ R1 =
vs
= Rin .
is
(3.11)
La resistenza di uscita Rout (parametro g22) può essere determinata
cortocircuitando l’ingresso dell’amplificatore ed applicando all'uscita un
generatore di corrente di prova e valutando la tensione corrispondente (vedi in
Figura 3.10).
Figura 3.10 – Amplificatore invertente – Maglia (evidenziata in blu) per la scrittura
dell’equazione 3.6).
72
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
La resistenza di uscita complessiva dell'amplificatore è definita da
Rout =
vx
.
ix
(3.12)
Dalla legge di Kirchhoff per le tensioni relativa al circuito alla maglia formata
dal generatore di corrente, dalla resistenza RF e dalla resistenza R1 (in Figura 3.10
maglia c), si ricava:
vx = iF RF + i1 R1 .
(3.13)
Possiamo anche applicare la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo di
ingresso (in Figura 3.10 il nodo n-i). Per questo nodo possiamo scrivere:
(−)
i
iF = i
+ i1
ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
⇒
iF = i1 .
(3.14)
Se sostituiamo il risultato dell’equazione (3.14) nell’equazione (3.13), ricaviamo:
vx = ( R1 + RF ) i1 .
(3.15)
La corrente i1 può essere ricavata applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni
alla maglia costituita dalla tensione differenziale (vid) presente ai morsetti di
ingresso dell’amplificatore e dalla resistenza R1,. Per questa maglia (in Figura 3.10
maglia d) possiamo scrivere:
vid = i1 R1
vid ≅ 0 (ipotesi di Op Amp ideale)
⇒
i1 = 0 .
(3.16)
Il risultato dell’equazione (3.16) comporta che:
vx = ( R1 + RF ) i1
i1 =0
⇒
vx = 0 ⇒
Rout =
vx
=0 .
ix
(3.17)
Pertanto il circuito equivalente dell’amplificatore operazionale
configurazione invertente risulta essere quello illustrato in Figura 3.11.
Figura 3.11 – Amplificatore invertente con il suo circuito equivalente ideale.
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73
in
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
3.4.2. Amplificatore invertente: il circuito sommatore.
Una applicazione molto importante della configurazione invertente è il
circuito sommatore mostrato in Figura 3.12.
Figura 3.12 – Sommatore pesato.
Nel circuito di Figura 3.12 c’e una resistenza di feedback RF, così come era
presente nella configurazione di amplificatore invertente, ma abbiamo numerosi
segnali di ingresso v1 , v2 , K , vn ognuno applicato ad un corrispondente resistore
R1 , R2 , K , Rn , i quali sono connessi al terminale invertente dell’amplificatore
operazionale. Dalla nostra discussione precedente, l’amplificatore operazionale
ideale ha una massa virtuale al suo terminale di ingresso negativo. La legge di
Ohm dice che le correnti i1 , i2 , K , in sono date da:
i1 =
v
v1
v
, i1 = 2 , K , in = n .
R1
R2
Rn
(3.18)
Tutte queste correnti si sommano insieme per produrre un’unica corrente:
itotale = i1 + i2 + K + in =
v
v1 v2
+
+ K + n = if .
R1 R2
Rn
(3.19)
La corrente itotale sarà forzata a fluire attraverso la resistenza RF (dal momento
che nessuna corrente fluisce nei terminali di ingresso di un amplificatore
operazionale ideale (nel nostro caso ii( −) = 0 ). La tensione di uscita (vOUT) può
essere determinata applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni alla maglia
composta da vid, dalla resistenza RF e dalla tensione di uscita vOUT (in Figura 3.12
maglia c ). Cioè:
vOUT = − RF ⋅ i f − vid
vid ≅ 0 (ipotesi di Op Amp ideale)
⇒
(3.20)
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vOUT = − RF ⋅ i f
.
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Quindi,
Rf
Rf ⎞
⎛ Rf
vOUT = − ⎜
v1 +
v2 + K +
vn ⎟ .
R2
Rn ⎠
⎝ R1
(3.21)
Cioè, la tensione di uscita è la somma pesata dei segnali di ingresso
v1 , v2 , K , vn . Questo circuito viene per questo chiamato anche sommatore
pesato o combinatore lineare. Si noti che ognuno dei coefficienti della somma
può essere regolato indipendentemente calibrando il corrispondente resistore di
ingresso ( R1 , R2 , K , Rn ). Questa utile proprietà, che semplifica notevolmente la
taratura del circuito, è una conseguenza diretta della massa virtuale che esiste
sul terminale invertente dell'amplificatore operazionale. Nel circuito sommatore
di Figura 3.12 purtroppo i coefficienti della somma sono dello stesso segno.
Occasionalmente capita la necessità di sommare segnali con segni opposti. Tale
funzione può essere realizzata usando due operazionali come mostrato in Figura
3.13. Ipotizzando che gli amplificatori operazionali siano ideali, si può mostrare
facilmente che la tensione di uscita è data da:
vOUT
⎛ R (1)
f
= v1 ⎜
⎜ R
⎝ 1
⎞
⎞⎛ R (2)
⎞
⎛ R (1)
⎞⎛ R (2)
⎞
⎛ R (2)
⎞
⎛ R (2)
f
f
f
f
f
+ v2 ⎜
− v3 ⎜
− v4 ⎜
.
⎟⎜
⎟
⎟⎜
⎟
⎟
⎟⎜ R ⎟
⎜ R ⎟⎜ R ⎟
⎜ R ⎟
⎜ R ⎟⎟
⎠⎝ s1 ⎠
⎝ 2 ⎠⎝ s1 ⎠
⎝ 3 ⎠
⎝ 4 ⎠
(3.21)
Figura 3.13 – Sommatore pesato capace di realizzare la somma con coefficienti di entrambi i
segni.
3.4.3. Amplificatore non-invertente.
La Figura 3.14 mostra come è realizzato un amplificatore non invertente. Il
segnale d’ingresso è applicato al terminale non-invertente [morsetto (+)], e una
parte del segnale di uscita viene riportata al terminale di ingresso invertente
[morsetto (-)]. Per capire come funzione il circuito di Figura 3.14 è necessario
ricavare una relazione fra vOUT e vIN.
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75
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Figura 3.14 – Amplificatore operazionale in configurazione non-invertente.
Se si utilizza un amplificatore operazionale ideale, le correnti ai morsetti di
ingresso dell’amplificatore [ ii( − ) ] e [ ii( + ) ] sono nulle, pertanto la corrente che
scorre in RF coincide con quella che scorre in R1.( se facciamo riferimento alla
Figura 3.15, abbiamo: i1 = if ).
Figura 3.15 – Schema delle tensioni e delle correnti in un amplificatore non-invertente.
In queste condizioni, la tensione ai capi della resistenza R1 può essere espressa
in funzione della tensione di uscita utilizzando l’equazione del partitore di
tensione formato dalle resistenze R1 e RF. Cioè:
v1 =
R1
vOUT .
R1 + R F
(3.22)
Se consideriamo la legge di Kirchhoff per le tensioni alla maglia costituita dal
generatore di segnale vs, dalla tensione differenziale (vid) presente ai morsetti di
ingresso dell’amplificatore e resistenza R1 (dove è presente la caduta di tensione
v1), si ottiene:
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AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
vs = vid + v1
vid ≅ 0 (ipotesi di Op Amp ideale)
⇒
vs = v1 .
(3.23)
Se sostituiamo
otteniamo
il
risultato
dell’equazione
vOUT =
(3.23) nell’espressione
R1 + RF
vs
R1
⇒
Af =
(3.22),
vOUT
R
=1+ F .
vs
R1
(3.24)
Il guadagno Af è positivo e risulta maggiore o uguale a 1, poiché R1 e RF sono
quantità positive.
Vediamo adesso, come abbiamo già fatto con l’amplificatore in
configurazione invertente, di calcolarci le resistenze d’ingresso e di uscita
dell’amplificatore in configurazione non-invertente. Anche in questo caso la
resistenza d’ingresso (Rin= 1/g11) si determina collegando, ai morsetti di ingresso,un
generatore di tensione (nel nostro caso vs ) e misurando la corrente che entra nei
morsetti d’ingresso (nel nostro caso ii( + ) ). Per la resistenza d’ingresso si ricava:
v
Rin = ( +s )
ii
ii( + ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
⇒
Rin = ∞ .
(3.25)
La resistenza di uscita Rout (parametro g22 si ottiene applicando un generatore
di corrente di prova al terminale di uscita, e ponendo a massa il terminale di
ingresso (vs=0). Questa configurazione è identica a quella vista in Figura 3.10,
sicché la resistenza di uscita è nulla anche per l’amplificatore non-invertente.
Il circuito equivalente dell’amplificatore operazionale in configurazione noninvertente risulta essere quello illustrato in Figura 3.16.
Figura 3.16 – Amplificatore non-invertente con il suo circuito equivalente ideale.
3.4.4. Buffer a guadagno unitario o inseguitore di tensione.
L’elevata resistenza di ingresso della configurazione non invertente è una
proprietà estremamente utile. Essa permette di utilizzare tale circuito come
amplificatore adattatore (buffer) per collegare un generatore di segnale ad alta
impedenza con un carico a bassa impedenza. In molte applicazioni lo stadio
Elettronica a.a. 2008/2009 |
77
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
buffer non deve fornire alcun guadagno di tensione; esso viene usato soprattutto
come adattatore di impedenza o come amplificatore di potenza.
In tali casi, rendendo RF = 0 e R1 = ∞ si ottiene l’amplificatore a guadagno
unitario mostrato nella Figura 3.17(a). Questo circuito viene comunemente
chiamato inseguitore di tensione, dal momento che l'uscita "insegue" l'ingresso.
Nel caso ideale, vOUT = vIN , Rin = ∞, Rout = 0 e l'inseguitore è descritto dal circuito
equivalente mostrato in Figura 3.17(b).
Dal momento che nel circuito inseguitore di tensione l'uscita viene riportata
interamente sull’ingresso invertente, si dice che tale circuito presenta il 100% di
retroazione negativa. Il guadagno infinito dell'amplificatore operazionale fa poi
sì che vid sia uguale a zero e quindi vOUT = vIN .
Figura 3.17 – Inseguitore di tensione con il suo circuito equivalente ideale.
3.4.5. Amplificatori differenza.
Avendo studiato le due configurazioni di base dei circuiti ad operazionale,
siamo ora pronti per considerare un'applicazione abbastanza più sofisticata ma
estremamente importante. In particolare studieremo l'uso degli amplificatori
operazionali per progettare amplificatori di differenza (o sottrattore). Un
amplificatore di differenza risponde alla differenza dei due segnali applicati ai
suoi ingressi e idealmente respinge i segnali che sono comuni ai due ingressi.
Il segnale di ingresso differenziale vid
segnali di ingresso v1 e v2, cioè:
vid = v2 − v1 oppure vid = v( + ) − v( −)
è semplicemente la differenza tra i
.
(3.26)
Il segnale di ingresso di modo comune vcm è la media dei due segnali
di ingresso v1 e v2 ( v ( + ) e v ( − ) ). Cioe:
vcm = (v2 + v1 ) / 2 oppure vcm = (v( + ) + v( −) ) / 2 .
(3.27)
Le equazioni (3.26) e (3.27) possono essere usate per esprimere i segnali
d’ingresso v1 e v2 in termini delle loro componenti differenziale e di modo
comune. Cioè:
78
| Elettronica a.a. 2008/2009
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
v1 = vcm − vid / 2
v2 = vcm + vid / 2
.
(3.28)
Figura 3.18 – Rappresentazione dei segnali v1 e v2 in funzione delle componenti differenziali e di
modo comune.
Sebbene idealmente l'amplificatore di differenza amplifica soltanto il segnale
differenziale vid e “rigetta” completamente il segnale di modo comune vcm , i
circuiti reali hanno una tensione di uscita vOUT data:
vout = Ad ⋅ vid + Acm ⋅ vcm
.
(3.29)
Nell’equazione (3.29) Ad è il guadagno differenziale dell'amplificatore e Acm è il
guadagno di modo comune (idealmente zero). La bontà di un amplificatore
differenziale viene misurata dal grado di reiezione dei segnali di modo comune
rispetto ai segnali differenziali. Ciò viene usualmente quantificato da una misura
conosciuta come rapporto di reiezione del modo comune (C
Common Mode
Rejection Ratio - CMRR), definito come:
CMRR = 20log10
Ad
.
Acm
(3.30)
La necessità di disporre di amplificatori di differenza nasce frequentemente
nel progetto dei sistemi elettronici, specialmente in quelli impiegati nella
strumentazione. Un esempio comune, è un trasduttore che fornisce un piccolo
(per esempio 100 μV) segnale tra i suoi due terminali di uscita mentre ognuno dei
due fili che portano dal trasduttore verso lo strumento di misura potrebbe essere
affetto da un grande segnale di interferenza (per esempio 100 mV) rispetto al
terminale di massa. L'interfaccia dello strumento ha ovviamente bisogno di un
amplificatore di differenza.
Prima di procedere oltre, è opportune rispondere ad un dubbio che
potrebbe, legittimamente sorgere: l'amplificatore operazionale è esso stesso un
amplificatore di differenza, perché allora non utilizzare semplicemente un
Elettronica a.a. 2008/2009 |
79
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
amplificatore operazionale? La risposta è che il guadagno elevatissimo
(idealmente infinito) dell'amplificatore operazionale rende impossibile utilizzarlo
da solo. È invece necessario, come abbiamo fatto in precedenza, realizzare
un'appropriata rete di retroazione da connettere all'operazionale per ottenere
un circuito il cui guadagno a ciclo chiuso sia finito, predicibile e stabile.
L’amplificatore operazionale può essere montato in configurazione differenza
(o configurazione sottrattore) utilizzando lo schema di Figura 3.19.
Figura 3.19 – Amplificatore operazionale in configurazione “sottrattore”.
Per tale configurazione, la tensione di uscita può essere espressa come:
vOUT = v ( − ) − i f ⋅ RF
ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
i f =i 1
⇒
vOUT = v ( − ) − i1 ⋅ RF .
(3.31)
La corrente i1 è data da:
i1 =
v1 − v ( − )
.
R1
(3.32)
Sostituendo l’espressione (3.32) nell’equazione (3.31), si ottiene:
vOUT = v ( − ) −
RF
R + RF ( − ) RF
v1 − v ( − ) ) = 1
v −
v1
(
R1
R1
R1
.
(3.33)
Poiché i terminali d’ingresso di un operazionale ideale sono “equipotenziali”
l’equazione (3.33) può essere riscritta come:
vOUT
R + RF ( − ) RF
= 1
v −
v1
R1
R1
vid ≅ 0 (op amp ideale) ⇒ v( − ) = v( + )
⇒
vOUT =
R1 + RF ( + ) RF
v −
v1 .
R1
R1
(3.34)
80
| Elettronica a.a. 2008/2009
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Sapendo che la corrente i ( + ) è uguale a zero, la tensione v( + ) può essere
ricavata utilizzando la legge del partitore di tensione:
v( + ) =
Rx
v2 .
R2 + Rx
(3.35)
Sostituendo l’espressione (3.35) nell’equazione (3.34), otteniamo:
vOUT =
R1 + RF Rx
R
v2 − F v1 .
R f R2 + Rx
R1
(3.36)
L’equazione (3.36) stabilisce che l’uscita è una combinazione lineare degli
ingressi ma con i coefficienti di polarità opposte.
Un caso particolarmente interessante si presenta quando le coppie di
resistenze nel circuito della Figura 3.19 stanno tra di loro in uguale rapporto:
RF Rx
=
R1 R2
.
(3.37)
Quando questa condizione è rispettata si dice che la rete resistiva forma un
ponte bilanciato. In questa condizione l’equazione (3.36) può essere riscritta
come:
⎛R
⎞ Rx
R
vOUT = ⎜ F + 1⎟
v2 − F v1
R1
⎝ R1
⎠ R2 + Rx
se RF / R1 = Rx / R2
⇒
vOUT =
Rx
R
( v2 − v1 ) = F ( v2 − v1 ) .
R2
R1
(3.38)
L’equazione (3.38) mostra che l segnale di uscita è proporzionale alla
differenza fra i segnali d’ingresso.
Un amplificatore differenziale deve amplificare soltanto la differenza dei
segnali presente sui morsetti di ingresso. Vediamo adesso di valutare cosa
succede se in ingresso è presente un segnale di modo comune. Per fare ciò
consideriamo il circuito di Figura 3.20. In tale circuito si ipotizza che in ingresso
all’amplificatore sia presente soltanto il segnale di modo comune.
Elettronica a.a. 2008/2009 |
81
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Figura 3.20 – Analisi dell’ amplificatore operazionale in configurazione “sottrattore”
per determinare il guadagno di modo comune Acm ≡ vOUT / vcm .
Le tensioni v ( + ) e v ( − ) , presenti ai morsetti d’ingresso dell’amplificatore
operazionale, risultano essere:
v
(+)
Rx
=
vcm
R2 + Rx
vid ≅ 0 (op amp ideale) ⇒ v( − ) = v( + )
⇒
v( −) =
Rx
vcm
R2 + Rx
.
(3.39)
Se applichiamo la legge di Kirchhoff delle tensioni alla maglia composta dal
generatore vcm , dalla resistenza R1 , dalla differenza di potenziale vid ≅ 0 e dalla
resistenza Rx ( in Figura 3.20 maglia c), possiamo scrivere:
i1 =
⎤
Rx
R2
1 ⎡
1
vcm ⎥ = vcm
⋅
⎢vcm −
R1 ⎣
R x + R2
Rx + R2 R1
⎦
.
(3.40)
Se applichiamo la legge di Kirchhoff delle tensioni alla maglia composta dal
generatore vOUT , dalla resistenza RF , dalla differenza di potenziale vid ≅ 0 e dalla
resistenza Rx ( in Figura 3.20 maglia d), possiamo scrivere:
vOUT =
Rx
vcm − i f ⋅ RF
Rx + R2
ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
i f =i1
⇒
vOUT =
Rx
vcm − i1 ⋅ RF
Rx + R2
.
(3.41)
Se nell’equazione (3.41) sostituiamo a i1 l’espressione (3.40), si ha:
⎛ Rx
R2
R ⎞
vOUT = ⎜
−
⋅ F ⎟ vcm
⎝ Rx + R2 Rx + R2 R1 ⎠
(3.41)
⇒
Acm =
Se scegliendo il rapporto delle resistenze
82
| Elettronica a.a. 2008/2009
vOUT
Rx ⎛ R2 RF ⎞
=
⎟
⎜1 − ⋅
vcm
Rx + R2 ⎝ Rx R1 ⎠
R1 R2
otteniamo: Acm = 0 .
=
R f Rx
.
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Oltre a rigettare i segnali di modo comune, un amplificatore differenziale
dovrebbe avere un’elevata resistenza di ingresso. Per determinare la resistenza
d’ingresso tra i due terminali (cioè la resistenza vista da vid ) detta resistenza di
ingresso differenziale ( Rid ), consideriamo il circuito di Figura 3.21 (in questo
circuito per semplicità abbiamo scelto Rx = RF e R 2 = R1 .
Figura 3.21 – Determinazione della resistenza di ingresso dell’amplificatore per il caso di
Rx = RF e R2 = R1 .
La resistenza differenziale di ingresso si definisce come:
Rid ≡
vid
i1
.
(3.42)
Dal momento che i due terminali di ingresso dell’operazionale si trovano allo
stesso potenziale ( v ( + ) ≅ v ( − ) ) per la maglia d’ingresso (in Figura 3.21 maglia c) è
possibile scrivere:
vd = R1 ⋅ i1 + vid + R 1⋅ i1 ⇒ R id =
vd
= 2 R1
i1
.
(3.43)
Si note che se l’amplificatore deve avere un guadagno differenziale
( Ad = RF / R1 ) grande, allora R1 dovrà necessariamente essere relativamente
piccola e la resistenza di ingresso sarà corrispondentemente piccola: questo è
un inconveniente di questo circuito.
3.4.6. Amplificatore per strumentazione.
Il problema della bassa resistenza d’ingresso può essere risolto realizzando un
amplificatore per strumentazione a elevate prestazioni. Tale amplificatore è
costituito da due amplificatori non-invertenti e un amplificatore sottrattore (si
veda Figura 3.22).
Elettronica a.a. 2008/2009 |
83
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Figura 3.22 – Amplificatore per strumentazione.
Nell’amplificatore di Figura 3.22, il terzo operazionale, costituisce con le
resistenze R1 e RF un amplificatore “sottrattore”. Pertanto, come abbiamo già
visto, l’uscita sarà data da:
⎛ R ⎞
⎛ R ⎞
vOUT = ⎜ − F ⎟ ( v1 − v2 ) = ⎜ − F ⎟ ⋅ vod .
⎝ R1 ⎠
⎝ R1 ⎠
(3.44)
Poiché nell’ipotesi di amplificatori operazionali ideali ii(1−) = 0 e ii(2−) = 0 , si ha:
v1 − v2 = vod = ( Rg + 2 R ) ⋅ irg
.
(3.45)
Quindi la tensione d’uscita diventa:
⎛ R ⎞
⎛ R ⎞
vOUT = ⎜ − F ⎟ ( v1 − v2 ) = ⎜ − F ⎟ ⋅ ( Rg + 2 R ) ⋅ irg .
⎝ R1 ⎠
⎝ R1 ⎠
(3.46)
In un amplificatore ideale gli ingressi sono equipotenziali, pertanto ai capi
della resistenza Rg si trova la differenza di potenziale vs1 − vs 2 . Conseguentemente
la corrente irg che scorre in Rg sarà:
irg =
vrg
Rg
=
vS 1 − vS 2
Rg
(3.47)
Sostituendo l’espressione (3.47) nell’equazione (3.46) otteniamo:
84
| Elettronica a.a. 2008/2009
.
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
⎛ 2 R ⎞ ⎛ RF ⎞
⎛ R ⎞
vOUT = ⎜ − F ⎟ ⋅ ( Rg + 2 R ) ⋅ irg = − ( vS 1 − vS 2 ) ⎜1 +
⎟⎜
⎟
⎜
Rg ⎠⎟ ⎝ R1 ⎠
⎝ R1 ⎠
⎝
.
(3.48)
L’amplificatore per strumentazione ideale amplifica la differenza tra i segnali
di ingresso, ed è caratterizzato da un guadagno di tensione dato dal prodotto
dei guadagni relativi agli amplificatori non-invertenti e all’amplificatore
sottrattore. La resistenza di ingresso è infinita per entrambi gli ingressi, in quanto la
corrente di ingresso è nulla per gli operazionali 1 e 2, mentre per effetto
dell’amplificatore sottrattore la resistenza di uscita è nulla.
3.4.7. Convertitore corrente tensione.
Per convertire una corrente in una tensione è sufficiente utilizzare una
resistenza; infatti la tensione ai suoi capi è proporzionale alla corrente che
l’attraversa. La resistenza è pertanto il più semplice convertitore correntetensione. Qualora sia necessario convertire un generatore “reale” di corrente in
uno “ideale” di tensione una semplice resistenza non è sufficiente, è necessario
un circuito più complesso.
Consideriamo il circuito illustrato in Figura 3.23.
Figura 3.23 – Convertitore corrente tensione.
A
causa
della
massa
virtuale
presente
dell’amplificatore operazionale (vid ≅ 0 ⇒ v
vOUT = − RF ⋅ i f + vid
(−)
al
morsetto
invertente
= 0 ) , abbiamo:
⇒ vOUT = − RF ⋅ i f
.
(3.49)
Ricordando che la corrente che entra
dell’operazionale è nulla, possiamo scrivere:
nel
morsetto
invertente
Elettronica a.a. 2008/2009 |
85
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
vOUT = − RF ⋅ i f
ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
i f =is
⇒
vOUT = − RF ⋅ is
.
(3.50)
L’equazione (3.50) mostra che tensione in uscita è proporzionale alla corrente
di cortocircuito del generatore reale all’ingresso; tale tensione è indipendente
dal carico esterno.
Il convertitore corrente-tensione permette di ricondurre la misura della
corrente ad una di tensione e viene pertanto ampiamente utilizzato negli
strumenti che misurano correnti.
3.4.8. Convertitore tensione-corrente
Se il segnale d’ingresso è una tensione e deve essere inviato a un carico
remoto, la corrente di carico dipenderà dalla resistenza che si trova (in serie) tra
il segnale d’ingresso e il carico. Questo comporta una caduta di tensione sulla
resistenza serie. Tale caduta di tensione può avere effetti, anche pesanti, in
termini di errore sulla tensione ai capi del carico. Una variazione della resistenza
di carico, dovuta a invecchiamento o a effetti della temperatura, contribuisce
all’errore. Per evitare questi problemi, e per ottenere una corrente che non
dipenda dal carico e dall’eventuale resistenza serie , si può utilizzare il circuito
illustrato in Figura 3.24.
Figura 3.24 – Convertitore tensione-corrente.
Considerando un amplificatore operazionale ideale, la corrente ii( − ) = 0 .
Pertanto la corrente che scorre nella resistenza di carico (RL) è uguale a quella
che scorre nella resistenza (Ra). Inoltre abbiamo che vid ≅ 0 . Con queste ipotesi:
Ra ⋅ ia =
vS − vid
Ra
vid ≅0 (ipotesi di Op Amp ideale)
⇒
(3.51)
86
| Elettronica a.a. 2008/2009
iL =
vS
Ra
.
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
L’equazione (3.51) mostra che la corrente iL che scorre nella resistenza di
carico RL dipende solo da vs e da Ra, ma non da RL. Per un determinato valore di
Ra, iL è direttamente proporzionale a vs.
Si osservi che nessuno dei terminali del carico è collegato a massa, per cui il
carico è flottante. Il vantaggio di questa configurazione è che non c’è sul carico
alcun segnale a modo comune (per esempio rumore).
3.4.9. Integratore
Un integratore è un circuito la cui uscita è proporzionale all’integrale del
segnale di ingresso.
Un circuito che esegue la funzione di integrazione può essere realizzato
tramite un amplificatore operazionale in configurazione invertente dove la
resistenza RF nell’amplificatore è sostituita con un condensatore CF (si veda
Figura 3.25)
Figura 3.25 – Sostituzione del resistore di reazione nell’amplificatore invertente in (a) produce un
integratore in (b).
Sapendo che il terminale invertente dell’amplificazione operazionale
rappresenta una massa virtuale e che la corrente d’ingresso al morsetto
invertente è nulla (vedi Figura 3.26), possiamo scrivere:
⎫ ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
iC =iR
⎪⎪
vIN
dv
⇒
= −CF OUT
⎬
R
dt
dv
1
iC = −C OUT ⎪
dt ⎪⎭
iR =
vIN
R1
⇒ dvOUT = −
1
dt .
R1CF
(3.52)
Elettronica a.a. 2008/2009 |
87
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
Figura 3.26 – Circuito integratore – massa virtuale.
Integrando entrambi i membri l’equazione (3.52) si ottiene:
∫ dvOUT = ∫ −
t
1
1
vs dτ ⇒ vOUT ( t ) = −
vS (τ ) dτ + vOUT (0) . (3.53)
R1CF
R1CF ∫0
L’equazione (3.53) mostra che il segnale presente in uscita è proporzionale
all’integrale del segnali d’ingresso.
Il valore iniziale della tensione di uscita è determinata dalla tensione del
condensatore all’istante t = 0: vOUT(0) = VC(0). La tensione di uscita, quindi, è data
dalla somma della tensione iniziale sul condensatore e dell’integrale del segnale
di ingresso a partire dall’istante iniziale, assunto pari a t = 0 in questa analisi.
L’integratore ad amplificatore operazionale è un circuito molto importante in
elettronica. Infatti, esso trova larga applicazione nei generatori di funzione, nei
filtri attivi, nei convertitori analogico-digitale, nei sistemi di controllo analogici.
3.4.10. Derivatore
Un derivatore è un circuito la cui uscita è proporzionale alla derivata rispetto
al tempo del segnale di ingresso.
Anche l’operazione di derivazione può essere eseguita con circuiti basati su
amplificatori operazionali.
Il circuito derivatore può essere ottenuto semplicemente scambiando il
condensatore con la resistenza nel circuito integratore.
Figura 3.27– Circuito derivatore.
88
| Elettronica a.a. 2008/2009
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
L’analisi del circuito è simile a quella relativa all’integratore. Poiché il terminale
invertente rappresenta una massa virtuale e in esso non scorre corrente,
possiamo scrivere:
vOUT ⎫ ii( − ) =0 (ipotesi di Op Amp ideale)
iC =iR
dv
RF ⎪⎪
vOUT = − RF C IN .
⇒
⎬
dt
dv
iC = C IN ⎪
dt ⎪⎭
(3.54)
iR = −
Figura 3.26 – Circuito derivatore – massa virtuale.
L’equazione (3.54) mostra che la tensione di uscita risulta proporzionale alla
derivata della tensione di ingresso.
I circuiti derivatori sono considerati instabili dal punto di vista elettronico,
perché l’operazione di derivata è “rumorosa”. Con un circuito derivatore le
componenti ad alta frequenza del segnale in ingresso sono enfatizzate. Per
questa ragione, il circuito derivatore non è così diffuso e utile quanto
l’integratore, e viene usato raramente nelle applicazioni pratiche.
Elettronica a.a. 2008/2009 |
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