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Capitolo Sesto
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La formazione del contratto
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Il codice non detta norme precise in merito alla formazione degli atti negoziali in generale, limitando infatti la sua disciplina ai soli contratti.
La loro formazione, infatti, avviene mediante l’incontro delle volontà ed
in particolare della proposta e dell’accettazione che si «combinano» in un
accordo (cd. «consensus in idem placitum»).
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1. LA PROPOSTA
ht
©
Es
se
È una dichiarazione unilaterale di volontà recettizia. Quando interviene l’accettazione del destinatario, che perfeziona l’accordo, la proposta diviene vincolante in quanto fusa nell’unica volontà contrattuale.
Una accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta
(art. 1326).
La proposta è revocabile fino a che il proponente non ha avuto conoscenza
dell’accettazione dell’altra parte (art. 1328).
La stessa proposta può essere rivolta a più persone (cd. offerta al pubblico,
art. 1336).
Perde efficacia quando l’accettazione non interviene entro il termine stabilito dal proponente.
Intrasmissibilità della proposta: la proposta è caducata dalla morte o sopravvenuta incapacità a contrarre del proponente, anteriore alla conoscenza
dell’intervenuta accettazione. Tuttavia, la proposta non perde efficacia se fatta
dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa, salvo che si tratti di un piccolo imprenditore (art. 1330).
yr
ig
La proposta può essere irrevocabile; ciò si verifica quando c’è una:
— cd. proposta ferma: quando, per volontà del proponente, è accompagnata
da un termine entro il quale il destinatario può accettare (art. 1329). In
questo caso la proposta resta irrevocabile per la durata del termine;
— proposta nei contratti con obbligazioni a carico del solo proponente:
appena giunge a concoscenza del destinatario (art. 1333).
C
op
Nell’opzione
䉴 Nozione: Si ha opzione quando le parti convengono che la parte proponente è
vincolata alla proposta, mentre il destinatario è libero di accettarla o meno
(art. 1331). Pertanto, a differenza della proposta irrevocabile ex art. 1329, nel
caso della opzione la irrevocabilità discende da un vincolo contrattuale intervenuto tra le parti e non da una dichiarazione unilaterale del proponente
䉴 Effetti: La proposta si considera irrevocabile; se non è fissato un termine per
l’accettazione, questo è stabilito dal giudice (art. 1183)
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Parte Sesta - Obbligazioni e contratti
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Talvolta la proposta anziché essere indirizzata ad un soggetto determinato,
può essere diretta ad incertam personam, cioè al pubblico affinché sia accettata da persona a cui convenga.
È questa la cd. ipotesi di offerta al pubblico (art. 1336).
Se la dichiarazione non contiene tutti gli elementi essenziali del contratto che
si vuole concludere, non è qualificabile come «proposta contrattuale» (tale ad es.
un cartello «vendesi», affisso ad un bene) bensì come «invito a proporre».
i
Differenze
2. L’ACCETTAZIONE
Es
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Dal contratto di opzione si distingue il patto di prelazione, che è un contratto con cui un soggetto
(cd. promittente) si obbliga a dare ad un altro soggetto (cd. prelazionario) la preferenza rispetto ad
altri, a parità di condizioni, nella eventualità in cui decida di stipulare un determinato contratto.
L’opzione, poi, si distingue dal contratto preliminare in virtù del quale una o entrambe le
parti si obbligano a stipulare un futuro contratto; dall’opzione, infatti, non discende l’obbligo
di concludere un contratto, bensì il diritto potestativo dell’opzionario di accettare o meno la
proposta del concedente, di modo che l’effetto finale si produce semplicemente con la dichiarazione di accettazione della parte non obbligata, essendo la proposta già manifestata.
Qualche perplessità può sorgere con riferimento al contratto preliminare unilaterale, in cui
l’obbligo a contrarre è assunto da una sola parte, ma mentre in tal caso alla dichiarazione
dell’altra parte deve poi seguire la stipula del definitivo, in caso di opzione la dichiarazione
dell’opzionario vale a perfezionare direttamente il contratto finale.
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È un atto prenegoziale e consiste in una dichiarazione di volontà recettizia di adesione alla proposta.
Quando l’accettazione arriva a conoscenza del proponente il contratto si
conclude, sempre che sia conforme alla proposta (art. 1326).
Deve essere tempestiva, incondizionata e conforme a tutte le clausole contenute nella proposta: se è anche parzialmente difforme, o se giunge a conoscenza del proponente oltre il termine pattuito (1) o ordinariamente necessario, vale
solo come controproposta.
Deve essere fatta alla persona del proponente o ad un suo rappresentante
(perché è dichiarazione recettizia).
Anche l’accettazione può essere revocata (rectius ritirata), purché la revoca giunga al proponente prima dell’accettazione stessa (art. 1328 comma 2).
L’accettazione, come la proposta, si reputa conosciuta nel momento in cui
perviene all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia (sussiste, quindi, una presunzione relativa di conoscenza).
Manca un’accettazione espressa quando il contratto si conclude con l’inizio dell’esecuzione. In tali casi l’esecuzione del contratto, che avviene prima
della risposta dell’accettante equivale all’accettazione; e ciò può verificarsi per
richiesta del proponente, per gli usi o per la natura dell’affare.
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(1) In tal caso, però, al proponente è riconosciuta la facoltà di considerarla, ugualmente, «accettazione»
purché ne dia immediata comunicazione alla controparte.
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Capitolo Sesto - La formazione del contratto
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Esempio: scrivo ad un libraio di spedirmi un libro. Il libraio me lo invierà direttamente, senza
scrivermi prima per manifestarmi di accettare la mia proposta.
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In questi casi il contratto si conclude nel tempo e nel luogo in cui ha inizio
l’esecuzione (art. 1327), ed il proponente non potrà revocare la proposta dopo
che l’altra parte abbia iniziato ad eseguire la prestazione richiesta.
L’accettazione può anche essere tacita: in tal caso essa deve risultare da un
comportamento manifesto ed inequivocabile (cd. «facta concludentia»).
L’accettante deve comunque dare con immediatezza avviso all’altra parte di
aver iniziato l’esecuzione: in mancanza sarà tenuto a un risarcimento del danno.
3. MOMENTO PERFEZIONATIVO DELL’ACCORDO
se
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Il contratto è concluso quando il proponente viene effettivamente a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte (art. 1326).
Il principio cd. «della cognizione» è mitigato dal legislatore con la presunzione che l’accettazione si ritiene conosciuta quando è giunta all’indirizzo del
destinatario («teoria della ricezione»). Si tratta di una presunzione iuris tantum che ammette, pertanto, la prova contraria (art. 1335).
4. IL CONTRATTO PER ADESIONE
Es
È un contratto predisposto dal proponente con clausole prestabilite il cui
contenuto non può essere discusso dall’altro contraente: se vuole stipulare
deve aderire a tutto ciò che è stato proposto.
Rientrano in questa figura le condizioni generali di contratto (art. 1341) e i
contratti stipulati mediante moduli o formulari (art. 1342).
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䉴 Eliminare la fase delle trattative per accelerare le contrattazioni
䉴 Sancire la supremazia di una parte sull’altra, limitando la libertà delle trattative
Funzione
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䉴 Possibilità di contrarre con un gran numero di soggetti (es.: contratti
con imprese di trasporti, di assicurazione)
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Garanzia per il contraente più debole
䉴 Le condizioni generali di contratto sono efficaci nei confronti del
l’aderente se questi le conosceva o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza (art. 1341 comma 1)
䉴 Le clausole vessatorie (es.: limitazioni di responsabilità, facoltà di
recedere dal contratto) sono valide se approvate separatamente per
iscritto (art. 1341 comma 2)
5. I CONTRATTI DEL CONSUMATORE (D.Lgs. 206/2005)
C
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Con l’emanazione del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), il legislatore ha
provveduto — beneficiando dei contributi medio tempore apportati dall’evoluzione dottrinale e
giurisprudenziale — al riordino ed alla semplificazione della normativa afferente ai diritti del
consumatore, avendo cura di assicurare, nel contempo, il necessario coordinamento con la normativa comunitaria e l’armonizzazione delle diverse definizioni di consumatore, professionista,
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Parte Sesta - Obbligazioni e contratti
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produttore e venditore. Il risultato di tale operazione, peraltro insito nella natura di ogni codificazione, è di evidenza immediata: la possibilità per il consumatore di consultare, in un unico testo,
tutte le disposizioni dettate a tutela della sua posizione di contraente debole.
Nel merito, l’art. 36 del Codice del consumo ribadisce la nullità delle clausole vessatorie
(individuate come tali ai sensi del 2° comma dell’art. 33 e dell’art. 36 medesimo) inserite nel
contratto concluso tra professionista e consumatore, cioè di quelle clausole che, malgrado la
buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli
obblighi derivanti dal contratto (art. 33). Si parla di inefficacia parziale, poiché il contratto resta
valido per la parte non inficiata dalle clausole abusive. La nullità delle clausole è rilevabile anche
d’ufficio, ma esclusivamente a vantaggio del contraente debole.
L’art. 35, che riproduce il disposto dell’art. 1469quater, prescrive l’obbligo per il professionista di
redigere le clausole, ove proposte per iscritto, in modo chiaro e comprensibile; sancisce inoltre la prevalenza, in caso di dubbio sul senso di una clausola, dell’interpretazione più favorevole al consumatore.
L’art. 37 (già art. 1469sexies) disciplina il promovimento dell’azione inibitoria, consentendo
alle associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti ed alle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, di convenire in giudizio non solo il professionista che effettivamente utilizzi le clausole, ma anche i professionisti o le associazioni di professionisti che semplicemente ne raccomandino l’inserzione. Con riguardo alle azioni esercitate dalle associazioni dei consumatori, la disposizione in esame rinvia all’art. 140 per quanto non espressamente previsto.
La tutela apprestata dalla norma è di significativo spessore, poiché affianca alla debole difesa
individuale lo strumento, ben più incisivo, dell’azione collettiva.
L’art. 139 del Codice del consumo, nel ridisegnare la materia della legittimazione ad agire,
dispone che le associazioni dei consumatori e degli utenti, inserite in un apposito elenco (v. art. 137,
D.Lgs. 206/2005 Codice del consumo), sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei
consumatori e degli utenti nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi contemplati dal codice
stesso e dalle leggi in materia di esercizio delle attività televisive (L. 223/1990 e L. 122/1998) e in
quelle concernenti la pubblicità dei medicinali per uso umano (D.Lgs. 541/1992 e L. 362/1999).
Quanto alle cosiddette class action, la legge finanziaria 2008 ha introdotto nel nostro ordinamento l’azione collettiva risarcitoria, per tale intendendosi la possibilità che un’associazione promuova
da sola un’azione legale che eviti ai singoli consumatori di dover azionare individualmente i propri
diritti (identici in ordine all’an debeatur eventualmente diversi in ordine al quantum debeatur), conseguenti ad una medesima violazione (v. art. 140bis Codice del consumo, in vigore dal 2-1-2009, ex art.
36, D.L. 112/2008).
Infine, dall’impianto del nuovo codice appare manifesta la volontà di incentivare la composizione stragiudiziale delle controversie, al duplice fine di pervenire ad una più rapida definizione
delle medesime e di alleggerire il contenzioso nelle aule di giustizia.
Per la nozione di class action, v. amplius in Appendice.
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6. IL CONTRATTO PRELIMINARE
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Contratto preliminare è quello con il quale una o entrambe le parti si obbligano a prestare un futuro consenso, cioè a concludere in un momento successivo il contratto definitivo.
Il contratto preliminare può vincolare entrambi gli stipulanti a prestare il
futuro consenso oppure uno solo di essi.
Siamo dunque in presenza di un caso tipico di formazione progressiva del
contratto, con una specifica peculiarità: il contratto preliminare, pur inserendosi nella fase delle trattative, si stacca da esse in quanto è un contratto ad
effetti obbligatori, già perfetto, anche se svolge una funzione preparatoria rispetto al futuro contratto definitivo, del quale determina il contenuto.
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Capitolo Sesto - La formazione del contratto
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Per l’articolo 1351 il contratto preliminare è nullo se non è stipulato nella
stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo quando per
quest’ultimo è richiesta una forma ad substantiam.
Giurisprudenza
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Tuttavia, come precisato da recente giurisprudenza (Cass. 5197/2008), nei contratti per i quali
è prevista la forma scritta ad substantiam (es. contratto di compravendita immobiliare) tale
prescrizione riguarda esclusivamente gli elementi essenziali del contratto (consenso, res, petitum), che devono risultare dall’atto stesso e non possono ricavarsi aliunde, mentre non si
estende agli elementi accidentali del negozio, quali una condizione oppure il termine per la
stipula del contratto definitivo, in relazione al quale ultimo, pertanto, la rinunzia delle parti o
la modifica dello stesso non richiede la forma scritta.
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Pertanto, un contratto preliminare di compravendita immobiliare deve, a pena di nullità,
essere stipulato per iscritto.
se
Il contratto preliminare è qualificato:
— bilaterale se entrambe le parti si obbligano a stipulare un futuro contratto;
— unilaterale se, invece, una sola delle parti si obbliga a prestare il suo consenso mentre l’altra rimane libera di addivenire alla stipulazione del futuro
contratto.
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Se il soggetto obbligato a contrarre non adempie, l’altra parte può:
— chiedere la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento e la
condanna dell’inadempiente al risarcimento del danno;
— provocare, mediante domanda giudiziale, l’emanazione di una sentenza costitutiva: tale sentenza tiene luogo del consenso e produce gli stessi effetti del
contratto definitivo non concluso (art. 2932, cd. esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto).
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La L. n. 30/1997 ha previsto l’obbligatorietà della trascrizione del contratto preliminare avente ad oggetto taluni dei contratti elencati nell’art. 2643 c.c., se lo stesso risulta da atto pubblico o
da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
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È il negozio con il quale il creditore (cedente)
trasferisce ad altro soggetto (cessionario) il proprio diritto di credito, dando vita ad una modificazione soggettiva nel lato attivo del rapporto
obbligatorio.
Il cedente è tenuto a garantire al cessionario l’esistenza e la validità dell’obbligazione (cd. nomen
verum: art. 1266 c.c.), non è invece tenuto a garantire la solvibilità del debitore, salvo che ne
abbia assunto l’onere (cd. nomen bonum: art.
1267 c.c.)
Per la validità della (—), normalmente, non è
necessaria l’accettazione od il consenso del debitore ceduto, per il quale è solitamente indifferente adempiere all’uno o all’altro creditore. Diversamente, l’efficacia della cessione nei confronti
del debitore ceduto e nei confronti dei terzi è subordinata all’espletamento di taluni oneri.
Così la cessione è efficace:
— nei confronti del debitore ceduto (art. 1264
c.c.) quando è stata accettata dal debitore
oppure gli è stata notificata; tuttavia, il debitore che paghi al cedente prima della notificazione della (—) non è liberato se si dimostri che egli era comunque a conoscenza
della (—) stessa.
Il debitore può opporre al cessionario le stesse eccezioni che poteva opporre al cedente,
e cioè eccezioni di natura personale (es.:
pagamento già effettuato) o di natura reale
(relative cioè alla validità ed efficacia del
negozio);
— nei confronti dei terzi (art. 1265 c.c.). Se
uno stesso credito è stato ceduto a più soggetti, l’acquisto si verifica solo a favore di
chi, per primo, lo ha notificato al debitore o
per primo ha ricevuto l’accettazione di questi, con atto di data certa.
li
Cessione del credito artt. 1260 ss. c.c.
bito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c., ovvero in conseguenza di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali scorrette o di comportamenti
anticoncorrenziali, quando sono lesi i diritti di
una pluralità di consumatori o di utenti», disciplinate dall’art. 140bis. D.Lgs. 206/2005 (introdotto dall’art. 2, co. 446, L. 244/2007 ed in vigore dal 2-1-2009).
L’applicazione della disciplina riguarda soltanto i diritti dei consumatori che hanno sottoscritto contratti standard, ossia che hanno aderito a
moduli o formulari contenenti condizioni generali di contratto volte a disciplinare in modo uniforme determinati rapporti contrattuali (art.
140bis).
La class action può essere esercitata se è diretta
a far valere la responsabilità del fornitore professionale di beni o servizi per la lesione dei diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. Sarà il giudice a dover stabilire se sussiste,
nel caso concreto, un interesse collettivo suscettibile di adeguata tutela (art. 140bis, 3° comma).
La tutela collettiva dei diritti dei consumatori si
aggiunge alle azioni (di tipo risarcitorio, inibitorio etc.) che i consumatori possono esercitare singolarmente. Infatti, ciascun consumatore potrà
scegliere se aderire o meno all’azione collettiva.
Le due azioni sono autonome, per cui l’esercizio dell’azione collettiva non impedisce al singolo consumatore o utente di promuovere l’azione individuale, e viceversa; analogamente,
l’eventuale rigetto dell’azione collettiva non
impedisce l’accoglimento dell’azione individuale autonomamente proposta in un altro giudizio,
e viceversa. Detta autonomia, tuttavia, viene
meno qualora il singolo utente o consumatore
aderisca all’azione collettiva (comunicando
l’adesione per iscritto al soggetto che propone
l’azione) o intervenga nel giudizio promosso con
tale azione: in tal caso, infatti, la sentenza che
definisce il giudizio produce effetti anche nella
sua sfera giuridica (art. 140bis, 5° comma).
L’esercizio della class action è riservato dalla
legge a determinati «enti esponenziali» (rappresentativi di un numero potenzialmente indeterminato di consumatori o utenti), ovvero:
— le associazioni dei consumatori e degli
utenti rappresentative a livello nazionale, inserite nell’elenco istituito presso il ministero delle attività produttive (art. 140bis, 1°
comma);
— le associazioni e i comitati adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi
se
Come nella (—) dei crediti, anche in questo caso
il cedente è tenuto a garantire il nomen verum,
ossia l’esistenza di un contratto valido. Se ha
assunto anche la garanzia dell’adempimento del
contratto, egli risponde come un fideiussore [vedi
→ Fideiussione] per le obbligazioni del contraente ceduto.
Class action art. 140bis D.Lgs. 206/2005
C
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Cause promosse «a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti» ed aventi ad
oggetto «l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme
spettanti ai singoli consumatori o utenti nell’am-
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Cessione del credito
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Clausola penale artt. 1382 ss. c.c.
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È un patto accessorio e sussidiario col quale le
parti stabiliscono l’obbligo di pagare una determinata somma (cd. penale) nel caso di inadempimento; essa, quindi, ha la funzione primaria
di liquidare preventivamente i danni, ma rappresenta altresì una specie di pena per l’inadempimento, in quanto è dovuta indipendentemente dalla prova della esistenza stessa del danno
(agevolando il creditore, che non deve dimostrare
il pregiudizio subito).
Nonostante quest’ultima funzione, la legge, però,
consente al giudice il potere di diminuire equamente l’ammontare della penale (art. 1384 c.c.);
tale regola è, secondo la giurisprudenza, riconducibile al principio generale che reprime l’usura.
br
È un elemento del contratto: essa indica le singole disposizioni in cui si concreta l’accordo.
Generalmente, le (—) sono concordate dalle
parti, ma l’art. 1339 c.c. prevede i casi di inserzione automatica ex lege, anche in sostituzione
di (—) difformi apposte dalle parti.
Alcune (—) sono singolarmente disciplinate.
li
Clausola
vono conferire alla massa attiva del patrimonio
ereditario tutti i beni loro donati in vita dal defunto, in modo da dividerli con gli altri coeredi,
in proporzione delle rispettive quote ereditarie.
Non sono, comunque, soggette a (—) le spese di
mantenimento, educazione, malattia, nozze, precedentemente corrisposte dal defunto.
La (—), dunque, svolge la funzione di mantenere tra i coeredi del de cuius, anche riguardo ai
beni donati, la proporzionalità di quote stabilita
dal testamento o dalla legge.
La (—) può realizzarsi in natura, rendendo materialmente alla massa ereditaria il bene ricevuto in donazione, ovvero per imputazione, addebitando alla propria quota ereditaria il valore
del bene già ricevuto.
La (—) per imputazione costituisce regola costante per i beni mobili ed il danaro; per gli immobili, invece, il conferente può scegliere tra (—
) in natura o per imputazione.
I soggetti tenuti alla (—) possono essere dispensati dall’attuarla dal defunto, nello stesso atto di
donazione, nel testamento, in un altro contratto
o atto unilaterale inter vivos. Tale dispensa ha
effetto solo se non supera i limiti della quota disponibile (art. 737 c.c.).
se
fatti valere (art. 140bis, 2° comma), cioè
gruppi di consumatori o utenti formati unicamente per quella particolare occasione.
Clausola vessatoria art. 1341 c.c.; D.Lgs. 69-2005, n. 206
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È quella che impone particolari oneri ad uno dei
contraenti. L’art. 1341 c.c. contiene una elencazione, considerata tassativa, di (—), disponendo, ai fini della loro efficacia, che esse siano
approvate specificamente per iscritto se contenute in condizioni generali di contratto o in contratti preordinati da una parte e conclusi con
l’adesione a moduli o formulari prestampati.
A particolare tutela del consumatore è stato, da ultimo, emanato il Codice del consumo (D.Lgs. 206/
2005), che sancisce l’inefficacia delle (—) abusive
poste nei contratti (aventi ad oggetto la cessione di
beni o la prestazione di servizi) conclusi tra consumatori e professionisti. Sono considerate (—) quelle
che comportano una sproporzione tra diritti ed obblighi del contraente e quelle che alterano notevolmente l’iter di formazione del contratto.
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Collazione artt. 737 ss. c.c.
C
È l’istituto secondo il quale i figli legittimi e
naturali, i loro discendenti legittimi e naturali ed
il coniuge, che concorrono alla successione, de-
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Comitato
Colpa artt. 1176, 1218, 1227, 1229, 1338, 2043
c.c.
È, oltre al dolo [vedi →], l’elemento soggettivo
che integra la fattispecie dell’atto illecito [vedi →].
Essa deriva dalla violazione dei doveri di diligenza, perizia o prudenza ovvero dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline
nell’esercizio di una attività.
La (—) si sostanzia nella non volontarietà dell’evento, che è cagionato da un comportamento
negligente, imprudente o imperito.
In relazione al grado di diligenza richiesto si distingue tra (—):
— grave, che deriva dalla inosservanza di quel
minimo di diligenza che tutti dovrebbero
avere;
— lieve, determinata dalla violazione della diligenza media (art. 1176 c.c.);
— lievissima, che si ha quando, per legge o per
accordo, si pretenda una diligenza superiore
alla media.
Il danno cagionato da un comportamento colposo è fonte di responsabilità [vedi →].
Comitato art. 39 c.c.
È un ente collettivo composto da un gruppo di
persone che, attraverso un’aggregazione di mezzi
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