SOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI DELLA DINAMICA DI UN SISTEMA MECCANICO ELASTICO LINEARE F. MARCUZZI∗ 1. Integrazione nel tempo. In generale, integrare nel tempo le equazioni di moto di un sistema meccanico elastico lineare significa risolvere numericamente il seguente sistema di equazioni differenziali ordinarie: (1.1) ¨ + Gd(t) ˙ + Kd(t) = f (t) M d(t) y(t) = Hd(t) dove le matrici M , G e K descrivono, rispettivamente, la massa, lo smorzamento e la rigidezza delle componenti del sistema fisico, e fh (t) rappresenta il vettore di forze esterne (il termine forzante) e supponiamo dunque che le misure sperimentali siano esprimibili mediante combinazioni lineari degli spostamenti d(t) descritte dalla matrice H. Il significato fisico della soluzione puó essere molto differente da caso a caso e dipende dalla formulazione del modello utilizzato. Ad esempio, l’equazione (1.1) puó descrivere le piccole deformazioni attorno ad un punto di equilibrio per un sistema elastico continuo (nello spazio) vincolato da adeguate condizioni al contorno, e dunque il modello utilizzato é tipicamente una discretizzazione agli elementi finiti delle equazioni dell’elasticitá lineare. Oppure, puó descrivere il moto nello spazio 3D di un sistema di corpi rigidi, e dunque il modello utilizzato é tipicamente l’assemblamento di componenti a parametri concentrati (es. un modello multi-body). Ovviamente esistono moltissime varianti e combinazioni. I metodi numerici per l’integrazione nel tempo di questo sistema di equazioni differenziali possono essere suddivisi in due classi: • metodi che risolvono il sistema del second’ordine nel tempo; • metodi che trasformano il sistema (1.1) in un equivalente sistema del primo ordine. Ad ognuna di queste classi é dedicata una delle sezioni seguenti. Ognuna di queste classi comprende metodi impliciti e metodi espliciti. I metodi impliciti sono in generale piú onerosi dal punto di vista computazionale ma incondizionatamente stabili, mentre i metodi espliciti sono piú leggeri ma se non sono garantite le condizioni di stabilitá possono produrre soluzioni numeriche aberranti. Nel caso in cui il sistema di equazioni differenziali risulti stiff, gli unici metodi numerici applicabili risultano quelli impliciti. 1.1. Metodi per sistemi di equazioni differenziali del second’ordine nel tempo. 1.1.1. Un metodo esplicito. 1.1.2. Newmark. 1.1.3. α-metodo. ∗ Dipartimento di Matematica Pura ed Applicata, Universita‘ di Padova, 35131 Padova, Italy ([email protected]). 1 1.2. Metodi per sistemi di equazioni differenziali del primo ordine nel tempo. Vediamo innanzitutto la riformulazione di (1.1) come sistema del primo ordine nel tempo: (1.2) (1.3) ẋ(t) = Ax(t) + Bu(t) = f (x(t), u(t)) y(t) = Cx(t) + Du(t) ˙ f (t) d(t) dove x(t) = é detto anche vettore di stato, u(t) = é detto anche 0 d(t) vettore degli ingressi, e: −M −1 G −M −1 K M −1 A= , B= I 0 0 C= 0 H , D=0 Tra i metodi possibili per discretizzare la (1.2) nel tempo, indichiamo il θ-metodo [5] ed i metodi multi-step. Detto τ il passo temporale (o periodo di campionamento) ed x(k) = x(kτ ), il θ-metodo approssima la derivata nel tempo con il rapporto incrementale e sostituisce il membro destro con una media pesata ( da 0 ≤ θ ≤ 1 ) dei suoi valori agli istanti k e k + 1: (1.4) x(k + 1) − x(k) = [(1 − θ)f (x(k), u(k)) + θf (x(k + 1), u(k + 1))] τ 1.2.1. Eulero esplicito (forward Euler, θ = 0). Si ha: x(k + 1) = x(k) + τ f (x(k), u(k)) = x(k) + τ (Ax(k) + Bu(k)) (1.5) x(k + 1) = (I + τ A)x(k) + τ Bu(k) 1.2.2. Eulero implicito (backward Euler, θ = 1). Si ha: x(k + 1) = x(k) + τ f (x(k + 1), u(k + 1)) = x(k) + τ (Ax(k + 1) + Bu(k + 1)) (I − τ A)x(k + 1) = x(k) + τ Bu(k + 1) (1.6) 1.2.3. Crank-Nicholson (θ = 21 ). Si ha: x(k + 1) = x(k) + 12 τ [f (x(k), u(k)) + f (x(k + 1), u(k + 1))] = x(k) + 12 τ [A(x(k) + x(k + 1)) + B(u(k) + u(k + 1))] (1.7) (I − 21 τ A)x(k + 1) = (I + 12 τ A)x(k) + 12 τ B(u(k) + u(k + 1)) 1.2.4. Metodi multi-step. 2. Analisi in frequenza. 2 2.1. Caso di sistema non smorzato o con smorzamento proporzionale. Si comincia con il prendere in esame il comportamento dell’equazione (1.1) nel caso G = 0 e senza l’apporto delle forze esterne. Cioé (2.1) Md̈ + Kd = 0 Si assume che la soluzione di questa equazione sia di tipo armonico e quindi abbia la forma d = Ucos(ωt − α) (2.2) e la si sostituisce all’interno dell’eq(2.1). Questa sostituzione da luogo ad un equivalenza di notevole importanza chiamata Problema degli autovalori generalizzato, cioé (K − ω 2 M)U = 0 (2.3) oppure in altra forma M−1 KU = ω 2 U (2.4) la soluzione di questa equazione algebrica dará come risultato, come é noto, una n-upla di autovalori ω 2 o frequenze naturali elevate al quadrato. Ad ogni autovalore é associato un autovettore o modo naturale U . N-upla di autovettori Ui rappresenta una base per lo spazio vettoriale che lo identifica o autospazio. 2.1.1. Proprietá. Dal momento che le matrici M e K sono semidefinite positive gli autovalori ω 2 sono tutti positivi o nulli. Gli autovalori nulli, in particolare, corrispondono ai modi di moto rigido del sistema. Quindi, (2.5) 2 0 ≤ ω12 ≤ ω22 ≤ . . . ≤ ωi2 ≤ . . . ≤ ωN Gli autovettori del sistema sono dei vettori le cui componenti possono essere scalate a piacimento, sempre mantenendo lo stesso rapporto. Questa operazione si chiama normalizzazione se l’autovettore viene scalato in modo tale che ogni suo elemento abbia un unico valore. Denotiamo φr r-esimo modo normalizzato. Per cui si ottiene (2.6) Ur = cr φr dove cr é un opportuna costante. Consideriamo l’n-upla φ1 . . . φN di vettori normalizzati in modo tale che siano anche ortogonali fra loro. Possiamo dunque formare una matrice modale in cui le sue colonne sono formate dai modi normalizzati. Cioé (2.7) Φ= φ1 φ2 3 . . . φN Questa operazione é sempre possibile, anche nel caso in cui si hanno gli autovalori uguali, ωi = ωj . In questo particolare caso, per garantire l’ortogonalitá della matrice, si devono considerare combinazioni lineari tra gli autovettori uguali. La matrice cosi fatta puó essere usata per consentire di diagonalizzare le matrici di massa e di rigidezza. Si ha infatti, (2.8) (2.9) M̄ = Φ−1 MΦ = diag(M1 M2 . . . Mn ) K̄ = Φ−1 KΦ = diag(K1 K2 . . . Kn ) Se inoltre, la scelta di normalizzare i modi del sistema é fatta in modo da ottenere la matrice di massa unitaria Φ−1 MΦ = I (2.10) allora la matrice di rigidezza sará cosi composta (2.11) Φ−1 KΦ = Λ = diag(ω1 ω2 . . . ωN ) Il significato fisico degli autovalori e degli autovettori del sistema in stretta relazione con la dinamica del moto del sistema meccanico. Il vettore dei modi ortogonali definito nella matrice modale Φ una base per lo spazio N-dimensionale in cui agiscono le traiettorie del moto. Cio possibile scomporre il vettore delle coordinate fisiche del sistema come (2.12) u(t) = N X cr φr cos(ωr t − αr ) r=1 dove α rappresenta lo sfasamento. Il moto elastico del sistema é scomponibile in N modi di vibrazione per cui la loro forma é data dagli autovettori mentre le frequenze sono definite dalle radici degli autovalori del problema generalizzato. Una particolare osservazione va fatta considerando l’i-esima componente di ogni autovettore. Questa corrisponde, nella matrice modale alla riga i-esima. Essa rappresenta il valore di ogni forma d’onda nella particolare variabile ui del vettore delle coordinate fisiche. Nel caso in cui la componente j-esima di questo vettore sia uguale a zero, il modo φj non concorre nel provocare effetti in ui . Si evidenzia questo fatto dichiarando il modo j-esimo come nodo per la variabile i-esima. 2.1.2. Coordinate principali. Il cambiamento di base, attraverso la matrice modale, permette di convertire l’equazione del moto in (1.1) in un nuovo sistema di coordinate algebricamente equivalente a quello di partenza. Questa nuova base, definita dal vettore η, é determinata dalla seguente trasformazione sul vettore delle coordinate fisiche u (2.13) u(t) = Φη(t) 4 le η sono anche chiamate coordinate principali. Andando a sostituire l’espressione appena trovata in (1.1) si ottiene la seguente equazione del moto in coordinate principali (2.14) M̄η̈ + C̄η̇ + K̄η = F̄ con (2.15) (2.16) (2.17) (2.18) M̄ = Φ−1 MΦ C̄ = Φ−1 CΦ K̄ = Φ−1 KΦ F̄ = Φ−1 F Come visto precedentemente le matrici di massa e rigidezza, attraverso questa cambiamento di coordinate, sono riconducibili ad una forma diagonale. Lo stesso vale per la matrice C di smorzamento se disegnata a priori in modo da assumere questa proprietá. Sottolineiamo che questo é vero se le matrici del sistema sono semidefinite positive. L’utilizzo di questa trasformazione produce il vantaggioso risultato, quindi, di modificare il sistema di equazioni in eq(1.1) in un sistema equivalente di equazioni disaccop 2.1.3. Riduzione del modello per Troncamento modale. In practice, often happens that the semi-discrete (i.e. only in space) model (1.1) is too big, in term of number of equations and corresponding variables, to be embedded in a Kalman filter. The second step is therefore to reduce the size of the model. A reasonable technique for wave propagation problems is to transform it into modal coordinates [2] and then to reduce its dimension by keeping, say, only the first m dominant modes. To do this, we need to perform these operations: 1. compute the natural frequencies and mode shapes, i.e. find matrices D, V with D diagonal and V with orthogonal columns, such that K · V = M · V · D 2. reduce the modal basis, i.e. retain only the first m columns of V , i.e. V = V (:, 1 : m) 3. transform the discrete model in reduced modal coordinates : Mm = V T · M · V Km = V T · K · V fm (t) = V T · f (t) Hm = H · V The matrix V , used to transform the variables from the nodal (physical) to the modal coordinate systems. 2.1.4. Relazione importante. Detti ξ gli autovalori della matrice A del sistema (1.3), si ottiene la seguente relazione che lega questi autovalori con quelli del problema generalizzato (2.4): (2.19) ξ = ±iω Questo risultato porta alla conclusione che i modi del modello di stato sono stabili ma non asintoticamente stabili. Questo fatto incide profondamente nella costruzione dello stimatore dello stato per questo sistema. 5 2.2. Caso di sistema soggetto a smorzamento non proporzionale. Si arriva ad un problema quadratico agli autovalori [6]. REFERENCES [1] Belytschko, Moran, ”Finite Elements for Nonlinear Continua and Structures”, chapter 6: ”Solution Methods”, 1997 [2] Ewins, D.J., ”Modal Testing”, Research Studies Press Ltd., 2000 [3] T.J.R.Hughes, ”The Finite Element Method: linear static and dynamic finite element analysis”, Preintce-Hall, 1987 [4] Quarteroni, Sacco, Saleri, ”Matematica Numerica”, Springer, 2002 (anche versione in inglese ”Numerical Mathematics”, Springer, 2000) [5] Quarteroni, ”Modellistica numerica per problemi differenziali”, Springer, 2003 [6] F.Tisseur, Meerbergen, ”The quadratic eigenvalue problem”, SIAM Review, 2001 [7] Zienkiewicz O.C., Taylor R.L., ”The finite element method. Vol. 1. The basis”, 5th edition, Butterworth-Heinemann, 2000 6