Foglio di
informazione
professionale
N.128
28 marzo 2004
L’allergia ai farmaci
Le reazioni avverse ai farmaci si distinguono in due grandi categorie: reazioni di tipo A e di tipo B. Le
prime, prevedibili, rappresentano l’80% dei casi, sono dovute direttamente all’azione del farmaco, dipendono
dalla dose assunta, risultano in genere di modesta gravità e si possono manifestare in tutte le persone (effetti
collaterali, da sovradosaggio, da interazioni farmacologiche). Le reazioni di tipo B sono imprevedibili, poco
frequenti (20% dei casi), non sono correlate all’azione farmacologica, non dipendono dalla dose, possono
essere gravi e si verificano solo in individui predisposti (reazioni allergiche, pseudoallergiche,
idiosincrasiche).
Caratteristiche. L’allergia (o ipersensibilità) ad un farmaco è una condizione di alterata reattività, su base
immunitaria, nei confronti di un farmaco o di un suo metabolita; interessa il 6-10% di tutte reazioni avverse.
La risposta immunologica prevede un primo contatto col farmaco in cui avviene la sensibilizzazione; una
volta che lo stato allergico si è stabilito, bastano minime quantità di farmaco per scatenare la reazione e la
reazione si ripeterà ad ogni successiva esposizione. La reazione allergica avviene per una interazione tra un
antigene esterno (il farmaco o un suo metabolita) ed un ospite (anticorpo o linfocita sensibilizzato). Un
farmaco può funzionare da antigene se è una macromolecola proteica (es. insulina, siero) o se si comporta
come aptene, si lega, cioè, ad una proteina endogena formando un complesso macromolecolare.
Classificazione. Le manifestazioni allergiche possono essere classificate in 4 categorie (Coombs e Gell) a
seconda del meccanismo immunologico che le provoca:
• di tipo I (IgE-mediate). Il farmaco si lega ad anticorpi specifici (IgE), fissandosi alle mastcellule e ai
granulociti basofili con liberazione di istamina, prostaglandine e leucotrieni che provocano
vasodilatazione, edema e una risposta infiammatoria. Comprendono l’orticaria, l’angioedema, la rinite,
il broncospasmo e lo shock anafilattico. Sono reazioni immediate: si manifestano entro 1 ora dalla
somministrazione del farmaco;
• di tipo II (citotossiche). Sono mediate da anticorpi di tipo IgG o IgM che, legandosi all’antigene, causano
la lisi delle cellule bersaglio (ematiche): anemia emolitica, piastrinopenia, neutropenia. Compaiono
entro 1-72 ore;
• di tipo III (da immunocomplessi). Il complesso antigene-anticorpo si deposita nei piccoli vasi e provoca
distruzione cellulare e una reazione infiammatoria acuta. Comprendono la malattia da siero con febbre,
mialgia e artralgia, certe forme di vasculite. Si manifestano entro 1-72 ore;
• di tipo IV (cellulo-mediate). L’antigene viene riconosciuto dai linfociti T come “estraneo”; i linfociti,
sensibilizzati, iniziano un processo infiammatorio che clinicamente si traduce in eruzioni cutanee
(esantemi morbilliformi o maculopapulari) e dermatiti da contatto. Si tratta di reazioni ritardate, che si
verificano dopo 72 ore dalla esposizione al farmaco.
Nella maggioranza delle situazioni predominano le reazioni di tipo I e quelle di tipo IV.
I fattori di rischio. La frequenza e la comparsa di allergia è condizionata da:
• la via di somministrazione. Manifestazioni allergiche possono essere associate ad ogni via di
somministrazione, ma lo shock anafilattico si verifica più facilmente con farmaci impiegati per via
intramuscolare o endovenosa; la somministrazione topica comporta il rischio più alto di reazioni da
ipersensibilità ritardata;
• la predisposizione individuale. La presenza di atopia non sembra costituire un fattore di rischio, ma in
caso di comparsa di reazioni allergiche ne condiziona una maggiore gravità;
• storia di precedenti reazioni allergiche. Con farmaci chimicamente simili (es. penicilline e
cefalosporine) sono possibili allergie crociate;
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età e sesso. Le reazioni allergiche sono meno frequenti nei bambini e negli anziani, presumibilmente per
l’immaturità (i primi) o l’involuzione (i secondi) del sistema immunitario; le ragioni profonde
rimangono, comunque, in gran parte sconosciute. Le donne presentano una incidenza superiore (+35%)
di eruzioni cutanee ai farmaci rispetto agli uomini e un rischio 20 volte superiore di reazioni anafilattiche
ai mezzi di contrasto usati per indagini radiologiche;
malattie concomitanti. I pazienti con mononucleosi o iperuricemia hanno maggiori probabilità di
sviluppare rash cutanei da ampicillina o amoxicillina. L’immunodepressione (HIV) può aumentare la
sensibilità nei confronti di farmaci come il cotrimossazolo;
uso di altri farmaci. Nei pazienti in trattamento cronico con beta-bloccanti, lo shock anafilattico può
essere particolarmente grave per il mancato o difficoltoso intervento dei meccanismi di compenso
cardiocircolatorio derivante dalla insensibilità dei recettori beta all’adrenalina.
I farmaci più spesso responsabili di reazioni allergiche sono gli antibiotici e, in minor misura, sulfamidici,
sieri eterologhi, insulina, enzimi come la streptochinasi e alcuni anestetici generali. Gli antibiotici provocano
circa la metà delle reazioni allergiche ai farmaci; in più del 50% dei casi sono coinvolti i betalattamici come
penicilline e cefalosporine e gruppi minori (es. monobattami e carbapenemi). Esiste un’allergia crociata tra
penicillina e cefalosporine (6-8% dei casi) che si è ridotta con le molecole di ultima generazione. La
penicillina rappresenta il prototipo della reazione da IgE in cui un aptene, l’anello beta-lattamico, si lega a un
trasportatore proteico e diventa un antigene completo che induce la formazione di IgE specifiche con le quali
reagisce nei contatti successivi. I betalattamici possono causare reazioni allergiche anche con meccanismo
citotossico, da immunocomplessi o cellulo-mediato. Tutte le preparazioni di insulina sono immunogene, ma
la resistenza all’azione dell’ormone, determinata dagli anticorpi diretti contro l’insulina, è poco frequente. In
passato, l’insulina si associava anche ad allergie cutanee nella sede di iniezione, fenomeni che con l’avvento
delle insuline umane da DNA ricombinante sono diventati rari.
Le reazioni pseudoallergiche (o anafilattoidi) sono clinicamente indistinguibili da quelle allergiche, ma non
coinvolgono il sistema immunitario; il meccanismo che ne è alla base non è chiaro. Aspirina (ASA) e FANS
da soli sono responsabili di 2/3 di tutte le reazioni pseudoallergiche. La reazione può verificarsi alla prima
somministrazione del farmaco (non essendo necessaria la sensibilizzazione). I sintomi delle reazioni
pseudoallergiche possono presentarsi come episodi isolati o con sintomi cronici che si riacutizzano
all’assunzione di FANS. L’ASA, inoltre, è grado di indurre broncospasmo nel 20% circa dei pazienti
asmatici.; l’ipotesi più convincente è quella di uno squilibrio del metabolismo dell’acido arachidonico,
indotto dalla inibizione delle cicloossigenasi, che devierebbe il metabolismo verso le lipoossigenasi, e quindi
verso un accumulo di leucotrieni infiammatori. Per gli altri farmaci coinvolti, come gli oppiacei e i mezzi di
contrasto, si ritiene possa esservi una liberazione diretta dei mediator i chimici (es. istamina) dai mastociti.
La diagnosi di allergia si basa essenzialmente sull’anamnesi (ricostruzione minuziosa della storia clinica del
paziente). La complessità dei meccanismi implicati nella reazione allergica, le scarse conoscenze relative ai
vari metaboliti dei farmaci e i limiti tecnici delle procedure rendono molto difficile, e spesso, di scarsa utilità
pratica, l’esecuzione dei test diagnostici. I test sierologici in vitro per la ricerca di IgE specifiche (RAST)
sono disponibili solo per pochi farmaci e sono dotati di scarsa affidabilità. I test in vivo, in particolare i test
di provocazione e le prove cutanee (es. prick test e intradermoreazione) possono essere eseguiti solo su
antibiotici dei quali siano disponibili estratti diagnostici contenenti i principali determinanti antigenici (cioè
le strutture chimiche riconosciute in modo specifico dagli anticorpi IgE), comportano dei rischi e sono
indicati solo quando non è possibile usare un antibiotico alternativo.
Dopo la comparsa di una reazione allergica, la prevenzione rappresenta la misura più adeguata. Il primo
provvedimento da adottare è quello di eliminare il farmaco sospetto, utilizzando solo quelli che hanno
dimostrato di essere ben tollerati o, se strettamente necessario, farmaci aventi la stessa attività terapeutica,
ma appartenenti a gruppi diversi. In casi eccezionali, quando l’allergia si manifesta con un farmaco
indispensabile, privo di valida alternativa (es. insulina in un diabetico), in centri specializzati si può
effettuare la desensibilizzazione, che consiste nell’impiego di dosi crescenti del farmaco sino a raggiungere
uno stato di tolleranza.
A cura del prof. Mauro Miselli
Bibliografia
- deShazo RD, Kempo SK. Allergic reactions to drugs and biologic agents. JAMA 1997; 278:1895-1906.
- Gruchalla R. Understanding drug allergies. J Allergy Clin Immunol 2000; S105:S637-44.
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