Destinations
& Tourism
Rivista di Destination Management e Marketing
n. 31/ marzo 2016
comunicazione social marketing destination
Web Marketing Promocommercializzazione prodotto
strategia promozione formazione management
DESTINATION
MANAGEMENT
DESTINATION
MARKETING
FOCUS
L’impatto della sharing
economy sulle
destinazioni
Gestire le destinazioni sui
social media
I brand turistici sono
inutili!
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Destinations & Tourism
n° 31 | marzo 2016
Editoriale
Il mondo del turismo è in continua evoluzione e
trasformazione. L’avvento di internet e del web 2.0
così come la diffusione dei voli low cost ne sono un
esempio chiaro e significativo. Ma non è finita qui:
oggi, c’è un altro fenomeno con cui le aziende e le
destinazioni turistiche sono chiamate a confrontarsi
e che ha già visibilmente iniziato a fare sentire i suoi
effetti.
Ora, bisogna decidere cosa fare e soprattutto iniziare a farlo subito, in quanto il suo impatto sul
settore turistico è sempre più evidente ed è a tutti gli
effetti un’arma a doppio taglio.
Già perché se, da una parte, porta vantaggi evidenti, dall’altra, rappresenta anche una minaccia, non
solo per le aziende turistiche, ossia per gli alberghi,
i trasporti e i ristoranti, ma anche e soprattutto per le
destinazioni.
Nessuno infatti si sofferma ad analizzare le conseguenze che l’offerta turistica collaborativa sta avendo e soprattutto avrà sui territori e sulle località
turistiche.
Di cosa stiamo parlando?
Semplice: della sharing economy. Sicuramente, è
una realtà che non si può più ignorare: c’è, è arrivata
e rimarrà. I trend infatti indicano che si tratta di un
vero e proprio cambiamento a lungo termine nel
modo di fare turismo e di “consumarlo”.
Anche se tutti gli operatori turistici vedono queste
nuove aziende (Airbnb, Blablacar, Gnammo, ecc)
come competitor che non operano secondo le
stesse regole, quindi come concorrenza sleale, di
fatto le cose non cambiano: c’è poco tempo per
stare a discutere perché la domanda di economia
collaborativa c’è ed è in continua crescita.
In questo numero, dopo l’approfondito articolo di
apertura sulla sharing economy, abbiamo poi voluto
focalizzare la nostra attenzione sui social media, in
particolare su quelli più utilizzati in Italia, ossia
Facebook, Twitter ed Instagram, andando a vedere
quali sono le 10 regole da seguire nel turismo per
gestirli in modo efficace.
In chiusura, un interessante focus sui brand turistici:
oggi, le destinazioni e le aziende turistiche devono
essere consapevoli che l’online identity o identità
digitale e la brand reputation sono le due linee guida
da seguire per costruire la propria promozione turistica.
Sicuramente la velocità con cui sono comparse nel
turismo queste nuove forme e nuovi modelli, offrendo alle persone soluzioni alternative per alloggio,
trasporto e ristorazione, ha preso decisamente in
contropiede il settore che infatti fa un’enorme fatica
ad adeguarsi ai nuovi trend della domanda.
Buona lettura!
Sommario
Destination Manangement
L’impatto della sharing economy sulle
destinazioni turistiche
Four Tourism Srl
Corso Ciriè 21
10152 Torino
Tel. +39 011 4407078
[email protected]
Destination Marketing
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I brand turistici sono inutili!
Gestire le destinazioni sui social media
Focus
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n° 31 | marzo 2016
Destination Management
L’impatto della sharing economy sulle destinazioni
turistiche
di Josep Ejarque
Integrarla, sfruttandone i benefici, o combatterla, ecco le opzioni
mai considerato un settore di domanda.
Le destinazioni turistiche possono scegliere se integrare l’offerta della sharing economy con la propria
offerta turistica attuale, regolamentarne l’attività oppure tentare di impedirne lo sviluppo.
Ma l’importante è che scelgano.
E proprio per questo l’irruzione della sharing economy è stata ancora più violenta.
Tutti gli operatori turistici vedono queste nuove
aziende (Airbnb, Blablacar, Gnammo, ecc) come
competitor sleali, in quanto non operano secondo le
stesse regole.
Ma di fatto c’è poco tempo per stare a discutere
perché la domanda di economia collaborativa c’è ed
è anche in continua crescita.
Poche questioni e pochi fenomeni nella storia del
turismo hanno diviso l’opinione, tra detrattori ed
appassionati, come la sharing economy o cosiddetta economia collaborativa.
La velocità con cui sono comparse nel turismo
queste nuove forme e nuovi modelli, offrendo alle
persone soluzioni alternative per alloggi, trasporto e
ristorazione, ha preso decisamente in contropiede il
settore che fa un’enorme fatica ad adeguarsi ai
nuovi trend della domanda.
Seppur sia in atto una dura battaglia, è evidente che
le sorti sono già decise: si tratta infatti di una battaglia persa per il settore turistico; semplicemente
perché sono i turisti stessi a scegliere queste nuove
soluzioni, in quanto in linea con le loro esigenze.
È assolutamente inutile tentare di combattere
queste piattaforme con le solite armi, ossia con i
principi, le regole e le norme.
Soprattutto perché l’intero settore turistico, dagli
hotel ai taxi, passando anche per il mondo della
ristorazione e delle guide turistiche, si è sempre
sentito “coperto” e garantito dai regolamenti,
confidando anche nel fatto che il turismo non è stato
La sharing economy è una realtà che non si può
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ignorare: c’è, è arrivata e rimarrà.
I trend indicano che si tratta di un vero e proprio
cambiamento a lungo termine nel modo di fare
turismo e di “consumarlo”.
È necessario quindi decidere cosa fare ma
l’importante è deciderlo e soprattutto iniziare a farlo
subito.
per gli “host” di più di 16 milioni d’euro; e lo stesso
succede ad Atene, dove il fatturato degli host supera il milione di euro.
È evidente che il primo impatto per le destinazioni
turistiche sia legato alla perdita fiscale.
Si parla sempre e soltanto
dell’impatto della sharing
economy sulle aziende
turistiche, ossia sugli
alberghi, trasporti e ristoranti, ma nessuno si sofferma
ad analizzare le
conseguenze che sta
avendo e soprattutto avrà
per le destinazioni turistiche
L’impatto della sharing economy sul settore turistico
è infatti sempre più evidente ed è a tutti gli effetti
un’arma a doppio taglio.
Si parla sempre e soltanto delle sue conseguenze
per le aziende turistiche, ossia per gli alberghi, per i
trasporti e per i ristoranti.
Ma nessuno si sofferma ad analizzare l’impatto che
sta avendo e soprattutto avrà sulle destinazioni
turistiche.
Se infatti, da un lato, l’offerta di piattaforme come
Airbnb incrementa il numero di turisti che arrivano
sul territorio, targettizzando segmenti magari prima
sconosciuti per una determinata destinazione,
dall’altro, però riduce gli introiti del settore, limitando
i ricavi derivanti dalla tassa di soggiorno e creando
conflittualità tra gli stakeholder.
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Seppur alcuni comuni, come Milano e Firenze,
abbiano raggiunto un accordo con Airbnb affinché i
turisti che utilizzano la loro piattaforma paghino
ugualmente la tassa, non vuole dire che tutti gli
“host” si adeguino.
Ma perché la sharing economy piace tanto ai turisti?
Innanzitutto, dal punto di vista prettamente razionale e pragmatico, perchè permette loro di risparmiare, perchè contribuisce alla sostenibilità ambientale, economica e sociale, e perchè consente una
maggiore flessibilità e praticità.
I sociologi evidenziano anche altre motivazioni, più
di tipo emozionale, legate alla soddisfazione di bisogni secondari ma di grande importanza: la sharing economy infatti fa sentire i turisti parte di una
community, li fa sentire meno turisti e più abitanti,
consente loro di star bene con se stessi, mantenendo uno stile di vita smart.
E siamo chiari: in un’epoca, come quella attuale,
dove i budget destinati alla promozione sono molto
meno sostanziosi, il ricavato della tassa di soggiorno rappresenta sicuramente un valido aiuto per
finanziare le attività di marketing dei territori.
Ma per le destinazioni non si tratta soltanto di questo.
Oggi, la piattaforma Aibnb è il terzo website turistico
più visitato nel nostro Paese, e di fatto, l’Italia rappresenta il terzo mercato a livello mondiale per
questa piattaforma.
Inogni caso, al di là delle motivazioni, i grandi player
dell’offerta di turismo collaborativo, in particolare per
quanto rigurda gli alloggi (che non vuol dire soltanto
Airbnb), stanno di fatto acendo concorrenza agli
alberghi.
Diversi studi hanno rivelato l’impatto negativo sul
settore alberghiero: a New York, gli hotel hanno
perso un fatturato di ben 425 milioni di dollari di cui
213 milioni di entrate fiscali.
A Madrid, dal 2009 fino al 2014, più di 256.000 turisti
hanno pernottato utilizzando Airbnb, con un incasso
Un errore comune è quello di considerare Airbnb
come l’unica piattaforma del settore, quando in realtà non è così.
Si dimentica infatti che il settore dell’alloggio alternativo è anche costituito da Wimdu, Hunderooms,
9Flats, Housetrip, GoWithOh, Way to Stay, Villas,
Homeaway, Flipkey, Halldis, Homelidays, Roomorama, Only Apartements, Sunny Rentals, Atraveo,
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Trip4real e molte altre.
Seppur si stia cercando di regolamentarne l’utilizzo,
grazie alle pressioni delle lobby del settore, di fatto
la sharing economy sta trasformando il turismo e
questo inevitabilmente avrà delle conseguenze per
gli operatori turistici ma anche per le destinazioni.
Vediamone insieme alcune.
1. Empowerment
Il cliente ancora una volta passa da semplice fruitore a consumatore attivo, dotato di un potere ancora più forte, in quanto è lui che decide dove andare
in base alle valutazioni degli altri utenti, e quindi in
base alla reputazione.
Il settore turistico abituato, soprattutto in Italia, ad
operare in un mercato prevalentemente di domanda, e non di offerta, dovrà cambiare approccio e
smettere di considerare il cliente come un semplice
ospite, costretto ad adeguarsi alle condizioni imposte (mimimun stay, prezzi, servizi senza troppa
qualità, ecc).
4. Più consumo
La democratizzazione indotta dalla sharing economy genera un risparmio che può essere reinvestito
e consumato direttamente nella destinazione.
Inoltre, si allarga la distribuzione dei benefici generati dal turismo, in quanto l’offerta non è più esclusivamente concentrata nel centro storico della città o
nel suo centro urbano, ma è distribuita anche in
zone più decentrate, rurali e di campagna.
2. Attenzione al cliente
A causa dell’empowerment, generato dal P2P, e
soprattutto dai prezzi applicati, i turisti fanno sempre
più comparazioni e tendono a mettere sullo stesso
piano la camera affittata in una casa a quella di un
albergo. Cioè, in sostanza, il prezzo viene percepito
come uguale.
Perché? Semplice: per il cliente la camera dell’hotel
non è un prodotto ma soltanto un servizio.
L’unica soluzione quindi che gli hotel e i ristoranti
hanno per difendersi è quella di offrire un servizio e
un trattamento al cliente veramente distintivo, oltre
a livellare i prezzi.
5. Complementarietà
L’offerta di alloggi alternativi, come già anticipato,
può supplire in alcune destinazioni alla carenza di
strutture ricettive, andando a completare l’offerta
tradizionale ed ampliando il ventaglio di scelta.
3. Più turisti
Il fatto che gli alloggi di una destinazione, per piccola che sia, siano presenti sulle piattaforme, sicuramente rappresenta un’opportunità per quelle stesse
destinazioni. In particolare, per quelle località che
non potevano contare su una ricca offerta ricettiva
né alberghiera né extra alberghiera, che in questo
modo possono finalmente affacciarsi sul mercato
turistico e competere come destinazioni.
Inoltre, il fatto che, data la situazione, alcuni hotel
così come alcuni operatori, come per esempio i taxi,
hanno iniziato a diversificare i servizi e ad ampliare
l’offerta favorisce sicuramente l’arrivo di più turisti.
6. Sopravvivenza e notorietà
Il fatto che le destinazioni includano e valorizzino la
loro offerta P2P può determinarne la sopravivenza,
oltre che il rinnovamento, soprattutto per quelle
località in crisi.
In un mercato come quello turistico, che oggi si
svolge prevalentemente in rete, soprattutto nella
fase della ricerca, le destinazioni che includeranno
nel proprio portale anche le informazioni relative ai
servizi ed alloggi P2P sicuramente ne guadagneranno in notorietà.
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di massa.
7. Innovazione
I turisti oggi sono tutto meno che fedeli: cercano e
desiderano proposte nuove ed originali.
L’inclusione di servizi collaborativi è quindi
senz’altro in grado di apportare un nuovo “valore” al
brand, rinnovandolo, presentandosi ai turisti sotto
una luce nuova e sicuramente innovativa.
Questo significa che in alcune destinazioni potrebbe
verificarsi un arrivo massiccio di nuovi turisti, attratti
dalle opzioni di turismo alternativo, con tutti i vantaggi ma anche le problematiche che questo comporterebbe.
Le destinazioni dovranno essere quindi attente ed
esaminare la propria capacità di carico, stabilendo il
limite massimo accettabile di “carryng capacity”.
8. Nuove proposte
I servizi di alloggi alternativi, di guide turistiche
“alternative”, di ristorazione “alternativa”, e così via,
sono presenti già in quasi tutte le destinazioni.
Ed è inutile quindi nascondersi.
A Milano, ci sono più di 7.500 case, camere,
appartamenti in affitto su Airbnb, così come sono
tantissime le guide disponibili in Guide me right o in
altre piattaforme.
Queste proposte e servizi dovrebbero però essere
gestiti dalla destinazione o dalla DMO, al fine di
garantire un’offerta di qualità, innovativa e che sia in
grado di fornire un reale valore aggiunto al territorio
e al turista.
Di fatto, l’offerta turistica collaborativa può rappresentare per le destinazioni anche un grosso problema..
.Oltre a quello già menzionato della questione del
gettito fiscale “evaso”, non bisogna dimenticare che
un’offerta non di qualità, in un mondo come quello
del turismo che si fonda sulla reputazione e sulla
credibilità, può risultare catastrofico.
Apparire come una destinazione senza servizi di
qualità, per colpa di clienti insoddisfatti dei servizi
P2P usufruiti, può essere molto pericoloso e può
compromettere la reputazione, faticosamente costruita di una destinazione.
E questo alla fine significa diminuzione dei flussi
turistici.
9. Modernità
Se, da una parte, è necessario che gli attori
dell’economia collaborativa si adeguino e seguano
delle regole, dall’altra, può essere anche l’occasione
per imporre anche agli operatori turistici tradizionali
di rivedere i propri standard che ormai sono obsoleti
e spesso superati dalla richiesta della domanda.
Ma c’e anche un altro problema al quale bisogna
prestare attenzione, ossia il prezzo percepito della
destinazione.
I clienti di Airbnb e di altre piattaforme sono di fatto
quei clienti che normalmente soggiornerebbero in
categorie di alberghi medio-basse.
10. Concorrenza
L’economia collaborativa permette alle destinazioni
di raggiungere nuovi segmenti della domanda o di
entrare in nuovi mercati dove prima per motivi economici, sociali e altro non riuscivano a posizionarsi.
La concorrenza delle piattaforme della sharing
economy si gioca quindi su questo segmento.
Quello che può succedere quindi è che questi operatori, per potere sopravvivere siano costretti ad
abbassare i prezzi medi e di conseguenza ridurre
anche la qualità o il numero delle prestazioni e dei
servizi offerrti al cliente.
11. Diversificazione
L’offerta proposta dagli operatori della sharing economy è altamente specializzata.
Ci sono operatori che offrono alloggi specifici per
esempio per il segmento LGTB oppure di design o
ancora vegan ma anche guide e accompagnatori
turistici specializzati su determinate materie o argomenti.
Tutti questi aspetti possono permettere alla destinazione di accrescere e arricchire la propria offerta nel
mercato.
Di fatto, la sharing economy, come è successo anni
fa per il modello low cost, ha sviluppato un turismo
L’effetto inevitabilmente si ripercuoterà immediatamente
sulla
destinazione,
influenzandone
l’immagine e la reputazione.
Ma c’è ancora un’altra questione negativa.
Non è da escludere che i grandi player, come Ryanair, Booking, Expedia, che in un certo senso già
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tengono sotto scacco le destinazioni, decidano a
loro volta di imporre e inasprire ulteriormente le loro
condizioni, mettendo veramente in ginocchio gli
operatori turistici.
È necessario regolamentare
l’offerta turistica
collaborativa e risolvere le
controversie più accese,
al fine di integrare questo
nuovo modello di turismo
nella gestione delle
destinazioni, trasformandolo
da una minaccia in
un’opportunità per la
crescita e lo sviluppo dei
territori
Di fatto, Airbnb sta già diventando una OTA.
Goldman Sachs in un suo recente rapporto ha evidenziato come queste piattaforme rappresentino
una vera e propria minaccia per l’industria alberghiera, in quanto il 50% dei clienti che hanno
alloggiato in una delle soluzioni offerte da Airbnb, ha
dichiarato che non utilizzerà mai più in futuro gli
hotel mentre continuerà ad avvalersi di queste formule di alloggio alternativo.
L’impatto sulle destinazioni quindi c’è e già si vede.
Sicuramente, volendo vedere il lato positivo, permette una redistribuzione dell’economia turistica del
territorio.
Di fatto, la questione del turismo collaborativo nelle
destinazioni è legata ad una problematica di gestione della destinazione stessa.
E questo rappresenta un vero e proprio problema
per l’Italia, in quanto già non è facile e scontato
parlare di gestione delle destinazioni.
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Di conseguenza, forse a questo punto è più conveniente arrendersi, smettere di contrastarlo e iniziare a gestirlo attivamente, senza più subirlo in
modo passivo.
Il rapporto per esempio fra il cliente che affitta
l’alloggio su Airbnb e i vicini, è un elemento da non
sottovalutare.
Ci sono dei casi, per esempio a Barcellona, dove i
rumori e gli altri problemi causati dai clienti delle
case affittate hanno generato un profondo malessere e disagio nel vicinato.
Il pagamento delle tasse e delle imposte,
l’inesistenza di un sistema obiettivo per certificare la
qualità dei servizi, oltre alla limitazione del numero
di notti che i turisti possono rimanere in questi alloggi,
sono solo alcuni dei punti nodali da affrontare e
risolvere per integrare questo nuovo modello di
turismo nella gestione delle destinazioni turistiche,
trasformandolo da minaccia ad opportunità di
crescita e sviluppo turistico.
Ad oggi, ci sono già delle destinazioni e delle DMO
che integrano nei propri sistemi promozionali e di
promocommercilizzazione l’offerta del turismo collaborativo, come per esempio Stoccolma, perché è
un modo intillegente per sfruttarla e allo stesso
tempo per controllarla.
Senza dubbio, è una situazione che va affrontata e
risolta: è fondamentale quindi agire e provvedere
quanto prima alla sua regolamentazione, o in un
senso o nell’altro.
Ma una cosa è sicura: per quanta pressione il settore turistico faccia, sarà difficile per non dire impossibile impedire lo sviluppo del turismo collaborativo,
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Destination Marketing
Gestire le destinazioni sui social media
Le chiavi per il successo: suggerimenti e riflessioni
I social media non sono altro che un insieme di
strumenti sui quali si conversa e che permettono
alle persone di rimanere in contatto tra di loro.
Per le destinazioni e i territori, sono molto efficaci,
efficienti e, se utilizzati correttamente, portano ottimi
risultati.
E questo spiega perché altrettanto spesso le
destinazioni faticano ad ottenere risultati, in termini
di engagement e condivisioni mentre spesso invece
collezionano critiche o defezioni.
Ed è un vero peccato perché il turismo e le
destinazioni, senza volerlo, hanno un potere che
altri settori non hanno ed invece vorrebbero.
Il turismo ha infatti un valore intrinseco eccezionale
di cui spesso il settore non si rende neanche conto,
ossia un’incredibile capacità di seduzione. E basta
poco: è sufficiente infatti una semplice immagine o
un commento positivo a provocare subito il
desiderio.
Perche? Perché è lì che si trovano sia i turisti
acquisiti sia quelli potenziali, ossia quelli che ancora
non la conoscono e che neppure l’hanno mai presa
in considerazione. Insomma, il mercato e i turisti
stanno in questa immensa piazza virtuale che sono
i social media.
Tuttavia, troppo spesso, i social media sono
utilizzati dalle destinazioni e dalle aziende turistiche
come semplici bacheche pubblicitarie. Niente di più
sbagliato perché concettualmente va proprio in
direzione opposta all’utilizzo che ne fanno gli utenti.
I turisti infatti vanno su facebook e twitter o nelle
community perchè vogliono condividere e
raccontare le proprie esperienze e scoprire quelle
delle altre persone. E in tutto questo, non c’è nulla
di commerciale: i social media non devono infatti
essere utilizzati come canali di promozione.
Dove sta allora il problema?
Innanzitutto, nel fatto che le destinazioni pubblicano
contenuti senza mai immedesimarsi nei turisti,
senza mai pensare alle loro esigenze o a quali
potrebbero essere i loro interessi.
Basta guardare i tweet e i post di molte destinazioni
per rendersene conto: sono tutti uguali e dicono
sempre le stesse cose!!
E il motivo è semplice: manca una strategia di fondo
e sovente mancano anche gli obiettivi generali.
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Facciamo quindi il punto sulle tre piattaforme più
utilizzate in Italia e vediamo cosa dovrebbero fare le
destinazioni per ottenere risultati concreti.
bisogna infatti dimenticare che se si comunica alle
persone…nelle foto è importante che siano ritratte
delle persone!
Facebook
La quantità di fan non necessariamente è un indicatore attendibile per comprendere se si sta gestendo
la pagina in modo efficace. Bisogna infatti essere
onesti: raggiungere un grande volume di fan non è
facile ma neanche impossibile.
Esistono diverse modalità infatti per riuscirvi, a
partire dalle campagne a pagamento, anche se
ovviamente i risultati sono decisamente aleatori.
Va detto che per una destinazione una crescita
organica mensile adeguata e corretta, senza rincorrere a investimenti pubblicitari, dovrebbe attestarsi
tra l’1 e il 4%.
Ovviemante, poi ci sono diverse modalità per incrementare i fan.
Ad esempio, le campagne pubblicitarie.
Facebook ha semplificato la propria piattaforma di
annunci, offrendo la possibilità agli utenti di suddividere gli investimenti in base agli obiettivi che si
intendono raggiungere.
Se incentivato, l’incremento mensile medio può
essere tra il 10 e il 15%. Si tratta di una modalità da
utilizzare ma con molta attenzione e parsimonia.
Ottenere un buon numero di fan è infatti importante
ma non deve essere l’obiettivo primario e soprattutto l’unico. Quello che conta infatti è avere dei fan
veri, interessati ed attivi, ossia che interagiscano
con la destinazione e tra di loro.
Non necessariamente infatti un numero cospicuo di
fan garantisce un altrettanto cospicuo livello di interazioni.
Ed invece per le destinazioni e le aziende turistiche
è importante che la pagina sia animata (mi piace,
commenti, condivisioni), in modo tale che la sua
viralità aumenti e di conseguenza richiami
l’interesse e l’attenzione di nuovi fan.
Ma soprattutto, ciò che conta, su Facebook così
come su tutti i social, è la costanza.
È importante stabilire una quantità di contenuti da
condividere settimanalmente e fare il possibile per
rispettarla. Generalmente, bisognerebbe pubblicare
una media di 3 post al giorno, in modo tale da
riuscire a consolidare la community.
Twitter
L’approccio con cui si deve gestire Twitter è diverso
da quello adottato per Facebook, in quanto gli utenti
lo usano in modo differente. Twitter serve per
comunicare istantaneamente; viene utilizzato per
informazioni di servizio, per segnalare nuovi
contenuti sul blog o sul sito, per condividere news.
Dal punto di vista pubblicitario, Twitter è ancora un
po’ indietro e quindi l’incremento dei follower può
essere fatto solo in modo organico.
Instagram
Anche se Instagram ha ‘solo’ 400 milioni di utenti ed
è il più giovane rispetto agli altri social media,
tuttavia è quello che funziona meglio in ambito
turistico, proprio perché utilizza le immagini come
contenuto che, come abbiamo già detto, ben si
prestano ad essere usate dalle destinazioni e dalle
aziende turistiche proprio per la loro capacità di
creare engagement e viralizzare.
Tuttavia, la strada da fare è ancora lunga: sono
ancora molte infatti le cose da imparare su questo
social media.
Sicuramente, un uso intelligente degli hashtag
genera ottimi risultati e favorisce la virilizzazione dei
contenuti.
Se gestire Instagram dal punto di vista tecnico è
abbastanza semplice, non lo è altrettanto dal punto
di vista strategico.
Le destinazioni devono imparare, documentarsi e
formarsi perché Instagram è la rete social del futuro,
soprattutto per il turismo.
Come? La risposta è sempre la stessa: utilizzando
contenuti di qualità e di valore per gli utenti.
In particolare, è meglio prediligere le fotografie che
sono i contenuti che generano più engagement, in
quanto
sono
immediati,
facilitano
l’immedesimazione in chi le guarda e stimolano il
desiderio di partire.
Generalmente, sulla pagina facebook di una destinazione gli utenti cercano – e si aspettano di trovare
– immagini della natura, paesaggi e persone. Non
Le 10 regole per gestire i social media di una
destinazione
Quali sono quindi le modalità corrette per gestire in
modo efficace i canali social?
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n° 31 | marzo 2016
1. Monitorizzare quello che si dice
Non basta monitorizzare le menzioni, si devono
anche controllare gli hashtag e le parole chiave.
Oltre a seguire le conversazioni che si svolgono in
rete, è infatti fondamentale relazionarsi ed interagire
con la gente, non solo con i propri fan ma con gli
utenti in generale.
È importante rispondere alle menzioni, segnalare
come favoriti i migliori tweet, condividere i post
pubblicati dai nostri turisti: insomma, generare engagement con il nostro pubblico e con i nostri potenziali visitatori.
Sole, come contenuti a sé stanti.
Su Twitter per esempio i messaggi con contenuti
visual ricevono in media il 18% in più di click, l’89%
in più di “preferiti” e il 150% in più di RTs.
Ma anche i video piacciono molto agli utenti: secondoi nfatti un’analisi svolta da Google, i video svolgono un ruolo strategico nel processo di ricerca e di
scelta di una destinazione turistica: il 64% dei turisti
infatti li guardano nella fase di ispirazione, quando
iniziano a pensare di fare un viaggio mentre il 63%
nel momento in cui devono effettuare la scelta finale.
Le liste di Twitter sono una risorsa importante per
essere sempre aggiornati su quello che accade
intorno alla destinazione, ossia sulle imprese del
settore, sulla concorrenza, sugli influencer e via
dicendo. Ma sono anche utili per scoprire chi sta
tweettando su un determinato tema, per esempio
sulla destinazione e sui suoi prodotti turistici.
Un altro dato interessante, sempre rilevato da
Google, ha evidenziato che il 62% dei turisti
guardano i video condivisi dalle destinazioni e dalle
aziende turistiche ma che una bella porzione, ossia
il 37%, guarda anche quelli fatti dagli amici e dai
familiari.
Le destinazioni devono sfruttare l’opportunità per
promuoversi e comunicare con chi è realmente
interessato. Se infatti si forniscono le informazioni
giuste alle persona giuste, è più facile che si raggiungano i propri obiettivi: sui social media sparare
nel mucchio è infatti una strategia che non ripaga.
Questo significa che le destinazioni deve creare
contenuti interessanti ma non necessariamente da
professionisti!!
Ciò che conta oggi infatti più che la forma è la
sostanza: le destinazioni e le aziende devono
sapere raccontare e raccontarsi, sfruttando
l’enorme potere dello storytelling.
2. Analizzare la concorrenza
Nel marketing, l’analisi della concorrenza è essenziale e nei social media non poteva essere diverso.
Bisogna quindi capire cosa fanno i concorrenti e
come lo fanno, quanti follower hanno, quali sono i
loro interessi, quali contenuti condividono e raccogliere tutte le informazioni reperibili.
In questo senso, può essere molto utile creare una
lista su Twitter e su Facebook, in modo tale da poter
sempre monitorare le azioni e le attività realizzate
dalla concorrenza.
Un’altra idea è quella di cercare di identificare fra i
loro follower gli influencer e contattarli subito!
Dobbiamo essere consapevoli che catturare
l’attenzione dei turisti e riuscire ad attirarli nella
propria destinazione oggi è una vera e propri lotta
ed il campo di battaglia prediletto sono proprio i
social media.
4. Condividere e sfruttare il contenuto generato
dagli utenti
Nelle fasi d’ispirazione e pianificazione di un
viaggio, le principali fonti d’informazione dei turisti
sono i familiari e soprattutto gli amici (della rete),
oltre ovviamente al web. In questo contesto, i social
media svolgono un ruolo fondamentale, proprio per
la loro capacità di influenzare le decisioni finali dei
turisti. Le destinazioni devono quindi trovare i
contenuti creati e condivisi in rete dagli utenti, su
Twitter, Instagram e Facebook e ricondividere quelli
più interessati sui propri canali.
È quindi essenziale stimolare i turisti affinché creino
e pubblichino storie, immagini, commenti
dell’esperienza vissuta nella destinazione, trasformandosi così in prima persona nei promotori del
territorio, distribuendo in rete contenuti autorevoli e
credibili, in quanto proprio creati dagli utenti e non
dalla destinazione.
In questo modo, si aumenta la visibilità e la notorietà
della destinazione in rete e si raggiungono nuovi
turisti.
3. Foto e video: indispensabili
I contenuti visual vincono sempre: qualsiasi sia il
canale social è sempre fondamentale pubblicare
post correlati da immagini o anche solo immagini da
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5 Interagire con le aziende del settore e gli
operatori
È molto importante sviluppare interazioni con le
imprese turistiche del territorio per generare conversazioni ma soprattutto per creare una forte coesione
interna.
Infatti, tutti gli attori di una destinazione hanno lo
stesso obiettivo, ossia quello di attirare turisti.
Di conseguenza, è fondamentale unire le forze e
creare una sinergia che coinvolga tutti e porti a tutti
benefici (Hotel, B&B, touroperator, guide turistiche,
ristoranti, ecc.).
Un modo eccellente per riuscirvi è utilizzare i social
media, in particolare Twitter e Facebook, che ben si
prestano ad essere utilizzati come canali di comunicazione interna.
conversare, scambiarsi opinioni, confrontarsi e informarsi. In questo senso, le destinazioni devono
sapersi raccontare e raccontandosi guidare gli utenti con attenzione e abilità verso le proprie proposte
ed offerte. L’importante è non essere mai invadenti
né troppo aggressivi.
8. Coinvolgere il turista
L’esperienza del turista durante il viaggio è un fattore essenziale affinché:
• ritorni nella destinazione;
• condivida positivamente il suo ricordo con gli amici
in rete;
• promuova la sua esperienza e quindi la destinazione sui social media.
Quanto più si riesce a coinvolgerlo quante più
saranno le probabilità che uno, se non tutti, i punti
sopra menzionati si verifichino.
In questo senso, è utile per esempio stimolare i
turisti a condividere le proprie foto, raccontando la
propria esperienza, in modo tale da generare conversazioni in rete e nel web 2.0.
Gli stessi selfie possono essere usati come strumento
di
promozione
della
destinazione
(l’importante è creare un hashtag # e usare la geolocalizzazione) e anche per coinvolgere e creare engagement con gli utenti.
Per spingere quindi un turista a condividere e a
raccontare la propria vacanza sui social c’è un solo
modo: offrirgli un’esperienza unica ed indimenticabile.
6. Segmentare la pubblicità
Ormai anche sui social media si inizia a vedere un
po’ di pubblicità, prima su Facebook, poi su Twitter
e adesso anche su Instagram. Come sempre ma sui
social media in particolar modo, affinché la campagna abbia un impatto significativo, è necessario
segmentarla.
Quanto infatti è precisa la segmentazione quanto
più efficace sarà la pubblicità. E quanta più rilevanza si ottiene, maggiore sarà la possibilità di generare opportunità di business sia per la destinazione
sia per gli operatori.
Per esempio, in base alla strategia di posizionamento definita, si può promuovere un tweet indirizzato
ad un pubblico ben preciso (britannici, italiani, francesi, tedeschi), inviando proposte mirate e costruite
sulle specifiche esigenze e abitudini di quel determinato segmento.
Le campagne pubblicitarie su Facebook e Twitter
sono utili anche per ottenere più follower, più RTs,
per incrementare il traffico web, le conversioni e via
dicendo.
L’importante però è definire sempre gli obiettivi e
non affidarsi comunque solo all’adv.
Sui social media infatti ciò che conta è condividere
contenuti, propri e di terzi, ed interagire.
9. Offrire informazioni utili all’audience
È totalmente inutile pubblicare contenuti generici e
banali. Nei canali social della destinazione è infatti
fondamentale che vengano distribuite informazioni,
curiosità, notizie, indicazioni, in modo tale da spingere i turisti a decidere.
Si tratta di guidarli alla scoperta delle destinazione e
delle sue offerte, al fine di stimolarli a prenotare.
10. Non dimenticare mai gli hashtag!
Utilizzare sempre gli hashtag è fondamentale, in
quanto serve per creare conversazione, per costruire rapporti e generare engagement.
Che si tratti di Facebook, Twitter o Instagram….non
bisogna mai dimenticarsi di inserirli!
Ovviamente, è importante che siano pertinenti in
relazione al contenuto, possibilmente già utilizzati e
popolari e facilmente comprensibili.
7. Utilizzare I social media come canale di
vendite?
I social media non sono il luogo dove svolgere
azioni marcatamente commerciali. Gli utenti in
questi spazi infatti percepiscono come invadente e
fuori luogo ogni tentativo di vendere loro qualcosa.
Bisogna ricordarsi che i social media sono fatti per
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Destinations & Tourism
n° 31 | marzo 2016
Focus
I brand turistici sono inutili!
Addio brand! Oggi ciò che conta è solo la Digital Identity
Oggi, la parola d’ordine per le destinazioni turistiche
è differenziazione. Ma non si tratta di un’azione così
facile ed immediata, soprattutto adesso che la visibilità e la notorietà di un territorio e di conseguenza
gli arrivi turistici dipendono di fatto….da un ‘click’!
In un mondo, come quello del turismo, dove
l'efficacia delle azioni di promozione è fondamentale
e dove tuttavia oggi mancano le risorse – sono
lontani infatti quei tempi quando si avevano fondi
cospicui per realizzare campagne ed azioni pubblicitarie significative – lavorare sul brand rappresenta
senz’altro l’unica strada percorribile, oltre alla più
efficace.
Il brand è infatti il fil rouge intorno al quale oggi le
destinazioni e le aziende turistiche devono strutturare la propria comunicazione, in quanto permette,
in uno scenario altamente competitivo come quello
attuale, di emergere e distinguersi.
Ma è meglio chiarirci subito: creare un brand non
significa fare un marchio o un logo. Purtroppo, esistono ancora tanti territori e tante destinazioni che
credono che inventando un nuovo brand, ossia
facendo un nuovo logo, riusciranno a posizionarsi
sul mercato turistico, diventando improvvisamente
attrattive e appetibili agli occhi dei viaggiatori. Niente
di più sbagliato: infatti, non è così che funziona. Nel
turismo, dove oltre l'85% dei viaggiatori cerca le
informazioni per scegliere la destinazione in rete, I
colori, il segno grafico, il disegno così come anche il
playoff che costituiscono un brand, non hanno nessun valore né importanza.
Siamo nel mondo delle raccomandazioni, dei commenti, delle recensioni, del passaparola e qui il
brand serve a poco, quello che conta è la brand
reputation, ossia tutta un’altra cosa rispetto al semplice brand! Anche se effettivamente non esistono
ricette magiche in grado di risolvere le problematiche di un territorio, garantendogli visibilità e notorietà nel complesso mercato del turismo online, le
destinazioni oggi devono assolutamente essere
consapevoli che la Brand Online Identity e la brand
reputation sono le chiavi sulle quali devono costruire
la propria promozione turistica.
Come fare? Da che parte iniziare?
1. Obiettivi e visione congiunta
È fondamentale che i responsabili della promozione
turistica della destinazione siano in linea con la
domanda e il mercato. L'obiettivo deve essere la
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n° 31 | marzo 2016
ricerca di un posizionamento unificato della destinazione. L'immagine che si veicola deve corrispondere
alla percezione del mercato e soprattutto deve essere gestita in modo tale da incrementarne la notorietà. Deve essere chiaro che l'immagine di un territorio non può essere costruita a tavolino, seguendo
una logica locale, frammentata ed individualistica,
volta unicamente a soddisfare gli intenti politici più
che economici di un territorio.
è limitata.
5. Definire la storia da raccontare
Rischiare di posizionarsi in modo generico e indefinito è molto facile soprattutto quando un territorio si
rivolge a target tanto diversi ed eterogenei. In questo senso, è importante riuscire a definire gli attributi
realmente distintivi di un territorio e le caratteristiche
che ne costituiscono la personalità turistica. Infatti,
oggi ciò che bisogna comunicare al turista – perché
è ciò che vuole - non è un luogo ma una promessa,
2.Pensare nel medio/lungo periodo
Costruire un brand richiede sforzi ed investimenti un impegno, un’idea. E di conseguenza il marchio,
cospicui, se si intende trasformarlo in un elemento la brand digital identity deve raccontare una storia
davvero strategico. È importante valutare quali sono capace di convincere e persuadere.
gli obiettivi e la strategia globale del territorio, quale
tipologia di turismo si intende promuovere, quale 6. Creare un linguaggio per raccontare il
pubblico si vuole raggiungere e tutti gli elementi utili territorio
a definire nel modo più dettagliato possibile la desti- Esistono tanti modi per parlare con il mercato turinazione. Il marchio infatti non è altro che l'identità stico; l’importante è trovare un modo unico, distindigitale e per tanto deve riunire in sé tutti i punti di tivo, originale, insomma “il proprio”, in modo tale da
rafforzare ulteriormente la propria identità e faciliforza e le eccellenze del territorio.
tarne la differenziazione.
3. Analizzare e conoscere i target
Anche se generalmente il pubblico di una destina- 7. Parlare di una sola cosa
zione è ampio è fondamentale conoscerne i bisogni Purtroppo è ancora molto diffusa la convinzione che
e gli interessi, in modo tale da riuscire a sviluppare sia meglio presentarsi sul mercato con l’intera offeruna proposta di valore. L'identità digitale di una des- ta turistica, lasciando al turista la libertà di scegliere.
tinazione deve rifletterne le caratteristiche reali, ossia In realtà non è così: il mercato turistico è molto
la sua personalità ma in ottica turistica. Per riuscire a segmentato e ogni segmento ha i propri specifici
crearla o a rafforzarla, è importante quindi conoscere interessi. Coloro che scelgono una destinazione lo
bene i bisogni del core target, intendendo per questo fanno non perché hanno un’ampia scelta ma perché
segmento tutti coloro che sono in grado di creare possono avere ciò che desiderano o di cui hanno
valore per la destinazione e per il settore turistico. È bisogno. La personalità di una destinazione può
importante comprendere come i turisti percepiscono essere poliedrica ma ad ogni turista o segmento
la destinazione e anche come percepiscono la con- corrisponderà un bisogno specifico. E solo quello
correnza. Perché? Semplice: perché proprio parten- andrà comunicato e valorizzato.
do della percezione si possono e si devono creare le
basi per la strategia di comunicazione e promozione. 8. Generare engagement
Sicuramente, i social media sono uno strumento
perfetto per costruire community solide e fedeli, per
4. Osservare la concorrenza
Quali sono i messaggi che comunicano? Qual è la trasformare i clienti in ambassador, per incremenloro proposta di valore? Con quale immagine si pre- tare la fiducia degli utenti nella destinazione e stimosentano sul mercato? Oggi, per riuscire a rag- lare il passaparola.
giungere i turisti, catturarne l’attenzione e accordarsi Già perché oggi ciò che veramente conta non è più
la loro preferenza bisogna differenziarsi non solo l’immagine intesa come qualcosa di costruito e pianella sostanza ma anche nella forma. L'identità nificato dalle destinazioni ma come la somma delle
digitale è fatta di quello che siamo ma anche quello raccomandazioni dei turisti.
che il mercato pensa che siamo. Saperlo è cruciale! Devono essere infatti le persone a raccomandare
Si stima infatti che, in termini di comunicazione, ogni una destinazione ma per farlo è necessario avere
europeo riceva in media 3.000 stimoli ogni giorno; e un’identità digitale chiara e percepita e non un semtutti sappiamo bene che la nostra capacità di ricordo. plice marchio.
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