IPERTENSIONE DEFINIZIONE Sintesi e rielaborazione da Claudio Rugali Medicina Interna Sistematica Masson editrice Al fine di comprendere i meccanismi fisiologici che regolano la pressione sanguigna, è utile paragonare il sistema arterioso a un recipiente pieno di liquido, avente un foro di afflusso e uno di efflusso; il primo è rappresentato dall’aorta, attraverso cui il cuore pompa il sangue all’interno del recipiente, il secondo dalla moltitudine delle arteriole, attraverso cui il liquido lascia il sistema. In un modello di questo tipo, è evidente che variazioni a carico della pompa cardiaca o del calibro delle arteriole sono in grado di modificare la pressione all’interno del recipiente. I fattori in grado di influenzare in modo significativo la pressione arteriosa sono quindi essenzialmente quattro: il volume ematico, l’attività cardiaca, la viscosità del sangue e il raggio medio arteriolare. Il mantenimento dei valori pressori entro determinati limiti è essenziale per consentire un’adeguata perfusione di sangue a tutti i distretti corporei da un lato, ed evitare i danni vascolari provocati da una pressione troppo elevata dall’altro. Esistono dunque dei sistemi di regolazione della pressione sanguigna che possono agire con differente rapidità: entro pochi secondi, entro minuti, entro ore o giorni. Distinguiamo perciò meccanismi di controllo di prima linea, intermedi e a lungo termine. L’effetto dei primi è transitorio, mentre quello degli altri è duraturo. L’ipertensione arteriosa viene definita da un aumento dei livelli pressori al di sopra dei valori che sono comuni nella popolazione normale. Dire quali valori debbano essere definiti eccessivi non è facile, dal momento che la pressione arteriosa della popolazione presenta delle variazioni che sono in rapporto a diversi fattori, tra i quali rilevanti sono l’età, il sesso e la razza. Così, gli studi di G. Pickering hanno potuto evidenziare come non sia possibile tracciare una linea di demarcazione netta tra persone che possono venire definite ipertese e persone che possono venire definite normotese. In una rappresentazione grafica non è possibile identificare due picchi, uno per l’ipotetico gruppo di sani e l’altro per i presunti ammalati. Ci si trova di fronte a una sola curva ad andamento gaussiano, in cui il numero di soggetti che presentano valori che si discostano poco dai valori medi è molto elevato, mentre il numero di coloro che hanno valori di pressione via via più lontani dalla media è sempre più piccolo. È tuttavia dimostrato da estesissimi studi retrospettivi effettuati da compagnie assicuratrici, che a valori pressori elevati corrisponde una aspettativa di vita che è ridotta in modo direttamente proporzionale all’aumento dei livelli della pressione arteriosa. Attualmente si tende a considerare l’ipertensione arteriosa non come una malattia in senso stretto, quanto piuttosto come un fattore di rischio per l’insorgenza di malattie, e specificamente di affezioni cardiovascolari (cardiopatia ipertensiva, incidenti vascolari cerebrali, insufficienza renale). L’aumento dei valori pressori può riguardare sia i livelli della pressione sistolica che quelli della pressione diastolica. Esistono infatti condizioni cliniche in cui si ha un incremento della sola pressione massima e forme in cui si ha un aumento sia della pressione massima che di quella minima. Questo è naturalmente in rapporto agli eventi patogenetici di volta in volta chiamati in causa: è importante ricordare che l’attività cardiaca e il volume ematico condizionano soprattutto la pressione sistolica, mentre sulla diastolica agiscono essenzialmente i fattori influenzanti le resistenze periferiche, quindi la viscosità ematica, ma soprattutto le resistenze arteriolari determinate dal raggio medio arteriolare. I valori sono stati stabiliti da organizzazioni mediche internazionali e variano in rapporto all’età. Per soggetti di età superiore ai 45 anni si parla di ipertensione sistolica per livelli di pressione massima di160 mmHg e di pressione sicuramente normale per valori di pressione massima di140 mmHg. I soggetti con valori pressori intermedi vengono definiti come portatori di una ipertensione “borderline”. Per i soggetti di età inferiore ai 45 anni la pressione massima viene considerata sicuramente normale al di sotto dei 130 mmHg. Per quanto riguarda la pressione minima si parla di ipertensione diastolica per valori ≥90 mmHg. Associazione con l’età e con altri fattori Nelle popolazioni occidentali la pressione arteriosa tende ad aumentare con l’età, gradualmente negli uomini, bruscamente,dopo la menopausa, nelle donne. In accordo con questo fatto, l’ipertensione essenziale è rara nei giovani e tende ad esordire in età media. Altri fattori associati con l’ipertensione essenziale sono l’obesità, l’iperuricemia,il diabete mellito e le iperlipoproteinemie. Questi ultimi sono tutti fattori di rischio per l’aterosclerosi. Ruolo della ereditarietà. Esiste una sicura propensione in alcune famiglie a sviluppare l’ipertensione essenziale. Il carattere non può essere collegato con un singolo gene trasmesso secondo le leggi di Mendel, ma è più verosimilmente legato ad influenze genetiche multiple. È molto interessante rilevare che, selezionando ceppi inbred di ratti, è stato possibile isolarne certi che sono ereditariamente ipertesi. Anche nell’uomo studi su gemelli monozigoti e dizigoti, normotesi, hanno dimostrato che la capacità di eliminare attraverso i reni un carico di sodio è geneticamente determinata. Apporto dietetico di sodio. Il fabbisogno minimo di sodio per un adulto è di circa 400 mg al giorno. La dieta media di un abitante dei paesi sviluppati ne contiene una quantità da 10 a 25 volte superiore: un terzo aggiunto con la saliera e due terzi facenti parte del contenuto naturale degli alimenti. Fisiologicamente, il sistema renina-angiotensina e la natriuresi da pressione sono tanto efficienti che è possibile ingerire con gli alimenti tanto modestissime quantità di sale quanto dosi 50 volte più elevate senza che si abbiano variazioni della pressione. Tuttavia, studi epidemiologici compiuti su varie popolazioni hanno dimostrato che la ipertensione essenziale è più frequente nelle popolazioni che, mediamente, hanno un maggior consumo dietetico di sale. Comunque, vari studi epidemiologici dimostrano che quando l’apporto dietetico di sodio è inferiore a 70 mEq al giorno (circa 1,6 g), ben poche persone sviluppano ipertensione arteriosa. Influenza del sistema simpatico. negli ipertesi essenziali l’attività del sistema simpatico non è ridotta. Al contrario, esistono dati i quali fanno pensare che essa sia più elevata che di norma. Per esempio, gli ipertesi essenziali hanno, in media, una frequenza cardiaca leggermente più alta rispetto ai normotesi. Sembra che nella ipertensione essenziale vi sia un aumento della noradrenalina nel plama e che vi sia una maggiore sensibilità dei vasi alla attività costrittrice della noradrenalina. Vari farmaci che interferiscono con l’attività del sistema simpatico hanno effetti terapeutici notevoli nella ipertensione essenziale. Influenze psichiche. È notorio che in molti soggetti la misurazione della pressione arteriosa in ambienti estranei (per es., in ospedale), o da parte di persone con le quali non esiste familiarità, fa registrare valori più alti che d’abitudine, talora anche in misura sensibile. Qual è quindi il ruolo dei fattori psichici nella genesi della ipertensione essenziale? Esistono studi animali molto indicativi a favore di questa possibilità. Quando dei ratti sono sottoposti a ripetuti ed inevitabili stimoli disturbanti, essi presentano valori pressori più elevati rispetto ad animali di controllo lasciati tranquilli, e questo effetto è mediato da una iperattività del sistema simpatico.