1. Durante un processo, l`energia totale del sistema più l`ambiente

16. La termoregolazione
16 La termoregolazione
Introduzione
L’uomo, come molti altri mammiferi, è un animale omeotermo, perché
regola la temperatura interna entro limiti molto ristretti, intorno a 37°C,
nonostante la temperatura dell’ambiente esterno subisca ampie variazioni.1
La possibilità di mantenere costante la temperatura corporea offre notevoli
vantaggi biologici. In base all’equazione di Arrhenius, la velocità di tutte le
reazioni chimiche aumenta con la temperatura secondo una funzione
esponenziale.
Tuttavia, nel mondo biologico, esiste un valore critico, oltre il quale la
velocità delle reazioni diminuisce.2 Gli animali omeotermi hanno la capacità
di mantenere la temperatura corporea costante, al valore ottimale per le
reazioni enzimatiche. Questa proprietà è di fondamentale importanza, poiché
le reazioni chimiche, che avvengono negli organismi viventi, sono per lo più
reazioni metaboliche, catalizzate da enzimi.
L’omeotermia assicura l’efficienza del metabolismo, sia a riposo, ossia in
condizioni di metabolismo basale, che durante lavoro muscolare, quando
l’innalzamento della temperatura corporea favorisce un intenso metabolismo
ossidativo.3
1
Al contrario, gli animali poichilotermi, come, ad esempio, rettili ed anfibi, non posseggono
questa proprietà.
2 Tale valore si trova tra i 40° e i 50°C, punto di denaturazione delle proteine. E’ noto che la
temperatura elevata altera la configurazione e la struttura delle proteine, pur senza
modificarne la sequenza amminoacidica.
3 Il metabolismo di un animale poichilotermo varia al variare della temperatura dell’ambiente
che lo circonda. Questi organismi non sono perciò in grado di mantenere l’efficienza
metabolica e le prestazioni funzionali al livello ottimale. Nell’animale poichilotermo il
metabolismo è, per così dire, legato all’ambiente.
477
16. La termoregolazione
Come è stato detto in maniera efficace,4 la capacità di regolare la
temperatura corporea libera gli animali omeotermi dalla ‘costrizione’
dell’equazione di Arrhenius, rendendoli indipendenti dall’ambiente esterno. 5
Possiamo considerare l’uomo una macchina termodinamica, che consuma
l’energia chimica libera, che proviene dagli alimenti.
L’energia assunta non è però tutta utilizzata, ma in parte trasformata nel suo
prodotto di degradazione: il calore.
E’ perciò evidente che l’omeotermia è garantita solo se tutto il calore
prodotto è trasferito all’ambiente esterno.
D’altra parte, l’individuo può ricevere calore dall’ambiente, attraverso
meccanismi fisici diversi.
Pertanto l’uomo realizza un continuo scambio termico con l’ambiente
circostante: solamente il mantenimento dell’equilibrio tra produzione e
perdita di calore assicura la costanza della temperatura corporea.
Tale equilibrio si realizza grazie al fatto che gli animali omeotermi
possiedono meccanismi di regolazione della temperatura, altrimenti detti
meccanismi di termoregolazione.
La temperatura corporea si mantiene costante, o, per meglio dire, all’interno
di un ristretto ambito, fintantoché i meccanismi di termoregolazione
assicurano un bilancio termico pari a zero, situazione che corrisponde
all’equilibrio tra assunzione e perdita di calore.
Si possono verificare condizioni di stress termico tali, per cui i meccanismi
termoregolatori non sono più sufficienti a mantenere tale equilibrio.
In questi casi, la temperatura corporea si porta al di fuori degli ambiti
fisiologici, raggiungendo valori di rischio o di morte.
In questo capitolo saranno esaminati i fattori che incidono sul bilancio
termico:

i meccanismi fisici, che determinano lo scambio di calore tra individuo
e ambiente

le modalità di utilizzo dell’energia da parte dell’uomo e la produzione
di lavoro e calore attraverso il metabolismo

i meccanismi comportamentali e fisiologici di termoregolazione che
assicurano, entro certi limiti, l’omeostasi della temperatura corporea.
4
Thauer, R., Homoiothermie als Fortschritt und Schicksal des Menschen, in Jahrbuch der
Max-Planck-Gesellschaft, 17, 39-75,1967
5 Tale indipendenza è di importanza assai rilevante per gli animali che vivono sulla terra, dove
le escursioni termiche tra stagioni fredde e calde possono raggiungere i 60-70°C.
478
16. La termoregolazione
Tuttavia, come ampiamente illustrato nel capitolo successivo, la condizione
di equilibrio termico è una condizione necessaria, ma non sufficiente ad
assicurare il benessere termico.
Con il termine microclima, si intende l’insieme dei parametri ambientali,
che influenzano gli scambi termici tra uomo e ambiente, in modo tale da
assicurare il benessere termico dell’individuo.
La progettazione di un ambiente, di un oggetto o di un materiale che possa
interferire con i meccanismi di termoregolazione, deve seguire i criteri
adeguati per assicurare il benessere termico, condizione per altro
strettamente connessa alla salute dell’uomo.
Tali criteri possono risultare molto diversi, in funzione delle condizioni
ambientali e dell’utilizzo al quale, ad esempio, l’ambiente è preposto,
soprattutto in relazione al tipo di attività svolta dall’individuo, nonché alla
fascia di età (bambini, adulti, anziani) alla quale appartiene.
16.1
La temperatura dell’organismo
Il corpo umano è un sistema termodinamico che, alimentato dal cibo,
produce lavoro e calore, in quantità dipendenti dall’attività svolta.
Allo scopo di mantenere costante la temperatura corporea, il calore prodotto
dall’organismo deve uguagliare quello ceduto all’ambiente.
Nonostante i meccanismi di termoregolazione tendano a mantenere costante
la temperatura corporea, variazioni della temperatura corporea si verificano
comunque, in risposta a variazioni del metabolismo o a stress termici
ambientali.
Quando parliamo di temperatura corporea, non ci riferiamo alla
temperatura di qualsiasi parte del corpo. Infatti, nel corpo, si riscontra una
distribuzione di diverse temperature.
In un modello semplificato, il corpo umano viene suddiviso in un nucleo
centrale e in un guscio periferico (Figura 16.1), tale per cui:

le temperature della superficie del guscio e lo spessore del guscio stesso,
dipendono dalla temperatura dell’ambiente: il guscio è molto più spesso
quando il clima è freddo ed è molto più sottile quando il clima è caldo;

i meccanismi di termoregolazione tendono a mantenere costante la
temperatura del nucleo centrale, mentre quella del guscio può variare
entro un ambito maggiore.
Pertanto, nell’uomo, l’omeotermia riguarda solo il nucleo centrale, che
comprende gli organi profondi della testa, del collo, del torace e
dell’addome.
479
16. La termoregolazione
Figura 16.1 Distribuzione delle temperature del corpo, in un soggetto
esposto ad ambiente freddo (A) e ad ambiente caldo (B).
Il corpo umano è suddiviso in due regioni: un ‘nucleo centrale’ (zona scura) e un
‘guscio periferico’ (zona chiara). Sono riportate le isoterme del corpo (superfici
che uniscono i punti ad uguale temperatura). I valori di temperatura corporea e lo
spessore del guscio dipendono dalle condizioni ambientali. In ambienti caldi, il
nucleo centrale comprende la maggior parte del corpo. In ambienti freddi
aumenta lo spessore del guscio corporeo, che presenta temperature più vicine a
quelle dell’ambiente.
L’esatta valutazione della temperatura corporea si basa sulla conoscenza dei
normali ambiti di variazione e dei fattori che su di essa incidono. Tali fattori,
illustrati nei prossimi paragrafi, sono:

lo scambio di calore tra individuo e ambiente;

la produzione di calore da parte dell’organismo, determinata dalle
condizioni metaboliche dell’individuo

l’intervento dei meccanismi di termoregolazione.
Nel riquadro sono analizzati gli ambiti di escursione della temperatura
centrale e cutanea superficiale, al fine di definire i criteri di valutazione della
temperatura corporea media, anche in funzione della variabilità ambientale.
480
16. La termoregolazione
ESCURSIONE DELLA TEMPERATURA CENTRALE E CUTANEA:
LA TEMPERATURA CORPOREA MEDIA
La temperatura rettale è il miglior indice della temperatura degli organi profondi,
denominata temperatura centrale.
Al contrario gli arti, muscoli compresi, presentano temperature soggette a maggiore
variabilità, dipendenti dalle condizioni ambientali e dal metabolismo del soggetto. Tale
variabilità è utile durante lavoro muscolare, perché permette alla temperatura dei muscoli
di superare i 37°C, accelerando le reazioni chimiche, che stanno alla base del
metabolismo muscolare.
Tuttavia, anche la temperatura centrale normale può variare. Pertanto, è necessario
specificare le condizioni, nelle quali si effettua la misura.
La temperatura rettale normale è considerata in genere 37°C con un ambito di escursione
di 37  0.5 °C (vedi Figura). Questi valori rientrano nella media, ottenuta su un vasto
ambito di soggetti ma, tuttavia è assolutamente normale registrare una temperatura rettale
fino a 40°C in un atleta, che abbia appena svolto un intenso lavoro muscolare.
Nella figura 16.2 sono riportate le escursioni normali della temperatura rettale in soggetti
sani a riposo, durante lavoro muscolare o con la febbre Temperature al di fuori di tale
ambito corrispondono ai limiti estremi della temperatura, con la termoregolazione
compromessa.
16.2 Escursioni normali della temperatura rettale in soggetti sani a riposo
LIMITI DI SOPRAVVIVENZA
Come si può osservare nella figura 16.2:

variazioni della temperatura corporea centrale di circa +2°C, da un livello normale di
37.5 °C, non comportano seri danni per le funzioni corporee.

per valori di temperatura oltre tale ambito (ipertermia), la funzione del sistema
nervoso centrale è danneggiata. Pertanto, anche se durante lo svolgimento di lavoro
muscolare molto intenso, la temperatura interna può superare i 39°C, il mantenimento
di temperature oltre i 40°C per molte ore porta all’alterazione del sistema di
termoregolazione, con conseguenze molto gravi, fino a morte.
481
16. La termoregolazione






per valori intorno a 41- 42°C, il soggetto manifesta convulsioni gravi.
intorno ai 44-45°C, si ha denaturazione proteica e morte rapida.
Il raffreddamento degli organi interni fino a 36°C non comporta alcun danno.
a 33°C circa vi è perdita di coscienza.
sotto i 30°C, i meccanismi di termoregolazione non sono più operanti: il soggetto
diventa poichilotermo.
a circa 28°C spesso interviene fibrillazione cardiaca e morte. Tuttavia, i tessuti
possono sopravvivere alle basse temperature, riducendo per altro le esigenze
metaboliche. In condizioni altamente controllate, come in ipotermia chirurgica, si
possono raggiungere valori di temperatura corporea inferiori a 30°C.
In conclusione, la temperatura corporea normale è solo di qualche grado inferiore al
limite superiore per la sopravvivenza ed è per questo motivo che i meccanismi di
termoregolazione attuano difese superiori contro l’ipertermia, rispetto all’ipotermia,
condizione in cui la temperatura corporea raggiunge valori inferiori all’intervallo di
normalità.
LA TEMPERATURA CORPOREA MEDIA
Ai fini dello studio dei meccanismi di termoregolazione, la variabile regolata è sicuramente
la temperatura corporea interna, ossia la temperatura del nucleo centrale.
In generale, la temperatura della superficie corporea ha un valore compreso tra quello
del nucleo centrale e quella dell’ambiente circostante.
Come si può osservare in Figura 1, in condizioni di massima vasodilatazione, la
temperatura della superficie corporea si porta a valori prossimi a quelli del nucleo centrale.
Viceversa, in caso di vasocostrizione massima, la temperatura superficiale si abbassa
verso i valori ambientali.
Inoltre la temperatura cutanea è diversa nelle varie parti del corpo: la differenza tra la
temperatura della fronte e quella dei piedi può raggiungere 10°C.
I valori di temperatura della cute non possono superare i 45°C o risultare inferiori ai 4°C,
valori che definiscono la soglia del dolore.
In condizioni di benessere termico, la temperatura cutanea si aggira intorno a 34-35°C.
La temperatura media della superficie corporea si può valutare, sommando la temperatura
di ciascuna regione della superficie corporea, moltiplicata per la frazione relativa alla
superficie stessa.
L’equazione, utilizzata per determinare la temperatura media superficiale Ts, è la
seguente6:
Ts = 0.07 T piedi + 0.32 T gambe + 0.18 T torace + 0.17 T dorso + 0.14 T braccia + 0.05 T
mani + 0.07 T testa
(1)
Ancora più complesso è il calcolo della temperatura corporea media, Tc.
In riferimento al modello introdotto (Figura 1), possiamo considerare Tc come la somma
dei due contributi relativi, rispettivamente, alla temperatura del nucleo centrale (Tnucleo)
e a quella del guscio periferico (Tguscio).
I due contributi hanno peso relativo diverso, funzione delle condizioni ambientali esterne.
In ambito normale di temperatura ambientale risulta6
Tc = 0.3 Tguscio + 0.7 Tnucleo
(2)
Il guscio diventa più spesso in ambiente freddo e più sottile in ambiente caldo. Pertanto il
suo peso, nell’equazione (2), varia tra 0.4 al freddo e 0.2 al caldo.
6
Hardy, J. D., Du Bois E. F. J., in : Nutr., vol : 15, 1937.
482
16. La termoregolazione
16. 2 Meccanismi fisici di scambio di calore con l’ambiente
La quasi totalità della produzione di calore nell’organismo è a carico del
nucleo centrale, prevalentemente a causa dei processi metabolici.
Tuttavia, per essere eliminato, il calore deve essere condotto fino alla
superficie corporea. Solo a questo livello, infatti, può avvenire lo scambio di
calore tra organismo e ambiente.
Al pari di qualsiasi oggetto fisico, l’organismo umano può non solo cedere,
ma anche acquistare calore dall’ambiente circostante, attraverso i seguenti
meccanismi fisici:

conduzione

convezione

irraggiamento

evaporazione
Nella Figura 16.3 sono schematizzati i possibili scambi termici, che si
realizzano tra individuo e ambiente.
Lo scambio di calore con l’ambiente avviene pertanto mediante l’intervento
combinato di questi meccanismi. Le differenze funzionali tra i meccanismi
di scambio termico sono illustrati nella scheda 16.a in fondo al capitolo.
Figura 16.3 Scambi di energia tra individuo e ambiente (il verso dello
scambio è indicato dalla punta della freccia). La ragazza che cammina riceve
calore: per irraggiamento diretto (deviato dalla presenza di particelle e riflesso
dalle nubi e dal terreno) dal sole e, per conduzione, dal terreno. Perde calore:
per convezione nell’aria, grazie anche alla presenza della brezza, per
irraggiamento verso la terra e verso il cielo, e per evaporazione dell’ acqua dalla
pelle e dalle vie aeree. A causa del movimento, parte dell’energia metabolica
prodotta è convertita in lavoro meccanico esterno, compiuto dai muscoli.
483
16. La termoregolazione
16.3 Energia metabolica e produzione di calore
Per mantenersi in vita, l’uomo ha bisogno di un continuo apporto di energia.
Infatti, in tutti processi vitali, qualsiasi forma di energia potenziale
immagazzinata, tende spontaneamente ad esaurirsi. Pertanto, l’energia deve
essere costantemente ripristinata.
Teoricamente, l’energia vitale potrebbe essere ottenuta da svariate fonti, dato
che qualsiasi forma di energia può essere convertita in altre forme di energia.
In realtà, l’organismo umano e animale è in grado di utilizzare una sola
forma di energia: l’energia chimica libera degli alimenti.
Metabolismo è, appunto, l’insieme dei processi che presiede alla
conversione e all’utilizzo di tale forma di energia.
Figura 16.4. Distribuzione dell’energia libera ottenuta dagli alimenti
all’interno dell’organismo (sistema) e nell’ambiente circostante.
Tutta l’energia libera (100%) introdotta nel nostro corpo è disponibile all’ interno
del sistema, per conservarne l’integrità strutturale e per compiere lavoro interno.
Essa compare nell’ambiente come calore o come lavoro meccanico esterno, in
conseguenza dell’attività dei muscoli scheletrici.
Parte dell’energia è persa a causa dell’aumento di entropia e per l’inefficienza di
trasformazione. Tale quota è trasferita nell’ambiente come calore.
484
16. La termoregolazione
Dal punto di vista del metabolismo, l’uomo è una macchina termodinamica,
che consuma l’energia libera, contenuta negli alimenti, convertendola e
utilizzandola solo in parte, degradandone la restante, sotto forma di calore
(Figura 16.4). Il calore è pertanto il prodotto di scarto del metabolismo.
Il secondo principio della termodinamica, stabilisce, infatti, che la
riconversione dell’energia termica può avvenire in presenza di un gradiente
di temperatura. Nell’organismo, invece, i processi si attuano a temperatura
costante.
Sulla base di queste considerazioni, possiamo concludere che, affinché la
temperatura corporea si mantenga costante, tutto il calore metabolico,
prodotto dall’organismo, deve essere ceduto all’ambiente.
Nella Scheda 16.b sono analizzati i processi di scambio energetico tra
organismo e ambiente che comportano l’utilizzo di energia libera, nonché
l’efficienza di tali processi.
La variazione di energia libera può essere definita come quella porzione di
energia totale disponibile perché il sistema,ossia il nostro organismo, possa
compiere lavoro sul suo ambiente.
Lo schema di Figura 16.5 mostra gli stadi di utilizzo dell’energia libera da
parte dell’organismo e gli scambi energetici tra organismo e ambiente.
16.3.1 Utilizzo dell’energia libera
Come illustrato nella Scheda 1c, l’ATP costituisce la ‘moneta di scambio’ di
tutti i processi energetici in quanto è alla base del processo che fornisce
l’energia che può essere utilizzata dalle cellule.
L’energia libera ottenuta dagli alimenti viene utilizzata nel processo
endoergonico da ADP ad ATP, per ricostituire i legami fosforici altamente
energetici.
Una volta ricostituito, l’ATP con la sua scissione, fornisce l’energia
necessaria per accoppiare processi biologici, come ad esempio la pompa del
sodio e del potassio (Na+/K+ ATPasi) o la contrazione muscolare (Fig. 16. 5).
Figura 16.5 Ciclo ATP-ADP. La scissione dell’ ATP produce energia
immediatamente utilizzata nei sistemi biologici. Sono riportati alcuni esempi.
485
16. La termoregolazione
Dobbiamo comunque sottolineare che la conversione di energia libera in
composti altamente energetici è ben lungi da essere efficiente al 100%:
l’ossidazione di una mole di glucosio libera 686 Kcal, producendo soltanto
38 moli di ATP. Una mole di ATP libera all’incirca 7 Kcal.
Ciò significa che l’efficienza del processo biochimico è circa del 38%: più
della metà dell’energia chimica libera disponibile è convertita in calore, che
deve essere ceduto dal corpo all’ambiente (Fig. 16.4, secondo stadio).
Pertanto il risultato netto del metabolismo è:

il consumo di energia libera

la produzione di
 lavoro
 calore
A sua volta l’energia libera, che deriva dalla scissione dell’ATP (vedi
Scheda 1c in fondo al capitolo), è usata per funzioni diverse dell’organismo:

mantenimento dell’integrità biochimica e strutturale del nostro
organismo

produzione di lavoro meccanico interno

Durante questi processi, che avvengono all’interno del sistema, l’unica
forma di energia scambiata con l’ambiente è calore.

Attraverso l’attività dei muscoli scheletrici, il sistema può invece
compiere sull’ambiente lavoro meccanico esterno.
In conclusione, il sistema scambia con l’ambiente due sole forme di energia:

il calore prodotto dal metabolismo o dal lavoro meccanico interno

il lavoro meccanico esterno, conseguente all’attività dei muscoli
scheletrici (Figura 16.4, terzo e quarto stadio).
16.3.2 Misura del metabolismo: il consumo di ossigeno
Come detto nel paragrafo precedente, l’organismo umano trae l’energia
necessaria per i processi vitali dall’energia libera degli alimenti.
La valutazione di tale apporto energetico è altamente semplificato se si
considera che da un punto di vista termodinamico, la quantità di energia
disponibile è completamente determinata dai substrati iniziali e dai prodotti
terminali (vedi l’eq. (12) riportata nella scheda 12.b).
Considerando ad esempio la reazione di ossidazione di una mole glucosio:
C6H12O6 + 6 O2
= 6 CO2 + 6 H2O + 686 Kcal (21)
risulta che l’assorbimento di una mole di glucosio è equivalente ad un
aumento dell’energia libera interna dell’organismo, pari a 686 Kcal.
486
16. La termoregolazione
In altre parole, la combustione completa a CO2 e H2O di 1 grammo di
glucosio libera nell’organismo umano, come fosse un fornello, 17.2 KJ
ovvero 4.1 Kcal (1 caloria = 4.18 Joule).
In generale, l’energia necessaria per i processi vitali è ottenuta attraverso
l’ossidazione di glucidi, lipidi e proteine.
La combustione di un grammo di lipidi libera 39 KJ (9.3 Kcal).7
In conclusione, l’energia liberata dal consumo di 1 litro di O2 è

21.1 KJ (5.05 Kcal) nel caso in cui vengano ossidati glucidi

19.6 KJ ( 4.7 Kcal) se il substrato è costituito da lipidi.
Pertanto, dalla misura del consumo di O2, ( V O2), si può calcolare la
quantità di calore prodotto in KJ o Kcal.
In pratica, si moltiplica il valore di V O2 per 21 o per 5 per ottenere la
produzione di calore in KJ o Kcal.8
In conclusione, il consumo metabolico di un individuo può essere calcolato:
a) misurando il consumo di ossigeno
b) assumendo l’equivalente energetico per l’O2 : 5 Kcal · l-1 o 21 KJ · l-1.
Distinguiamo il dispendio energetico in condizioni di riposo o metabolismo
basale e la variazione di metabolismo in caso di lavoro muscolare o
metabolismo energetico.
Metabolismo basale
Un uomo adulto, a riposo, consuma circa 3.0-3.5 ml di O2 per Kg di peso
corporeo e per minuto.
L’energia corrispondente, 1-1.2 W · Kg-1 ovvero 0.015-0.0175 Kcal · Kg-1 ·
min-1, è utilizzata per i processi vitali di mantenimento quali: l’ attività
cerebrale, renale, circolatoria, respiratoria, il mantenimento dei gradienti
ionici intra-extracellulari, la sintesi di ormoni etc.
In condizioni di metabolismo basale o di riposo, il soggetto non produce
alcun lavoro meccanico esterno.
Pertanto, l’unica forma di energia scambiata con l’ambiente, è il calore, che
deve essere totalmente eliminato.
A differenza dei glucidi e dei lipidi, l’ossidazione delle proteine si arresta a livello di
composti azotati, quali urea, creatinina, acido urico. La quantità di energia prodotta è quindi
inferiore, rispetto a quella che si otterrebbe per completa ossidazione: 17.2 KJ, anziché 22.4
KJ per grammo.
8 Con buona approssimazione, il consumo di proteine può essere trascurato. Esso, infatti,
rappresenta il 5% del bilancio energetico totale, in condizioni di riposo e l’1 – 2 %, durante
lavoro muscolare.
7
487
16. La termoregolazione
Infatti, considerando la capacità termica media dell’organismo, se il calore
prodotto non fosse eliminato, la temperatura corporea del soggetto
aumenterebbe di circa 1.46°C per ora.
I valori fisiologici del metabolismo di riposo sono influenzati da numerosi
fattori, tra i quali: la massa corporea, il sesso, l’età, l’attività ormonale e la
digestione.
A parità di età e di superficie corporea, il metabolismo basale nella donna è
del 5-10% inferiore, rispetto all’ uomo. Ciò è da attribuirsi, probabilmente, al
più alto contenuto in tessuto adiposo, presente nella donna.
Metabolismo energetico
Durante lavoro muscolare, la richiesta energetica aumenta, in funzione
dell’intensità del lavoro svolto.
Il livello di attività, ovvero l’intensità dell’esercizio, influisce notevolmente
sulla velocità di produzione dell’energia e il livello metabolico aumenta di
conseguenza. In questo caso, parte dell’energia metabolica è trasformata in
lavoro meccanico esterno e parte in calore.9
Il rendimento del lavoro muscolare varia, in funzione delle condizioni in cui
la contrazione avviene.
Nel caso in cui il lavoro muscolare consista nel sollevare un peso, il
rendimento dipende:

dall’intensità del carico.
E’ nullo, quando si voglia sollevare un carico superiore alla forza
muscolare. In generale, il rendimento è maggiore per carichi intermedi.

dalla velocità di contrazione muscolare.
Una contrazione molto lenta, comporta un minore rendimento, perché la
quota di calore di mantenimento aumenta notevolmente. Il rendimento
dipende, inoltre, dalla durata della contrazione.
9
I fisiologi distinguono un rendimento muscolare netto ed un rendimento lordo. Abbiamo
definito il rendimento meccanico della contrazione () come la frazione di energia libera (G),
trasformata in lavoro meccanico esterno (L). D’altra parte, il dispendio energetico totale può
essere calcolato dalla misura del consumo di O2 ( V O2), se il lavoro è compiuto in condizioni
aerobiche.
Si parla di rendimento lordo, se si considera tutta l’energia consumata durante il lavoro
muscolare, mentre si parla di rendimento netto, se si considera solo l’incremento di energia
trasformata a causa del lavoro.
Per calcolare il rendimento netto, in pratica, si sottrae all’energia totale trasformata, la
quantità corrispondente a quella trasformata in condizioni di riposo, vale a dire la quota
corrispondente al metabolismo basale.
488
16. La termoregolazione
In ogni caso, la produzione di lavoro meccanico esterno, comporta un
innalzamento del metabolismo corporeo, con conseguente incremento del
calore prodotto.10
16.4 Il bilancio termico
Nel paragrafo precedente, abbiamo distinto un dispendio energetico
obbligatorio, il metabolismo basale, ovvero la quantità di energia MB,
richiesta nell’unità di tempo, per il mantenimento della sola vita vegetativa.
In queste condizioni, l’organismo non produce lavoro meccanico esterno e
l’unico scambio di energia tra l’individuo e l’ambiente è il calore prodotto
dall’organismo, che deve essere ceduto all’ambiente.
Per svolgere una qualsiasi attività, è necessario l’intervento dei muscoli
scheletrici, che, attraverso la contrazione, producono lavoro. In questo caso,
l’organismo necessita di un ulteriore apporto di energia ML, la cui entità
dipende dal tipo e dall’intensità del lavoro svolto.
La quantità di energia totale:
MT = M B + M L
(22)
rappresenta l’energia libera utilizzata nell’unità di tempo.
Parte di questa energia può essere convertita in lavoro meccanico esterno,
parte si trasforma necessariamente in calore.
In generale, possiamo quindi scrivere:
MT = L + Q
(23)
L’organismo umano è quindi un convertitore di energia, una macchina
termica, per la quale abbiamo definito (vedi Scheda 1c) il rendimento:
=
L
MT
(24)
Il valore di  varia da zero, nel caso di lavoro isometrico, a 0.20-0.25 (vedi
Scheda 1c). Al contempo varia anche Q, la quantità di calore prodotta, che
deve essere ceduta all’ambiente.
Allo stato stazionario, affinché la temperatura corporea resti costante, la
produzione di calore deve essere uguale all’eliminazione.
Le considerazioni condotte fino ad ora possono essere riassunte nella
seguente equazione, denominata equazione del bilancio termico:
10
Anche in caso di lavoro moderato, i muscoli diventano la principale sorgente di calore
metabolico. In caso di esercizio intenso, essi producono fino al 90% del calore totale.
All’inizio dell’attività muscolare, la temperatura dei muscoli si innalza, a causa della loro
elevata velocità metabolica, raggiungendo una temperatura più alta di quella del nucleo
centrale. Tuttavia, in breve tempo, anche il sangue, che perfonde i muscoli, si scalda.
Attraverso la circolazione, riscalda il resto del corpo, aumentando la temperatura del nucleo
centrale.
489
16. La termoregolazione
MT = L + Q + CT · T
(25)
dove:
MT: quantità di energia metabolica prodotta;
L: quantità di energia trasformata in lavoro meccanico esterno;
Q: quantità di calore ceduta all’ambiente;
CT: capacità termica del corpo, ossia la quantità di calore necessaria per
aumentare di 1°C la temperatura di 1Kg di corpo umano (media ponderata di
tutti i tessuti) è pari a 3.44 KJ
T: variazione della temperatura corporea.
Pertanto, se la temperatura corporea rimane costante (T = 0), l’eq. (25)
diviene:
MT = L + Q
(26)
In generale, la temperatura corporea rimane costante, se il flusso di calore
dall’organismo all’ambiente è in equilibrio con il consumo energetico.
Possiamo riscrivere l’equazione generale per il bilancio termico,
introducendo, al posto del termine generico Q, la quantità di calore
scambiata per mezzo dei meccanismi fisici mediante i quali l’individuo cede
o assume calore dall’ambiente:
MT = L  Qc  Qr + Qev + CT · T
(27)
In base all’eq. (27) possiamo concludere che la temperatura corporea rimane
costante se e solo se la produzione di calore metabolico è controbilanciata da
un’equivalente eliminazione, grazie all’intervento, combinato o meno, di
convezione, irraggiamento, evaporazione.
Poiché, come illustrato nel paragrafo 1.3.2, il dispendio metabolico è
calcolato dalla misura dell’ossigeno consumato nell’unità di tempo ( V O2),
possiamo riscrivere l’equazione (27) come:
V O2 k = L  Qc  Qr + Qev + CT · T
(28)
dove:
V O2: quantità l’ossigeno consumato nell’unità di tempo (l · min-1)
k: equivalente calorico dell’ossigeno (5 Kcal · l -1 o 21 KJ · l-1)
Pertanto, per mantenere l’equilibrio termico, è necessario che ogni
variazione del consumo energetico che avviene nell’organismo sia
controbilanciata da una assunzione o una perdita di calore nell’ambiente
esterno.
490
16. La termoregolazione
1.4.1 Bilancio termico e indumenti
L’equazione per il bilancio termico si riferisce ad un soggetto nudo.
Tuttavia, come sappiamo, da tempi assai remoti l’uomo coprì parte del
proprio corpo, dapprima con semplici pelli e poi con indumenti, quali
elementi di protezione nei confronti dell’ambiente.
Nel corso del tempo, si sono realizzati indumenti con potere isolante di entità
variabile e sempre più adeguati, per tessuto, colore e forma, per proteggersi
dall’ambiente circostante.
Pertanto, se l’individuo è vestito, il passaggio di calore dalla cute all’esterno,
avviene attraverso gli indumenti stessi.
In tal caso, i coefficienti dell’equazione del bilancio termico devono essere
modificati, tenendo conto delle caratteristiche fisiche degli indumenti, in
termini di conducibilità termica, permeabilità al vapor d’acqua e all’aria,
potere di assorbimento o di riflessione del calore radiante.
I fisiologi, che si occupano dello studio dell’uomo in diverse condizioni
ambientali, considerano gli indumenti semplicemente come un isolante
supplementare (Icl), equivalente ad una resistenza, posta in serie con quella
costituita dall’isolamento prodotto dai tessuti corporei (It).
Il potere isolante dei tessuti corporei, It, è definito come la differenza di
temperatura, tra nucleo centrale e superficie corporea, che determina un
flusso di calore, per unità di superficie corporea:
It = (Tnucleo – Ts ) · (
Q
)
Ac
( 29 )
dove:
Tnucleo: temperatura del nucleo centrale
Ts: temperatura della superficie corporea
Q: flusso di calore, attraverso la superficie corporea Ac
In un ambiente a temperatura confortevole, l’isolamento del corpo è di circa
0.08 °C · Kcal –1 · h –1 · m-2.
Il potere isolante dei tessuti corporei è maggiore nei soggetti obesi, a causa
della presenza di una maggior quantità di grasso sottocutaneo.
La vasocostrizione, aumentando lo spessore del guscio, aumenta il potere
isolante dei tessuti corporei, la vasodilatazione lo diminuisce.
Pertanto, l’isolamento offerto dai tessuti corporei è considerato una
resistenza variabile, che contribuisce al mantenimento della temperatura
centrale.
Ciò risulta evidente, se riscriviamo l’equazione (29) nella seguente forma:
Tnucleo = Ts + (
Q
A
) It
(30)
491
16. La termoregolazione
In condizioni ambientali tali da variare la temperatura della superficie del
corpo Ts, l’individuo può:

mantenere costante la temperatura del nucleo centrale, Tnucleo,
modificando la cessione di calore Q, attraverso un aumento o una
diminuzione del potere isolante dei tessuti corporei.

indossando degli indumenti, l’uomo aggiunge, in pratica, una resistenza
variabile, posta in serie con quella dei tessuti corporei, aumentando in tal
modo la capacità di dispersione o isolamento.
Pertanto, per l’uomo vestito, l’equazione (30) diviene:
Tnucleo = Ts + (
Q
)
Ac
(It + Iclo)
(31)
dove è stato solamente aggiunto il potere isolante degli indumenti: Iclo.
Tuttavia, è importante osservare, che, nell’equazione (31), Ts rappresenta la
temperatura media della superficie degli indumenti, perché, nel caso
dell’individuo vestito, lo scambio del calore con l’ambiente non avviene
attraverso la superficie del corpo, ma degli abiti.
Possiamo definire l’unità di misura della resistenza termica offerta dagli
abiti, il clo come:
1clo = 0.155 m2 · K · W-1
In generale, siamo abituati a considerare gli indumenti come degli isolanti,
utilizzati per diminuire la dispersione di calore. Ciò si verifica per
temperature inferiori a 35 °C. In questo caso, gli indumenti riducono la
cessione di calore dal corpo all’ambiente, ossia ‘tengono caldo’.
Tuttavia in climi caldi caratterizzati da una temperatura ambientale superiore
a 35°C, un abbigliamento opportunamente scelto può contribuire ad isolare
il corpo dal calore che può ricevere dall’ambiente per convezione,
ostacolando il meno possibile il processo di sudorazione (vedi abbigliamento
del deserto).
Per altro, anche noi, che viviamo in clima temperato, siamo soliti indossare
indumenti chiari in giornate serene e assolate e, al contrario, indumenti scuri
nelle giornate più fredde. Infatti, i colori chiari riducono e i colori scuri
aumentano la capacità di assorbire calore radiante, (valore di  dell’eq. (5)) e
di trasmetterlo all’organismo. L’uomo applica questi criteri anche nel campo
dell’edilizia, ad esempio, nei paesi mediterranei assolati, verniciando di
bianco i muri delle case. Per una trattazione più approfondita
dell’argomento, si rimanda il lettore al capitolo successivo.
1.4.2 Bilancio termico e dimensioni corporee
Oltre che per l’individuo nudo, l’equazione (28) per il bilancio termico è
espressa per unità di superficie corporea.
492
16. La termoregolazione
La superficie corporea, rispetto alla massa o al peso, è il parametro, che si
utilizza correttamente per standardizzare le misure e renderle confrontabili.11
E’ possibile calcolare con buona approssimazione la superficie corporea,
conoscendo l’altezza ed il peso del soggetto, per mezzo dell’equazione:12
SC = 71.84 P 0.425 · h 0.725
dove:
SC: superficie corporea espressa in m2
P: peso in Kg
h: altezza in metri.
(32)
In pratica, si può utilizzare il nomogramma di Figura 16.6, dove una retta
che unisca i valori corrispondenti alla statura e al peso del soggetto, incontra
la retta che riporta i valori di superficie corporea, nel punto corrispondente al
valore che si otterrebbe, risolvendo l’equazione (32).
11
Se, infatti, si considera il bilancio energetico totale, si riscontrano differenze significative
tra soggetti di dimensioni diverse. In prima approssimazione, possiamo ritenere che individui
di grossa taglia presentino un metabolismo e quindi un dispendio calorico superiore, rispetto
ad individui di piccola taglia. In individui di peso identico, ma di differenti proporzioni
corporee, si possono rilevare valori metabolici diversi. Si è, infatti, osservato, che in soggetti
di peso, altezza e caratteristiche corporee differenti, si possono riscontrare valori metabolici
totali molto diversi. Tuttavia, se le misure vengono rapportate all’unità di superficie corporea,
gli stessi soggetti presentano valori di metabolismo simili.
12 DuBois D. and DuBois E. F. Arch. Intern. Med., 17, 863-871, 1916.
493
16. La termoregolazione
Figura 16.6. Nomogramma per la determinazione della superficie corporea.
Una retta che unisca i valori di statura (cm) e peso (Kg), misurati su un soggetto,
incontra la retta relativa alla superficie corporea (al centro) in corrispondenza del
valore di superficie corporea del soggetto.
Oltre alla superficie corporea, vi sono due altri parametri, che dipendono
strettamente dalle dimensioni e dalla composizione corporea e precisamente:
1. la conducibilità termica dell’organismo è un indice della facilità con
cui il calore, prodotto nel nucleo centrale, è trasferito alla superficie corporea
per essere ceduto all’ambiente. Come per qualsiasi altro mezzo fisico, in
grado di trasmettere calore, la conducibilità termica dei tessuti corporei può
essere misurata. Il valore ottenuto, compreso tra 0.03 e 0.3 W · cm-1 · °C –1,
esprime la quantità di calore dissipata nell’unità di tempo (watt) attraverso
uno strato di tessuto dello spessore di 1 cm, in presenza di un gradiente
termico di 1°C, tra tessuto e ambiente circostante.
In generale, i tessuti corporei sono cattivi conduttori del calore.
494
16. La termoregolazione
Tuttavia, la conducibilità termica del sangue e del tessuto muscolare è molto
superiore a quella del tessuto adiposo sottocutaneo. Pertanto, il valore medio
di conducibilità termica, in un individuo, dipende dalla composizione
corporea, in particolare dal contenuto di tessuto adiposo, rispetto alla massa
magra.13
2. la capacità termica CT, espressa per unità di peso corporeo ed
inversamente proporzionale alla variazione di temperatura T (vedi eq. 25
del bilancio termico).
Pertanto un individuo può accumulare o cedere calore per un certo tempo,
senza che si registri un aumento considerevole della temperatura centrale. In
altre parole, la variazione della temperatura centrale, ha un periodo di
latenza, la cui durata dipende dalla capacità termica dell’organismo e dalla
massa corporea.
La dimensione e il rapporto superficie/ volume del corpo di un soggetto sono
quindi parametri importanti, ai fini della termoregolazione.
In base ad una considerazione del tutto generale, si può affermare che i
soggetti il cui rapporto è alto sono favoriti nei climi caldi, dove è necessario
cedere calore.
Al contrario, i soggetti caratterizzati da un basso rapporto sono favoriti nei
climi freddi, dove è necessario trattenere calore.
Ad esempio, il neonato, nel quale il rapporto superficie/volume è molto
maggiore, rispetto all’adulto, è un individuo molto fragile dal un punto di
vista della termoregolazione. Bastano piccole diminuzioni della temperatura
ambientale, perché il neonato superi la massima capacità di termogenesi e
oltrepassi il limite inferiore di compatibilità termica.14
Pertanto la temperatura corporea oscilla notevolmente nel corso della
giornata e il soggetto presenta difficoltà a regolare la temperatura in ambienti
che non soddisfano pienamente i requisiti di benessere termico.
I nati immaturi non sono in grado di regolare la propria temperatura,
nemmeno in ambienti confortevoli. Quindi devono essere mantenuti a
temperatura costante artificialmente, per mezzo di incubatrici.
La conducibilità termica dei tessuti diminuisce infatti all’aumentare del contenuto di grasso.
Inoltre, essa dipende dal grado di perfusione dei tessuti, che sappiamo essere variabile. In
particolare dipende dal grado di attività per quanto riguarda i muscoli e dalla temperatura
dell’ambiente per i tessuti periferici (arti, cute).
14 In realtà, questo limite non è ascrivibile solamente alla sua taglia. Spesso nel neonato i
meccanismi di termoregolazione, al pari di altre funzioni, che richiedono una complessa
attività del sistema nervoso centrale, non sono completamente funzionanti.
13
495
16. La termoregolazione
La termoregolazione torna ad essere meno efficiente nel vecchio, che spesso
presenta ipotermia, ed è in generale meno reattivo a variazioni della
temperatura ambientale.15
In funzione della massa corporea e della capacità termica dell’organismo,
si possono instaurare fasi transienti, ossia periodi di tempo in cui,
nonostante l’organismo stia accumulando o perdendo calore, la temperatura
centrale non ha ancora subito una variazione significativa.
Tali condizioni, analizzate nella Scheda 1d, sono compatibili con risposte
termoregolatorie, che non si instaurano istantaneamente. Inoltre, periodi di
latenza abbastanza lunghi, consentono all’individuo di allontanarsi da
luoghi, che impongono stress ambientali.
16.4.3 Modalità di scambio di calore all’interno dell’organismo
Il calore prodotto dall’organismo deve essere trasportato dalla sede di
produzione alla superficie corporea, dove è ceduto all’ambiente, utilizzando i
meccanismi fisici di scambio termico.
Il calore metabolico viene in genere prodotto a livello degli organi interni e
dei muscoli e trasportato in superficie, attraverso l’azione combinata della
conduzione e della convezione circolatoria.
Come osservato nel paragrafo 16.1, il meccanismo di conduzione avviene
attraverso il passaggio di energia termica tra punti adiacenti di un materiale.
L’efficacia di questo meccanismo dipende dalla conducibilità termica del
materiale e dal gradiente di temperatura tra i punti di contatto.
Come precedentemente affermato, i tessuti del corpo non sono buoni
conduttori di calore e la conducibilità termica è diversa per i diversi tessuti
del nostro organismo, maggiore per il tessuto muscolare, minore per il
tessuto adiposo.
Ciò comporta che, se lo scambio di calore all’interno dell’organismo
avvenisse solo per conduzione, sarebbero necessari elevati gradienti di
temperatura tra le diverse regioni corporee, per portare in superficie il calore
metabolico.
Il passaggio di calore per convezione, che avviene in virtù del movimento
dei fluidi corporei, interviene ad ovviare a tale inconveniente.
Il meccanismo più rilevante si realizza con la convezione attraverso il
sistema circolatorio.16
15
Inoltre, in presenza di processi infettivi, risponde con minore efficacia agli agenti pirogeni,
per cui spesso la temperatura corporea non si innalza adeguatamente.
16Essendo composto prevalentemente di acqua, il sangue possiede elevata conducibilità
termica e nel passaggio attraverso i vasi capillari, assai numerosi e di piccolo diametro può
scambiare una grande quantità di calore. Nei tessuti molto perfusi, come il muscolo
scheletrico, durante lavoro muscolare, la distanza tra tessuto e capillare è molto piccola. Nel
496
16. La termoregolazione
Il flusso ematico allontana il calore metabolico, portandolo verso la
superficie corporea, dove può essere ceduto all’ambiente. Al contrario, se i
tessuti si trovano ad una temperatura inferiore a quella del sangue che li
irrora, possono ricevere calore dal sangue.
La circolazione è quindi in grado di raffreddare alcuni tessuti e di riscaldarne
altri, contribuendo in maniera rilevante ad uniformare la temperatura
corporea interna.
In particolare, in condizioni di freddo intenso la temperatura degli organi
centrali è mantenuta, ma gli organi periferici, in particolare gli arti, possono
andare incontro a grave raffreddamento, fino al congelamento, soprattutto
delle estremità.
In generale, il rapporto tra la superficie e il volume di un oggetto cilindrico è
inversamente proporzionale al suo diametro. Perciò le dita hanno
un’estensione superficiale, per unità di volume, molto superiore a quella
delle braccia, la cui estensione superficiale, per unità di volume, risulta, a
sua volta, molto superiore a quella del tronco.
Ciò costituisce un vantaggio, quando è necessario cedere calore, ma si
trasforma in un grave svantaggio quando è necessario trattenerlo.
Nella Scheda 16.e sono analizzati i meccanismi di scambio di calore
attraverso il sistema circolatorio, che tra l’altro realizza uno scambio
controcorrente.
16.5 Il controllo della temperatura
Come in tutti gli animali omeotermi, la temperatura è, nell’uomo, una
variabile regolata mediante sistemi di controllo, che ne assicurano
l’omeostasi attraverso due diversi sistemi:
 il comportamento
 i meccanismi fisiologici di termoregolazione.
Entrambi i sistemi, che possiamo definire ‘attivi’, modulano lo scambio
‘passivo’ di calore tra cute e ambiente, che, come detto, si realizza mediante
i meccanismi fisici di conduzione, convezione, irraggiamento, evaporazione.
A livello del sistema nervoso centrale, i centri di controllo elaborano gli
impulsi afferenti, provenienti dai recettori periferici, e mediano le risposte
appropriate.
La regolazione fisiologica della temperatura opera in maniera fine entro un
ambito piuttosto ristretto di temperature.
caso in cui i tessuti si trovino a temperatura maggiore del sangue, il calore passa dai tessuti al
sangue.
497
16. La termoregolazione
Tuttavia, l’uomo, attraverso il comportamento, con l’utilizzo di strumenti di
protezione come i vestiti, gli impianti di riscaldamento e condizionamento
dell’ambiente, è in grado di sopravvivere anche in condizioni ambientali
sfavorevoli, dove la regolazione fisiologica non sarebbe sufficiente.
Di seguito illustreremo

l’utilità e l’efficacia dei meccanismi comportamentali di
termoregolazione

i meccanismi fisiologici di termoregolazione singolarmente, ponendo in
luce le caratteristiche funzionali, i tempi e le modalità di intervento.

il complesso funzionamento dell’omeostasi della temperatura, come
sistema di controllo integrato.
165.1 Meccanismi comportamentali di termoregolazione
Nell’uomo, le risposte comportamentali sono mediate dagli stimoli
sensoriali, che provengono dai termorecettori.
In seguito ad una sensazione di disagio termico, l’uomo adotta gli strumenti
adatti per sostenere o migliorare le condizioni ambientali.
Questi possono essere semplicemente la scelta degli indumenti adeguati,
l’apertura o la chiusura di una finestra, così come l’utilizzo di impianti
sofisticati per il controllo della temperatura e dell’umidità dell’aria.
Infine, nel caso in cui l’ambiente imponga uno stress termico troppo elevato,
l’uomo avverte la situazione di pericolo e, se gli è consentito, si allontana
dall’ambiente stesso.
Le risposte comportamentali, limitano, tra l’altro, l’entità dell’intervento dei
meccanismi termoregolatori fisiologici, che in taluni casi potrebbero
addirittura non essere sufficienti.
Attraverso scelte comportamentali, l’uomo mira a rimanere all’interno della
zona di neutralità termica, dove può regolare fisiologicamente la
temperatura senza la comparsa del brivido o della sudorazione.
L’ambito fisiologico di termoregolazione è infatti più vasto della zona di
neutralità termica, ma, nei limiti del possibile, l’uomo, attraverso reazioni
comportamentali adeguate, cerca di instaurare condizioni termicamente
confortevoli.
Inoltre, la risposta dei recettori cutanei, i quali mediano la sensazione di
benessere o di disagio termico, è molto più rapida della risposta dei recettori
centrali, sensibili alla temperatura del sangue che perfonde gli organi, che
fanno parte del nucleo centrale.
Pertanto, la risposta comportamentale precede quella fisiologica.
498
16. La termoregolazione
Ciò costituisce un notevole vantaggio, in quanto consente da un lato un
risparmio di energia metabolica e dall’altro rende possibile la difesa da
situazioni troppo stressanti o pericolose.
16.5.2 Meccanismi fisiologici di termoregolazione
L’uomo possiede numerosi meccanismi fisiologici per regolare la
temperatura, capaci di promuovere l’omeostasi sia in condizioni di
accumulo, che in condizioni di perdita di calore.
Essi sono in ordine temporale di intervento:
1. la risposta vasomotoria, che si innesca sia quando l’individuo deve
cedere, che quando deve trattenere calore, attraverso, rispettivamente, la
vasodilatazione o la vasocostrizione;
2. la sudorazione, ulteriore risposta termoregolatoria al caldo;
3. l’aumento del metabolismo, in particolare con il meccanismo del
brivido, che interviene in condizioni di freddo intenso.
Questi meccanismi sono analizzati in dettaglio nella Scheda 16.f
16.5.3 Il controllo centrale della temperatura
Il mantenimento dell’omeostasi, presuppone l’esistenza di un sistema di
controllo che, informato di una alterazione del bilancio termico, promuova le
risposte adeguate, in maniera tale che esse si susseguano nel giusto ordine
logico e temporale.
Gli elementi che costituiscono tale sistema sono tre:
1. i recettori che percepiscono la temperatura centrale esistente
2. i meccanismi attivi – vasomotori, metabolici e sudomotori – che
modulano la risposta effettrice
3. strutture integrative di controllo e decisionali, che confrontano la
temperatura percepita con la temperatura di riferimento (set point),
stabilendo se la temperatura percepita è uguale, maggiore o minore,
rispetto al riferimento, allo scopo di attivare la risposta effettrice
appropriata.
E’ un sistema a feedback, perché le modificazioni della temperatura
centrale causano una sequenza di risposte che, a loro volta, agiscono
sulla temperatura centrale stessa.
Il segno del feedback è negativo perché una deviazione della temperatura
centrale in una direzione, mette in moto meccanismi che tendono a
spostare la temperatura nella direzione opposta.
Il risultato finale è il ritorno all’equilibrio, in altre parole il
mantenimento dell’omeostasi (Figura 16.7).
499
16. La termoregolazione
Figura 16.7 Omeostasi della temperatura corporea.
Come risulta dallo schema essa è mantenuta grazie all’azione dei recettori e dei
meccanismi di regolazione fisiologici e comportamentali. La correzione è
sempre di segno opposto, rispetto alla tendenza di variazione della temperatura
(feedback negativo).
Tuttavia, il raggiungimento dell’equilibrio termico, non si accompagna
necessariamente alla sensazione di benessere.
L’ambito di termoregolazione, che varia dalla temperatura cui corrisponde il
massimo grado di sudorazione (Tr max), alla temperatura cui corrisponde il
massimo brivido (Tr min), individua i limiti per la sopravvivenza (vedi
Scheda 16.f).
Essa è garantita per un’ampia gamma di condizioni ambientali e
metaboliche,
grazie
all’intervento
meccanismi
fisiologici
di
termoregolazione, all’uso del vestiario adeguato e degli impianti di
condizionamento dell’aria.
Il benessere termico si raggiunge per una gamma di situazioni ambientali
molto più ristretta.
In un ambiente termicamente confortevole, il soggetto nudo riposa
tranquillo, in condizioni di aria relativamente immobile e può soggiornarvi
indefinitamente senza riscaldarsi o raffreddarsi.
Come abbiamo precedentemente osservato (vedi par. 16.4.1), il vestiario
generalmente diminuisce la facilità con cui il calore è trasferito dalla cute
500
16. La termoregolazione
all’ambiente. Pertanto gli indumenti spostano la zona di neutralità termica
verso temperature tanto minori, all’aumentare del loro potere isolante. Se il
soggetto compie un’attività fisica, il livello di temperatura confortevole si
abbassa e dipende sia del grado di attività che dall’abbigliamento.
In generale, si può affermare che un ambiente termicamente confortevole è
anche salubre. Pertanto salute e comfort termico sono strettamente
connessi. Come abbiamo precedentemente osservato, un ambiente
eccessivamente caldo, che costringa l’individuo ad eccessiva vasodilatazione
ed elevata sudorazione comporta un carico cardiaco, legato alla risposta
vasomotoria e problemi di equilibrio idrosalino, dovuti all’abbondante
sudorazione. Affinché l’ambiente sia salubre è importante anche la qualità
dell’aria in termini di umidità e grado di ventilazione.
(Per una trattazione dettagliata delle condizioni che garantiscono il benessere
termico, si rimanda il lettore al capitolo successivo e, per la qualità dell’aria
al capitolo 15).
501
16. La termoregolazione
Scheda 16.a - Scambio di energia tra individuo e
ambiente: conduzione, convezione, irraggiamento, evaporazione
CONDUZIONE E CONVEZIONE
La temperatura di un corpo è determinata dallo stato di agitazione termica delle
molecole che lo costituiscono.

Il trasferimento di calore per conduzione (Qc) è definito come lo scambio di energia
termica tra oggetti in contatto fisico, mediante trasferimento di energia cinetica
intermolecolare, senza che vi sia trasferimento fisico di materia. Ponendo due corpi a
contatto, l’agitazione delle molecole del corpo più caldo, si trasmette alle molecole di
quello più freddo. Questo processo termina quando i due corpi presentano lo stesso
stato di agitazione termica e, di conseguenza, la stessa temperatura. Negli
omeotermi, lo scambio di calore per conduzione è di entità limitata.

Lo scambio di calore per convezione (Qconv) non presuppone, invece, il contatto
diretto tra i due corpi. Infatti, per convezione si intende il trasporto di calore dovuto al
movimento di un fluido, sia questo un liquido o un gas.
Ai fini della termoregolazione, il fluido è aria o acqua nello scambio tra individuo e
ambiente, prevalentemente sangue all’interno del corpo.
Vi è convezione quando il corpo cede o acquista calore dal fluido che lo circonda.
Poiché i due mezzi vengono a contatto, lo scambio di calore avviene per conduzione.
Tuttavia la variazione di temperatura del mezzo, determina un cambiamento della sua
densità. In tal modo, l’equilibrio statico del fluido viene alterato, poiché gli elementi
più caldi ricevono, dalle parti di fluido circostante più fredde, una spinta di Archimede
maggiore del loro peso.
Pertanto lo strato direttamente a contatto si muove verso l’alto (o verso il basso),
lasciando posto a nuovo fluido che si trova ancora alla temperatura iniziale.
In tal modo, si originano correnti ascensionali (dette di convezione) che
permettono ad elementi con temperatura inferiore di avvicinarsi a loro volta alla
sorgente di calore.
Il trasferimento di calore ad un fluido in movimento è detto convezione.
Se la superficie corporea è esposta all’aria ambiente e la temperatura della superficie
corporea è più elevata di quella dell’aria, la superficie esposta cede calore all’aria per
contatto. La densità dell’aria riscaldata diminuisce, cosicché l’aria calda tende a muoversi
verso l’alto e nuova aria fresca può venire a contatto con la superficie corporea.
Se il movimento dell’aria è causato soltanto dal riscaldamento locale provocato dal corpo,
la convezione è detta naturale. In presenza di forze esterne, come venti, ventilatori,
condizionatori, la convezione è detta forzata.
Il movimento del fluido, che circonda il corpo, permette un continuo scambio termico, che
termina quando il corpo e il fluido raggiungono la stessa temperatura.
Pertanto lo scambio termico per convezione dipende dal gradiente di temperatura tra il
corpo e l’ambiente circostante: se il corpo e il fluido si trovano alla stessa temperatura non
vi è alcuno scambio.
Lo scambio di calore per conduzione e convezione è descritto dalla seguente
equazione:
Qc =  hc · Ac · (Ts –Ta)
(3)
dove:
hc = 8.5 v 0.53: coefficiente di trasporto del calore per convezione in W  m-2 °C-1; v è la
velocità dell’aria in m  sec-1;
502
16. La termoregolazione
Ac: superficie corporea esposta;
Ts: temperatura della superficie cutanea;
Ta: temperatura del fluido (aria, acqua, sangue).
L’eq. (3) mostra che l’entità di calore scambiato per convezione dipende:

dal gradiente di temperatura tra cute e ambiente.

dalla superficie corporea esposta (Ac).
Essa è generalmente inferiore alla superficie corporea totale: alcune regioni del nostro
corpo (es. l’ascella) tendono ad ostacolare la circolazione dell’aria.
La superficie esposta dipende anche dalla posizione del corpo: si pensi ad un gatto
raggomitolato accanto al camino!

dal coefficiente di convezione, hc, che è funzione di diversi parametri, quali la
velocità delle correnti di convezione, la densità e la viscosità del fluido, la forma della
superficie esposta.
Il verso dello scambio dipende dal segno del gradiente termico: se il corpo è a
temperatura maggiore del fluido, cede calore al fluido, in caso contrario, il fluido cede
calore al corpo.
Per convezione, il nostro corpo può quindi cedere o acquistare calore dall’aria.
Nell’uomo, la perdita di calore per convezione è più efficace quando vi è spostamento del
corpo rispetto all’ambiente, come nel caso della corsa. Infatti, se la temperatura
dell’ambiente è inferiore a quella del corpo, il ricambio dello strato di aria calda, che
ricopre la superficie corporea esposta, avviene più rapidamente.
IRRAGGIAMENTO
Ogni corpo a temperatura superiore allo zero assoluto emette energia sotto forma di onde
elettromagnetiche o energia radiante, la cui entità dipende soprattutto dalla temperatura
del corpo.
Le radiazioni di frequenza compresa tra 3 ·10 12 Hz e 4 ·1012 Hz sono dette infrarosse e
l’energia, ad esse associata, provoca considerevoli effetti termici.
La radiazione termica, al pari di quella luminosa, si propaga anche nel vuoto e, incidendo
su un corpo può essere assorbita, riflessa, rifratta.
Il sole trasmette, attraverso il vuoto, una grande quantità di radiazione elettromagnetica
per irraggiamento, dato che, nel vuoto, conduzione e convezione non sono possibili. A
contatto con l’atmosfera e con la crosta terrestre, parte dell’energia radiante si trasforma
in calore. L’energia trasmessa dal sole alla superficie terrestre per irraggiamento è pari a
1.53 J · m-2 · s-1.
Il potere emissivo di un corpo ( ) ossia l’energia emessa per unità di tempo e per unità
di superficie, è definito dalla legge di Stephan-Boltzmann:
 =  · e · T 4
(4)
dove:
5.67 10-8 J  m-2  s-1  K-4 : costante universale;
e = emissività.
Essa può variare tra 0 e 1, in funzione delle proprietà della superficie. Il valore e = 1
corrisponde ad una superficie nera, che, a parità di temperatura, presenta il massimo
potere emissivo.
Un corpo, che emette energia, assorbe, allo stesso tempo, parte dell’energia
elettromagnetica emessa dai corpi circostanti. In particolare una superficie nera assorbe
tutta l’energia, che incide su di essa.
La temperatura di un corpo aumenta o diminuisce, in funzione del bilancio tra energia
irradiata ed assorbita: se il bilancio è zero, la temperatura resta invariata e il corpo è in
equilibrio con l’ambiente circostante.
503
16. La termoregolazione
Pertanto la quantità di calore ceduta o assorbita dal nostro corpo per irraggiamento è
definita dall’equazione:
Qr =  · Ac · (Ts4 -  Tr4)
dove:
Ts: temperatura della superficie cutanea;
 coefficiente di assorbimento;
Tr: temperatura della superficie radiante;
Ac: superficie radiante effettiva.
(5)
Come nel caso della convezione, alcune parti del nostro corpo (es. la superficie interna
delle cosce) scambiano calore per irraggiamento con altre parti del nostro corpo,
riducendo in tal modo la superficie radiante effettiva.
Essa si può ridurre ulteriormente se il soggetto assume una posizione rannicchiata,
anziché aperta e distesa.
La maggior parte delle superfici, ad eccezione dei metalli lucidati, ha una emissività e 1
e quindi una potenza di emissione vicina al massimo teorico.
La pelle irradia come un corpo nero, con coefficiente di emissione e = 1,
indipendentemente dal colore della pelle. Per questo motivo, il coefficiente e non compare
nell’equazione (5).
Al contrario, il coefficiente di assorbimento, dipende dal colore della pelle.
Il coefficiente di assorbimento delle radiazioni solari è 0.6 - 0.7 per le pelli bianche, 0.8 per
le pelli nere.
Due corpi scambiano calore per irraggiamento, perché la radiazione si propaga in
entrambe le direzioni. Tuttavia, poiché la potenza radiante di ogni corpo è proporzionale
alla sua temperatura, il flusso netto di calore va dal corpo più caldo a quello più freddo.
Pertanto, come si può osservare in Figura 16.2, il nostro corpo può sia assumere, che
cedere calore per irraggiamento.
EVAPORAZIONE
Il passaggio di una qualsiasi sostanza dallo stato liquido a quello gassoso richiede
l’apporto di energia.
L’energia termica necessaria, quando il processo si verifica a temperatura costante, è
chiamata calore latente di vaporizzazione.
Il calore latente dell’acqua a 30°C è 0.58 Kcal (2425 J) per grammo di acqua vaporizzata.
L’organismo umano può perdere calore attraverso il processo di evaporazione di acqua
dalla superficie del corpo.
La quantità di calore, ceduta dal corpo per evaporazione, dipende dalla capacità
dell’organismo di portare acqua in superficie e dalla capacità dell’ambiente di rimuovere il
vapor d’acqua prodotto.
Quest’ultimo processo è funzione della differenza tra la pressione di vapor d’acqua del
liquido, che bagna la cute (PH2O pelle), e quella dell’ambiente circostante (PH2O ambiente).
Pertanto la quantità di calore ceduta per evaporazione è:
Qev = hev · ( PH2O pelle - PH2O ambiente ) ·
Aw
AD
(6)
dove:
hev: coefficiente di perdita di calore per evaporazione: 2.2 hc, in W · m-2· torr-1;
Aw: superficie di cute bagnata che partecipa allo scambio (m 2);
AD: superficie corporea (m2).
La pressione di vapor d’acqua nell’ambiente è funzione della temperatura e dell’umidità
relativa.
504
16. La termoregolazione
Possiamo individuare tre meccanismi, attraverso i quali l’uomo scambia calore con
l’ambiente per evaporazione e precisamente:
1. l’acqua raggiunge la superficie corporea per diffusione passiva, attraverso la cute.
In realtà la quantità d’acqua persa attraverso questo meccanismo, è relativamente
esigua, perché l’epidermide è scarsamente permeabile all’acqua.
2. l’uomo perde calore attraverso la respirazione: l’aria espirata è quasi completamente
satura di vapor d’acqua, anche a frequenze respiratorie elevate. Nell’individuo a
riposo in ambiente fresco e termicamente neutro, la perdita di calore per
evaporazione dell’acqua, fornita mediante la respirazione e la diffusione attraverso la
cute, rappresenta circa il 15% della perdita totale di calore.
Questa quota è definita ‘perspiratio insensibilis’, perché generalmente l’individuo
non si accorge di questa perdita. La sua entità è, tra l’altro, funzione della frequenza
respiratoria. Pertanto essa aumenta, all’aumentare dell’attività svolta. Attraverso
questo meccanismo, in condizioni di riposo, l’uomo evapora circa 40 g · h -1 di acqua.
3. Infine, in ambiente caldo, l’evaporazione diventa il meccanismo dominante di perdita
di calore, perché interviene la secrezione attiva di sudore, promossa dall’attività
delle ghiandole sudoripare, distribuite su tutta la superficie corporea.
La sudorazione, meccanismo termoregolatore attivo, aumenta considerevolmente la
quantità d’acqua sulla superficie corporea, che può essere evaporata.
In ambiente secco e ben ventilato, la perdita di calore per evaporazione è limitata
solamente dalla quantità di sudore prodotto.
In questo caso:
Qev = 580 ( RH2O )
(7)
dove:
Qev: perdita di calore per evaporazione (Kcal · h-1);
580 Kcal · l-1: calore latente di vaporizzazione dell’acqua a temperature fisiologiche;
RH2O : quantità di sudore prodotta nell’unità di tempo (l · h -1).
Se il valore di Qev, calcolato in base all’eq. (7), risulta maggiore di quello calcolato in base
all’eq. (6), significa che il corpo secerne più acqua, di quanta possa essere evaporata.
L’eccesso prodotto cola lungo il corpo e non presenta alcun vantaggio ai fini della perdita
di calore. Affinché il calore prodotto sia ceduto all’ambiente è infatti necessario che l’acqua
evapori.17
E’ importante rilevare, che la perdita di calore per evaporazione è l’unico meccanismo
operante anche quando il gradiente di temperatura è sfavorevole: esso infatti dipende
unicamente dal gradiente della pressione parziale di vapor d’acqua. Tuttavia, come già
affermato, l’entità della perdita di calore è funzione solo dalla quantità di acqua che
effettivamente evapora.
L’evaporazione è favorita in ambiente secco e in presenza di ventilazione, che rimuove gli
strati d’aria che, a contatto con la superficie corporea, si saturano di vapor d’acqua.
Dall’eq (6) risulta che il nostro organismo potrebbe ricevere calore dall’ambiente, nel caso
in cui l’acqua, presente nell’ambiente, condensasse sulla superficie corporea. Poiché un simile
evento è incompatibile con la vita, si considera che il meccanismo della evaporazione
consenta solo il trasferimento di calore dall’organismo all’ambiente.
17
505
16. La termoregolazione
Scheda 16.b Scambi di energia tra organismo e
ambiente
IL SISTEMA E L’AMBIENTE
Per descrivere gli scambi di energia, definiamo:
1. sistema: l’insieme da studiare;
2. ambiente: tutto ciò che è estraneo al sistema, teoricamente la restante materia
dell’universo.
Durante lo svolgimento di un processo, l’energia può passare dal sistema all’ambiente o,
viceversa, dall’ambiente al sistema.
Nel nostro caso:

sistema è l’organismo umano,

ambiente è tutto ciò che lo circonda.
Tra organismo e ambiente si verifica un incessante scambio di energia.
Lo studio di un qualsiasi processo consiste nell’analisi della variazione del contenuto
energetico a partire dallo stato iniziale del sistema e dell’ambiente, fino allo stato finale,
che corrisponde al raggiungimento dell’equilibrio.
Il contenuto energetico di ogni stato, determinato dalla misura di parametri, quali
temperatura, pressione, volume, massa, è descritto da un’equazione di stato. Il bilancio
energetico deriva quindi da una misura dei cambiamenti del contenuto energetico del
sistema e dell’ambiente, durante il tempo, che intercorre tra lo stato iniziale e lo stato
finale.
Tuttavia, il bilancio energetico si ottiene generalmente, prendendo in considerazione le
proprietà complessive del sistema e dell’ambiente, ossia misurando solamente l’energia
dello stato iniziale e quella dello stato finale. La valutazione prescinde quindi dalla
composizione molecolare del sistema o dell’ambiente, dai processi biochimici coinvolti e
dalla loro velocità.
L’ENTROPIA E L’IRREVERSIBILITÀ DEI PROCESSI BIOLOGICI
La prima legge della termodinamica, o principio di conservazione dell’energia,
stabilisce che in qualsiasi processo l’energia totale, vale a dire la somma dell’energia
contenuta nel sistema e nell’ambiente, resta costante.
Pertanto l’energia non si crea né si distrugge, ma processi chimici o fisici possono
determinarne la conversione da una forma ad un’altra.
Ad esempio i recettori sensoriali trasformano forme di energia dell’ambiente (energia
luminosa, meccanica, termica, etc.) in energia elettrica, l’unica forma di energia adatta per
il funzionamento del sistema nervoso.
Il primo principio della termodinamica non pone limitazioni al tipo di trasformazione
dell’energia, né permette di comprendere in quale direzione la trasformazione avverrà.
Al contrario, la seconda legge della termodinamica pone delle limitazioni ai tipo di
trasformazione di energia. Inoltre, mediante la funzione di stato S, l’entropia, che, in
termini molto semplicistici, misura il grado di disordine del sistema, predice in quale
direzione è probabile che la trasformazione avvenga.
In realtà, i processi che avvengono nel mondo fisico e, pertanto, tutti i processi biologici
sono irreversibili, perché tendono a svolgersi in direzione tale che l’entropia
dell’universo, vale a dire del sistema più l’ambiente, aumenti.
L’ENERGIA LIBERA
Di fatto, l’entropia è una funzione matematica complessa, che dipende da variabili, quali la
pressione e la temperatura, ed ha le dimensioni di calorie per grado.
506
16. La termoregolazione
Inoltre le variazioni di entropia, che si verificano durante i processi, non sono facilmente
misurabili.
Viene pertanto definita un’altra funzione termodinamica, l’energia libera G (il simbolo G è
dal nome del fisico J.W. Gibbs).
Le variazioni di G, che avvengono a temperatura e pressione costanti, sono definite dalla
relazione fondamentale:
G = H – TS
(8)
dove:
G: variazione di energia libera;
H: variazione della funzione termodinamica entalpia;
S: variazione di entropia
T: temperatura assoluta.
La variazione di entalpia, H, si ottiene dalla variazione dell’energia totale del sistema
U, sottraendo il lavoro compiuto a pressione costante come:
H = U - PV
(9)
dove U è la variazione di energia totale, P la pressione e V il volume del sistema.
Le reazioni chimiche che si svolgono nei sistemi biologici avvengono a volume costante.
In questo caso PV risulta uguale a zero. Pertanto:
H = U
(10)
ossia la variazione di entalpia del sistema H, detta anche variazione di calore, risulta
uguale a U, variazione dell’energia totale del sistema.
L’equazione (8) può quindi essere riscritta come:
G = U – TS
(11)
L’equazione (11) combina la prima e la seconda legge della termodinamica.
Essa definisce le variazioni di energia libera e di entropia di un sistema, come l’organismo
umano, e del suo ambiente, nel caso in cui la temperatura e la pressione del sistema
siano costanti e il sistema sia libero di scambiare con l’ambiente energia, ma non massa.
Quanto fin qui affermato, può essere riassunto nei seguenti punti:
1. Durante un processo, l’energia totale del sistema più l’ambiente deve restare
costante, ma l’energia totale del solo sistema può variare
2. Durante tale variazione, il sistema può cedere o assumere calore dall’ambiente
3. l’entropia del solo sistema può variare, aumentare o diminuire, mentre l’entropia del
sistema più dell’ambiente deve aumentare
4. Al contrario, l’energia libera G del sistema diminuisce sempre, fino al
raggiungimento di un valore minimo, al di sotto del quale deve necessariamente essere
ricostituita.
LAVORO MECCANICO ESTERNO E RENDIMENTO TERMODINAMICO
Nel nostro caso, la variazione di energia libera (G) è la differenza tra il contenuto
energetico dei prodotti e il contenuto energetico dei reagenti:
G = Energia prodotti – Energia reagenti
(12)
La presenza di una macchina appropriata, come ad esempio il sistema muscolare,
permette la trasformazione di parte dell’energia libera in lavoro e la restante parte in
calore:
G =L + Q
(13)
dove:
L: lavoro meccanico compiuto dal sistema sull’ambiente esterno;
Q: calore prodotto dal sistema, che deve essere trasferito all’ambiente esterno.
507
16. La termoregolazione
La produzione di calore, conseguente al metabolismo è un processo
termodinamicamente obbligatorio, perché, come abbiamo detto nel paragrafo precedente,
nel passaggio dai substrati iniziali ai prodotti terminali del metabolismo, l’entropia
aumenta.
Pertanto G è la quantità massima di energia che può essere ricavata da un processo,
che si svolga a temperatura e pressione costanti, mentre H  U (vedi eq. 10)
rappresenta la variazione di energia totale.
Poiché i processi metabolici si verificano a temperatura costante e comportano un
aumento di entropia, il termine TS dell’equazione (8) è positivo.
Pertanto la variazione di energia totale H è superiore alla variazione massima di energia
libera G, utilizzabile nel processo.
La differenza tra i due valori rappresenta la quota di energia che deve necessariamente
essere convertita in calore, a causa dell’aumento di entropia.
Se, per esempio, consideriamo la reazione di ossidazione del glucosio, l’aumento di
entropia è circa il 5% dell’energia totale, mentre circa il 95% dell’energia assunta è
disponibile sotto forma di energia libera (vedi Figura 3, primo stadio).
Pertanto, se sottraiamo la quantità di calore obbligatoriamente prodotto, a causa
dell’aumento di entropia, G è la misura della massima capacità di lavoro, assumendo
che tutta l’energia disponibile sia trasformata in lavoro meccanico esterno e non si
verifichi alcuna perdita (ad esempio per attrito).
In tali condizioni del tutto ideali, vale la relazione:
G = Lmax
(14)
Di fatto, risulta sempre:
L < Lmax
(15)
Combinando l’eq. (14) con l’eq. (15):
L < G
(16)
Il rendimento termodinamico  è definito come il rapporto tra il lavoro reale e il lavoro
massimo teorico:
L
L
=
=
(17)
Lmax
G
In pratica, si considera il rendimento meccanico come:
L
L

=
(18)
H
(L  Q)
da cui:

G
H
(19)
Ciò indica che, mentre è compreso tra 0 e 1,  è compreso tra 0 e
G
.
H
Per i processi ossidativi, che stanno alla base del metabolismo, H  G. Pertanto i valori
di rendimento, ottenuti dal rapporto tra il lavoro meccanico compiuto e l’energia spesa,
sono assai prossimi al rendimento termodinamico vero.
Tali valori, ottenuti su muscolo isolato o sull’uomo, raggiungono al massimo il 25%. Ciò
significa che in caso di lavoro muscolare, circa i ¾ dell’energia consumata, è degradata
in calore, che deve essere trasferito all’ambiente (vedi Figura 3, ultimo stadio).
508
16. La termoregolazione
Scheda 16.c -
Ruolo dei composti altamente
energetici: il sistema ATP – ADP e la produzione di lavoro
meccanico interno ed esterno
L’ENERGIA LIBERA
Costituisce una forma di energia potenziale, che, per poter essere utilizzata dalle cellule
deve essere trasformata nella forma chimica adatta. La molecola in grado di servire da
carburante per lo svolgimento processi vitali è l’adenosintrifosfato o ATP (vedi Figura).
Struttura di una molecola di adenosintrifosfato (ATP).
Il sistema ATP - ADP funziona da trasportatore di energia chimica per mezzo della
reazione fondamentale in cui l’adenosintrifosfato si idrolizza in adenosindifosfato (ADP) e
fosfato inorganico (Pi):
ATP + H2O  ADP + Pi
(20)
L’idrolisi dell’ATP è un processo esoergonico, cioè libera energia, poiché i suoi prodotti
(ADP e Pi) sono energeticamente meno ricchi dell’ATP.
A sua volta l’ADP può accettare un gruppo fosforico durante le reazioni accoppiate, che
producono energia formando ATP.
La ricostituzione dell’ATP, a partire dall’ ADP è pertanto un processo endoergonico,
ossia richiede energia.
LAVORO MECCANICO INTERNO
Alcuni processi, che avvengono nel nostro organismo, come la circolazione del sangue, il
movimento dell’aria attraverso i polmoni, il lavoro del cuore, comportano la trasformazione
di energia chimica libera in di energia meccanica.
509
16. La termoregolazione
Parte dell’energia coinvolta produce lavoro meccanico interno, parte viene trasformata
in calore, che deve essere ceduto all’ambiente.
In maniera analoga, la comunicazione nervosa, si realizza nell’organismo attraverso la
propagazione di potenziali d’azione. In tal caso, parte dell’energia libera è trasformata in
energia elettrica, che è utilizzata dal sistema nervoso, parte è degradata in calore, che
deve essere ceduto all’ambiente.
Pertanto il risultato netto, per il mantenimento di uno stato stabile biochimico e strutturale
dell’organismo è la conversione di energia potenziale meccanica ed elettrica in energia
termica e la continua ricostituzione delle varie forme di energia potenziale, a spese di
energia chimica libera.
Ciò comporta che i processi biologici che garantiscono l’integrità biochimica e
strutturale del nostro organismo, non si realizzino attraverso un equilibrio termodinamico,
ma attraverso processi che decorrono spontaneamente, servendosi dell’energia chimica
libera.
LAVORO MECCANICO ESTERNO
Attraverso la contrazione muscolare, è possibile trasformare l’energia chimica libera in
lavoro meccanico esterno, che si effettua sull’ambiente. Affinché si compia lavoro
esterno è necessario che la forza, sviluppata dal muscolo in contrazione, produca uno
spostamento, come accade ad esempio nel caso del sollevamento di un peso. La
rimanente parte di energia libera utilizzata dal muscolo è convertita in calore (es. calore di
attivazione, calore di accorciamento).
Al contrario, nel caso di una contrazione isometrica, ossia a lunghezza delle fibre
muscolari costante, la forza sviluppata in contrazione non produce alcuno spostamento: il
lavoro meccanico esterno risulta uguale a zero.
Ciò può creare una certa confusione sul significato del termine lavoro, prodotto dalla
contrazione muscolare.
Infatti, se ad esempio un soggetto sorregge un peso a braccio disteso, i suoi muscoli non
compiono alcun lavoro meccanico esterno, poiché il peso rimane fermo.
Ciò nonostante, il metabolismo muscolare e la produzione di calore aumentano. Pertanto,
da un punto di vista fisiologico, è importante distinguere il lavoro meccanico esterno, da
ciò che comporta comunque un incremento della spesa energetica, in termini di energia
libera con conseguente produzione di calore, che deve essere trasferito all’ambiente.
D’altra parte il muscolo è l’unica macchina biologica capace di convertire energia libera in
energia meccanica, ma non può realizzare il contrario.
510
16. La termoregolazione
Scheda16.d - Bilancio termico e capacità termica
dell’organismo: le fasi transienti
Nel caso in cui il bilancio tra il calore ceduto o acquisito dal corpo e dall’ambiente non sia
uguale a zero, la differenza è acquisita o perduta dalle riserve corporee di calore. Una
variazione del contenuto di calore dell’organismo, si accompagna ad una variazione della
temperatura corporea secondo l’equazione:
Q = CT Mc (T)
(33)
dove:
CT: capacità termica dei tessuti corporei (0.83 Kcal · Kg -1 · °C-1)
Mc : massa corporea
T : variazione della temperatura corporea media.
Di conseguenza, la quantità di calore persa da un individuo di 70 Kg, in seguito
all’abbassamento della temperatura di 1°C, risulta:

Q = 0.83 · 70 = 58 Kcal
(34)
Ogni volta che si crea uno squilibrio tra calore prodotto e calore perso, si verifica una
variazione della temperatura corporea. La fase transiente perdura fino a quando
l’organismo non raggiunge un nuovo stato di equilibrio termico.
Assumendo che il lavoro meccanico (L) sia uguale a zero e che pertanto l’energia
metabolica MT prodotta debba essere trasformata in calore, possiamo riscrivere
l’equazione (25) per il bilancio termico, introducendo anche la massa corporea, come:
(MT - Q)
T =
· CT
(35)
Mc
In funzione della massa corporea e della capacità termica dell’organismo, si possono
instaurare periodi transienti (intervallo di tempo = dt), in cui si verifica uno squilibrio tra
calore prodotto (MT = Q prodotto) e calore ceduto all’ambiente (Q perso), che causa un
accumulo o una cessione di calore:
dQ
dT
Q prodotto – Q perso =
= CT · Mc ·
(36)
dt
dt
In base all’equazione (36), risulta che, istante per istante, il bilancio termico
dell’organismo può essere diverso da zero, positivo o negativo.
Tuttavia, superata la fase transiente, è indispensabile che il bilancio termico torni
all’equilibrio, ossia che l’integrale dell’ eq. 36, calcolato su un intervallo di tempo più o
meno ampio, risulti uguale a zero.
Nel caso in cui, ad esempio, un soggetto svolga un lavoro muscolare, la temperatura
corporea, nei primi minuti di esercizio, può raggiungere i 39°C.
Durante questo periodo, si registra un aumento del contenuto di calore dell’organismo.
Superata la fase transiente, durante la quale assistiamo ad una variazione della
dT
temperatura corporea, essa rimane stabile a 39°C (
= 0). L’organismo ha così
dt
raggiunto una nuova condizione di equilibrio e la totalità del calore prodotto è ceduto
all’ambiente esterno.
511
16. La termoregolazione
Scheda16.e
Lo scambio di calore controcorrente
L’entità del trasferimento di calore mediato dal sistema circolatorio è regolata mediante
due meccanismi:

la regolazione del tono vasale

lo scambio di calore controcorrente.
Il controllo vasomotorio è uno dei principali meccanismi di termoregolazione ed
interviene sempre, sia quando è necessario perdere, che quando è necessario
conservare calore.
Mediante la vasodilatazione, il sangue perde calore a livello dei capillari superficiali e
ritornando raffredda il corpo mescolandosi con il sangue proveniente dagli organi interni
più caldi.
Al contrario, la vasocostrizione riduce lo scambio capillare e quindi la perdita di calore per
convezione. Lo spessore del ‘guscio’ esterno aumenta, aumentando il potere isolante
superficiale, cosicché la conduzione del calore verso l’esterno è ostacolata.
Scambio di calore controcorrente.
Quando la valvola è chiusa (vasocostrizione cutanea), il flusso sanguigno
proveniente dalle arterie e diretto verso i capillari superficiali è ridotto. La maggior
parte del sangue ritorna attraverso le vene profonde. Il calore è conservato sia grazie
all’aumento del potere isolante dei tessuti, sia grazie allo scambio di calore
controcorrente che si realizza tra arterie e vene profonde (A).
Quando la valvola è aperta (vasodilatazione cutanea), il sangue può fluire verso i
capillari superficiali, consentendo un efficiente scambio di calore con l’ambiente
esterno.
512
16. La termoregolazione
Inoltre, tra le arterie e le vene profonde si realizza uno scambio di calore
‘controcorrente’ (vedi Figura), meccanismo volto anch’esso alla conservazione del
calore interno.
La modulazione dell’irrorazione sanguigna cutanea può agire nei due sensi ed è
particolarmente efficace a livello degli arti. Questi infatti sono forniti di due sistemi venosi
che riportano il sangue al centro: un sistema venoso superficiale ed un sistema venoso
profondo.
Numerosi vasi collegano la circolazione venosa superficiale con quella profonda. Quando
è necessario favorire la dispersione di calore, si ha una vasocostrizione del circolo venoso
profondo.
In tal modo, il flusso ematico si dirige verso la superficie cutanea, dove il calore è ceduto
all’ambiente. Il contrario avviene quando è necessario trattenere calore.
Al freddo, la costrizione delle arteriole riduce il flusso cutaneo e il sangue è deviato verso
le vene profonde, che scorrono vicino alle arterie principali, che al freddo non sono
costrette. Questo dispositivo anatomico permette che il sangue venoso refluo, raffreddato,
assorba calore da quello più caldo, che scorre nelle vicine arterie profonde, per restituirlo
al nucleo centrale (scambio di calore in controcorrente).
513
16. La termoregolazione
Scheda 16.f -
Meccanismi fisiologici di
termoregolazione
LA RISPOSTA VASOMOTORIA
Il primo intervento del sistema di termoregolazione, conseguente ad una variazione delle
condizioni ambientali, è una riduzione o un aumento del flusso sanguigno nello strato
sottocutaneo, mediante vasocostrizione o la vasodilatazione.
Esiste quindi un ambito di temperature ambientali, definita zona di neutralità termica,
entro la quale il nostro organismo ripristina l’equilibrio termico, utilizzando solamente i
meccanismi vasomotori.
Questi meccanismi non richiedono alcun dispendio energetico, pertanto l’organismo
mantiene il bilancio termico con una spesa energetica basale, il metabolismo basale.
Definiamo Tn min la temperatura ambientale, che costituisce il limite inferiore dell’ambito
di neutralità termica e Tn max la temperatura che ne stabilisce il limite superiore.
Tn min corrisponde alla temperatura ambientale, alla quale l’uomo mantiene il suo
equilibrio termico, mediante vasocostrizione massima, mentre alla temperatura ambientale
Tn max corrisponde il grado di massima vasodilatazione. In condizioni di comfort
ambientale, l’equilibrio termico è mantenuto, con l’intervento del solo meccanismo
vasomotorio.
Più in generale, i meccanismi vasomotori modificano il grado di isolamento termico dei
tessuti. In caso di massima vasodilatazione, il flusso ematico cutaneo può raggiungere 2.2
litri · m-2 · min-1, mentre in caso di massima vasocostrizione si arriva ad un flusso cutaneo
di 0.16 litri · m-2 · min-1.
Naturalmente, ampie variazioni del flusso sanguigno cutaneo, hanno ripercussioni a
livello del sistema cardiocircolatorio. Nel caso di massima vasocostrizione, si verifica
una riduzione del flusso sanguigno anche a carico di organi interni, specialmente a livello
renale. D’altra parte una vasodilatazione massiccia, come quella che si può verificare in
ambienti caldi, soprattutto durante lavoro muscolare, richiede un aumento del volume
sanguigno circolante. Ciò comporta un maggiore lavoro del cuore ed un aumento della
frequenza cardiaca.
Durante lavoro muscolare in climi caldi si osserva un aumento della gettata cardiaca di
circa 2-3 litri · min-1 oltre i valori osservati in clima fresco, tenendo invariati gli altri
parametri.
L’aumento della gettata cardiaca è interamente indirizzato alla cute, al fine di favorire la
cessione di calore.
Possiamo quindi trarre le seguenti conclusioni:
1. per il mantenimento dell’omeostasi della temperatura corporea, la risposta
vasomotoria interviene sempre, sia che l’organismo debba cedere, che trattenere
calore.
2. nell’ambito di temperature ambientali confortevoli, in assenza di attività muscolare,
cioè in assenza di variazioni del metabolismo, se si esclude il calore eliminato
attraverso la ‘perspiratio insensibilis’, la temperatura è regolata grazie all’intervento
del solo meccanismo vasomotorio.
LA RISPOSTA METABOLICA
Se la temperatura dell’ambiente è inferiore a Tn min, l’equilibrio termico non può essere
mantenuto con la sola vasocostrizione, vale a dire riducendo al minimo il flusso cutaneo.
514
16. La termoregolazione
In questo caso, il solo aumento del potere isolante dei tessuti non è sufficiente ad
impedire una perdita di calore e, d’altra parte, il calore prodotto dal metabolismo non è in
grado di mantenere il bilancio termico pari a zero.
Pertanto, l’organismo è costretto ad aumentare la produzione di calore, e ciò può essere
ottenuto solo con un aumento del metabolismo. L’uomo adulto può aumentare il livello
metabolico solo con l’attività muscolare, che realizza con:

il movimento volontario

l’ aumento involontario del tono muscolare, cui fa seguito il brivido.
Come sappiamo, l’attività muscolare comporta un aumento della produzione di energia, e,
quindi, un aumento del metabolismo.
Il brivido consiste in una serie di ritmiche contrazioni muscolari involontarie, che
intervengono con il solo scopo di aumentare la produzione di calore nell’organismo.
Tuttavia, l’uso della contrazione muscolare, per aumentare la produzione di calore, è
accompagnato da inconvenienti: stanchezza, aumento del flusso sanguigno alla
muscolatura periferica, con conseguente riduzione del potere isolante efficace dei tessuti.
Inoltre, il movimento muscolare agita l’aria, aumentando la perdita di calore per
convezione. In tal modo, il brivido di per sé aumenta la dispersione di calore nell’ambiente:
circa un terzo del calore prodotto va perduto.
L’insorgere del brivido può aumentare il metabolismo basale fino a quattro volte, ma
l’aumento si riduce a non più della metà, se deve essere mantenuto per qualche ora.
Tuttavia, anche se l’efficienza di questo meccanismo è piuttosto scarsa, il brivido resta il
principale meccanismo di termoproduzione.
Prima di fare largo uso degli indumenti, l’uomo, come sappiamo, era coperto di peli. La
piloerezione, aveva lo scopo di aumentare lo strato di aria intrappolato nei peli,
aumentando in tal modo il grado di isolamento con l’ambiente. Questo meccanismo che
oggigiorno dà luogo alla ‘pelle d’oca’, non è più efficace per la termoregolazione.
Infine, in caso di raffreddamento corporeo, si verifica anche un aumento dell’attività
tiroidea e simpatica che tende ad incrementare il metabolismo e la produzione di calore.
Tuttavia, questi meccanismi, nell’uomo, non sono stati dimostrati in maniera definitiva.
Possiamo quindi trarre le seguenti conclusioni:,
1. il metabolismo dell’uomo esposto ad ambiente freddo non si eleva fino a quando non
insorge il brivido.
2. la massima risposta termogenica di cui l’individuo è capace, corrisponde al limite
inferiore dell’ambito di termoregolazione (Tn min) e definisce la temperatura minima
ambientale, compatibile con la vita.
3. un’ulteriore diminuzione della temperatura dell’ambiente, non compensata da
un’adeguata risposta comportamentale (vestiario, riscaldamento), comporta
inevitabilmente una perdita di calore dell’organismo, cui segue una diminuzione della
temperatura corporea centrale.
LA SUDORAZIONE
Quando la temperatura dell’ambiente supera Tr max, cui corrisponde il grado di
massima vasodilatazione, è necessario l’intervento di un ulteriore meccanismo di
termodispersione: la sudorazione.
La sudorazione ha quindi inizio quando la cessione di calore all’ambiente attraverso il
meccanismo termoregolatore attivo della vasodilatazione, unitamente ai meccanismi
passivi di convezione, irraggiamento ed evaporazione, non sono sufficienti a compensare
la produzione di calore metabolico e/o l’acquisizione di calore dall’ambiente esterno. In
515
16. La termoregolazione
caso di massima vasodilatazione, il sistema nervoso simpatico stimola le ghiandole
sudoripare a secernere il sudore18.
Come abbiamo già avuto modo di rilevare (vedi paragrafo 16.1), la sudorazione è un
mezzo efficace di temodispersione, nella misura in cui il sudore prodotto evapora, ed è
efficace anche nel caso di gradienti di temperatura ambiente-cute sfavorevoli.
In questo caso, l’evaporazione deve disperdere sia il calore metabolico, sia quello
acquisito dall’ambiente per convezione.
Pertanto, lo svolgimento di lavoro muscolare intenso in ambienti caldi può creare gravi
problemi.
Un uomo che lavora in ambiente caldo secerne circa 1 l · h -1 di sudore. Nel caso di attività
fisica intensa in ambiente molto caldo può arrivare fino a 2.5 l · h-1.
La perdita di sudore è funzione lineare del peso corporeo.
Il sudore è accompagnato da perdita di liquidi ed elettroliti. Pertanto se i liquidi non
vengono reintegrati, bevendo, l’individuo va incontro a disidratazione.
Si può arrivare a manifestazioni di ipertermia (Trett  41°C), allorché un soggetto, che
compie lavoro muscolare intenso e protratto, arrivi a perdere, per mancata di introduzione
di acqua, circa il 5% del proprio peso corporeo.
Ammesso che tutto il sudore prodotto possa evaporare, la temperatura, alla quale si
raggiunge la massima sudorazione (Tr max), rappresenta il limite superiore per la
termoregolazione. Oltre Tr max, l’organismo acquista calore, con conseguente aumento
della temperatura corporea.
Nell’uomo sono presenti due tipi di ghiandole sudoripare: eccrine e apocrine. Le
ghiandole apocrine si trovano a livello ascellare e pubico, mentre le ghiandole eccrine sono
distribuite diffusamente sulla superficie corporea.
Le ghiandole sudoripare, che si trovano sul palmo della mano e sulla pianta dei piedi,
costituiscono un’eccezione. Anziché all’aumento della temperatura, esse secernono sudore in
risposta a stati emotivi, quali l’ansia, gli stress mentali e simili.
Il sudore è una soluzione diluita (circa 99% acqua), il cui soluto principale è il cloruro di
sodio (NaCl). Il sodio è presente nel sudore in concentrazione bassa e assai variabile: 5 - 60
mEq · l-1. (Si tenga presente che la concentrazione di sodio nel plasma è di 135-145 mEq · l1).
La composizione ionica del sudore può variare per effetto dell’acclimatazione al caldo, del
grado di allenamento e del tasso di produzione.
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16. La termoregolazione
Scheda 16.g - Controllo centrale e periferico
della temperatura corporea
IL CONTROLLO CENTRALE
I recettori centrali sono specifici neuroni posti nell’ipotalamo, che rilevano la
temperatura del sangue degli organi che appartengono al nucleo centrale.
La temperatura centrale esistente è confrontata con la temperatura centrale di riferimento
o set point ipotalamico.
Questa temperatura è, normalmente, 37°C, anche se in alcune particolari situazioni, come
un intenso lavoro muscolare, l’acclimatazione al caldo o l’azione di agenti pirogeni, che
determina l’insorgenza della febbre, il valore di riferimento può portarsi a temperature più
elevate.
Vale la pena di rilevare, che il set-point ipotalamico, o punto fisso, non rappresenta una
temperatura realmente esistente in qualche regione dell’ipotalamo o in qualsiasi altro
punto del corpo.
Essa rappresenta piuttosto la temperatura ipotalamica di transizione, vale a dire il valore
‘soglia’ tra l’attivazione dei meccanismi volti ad aumentare il contenuto di calore
nell’organismo e l’attivazione di quelli deputati all’eliminazione.
IL “TERMOSTATO IPOTALAMICO”
Il funzionamento del sistema di controllo ipotalamico, è spesso paragonato a quello un
termostato, per cui si parla di termostato ipotalamico.
In realtà, l’analogia con sistemi di controllo domestici, anche se può risultare efficace, è
imprecisa.
Infatti, sistemi di controllo come caldaie, condizionatori, frigoriferi funzionano solamente a
due livelli: acceso-spento. Il termostato è impostato ad una temperatura, che viene
memorizzata. Tutte le temperature al di sopra o la di sotto di quella di riferimento
corrispondono a due distinti stati del sistema: al di sopra, il sistema è acceso al massimo,
al di sotto, il sistema è completamente spento.
Al contrario, il termostato ipotalamico è capace di :

scegliere e comandare la risposta appropriata tra molteplici meccanismi effettori.

graduare la risposta ‘effettrice’, in proporzione all’intensità dello stress ambientale.
In altre parole, il termostato ipotalamico, in analogia con la maggior parte dei sistemi di
controllo fisiologici, non funziona soltanto a due livelli, ma produce una risposta graduale,
adeguata all’entità della perturbazione della variabile regolata.
Esso è pertanto un sistema di controllo proporzionale.
La perturbazione può consistere in una variazione del metabolismo, come nel caso
dell’esercizio muscolare, o in un cambiamento delle condizioni termiche dell’ambiente
esterno.
IL FEEDBACK DELLA TEMPERATURA CUTANEA
Come si può osservare nello schema in Figura, i meccanismi effettori del sistema di
termoregolazione non sono controllati solamente dalla temperatura ipotalamica, ma anche
dalla temperatura cutanea. I recettori cutanei esercitano, infatti, un controllo diretto sui
meccanismi termoregolatori: per esempio il brivido interviene, allorché un individuo si
espone ad un ambiente freddo, prima che per effetto del raffreddamento la temperatura
centrale diminuisca.
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16. La termoregolazione
Schema del sistema di controllo della temperatura corporea. Il sistema si avvale
di tre elementi: trasduttore, attuatore, nodo di confronto. Il sistema presenta un
duplice controllo reso possibile da due distinti trasduttori: i recettori cutanei e i
recettori ipotalamici. Il nodo di controllo confronta la temperatura voluta, con quella
rilevata dal trasduttore.
Quando il nodo di controllo rileva una differenza, invia all’attuatore il segnale
appropriato. Il sistema funziona a feedback negativo
L’intervento dell’ attuatore termina, quando il nodo di controllo centrale non rileva più
alcun errore.
La temperatura esterna, rilevata dai recettori cutanei, influenza anche il nodo di
controllo ipotalamico.
La maggior parte dello scambio di calore tra corpo e ambiente avviene a livello cutaneo.
La temperatura cutanea è molto meno costante di quella del nucleo e risente di numerosi
fattori: variazioni del flusso cutaneo e sudorazione, temperatura dei tessuti sottostanti,
movimenti dell’aria e radiazione termica. La temperatura cutanea è uno dei principali
fattori dello scambio di calore con l’ambiente, per questo fornisce al sistema
termoregolatore informazioni importanti sulla necessità di conservare o disperdere il
calore.
Come illustrato nell’Appendice “B”, sotto la pelle vi sono numerose terminazioni nervose
libere sensibili alla temperatura: a seconda della loro risposta alla variare della
temperatura si dividono in recettori per il caldo e recettori per il freddo, questi ultimi sono
circa 10 volte più numerosi degli altri. Al riscaldamento della cute i recettori per il caldo
rispondono con un aumento fasico di attività e quelli per il freddo sono silenti, il contrario
accade se la pelle viene raffreddata.
Queste risposte transitorie all’inizio del riscaldamento o del raffreddamento danno
un’informazione praticamente immediata all’integratore centrale sulle variazioni che
hanno luogo. Ad esempio, se ci tuffiamo in acqua fredda, otteniamo una breve e intensa
sensazione di raffreddamento.
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16. La termoregolazione
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