Ernst Troeltsch - Aracne editrice

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A11
Sergio Sorrentino
Ernst Troeltsch
La storicità come infrastruttura del mondo umano
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 15
00072 Ariccia (RM)
(06) 93781065
isbn 978-88-548-9250-7
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: aprile 2016
Indice
7
Capitolo I
L’essere storico tra assolutezza e relatività
1. Il nodo problematico «storia e metafisica», 9 – 2. Pensiero storico e storicismo, 15 – 3. La genealogia problematica del pensiero
di Troeltsch, 26 – 4. Fede e storia, 38 – 5. La tematizzazione della
storicità, 46 – 6. Storia o metafisica: sulla scia di Kant e Fichte, 53
63
Capitolo II
La religione come fulcro dell’umano
1. Il problema filosofico-religioso, 64 – 2. Religione e cultura, 72
– 3. La coscienza religiosa, 84 – 4. L’apriori religioso, 100 – 5.
Problemi di una filosofia della religione, 119
127
Capitolo III
Invenzione storica e realizzazione dell’umano
1. La tematizzazione della storicità, 129 – 2. Scienza delle religioni e filosofia della religione, 137 – 3. Storicizzazione e assolutezza
nel mondo umano, 147
5
Capitolo I
L’essere storico tra assolutezza e relatività
Non è agevole fornire un profilo succinto ma efficace di un
pensatore come Ernst Troeltsch. E ciò non solo per gli aspetti
poliedrici della sua personalità intellettuale, nonché per la sua
multiforme operatività sulla scena della società, della cultura
(teologica, storica, filosofica e persino sociologica) e della politica tedesca nell’ultimo scorcio dell’Ottocento e nel primo ventennio del Novecento. Lo è soprattutto per la vastità e complessità dei problemi che la sua vigile e penetrante intelligenza è
riuscita a cogliere in una fase storica di grandi fermenti sociali e
culturali. Questi in verità già ribollivano sotto la coltre di un
equilibrio assai precario tra Stati e tra Nazioni, ma poi esplodono a cavallo della Grande Guerra. Quel groviglio di problemi
nuovi che affioravano a livello sociale e culturale nella fase storica che lo ha visto protagonista richiedeva l’adozione di strumenti di analisi e di comprensione via via più penetranti e più
adeguati, ma sempre nella costante e coerente ricerca di ragioni
esplicative, di spiegazioni calzanti, di interpretazioni congruenti, nonché di indicazioni e/o orientamenti pratico-progettuali. È
in questo arco di tensioni tra una realtà in rapido e impetuoso
divenire (trasformazione) e una intelligenza fortemente esigente
nel darsi e nel dare ragione delle cose vissute e osservate che va
forse ravvisata la spiegazione di quella sfuggente dualità che
caratterizza molti aspetti della sua personalità di intellettuale,
segnando in fondo la sua stessa vicenda biografica. Questa dualità, che beninteso denota un passaggio, una sorta di evoluzione
tra ambiti professionali (e non solo) distanti, scandisce significativamente la sua esistenza.
Egli esordisce come studioso della teologia e della sua storia, ma poi, grazie anche a un interesse profondamente radicato
per la realtà storica del religioso, si sposta progressivamente e
7
8
Ernst Troeltsch
quasi senza volerlo esplicitamente (ma non direi a sua insaputa)
verso la problematizzazione della storicità su tutti i piani del
mondo umano, quello sociale, quello politico, quello religioso e
quello culturale. La storia diventa la chiave di lettura e di comprensione del mondo umano, e richiede la elaborazione teoretica e filosofica delle categorie, delle nozioni e delle concezioni
ritenute indispensabili per concepire e rendere conto del mondo
umano-storico. Quale statuto di intelligibilità compete alla storicità che qualifica e contrassegna questo mondo? In effetti al
di fuori di una congrua chiave di intelligibilità la storicità decade fatalmente in un divenire meramente contingente e senza
senso. In una tale prospettiva la storia umana, con tutte le sue
articolazioni e componenti, non si presterebbe a alcuna comprensione, ma verrebbe abbandonata a una radicale decostruzione. Questo però nella visuale di Troeltsch sarebbe un disattendere ai bisogni più profondi dell’intelligenza in cerca di
comprensione. Ciò finirebbe per neutralizzare totalmente il desiderio di dare ragioni connaturato (e anzi costitutivo, nella sua
prospettiva di studioso dei fenomeni storici) alla mente umana e
al suo dispositivo di intelligenza.
Volendo dunque cogliere il profilo intellettuale di questo
pensatore a cavallo tra Ottocento e Novecento, bisogna affondare lo scandaglio in questo terreno di coltivazione di un interesse
costante e di una tematizzazione precipua. L’interesse è quello
per la realtà storica, che si segnala lungo tutto l’arco della operatività intellettuale del Nostro. La tematizzazione è poi quella
rivolta a enucleare lo statuto intelligibile della storicità, e quindi la messa a punto di categorie e concezioni in grado di esplicare quello statuto e di rendere possibile una comprensione
scientificamente, ovvero filosoficamente, adeguata dei fenomeni (come la religione, la cultura, la società, la politica, ecc.) che
hanno come esponente la storicità. Che significa ciò più esattamente? Significa che tali fenomeni sono interamente implicati
in un divenire, nel quale però sono immanenti (ossia costitutivi,
in quanto condizioni di intelligibilità) fattori di intelligenza e di
comprensione. Senonché qui sta l’arduo compito col quale il
I. L’essere storico tra assolutezza e relatività 9
Titolo dell’opera
11
filosofo Troeltsch si è misurato costantemente in ogni fase della
sua operosità intellettuale. E dico filosofo, per denotare
l’angolatura dalla quale ritengo si possa ravvisare in maniera
più congrua e più efficace questo pensatore e il suo sforzo di
comprensione del mondo umano-storico. Pertanto cercherò di
disegnare per tratti essenziali il suo profilo di pensatore filosofo
in retrospettiva, per così dire. Ciò significa che lo farò a partire
dalla sua elaborazione filosofica più tarda, quella di Der Historismus und seine Probleme1, cui era impegnato quando la morte
lo colse (nel 1923), avendo ultimato e pubblicato (nel vol. III
delle GS) solo il primo libro, dedicato a Il problema logico della filosofia della storia, come suona il sottotitolo.
1. Il nodo problematico «storia e metafisica»
Il problema della storia e della storicità rappresenta dunque
il nodo centrale e irriducibile dell’indefessa attività intellettuale
di Troeltsch. Esso di fatto ricorre in tutto l’arco della sua produzione, dalla tesi di laurea su Melantone e Johannes Gerhard
(1891) fino al grande ciclo di Lo storicismo e i suoi problemi, l’opera estrema inconclusa per il sopraggiungere della morte immatura (1923). In verità tale problema si presentava a
Troeltsch in una forma peculiare. In che consiste esattamente
1
Lo storicismo e i suoi problemi, trad. it. a cura di G. Cantillo e F. Tessitore, vol. I
Logica e filosofia materiale della storia, Napoli 19912; vol. II Sul concetto di sviluppo
storico e sulla storia universale, Napoli 19912; vol. III Sulla costruzione della storia
della cultura europea, Napoli 1993. Nelle pagine seguenti farò riferimento in maniera
corsiva e senza citazioni esplicite ai seguenti volumi di opere di Troeltsch in trad. it.:
L’assolutezza del cristianesimo e la storia delle religioni, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1968; Etica, religione, filosofia della storia, a cura di G. Cantillo, Napoli 1974;
Religione Storia Metafisica, a cura di S. Sorrentino, Napoli 1997; Scritti di filosofia
della religione, a cura di S. Sorrentino, Napoli 2002; Scritti scelti, a cura di F. Ghia,
Torino 2005. Nella nota bibliografica di cui è corredato quest’ultimo volume si può
trovare una rassegna abbastanza completa degli scritti di Troeltsch (in originale e in
italiano) nonché della letteratura relativa. In particolare nella mia esposizione in questa
sede ho presente i seguenti saggi contenuti nel volume di Scritti scelti: Metodo storico e
metodo dogmatico in teologia (1900); La situazione teologica e religiosa contemporanea (1903); Filosofia della religione (1904; 1907); Psicologia e gnoseologia nella
scienza della religione (1905); Sulla questione dell’apriori religioso (1909); Sguardo
retrospettivo su mezzo secolo di scienza teologica (1909); Logos e mito nella teologia e
nella filosofia della religione (1913).
10
Ernst Troeltsch
questa forma peculiare, che beninteso ci offre il profilo essenziale della teoresi troeltschiana? Per dirla con l’espressione ricavata dal famoso abbozzo di un’autobiografia intellettuale2, si
tratta di una domanda fondamentale, intorno a cui verte l’intero
spettro della teorizzazione troeltschiana. Essa notoriamente ha
frequentato territori assai differenti, come la teologia e la sociologia, la storiografia e la filosofia, l’analisi culturale ovvero
la storia della cultura e la pubblicistica politica. Ma la questione
di fondo che si pone costantemente è come sia possibile erogare
norme, valori e ideali dalla storia, afferrare il permanente nel
fluire del divenire storico, e dunque come si possa «procedere
al confronto tra lo storicamente relativo e l’oggettivamente assoluto». D’altro canto questa domanda fondamentale funge da
motivo conduttore dei saggi raccolti nel libro primo (Il problema logico della filosofia della storia) di Lo storicismo e i suoi
problemi. Anche in questo caso sono illuminanti le indicazioni
offerte in Meine Bücher, che in qualche modo dischiudono la
genealogia di questo problema fondamentale. Quei saggi erano inseriti intrinsecamente nella direzione dei miei interessi
originari. La mia filosofia della religione aveva anzitutto bisogno di chiarire il problema dell’essenza e dei principi dello sviluppo storico della religione. Il tentativo di esporre in modo
concreto e in un ambito determinato questa nozione mi fece
entrare nella problematica sociologica. E una volta sospinto, al
di là della sfera religiosa, nell’intero ambito della cultura esattamente come a suo tempo Schleiermacher - mi vidi indotto a porre uno stretto legame tra filosofia della storia e etica.
Da tutte queste visuali emerse come problema essenziale della
mia situazione attuale l’aspetto teorico e filosofico della storia,
il suo rapporto con l’indagine empirica, da un lato, e con una
teoria dei valori culturali ovvero l’etica, dall’altro. È il problema che avevo sollevato e a cui avevo cominciato a dare una ri2
Cfr. GS IV, p. 9. In tale contesto è in questione lo scritto
L’Assolutezza del cristianesimo (1902), presentato esplicitamente da Troeltsch come «il nucleo di tutto il seguito» della sua problematica e teorizzazione; in altri
termini, si tratta del diritto del Cristianesimo, quale realtà relativa della storia, a
avanzare la pretesa di una «validità assoluta e esclusiva».
I. L’essere storico tra assolutezza e relatività 11
Titolo dell’opera
13
sposta in numerosi saggi ora raccolti nel secondo volume delle
3
mie opere.
In verità il problema registrato con una coscienza così acuta e
avvertita da Troeltsch costituisce un segno dei tempi della sua
epoca. Esso possedeva allora una valenza di lotta ideologica di
cui va tenuto conto, per poterlo contestualizzare sia in sede storica che in sede teoretica. In effetti intorno al problema della
storia si è sviluppata una lotta ideologica assai serrata. Essa
rappresenta forse uno degli episodi più caratterizzanti della cultura europea tra Ottocento e Novecento. È difficile individuare
l’avvio di questa grande battaglia, che ha coinvolto gli esponenti più significativi, almeno in ambito tedesco, della cultura filosofica, teologica e storiografica, da Martin Kähler a Wilhelm
Dilthey, dal conte Paul Yorck von Wartenburg a Wilhelm
Herrmann, da Albrecht Ritschl a Adolf von Harnack e allo stesso Troeltsch. Dicevo che è difficile stabilire se quella lotta ideologica è stata innescata da Martin Kähler, con la celebre conferenza 1l cosiddetto Gesù storico e con la coniazione del suo pe4
culiare modello di comprensione della storicità , oppure dalla
seconda «considerazione inattuale» di Friedrich Nietzsche Sull’utilità e il danno della storia per la vita (cui Troeltsch esplicitamente rimanda, e in maniera assai significativa, nel saggio
Metodo storico e metodo dogmatico in teologia5), o forse dalla
polemica intorno alla storiografia positivistica intentata da
Droysen e Dilthey all’indirizzo di un eminente esponente di
quella storiografia come Henry Thomas Buckle6, o infine addi3
Ivi, p. 13. Per un’efficace presentazione di questo filo conduttore della teoresi di
Troeltsch rimando al volume di G. CANTILLO, Ernst Troeltsch, Napoli 1979, pp. 11-16;
in tale sede vengono offerte le coordinante dell’intero lavoro, che costituisce la migliore
monografia italiana su questo Autore.
4
Cfr. M. KÄHLER, Il cosiddetto Gesù storico e l’autentico Cristo biblico, Napoli
1992. Ivi (pp. 7-56), nella mia introduzione Coscienza storica e fattualità storica. La
questione della storia nella lotta ideologica suscitata dall’approccio storico-critico, ho
cercato di mettere a fuoco il modello di comprensione della storicità coniato da Kähler.
5
Cfr. anche E. TROELTSCH, Lo storicismo e i suoi problemi. I. Logica e filosofia
materiale della storia, (a cura di F. Tessitore e G. Cantillo), Napoli 1985, p. 58 e 73.
6
Cfr. in proposito Conoscenza storica e teoria della storia: Dilthey e Droysen, in
12
Ernst Troeltsch
rittura dalla celebre diatriba «pro e contro la scuola di Tubinga», nella quale programmaticamente si operava una separazione tra due paradigmi di comprensione della storia, e in particolare si delineava con chiarezza il paradigma messo in circolazione da Albrecht Ritschl7. Sta di fatto che il contenzioso ultimo di questa lotta ideologica è costituito esattamente dalla
comprensione della storicità.
In effetti tale comprensione era in grado di provocare una rivoluzione copernicana nello stesso assetto della cultura, ossia
nella consapevolezza di sé e del proprio mondo maturata
dall’essere umano. La rivoluzione segna il passaggio da una
consapevolezza che concepisce la storia come normata da valori eterni e intemporali a una consapevolezza in cui è la storia
che, priva della rete protettiva di un sistema di valori e di ideali,
crea una possibile sintesi di valori. Tale rivoluzione presenta
una stringente analogia con il rivoluzionamento operato da
Kant in rapporto alla comprensione del mondo della natura8.
Forse vale la pena, per afferrare la portata ideologica di questo
rivoluzionamento dei parametri di giudizio, rilevare come questa modificazione profonda dell’immagine della storia si proponeva come una nuova forma della questione galileiana.
Questo profilo emerge con evidenza se poniamo mente al
dibattito sollevato da Martin Kähler nella sua conferenza citata.
Questa conferenza a suo tempo fece scalpore. Infatti da un lato
metteva in discussione criticamente i risultati della ricerca storico-critica sulla “vita di Gesù”. E ciò avveniva in un contesto
in cui la scienza, anzi specificamente la scienza storica, godeva
G. CANTILLO, L’eccedenza del passato. Per uno storicismo esistenziale, Napoli 1993,
pp. 169-216.
7
Cfr. F.CH. BAUR, Die Tübinger Schule, Stuttgart 1975 (ristampa del volume che
raccoglie, oltre al contributo di Baur, gli atti di questa celebre diatriba). Cfr. anche il
quarto capitolo dedicato a A. Ritschl nel mio Chiesa, mondo e storia nel pensiero del
secolo XIX. Studi sull’idealismo e sul Kulturprotestantismus, Napoli 1977, pp. 99-121.
8
Cfr. Lo storicismo... cit., p. 73: «La nostra gioventù oscilla tra un attivistico disprezzo per la storia, ambizioso di fondare ex novo i valori del futuro con una forza
originale, e un’aspirazione verso una sintesi e una visione d’insieme che vorrebbe configurare organicamente il futuro dal passato». L’analogia con Kant sembra suggerita
dallo stesso Troeltsch, quando (ivi, p. 58) raccorda la storicizzazione (ossia l’immagine
della storia) all’immagine della natura coniata nel XVIII secolo
I. L’essere storico tra assolutezza e relatività 13
Titolo dell’opera
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di un prestigio indiscusso. Dall’altro operava una separazione
gravida di conseguenze tra il “Gesù storico” e il “Cristo della
fede”. A dire il vero, questo approccio di Kähler al nucleo centrale della fede cristiana, la quale indubbiamente ha a che fare
con la “storia di Gesù”, ha avuto due conseguenze notevoli.
Anzitutto ha dettato le condizioni di sviluppo della teologia, e
dell’ideologia cristiana, del Novecento. In secondo luogo ha
creato il bisogno di aprire nuovi orizzonti alla ricerca sugli
scritti del nuovo Testamento e sulla relativa letteratura. E di fatto in seguito la ricerca storico-critica riguardante il nuovo Testamento e il Cristianesimo delle origini ha imboccato nuove
strade. Essa, mentre ha fatto valere una riserva critica di principio in merito alla “vita di Gesù” (o, più precisamente, al “Gesù
storico”), nel contempo ha messo in evidenza il contenuto escatologico dell’evangelo di Gesù. Dal canto suo la teologia ha
oscillato a lungo nell’alternativa tra biblicismo e interpretazione
esistenziale. Il primo corno dell’alternativa è riscontrabile, ad
esempio, nell’impostazione della teologia barthiana, basata sul
valore rivelativo della Parola di Dio. Il secondo può essere
esemplificato nell’approccio bultmanniano, incentrato sul valore decisionale dell’atto di fede. Ora questo scorcio sintetico del
dibattito fa emergere un interrogativo di fondo: è la fede in Cristo che dà forza e sostanza alla certezza storica circa Gesù di
Nazareth? In altri termini: è la fede che corrobora la storia (il
risultato della storiografia)? Oppure è la ricerca storica, cioè la
conoscenza storico-critica intorno a Gesù di Nazareth, che convalida la certezza credente intorno al Cristo della fede?
In effetti Kähler poneva la questione nei termini di un autaut tra indagine storico-critica e fede, tra “Gesù storico” e “Cristo della fede”. In questo modo la questione risultava compromessa rispetto alla sua corretta soluzione, in quanto nessuno dei
due termini del problema consente di essere ridotto. Di qui si
riproduceva, in una nuova forma, la vecchia questione galileiana. Probabilmente la cultura dell’epoca portava Kähler a formulare il problema del rapporto tra conoscenza storica e certezza
della fede in termini di competitività. Mentre viceversa lo scio-
14
Ernst Troeltsch
glimento di quella questione richiede che venga affrontata in
maniera diversa, cioè in termini integrativi e non concorrenziali9.
Se questo è dunque lo scenario in cui si svolgeva quella lotta
ideologica, Troeltsch è per certi versi il testimone più acuto e
consapevole della sua posta in gioco. Egli vi si è misurato fino
in fondo con serietà palese e con riconosciuta onestà intellettuale. E ciò lo rende interlocutore privilegiato, qualora la riflessione filosofica voglia riprendere oggi i contenuti di quella grande
battaglia ideologica. Essi in realtà, come spesso avviene nella
storia delle idee, non sono stati convenientemente chiariti, bensì
sono stati semplicemente rimossi; e ciò sia per la cesura operata
dall’enorme crisi della prima guerra mondiale, sia per la frattura
culturale provocata dai successivi movimenti di pensiero (si
9
In effetti nell’originaria questione galileiana è in gioco il rapporto tra la conoscenza della natura e la rivelazione. Viceversa, nel caso di questa nuova questione galileiana la natura è quella rappresentata dalla realtà storica; la rivelazione invece va intesa come quella percezione del reale alla quale si alimenta l’universo della fede. Ebbene
in questo caso la questione va così interpretata: la conoscenza della realtà storica è
l’unica via attraverso cui si possa raggiungere ciò che è lontano nel tempo storico e nella distanza culturale. Si pensi, a proposito di quest’ultima, alla distanza che intercorre
tra l’immagine del mondo mitologica e quella moderna. Tutto ciò va comunque detto
tenendo presente tutti i possibili limiti di questa conoscenza storica. Di ciò peraltro sono
ben consapevoli coloro che concretamente sono impegnati nel lavoro di conoscenza
storico-critica. Ma allora, ci si può chiedere, questa condizione quali conseguenze produce su una fede, come la fede in Cristo, che ha una relazione intrinseca e inaggirabile
con eventi di un passato lontano (appunto la “storia di Gesù” ovvero il “Gesù storico”)?
È possibile, per questa fede, fare a meno impunemente di misurarsi con le esigenze della conoscenza storica e con le compatibilità specifiche che presiedono al lavoro storicocritico? D’altra parte è altrettanto legittimo chiedersi, come ha fatto Kähler e lo stesso
Troeltsch (nel saggio II significato della storicità di Gesù per la fede): può la ricerca storica, e
la conoscenza storico-critica, costituire il movente ultimo della fede? Oppure
l’accertamento storico-critico è sempre successivo alla formazione credente, arriva cioè
sempre in ritardo rispetto all’esperienza della fede? Quest’ultima, in tale prospettiva,
poggia su un asse diverso dalla mera “conoscenza storica scientificamente attrezzata”.
Così enunciato, il problema non consente soluzioni facili e corto-circuiti nozionali.
Come esempi di corto-circuiti di questo tipo si possono addurre: la posizione di chi sostiene che la conoscenza storica è la base e la ragione dell’esperienza credente; oppure,
viceversa, la posizione di chi ritiene che la fede (o addirittura la teologia) costituisca la
ragione fondante della conoscenza storico-critica. Pertanto, per affrontare convenientemente tale formidabile problema, si richiederebbe un confronto maturo tra le diverse
istanze coinvolte: la storiografia, la filosofia, l’esperienza credente, la teologia.
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pensi, ad esempio, all’esistenzialismo, alla teologia dialettica,
ecc.), che hanno mutato lo scenario del dibattito. Forse oggi
siamo in grado, data la distanza dalla massa incandescente e
magmatica della questione, di meglio mettere a fuoco i nodi
teorici di quella battaglia ideologica, senza essere condizionati
dall’ipoteca degli interessi ideologici, che spesso fanno velo rispetto alla vera posta in gioco teoretica.
2. Pensiero storico e storicismo
Volendo districare analiticamente la massa dei motivi teoretici contenuti nel problema fondamentale che assilla la teoresi
di Troeltsch, bisogna introdurre una serie di articolazioni che
sono indispensabili per cogliere efficacemente la sua tematizzazione. Al centro dell’attenzione c’è il pensiero storico. Come
risulta palese dai saggi Storia e metafisica e Metodo storico e
metodo dogmatico in teologia, il pensiero storico è un paradigma di intelligenza dotato di evidenza culturale; e invero di
intelligenza relativa all’essere umano e al suo mondo10. Ora
questo pensiero storico, cui corrisponde una mentalità congruente e da cui consegue una immagine del mondo caratteristica, esprime non soltanto una metodologia conoscitiva, che trova
nella scienza storica (la storiografia, il metodo storico-critico) il
suo campo di applicazione più tipico; esso esprime altresì una
coscienza storica, quale consapevolezza della relatività e contingenza, a livello teorico e pratico, del mondo umano e delle
sue realizzazioni; ma traduce in definitiva anche, e soprattutto,
una ragione storica, ossia un soggetto (individuale o collettivo,
non importa) strutturato in maniera da dover produrre, sia in
chiave di riflessione che di attuazione, le coordinate per una
realizzazione della propria libertà. Questi tre livelli o stratifica10
Cfr. Storia e metafisica, in E.TROELTSCH, Religione Storia Metafisica, a cura di
S. Sorrentino, Napoli 1997, p. 76s, l01s, 111s, 116s, 143s; Metodo storico e metodo
dogmatico in teologia, p. 150s, 153, 158s. Cfr. in proposito l’efficace presentazione del
problema in J.-M. TÉTAZ, Religion et conscience historique (pp. 22-27), che funge da
introduzione al volume E. TROELTSCH, Religion et histoire, Genève 1990.
16
Ernst Troeltsch
zioni del pensiero storico sono costantemente presenti nella
teorizzazione troeltschiana, e anzi ne sostanziano precisamente
la ricchezza e complessità.
Al pensiero storico si riconnette beninteso il problema centrale della riflessione di Troeltsch: il problema dello storicismo
(Historismus). Ora storicismo è un termine ancipite; di esso forse andrebbe sciolta l’ambiguità, cui corrispondono i vantaggi e
gli svantaggi discussi nella pagina finale di Storia e metafisica,
distinguendo tra storicismo (Historizismus) e istorismo (Historismus)11. Lo storicismo è la dissoluzione nella realtà storica
dell’elemento del valore e dell’ideale, con conseguente relativismo e perdita di orientamento che rende impraticabile il giudizio storico e inaccessibile lo stesso criterio di giudizio. Esso depotenzia in definitiva la stessa conoscenza e comprensione storica, ridotta a pulviscolo di constatazioni e di punti di vista senza connessioni ragionevoli e sensate, e soprattutto senza
l’energia progettuale e produttiva di un soggetto animato dalla
“fede nei valori”, ovvero da una prospettiva non meramente effimera e soggettiva, ma permanente e oggettiva, ossia universalmente valida12. Ora niente è più alieno dalla mentalità e dal
robusto impegno etico di Troeltsch. Questo genere di storicismo
11
Così come viene fatto in maniera abbastanza motivata da J.-M. Tétaz, nella sua
traduzione dei saggi raccolti nel volume cit. alla nota precedente. Su questa ambiguità
del concetto (e del termine) di Historismus hanno richiamato l’attenzione molti interpreti; cfr. in particolare H.G. DRESCHER, Das Problem der Geschichte bei Ernst Troeltsch, «Zeitschrf.Th.u.K.», 57 (1960), pp. 186-230 e K. HERBERGER, Historismus und
Kairos - Die Überwindung des Historismus bei Ernst Troeltsch und Paul Tillich,
«Theol. Blätter», 14 (1935), pp. 129-141 (la parte dedicata a Troeltsch). Del resto già il
titolo della raccolta di cinque conferenze di Troeltsch curata da F. VON HÜGEL, Der
Historismus und seine Überwindung, Berlin 1924, pur risultando agli occhi dei più come poco felice, di fatto metteva in evidenza la connotazione negativa (critica), e non
positiva (euristica), del termine Historismus, e pertanto segnalava energicamente la sua
ambiguità.
12
Cfr. Storia e metafisica, p. 143: «Il relativismo da trastullo, per il quale tutto è
qualcosa in divenire e transitorio, condizionato e relativo, l'espressione di qualsiasi convinzione personale, attuata nella geniale fantasmagoria di tutti i suoi colori, il soffocamento di ogni produttività e della vigorosa energia di una semplice fede in norme universalmente valide, il dissolvimento della scienza nella produzione di infiniti duplicati
di quanto è già esistito una volta, l’assuefazione alla semplice routine dello specialismo
storico: sono questi i gravi difetti dello storicismo, che talvolta si manifestano tanto
vistosamente da poter destare apprensione per la sopravvivenza della nostra cultura».
I. L’essere storico tra assolutezza e relatività 17
Titolo dell’opera
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costituisce anzi il nemico mortale contro cui egli ingaggia una
battaglia senza mezzi termini. Ai suoi occhi in essa è in gioco la
sopravvivenza stessa della nostra cultura. Al contrario, la battaglia indefessa contro questa visuale è condotta in nome di un
istorismo (Historismus) che incarna la visione teorica e
l’impegno etico del Nostro. Nel suo contesto le norme, i valori
e gli ideali offrono bensì i criteri del giudizio, e consentono in
tal modo la comprensione storica e la valutazione etica suscettibile di storificazione, ossia capace di fungere da propellente
per ulteriori realizzazioni storiche; ma essi possono e debbono
essere guadagnati solo all’interno del cangiante e mobile campo
della storicità, in cui vigono la pluralità delle sintesi culturali,
l’eterogeneità delle valorizzazioni storiche (segno inconfondibile della loro finitezza), e la fluidificazione delle attuazioni di
ideali. E nessuno di questi aspetti consente di essere cristallizzato in una norma valida una volta per tutte13. In questo senso
vanno intese tutte le categorie che identificano la tematizzazione della realtà storica intrapresa da Troeltsch. Si tratta delle categorie che nel saggio Metodo storico e metodo dogmatico in
teologia 14 vengono riassunte nella critica, nella relatività (o
meglio: correlazione, contestualità), e nell’analogia. Esse sono
essenziali apriori per l’intelligenza del mondo storico-culturale,
per l’apprensione del verum di quel factum che sedimenta
l’attività specificamente umana. Tali categorie entrano in gioco
nelle diverse sedi disciplinari impegnate dalla teoresi troeltschiana, dalla filosofia della religione alla filosofia della storia,
dalla psicologia della religione alla gnoseologia religiosa ovve13
Cfr. ivi, p. 143s: «Lo storicismo sa che gli ideali di tutte le epoche, e anche quelli
della sua epoca, sono storicamente condizionati, e proprio per questo non conosce fede
che sia normativa per lo storicismo stesso. Una conoscenza straordinariamente ampia e
intensiva del passato, quale mai è stata disponibile prima, un’analisi estremamente raffinata, sviluppata a regola d’arte e guidata da una comprensione straordinariamente sensibile, una comprensione partecipativa e simpatetica, spinta fino al rinnegamento di sé,
per l’altro nella sua massima eterogeneità, un’abilità inquietante nel dissolvere ogni
cosa apparentemente stabile in qualcosa che fluisce e diviene: sono questi i vantaggi di
questa situazione scientifica; grazie a essa in tutti i casi la nostra conoscenza del vero
contenuto fattuale si è ampliata straordinariamente».
14
Cfr. Metodo storico..., p. 149s.
18
Ernst Troeltsch
ro teoria della conoscenza filosofico-religiosa, dalla storiografia
alla sociologia comprendente. Grazie a queste categorie lo storicismo cui inclinava la cultura dell’epoca viene incurvato da
Troeltsch nel senso di un istorismo. Questo traduce la sua proposta, in sede teorica e pratica, per venire a capo della crisi di
civiltà da lui acutamente avvertita. In tale prospettiva la critica
non si converte in mero sospetto, bensì esprime la parzialità e il
valore meramente probabile, ossia sempre bisognoso di verifica, sempre soggetto al procedimento di falsificazione, del giudizio storico, quel giudizio appunto che riesce a tramutare il sospetto in atto euristico. La relatività non si converte in relativismo, bensì denota sempre la contestualità differenziante e identificante di qualsiasi formazione storica; insomma esprime un
vero e proprio principium individuationis dell’essere storico, e
traduce efficacemente la differenza ontologica che denota in sostanza la realtà della storia. Infine l’analogia riconduce l’eterogeneità che caratterizza le formazioni storiche alla misura
della possibilità di comprensione, riportando l’alterità all’omogeneità che solo rende possibile l’intelligenza delle differenze15.
Se dunque teniamo conto di tutto ciò, dobbiamo dire che il
vero problema di fondo che assilla la teoresi troeltschiana è
come poter afferrare la materia sempre fluida, cangiante e contingente della storicità, in modo da pervenire a una comprensione normativa e valorizzante, ossia capace di offrire norme e
di apprestare valori per la storificazione, cioè per l’agire storico.
La storia è in un perenne divenire, in una evoluzione (uno sviluppo) non suscettibile di essere cristallizzata. Ma allora come è
possibile che dal suo fluire e dalla sua infinita mobilità si possa
erogare il valore, ossia l’eterno, l’elemento valido una volta per
tutte? Il quesito è tanto più urgente, in quanto il Nostro non
pensa che tale elemento (ossia l’elemento validante, normativo,
ideale) inerisca intrinsecamente alla fattualità storica, data la
sua natura differente, anzi opposta, rispetto alla realtà propria
dell’elemento storico16. Peraltro egli pensa che quell’elemento,
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Cfr. la limpida ed efficace esposizione ivi, pp. 150-153.
Cfr. il saggio L’elemento storico nella filosofia della religione di Kant (nel vol.
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