Introduzione a Schopenhauer

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Nome file
LFF174_VF3.pdf
Data
26/06/2014
Contesto
LFF
Autore
V Ferrarini
Liv. revisione
Pubblicazione
Lemmi
Filosofia
Freud Sigmund
LFF
Schopenhauer
VERENNA FERRARINI
LABORATORIO FILOSOFICO FREUDIANO
SCHOPENHAUER
INTRODUZIONE
Il nome di Schopenhauer irrompe, a sorpresa, nella prima citazione della articolata
antologia. Freud sta lavorando su alcuni tratti della nevrosi ossessiva e precisa: "si può dire a buon
diritto che il nevrotico ossessivo “conosce” i suoi traumi quanto che “non li conosce”. Infatti li
conosce dal momento che non li ha dimenticati, non li conosce perché non ne vede l’importanza."
É nello spazio aperto di questa contraddizione densa di premesse di lavoro, che sorprende
l'evocazione improvvisa del filosofo: "I camerieri che servivano Schopenhauer nella trattoria di
Francoforte da lui abitualmente frequentata lo “conoscevano” in certo senso (in un’epoca in cui il
filosofo era sconosciuto sia a Francoforte che altrove), ma non nel senso che intendiamo oggi
quando parliamo di “conoscere” Schopenhauer."
L'esempio di Schopenhauer deve essere venuto in mente con la medesima sorpresa e per
feconde vie associative allo stesso Freud, il cui pensiero passa alacremente, dal nevrotico steso sul
suo divano a ogni eventuale voce o autore apparsi nella storia della filosofia.
P-L Assoun1 ne scopre una, logicamente condivisibile.
Se Schopenhauer si può chiamare "il solitario di Francoforte" per aver prodotto, a partire
dal 1831, un'opera quasi totalmente sconosciuta e un'esistenza ad essa corrispondente, anche Freud
in certo modo e per un certo periodo, può essere nominato "il solitario di Vienna".
Egli stesso lo riferisce: "Per più di dieci anni, a partire dalla mia rottura con Breuer, non
ebbi neppure un seguace, e rimasi nel più completo isolamento. A Vienna venivo evitato e all'estero
nessuno mi conosceva. L'interpretazione dei sogni, nel 1900, ebbe pochissime recensioni nelle
riviste specializzate. [...] La mia suscettibilità diminuì considerevolmente quando mi resi conto delle
inevitabili conseguenze di quel che, negli anni, ero andato scoprendo. A poco a poco anche il mio
isolamento finì."2
La consistenza profetica del giudizio di Freud sulla cosiddetta "scienza tedesca", sulla sua
"estrema arroganza e il disprezzo assoluto di ogni logica",3 è inequivocabile. Nel pensiero di Freud
si é affacciato un paragone con la posizione di Schopenhauer: anche il solitario di Francoforte ha
1
P.L. Assoun, Freud la filosofia e i filosofi, Melusina, Roma 1990, p. 178.
S. Freud (1924), Autobiografia, OSF 10, p. 115.
3
Ivi, p. 116.
2
1
polemizzato con l'Università e i filosofi del suo tempo; é stato l'avversario dell'idealismo tedesco,
della "vacuità” di Fichte e della “ciarlataneria” di Hegel, pur aderendo alla versione empiristica e
anglosassone dell'idealismo, quella che ha in Berkeley il più autorevole rappresentante.
A più riprese Freud dichiara di aver letto Schopenhauer, anche se molto tardi e sovente
controvoglia. Annota di aver affrontato questioni poste autorevolmente dal filosofo, ma di aver
concluso su quelle più rilevanti in modo totalmente diverso.
É con pieno compiacimento intellettuale, senza la difesa di una pretesa priorità che Freud
riconosce a Schopenhauer di aver pensato la rimozione: "Sono certo di aver elaborato
autonomamente la teoria della rimozione; non so di alcuna fonte che mi abbia influenzato e
avvicinato ad essa, e per lungo tempo ho ritenuto che si trattasse di una concezione originale fino a
quando Rank ha segnalato il passo del Mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer
ove il filosofo tenta una spiegazione della follia. Ciò che là è detto circa la riluttanza ad accettare
ciò che della realtà risulta penoso, coincide così perfettamente con il contenuto del mio concetto di
rimozione, che ancora una volta ho potuto ringraziare le lacune della mia cultura che mi avevano
permesso di fare una scoperta."
La questione della morte é rilevante nel lavoro di pensiero di Freud e, attraversando le sue
dichiarazioni, tre sono i momenti nei quali esso si incontra con la filosofia di Schopenhauer.
L'osservazione sulle azioni primarie dell'ossessivo, lo porta a scoprirne la loro "natura
magica, contro presagi di sventura che hanno come contenuto la morte": é a questo preciso punto
che sovviene al pensiero di Freud l'asserzione del filosofo di Francoforte, secondo il quale il
problema della morte é all'inizio di ogni filosofia, così come è, in qualche modo, centrale nella
filosofia del nevrotico ossessivo.
Qualche anno dopo, in una confidenziale lettera a Lou Salomé, egli confessa all'amica di
essere preso dal tema della morte, insieme a una singolare idea delle pulsioni; per questo, per la
prima volta dichiara di leggere Schopenhauer ma di non farlo volentieri.
Nel complesso testo Al di là del principio di piacere prende forma quella "singolare idea
delle pulsioni" anticipata nella lettera. La dottrina delle pulsioni precedentemente elaborata e
riordinata nelle Precisazioni sui due principi dell'accadere psichico trova un completamento; nella
vita psichica sembra agire una tendenza alla ripetizione, una "coazione a ripetere" che opera in
modo indipendente dal principio di piacere e "al di là di esso".
Freud é costretto a riconoscere, soprattutto in ragione della "lunga paziente e spregiudicata
ricerca analitica", che esiste una potenza distruttiva, un principio che mira a ricondurre
l’irrequietezza vitale alla stabilità, "perfetta a modo suo", dello stato inorganico.
La legge di moto o pulsione, nel suo perficere verso una meta concludente é ostacolata da
una forza che tende alla morte della pulsione stessa.
Morte? Per Schopenhauer é "il vero e proprio risultato, e, come tale, lo scopo della vita"; il
suo comptentus mundi la denuncia che il mondo intessuto delle trame del dispotismo della
Volontà. ssa, come cosa-in sé "un'istanza trascendente impersonale, vitalità metafisica, potenza
prorompente, unica radice della totalità cosmica." L'unica possibilità di salvezza consiste nel non
partecipare e nel dissociarsi da tali trame per mezzo della neutralizzazione della Volontà di vivere,
unica liberazione possibile, immobilità di una noluntas totalmente rinunciataria.
La perentorietà composta di Freud, dopo l'inevitabile constatazione dell'esistenza della
pulsione di morte, riafferma la presenza operante dell'Eros, o principio di piacere o libido che si
oppongono alla disgregazione.
2
Nel 1932, con nitore logico e tollerante dichiara: " d’altronde, tutto già stato detto una
volta, e molti prima di Schopenhauer hanno detto cose simili. E infine, ciò che diciamo non è
neppure l’autentico Schopenhauer. Noi non affermiamo che la morte sia l’unico obbiettivo della
vita; non trascuriamo la vita, accanto alla morte. Riconosciamo due pulsioni fondamentali e
lasciamo a ognuna la propria meta."
Nel testo del 1916, Una difficoltà per la psicoanalisi, il riconoscimento dato a
Schopenhauer dell'individuazione di processi psichici inconsci é chiaro; in altri numerosi passi, non
esplicitamente riferiti al filosofo, Freud preciserà che l'inconscio psichico non é "l'inconscio dei
filosofi".
L'argomento centrale concerne invece "l'enfasi indimenticabile" con la quale questo
pensatore "ha rammentato agli uomini l’importanza, tuttora misconosciuta, delle loro aspirazioni
sessuali."
Il riconoscimento della rilevante e fondamentale osservazione, unica nella storia della
filosofia, é ribadita con maggior cura nel testo che di tale questione si occupa, :"Da un bel po’
infatti – scrive Freud – il filosofo Arthur Schopenhauer ha fatto vedere agli uomini in qual misura
tutte le loro azioni e aspirazioni sono determinate da desideri sessuali – nel senso abituale della
parola – e tutto un mondo di lettori non dovrebbe scordare troppo facilmente quell’insegnamento
così avvincente!"
Il filosofo ha individuato, primo fra tutti, la sessualità o istinto sessuale come impulso
immanente nella natura al servizio della specie e della sua propagazione, al punto da concludere che
l'uomo é soltanto suo "zimbello": gli uomini dunque sono gli "zimbelli della specie". 4 Egli però
"non é pervenuto alla scoperta che la sessualità o istinto sessuale, detto anche “concupiscenza”, non
affatto una legge della natura bensì una Teoria falsa nonché indimostrata, che si installata nel
nostro pensiero colonizzandolo imperativamente."5
Non é l'ecce homo di Freud quello che é legato a essere puro strumento di una istanza
sovraindividuale; la sua concupiscenza o "bramosia sessuale" serve alla Volontà che mira a
moltiplicare i propri fenomeni.
All'attrazione sessuale esistente in natura, al pregiudizio di un istinto di conservazione
della specie Freud, a cui è stato fatto il torto della traduzione, nella prima edizione inglese della sua
opera, del lemma Trieb, pulsione, con istinto, risponde con un iniziale e chiaro "tuttavia" che pone
un altro pensiero, libero dalle "catene della sessualità" : "Tuttavia ciò che la psicoanalisi chiama
sessualità non coincide certo con la spinta irresistibile all’unione dei due sessi o alla produzione di
piacere genitale, e assomiglia casomai molto di più all’ ros del Simposio platonico che tutto
comprende in sé e tutto preserva."
© Società Amici del Pensiero - Studium Cartello 2014
Vietata la riproduzione anche parziale del presente testo con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine
senza previa autorizzazione del proprietario del Copyright
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A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e come rappresentazione, Supplementi 44°, Metafisica dell’amore sessuale.
G. B. Contri, Il privilegio della guarigione, La civiltà di grano e zizzania, Prolusione dell'anno 2013-2014
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