Daniele Segnini
La pubertà come rito di passaggio
L’antropologia culturale studia le diverse culture umane, partendo dalla limitatezza biologica della nostra specie.
Come appartenenti alla specie Homo Sapiens-sapiens, siamo biologicamente "scarsi". Siamo scarsi cacciatori e scarsi
corridori, abbiamo cioè una dotazione naturale che non ci permetterebbe di sopravvivere né di affrontare
adeguatamente le sfide dell’ambiente, se non disponessimo di quello strumento micidiale che è la cultura . La
cultura – intesa in senso “antropologico” – ha, pertanto, un compito primario: trasformare i
membri della società, con l'educazione e con i riti. I riti sono, per definizione, eventi che “ricorrono” , che
cioè si ripetono e si ripresentano : sono una specie di bussola che ci rassicura , ci dà fiducia e ci orienta, mentre la realtà si
trasforma e cambia continuamente.I riti di passaggio sono estremamente importanti: in ogni cultura rappresentano una
preparazione al ruolo che l’individuo dovrà successivamente assumere nella società. Negli anni ’60 due
grandi antropologi, L.Lévy-Bruhl e M.Eliade pubblicarono due studi fondamentali sul rapporto tra i riti ed i miti. Ormai tutti
accettano la tesi secondo la quale i riti nascono prima dei miti e ad essi sono collegati. Lo scopo originario dei riti
puberali è quello di togliere gli adolescenti dalla tutela dei loro genitori, per farli entrare definitivamente nel clan, nella
tribù, nella società adulta. In molte popolazioni il periodo della pubertà ancora oggi è scandito con molta enfasi da parte
della società; la pubertà, in queste popolazioni, rappresenta l’inizio della maturità fisica, sociale e psicologica della
persona, ma assume anche un significato collettivo che riguarda, quindi, l’intera comunità in cui
l’adolescente vive.Ecco il motivo per cuii problemi della pubertà siono ggetto di un’istituzione sociale,
l’iniziazione, che segna il passaggio dalla vita infantile all’età adulta.
I riti di iniziazione sono “riti di passaggio” e sono in genere suddivisibili in tre fasi distinte: la separazione,
con il distacco dalla famiglia o dal gruppo di appartenenza; il periodo del margine, con la trasformazione
dell’individuo, accompagnata o meno da mutilazioni (per es. circoncisione), tatuaggi o prove varie riguardanti
regole proprie della comunità. Infine, l’aggregazione alla comunità adulta nella quale ci si aspetta dall’iniziato
un comportamento in sintonia con precise norme etiche e culturali. Molto spesso i riti di trasformazione assumono le
forme simboliche di una “morte rituale” seguita da una nuova nascita, il neo iniziato si sottomette a pratiche
purificatorie, osserva il silenzio o il digiuno, spesso cambia nome.
Nel mondo classico forme di iniziazione all’età adulta erano “normali”. Basti ricordare
l’assunzione della toga virile nell’antica Roma.(nella fot o Johannes Vermeer: La ragazza con l'orecchino
di perla)
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Generata: 10 June, 2017, 09:46