Programma - Stagione 2016/2017 Associazioni e Abbonamenti

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Sala Verdi del Conservatorio
Martedì 24 ottobre 2006, ore 20.30
S TA G I O N E 2 0 0 6 • 2 0 0 7
Sol Gabetta violoncello
Henri Sigfridsson pianoforte
3
Consiglieri di turno
Dott.ssa Maria Majno
Prof. Carlo Sini
Con il patrocinio e
il sostegno di
Con il contributo di
Con il patrocinio
e il contributo di
In collaborazione con
Settore cultura
Con il sostegno di
FONDAZIONE CARIPLO
Sponsor istituzionali
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione
e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite, e che
l’ingresso in sala a concerto iniziato è possibile solo durante gli applausi, salvo
eccezioni consentite dagli artisti.
Sol Gabetta violoncello
Henri Sigfridsson pianoforte
Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 - Lipsia 1750)
Sonata n. 1 in sol maggiore Bwv 1027
Ludwig van Beethoven
(Bonn 1770 – Vienna 1827)
Sonata n. 2 in sol minore op. 5 n. 2
Intervallo
Felix Mendelssohn-Bartholdy
(Amburgo 1809 – Lipsia 1847)
Sonata n. 2 in re maggiore op. 58
Robert Schumann
(Zwickau, Sassonia 1810 – Endenich, Bonn 1856)
Fantasiestücke op. 73
La serie “Rising Stars” nella stagione 2006-2007
della Società del Quartetto è sostenuta da
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 1 in sol maggiore
Bwv1027
Adagio
Allegro ma non tanto
Andante
Allegro moderato
Oggi più che mai, la filologia musicale guarda con totale disapprovazione la pratica corrente di trasferire su uno strumento moderno musiche pensate per strumento antico, comunque diverso. Chi vive la pratica concertistica invece vede
nella trasposizione un modo per portare al grande pubblico musica altrimenti
confinata a pochi specialisti; e comunque si fa forte del fatto (inconfutabile) che
i musici dei tempi andati passavano allegramente e senza problemi le loro note
da uno strumento all’altro. Sappiamo che non ci sono risposte univoche al dilemma. E che l’unico criterio valido è il risultato artistico dell’operazione, a sua
volta legato al gusto e alla bravura degli interpreti. Il caso che troviamo stasera è esemplare. Ascolteremo una sonata di Bach eseguita da violoncello e pianoforte, e non da viola da gamba e clavicembalo come da partitura autentica. La
differenza di timbro è forte. Il moderno violoncello ha un suono asciutto e deciso. L’antica viola da gamba deriva il suo fascino dal viluppo delle tante risonanze. Lontani fra loro sono dinamica e timbro dell’accompagnamento. Eppure è
un fatto che del lavoro esiste anche una versione firmata da Bach per due flauti e basso continuo (Bwv 1039) e non si sa quale preceda l’altra. È sicuro che la
destinazione per viola ha impedito alla Sonata in sol, e alle altre due per medesimo organico, la diffusione in sala da concerto e la conseguente popolarità che
hanno le Sonate per violino e cembalo, le Suites per violoncello, le Sonate e
Partite per violino solo, tutte scritte a Koethen fra 1718 e 1722. Infatti la qualità artistica è sempre di prim’ordine. Anzi in vari passaggi, la Sonata in sol
Bwv 1027 va oltre le consuetudini dell’età barocca e anticipa tecniche e affetti
che sono dello stile concertante preclassico. Inizia con un “Adagio” dal carattere pastorale, con vocazione più di danza che di meditazione. La scrittura è canonica e molto ornata, la ritmica è frammentata, con la tastiera che spesso prevale sullo strumento ad arco. La tastiera espone poi l’unico tema del secondo
tempo e lo sviluppa in stile contrappuntistico e concertante, secondo uno schema tripartito la cui sezione centrale è costruita sull’inversione del tema. Nel
terzo movimento, breve e denso, entrambi gli strumenti suonano nello stesso
registro, profondamente compenetrati. Chiude un’elaborata fuga che Bach trascrisse anche per organo (Bwv 1027a).
Ludwig van Beethoven
Sonata n. 2 in sol minore op. 5 n. 2
Adagio sostenuto ed espressivo
Allegro molto, più tosto presto
Rondò (Allegro)
Va riconosciuto al re di Prussia Federico Guglielmo II un merito tutto particolare per aver favorito come pochi le fortune del violoncello nell’ultimo ventennio del Settecento. Infatti, se il suo augusto predecessore Federico II “il
Grande” suonava - bene - il flauto, Federico Guglielmo suonava - non male - il
violoncello. Si produceva come solista e in complessi da camera, soprattutto in
quartetto. E poiché non gli piaceva limitarsi ad accompagnare i virtuosismi
degli altri strumentisti, chiedeva ai compositori che scrivevano per lui di avere
un occhio di riguardo per la sua parte. Essendo un Potente, riusciva a convincere. Mozart non amava il violoncello, ma si convinse: i suoi ultimi tre quartetti
(K 575, 589, 590) hanno una vistosa - e non sempre felice - parte per violoncello, appunto perché pensati per il re di Prussia. Di Federico Guglielmo II era
stato maestro il francese Jean Pierre Duport detto l’ainé (Parigi 1741 - Berlino
1818) che era uno dei più dotati violoncellisti del tempo, più noto ancora di
Boccherini in quanto attivo concertista nei maggiori centri europei mentre
l’Italiano scontava la semiclandestinità del suo incarico nella lontana e oscura
corte spagnola. Duport, da non confondere col fratello Jean-Louis detto le cadet
(Parigi 1749-1819) pure violoncellista ma attivo soprattutto nella città natale,
arrivò a Berlino nel 1773 e vi si trattenne fino alla morte. Conobbe ovviamente
Mozart, ma non riuscì a stabilire con lui un buon rapporto, anzi ne ostacolò il
successo in occasione della sua visita alla corte di Berlino nel maggio del 1789.
Divenne invece buon amico del giovane Beethoven e nel 1797 gli organizzò una
serata musicale alla corte di Berlino. Beethoven arrivò portando con sé due
sonate per violoncello e pianoforte composte un paio di anni prima proprio in
vista di quell’occasione. Le dedicò a Federico Guglielmo II e le suonò con
Duport, deliziando il sovrano e ricevendo come ricompensa una tabacchiera
piena di monete d’oro. Ricompensa più che meritata, possiamo dire oggi, dato
che le due sonate segnano l’inizio del repertorio cameristico moderno per violoncello e pianoforte.
Le due sonate hanno una struttura simile, in due tempi, il primo dei quali a sua
volta articolato in due parti, un’introduzione lenta seguita da un “Allegro” in
forma sonata. La Seconda sonata, in sol minore, è in ogni caso molto meglio
equilibrata della prima. Per certi versi è una delle più originali composizioni fino
ad allora scritte dal ventisettenne Beethoven. Già la disposizione dei movimenti è atipica. Si inizia con un ampio movimento lento (“Adagio sostenuto ed
espressivo”) che ha chiare connotazioni tardo barocche: il piglio deciso degli
accordi a piene mani, le figurazioni puntate discendenti, la nobile espressività
del canto... Ma si coglie subito la novità del rapporto fra violoncello e pianoforte. È soprattutto questione di timbro. Beethoven è il primo grande autore a
capire che il cantabile del violoncello si sposa bene con il cantabile nel registro
centrale del pianoforte, e che in quell’ambito va impostato il dialogo - o il rapporto dialettico - fra i due strumenti, mentre restano aperti grandi spazi (più in
alto, più in basso) per decorazioni, virtuosismi, divagazioni, altre cose.
L’applicazione della scoperta ha il suo momento magico nell’“Allegro molto” che
attacca subito dopo l’intenso “Adagio sostenuto” introduttivo. Il materiale melodico di base viene subito ripartito fra i due strumenti: è fatto di pochi incisi che
pianoforte e violoncello prima si rimandano un po’ timidamente e poi, rompendo gli indugi, sviluppano con una foga che è già “seconda maniera” beethoveniana e non più esperimento giovanile. Il violoncello non rimpiange più le soffici trine della viola da gamba e prende consapevolezza del suo suono asciutto e
deciso. Il pianoforte gli risponde a tono oppure lo lascia cantare sostenendolo
però con un turbinare di note e di formule di accompagnamento che a quei
tempi doveva sembrare inaudito. Curiosamente la forma del secondo movimento è arcaica, cioè bipartita con un “da capo” e con una breve conclusione a mo’
di “coda”, più dolce forse, e in parte meno concitata. Il movimento conclusivo è
un rondò, scritto apposta per esibire bravura, classico quanto basta per non
esagerare in novità e quindi disturbare l’augusto uditorio, ma dotato di quel
tanto di grottesco e dissacratorio che è caratteristica peculiare di tanti finali
beethoveniani, giovanili e non.
Felix Mendelssohn-Bartholdy
Sonata n. 2 in re maggiore op. 58
Allegro assai vivace
Allegretto scherzando
Adagio
Molto allegro e vivace
Non è molto conosciuta, ma non è piccola cosa la musica che Mendelssohn dedicò al violoncello. Non ci si riferisce solo ai magnifici passaggi solistici che animano celeberrime partiture orchestrali. E neppure a una serie di variazioni
scritte in gioventù o a due piccole Romanze senza parole del 1845 ispirate da un
contingente incontro con la bravissima strumentista francese Elise Christiani.
I lavori che contano sono le due Sonate, entrambe mature e di grande impegno.
La prima, op. 45, completata nel 1838 e scritta su misura per le capacità tecniche del fratello Paul, buon violoncellista dilettante, ebbe elogi sperticati da
Robert Schumann sulle colonne della sua prestigiosa rivista musicale. La
seconda fu scritta quattro anni dopo, nell’inverno 1842-43 e pure pensata per un
violoncellista dilettante, il ricchissimo conte russo Mateusz Wielhorski, che
aveva la fortuna di possedere un meraviglioso Stradivari. Fu Wielhorski a eseguirla per la prima volta in una casa privata a Berlino, accompagnato da Fanny
Hensel (sorella dell’autore) che a sua volta fu protagonista della prima esecuzione pubblica al Gewandhaus di Lipsia il 18 novembre 1843, questa volta però
assieme al professionista Karl Wittmann. Senza chiedere gran virtuosismo e
proporre soluzioni formali innovative, la Sonata ha nella leggerezza di passo e
di struttura i suoi reali punti di forza. Lo mostra subito l’attacco, in cui è facile
riconoscere il brio e lo slancio della Sinfonia italiana. Merito soprattutto del
ruolo trainante del pianoforte che con i suoi volteggi e le invenzioni ritmiche
valorizza il canto spiegato e il suono caldo del violoncello. L’architettura è classica, con uno sviluppo ampio e ben fatto e con un trascinante finale. Ancora leggerezza di tocco, realizzata con staccato del pianoforte e pizzicato del violoncello, fanno del secondo movimento un tipico scherzo elfico mendelssohniano. La
sezione centrale è un magnifico esempio di cantabilità strumentale. L’ampio
“Adagio” è costruito sul corale cantato dal violoncello sostenuto dai massicci
accordi del pianoforte, col risultato di creare un suono quasi organistico.
Arpeggi e recitativi servono a spaziare il canto e rendere ancora più stretto il
rapporto stilistico con Johann Sebastian Bach, il musicista che Mendelssolm
aveva tanto contribuito a riscoprire. È una pagina che ha avuto subito una discreta popolarità, al punto che Carl Czerny ne ricavò una trascrizione facile per
pianoforte intitolata Le Cygne mourant. Si passa al finale in modo drammatico
e senza soluzione di continuità, direttamente dall’accordo finale dell’“Adagio”.
Presto però tutto si rasserena, anzi la scintillante parte pianistica porta un gradevole tocco di salottiero decorativismo.
Robert Schumann
Fantasiestücke op. 73
Zart und mit Ausdruck
Lebhaft, leicht
Rasch und mit Feuer
Il 18 febbraio 1849 toccò al primo clarinetto dell’orchestra di Dresda, accompagnato da Clara Schumann al pianoforte, presentare la prima esecuzione assoluta dei tre pezzi per clarinetto che Schumann aveva composto pochi giorni prima,
ispirati dalle morbide sonorità dello strumento e dalla grande bravura dell’interprete. La biografia ci dice che il 1849 fu per Schumann uno degli anni più
produttivi in assoluto. Si trovava bene a Dresda, dove si era stabilito dopo aver
lasciato Lipsia traumatizzato dall’improvvisa scomparsa dell’amico
Mendelssohn. Anche di salute stava molto meglio. La malattia nervosa si era
provvisoriamente placata, la vita familiare pure. I risultati furono abbondanti.
Completò la sua unica opera (Genoveva op. 81), lavorò molto alle Scene dal
Faust di Goethe e al Manfred di Byron, scrisse tante cose per coro, per voce e
pianoforte e varia musica da camera per strumento solista con accompagnamento di pianoforte: Adagio e Allegro op. 70 per corno, Tre romanze op. 90 per
oboe e appunto i Fantasiestücke op. 73 per clarinetto.
Il trittico op. 73 in verità non è cosa di grande impegno, dal punto di vista artistico. I tre brani che lo compongono hanno la tipica struttura tripartita del
pezzo di genere ottocentesco, il secondo e il terzo con in più una breve coda.
Ciascuno vive della sua unica melodia, indipendente dagli altri. Unisce i brani il
timbro dello strumento solista, che nell’originale è il clarinetto, con versione
alternativa per violoncello. Si ascoltano volentieri, certo, ma non hanno la forza
e l’originalità dei pezzi pianistici della straordinaria gioventù. E così è per gli
altri pezzi cameristici di quell’anno: nessuno è mai diventato popolare, anche se
rivolto a strumenti che hanno magro repertorio; tutta la critica non li ha mai
davvero presi in considerazione. Non solo. Anche i tanti lavori per altri organici e destinazioni scritti in quell’anno hanno avuto scarsa fortuna e sporadico successo di stima. Si rafforza il sospetto che il 1849 non sia stato quel tempo sereno e produttivo che biografie e cataloghi ci documentano; e che la malattia mortale abbia allentato la morsa perché ormai sicura di aver ucciso la fantasia. Il
1849 dunque come malinconica estate di San Martino, con gli alberi che hanno
ancora tante foglie, belle, colorate, e senza vita, e senza la grandezza dell’inverno vero, cioè del 1851 (le due sonate per violino e pianoforte, il Trio op. 110, i
Märchenbilder op. 113) e del 1853 (Märchenerzählungen op. 132, e soprattutto
gli estremi pezzi pianistici Gesänge der Frühe op. 133).
Enzo Beacco
Sol Gabetta violoncello
Sol Gabetta è nata a Cordoba in Argentina nel 1981. Ha iniziato gli studi
musicali a Buenos Aires. A dieci anni ha vinto il suo primo concorso in
Argentina, seguito dai premi della Radio Suisse Romande di Ginevra (1995),
al Concorso Čajkovskij di Mosca (Premio Natalia Gutmann 1998) e al
Concorso ARD di Monaco di Baviera. Nel giugno 2003 ha meritato la borsa di
studio della Fondazione Borletti-Buitoni. Nel 2004, vincitrice del prestigioso
premio “Crèdit Suisse Young Artist Award”, ha debuttato nel Concerto n. 2 di
Šostakovič al Festival di Lucerna con i Wiener Philharmoniker diretti da
Valery Gergiev. Nel 2005 ha debuttato al Musikverein di Vienna nelle
Variazioni Rococò di Čajkovskij con l’Orchestra Sinfonica della Radio di
Vienna diretta da Christian Arming.
Dal 1992 al 1994, grazie ad una borsa di studio, ha seguito i corsi di violoncello
presso la “Escuela Superior de Musica Reina Sofia” di Madrid, subito dopo si
è trasferita a Basilea dove ha proseguito gli studi alla Musik Akademie con
Ivan Monighetti. Nel 2001, dopo il corso all’Accademia Chigiana con Antonio
Meneses, è stata protagonista di una serie di concerti in Italia. Attualmente è
allieva di David Geringas alla Eisler Musikhochschule di Berlino.
Già ospite di orchestre di primo piano quali Orchestre National de Radio
France, Kremerata Baltica, Wiener Kammerphilharmonie, Orchestra
Sinfonica di San Pietroburgo, Münchner Kammerorchester diretta da
Christoph Poppen, Orchestra Sinfonica di Basilea, Orchestra Sinfonica di
Praga e Filarmonica di Buenos Aires, ha collaborato con festival quali Davos,
Kissinger Sommer, Schubertiade, Ludwigsburger Schlossfestspiele, Hitzacker
Musiktage, Lockenhaus e Les muséiques dove, invitata da Gidon Kremer, ha
suonato nel 2003 con l’Orchestra da Camera di Basilea. Nella stagione 2004/05
si è esibita in duo ad Amburgo, Hannover, Dortmund, Münster, con
l’Orchestra Sinfonica di Aquisgrana diretta da Markus Bosch e a Bilbao
diretta da Gilbert Varga. Alcuni dei suoi concerti sono stati trasmessi da
Espace 2 in Francia, DSR (Radio Svizzera Tedesca), SWR (Südwestdeutscher
Rundfunk) in Germania e Classic Radio.
Per la stagione in corso ha in programma una tournée in Germania con
l’Orchestra Nazionale Spagnola, il debutto con l’Orchestra Filarmonica di
Rotterdam con Leonard Slatkin, la Filarmonica di Tokyo, Hallé Orchestra di
Manchester e l’Orchestra Sinfonica di Berna.
Di recentissima pubblicazione è il CD dedicato a brani di Čajkovskij, SaintSaëns e Ginastera registrato con la Münchner Rundfunkorchester diretta da
Ari Rasilainen.
Dal 2005 è docente alla Musik Akademie di Basilea.
Suona un violoncello di Giovambattista Guadagnini del 1759 affidatole da
Hans K. Rahns.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Henri Sigfridsson pianoforte
Henri Sigfridsson è nato a Turku in Finlandia nel 1974. Ha studiato al
Conservatorio della sua città con Sävy Nordgren e all’Accademia Sibelius di
Helsinki con Erik Tawaststjerna. In seguito, si è perfezionato alla Franz Liszt
Musikhochschule di Weimar con Lazar Berman e alla Musikhochschule di
Colonia sotto la guida di Pavel Gililov.
Nel 1994 ha vinto il Concorso Liszt di Weimar e nel 1995 la “Nordic Soloist
Competition”. Nel 2000, la giuria del concorso “Géza Anda” di Zurigo,
presieduta da Vladimir Ashkenazy gli ha assegnato il secondo premio; nel
corso del concerto finale alla Tonhalle di Zurigo ha ricevuto anche il premio
del pubblico. Nel dicembre 2005 ha vinto il primo premio nelle sezioni
pianoforte e musica da camera e il premio del pubblico al concorso Beethoven
di Bonn. Ha inoltre ricevuto il Premio della Cultura finlandese “ABOA”.
In qualità di solista ha suonato con le più importanti orchestre finlandesi e
con le maggiori orchestre europee (Deutsche Kammerphilharmonie,
Staatskapelle Weimar, Münchner Symphoniker, MDR di Lipsia, Orchestre
National de Lille, Tonhalle di Zurigo, Filarmonica di San Pietroburgo,
Filarmonica di Belgrado, Orchestra da camera di Stoccarda, Camerata e
Mozarteum di Salisburgo) in collaborazione con direttori quali Georg
Alexander Albrecht, Vladimir Ashkenazy, Dennis Russel Davies, Lawrence
Foster, Howard Shelley, Volker Schmidt-Gertenbach. È ospite di istituzioni
musicali di primo piano (Wigmore Hall di Londra, Konzerthaus di Vienna,
Bunka Kaikan Hall di Tokyo) e di festival quali Bayreuth, Lockenhaus,
Styriarte, Piano Festival Ruhr, Ravinia, Augsburg, San Pietroburgo,
Cracovia, Heidelberg, Kissinger, Lucerna, Davos e Salisburgo.
Appassionato camerista, collabora con artisti quali Leonidas Kavakos, Gidon
Kremer, Ivry Gitlis, Patricia Kopatchinskaja e Boris Pergamenschikow.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Prossimi concerti:
martedì 7 novembre 2006, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Angelika Kirchschlager mezzosoprano
Helmut Deutsch pianoforte
Schumann, Schubert
Il tradizionale appuntamento di stagione con il canto da camera è affidato
quest’anno nientemeno che ad Angelika Kirschschlager. Il mezzosoprano
salisburghese è da tempo una delle più affermate stelle del teatro d’opera
mondiale, con un repertorio che spazia dal barocco di Händel al Novecento di
Richard Strauss, al contemporaneo di Nicholas Maw, con le necessarie tappe
intermedie dei capolavori di Mozart, Gounod, Puccini, Johann Strauss, Lehàr,
impegnata in ruoli sia drammatici che giocosi. La sua completa formazione
musicale l’ha portata al trionfo anche nel repertorio sinfonico, sotto la direzione
di grandi quali Abbado, Sinopoli, Ozawa, Davis, Masur, Muti. Per noi si produrrà
nei Lieder più romantici, quelli di Schubert e di Schumann, accompagnata
dall’eccellente specialista Helmut Deutsch.
martedì 14 novembre 2006, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
La Risonanza
Fabio Bonizzoni direttore
Roberta Invernizzi soprano
Händel - Le Cantate per il Cardinal Pamphili (1706-1707)
martedì 21 novembre 2006, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Heinz Holliger oboe e direttore - Muriel Cantoreggi violino
Maurice Bourgue oboe - Diego Chenna fagotto
Edicson Ruiz contrabbasso - Peter Solomon clavicembalo
Zelenka, Bach, Holliger
PRIVILEGI E VANTAGGI PER I SOCI
I Soci della Società del Quartetto per la stagione 2006/07 possono
usufruire delle seguenti agevolazioni:
Biglietti ridotti per i concerti
- Ai Soci vengono riservati alcuni biglietti a prezzo ridotto, con un
contingente limitato e variabile secondo la disponibilità residua dopo la
vendita degli abbonamenti. Per i concerti più richiesti, i biglietti ridotti
saranno destinati in prelazione ai Soci Protettori.
Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 - fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected]
Canto delle Muse
- Ingresso libero per i Soci al ciclo “Il Canto delle Muse”, 7 incontri con il
musicologo Emanuele Ferrari, che propongono un percorso
complementare alla programmazione attraverso la musica e ciò che essa
esprime.
Biglietti omaggio per “Giovane Europa in Musica” – Fondazione Pro
Musica Giancarlo ed Etta Rusconi
- Per il ciclo dedicato ai giovani musicisti emergenti mettiamo a
disposizione dei Soci biglietti omaggio che possono essere ritirati in sede
da una settimana prima di ogni concerto.
Giornale della Musica
- I Soci della stagione 2006/07 possono sottoscrivere l’abbonamento
annuale (11 numeri) al “Giornale della musica” al costo ridotto di € 15
anziché € 34. Gli interessati devono rivolgersi direttamente all’ufficio
abbonamenti del giornale (e-mail: [email protected], tel. 011 5591831)
indicando il numero di tessera associativa.
Libri del “Quartetto”
- I Soci possono richiedere, entro i limiti di disponibilità, i libri pubblicati
negli ultimi anni dalla nostra Società. L’elenco completo dei titoli è
disponibile sul sito (www.quartettomilano.it) nella sezione
“Pubblicazioni”.
Piccolo Teatro
- Biglietti ridotti per tutti gli spettacoli inviando un e-mail all’indirizzo
[email protected]
- Riduzioni su tutti gli abbonamenti esibendo la tessera associativa
2006/07 alla biglietteria del Piccolo Teatro.
Fondazione Mazzotta
- Biglietti ridotti per tutte le mostre in programma.
FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano
- Sconto del 20% sul biglietto di ingresso a tutte le proprietà del FAI.
Cinema Anteo
- Il lunedì sera biglietto ridotto a € 4,50 anziché a € 7.
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