Sala Verdi del Conservatorio Martedì 24 ottobre 2006, ore 20.30 S TA G I O N E 2 0 0 6 • 2 0 0 7 Sol Gabetta violoncello Henri Sigfridsson pianoforte 3 Consiglieri di turno Dott.ssa Maria Majno Prof. Carlo Sini Con il patrocinio e il sostegno di Con il contributo di Con il patrocinio e il contributo di In collaborazione con Settore cultura Con il sostegno di FONDAZIONE CARIPLO Sponsor istituzionali Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite, e che l’ingresso in sala a concerto iniziato è possibile solo durante gli applausi, salvo eccezioni consentite dagli artisti. Sol Gabetta violoncello Henri Sigfridsson pianoforte Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 - Lipsia 1750) Sonata n. 1 in sol maggiore Bwv 1027 Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827) Sonata n. 2 in sol minore op. 5 n. 2 Intervallo Felix Mendelssohn-Bartholdy (Amburgo 1809 – Lipsia 1847) Sonata n. 2 in re maggiore op. 58 Robert Schumann (Zwickau, Sassonia 1810 – Endenich, Bonn 1856) Fantasiestücke op. 73 La serie “Rising Stars” nella stagione 2006-2007 della Società del Quartetto è sostenuta da Johann Sebastian Bach Sonata n. 1 in sol maggiore Bwv1027 Adagio Allegro ma non tanto Andante Allegro moderato Oggi più che mai, la filologia musicale guarda con totale disapprovazione la pratica corrente di trasferire su uno strumento moderno musiche pensate per strumento antico, comunque diverso. Chi vive la pratica concertistica invece vede nella trasposizione un modo per portare al grande pubblico musica altrimenti confinata a pochi specialisti; e comunque si fa forte del fatto (inconfutabile) che i musici dei tempi andati passavano allegramente e senza problemi le loro note da uno strumento all’altro. Sappiamo che non ci sono risposte univoche al dilemma. E che l’unico criterio valido è il risultato artistico dell’operazione, a sua volta legato al gusto e alla bravura degli interpreti. Il caso che troviamo stasera è esemplare. Ascolteremo una sonata di Bach eseguita da violoncello e pianoforte, e non da viola da gamba e clavicembalo come da partitura autentica. La differenza di timbro è forte. Il moderno violoncello ha un suono asciutto e deciso. L’antica viola da gamba deriva il suo fascino dal viluppo delle tante risonanze. Lontani fra loro sono dinamica e timbro dell’accompagnamento. Eppure è un fatto che del lavoro esiste anche una versione firmata da Bach per due flauti e basso continuo (Bwv 1039) e non si sa quale preceda l’altra. È sicuro che la destinazione per viola ha impedito alla Sonata in sol, e alle altre due per medesimo organico, la diffusione in sala da concerto e la conseguente popolarità che hanno le Sonate per violino e cembalo, le Suites per violoncello, le Sonate e Partite per violino solo, tutte scritte a Koethen fra 1718 e 1722. Infatti la qualità artistica è sempre di prim’ordine. Anzi in vari passaggi, la Sonata in sol Bwv 1027 va oltre le consuetudini dell’età barocca e anticipa tecniche e affetti che sono dello stile concertante preclassico. Inizia con un “Adagio” dal carattere pastorale, con vocazione più di danza che di meditazione. La scrittura è canonica e molto ornata, la ritmica è frammentata, con la tastiera che spesso prevale sullo strumento ad arco. La tastiera espone poi l’unico tema del secondo tempo e lo sviluppa in stile contrappuntistico e concertante, secondo uno schema tripartito la cui sezione centrale è costruita sull’inversione del tema. Nel terzo movimento, breve e denso, entrambi gli strumenti suonano nello stesso registro, profondamente compenetrati. Chiude un’elaborata fuga che Bach trascrisse anche per organo (Bwv 1027a). Ludwig van Beethoven Sonata n. 2 in sol minore op. 5 n. 2 Adagio sostenuto ed espressivo Allegro molto, più tosto presto Rondò (Allegro) Va riconosciuto al re di Prussia Federico Guglielmo II un merito tutto particolare per aver favorito come pochi le fortune del violoncello nell’ultimo ventennio del Settecento. Infatti, se il suo augusto predecessore Federico II “il Grande” suonava - bene - il flauto, Federico Guglielmo suonava - non male - il violoncello. Si produceva come solista e in complessi da camera, soprattutto in quartetto. E poiché non gli piaceva limitarsi ad accompagnare i virtuosismi degli altri strumentisti, chiedeva ai compositori che scrivevano per lui di avere un occhio di riguardo per la sua parte. Essendo un Potente, riusciva a convincere. Mozart non amava il violoncello, ma si convinse: i suoi ultimi tre quartetti (K 575, 589, 590) hanno una vistosa - e non sempre felice - parte per violoncello, appunto perché pensati per il re di Prussia. Di Federico Guglielmo II era stato maestro il francese Jean Pierre Duport detto l’ainé (Parigi 1741 - Berlino 1818) che era uno dei più dotati violoncellisti del tempo, più noto ancora di Boccherini in quanto attivo concertista nei maggiori centri europei mentre l’Italiano scontava la semiclandestinità del suo incarico nella lontana e oscura corte spagnola. Duport, da non confondere col fratello Jean-Louis detto le cadet (Parigi 1749-1819) pure violoncellista ma attivo soprattutto nella città natale, arrivò a Berlino nel 1773 e vi si trattenne fino alla morte. Conobbe ovviamente Mozart, ma non riuscì a stabilire con lui un buon rapporto, anzi ne ostacolò il successo in occasione della sua visita alla corte di Berlino nel maggio del 1789. Divenne invece buon amico del giovane Beethoven e nel 1797 gli organizzò una serata musicale alla corte di Berlino. Beethoven arrivò portando con sé due sonate per violoncello e pianoforte composte un paio di anni prima proprio in vista di quell’occasione. Le dedicò a Federico Guglielmo II e le suonò con Duport, deliziando il sovrano e ricevendo come ricompensa una tabacchiera piena di monete d’oro. Ricompensa più che meritata, possiamo dire oggi, dato che le due sonate segnano l’inizio del repertorio cameristico moderno per violoncello e pianoforte. Le due sonate hanno una struttura simile, in due tempi, il primo dei quali a sua volta articolato in due parti, un’introduzione lenta seguita da un “Allegro” in forma sonata. La Seconda sonata, in sol minore, è in ogni caso molto meglio equilibrata della prima. Per certi versi è una delle più originali composizioni fino ad allora scritte dal ventisettenne Beethoven. Già la disposizione dei movimenti è atipica. Si inizia con un ampio movimento lento (“Adagio sostenuto ed espressivo”) che ha chiare connotazioni tardo barocche: il piglio deciso degli accordi a piene mani, le figurazioni puntate discendenti, la nobile espressività del canto... Ma si coglie subito la novità del rapporto fra violoncello e pianoforte. È soprattutto questione di timbro. Beethoven è il primo grande autore a capire che il cantabile del violoncello si sposa bene con il cantabile nel registro centrale del pianoforte, e che in quell’ambito va impostato il dialogo - o il rapporto dialettico - fra i due strumenti, mentre restano aperti grandi spazi (più in alto, più in basso) per decorazioni, virtuosismi, divagazioni, altre cose. L’applicazione della scoperta ha il suo momento magico nell’“Allegro molto” che attacca subito dopo l’intenso “Adagio sostenuto” introduttivo. Il materiale melodico di base viene subito ripartito fra i due strumenti: è fatto di pochi incisi che pianoforte e violoncello prima si rimandano un po’ timidamente e poi, rompendo gli indugi, sviluppano con una foga che è già “seconda maniera” beethoveniana e non più esperimento giovanile. Il violoncello non rimpiange più le soffici trine della viola da gamba e prende consapevolezza del suo suono asciutto e deciso. Il pianoforte gli risponde a tono oppure lo lascia cantare sostenendolo però con un turbinare di note e di formule di accompagnamento che a quei tempi doveva sembrare inaudito. Curiosamente la forma del secondo movimento è arcaica, cioè bipartita con un “da capo” e con una breve conclusione a mo’ di “coda”, più dolce forse, e in parte meno concitata. Il movimento conclusivo è un rondò, scritto apposta per esibire bravura, classico quanto basta per non esagerare in novità e quindi disturbare l’augusto uditorio, ma dotato di quel tanto di grottesco e dissacratorio che è caratteristica peculiare di tanti finali beethoveniani, giovanili e non. Felix Mendelssohn-Bartholdy Sonata n. 2 in re maggiore op. 58 Allegro assai vivace Allegretto scherzando Adagio Molto allegro e vivace Non è molto conosciuta, ma non è piccola cosa la musica che Mendelssohn dedicò al violoncello. Non ci si riferisce solo ai magnifici passaggi solistici che animano celeberrime partiture orchestrali. E neppure a una serie di variazioni scritte in gioventù o a due piccole Romanze senza parole del 1845 ispirate da un contingente incontro con la bravissima strumentista francese Elise Christiani. I lavori che contano sono le due Sonate, entrambe mature e di grande impegno. La prima, op. 45, completata nel 1838 e scritta su misura per le capacità tecniche del fratello Paul, buon violoncellista dilettante, ebbe elogi sperticati da Robert Schumann sulle colonne della sua prestigiosa rivista musicale. La seconda fu scritta quattro anni dopo, nell’inverno 1842-43 e pure pensata per un violoncellista dilettante, il ricchissimo conte russo Mateusz Wielhorski, che aveva la fortuna di possedere un meraviglioso Stradivari. Fu Wielhorski a eseguirla per la prima volta in una casa privata a Berlino, accompagnato da Fanny Hensel (sorella dell’autore) che a sua volta fu protagonista della prima esecuzione pubblica al Gewandhaus di Lipsia il 18 novembre 1843, questa volta però assieme al professionista Karl Wittmann. Senza chiedere gran virtuosismo e proporre soluzioni formali innovative, la Sonata ha nella leggerezza di passo e di struttura i suoi reali punti di forza. Lo mostra subito l’attacco, in cui è facile riconoscere il brio e lo slancio della Sinfonia italiana. Merito soprattutto del ruolo trainante del pianoforte che con i suoi volteggi e le invenzioni ritmiche valorizza il canto spiegato e il suono caldo del violoncello. L’architettura è classica, con uno sviluppo ampio e ben fatto e con un trascinante finale. Ancora leggerezza di tocco, realizzata con staccato del pianoforte e pizzicato del violoncello, fanno del secondo movimento un tipico scherzo elfico mendelssohniano. La sezione centrale è un magnifico esempio di cantabilità strumentale. L’ampio “Adagio” è costruito sul corale cantato dal violoncello sostenuto dai massicci accordi del pianoforte, col risultato di creare un suono quasi organistico. Arpeggi e recitativi servono a spaziare il canto e rendere ancora più stretto il rapporto stilistico con Johann Sebastian Bach, il musicista che Mendelssolm aveva tanto contribuito a riscoprire. È una pagina che ha avuto subito una discreta popolarità, al punto che Carl Czerny ne ricavò una trascrizione facile per pianoforte intitolata Le Cygne mourant. Si passa al finale in modo drammatico e senza soluzione di continuità, direttamente dall’accordo finale dell’“Adagio”. Presto però tutto si rasserena, anzi la scintillante parte pianistica porta un gradevole tocco di salottiero decorativismo. Robert Schumann Fantasiestücke op. 73 Zart und mit Ausdruck Lebhaft, leicht Rasch und mit Feuer Il 18 febbraio 1849 toccò al primo clarinetto dell’orchestra di Dresda, accompagnato da Clara Schumann al pianoforte, presentare la prima esecuzione assoluta dei tre pezzi per clarinetto che Schumann aveva composto pochi giorni prima, ispirati dalle morbide sonorità dello strumento e dalla grande bravura dell’interprete. La biografia ci dice che il 1849 fu per Schumann uno degli anni più produttivi in assoluto. Si trovava bene a Dresda, dove si era stabilito dopo aver lasciato Lipsia traumatizzato dall’improvvisa scomparsa dell’amico Mendelssohn. Anche di salute stava molto meglio. La malattia nervosa si era provvisoriamente placata, la vita familiare pure. I risultati furono abbondanti. Completò la sua unica opera (Genoveva op. 81), lavorò molto alle Scene dal Faust di Goethe e al Manfred di Byron, scrisse tante cose per coro, per voce e pianoforte e varia musica da camera per strumento solista con accompagnamento di pianoforte: Adagio e Allegro op. 70 per corno, Tre romanze op. 90 per oboe e appunto i Fantasiestücke op. 73 per clarinetto. Il trittico op. 73 in verità non è cosa di grande impegno, dal punto di vista artistico. I tre brani che lo compongono hanno la tipica struttura tripartita del pezzo di genere ottocentesco, il secondo e il terzo con in più una breve coda. Ciascuno vive della sua unica melodia, indipendente dagli altri. Unisce i brani il timbro dello strumento solista, che nell’originale è il clarinetto, con versione alternativa per violoncello. Si ascoltano volentieri, certo, ma non hanno la forza e l’originalità dei pezzi pianistici della straordinaria gioventù. E così è per gli altri pezzi cameristici di quell’anno: nessuno è mai diventato popolare, anche se rivolto a strumenti che hanno magro repertorio; tutta la critica non li ha mai davvero presi in considerazione. Non solo. Anche i tanti lavori per altri organici e destinazioni scritti in quell’anno hanno avuto scarsa fortuna e sporadico successo di stima. Si rafforza il sospetto che il 1849 non sia stato quel tempo sereno e produttivo che biografie e cataloghi ci documentano; e che la malattia mortale abbia allentato la morsa perché ormai sicura di aver ucciso la fantasia. Il 1849 dunque come malinconica estate di San Martino, con gli alberi che hanno ancora tante foglie, belle, colorate, e senza vita, e senza la grandezza dell’inverno vero, cioè del 1851 (le due sonate per violino e pianoforte, il Trio op. 110, i Märchenbilder op. 113) e del 1853 (Märchenerzählungen op. 132, e soprattutto gli estremi pezzi pianistici Gesänge der Frühe op. 133). Enzo Beacco Sol Gabetta violoncello Sol Gabetta è nata a Cordoba in Argentina nel 1981. Ha iniziato gli studi musicali a Buenos Aires. A dieci anni ha vinto il suo primo concorso in Argentina, seguito dai premi della Radio Suisse Romande di Ginevra (1995), al Concorso Čajkovskij di Mosca (Premio Natalia Gutmann 1998) e al Concorso ARD di Monaco di Baviera. Nel giugno 2003 ha meritato la borsa di studio della Fondazione Borletti-Buitoni. Nel 2004, vincitrice del prestigioso premio “Crèdit Suisse Young Artist Award”, ha debuttato nel Concerto n. 2 di Šostakovič al Festival di Lucerna con i Wiener Philharmoniker diretti da Valery Gergiev. Nel 2005 ha debuttato al Musikverein di Vienna nelle Variazioni Rococò di Čajkovskij con l’Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna diretta da Christian Arming. Dal 1992 al 1994, grazie ad una borsa di studio, ha seguito i corsi di violoncello presso la “Escuela Superior de Musica Reina Sofia” di Madrid, subito dopo si è trasferita a Basilea dove ha proseguito gli studi alla Musik Akademie con Ivan Monighetti. Nel 2001, dopo il corso all’Accademia Chigiana con Antonio Meneses, è stata protagonista di una serie di concerti in Italia. Attualmente è allieva di David Geringas alla Eisler Musikhochschule di Berlino. Già ospite di orchestre di primo piano quali Orchestre National de Radio France, Kremerata Baltica, Wiener Kammerphilharmonie, Orchestra Sinfonica di San Pietroburgo, Münchner Kammerorchester diretta da Christoph Poppen, Orchestra Sinfonica di Basilea, Orchestra Sinfonica di Praga e Filarmonica di Buenos Aires, ha collaborato con festival quali Davos, Kissinger Sommer, Schubertiade, Ludwigsburger Schlossfestspiele, Hitzacker Musiktage, Lockenhaus e Les muséiques dove, invitata da Gidon Kremer, ha suonato nel 2003 con l’Orchestra da Camera di Basilea. Nella stagione 2004/05 si è esibita in duo ad Amburgo, Hannover, Dortmund, Münster, con l’Orchestra Sinfonica di Aquisgrana diretta da Markus Bosch e a Bilbao diretta da Gilbert Varga. Alcuni dei suoi concerti sono stati trasmessi da Espace 2 in Francia, DSR (Radio Svizzera Tedesca), SWR (Südwestdeutscher Rundfunk) in Germania e Classic Radio. Per la stagione in corso ha in programma una tournée in Germania con l’Orchestra Nazionale Spagnola, il debutto con l’Orchestra Filarmonica di Rotterdam con Leonard Slatkin, la Filarmonica di Tokyo, Hallé Orchestra di Manchester e l’Orchestra Sinfonica di Berna. Di recentissima pubblicazione è il CD dedicato a brani di Čajkovskij, SaintSaëns e Ginastera registrato con la Münchner Rundfunkorchester diretta da Ari Rasilainen. Dal 2005 è docente alla Musik Akademie di Basilea. Suona un violoncello di Giovambattista Guadagnini del 1759 affidatole da Hans K. Rahns. È per la prima volta ospite della nostra Società. Henri Sigfridsson pianoforte Henri Sigfridsson è nato a Turku in Finlandia nel 1974. Ha studiato al Conservatorio della sua città con Sävy Nordgren e all’Accademia Sibelius di Helsinki con Erik Tawaststjerna. In seguito, si è perfezionato alla Franz Liszt Musikhochschule di Weimar con Lazar Berman e alla Musikhochschule di Colonia sotto la guida di Pavel Gililov. Nel 1994 ha vinto il Concorso Liszt di Weimar e nel 1995 la “Nordic Soloist Competition”. Nel 2000, la giuria del concorso “Géza Anda” di Zurigo, presieduta da Vladimir Ashkenazy gli ha assegnato il secondo premio; nel corso del concerto finale alla Tonhalle di Zurigo ha ricevuto anche il premio del pubblico. Nel dicembre 2005 ha vinto il primo premio nelle sezioni pianoforte e musica da camera e il premio del pubblico al concorso Beethoven di Bonn. Ha inoltre ricevuto il Premio della Cultura finlandese “ABOA”. In qualità di solista ha suonato con le più importanti orchestre finlandesi e con le maggiori orchestre europee (Deutsche Kammerphilharmonie, Staatskapelle Weimar, Münchner Symphoniker, MDR di Lipsia, Orchestre National de Lille, Tonhalle di Zurigo, Filarmonica di San Pietroburgo, Filarmonica di Belgrado, Orchestra da camera di Stoccarda, Camerata e Mozarteum di Salisburgo) in collaborazione con direttori quali Georg Alexander Albrecht, Vladimir Ashkenazy, Dennis Russel Davies, Lawrence Foster, Howard Shelley, Volker Schmidt-Gertenbach. È ospite di istituzioni musicali di primo piano (Wigmore Hall di Londra, Konzerthaus di Vienna, Bunka Kaikan Hall di Tokyo) e di festival quali Bayreuth, Lockenhaus, Styriarte, Piano Festival Ruhr, Ravinia, Augsburg, San Pietroburgo, Cracovia, Heidelberg, Kissinger, Lucerna, Davos e Salisburgo. Appassionato camerista, collabora con artisti quali Leonidas Kavakos, Gidon Kremer, Ivry Gitlis, Patricia Kopatchinskaja e Boris Pergamenschikow. È per la prima volta ospite della nostra Società. Prossimi concerti: martedì 7 novembre 2006, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Angelika Kirchschlager mezzosoprano Helmut Deutsch pianoforte Schumann, Schubert Il tradizionale appuntamento di stagione con il canto da camera è affidato quest’anno nientemeno che ad Angelika Kirschschlager. Il mezzosoprano salisburghese è da tempo una delle più affermate stelle del teatro d’opera mondiale, con un repertorio che spazia dal barocco di Händel al Novecento di Richard Strauss, al contemporaneo di Nicholas Maw, con le necessarie tappe intermedie dei capolavori di Mozart, Gounod, Puccini, Johann Strauss, Lehàr, impegnata in ruoli sia drammatici che giocosi. La sua completa formazione musicale l’ha portata al trionfo anche nel repertorio sinfonico, sotto la direzione di grandi quali Abbado, Sinopoli, Ozawa, Davis, Masur, Muti. Per noi si produrrà nei Lieder più romantici, quelli di Schubert e di Schumann, accompagnata dall’eccellente specialista Helmut Deutsch. martedì 14 novembre 2006, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio La Risonanza Fabio Bonizzoni direttore Roberta Invernizzi soprano Händel - Le Cantate per il Cardinal Pamphili (1706-1707) martedì 21 novembre 2006, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Heinz Holliger oboe e direttore - Muriel Cantoreggi violino Maurice Bourgue oboe - Diego Chenna fagotto Edicson Ruiz contrabbasso - Peter Solomon clavicembalo Zelenka, Bach, Holliger PRIVILEGI E VANTAGGI PER I SOCI I Soci della Società del Quartetto per la stagione 2006/07 possono usufruire delle seguenti agevolazioni: Biglietti ridotti per i concerti - Ai Soci vengono riservati alcuni biglietti a prezzo ridotto, con un contingente limitato e variabile secondo la disponibilità residua dopo la vendita degli abbonamenti. Per i concerti più richiesti, i biglietti ridotti saranno destinati in prelazione ai Soci Protettori. Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 - fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected] Canto delle Muse - Ingresso libero per i Soci al ciclo “Il Canto delle Muse”, 7 incontri con il musicologo Emanuele Ferrari, che propongono un percorso complementare alla programmazione attraverso la musica e ciò che essa esprime. Biglietti omaggio per “Giovane Europa in Musica” – Fondazione Pro Musica Giancarlo ed Etta Rusconi - Per il ciclo dedicato ai giovani musicisti emergenti mettiamo a disposizione dei Soci biglietti omaggio che possono essere ritirati in sede da una settimana prima di ogni concerto. Giornale della Musica - I Soci della stagione 2006/07 possono sottoscrivere l’abbonamento annuale (11 numeri) al “Giornale della musica” al costo ridotto di € 15 anziché € 34. Gli interessati devono rivolgersi direttamente all’ufficio abbonamenti del giornale (e-mail: [email protected], tel. 011 5591831) indicando il numero di tessera associativa. Libri del “Quartetto” - I Soci possono richiedere, entro i limiti di disponibilità, i libri pubblicati negli ultimi anni dalla nostra Società. L’elenco completo dei titoli è disponibile sul sito (www.quartettomilano.it) nella sezione “Pubblicazioni”. Piccolo Teatro - Biglietti ridotti per tutti gli spettacoli inviando un e-mail all’indirizzo [email protected] - Riduzioni su tutti gli abbonamenti esibendo la tessera associativa 2006/07 alla biglietteria del Piccolo Teatro. Fondazione Mazzotta - Biglietti ridotti per tutte le mostre in programma. FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano - Sconto del 20% sul biglietto di ingresso a tutte le proprietà del FAI. Cinema Anteo - Il lunedì sera biglietto ridotto a € 4,50 anziché a € 7.