Decanato "Venezia" - Milano
Percorso di formazione per adulti
Il campo è il mondo – Volti di Chiesa e percorsi dell’uomo
Seconda serata: Sala Gregorianum - 25 ottobre 2013
La Comunità degli Atti degli Apostoli:
le potenze e il nocciolo dell’anima cristiana
Relatore: Don Giovanni Nicolini – Parroco a Bologna
Autore degli Atti degli Apostoli è S. Luca, estensore anche del III Vangelo. Molti tratti caratteristici
della Chiesa degli Atti sono quindi già presenti nel Vangelo di Luca. Il caposaldo sui cui poggia la
Chiesa degli Atti è un testo che solo S. Luca riporta: l'Annunciazione, la visita dell'angelo a
Nazareth. È Dio che si abbassa fino a diventare uno di noi.
Due sono i punti sui quali soffermarsi:
- la Chiesa che riconosce che Gesù, il Verbo che si fa carne, è il Messia;
- la Chiesa delle genti, da Gerusalemme fino ai confini della terra.
Per capire meglio il primo punto, ripensiamo a quanto ha detto il nuovo Vescovo di Roma, Papa
Francesco, poco dopo la sua elezione. Ha parlato di una "Chiesa povera e dei poveri": parole che
ritroviamo già in una riflessione che il card. Giacomo Lercaro (allora arcivescovo di Bologna)
presentò ai padri conciliari durante il Concilio Vaticano II.
Quando si parla di "Chiesa dei poveri" si comprende facilmente cosa si voglia dire: una Chiesa che
riconosce nei poveri un particolare oggetto di Amore. Ma cosa vuol dire "Chiesa povera"? Lercaro
diceva che la storia della Salvezza è la storia di un Dio che già al terzo capitolo della Genesi perde
la creatura amata. Noi siamo una creatura strana. Tutte le altre creature sono state fatte "secondo il
loro genere". Noi, al sesto giorno, siamo stati fatti “a immagine e somiglianza di Dio”. Il risultato è
spaventoso. È un po' come mettere un motore di una Ferrari nella carrozzeria di una Cinquecento. È
un motore troppo potente: per questo l'uomo è inquieto. E già al terzo capitolo della Bibbia si
allontana e si perde. S. Agostino commenta: “L’uomo è inquieto, finché non si riposa in Dio”.
Al di fuori del Paradiso terrestre l’uomo è perduto. Dio, che lo ama e lo vuole salvare, deve cercarlo
e scendere verso di lui, perché questa sua creatura senza la sua protezione precipita verso il basso.
La Bibbia è la memoria di questa discesa di Dio.
Analizziamo la parabola della pecorella smarrita. Chi tra noi, se perdesse una pecora tra cento, ne
lascerebbe 99 per cercare quella perduta? Nessuno! Invece Dio lo fa. E tutti noi abbiamo fatto
esperienza di essere perduti, ma cercati da Dio. Noi cerchiamo di fuggire: Lui ci trova e ci riporta a
casa. Il pastore cerca la pecora finché non la trova. L'amore di Dio insegue e non dà tregua. Dio è
disponibile a scendere nell'abisso per trovare la sua pecora. E quando la trova, se la mette in spalla
ed esulta. Nella storia della salvezza, Dio accetta di scendere a livello della nostra povertà.
Nell’Antico Testamento, Dio si manifesta in potenza: il fuoco del roveto ardente. Nel Nuovo
Testamento, il Verbo si fa carne. Ed è corretto dire "si fa carne" e non invece "si fa uomo".
Facendosi carne Dio viene incontro all'uomo nella sua accezione più povera e condivisa. Cristo si fa
povero. Ha mani, ha occhi, ha fame, è tentato, prova l'angoscia. È uno di noi: vero uomo e vero Dio.
Noi cosa possiamo dire di Dio? Per parlare di Dio dobbiamo parlare di Gesù, icona perfetta del
Padre.
In questo senso l'Ebraismo prima e il Cristianesimo poi sono una religione "capovolta". Di solito la
religione è un "libretto di istruzioni" per salire in alto. Invece la Fede Cristiana afferma la volontà
di Dio di scendere verso la nostra povertà. La nostra Fede è la storia della nostra salvezza. Non è
una dottrina ma un'esperienza, la tua.
Per capirlo meglio analizziamo la Parabola del Buon Samaritano. Chi scendeva da Gerusalemme a
Gerico, assalito dai briganti, viene soccorso da uno straniero eretico che supera i limiti delle
convenzioni, si riempie di compassione e posa lo sguardo su un uomo mezzo morto. La nostra
Fede è un'esperienza di salvezza, la percezione di non essere più soli, del fatto che qualcuno ha
compreso la nostra solitudine.
Solo Dio salva. La nostra Fede è Fede nella potenza e volontà di Dio di liberarci e salvarci.
Nell’ebraismo non si parla mai di vittoria né si dice che Israele ha vinto i nemici, ma che il popolo
eletto “è stato salvato da Jahve”. Dio ha udito il gemito e il pianto dell'uomo e gli si sono "mosse
le viscere a compassione", e si è piegato verso l'uomo. Dio interviene, altrimenti noi ci perdiamo.
Quindi la Fede è esperienza di Dio che ci libera e ci salva.
Ne consegue che la povertà non è un attributo "aggiunto" alla Fede. Dio per primo si è chinato
sulla nostra povertà. L'invocazione "Mio Dio vieni a salvarmi" fa risuonare un'esperienza
fondamentale del soccorso di Dio alla nostra povertà. La Chiesa povera, quindi, riflette l'esperienza
della nostra povertà soccorsa. Nella Parabola del Samaritano, il ferito è ciascuno di noi. E Dio si
prende cura di noi e si china su di noi. Questa è la sintesi della nostra storia.
Fondamentale è la commozione di Dio, che si rivela distante dal concetto filosofico di assoluto, un
termine da usare con cautela per Lui. L’assoluto è solo, mentre il nostro Dio rivelato è immerso
nella relazione trinitaria e nella relazione con la sua creatura. Come dice S. Giovanni “Dio è
Amore”.
Sul cammino verso Santiago di Compostela c’è uno strano crocifisso che spiega benissimo questo
atteggiamento divino: la mano sinistra di Gesù lo trattiene inchiodato alla croce, ma la destra è già
staccata e rivolta verso il basso con attenzione compassionevole verso gli altri”.
Avere Fede significa riconoscere che il Vangelo parla di te: è la storia di una povertà visitata da Dio.
Perché Dio è eterna comunione d'amore. Noi siamo stati visitati, nella nostra povertà, dall'Amore di
Dio. Il "Logos" della croce è la potenza della compassione di Dio che scende su di noi e che ci fa
comprendere che non c'è povertà che non sia visitata da Dio.
Un altro punto importante della Chiesa degli Atti è il suo diventare Chiesa delle genti. Il primo
Concilio della storia, quello di Gerusalemme, si pose una domanda fondamentale: Gesù è il Messia
per gli Ebrei o per tutti gli uomini? La risposta fu chiara: Gesù è il Salvatore del mondo, da
testimoniare fino ai confini della terra. Alle parole seguirono rapidamente i fatti. La predicazione
cristiana si estese rapidamente nella diaspora ebraica. Gesù veniva annunciato nelle sinagoghe più
lontane, fino in India. Un annuncio fatto con grande coraggio perché comportava certamente
l’apertura verso strade nuove, ma significava anche l’abbandono di strade consolidate da secoli.
Nella Chiesa delle origini le famiglie vivevano in comunione fraterna, la casa era il tempio di Dio,
la tavola diventava la mensa della Messa. L’armonia tra di loro, l’umiltà che li aiutava a star lontani
dagli idoli, la carità benigna, ne facevano un esempio da imitare per i pagani. E così la buona
novella si diffondeva dovunque. Anche oggi la forza della Parola continua la sua opera.
La nostra Fede "entra" nelle diverse culture senza identificarsi con nessuna di esse. Perché deve
essere portata in ogni "carne", a tutti gli uomini. La prima parte degli Atti che descrive la Chiesa
povera mette i presupposti per la seconda parte: la Chiesa di tutti. È Dio che si umanizza, scende
fino a diventare nostro fratello, fratello di tutti. E dobbiamo stare attenti a non respingerlo, a non
sacralizzarlo relegandolo in un ruolo distante da noi, nascosto da paramenti e fili d’argento.
Dobbiamo avere molto fiducia nel nostro nuovo Papa che ci sta aiutando, in un’epoca di grandi
cambiamenti, ad avere la pazienza delle Fede e la sapienza della Carità che ci aiuteranno a scorgere,
anche in momenti di crisi, un segreto, una perla preziosa.
Prossimo incontro: Venerdì 8 Novembre, alle 20,45 - Sala Gregorianum in Via Settala 27
Titolo: Il “caso” Agostino. Relatore: Don Dario Cornati - teologo.
Per tenersi aggiornati e per poter scaricare i documenti inerenti alle serate connettersi coi siti:
www.parrocchiaredentore.it oppure www.santafrancescaromana.it.