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Scrivo come non avendo letto l’Enciclica. In essa, prima del contenuto c’è
un atto: non dico sbalorditivo o stupefacente (sa di droga), ma sorprendente.
Penso bene della sorpresa, anche se i più non… amano le sorprese, le detestano.
Peccato! Oltre che sorprendente, anche un atto di inaudito coraggio.
Quale atto? Il Papa ha posto – come si dice che il diritto viene posto
donde “positivo” – un tema, come un tema musicale, o scientifico, o politico.
Potrei anche dire che ha posto all’ordine del giorno.
Ora, su questo tema non siamo nati ieri. Tutta la modernità vi ha redatto
un verbale di delusione, ci basti la storia della letteratura, del cinema, della
canzone, senza menzionare i filosofi. Inoltre da quasi tremila anni Omero ci
insegna che siamo degli illusi a dire “fate l’amore non fate la guerra”, perché la
guerra di Troia insegna che prima si fa l’“amore”, poi viene la guerra (una
consecutio corrente). L’ancora più lunga storia ebraica è sobriamente e
sapientemente prudente nel non andarci troppo vicino. Venti secoli di storia del
cristianesimo, con tanta enfasi verbale sull’“amore”, ci lasciano a bocca asciutta,
non sono venuti a capo di questa parola, mammismi teologali a parte. Si deve
anche annotare che su questo che è il tema portante del cristianesimo, mai un
Concilio, o appunto un’Enciclica. Dunque ci troviamo di fronte a un atto
letteralmente inedito, nell’ammirevole modestia della sua brevità.
Ma c’è di più, per un Papa. Egli ha ripetuto il più grave – nel significato
latino di “importante” – atto di Gesù, e in questa ripetizione ne è veramente il
Vicario ossia il “vice”. Che ha fatto Gesù? Certo ha puntato tutto sull’amore (non
parlo di pascaliane scommesse), ma non si annota in che senso. Il primo atto di
Gesù è stato quello di annettere significato alla parola “amore”, un significato
rimasto oscuro in tutta la storia umana, e relegato nel fallimento, non solo
l’amore ma il significato della parola. Fallimento del pensiero. “Troppo comodo!”
rifarci a un Dio che per definizione riuscirebbe là dove gli uomini falliscono. Qui
si tratta di riuscita sì, ma di riuscita anzitutto del concetto, senza di che non
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L' idea di giornalismo freudiano è della prima ora: si tratta sempre e comunque di vita giornaliera.
Papa, amore, sesso, logica, pensiero, politica
IL VICARIO
Amore e lavoro
sapremmo che cosa diciamo quando pronunciamo questa parola, che non
differirebbe da “abracadabra”.
Tutte le vecchie storie di “fede” mi sembrano poco serie finché non si
bada al significato di questa parola. Sponsorizzandola Gesù si è giocato non solo
la pelle ma anche la reputazione: infatti non sarebbe credibile neanche se
avessimo la videocassetta autenticata di tutto ciò che i Vangeli raccontano, se
fosse uno che parla senza sapere ciò che dice quando dice “amore”. Un Dio, o
Messia, o Profeta, imbonitore di folle o santone non ci interessa, se non ha sapere
sulla prima parola che intriga l’umanità. E sarebbe un insulto alla sua intelligenza
nonché alla nostra attribuirgli di dedurre il suo sapere dal presupposto
dell’onniscienza divina. O sa o non sa. Nel secondo caso assumerebbe sostanza
l’espressione popolare “povero Cristo”.
Su questa sorta di perla preziosa di cui conosciamo malamente l’esistenza
e la composizione, questa enciclica mette al lavoro perlomeno quanto al sapere su
di essa, e un sapere in cui ne va della vita di tutti proprio come nel sapere su
come sbarcare il lunario, materiale psichico eccetera. Un sapere cui non dà
risposta il solo rifarsi a un oscuro unilaterale know how divino elargibile ma non
pensabile. Non diversamente dall’asserzione che Dio salva, ma restando noi
all’oscuro sul concetto di salus. Il che peraltro riduce anche Dio a mal partito,
perché lo relega nell’angoscioso isolamento di Uno, foss’anche trino, che sta lì a
sapere per tutti. Dovremmo almeno rispettarlo quanto basta da non rendere lui
responsabile dell’estensione ad adulti della metafora del bambino felice tra le
braccia della madre.
Che farcene di un “Dio” che ossessivamente, ossia senza significato, amaama-ama-ama-ama-ama-ama-ama-ama, …? Cose da sbattezzarsi.
L’Enciclica non solo mette al lavoro gli uomini (non specialmente i
cristiani): bensì rilancia. E’ quello che ho sempre considerato il lavoro di Dio.
Anni fa scrivevo che è sì vero che Dio non gioca a dadi (Einstein), ma è perché
gioca a poker ossia rilancia. Occorre un nuovo lavoro, che neppure Marx
concepiva.
Freud non ha fatto alcuna concessione alla più antica delle Sirene in forma
di Teoria: che l’innamoramento sarebbe amore. E Lacan ha definito
l’innamoramento come odio a scoppio ritardato, come l’anello del Signore degli
anelli: l’en-amoration, scriveva, è haĭne-amoration, dove haĭne significa odio.
Nell’innamoramento siamo tutti dei Gollum. Che ama la parola “amore”. E che,
da innamorato, separa l’amore dal lavoro e il pensiero dall’amore (si dice “perdere
la testa”).
Nell’Istituto che presiedo, due anni fa ho proposto il tema dell’amore
come quello ultimativo per tutti, anche in ordine al saper essere logici (La logica e
l’amore), cosa in cui siamo viziati e viziosi. Vizio comune insieme all’ignoranza
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sull’amore, che è l’analfabetismo peggiore. Fallimento dell’amore e del pensiero
coincidono.
L’amore è la prima questione politica, e ormai l’unica. Cesare è lì a
confrontarsi con essa, in diritto e economia.
Milano, 25 gennaio 2006
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