CAVOLO D’ADIGE
Brassica oleracea var. botrytis Linneo
Famiglia: Crociferae
Brassica oleracea selvatica è biennale (ciò significa che
per completare il ciclo e passare dalla fase vegetativa
a quella riproduttiva necessita di due anni), alta 50-80
centimetri con radice a fittone. Le foglie minimamente
picciolate sono lobate, glauche e presentano delle
evidenti nervature. I fiori sono gialli, hanno classica
disposizione delle parti fiorali a croce e sono raccolti in
infiorescenze a racemo. I frutti che da essi si
sviluppano sono silique cilindriche. Ama ambienti
rupestri prossimi al mare. Dal punto di vista alimentare
è privo di qualsiasi importanza tuttavia da essa sono
derivate numerose forme coltivate. Fra queste
ricordiamo:
o cavolfiore (Brassica oleracea var. botrytis);
o cavolo broccolo (Brassica oleracea var. italica);
o cavolo cappuccio (Brassica oleracea var. capitata);
o cavolo verza (Brassica oleracea var. sabauda);
o cavolo di Bruxelles (Brassica oleracea a var.
gommifera);
o cavolo nero (Brassica oleracea var. acephala);
o cavolo rapa (Brassica oleracea var. gongyloides).
commestibile (fino all’emissione dei getti fiorali), ricca
di principi attivi e tenera per l'assenza di tessuti
sclerenchimatici e di vasi legnosi. In realtà
l’infiorescenza vera e propria è data dal racemo
evidente in seguito all’allungamento dei peduncoli
carnosi del corimbo.
Il colore dell’infiorescenza varia a seconda della
varietà: quelli più coltivati in Italia sono di tonalità
bianco-crema; bianco-candido è invece il tono del tipo
autunnale “Palla di neve”; violetto è il “Violetto di
Sicilia” etc.
Anche il Cavolfiore è una specie biennale e necessita di
un periodo di freddo per produrre i fiori. Attualmente si
possono
trovare
sul
mercato
anche
cultivar
“precocissime” che anticipano notevolmente il periodo
di raccolta.
Generalmente nel corso del primo anno avviene la
semina (fine primavera) e nel corso dell’estate
vengono trapiantate quelle pianticelle che abbiano
raggiunto i 30 cm di altezza. Durante il secondo anno
si possono raccogliere le “teste” nel periodo che va da
Settembre e fino a Maggio del 3° anno di coltivazione.
Ecologia
Descrizione
Il Cavolfiore è una varietà di cavolo a fusto eretto,
corto (15-40 cm) di colore verde chiaro. Le grandi
foglie verdi azzurre sono oblunghe con una grossa
nervatura mediana, avvolte intorno ad una massiccia
infiorescenza a corimbo (“testa” composta da piccoli
fiori), tondeggiante e normalmente abbastanza
compatta.
Contrariamente
alle
foglie
essa
è
Originario dell'Europa, il cavolfiore oggi è coltivato e
diffuso in tutto il mondo. Preferisce climi miti anche se
sopporta temperature non eccessivamente al di sotto
dello zero purché si trovi ancora in fase vegetativa. Se
invece sono presenti i corimbi non più protetti dalle
foglie, possono bastare anche temperature pari a 0 °C
per causare danni importanti.
Ama terreni di medio impasto, profondi, arricchiti di
sostanze organiche e ben irrigati.
La specie viene considerata una intercalare e quindi
può seguire coltivazioni di grano oppure ortaggi quali
fava, pisello, carota, lattuga e patata.
Aspetti interessanti
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È ricco di vitamine A, B1, B2, C, K e vitamina U:
una delle ultime vitamine con funzione contro
l'ulcera gastrica, duodenale e intestinale; contiene
sali minerali (ferro e potassio in quantità degne di
A cura di Patrizia Pedron
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nota, fosforo e rame) e aminoacidi. Per questo è
consigliato a chi soffre di anemia.
È un ricostituente cerebrale:1 kg di cavolo apporta
2,5 g di fosforo. Inoltre grazie al suo contenuto di
vitamina B1 è in grado di ricondurre all’equilibrio
nervoso.
Stimola il funzionamento della tiroide .
E' molto utile contro bronchiti e sinusiti e i dolori
reumatici determinati dall’influenza.
Sciacqui con il succo di cavolo (Brassica sp.)
curano l'afonia mentre con il succo di cavolo rosso
si cura la sordità.
Risolutivo per coliti, diarree e dissenterie, dolori
gastrici ed intestinali.
Serve nel riassorbimento di contusioni e per
alleviare i dolori muscolari.
Stimola il funzionamento della tiroide e rafforza le
difese immunitarie.
Favorisce la cicatrizzazione.
L'acqua di cottura, ricca di zolfo, è ottima per la
cura eczemi e le infiammazioni in genere.
Ha
azione
antiossidante,
antinfiammatoria,
epatoprotettrice,
detossificante,
antiradicalica,
immunostimolante. Viene infatti utilizzato in caso
di
stress
ossidativo
generalizzato,
stati
infiammatori generalizzati, affaticamento epatico,
intossicazioni.
L’estratto di germoglio serve come epatoprotettivo
da tossine ma anche in caso di assunzione
continua di farmaci che possono affaticare il
fegato: facilita l’eliminazione di veleni che causano
o mantengono una malattia.
È indicato come ottimo scudo nei confronti
dell’inquinamento e nella prevenzione di malattie
degenerative.
Recentemente è stata scoperta la sua azione
benefica nel caso di patologie oculari: studi
approfonditi sono ancora in corso.
Non si conoscono intolleranze o allergie legate al
consumo di questa specie, né effetti collaterali
significativi alla sua assunzione.
Ha un basso contenuto calorico e per questo è
consigliato nelle diete dimagranti e depurative.
La quantità di potassio presente fa si che esso sia
ideale per gli sportivi: questo elemento infatti
entra in gioco in numerose funzioni organiche,
quali la trasmissione degli impulsi nervosi alle fibre
muscolari, la funzionalità di numerosi enzimi
digestivi e il bilancio idrico cellulare.
In cucina si consuma come contorno, lessato e
condito con olio e aceto (o limone), conservato
sottaceto, gratinato con la besciamella, fritto con la
pastella, ecc..
Anche i grandi popoli di navigatori sapevano che per
evitare lo scorbuto nei lunghi periodi in mare,
dovevano nutrirsi di cavolo, possibilmente in
associazione alla cipolla: ciò serviva a compensare le
diete necessariamente povere dei viaggi.
Nella tradizione popolare il cavolo si festeggia il 22
maggio, festa di San Viviano, uomo mite che si nutrì di
questa specie per lunghi inverni senza morire di fame.
Il consumo di cavolo nel corso dei secoli, non venne
mai meno proprio perché esso trovava sempre una
utilizzazione:
dalle
applicazioni
mediche
fino
all’alimentazione. E nonostante sia conosciuta,
coltivata e apprezzata da secoli, questa umile pianta
reclama che la sua raccolta venga fatta esclusivamente
a mano.
Cavolo d’Adige
È vasto il territorio
interessato a questa
produzione, dato che
comprende
più
province.
In
particolare
per
la
provincia di Verona:
Legnago,
Salizzole,
Nogara, Concamarise,
Sanguinetto,
Cerea,
Casaleone,
Minerbe,
Roveredo di Guà, Cologna Veneta, Veronella, Arcole,
Zimella, Isola della Scala, Bovolone, Bevilacqua, S.
Pietro di Morubio, Roverchiara, Gazzo Veronese,
Sorgà, Erbè, Oppeano, Isola Rizza, Albaredo d' Adige,
Pressana, Villa Bartolomea, Castagnaro, Terrazzo,
Boschi S. Anna, Angiari ,Bonavigo; per la provincia di
Rovigo: Badia Polesine, Lendinara, Lusia; per la
provincia di Padova: Montagnana, Urbana, Merlara,
Casale di Scodosia, Castelbaldo, Masi, Piacenza
d'Adige, S.Margherita, Saletto, S.Urbano,Carceri,
Barbona,Vescovana, Boara Pisani e Ponso.
In questo comprensorio dove si è costituito anche un
Consorzio di tutela, la coltivazione del Cavolo d’Adige
ha
trovato
un’organizzazione
produttiva
particolarmente significativa intorno al 1970.
L'impianto della coltura del "Cavolo dell’ Adige" si
effettua ricorrendo al trapianto di piantine allevate in
semenzaio inserito in rotazioni colturali almeno
biennali.
La raccolta viene effettuata quando le infiorescenze
sono compatte.
Il condizionamento e il confezionamento in imballaggi
di legno o plastica del “Cavolo dell’Adige” vengono
generalmente eseguiti manualmente.
Curiosità
Questa specie è conosciuta da sempre e per i Greci era
considerato sacro. Dioscoride, Teofrasto e Galeno
ritenevano a ragione, questa crucifera una vera e
propria panacea, sia per il valore nutritivo che per le
virtù terapeutiche messe fin qui in luce.
I Romani lo utilizzavano per curare praticamente tutte
le malattie e giustamente lo consumavano crudo per
evitare che la maggior parte dei principi attivi venisse
persa. Inoltre il consumo prima del pasto consentiva di
assorbire meglio l’alcool. In battaglia pestavano le
foglie e le ponevano sulle ferite per facilitarne la
cicatrizzazione: a detta di Plinio il Vecchio il consumo
di questa pianta aveva consentito ai romani di fare a
meno dei medici per sei secoli!
Per approfondimenti:
http://www2.regione.veneto.it
www.regione.veneto.it
www.comune.casagnaro.vr.it
Foto: P. Pedron
A cura di Patrizia Pedron