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04 Novembre 2014
Verza, il nobile cavolo che risolve problemi
Di grande aiuto all’umanità e sempre venerata per le sue proprietà fin dai tempi dei romani
di grande aiuto all’umanità, riconosciuta e onorata da sempre
Di grande aiuto all’umanità e sempre venerata per le sue proprietà fin dai tempi dei
romani
Il nome botanico della verza è Brassica oleracea ovvero cavolo. Per essere più precisi parliamo di
cavolo verza. Come per ogni nobile stirpe parlare di lei significa parlare della sua casata, quella del
cavolo dunque. Una stirpe che è stata di grande aiuto all’umanità, riconosciuta e onorata da
sempre.
Sfogliando l’album di famiglia la vediamo in varie situazioni chiave, sempre di grande impatto.
Eccola che intrattiene un gruppo di patrizi romani, che per prepararsi alle ampie libagioni di un
banchetto, s’ingozzano delle sue foglie ritenute un antidoto contro gli effetti dell’alcol.
Eccola alla corte di Cosimo III, quando viene offerto al Signore un dipinto in cui il primo cugino
Cavolfiore campeggia come simbolo di abbondanza e buon augurio.
Ed ora è la volta d’irsuti marinai, gente rozza e pronta a tutto, che sulle navi del capitano Cook
coltivano religiosamente le sue piante e si contendono le foglie. Per la cronaca Capitan Cook, grazie
alla dieta a base di verza, non ebbe mai un caso di scorbuto a bordo e in tre anni di navigazione
non perse nessuno dei suoi 118 uomini.
Un altro ritratto riguarda i marinai delle baleniere, quelli, per intenderci, cui si è ispirato Kipling per
“Capitani Coraggiosi”, che poterono affrontare mesi in mare aperto grazie alle vitamine e ai sali
minerali della nostra amica. Eccola in un ospedale del XVI secolo protagonista di decotti per
curare stipi e catarro, mentre con le foglie appena sbollentate si trattavano ferite e
infiammazioni.
È poi la volta di un grande ritratto con la cornice a forma di cuore raffigurante un campo di cavoli e
sotto ogni pianta un bambino appena nato. Donne si affaccendano attorno alle piante. Si chiamano
levatrici e levano il “cordone ombelicale” che lega cavolo e bambino alla terra. Per chi non lo
sapesse per fare un cavolo e un bambino ci vogliono nove mesi.
La nostra oleracea è anche una grande stratega, come dimostra la scena che vede fiume, barca,
barcaiolo, lupo, capra, cavolo. Si sa che il barcaiolo per trasportare il suo carico sull’altra sponda
può avere solo un passeggero. La difficoltà è mantenere in vita tutti e tre i passeggeri. E il cavolo è il
jolly. Per chi non lo ricorda il barcaiolo porta la capra e lascia lupo e cavolo, poi porta il cavolo e si
riporta via la capra. Successivamente porta il lupo e per ultima la capra.
L’invidia non lascia comunque tregua e di fronte a tanta generosa nobiltà c’è anche chi potrebbe
dire: “Ma chi cavolo sei?”.
A cura di Egeria Di Nallo - Homefood - Le Cesarine www.homefood.it [1]
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