Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Federica Sona (ricercatore presso il Laboratorio dei Diritti Fondamentali [LDF], Istituto Universitario di Studi Europei [IUSE]) Griglie di lettura e analisi dell’islām europeo. Diritto interculturale e relazioni sciaraitiche1 SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Tassonomie di appartenenza alla Ummah - 3. Modelli di innesto dell’islām in Europa - 4. Atteggiamenti culturalizzati, assimilati, cosmopoliti e in protesta - 5. Approcci geopoliticizzati e transnazionali - 6. Orientamenti esternalizzati, dualizzati e islamizzati - 7. Considerazioni conclusive. 1 - Introduzione Sin dall’alba del XXI secolo, l’islām è tornato a essere un argomento cardine nella narrativa nazionale e internazionale, tema sempre più ampiamente discusso e (talvolta ambiguamente) trattato anche dai mezzi di comunicazione di massa. Al di là del dibattito mediatico, la visibilità pubblica dell’Euro-Islām aumenta in parallelo a richieste e necessità pressanti. Fiumi d’inchiostro sono quindi stati versati nel tentativo di descrivere il rapporto tra cittadini musulmani e istituzioni europee. In particolare, ai circoli accademici sono stati demandati i difficili compiti di codificazione delle nuove modalità di relazione e, al tempo stesso, di elaborazione di strumenti idonei a un efficace e proficuo dialogo interculturale. Nel contemporaneo fluido scenario multiculturale, e alla luce dei recenti tragici eventi, si rende più che mai necessario adottare una prospettiva pluralista e acquisire dati empirici al fine di poter investigare le 1 Lo scritto, sottoposto a valutazione, rappresenta la versione ampliata e rivista di un intervento dal titolo ‘Riflessioni contemporanee su Europa ed islām’ svolto il 1° dicembre 2015 all’Università degli Studi di Torino, quale parte del ciclo di incontri “Le relazioni familiari nel diritto interculturale. Diritto interculturale tra ordinamenti statali e religioni. Tecniche di adattamento dei diritti religiosi”; è destinato alla pubblicazione negli atti del ciclo di incontri “Le relazioni familiari nel diritto interculturale. Diritto interculturale tra ordinamenti statali e religioni”, nel volume Relazioni familiari nel diritto interculturale, a cura di I. Zuanazzi, Libellula University Press, Tricase, 2017. Alla data dell’intervento l’A. era Ricercatore Incoming presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino e anche Teaching Fellow presso la School of Law, School of Oriental and African Studies (SOAS), University of London. Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 molteplici tipologie di accomodamento, adeguamento e adattamento reciproco tra culture giuridiche e sistemi normativi differenti e concorrenti. Le relazioni familiari sono quindi in questa sede analizzate volgendo lo sguardo sia alla sharīʿah autoctona, sia ai diritti nazionali europei e dei paesi a maggioranza musulmana. Nella prima parte dello scritto, sottolineando le peculiarità dell’islām europeo, vengono messe in luce le policrome tassonomie di appartenenza alla Ummah al-islāmiyyah, ossia alla comunità islamica tutta. Le sfaccettature dell’espressione contemporanea dell’identità religiosa individuale trovano poi espressione in compositi e concorrenti modelli di reciproca interazione tra diritto positivo e sharīʿah. La seconda parte del saggio intende quindi proporre l’analisi logica delle tecniche di (non) adattamento del diritto islamico e musulmano agli ordinamenti nazionali europei, ponendo particolare attenzione alle diverse declinazioni dello “stile di vita” conforme alla sharīʿah adottato dalle famiglie musulmane europee, nonché delle implicazioni giuridiche di tali scelte. Utilizzando come griglia di lettura e decodifica del modus vivendi et operandi del musulmano europeo i modelli di innesto dell’islām in Europa proposti da autorevole dottrina, ed esaminando dati raccolti nel corso di indagini empiriche condotte dall’autore dello scritto2, lo studio intende svelare nuovi prototipi di coesistenza statuale e sociale, costantemente elaborati e reinventati al crocevia tra stati, religioni e tradizioni. I dati empirici analizzati nel saggio sono stati in parte raccolti nel corso dei seguenti progetti di ricerca: Ph.D., Dottorato di ricerca internazionale in ‘Diritto e Società’, Dipartimento di Filosofia e Sociologia del Diritto, Università degli Studi di Milano (Italia), in collaborazione con i seguenti: University of Antwerp (Belgio), Università degli Studi di Bologna (Italia), Università degli Studi di Urbino Carlo Bo (Italia), Università degli Studi dell’Insubria (Italia), Università degli Studi Milano-Bicocca (Italia), Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale (Italia), Carlos III University of Madrid (Spagna), University of the Basque Country (Spagna), International Institute for the Sociology of Law of Oñati (Spagna), e University of Lund (Svezia); Supervisori: Prof. Letizia Mancini e Prof. Vincenzo Ferrari; Esaminatori: Academic Board of the International Philosophy Doctorate Programme in Law and Society ‘Renato Treves’, Prof. Franco Prina (Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Torino, Italia), Prof. Michelina Masia (Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Cagliari, Italia) e Prof. Bernard Hubeau (Law Faculty, University of Antwerp, Belgio); e Ph.D., Dottorato di ricerca in ‘Giurisprudenza’, School of Law, School of Oriental and African Studies (SOAS), University of London (Regno Unito); Supervisori: Prof. Werner F. Menski, Prof. Fareda Banda e Prof. Lynn Welchman; Esaminatori: Prof. Maleiha Malik (King’s College, University of London, London, Regno Unito) e Prof. Marie-Claire Foblets (Max Planck Institute for Social Anthropology, Halle, Germania). 2 2 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 2 - Tassonomie di appartenenza alla Ummah Una delle caratteristiche principali dell’islām europeo è stata individuata in quello che potremmo definire una sorta di “approccio multilivello alla religiosità individuale”3. Adottando una prospettiva storica, la religiosità di un individuo - spiega Cesari nell’Oxford Handbook of European Islam - è sistematicamente associata a tre elementi: il ‘credere’, il ‘comportamento’ e l’‘appartenenza’. Nelle forme moderne di religiosità e, in misura sempre maggiore nella realtà contemporanea, tuttavia, le tre dimensioni concernenti credenze, pratiche religiose e identità collettiva tendono a essere “disconnesse” su base individuale e, pertanto, a essere adottate in modo frammentario da ogni membro di una comunità religiosa. In aggiunta ai tre elementi summenzionati, nel caso specifico dei musulmani europei, è necessario aggiungere un ulteriore indicatore di religiosità, ossia l’‘essere’4. Dottrina illustra infatti che "per i musulmani, il comportamento è più impegnativo rispetto all’appartenenza o al credere. In altre parole, l’appartenenza è spesso fortemente affermata anche in caso di credo debole oppure mancante. Una linea emerge tra l’essere un 'musulmano praticante' ed essere 'solo musulmano'. Questa differenza indica che 'essere musulmano' è una identità senza chiara relazione con un insieme di pratiche o persino credenze"5. La monografia Why the West Fears Islam: An Exploration of Muslims in Liberal Democracies chiarisce inoltre che l’'essere musulmano' - ossia being Muslim è frequentemente percepito e preponderantemente descritto come "uno stile di vita". Invero, l’analisi di dati raccolti nel corso di indagini empiriche delucida che "molti tra coloro i quali dichiararono di essere "non credenti" ciononostante si identificavano come musulmani"; e questo accadeva La seconda e la terza caratteristiche dell’islām europeo sarebbero rappresentate dall’influenza sia dei movimenti transnazionali sulla ‘ridefinizione dell’ortodossia islamica’ in Europa, sia dei social media sulla prassi e sulla credenza (lett. doxa), nell’analisi di J. CESARI, Introduction, in Oxford Handbook of European Islam, a cura di J. Cesari, Oxford University Press, Oxford, 2014, p. 10. 4 In lingua inglese, in effetti, utilizzo l’espressione ‘le quattro lettere B’ riferendomi rispettivamente a believing, behaving, belonging and being. 5 Traduzione dell’Autore. Si veda J. CESARI, Introduction, cit., p. 11. Per un’analisi più approfondita dell’interazione tra il credere e l’appartenenza a una confessione o gruppo religioso si veda, tra gli altri, G. DAVIE, Believing without Belonging: Is This the Future of Religion in Britain?, in Social Compass, vol. 37, Issue 4, December, 1990, pp. 455-469; G. DAVIE, Religion in Britain Since 1945: Believing Without Belonging. Oxford: Blackwell, Oxford, 1994. 3 3 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 "indipendentemente dal credo o dalla pratica [religiosa]", si palesò infatti "un senso di appartenenza e di essere musulmano"6. Cesari identifica quindi molti modi di “essere musulmano” e di manifestare la propria appartenenza alla Ummah al-islāmiyyah: tra i due estremi contrapposti dei ‘sociologicalmente musulmani’ e dei ‘musulmani strettamente osservanti’, viene individuato un variegato spettro di possibilità quali, ad esempio, i fedeli ‘minimamente credenti’, i ‘minimamente praticanti’, i ‘devoti’, i ‘culturalmente sentimentalisti’ e i ‘musulmani sulla difensiva’7. Policrome tassonomie di appartenenza alla Ummah vengono quindi poste in essere nel quotidiano dal musulmano europeo e questo fenomeno non è frutto esclusivo di recenti metamorfosi: le multiple sfaccettature dell’espressione dell’identità religiosa individuale vennero in realtà evidenziate dalla dottrina sin dall’inizio del XXI secolo8. In particolare, emersero tre categorie principali, che definirei come segue: (a) l’islām ‘attivo-associativo-visibile’, (b) l’islām ‘silenzioso-agnostico-culturale’, e (c) l’islām ‘implicito-spiritualizzato-reinterpretato’. Queste diverse declinazioni di “essere musulmano europeo” pongono in essere un ampio ventaglio di possibili modus vivendi et operandi, le cui (potenziali) ricadute sul piano giuridico sono molteplici. Si veda J. CESARI. Why the West Fears Islam: An Exploration of Muslims in Liberal Democracies, Palgrave MacMillan, New York, 2013, pp. 39-40. 7 Per ulteriori dettagli, si veda J. CESARI, Introduction, cit., pp. 10-11. 8 Per un commento, si veda tra gli altri T.H. AL-AZAMI, Religion, identity, and state in modern Islam in Muslim World, vol. 84, Issue 3/4, Jul/Oct, 1994, pp. 334-342; A. Al-Azmeh, E. Fokas (a cura di), Islam in Europe: Diversity, identity and influence, Cambridge University Press, Cambridge, 2007; R.D. GRILLO, Backlash against diversity? Identity and cultural politics in European cities, in COMPAS Working Paper No. 14, 2005, (www.compas.ox.ac.uk/pu blications/ working_papers.shtml) 6 giugno 2006; R.D. GRILLO, British and others: From 'race' to 'faith', in The multiculturalism backlash. European discourses, policies and practices, a cura di S. Vertovec, S. Wessendorf, Routledge, London, 2010, pp. 50-71; S. ISMAIL, Being Muslim: Islam, Islamism and identity politics, in Government & Opposition, Politics of Identity, vol. 39, Issue IV, Fall, 2004, pp. 614-631; W. JACOBY, H. YAVUZ, Modernization, identity and integration: An introduction to the Special Issue on Islam in Europe, in Journal of Muslim Minority Affairs, vol. XXVIII, Issue 1, April, 2008b, pp. 1-6; J. REX, T. MODOOD, Muslim identity, real or imagined? A discussion, in CSIC Papers Europe, No. 12, Centre for the Study of Islam and Christian-Muslim Relations, Selly Oak Colleges, Birmingham, 1994; O. ROY, Globalised Islam. The search for a new Ummah, Hurst & Company, London, 2004; O. ROY, Muslims in Europe: From ethnic identity to religious recasting, in ISIM Newsletter, Issue 5, 2000, p. 1 ss; O. ROY, Naissance d'un Islam Europeéen, in Esprit No. 239, 1998, pp. 10-35; F. SABAHI, Islam: l'identità inquieta dell'Europa. Viaggio tra i musulmani d'occidente, Il Saggiatore, Milano, 2006; S. ZEMI, Islam, European identity and the limits of multiculturalism, in Religious freedom and the neutrality of the state: The position of Islam in the European Union, a cura di W.A.R. Shadid, P.S. Van Koningveld, Peeters, Leuven, 2002, pp. 158-173. 6 4 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Nel primo gruppo dei membri appartenenti alla Ummah europea, ad esempio, troviamo la parte più riconoscibile dell’islām, la quale assume un atteggiamento piuttosto esplicito in materia di fede, manifestando pertanto una forma di appartenenza ‘attiva-associativa-visibile’. Detto approccio rende percepibile la sharīʿah nello scenario istituzionale e simbolico occidentale soprattutto attraverso l’operato dei musulmani che, affermando il loro credo, cercano di costituire strutture associative, di erigere luoghi di culto e di provvedere all’insegnamento dell’islām9. Un approccio molto differente si rinviene all’interno del gruppo che potremmo definire ‘silenzioso-agnostico-culturale’. Trattasi di coloro i quali non manifestano la loro appartenenza religiosa esplicitamente, ossia musulmani che osservano una sorta di silenzio in materia di fede10. In questo caso, tre sembrano essere i possibili modelli comportamentali assunti dal musulmano: dichiarato agnosticismo, rigida separazione tra fede e vita quotidiana, oppure islām considerato quale patrimonio soprattutto culturale11. Esiste invero una terza via, quella dell’islām ‘implicito-spiritualizzato-reinterpretato’. In quest’ultima categoria possiamo osservare sia una forma di “spiritualizzazione” del dettato sciaraitico, sia un grande sforzo di reinterpretazione in merito a cosa implichi essere musulmano nella società contemporanea. Esistono quindi svariati modi di pensare e di essere musulmano europeo, rispecchiantisi in altrettanti modelli di relazione con gli ordinamenti statuali. Tutto questo peraltro avviene in un fluido scenario multiculturale, in cui il modus vivendi et operandi di ciascun individuo non può essere rigidamente incasellato in una sola immutabile categoria di appartenenza. Innumerevoli accomodamenti e adattamenti possono pertanto essere attuati al crocevia di stati, religioni e tradizioni, ossia tra diritto statuale, diritto islamico e diritto musulmano (incluso quello del paese d’origine, in caso di migranti musulmani). Le sezioni seguenti 9 Ad esempio, come elencate da Y.Y. HADDAD, J. SMITH, Muslims minorities in the West. Visible and invisible, Altamira Press, New York and Oxford, 2002, pp. V-XVIII, in particolare p. X. 10 Queste ulteriori tipologie di appartenenza alle comunità musulmane vennero identificate da F. DASSETTO, Muslims in Western Europe. Sociohistorical developments and trends, in: Muslim societes. Historical and comparative aspects, a cura di T. Sato, Routledge Curzon, London and New York, 2004, pp. 137-155, in particolare pp. 143-144. 11 In quest’ultimo caso, soprattutto i giovani musulmani tendono a palesare una cosiddetta “hyphenated-identity”, riconoscendosi, ad esempio, in arabi-musulmani. Sull’argomento si veda, ad esempio, T. RAMADAN, L’islam in Occidente. La costruzione di una nuova identità musumana. (Titolo originale: Les musulmans d’occident et l’avenir de l’Islam, traduzione di L. Dapelli, C. Latini, S. Peroni), Rizzoli, Milano, 2006. 5 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 mettono in relazione le composite espressioni dell’identità religiosa con i modelli di innesto delle comunità musulmane in Europa per fare luce su nuovi prototipi di coesistenza statuale e sociale. 3 - Modelli di innesto dell’islām in Europa La dottrina nazionale ed internazionale ha ripetutamente tentato di descrivere il rapporto tra cittadini musulmani e istituzioni europee. Tra le disparate elaborazioni di metodologie secondo le quali l’islām viene trapiantato e s’innesta nel mondo occidentale, l’analisi proposta da Dassetto e Nielsen12 pare essere tra le più complete ed esaustive, è pertanto qui ripresa e messa in relazione alle relazioni familiari sciaraitiche nel diritto interculturale europeo13. Le categorie individuate da questi autori verranno in questa sede impiegate come una griglia di decodifica e lettura dell’interazione tra comunità musulmane e istituzioni europee. Secondo quanto chiarito dalla dottrina summenzionata, l’islām si innesta in Europa seguendo quattro modelli principali - intra-europei, extra-europei, intermedi, d’assorbimento - ciascuno comprendente diversi sotto-modelli; si tratta di tipologie di trapianto giuridico e/o religioso non necessariamente mutuamente esclusive, che possono e potranno coesistere14. La declinazione reale di detti modelli di coesistenza statuale e F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, in: Muslims in the enlarged Europe: Religion and society, a cura di B. Maréchal, S. Allievi, F. Dassetto, J.S. Nielsen, Brill, Leiden, 2003, pp. 531-542, pp. 539-542. Le successive sezioni dello scritto faranno riferimento alla categorizzazione proposta da detto contributo. 13 Si tratta, in ogni caso, di semplificazioni fluide e discusse; uno dei due autori citati propone, in un articolo pubblicato l’anno successivo, una schematizzazione leggermente differente. Si veda F. DASSETTO, Muslims in Western Europe, cit., pp. 137-155. 14 L’analisi dettagliata delle tecniche di trapianto giuridico esula dal presente scritto; per uno studio del fenomeno si vedano, tra gli altri, A. WATSON, Legal Transplants: An approach to comparative law, Scottish Academic Press, London and Edinburgh, 1974; A. WATSON, Society and Legal Change. Second Edition. Temple University Press, Philadelphia, 2001; A. WATSON, Sources of Law, Legal Change and Ambiguity. European Edition, T. & T. Clark, Edinburgh, 1985; e la critica di P. LEGRAND, The Impossibility of “Legal Transplants”, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, vol. 4, Issue 2, 1997, pp. 111-124; P. LEGRAND, What Legal Transplants? in Adapting Legal Cultures, a cura di D. Nelken, J. Feest, Hart Publishing, Oxford, Portland, Oregon, 2001, pp. 56-57. Per un esame più approfondito, vedasi anche D. BRADLEY, Convergence in Family Law: Mirrors, Transplants and Political Economy, in Oxford University Comparative Law Forum, vol. 2, 2001; J. FEDTKE, Legal transplants, in Elgar Encyclopedia of Comparative Law, a cura di J.M. Smits, Cheltenham, 2006, pp. 434-437; U. MATTEI, Efficiency in Legal Transplants: An Essay in 12 6 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 sociale sono esplorate nelle sezioni successive dello scritto, mettendo in luce molteplici e potenzialmente concorrenti tecniche di adattamento, accomodamento e adeguamento della sharīʿah in Europa. L’analisi proposta esamina pertanto i possibili modelli di reciproca interazione tra musulmani europei e istituzioni nel contemporaneo scenario multiculturale, prestando particolare attenzione alle relazioni familiari nel diritto interculturale. 4 - Atteggiamenti culturalizzati, assimilati, cosmopoliti e in protesta Nei modelli intra-europei (I), l’azione religiosa del musulmano è orientata principalmente alla propria esistenza in Europa e nella società europea. In questi casi, possiamo osservare quattro differenti sotto-modelli: (I A) la deislamizzazione/culturalizzazione, (I B) l’assimilazione a modelli religiosi occidentali, (I C) l’integrazione cosmopolita-autonoma, e (I D) l’impianto di protesta15. Il primo sotto-modello, ossia la de-islamizzazione oppure culturalizzazione (I A), è riscontrabile quando i musulmani abbandonano progressivamente il riferimento all’islām come religione, conservandolo principalmente come elemento di cultura e civiltà. In altre parole, i musulmani europei adottano un atteggiamento che, secondo la terminologia adottata nella sezione precedente, verrebbe definito ‘essere sociologicalmente musulmano’16. Prestando specifica attenzione alle relazioni familiari nel diritto interculturale, si potrà ad esempio pensare al caso di una donna musulmana di origine straniera che voglia contrarre un matrimonio con un uomo non Comparative Law and Economics, in International Review of Law and Economics, vol. 4, Issue 1, 1994, pp. 3-19; E. ÖRÜCÜ, Critical Comparative Law: Considering Paradoxes for Legal Systems in Transition, in Nederlandse Vereniging Voor Rechtsvergelijking, vol. 1, Issue 82, 1999, p. 59 ss., and also in Electronic Journal of Compartive Law (http://www.ejcl.org/41/abs41-1.html, 21 agosto 2016), vol. 4, issue I, 2000; W. TWINING, Diffusion and Globalization Discourse, in Harvard International Law Journal, vol. 47, Issue 2, Summer, 2006, pp. 507-515; W. TWINING, Diffusion of Law: A Global Perspective, in Journal of Legal Pluralism and Unofficial Law, vol. 49, 2004, pp. 1-45; W. TWINING, Social Science and Diffusion of Law, in Journal of Law and Society, vol. 32, Issue 2, June, 2005, pp. 203–240; D.A. WESTBROOK, Theorizing the Diffusion of Law: Conceptual Difficulties, Unstable Imaginations, and the Effort To Think Gracefully Nonetheless, in Harvard International Law Journal, vol. 47, Issue 2, 2006, pp. 489505; E.W. WISE, The Transplant of Legal Patterns, in American Journal of Comparative Law, vol. 38, Issue 1, 1990, pp. 1-22. 15 F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., pp. 539-540. 16 Si veda supra la sezione n. 2. 7 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 musulmano in Europa, pertanto arginando un impedimento nuziale prescritto dall’islām17. In paesi come l’Italia richiedenti un certificato di nulla osta matrimoniale rilasciato dalle competenti rappresentanze diplomatiche del nubendo straniero18, serie implicazioni sorgono in casi di unioni interreligiose non conformi alla sharīʿah19. Seguendo le disposizioni sciaraitiche20, nell’applicazione del diritto nazionale21, le sedi diplomatiche Oltre all’impedimento da differenza di culto, esistono cinque ulteriori impedimenti matrimoniali sciaraitici: trattasi dell’impedimento da parentela, da affinità, da allattamento, da precedenti matrimoni e da terzo divorzio-ripudio. Si veda, ad esempio, R. ALUFFI BECK-PECCOZ, Il matrimonio nel diritto islamico, in Il matrimonio. Diritto ebraico, canonico e islamico: un commento alle fonti, a cura di S. Ferrari, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 181-246. Per un excursus sulle disposizioni normative concernenti i matrimoni conformi alla sharīʿah in lingue europee, si vedano, tra gli altri, N. ANDERSON, Islamic Family Law, in International Encyclopedia of Comparative Law, a cura di Chloros, M. Rheinstein, M.A. Glendon, vol. IV, Issue 11, Persons and Family, Mohr Siebeck, 1969, p. 55 ss.; L. BAKHTIAR, Marriage, in Encyclopaedia of Islamic Law: A Compendium of the Major Schools, Kazi Publications, Chicago, 1996, pp. 397-497; F. CASTRO, La famiglia musulmana, in Il modello islamico, a cura di G.M. Piccinelli, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 39-61; J. SCHACHT, Family, in An Introduction to Islamic Law, Clarendon Press, Oxford, 1982, Chapter 22, pp. 162-168. 18 In base a quanto disposto dall’art. 116, primo comma, del Codice Civile, tre diversi tipi di nulla osta possono essere presentati da nubendi non italiani: uno scambio di note ovvero lettere tra i Paesi in caso di specifici accordi bilaterali, un documento attestante la non sussistenza di impedimenti matrimoniali, oppure un certificato di capacità matrimoniale. Si veda rispettivamente la legge 13 ottobre 1965 n. 1195, la legge 27 settembre 2002 n. 233, la Convention pour régler les conflits de lois en matière de mariage del 12 giugno 1902, la legge 7 settembre 1905 n. 523, la Convenzione relativa al rilascio di un certificato di capacità matrimoniale conclusa a Monaco in data 5 settembre 1980, e la legge 19 novembre 1984 n. 950. Si veda anche MINISTERO DELL’INTERNO, Il Regolamento dello stato civile: guida all’applicazione. Massimario per l’ufficiale di stato civile. Edizione 2012, redatto da R. Mazza, F. Vitali, D. Berloco, R. Calvigioni, Ministero dell'Interno, Roma, 2012b, p. 114. 19 In merito agli aspetti discussi in questo pararagrafo si veda F. SONA, Promessi sposi musulmani e barbatrucchi. Profili di libertà matrimoniale ed accomodamenti tra islām e diritto italiano, in Corte costituzionale tra diritti e doveri in tempi di crisi economica e di rischi per la sicurezza, a cura di P. Consorti, N. Fiorita, F. Dal Canto, S. Panizza, Pisa University Press, Pisa, 2016, pp. 293-319, pp. 302-305; F. SONA, Islām as legal (dis)-empowerment: The dynamic interplay between Italian legal provisions and sharīʿah-compliant norms, in Religion as Empowerment? Global Legal Perspectives a cura di K. Topidi, L. Fielder, Routledge, Abingdon, 2016, pp. 21-52, pp. 37-44. 20 Si vedano, ad esempio, i seguenti versetti del Corano: II (221), V (5) e LX (10). 21 Per uno studio del diritto di famiglia nelle legislazioni dei paesi a maggioranza musulmana si veda, tra gli altri, R. ALUFFI BECK-PECCOZ, La modernizzazione del diritto di famiglia nei paesi arabi, Giuffrè, Milano, 1990; R. Aluffi Beck-Peccoz (a cura di), Le leggi del diritto di famiglia negli stati arabi del Nord-Africa, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1997; A.A. An-Na’im (a cura di), Islamic family law in a changing world. A global resource book, Zed Books. London, 2002; D.S. EL-ALAMI, The marriage contract in 17 8 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 dei paesi a maggioranza musulmana infatti non ammettono il matrimonio interreligioso delle proprie cittadine musulmane22. In caso di unioni “religiosamente miste” delle proprie cittadine musulmane, talune rappresentanze negano pertanto il rilascio del nulla osta richiesto dalle autorità italiane; talaltre emettono un documento negativo, oppure rilasciano un certificato condizionale. In quest’ultimo caso, la rappresentanza diplomatica straniera emette una dichiarazione condizionale secondo la quale l’impedimento nuziale tra gli aspiranti coniugi può essere sanato solo con la conversione all’islām del fidanzato non musulmano della nubenda straniera musulmana. Altrimenti detto, la natura dell’unione muta: non si tratta più di un matrimonio interreligioso ma di due fidanzati musulmani che contraggono un’unione conforme alla sharīʿah. L’accomodamento viene qui trovato chiedendo alle parti di abbandonare un approccio all’islām che potremmo definire ‘culturale e deislamizzato’, favorendo invece la lettera del diritto islamico. Se si vuole che tale relazione familiare venga riconosciuta quale legittimo matrimonio nel Islamic law, Graham & Trotman, London et al., 1992; D.S. EL-ALAMI, Marriage, in Modern Muslim societies, a cura di F. Phol, Marchall Cavendish, Tarrytown (NY), 2011, p. 36 ss.; D.S. EL-ALAMI, D. HINCHLIFFE, Islamic marriage and divorce law in the Arab world, CIMEL e Kluwer Law International, London, 1996; J.J. NASIR, The Islamic law of personal status, III revised and updated ed., Kluwer Law International, London 2001; J.J. NASIR, The status of women under Islamic law and modern Islamic legislation, Brill, Leiden, 2009; D. PEARL, W.F. MENSKI, Muslim Family Law, Sweet & Maxwell, London, 1998; WLUML, Women Living Under Muslim Laws, Knowing our rights: Women, family, laws and customs in the Muslim world, 3ª ed., The Russell Press, Nottingham, 2006; L. Welchman (a cura di), Women's rights and Islamic family law: Perspectives on reform, Zed Books, London, 2004; L. WELCHMAN, Women and Muslim family laws in Arab states: A comparative overview of textual development and advocacy, Amsterdam University Press, Amsterdam, 2007. Per un commento, si veda altresì V.M. DONINI, D. SCOLART, La sharì‘a e il mondo contemporaneo, Carocci, Roma, 2015; M. VOORHOEVE. Family Law in Islam: Divorce, Marriage and Women in the Muslim World, I.B. Tauris & Co Ltd, London, 2016. 22 Per uno studio delle unioni interreligiose si veda, tra gli altri, A. CILARDO, Il matrimonio islamico e i matrimoni interreligiosi secondo il diritto islamico in Sposare l’altro. Matrimoni e matrimoni misti nell’ordinamento italiano e nel diritto islamico, a cura di I. ZilioGrandi, Marsilio, Venezia, 2006, p. 61 ss.; S. LA CHINA, Matrimoni misti al filtro dell’esperienza giudiziaria, in Sposare l’altro. Matrimoni e matrimoni misti nell’ordinamento italiano e nel diritto islamico, a cura di I. Zilio-Grandi, Marsilio, Venezia, 2006, p. 119 ss. In merito alle unioni islamo-cristiane, si veda S. FERRARI, G. PEROTTI BARRA, I matrimoni islamo-cattolici in Italia. Aspetti giuridici e pastorali, Edizioni San Paolo, Torino, 2003; F. MENNILLO, I matrimoni 'dispari': il caso islamo-cristiano, in Due sistemi a confronto. La famiglia nell'Islam e nel diritto canonico, a cura di A. Cilardo, F. Mennillo, CEDAM, Milano, 2009, pp. 209-242; G. PEROTTI BARRA, Sposare un mussulmano. Aspetti sociali e pastorali, Effatà, Cantalupa, 2001. 9 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 paese d’origine della donna musulmana e/o dalla Ummah, tale unione deve essere resa conforme ai principi sciaraitici. In questa ipotesi, la coppia cosiddetta “mista” non adatta la propria interpretazione della sharīʿah al dettato normativo del diritto positivo europeo, è invece costretta a plasmare il proprio matrimonio in modo conforme al diritto islamico. Non si tratta, tuttavia, dell’unico modello di interazione possibile, in caso di matrimonio interreligioso di una donna straniera musulmana; esiste in effetti la situazione inversa, nella quale il diritto musulmano si adatta al diritto europeo; altrimenti detto, le disposizioni sciaraitiche dei paesi a maggioranza musulmana trovano un accomodamento delle esigenze di alcune nubende musulmane europee appartenenti al cosiddetto ‘islām culturale’. Indagini empiriche da me svolte invero misero in luce un’alternativa ulteriore, ossia il caso in cui l’autorità diplomatica di un paese a maggioranza musulmana rilasci il nulla osta a condizione che la donna straniera musulmana dichiari di rinunciare alla richiesta di trascrizione, nei registri del paese straniero a maggioranza musulmana, del proprio matrimonio civile italiano contratto con un uomo non musulmano23. In altre parole, l’impedimento nuziale sciaraitico per differenza di culto viene superato negando il riconoscimento di detta unione da parte del sistema giuridico straniero del paese a maggioranza musulmano. Questo approccio implica serie conseguenze, in particolare una divergenza di status nei paesi di riferimento, creando un cosiddetto matrimonio “zoppicante o claudicante”, ossia un’unione riconosciuta in taluni ordinamenti e culture giuridiche, ma non in altri. Nel caso in esame, le parti saranno infatti considerate ‘coniugi’ secondo il diritto civile italiano, rimanendo tuttavia ‘celibi’ e ‘nubili’ secondo il diritto civile del paese a maggioranza musulmano e la sharīʿah. Gli effetti personali e patrimoniali di tale unione tra detti “parzialmente sposi”, e nei confronti di terzi, saranno quindi differenti nei vari ordinamenti considerati24. Per di più, la famiglia Per riferimenti bibliografici, si veda supra la nota 19. La stessa donna straniera, inoltre, potrebbe contrarre un nuovo matrimonio in un altro paese a maggioranza musulmana, divenendo quindi poligina. Si veda F. SONA, Promessi sposi musulmani e barbatrucchi, cit., pp. 305-307. Per uno studio sulle unioni poligamiche in Italia si vedano tra gli altri C. CAMPIGLIO, Matrimonio poligamico e ripudio nell’esperienza giuridica dell’occidente europeo in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, n. 4, 1990, p. 856 ss.; N. COLAIANNI, Il matrimonio poligamico in Diritto pubblico delle religioni, il Mulino, Bologna, 2012, p. 260 ss.; P. CONSORTI, La questione della poligamia, in Diritto e religione, Laterza, Roma-Bari, 2014, p. 132 ss.; L. DI GAETANO, I diritti successori del coniuge superstite di un matrimonio poligamico. Questione preliminare di validità nel nostro ordinamento dell’unione poligamica, in Giustizia Civile, XLIX, n. 10, 1999, p. 2695 ss.; A.M. 23 24 10 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 allargata e la comunità d’origine della donna musulmana congiunta agli effetti civili con uno sposo non musulmano potranno accettare con difficoltà tale unione. Dai punti di vista sociologico e antropologico, la coppia di coniugi potrebbe non essere riconosciuta in quanto tale e l’appartenenza alla comunità locale della sposa ‘culturalmente musulmana’ potrebbe essere messa in discussione, sia nel paese d’origine, sia nel paese di immigrazione. In entrambe le ipotesi analizzate, un accomodamento viene cercato e trovato: nel primo caso, il modus vivendi et operandi della sposa viene adeguato al diritto islamico; nel secondo, è il diritto del paese a maggioranza musulmana che si adatta al diritto positivo secolare europeo simulando che non esista un’unione non conforme a quanto disposto dalla sharīʿah. Il rilascio di un nulla osta condizionato alla non registrazione del matrimonio civile italiano in un paese a maggioranza musulmana è quindi percepito come un rimedio necessario nel caso di cittadine residenti all’estero il cui matrimonio civile non è conforme al diritto islamico e musulmano. Tale approccio può pertanto essere letto come un’efficace seppur talvolta (auto)discriminante - tecnica di adattamento dell’islām transnazionale al contesto europeo. Tornando ai modelli di trapianto intra-europei di cui sopra, si parla invece dell’assimilazione a modelli religiosi occidentali (I B) nelle ipotesi in cui i musulmani prendano ispirazione dal modello religioso dominante in Europa e sviluppino un islām privatizzato e spiritualizzato, elaborato all’interno di una prospettiva “d’autonomizzazione” della sfera religiosa. Detta spiritualizzazione dell’islām, ripresa dal modello del cristianesimo contemporaneo, non sembra essere rifiutata dai musulmani più giovani; potrebbe dunque essere un modello di sviluppo per il futuro, almeno secondo l’analisi offerta dagli autori citati25. GALOPPINI, Ricongiungimento familiare e poligamia, in Il Diritto di Famiglia e delle Persone 29, 2, 2, 2000, p. 739 ss. Per una prospettiva più ampia si veda R. ALUFFI BECK-PECCOZ, Polygamy in Europe, in Derecho y Religión, vol. I, El Islam en Europa, 2006, pp. 209-222; B. BOURDELOIS, Marriage polygamique en droit positif fançais, GLN Joly, Paris, 1993; D. DURISOTTO, Poligamia e ordinamenti europei, in Comunità Islamiche in Italia. Identità e forme giuridiche, a cura di C. Cardia, G. Dalla Torre, Giappichelli, Torino, 2015, pp. 357-380; P. LAGARDE, La théorie de l’ordre public international face à la polygamie et à la répudiation. L’expérience française, in Nouveaux itinéraires en droit. Hommages à François Rigaux, Bruylant, Bruxelles, 1993, pp. 263-282; P. SHAH, Attitudes to polygamy in English law, in International & Comparative Law Quarterly, vol. 52, Issue 2, 2003, pp. 369-400; F. SONA, Polygamy in Britain, in OLIR, Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose, 2005, (http://www.olir.it/areete matiche/104/documents/Sona_Polygamy_in_Britain.pdf), 21 agosto 2016, pp. 1-21. 25 F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., pp. 539-540. 11 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Le bozze d’intesa, o meglio alcune norme contenute in questi progetti sottoposti da parte di talune comunità musulmane allo stato italiano, possono ben rappresentare questo atteggiamento. Le bozze presentate dall’Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia (UCOII) nel 199226, dall’Associazione Musulmani Italiani (AMI) nel 1994, e dalla Comunità Religiosa Islamica (CoReIs) nel 199827, in effetti, utilizzano alcune formule che possono essere rinvenute in accordi raggiunti tra altre comunità religiose e lo Stato Italiano28. È stato ad esempio chiarito che i tre È bene puntualizzare che questa bozza d’intesa venne presentata due anni prima, ossia nel 1990, ma non ottenne risposta. Si veda R. GUOLO, La rappresentanza dell’islam italiano e la questione delle intese, in Musulmani in Italia, a cura di S. Ferrari, il Mulino, Bologna, 2000, pp. 67-82, p. 72; A. SPREAFICO, A. COPPI, Il cammino verso l’Intesa: le richieste dei musulmani e le condizioni politiche, in La rappresentanza dei musulmani in Italia, Edizioni XL, Roma, 2006, pp. 136-146, p. 137. 27 I testi delle bozze d’intesa summenzionate possono essere trovate nei Quaderni di Diritto e Politica Ecclesiastica, rispettivamente nel fascicolo n. 2 del 1993 p. 561 ss., nel fascicolo n. 2 del 1996 p. 563 ss., e nel fascicolo n. 2 del 1998 p. 567 ss.; quest’ultima è reperibile anche in COREIS, Intesa tra la Repubblica Italiana e la Comunità Islamica in Italia proposta dalla Co.Re.Is. Italiana, La Sintesi Editrice, Milano, 1998. A queste vanno aggiunte la richiesta avanzata dal Centro Culturale Islamico d’Italia nel 1992 e, nel 1996, la richiesta presentata dalla CoReIs sotto la sigla dell’Associazione Italiana Internazionale per l’Informazione sull’Islam. 28 I contributi della dottrina italiana in merito sono piuttosto ricchi ed esaustivi; in questa sede non si offre pertanto un’analisi dettagliata di detti progetti d’intesa. Per un commento si veda, tra gli altri, G. CASUSCELLI, Le proposte d’intesa e l’ordinamento giuridico italiano. Emigrare per Allah/emigrare con Allah, in Musulmani in Italia, a cura di S. Ferrari, il Mulino, Bologna, 2000, pp. 83-105; G. CASUSCELLI, La rappresentanza e l'intesa, in Islam in Europa/Islam in Italia tra diritto e società, a cura di A. Ferrari, il Mulino, Bologna, 2008, pp. 285-322; A. CILARDO, Il diritto islamico e il sistema giuridico italiano: le bozze di intesa tra la Repubblica Italiana e le associazioni islamiche italiane, ESI, Napoli, 2002; R. GUOLO, La rappresentanza dell’islam italiano e la questione delle intese, cit.; A.S. MANCUSO, La presenza islamica in Italia: forme di organizzazione, profili problematici e rapporti con le Istituzioni in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 32/2012, pp. 1-26; A. PACINI, I musulmani in Italia. Dinamiche organizzative e processi di interazione con la società e le istituzioni italiane, in Musulmani in Italia, a cura di S. Ferrari, cit., pp. 21-52; S. Ferrari (a cura di), Musulmani in Italia. La condizione giuridica delle comunità islamiche, cit.; A. SPREAFICO, A. COPPI, Il cammino verso l’Intesa: le richieste dei musulmani e le condizioni politiche, cit. In generale, sull’istituto delle intese come previsto dal terzo comma dell’articolo 8 Costituzione, si vedano P. CONSORTI, Diritto e religione, Laterza, Roma e Bari, 2014, pp. 225-240; L. D'ANDREA, Eguale libertà ed interesse alle intese delle Confessioni religiose: brevi note a margine della sentenza della Corte Costituzionale n. 346 del 2002, in Il diritto ecclesiastico, fascicolo II, 2004, pp. 480-497; A. FERRARI, La libertà religiosa in Italia: un percorso incompiuto, Carocci, Roma, 2012, pp. 75-95; J. PASQUALI CERIOLI, I rapporti con le confessioni religiose, in Nozioni di diritto ecclesiastico, a cura di G. Casuscelli, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 40-43; M. RICCA, Legge e intesa con le confessioni religiose, Giappichelli, 26 12 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 progetti d’intesa presentati dalle summenzionate associazioni riservarono tutti specifica attenzione all’aspetto dell’istruzione, formulando richieste di non ingerenza statuale nell’educazione degli allievi musulmani della scuola pubblica, secondo una formula precedentemente impiegata dalla comunità ebraica29. Nel lessico delle bozze, peraltro, viene fatto ampio utilizzo di alcuni termini del vocabolario cristiano appositamente adeguati al dettato sciaraitico; la dettagliata analisi proposta Cilardo nomina, ad esempio, ‘ministri del culto islamico’, ‘ministero’, ‘magistero islamico’, ‘segreto confessionale’ e ‘rito islamico’30. L’assimilazione al modello religioso dominante è, in queste ipotesi, messo in pratica mutuando il lessico da accordi preesistenti con altre confessioni religiose; in altre parole, le comunità musulmane tentano di esprimere le proprie esigenze giuridico-religiose e di ottenere uno riconoscimento ufficiale adottando e adattando il vocabolario delle intese all’islām. In questa ipotesi, lo sforzo di adeguamento del diritto islamico alla cornice istituzionale nazionale e agli esistenti rapporti Stato-Chiesa risulta quindi essere piuttosto evidente. La dottrina ha tuttavia sottolineato che, sebbene la tradizione musulmana possa essere integrata attraverso il medesimo strumento pattizio utilizzato da altre confessioni, le comunità musulmane italiane sembrano porre enfasi sulla propria specificità domandando un Torino, 1996; V. TOZZI, Disciplina giuridica delle organizzazioni della religiosità collettiva, in Diritto civile e religioni, a cura di G. Macrì, M. Parisi, V. Tozzi, Laterza, Bari, 2013, pp. 151166; A. VITALE, L’adattamento del diritto interno alle norme ottenute in via bilaterale, in M.C. FOLLIERO, A. VITALE, Diritto Ecclesiastico. Elementi. Principi non scritti. Principi scritti. Regole. Quaderno 2. I principi scritti, Giappichelli, Torino, 2013, pp. 131-137; A. VITALE, Regola della bilateralità e confessioni diverse dalla cattolica, ivi, pp. 123-130; E. VITALE, A.G. CHIZZONITI, Manuale breve. Diritto ecclesiatico, Giuffrè, Milano, 2006, pp. 28-31. 29 A. SPREAFICO, A. COPPI, Il cammino verso l’Intesa: le richieste dei musulmani e le condizioni politiche, cit., p. 138. Pin sottolinea invece che la richiesta di un apposito insegnamento della religione musulmana si distacca dallo standard delle intese stipulate con le Comunità Ebraiche e con la Tavola Valdese per prevedere l’istituzione di un insegnamento confessionale sulla scorta di quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 9 dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense del 11 febbraio 1929 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede (legge n. 121 del 25 marzo 1985): si veda A. PIN, Laicità e Islam nell’ordinamento italiano. Una questione di metodo, Wolters Kluwer Italia, Milano, 2010, p. 116. Le ‘ambizioni di richiamo’ al modello d’intesa con l’Unione delle Comunità Ebraiche delle bozze sottoposte dall’UCOII, AMI e CoReIs sono state rilevate anche da G. CASUSCELLI, Le proposte d’intesa e l’ordinamento giuridico italiano. Emigrare per Allah/emigrare con Allah, cit., p. 91. 30 Per approfondimenti, si veda A. CILARDO, Il diritto islamico e il sistema giuridico italiano, cit., pp. 211-221. 13 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 trattamento differenziato31. Citando autorevole dottrina32, Pin sostiene quindi che lo strumento negoziale previsto dal terzo comma dell’articolo 8 Costituzione rientri "nella forma mentis collettiva dell’islam, che punta ad acquisire visibilità sociale e insieme uno status peculiare - proprio perché l’affermazione sociale dell’identità islamica non può essere scissa da quella politica, che nel caso italiano passa sostanzialmente attraverso la conclusione di un’intesa"33. Analogamente, Cilardo sottolinea che, nel testo delle bozze, la comunità islamica appare "come una entità distinta e separata dalle altre comunità religiose", e identifica alcuni elementi indice della "volontà di preservare qualche tratto distintivo della umma islamica"34. Nello scenario descritto, il processo di adeguamento sarebbe dunque ambivalente. Da un lato, il modus operandi et vivendi del musulmano europeo si adatta al diritto positivo avanzando delle richieste in linea con analoghe istanze presentate da altre confessioni; dall’altra, viene domandato al sistema nazionale domestico un accomodamento ad hoc delle esigenze del musulmano europeo. La terza variante del sotto-modello d’innesto precedente, l’integrazione cosmopolita-autonoma (I C), si presenta come un atteggiamento intra-europeo orientato preponderantemente all’integrazione culturale, globale e istituzionale dell’islām. Facendo proprio questo approccio, i musulmani europei sviluppano un discorso sulla sharīʿah europea al contempo conservando solidi legami culturali e simbolici con tutta la Ummah35. L’European Council for Fatwa and Research (ECFR), ad avviso di chi scrive, ben esemplifica detto sotto-modello. Fondata in Londra nel 1997 su iniziativa di Yusuf al-Qaradawi e del Federation of Islamic Organizations in Europe (FIOE), ha attualmente sede in Dublino36. La creazione di questo A. PIN, Laicità e Islam nell’ordinamento italiano. Una questione di metodo, cit., pp. 115-117. L. MUSSELLI, Islam ed ordinamenti giuridici europei: momenti di contrasto e momenti di possibile integrazione", in La presenza islamica nell'ordinamento giuridico italiano, Quaderni della scuola di specializzazione della scuola di diritto ecclesiastico e canonico, n. IV, a cura di M. Tedeschi, Jovene editore, Napoli, 1996, pp. 15-25. 33 Si veda A. PIN, Laicità e Islam nell’ordinamento italiano. Una questione di metodo, cit., p. 117. 34 Trattasi dell’imposta annuale islamica (zakāh) e del desiderio di interloquire non solo con lo Stato Italiano ma anche sul piano internazionale. Si veda A. CILARDO, Il diritto islamico e il sistema giuridico italiano, cit., pp. 223-227. 35 F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 540. 36 La XXVI sessione del European Council for Fatwa and Research si svolgerà in ottobre 2016. Si veda http://e-cfr.org/new/, 21 agosto 2016. 31 32 14 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 organismo ha rappresentato un vero e proprio punto di svolta per le comunità musulmane europee. In un primo tempo, l’azione dei musulmani europei, espressione dell’islām ‘attivo-associativo-visibile’37, era infatti orientata prevalentemente all’istituzionalizzazione delle comunità musulmane europee e all’ottenimento di un riconoscimento ufficiale, ad esempio, stabilendo organismi centrali di rappresentanza (e.g. i cosiddetti umbrella bodies), aprendo centri di preghiera38. La fondazione dell’European Council for Fatwa and Research invece iniziò a porre l’enfasi su un altro aspetto: trattasi del fiqh al-aqalliyyāt, ossia della giurisprudenza islamica della minoranza, che ben presto si trasformò in un aspetto cruciale e caratterizzante dell’islām europeo. In realtà, l’ECFR percepisce l’Europa occidentale quale "nuova giurisdizione locale con una propria dottrina giuridica islamica (il fiqh alaqalliyyāt)"; tale atteggiamento - secondo Larsen - farebbe parte della strategia di detta istituzione, finalizzata a ottenere ed esercitare autorità sul territorio europeo39. In altre parole, l’ortodossia diviene una parte integrante della narrativa contemporanea concernente la sharīʿah, volta soprattutto all’integrazione culturale, globale e istituzionale dell’islām. Seguendo questo modus operandi et vivendi, i musulmani europei sviluppano un atteggiamento mirato all’integrazione europea, ma al tempo stesso con respiro internazionale e, al contempo, prestano specifica attenzione alla comunità musulmana su scala mondiale, ossia alla Ummah. La cosiddetta Si veda supra la sezione n. 2. Per uno studio dell’associazionismo islamico e delle comunità musulmane in Europa, si vedano, inter alia, le varie edizioni del Yearbook of Muslims in Europe a cura di J. Nielsen, S. Akgönül, A. Alibašić, E. Racius, Leiden: Brill, 2009-2016. Per quanto concerne la realtà italiana si vedano, tra gli altri, M. INTROVIGNE, L’islam e i movimenti di matrice islamica in Italia, in Le religioni in Italia, (ultimo aggiornamento 6 settembre 2016) sotto la direzione di P. Zoccatelli (disponibile online a http://www.cesnur.com/lislam-e-i-movimenti-di-matriceislamica-in-italia/, 12 settembre 2016); P. FLORIS, Comunità islamiche e lacune normative. L’ente che non c’è: l’associazione con fine di religione e di culto, in Comunità Islamiche in Italia. Identità e forme giuridiche, a cura di C. Cardia, G. Dalla Torre, Giappichelli, Torino, 2015, pp. 75-96; R. BENIGNI. Le organizzazioni musulmane a dimensione nazionale. Assetto giuridico ed azione, tra mimetismo, emersione del carattere culturale, rappresentatività di un islam italiano, in Comunità Islamiche in Italia. Identità e forme giuridiche, a cura di C. Cardia e G. Dalla Torre, cit., pp. 97-121. Per l’analisi di alcune associazioni islamiche nazionali, si veda inoltre la Sezione II, nella Parte II di C. Cardia, G. Dalla Torre (a cura di), Comunità Islamiche in Italia. Identità e forme giuridiche, cit., pp. 695-760. 39 L. LARSEN, Islamic jurisprudence and transnational flows: Exploring the European Council Fatwa Research, in From Transnational Relations to Transnational Laws: Northern European Laws at the Crossroads (Law, Justice and Power), a cura di A. Hellum, S.S. Ali, A. Griffiths, Ashgate, Farnham, 2011, pp. 139-163, p. 140. 37 38 15 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 giurisprudenza islamica della minoranza diviene un aspetto centrale dell’attività di questo organismo che consiste nell’emettere opinioni giuridiche (fatāwā, sing. fatwā) specificatamente rispondenti alle esigenze dei fedeli musulmani che vivono come minoranza in occidente. Prendendo a prestito le parole di Caeiro, è innegabile che si tratti di un efficace metodo di "adattamento del diritto islamico alla migrazione"40, una sorta di tentativo di integrare il contesto europeo nella sharīʿah. Nel mondo globalizzato, le cosiddette cyber fatāwā vengono quindi a giocare un ruolo fondamentale per la comunità musulmana tutta: una nuova interpretazione e applicazione del diritto islamico è elaborata e offerta in Europa specificatamente per i musulmani europei, nonostante l’attenzione del giusperito (faqīh) resti vigile su scala mondiale41. L’approvazione dell’operato del ECFR - espressione del sotto-modello intra-europeo di integrazione cosmopolita-autonoma - poggia in effetti su un equilibrio piuttosto difficile da mantenere. Da un lato, è indispensabile che le fatāwā emesse siano rispondenti alle necessità dei musulmani europei; dall’altro, si rivela essere imprescindibile il consenso della Ummah, in particolare quello delle figure giuridiche religiose del mondo islamico. Ecco quindi che nella storia dell’European Council for Fatwa and Research possono essere tracciati dei cambiamenti interni relativi ai paesi d’origine dei membri e all’interpretazione - più o meno restrittiva - offerta della sharīʿah. Viene quindi a emergere quello che potremmo definire un ‘adattamento dicotomico’: il diritto musulmano è adeguato al contesto migratorio e allo status di minoranza, ma al contempo rispettando e conformandosi al dettato sciaraitico proveniente dai paesi a maggioranza musulmana. Il cosiddetto impianto di protesta (I D) rappresenta, infine, il quarto sotto-modello di trapianto intra-europeo, secondo la classificazione utilizzata in questo scritto. Esso contempla l’ipotesi in cui l’islām divenga una sorta di strumento di “protesta sociale” per gruppi di fatto marginalizzati, oppure per individui che percepiscano se stessi in quanto 40 A. CAEIRO, Adjusting Islamic law to migration, in ISIM Newsletter, vol. 12, Issue 1, 2003, pp. 26-27. 41 Per ulteriori dettagli in merito alle cosiddette cyber fatāwā, si veda, tra gli altri, S.S. ALI, Cyberspace as Emerging Muslim Discursive Space? Online Fatawa on Women and Gender Relations and its Impact on Muslim Family Law Norms, in International Journal of Law, Policy and the Family, vol. 24, Issue 3, 2010, pp. 338-360; S.S. ALI, Behind the cyberspace veil: Online fatawa on women's family rights, in From Transnational Relations to Transnational Laws: Northern European Laws at the Crossroads (Law, Justice and Power), a cura di A. Hellum, S.S. Ali, A. Griffiths, Ashgate, Farnham, 2011, pp. 117-137; V. SISLER, Internet and the Construction of Islamic Knowledge in Europe, in Masaryk University journal of law and technology, vol. I, 2007, pp. 205 ss. 16 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 tali. Dassetto e Nielsen chiariscono che l’islām di Malcom X può essere considerato un paradigma di questo sotto-modello, anche se maggiormente articolato e con dinamiche simili a ciò che sta accadendo nel mondo musulmano42. In nuce, si potrebbe dire che si tratta di comunità o individui che rifiutano sia l’occidente sia i modelli da questo proposti43. Detto approccio può essere illustrato prestando attenzione al diritto interculturale delle famiglie musulmaneeuropee, come analizzato in seguito. Volgendo lo sguardo ai nubendi musulmani, una premessa si rende necessaria. È stato altrove chiarito che questi possono contrarre non solo un matrimonio agli effetti civili ma anche un matrimonio islamico e/o musulmano44. È in effetti bene puntualizzare che gli aggettivi ‘islamico’ e ‘musulmano’ non sono sinonimi: l’analisi semantica dei termini arabi chiarisce che il primo concerne il diritto di derivazione divina, il secondo si riferisce invece alla sharīʿah come vissuta nel quotidiano dal musulmano oppure come codificata da un paese a maggioranza musulmana. Il ‘matrimonio islamico’ è quindi l’unione nuziale celebrata in conformità al dettato normativo del Corano, della Sunnah e delle altre fonti del diritto islamico come intese dalla denominazione di appartenenza delle parti (ad esempio, Sunni madhhab e suddivisioni Shī’i). Il ‘matrimonio musulmano’ denota invece un legame sciaraitico riconosciuto dai nubendi e/o dalla famiglia (allargata) e/o dalla comunità locale di appartenenza degli sposi (ad esempio, un cosiddetto fàtih̀ah marriage), oppure un’unione matrimoniale riconosciuta dalla legge come codificata da un paese a maggioranza musulmana. Alla prima tipologia di matrimoni sciaraitici puo’ quindi essere riconosciuta una valenza propriamente ‘religiosa’, mentre la validità della seconda tipologia nuziale puo’ essere soprattutto ‘sociale’45. Naturalmente sarebbe interessante prestare attenzione anche al fenomeno della Primavera Araba, in questa sede non è tuttavia possibile affrontare tali complesse dinamiche e il riverbero delle stesse sul contesto europeo. 43 F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 540. 44 Si veda F. SONA, Overcoming obstacles through hidden nuptial paths: Foreign Muslim purported spouses marrying in Italy, in The Review of Social Studies, Gender and Migration, Volume 2, Issue 1, Spring, 2015, pp. 25-53, e F. SONA, Islām as legal (dis)-empowerment: The dynamic interplay between Italian legal provisions and sharīʿah-compliant norms, in Religion as Empowerment? Global Legal Perspectives a cura di K. Topidi, L. Fielder, Routledge, Abingdon, 2016, pp. 21-52. 45 In nuce, per comprendere l’accezione dei due aggettivi bisogna fare riferimento alla radice trilittere S-L-M da cui derivano sia termine arabo al-’islām, sia il verbo sallama li, il cui significato è ‘sottomettersi (alla volontà di Dio)’. L’aggettivo ‘islamico’ deriva dalla parola araba islām ed indica sia la ‘sottomissione’, sia ‘colui che si sottomette’; è quindi appropriato utilizzare tale aggettivo nel riferimento alla religione ed alle sue fonti. 42 17 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Nel caso dei nubendi musulmani, l’islām diviene uno strumento di “protesta sociale” qualora le parti scelgano di contrarre un matrimonio esclusivamente islamico - talvolta anche musulmano - in tal modo rinunciando consapevolmente alla tutela garantita ai coniugi dal diritto europeo. Secondo i dati presentati da Aina Khan46, questo sarebbe un fenomeno in crescita esponenziale, quanto meno nel Regno Unito, dove oltre l’80% dei matrimoni contratti dai musulmani non sarebbe registrato agli effetti civili. Per quanto la Law Commission abbia recentemente sollevato alcuni dubbi in merito a tale stima tanto elevata, la questione resta di fondamentale importanza47. Naturalmente, le ragioni che supportano questa scelta sono molteplici tuttavia, in questo caso specifico, si tratta preponderantemente di giovani musulmani europei che optano per un’unione matrimoniale esclusivamente religiosa contratta in un paese a maggioranza musulmana oppure in Europa. Il fatto che un numero crescente di giovani musulmani britannici non registri il proprio matrimonio, scegliendo quindi di essere ‘coniugi’ solo agli occhi della sharīʿah, può invero essere letta quale indice di un impianto di protesta sociale. In altre parole, laddove il modello statuale e/o sociale europeo offerto non venga accettato, si cerca l’accomodamento dell’islām altrove, ossia in culture giuridiche altre oppure in sistemi giuridici altri. Nella pratica può quindi accadere che un matrimonio civile, oppure un matrimonio religioso riconoscibile agli effetti civili, non venga celebrato tra le parti, quand’anche i nubendi siano domiciliati e/o residenti in territori europei. Una cerimonia nuziale conforme alla sharīʿah verrà pertanto officiata esclusivamente in una comunità locale oppure persino all’estero, ad esempio, in occasione di un viaggio o di una vacanza. In tal modo, L’aggettivo ‘musulmano’ è invece il participio del verbo sallama li e identifica ‘il soggetto che si sottomette (in modo attivo e continuativo, alla volontà di Dio)’. Il termine pertanto identifica il soggetto musulmano - non il credente che in arabo si direbbe al-mu’min - e la sharīʿah come interpretata e vissuta alla luce delle leggi dei paesi a maggioranza musulmana, delle tradizioni familiari delle parti, di usi, costumi e consuetudini locali. Si vedano le fonti citate nella nota precedente rispettivamente a p. 38 e p. 22. Si vedano anche F. SONA, Defending the family treasure-chest: Navigating Muslim families and secured positivistic islands of European legal system, in Family, Religion, and Law: Cultural Encounters in Europe, a cura di P. Shah, M.-C. Foblets, M. Rohe, Ashgate, Farnham, 2014, pp. 115-141, a p. 116; F. SONA, Promessi sposi musulmani e barbatrucchi, cit., pp. 293-319, a p. 313. 46 A. KHAN, Briefing. Register Our Marriage (ROM) campaign on Unregistered Religious Marriages, 11 February 2016, Duncan and Lewis, London, 2016. Si veda anche R. GRILLO, Muslim Families, Politics and the Law. A Legal Industry in Multicultural Britain, Ashgate, Farham, 2015, pp. 46-47. 47 LAW COMMISSION, Getting married. A scoping paper, 17 December 2015, London, Law Commission, London, 2015, pp. 17-18. 18 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 secondo la prospettiva sciaraitica, la coppia potrà legittimamente convivere essendo validamente ‘coniugata’ in base al dettato normativo islamico e/o musulmano48. Tale unione, anche se talvolta potenzialmente trascrivibile e quindi efficace agli effetti civili, non verrà tuttavia palesata alle autorità domestiche europee. Si tratta spesso di una scelta autonoma delle parti: talora giustificata dalla scarsa fiducia risposta nelle istituzioni della nazione europea in cui i coniugi musulmani risiedono; in altre circostanze, non è guidata dallo scetticismo, ma dal rifiuto del sistema statale secolare. In questa ipotesi, il musulmano europeo sceglie volontariamente una sorta di “discrepanza di status e di diritti” malgrado il diritto positivo statuale abbia al suo interno già elaborato un potenziale accomodamento della sharīʿah. Nel caso del matrimonio, esistono in effetti delle vie percorribili da parte di nubendi musulmani affinché la loro unione sia al contempo valida agli effetti civili e conforme al dettato del diritto islamico e musulmano49. Ciò nonostante, il modus operandi et vivendi adottato dall’appartenente alla Ummah sceglie di non mettere in relazione la sharīʿah con il contesto istituzionale e amministrativo europeo. 5 - Approcci geopoliticizzati e transnazionali Tornando alla categorizzazione proposta da Dassetto e Nilesen, e in questo scritto utilizzata come griglia d’analisi delle tecniche di adattamento, accomodamento e adeguamento delle comunità musulmane in Europa, è ora utile fare riferimento ai modelli di trapianto extra-europei (II). In questo caso, il modus operandi et vivendi del musulmano è diretto da correnti esterne al territorio europeo, soprattutto per quanto concerne il punto di vista organizzativo, nonché i riferimenti sociali e il sistema valoriale in genere. Due sono i sotto-modelli identificati, trattasi della geopoliticizzazione dipendente e della rete della diaspora. Nel primo sotto-modello d’innesto, ossia la geopoliticizzazione dipendente (II A), i musulmani europei e il loro ruolo sociale divengono espressione di strategie geopolitiche sviluppate dai “centri dell’islām”. Secondo Dassetto e Nilesen, questo sotto-modello sembra essere il meno probabile, ma potrebbe esistere ed essere proposto da attori diplomatici eletti dai poteri centrali dell’islām sulla base di strategie geopolitiche Si veda supra la nota 45. Per maggiori dettagli relativi ai matrimoni conformi alla sharīʿah in Italia e nel Regno Unito si veda, ad esempio, F. SONA, Defending the family treasure-chest, cit., pp. 117-128. 48 49 19 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 religiose50. In base all’esperienza empirica da me maturata, l’approccio geopoliticizzato dipendente non sembra improbabile, può anzi essere riscontrato nell’operato di talune rappresentanze diplomatiche di paesi a maggioranza musulmana sul territorio europeo. Per quanto concerne le relazioni familiari sciaraitiche, si possono innanzitutto menzionare i casi in cui matrimoni esclusivamente islamici/musulmani siano riconosciuti in quanto conformi alla sharīʿah e quindi vengano trascritti e registrati da alcune ambasciate e/o consolati di paesi a maggioranza musulmana. In genere, si tratta di sposalizi celebrati privatamente tra le parti, oppure perfezionati in moschee o di fronte a una figura religiosa islamica come, ad esempio, un imām,‘ālim, muftī, shaykh, o marğa‘51. Sono unioni che possono essere conformi al diritto islamico e/o a quello musulmano e pertanto hanno una valenza religiosa e/o sociale e potenzialmente anche statuale. In effetti, detti matrimoni non sono di per sé riconosciuti, pur essendo potenzialmente riconoscibili, dal diritto positivo dei paesi a maggioranza musulmana. In queste ipotesi, tuttavia, se tali unioni soddisfano i requisiti sciaraitici codificati dal paese d’origine del nubendo straniero, possono essere validamente registrati agli effetti civili secondo taluni ordinamenti non europei. La registrazione e la trascrizione agli effetti civili di queste unioni puramente religiose/sociali da parte delle rappresentanze diplomatiche, seppure consista nell’espletamento delle funzioni consolari52, di fatto implica un cambiamento di status della coppia. I coniugi sono in effetti riconosciuti in quanto tali non solo adottando una prospettiva religiosa, ma anche dal punto di vista del diritto positivo. Conseguentemente, il riconoscimento ufficiale di un’unione puramente islamica/musulmana da parte di una giurisdizione straniera rende tale contratto matrimoniale (in arabo, ‘aqd al-zawāğ o nikāẖnama) valido anche in Europa, e questo accade ciononostante il percorso prescritto dal sistema statuale domestico europeo in cui i nubendi sono domiciliati o residenti non sia stato seguito dalle parti53. In questo caso, il diritto islamico/musulmano F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 540. Il significato letterale di questi vocaboli arabi può essere tradotto come segue: imām, ossia ‘colui che sta di fronte’ (quindi guida la preghiera); ‘ālim, ossia il ‘dotto, sapiente’; muftī, ossia il ‘giusperito musulmano’ (colui che è autorizzato a emettere una fatwā, un parere giuridico conforme alla sharīʿah); shaykh, ossia l’‘anziano’ (quindi persona erudita o di grande rispetto); marğa‘, ossia la ’fonte da seguire’. 52 In base al dettato normativo, nello specifico, si veda la lettera F del comma primo dell’articolo 5 della Convenzione di Vienna del 1963. 53 Questo modus operandi venne riscontrato soprattutto durante la vigenza del cosiddetto Pacchetto Sicurezza al fine di garantire lo ius connubii ai cittadini stranieri musulmani 50 51 20 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 non si adatta alle norme del diritto positivo europeo, segue invece un diverso iter tra diritto internazionale privato e sharīʿah, al fine di ottenere l’accomodamento di relazioni e di status familiari sciaraitici all’interno di entrambi i sistemi statuali musulmani e non musulmani. L’accomodamento dell’islām è quindi ottenuto tramite un’azione esterna all’Europa, ossia da parte di rappresentanze diplomatiche di paesi a maggioranza musulmana che, con il loro operato, “facilitano il transito” di unioni nuziali conformi alla sharīʿah dal diritto religioso/sociale al diritto positivo statuale europeo. Un esempio ulteriore, che ben descrive il sotto-modello di trapianto geopoliticizzante dipendente, consiste nell’ipotesi in cui un matrimonio tra un cittadino straniero e un cittadino italiano venga perfezionato di fronte all’autorità diplomatica di un paese a maggioranza musulmana sul territorio italiano. Quantunque il dettato legislativo e l’applicazione normativa neghino la validità e la trascrivibilità di tali unioni matrimoniali conformi alla sharīʿah54; ricerche empiriche dimostrano che queste unioni matrimoniali sono perfezionate in Italia55. Matrimoni “claudicanti o zoppicanti” vengono quindi a sussistere tra le parti: trattasi infatti di unioni valide secondo la sharīʿah e secondo il diritto positivo di (alcuni) paesi maggioranza musulmana, ma invalide alla luce del sistema giuridico nazionale. In questi casi, il/la cittadino/a italiano/a sarà considerato ‘coniuge’ del cittadino/a straniero/a da un punto di vista religioso/sociale e, altresì, da parte del diritto del paese a maggioranza musulmana; adottando la prospettiva del sistema giuridico italiano la parte resterà tuttavia ‘celibe’ o ‘nubile’. Le conseguenze di queste discrepanze di status sono piuttosto serie: da tali unioni conseguiranno non solo incertezza verso terzi, ma potranno anche sorgere potenziali matrimoni poligamici delle parti coinvolte. Nell’ipotesi summenzionata, analogamente al caso precedente, l’accomodamento della sharīʿah nel tessuto europeo viene ricercato dalle irregolarmente presenti sul territorio italiano. Per ulteriori dettagli, anche in relazione alle contromisure sapientemente elaborate da nubendi stranieri musulmani irregolarmente presenti sul territorio ai fini di superare il discriminante divieto imposto dalla norma contenuta nel Pacchetto Sicurezza atta a osteggiare i cosiddetti matrimoni “di comodo”, si veda F. SONA, Overcoming obstacles through hidden nuptial paths: Foreign Muslim purported spouses marrying in Italy, cit., pp. 34-40; F. SONA, Promessi sposi musulmani e barbatrucchi, cit., pp. 309-317. 54 Si veda l’articolo 6 della Convenzione dell’Aja del 12 giugno 1902 (ratificata con legge 7 settembre 1905 n. 523) e l’articolo 28 della legge n. 218 del 1995. Si veda anche l’articolo 115 del Codice Civile. 55 F. SONA, Islām as legal (dis)-empowerment, cit., pp. 32-35; F. SONA, Promessi sposi musulmani e barbatrucchi, cit., pp. 314-315. 21 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 rappresentanze diplomatiche straniere ai fini di garantire che le parti non instaurino relazioni sessuali illecite (in arabo, zināʾ) e che, da queste unioni, non vengano concepiti figli naturali, prole illegittima secondo la prospettiva del diritto islamico. Nell’ultimo esempio, tuttavia, l’accomodamento dei principi sciaraitici resta “incompleto” e crea, di fatto, uno scollamento all’interno delle famiglie musulmane europee in cui uno dei due partner sia cittadino italiano: lo stesso diviene al tempo stesso quello che definirei un “coniuge-non-coniuge”. Seguendo questo modello d’innesto extraeuropeo, le relazioni familiari vengono pertanto a sussistere esclusivamente in un cono d’ombra creantesi tra il diritto statuale europeo, da una parte, e il diritto religioso, consuetudinario e musulmano, dall’altra. Lo stesso modus operandi et vivendi che potremmo definire ‘geopoliticizzante dipendente’ non comporta esclusivamente un accomodamento “forzato” oppure “incompleto” dell’islām nel diritto domestico; può in invero portare anche a un adeguamento del diritto religioso a quello statuale, in modo da creare un allineamento, piuttosto che uno scollamento, tra i due ordinamenti. Analogamente alla fattispecie precedente, anche in queste ipotesi, il ruolo delle rappresentanze diplomatiche straniere si rivela essere di cruciale importanza: tra i tanti, possono, ad esempio, essere nominati i casi in cui l’autorità straniera del paese a maggioranza musulmana applichi (o debba applicare) il diritto nazionale del paese ospitante. Nello scenario dei molteplici ordinamenti concorrenti, volgendo lo sguardo alle famiglie musulmane, attenzione può essere posta alla modifica del primo comma dell’articolo 116 Codice Civile come introdotta dal cosiddetto ‘Pacchetto Sicurezza’. Tale riforma, in effetti, sollevò questioni piuttosto rilevanti concernenti l’interazione tra i cittadini musulmani e le istituzioni nazionali europee. Entrato in vigore nel mese di agosto 2009, il comma 15 dell’articolo 1 della legge n. 94 del 2009 introdusse la necessità della produzione all’ufficiale di stato civile non solo del nulla osta, ma anche di un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano del nubendo straniero extracomunitario, in caso di pubblicazioni matrimoniali. Durante la (limitata) vigenza di tale disposizione normativa56, prova del regolare permesso di soggiorno delle parti poteva talvolta essere richiesta al nubendo musulmano anche dalle rappresentanze Nel luglio 2011, la Corte Costituzionale dichiarò costituzionalmente illegittima la norma che prevedeva che la posizione di irregolarità di uno o di entrambi i fidanzati stranieri costituisse causa ostativa alla celebrazione del matrimonio tra le parti. Si veda Corte Costituzionale 20-25 luglio 2011 n. 245. Si veda anche la Circolare del Ministero dell’interno n. 21 del 26 luglio 2011. 56 22 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 diplomatiche del paese straniero, quale requisito per il rilascio del nulla osta ai fini matrimoniali57. In questo modo, una sorta di controllo preventivo relativo alla regolare presenza nel territorio italiano di nubendi migranti stranieri veniva esercitato da parte di consolati e/o ambasciate dei paesi a maggioranza musulmana. Agendo in questo modo, le rappresentanze diplomatiche musulmane si accordavano con il dettato normativo del paese di residenza dei loro cittadini: il principio sciaraitico veniva quindi adeguato al diritto statuale, divenendo pertanto conforme al dettato della Per uno studio degli effetti del cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” sui nubendi stranieri, si veda, tra gli altri: P. CONSORTI, La reazione giuridica alla società multiculturale. Fra respingimenti multiculturalisti e diritto interculturale, in Tutela dei diritti dei migranti, a cura di P. Consorti, Plus, Pisa, 2009, pp. 11-42; P. CONSORTI, Nuovi razzismi e diritto interculturale. Dei principi generali e dei regolamenti condominiali nella società multiculturale, in Intercultura, nuovi razzismi e migrazioni, a cura di I. Possenti, Plus, Pisa, 2009, pp. 99-120; P. CONSORTI, Pacchetto sicurezza e fattore religioso, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., febbraio, 2011; P. CONSORTI, La nuova disciplina del matrimonio degli stranieri alla luce del pacchetto sicurezza. I suoi riflessi sul matrimonio concordatario, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, cit., febbraio 2011; G. LA MARCA, Il nuovo art. 116 c.c. tra sicurezza pubblica e libertà matrimoniale, in La famiglia e il diritto fra diversità nazionali ed iniziative dell'Unione Europea. I quaderni della Rivista di Diritto Civile, a cura di D. Amram, A. D'Angelo, CEDAM, Milano, p. 247 ss.; G. CASONI, Il nulla osta al matrimonio ed il titolo al soggiorno previsti dall’art. 116 del codice civile: identità documentale e validità temporale, in Lo Stato civile italiano, vol. 2, 2010, pp. 9-10; G. FERRANDO, Matrimonio e filiazione nella l. n. 94/2009 (c.d. “Pacchetto sicurezza”), in Famiglia, persone e successioni, 2009, p. 957 ss.; L. LA SPINA, Incostituzionale la norma del “pacchetto sicurezza” che condiziona la capacità matrimoniale dello straniero alla regolarità del suo soggiorno, in Minori Giustizia, fascicolo 4, 2011, p. 230 ss.; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Immigrazione: la consulta cancella dall'art. 116 c.c., la clausola che ostacolava (anche) matrimoni autentici. Corte Costituzionale 25 luglio 2011, n. 245, in Corriere giuridico, vol. 28, n. 11, 2011, pp. 1532-1542; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Cittadinanza europea, libertà di circolazione e famiglie senza matrimonio, in: Famiglia e diritto, n. 8/9, 2010, pp. 849-860; P. MOROZZO DELLA ROCCA, I limiti alla libertà matrimoniale secondo il nuovo testo dell’art. 116 cod. civ., in Famiglia e Diritto, vol. X, 2009a, p. 945 ss.; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Sul matrimonio in Italia dei cittadini comunitari secondo il nuovo testo dell’art. 116 cod. civ., in Lo Stato civile italiano, vol. 105, n. 10, 2009, pp. 734-736; P. MOROZZO DELLA ROCCA, Il matrimonio e gli atti di stato civile, in Immigrazione e cittadinanza. Profili normativi e orientamenti giurisprudenziali. Aggiornamento della legge 15 luglio 2009, n. 94, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, a cura di P. Morozzo della Rocca, UTET, Milanofiori Assago, 2009, p. 55 ss.; B. NASCIMBENE, La capacità dello straniero: diritti fondamentali e condizione di reciprocità, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, vol. 2/2011, XLVIII, aprile-giugno, p. 307 ss.; S. ROSSI, Il matrimonio “clandestino” e la Corte costituzionale’, in Forum dei Quaderni Costituzionali (www.forumcostituzionale.it), 2010; A. ZANOBETTI, Il diritto di sposarsi dei cittadini stranieri in situazione irregolare: il caso O’Donoghue della CEDU e la sentenza n. 245/2011 della Corte costituzionale italiana, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, fascicolo 3, 2011, p. 73 ss. Per l’analisi del fenomeno in relazione a nubendi stranieri musulmani, si veda la nota successiva. 57 23 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Convenzione di Vienna58. Nel caso in esame, l’allineamento dei due diritti portava, tuttavia, a una doppia limitazione della libertà matrimoniale delle parti, le quali, pur soddisfacendo i requisiti matrimoniali prescritti dalla sharīʿah, non potevano contrarre matrimonio secondo il diritto civile italiano anche dal punto di vista delle autorità diplomatiche del paese a maggioranza musulmana. Pertanto, il desiderio di non avere relazioni sessuali illecite (e.g. fornicazione) e di concepire figli naturali (illegittimi, secondo la sharīʿah) indusse tali coppie a trovare soluzioni alternative. Trattasi, ad esempio, di unioni con valenza esclusivamente religiosa e/o sociale, oppure matrimoni perfezionati all’estero, in un paese a maggioranza musulmana o in un paese europeo non richiedente un documento attestante il regolare soggiorno del nubendo straniero. Nel caso in esame, l’adeguamento del diritto straniero sciaraitico alla normativa del diritto domestico europeo condusse quindi a uno scollamento di status interno ad alcune famiglie musulmane. Tornando ai modelli di innesto extra-europei qui analizzati, il secondo sotto-modello identificato da Dassetto e Nilesen è quello della rete della diaspora (II B). Detto approccio diretto da correnti esterne è riscontrabile quando l’orizzonte sociale primario del musulmano è costituito soprattutto da collegamenti internazionali e transnazionali con gruppi, associazioni e movimenti di fratellanza. In altre parole, il cittadino musulmano europeo sembra essere, in diversa misura, pressoché incurante della propria interazione con il contesto europeo59. Prestando attenzione alle relazioni familiari sciaraitiche, tale modus vivendi et operandi è riscontrabile nelle situazioni in cui giovani musulmani europei lascino la loro famiglia in Europa per contrarre un matrimonio islamico. In questi casi, spesso si tratta di unioni tenute nascoste ed eventualmente comunicate alle famiglie d’origine degli sposi esclusivamente in un secondo tempo. In base alle ricerche empiriche da me svolte, questo accade non solo in caso di matrimoni interreligiosi non 58 In particolare, trattasi del primo comma dell’articolo 55. Per quanto concerne le relazioni familiari, è bene puntualizzare che tale operato non impedì di fatto la celebrazione delle nozze di alcuni nubendi musulmani. In effetti, indagini empiriche rivelarono che rimedi vennero presto trovati nelle pieghe del diritto internazionale privato da parte di promessi sposi musulmani stranieri irregolarmente presenti nel territorio italiano. Particolarmente rilevante è il fenomeno dei matrimoni celebrati presso San Marino. Per uno studio approfondito, si veda F. SONA, Islām as legal (dis)-empowerment, cit., pp. 32-33; F. SONA, Promessi sposi musulmani e barbatrucchi, cit., pp. 313-314; F. SONA, Overcoming obstacles through hidden nuptial paths, cit., pp. 38-44. 59 Si veda F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 540. 24 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 conformi alla sharīʿah60, ma anche quando i coniugi siano entrambi musulmani. In queste ipotesi, il promesso sposo/a è spesso stato scelto autonomamente dalla parte (non si tratta quindi di un matrimonio combinato dalle rispettive famiglie coinvolte) e tale nubendo/a non è ritenuto idoneo dalla famiglia d’origine di uno oppure di entrambi i fidanzati. L’adeguatezza matrimoniale (kafā’a) è in effetti un principio chiaramente definito dalla sharīʿah61. Nella vita quotidiana del musulmano, la declinazione di tale principio è tuttavia soggetta a differenti interpretazioni e a varie sfumature che talvolta competono e si scontrano con i principi di diritto islamico 62. Volgendo lo sguardo alle famiglie musulmane europee, ad esempio, una differenza di casta o di classe sociale, oppure la provenienza territoriale della famiglia di uno dei due fidanzati, posso incidere sulla scelta del coniuge reputato più idoneo non solo dalle famiglie dei nubendi, ma anche da parte della rete amicale e sociale della coppia. Qualora i fidanzati siano intenzionati a contrarre un matrimonio osteggiato dalle rispettive famiglie e/o comunità allargate, potranno adottare l’approccio della rete della diaspora. Enfasi viene pertanto posta sul diritto islamico e, tralasciando gli aspetti di dritto musulmano fortemente intrisi di tradizioni locali e costumi sociali, le parti decidono di contrarre un matrimonio - molto spesso puramente islamico - la cui valenza agli occhi della comunità musulmana e/o della famiglia allargata potrà essere dubbia o, quanto meno, di difficile vidimazione. La registrazione e/o la trascrizione agli effetti civili di tale unione, da parte dell’ordinamento domestico del paese in cui le parti sono domiciliate o risiedono, potrà poi non essere considerata necessaria o rilevante. Dal momento in cui il principio sciaraitico di adeguatezza degli sposi Si veda supra la nota 22. Per uni studio delle fonti si veda, tra gli altri, J.J. NASIR, The doctrine of kafā'a according to the early Islamic authorities and modern practice: with a critical edition of the Zaidī MS. Almir'āt al-mubayyina lil nāzìr mā huwa al-hàqq fi mas'alat al-kafā'a by al-Sayyid al-H̀asan b. Ishà̄q b. al-Mahdī, British Library EThOS, London, 1955; F.J. ZIADEH, Equality (kafā'a) in the Muslim Law of Marriage, in American Journal of Comparative Law, Issue 6, 1957, pp. 503517. Si veda anche R. ALUFFI BECK-PECCOZ, Il matrimonio nel diritto islamico, cit., pp. 187-188. 62 L’interpretazione di questo principio di diritto islamico da parte di diverse comunità musulmane e l’applicazione della norma nei paesi a maggioranza musulmana varia parecchio. Si vedano, ad esempio, S. LARSON, State of equalities. Law, marriage and citizenship in the Islamic Republic of Mauritania, in Islam, Law and Identity, a cura di M. Diamantides, A. Gearey, Routledge, Abingdon, 2012; Z. NOOR, N. LEE, The Conflict among Hadrami Arab Community in Malaysia Regarding the Issues of Kafā’a in Muslim Marriage, in Hawwa, vol. 11, Issue 2-3, 2014, pp. 252-274. 60 61 25 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 è soddisfatto nell’orizzonte sociale e transnazionale della Ummah, questo non viene adattato all’interpretazione del diritto musulmano come vissuto nel quotidiano dalla famiglia allargata del nubendo/a. L’accomodamento del principio di dritto islamico non è percepito come necessario e, pertanto, non viene cercato né all’interno del sistema giuridico europeo, né nella famiglia d’origine di uno o di entrambi gli sposi. Un secondo esempio di quello che potremmo definire un approccio diasporico è rappresentato dalle relazioni familiari dei convertiti europei63. In effetti, non è poco comune per donne che abbracciano l’islām contrarre un matrimonio conforme alla sharīʿah, nel corso del quale il padre non musulmano, oppure l’agnate maschio più prossimo della sposa, non possano agire in veste di suo tutore (in arabo walī)64. Nella prassi accade pertanto che il celebrante, oppure una figura religiosa islamica vicina alla coppia, sopperisca a tale mancanza esercitando la funzione del walī matrimoniale. In queste ipotesi, la famiglia non musulmana del convertito/a tende a giocare un ruolo di minore importanza nel corso dello sposalizio e, talvolta, anche nella futura vita matrimoniale dei coniugi musulmani, soprattutto se paragonata alla rete musulmana (talvolta internazionale) familiare e amicale della coppia. Analogamente al caso precedente, adottando la prospettiva antropologica, l’intenzione primaria del musulmano europeo sembra essere quella di seguire il dettato sciaraitico, a prescindere da come questo venga percepito dalla propria rete amicale, familiare e locale e, indipendentemente, da una potenziale riconoscibilità agli effetti civili dello status matrimoniale acquisito. Il modus vivendi et operandi del musulmano europeo è qui volto a seguire innanzitutto la sharīʿah. Nell’operato dei nubendi musulmani è, tuttavia, riscontrabile un tentativo di adeguamento delle esigenze religiose individuali all’interno dello scenario europeo in cui sono residenti, e questo viene messo in atto attraverso un’interpretazione del diritto islamico epurata da tradizioni e usi spesso entrati a far parte di alcune declinazioni del diritto musulmano. Questa sorta di “ritorno al (puro) diritto islamico” 63 In merito al processo di conversione all’islām in Europa e al modus vivendi abbracciato dai “nuovi” fedeli, si veda, tra gli altri, S. ALLIEVI, Les convertis à l’Islam. Les nouveaux musulmans d’Europe, l'Harmattan, Paris, 1998; S. ALLIEVI, I nuovi musulmani. I convertiti all'Islam, Edizioni Lavoro, Roma, 1999; A. KÖSE, Conversion to Islam: A study of native British converts, Kegan Paul International, London, 1996; K.P. ZEBIRI, British Muslim converts: Choosing alternative lives, Oneworld Publications, Oxford, 2007. 64 Il walī, come chiarito da Schacht “è il parente maschio più prossimo della donna in ordine di successione (in quanto ‘asaba), seguito da chi l’ha eventualmente affrancata, dagli ‘asaba di questo e, in mancanza, dal qāḍī.” Si veda J. SCHACHT, Family, cit., p. 169. È bene chiarire che gli ‘asaba sono i parenti maschi della linea maschile. 26 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 supera pertanto il confine del diritto musulmano come praticato dalla comunità locale e volge lo sguardo alla “Ummah della diaspora” pur restando all’interno dei confini europei. 6 - Orientamenti esternalizzati, dualizzati e islamizzati Seguendo la classificazione delle tipologie d’innesto dell’islām in Europa come proposta da Dassetto e Nielsen, esistono due ulteriori categorie: trattasi dei modelli di trapianto intermedi e di assorbimento 65. Nei modelli intermedi (III), viene osservata nel fedele una tensione più o meno significativa tra l’azione religiosa con riferimenti europei e l’azione religiosa con riferimenti esterni. Due sono i possibili sotto-modelli: l’integrazione esternalizzata e la dualizzazione. Nella prima ipotesi di trapianto, ossia l’integrazione esternalizzata (III A), i musulmani si preoccupano dell’integrazione istituzionale dell’islām negli spazi europei, al contempo conservando riferimenti culturali e normativi interni al mondo musulmano66. Diviene quindi esplicita una sorta di tensione tra due riferimenti, due lealtà oppure due interessi; trattasi dello spazio europeo, da una parte, e del mondo islamico e musulmano, dall’altra. A differenza delle ipotesi analizzate nella sezione precedente, tuttavia, questa dicotomia non viene enfatizzata, si cerca invece di adattare il proprio stile di vita soddisfando i requisiti dettati dal diritto religioso, dalle pratiche culturali e dal diritto positivo. Quando questo modello di comportamento viene abbracciato dalle famiglie musulmane europee, molteplici unioni matrimoniali vengono, ad esempio, contratte dagli sposi secondo modalità e/o tempistiche differenti. Il caso più comune tra migranti di prima o seconda generazione è in effetti rappresentano dalle cosiddette “nozze plurime”. Nel caso in cui i nubendi musulmani adottino l’integrazione esternalizzata quale forma mentis, il loro matrimonio agli effetti civili sarà quindi preceduto o, più frequentemente, seguito dal matrimonio conforme alla sharīʿah e da una o più feste di nozze, cui prenderanno parte le famiglie allargate degli sposi, le comunità musulmane locali nonché quelle del/i paese/i d’origine degli sposi. In questi scenari, festeggiamenti, celebrazioni e adempimenti burocratici spesso avvengono anche in paesi diversi. F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 541. F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 541, sottolineano che questo modello corrisponde a quello derivante dalle chiese cattoliche nel periodo moderno. 65 66 27 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Agendo in questo modo, le parti si uniranno in matrimonio non solo secondo il diritto islamico e musulmano, ma anche in base al dettato normativo di diversi sistemi statuali, trattasi di quello nazionale europeo del paese in cui sono domiciliati o residenti, in aggiunta a quelli dei natii paesi a maggioranza musulmana di entrambi gli sposi. La coppia contrarrà pertanto un matrimonio civile, oppure chiederà la registrazione di una unione matrimoniale perfezionatasi all’estero nel paese europeo in cui vive, al contempo si accerterà di soddisfare i requisiti prescritti dal diritto islamico e dal diritto musulmano, incluse tradizioni familiari e e usi locali. Non sarà, in questo caso, demandato al diritto religioso il compito di adattarsi a molteplici diritti positivi statuali e alla cultura socio-giuridica delle comunità musulmane europee e straniere; è invece il modus vivendi et operandi del musulmano europeo che ripetutamente si plasma, accomodando con attenzione tutti i requisiti esistenti al crocevia tra dettato statuale, religioso e tradizionale. La tensione tra l’azione religiosa con riferimenti europei e quella con riferimenti esterni è invece risolta diversamente adottando la prospettiva del secondo sotto-modello di trapianto intermedio. In caso di dualizzazione (III B), i musulmani non credono in effetti possibile un rapporto con la società e la cultura europea; risulta pertanto essere inevitabile una separazione radicale dal contesto occidentale e la creazione in una sorta di “autonomo ghetto comunitario”67. Nei paesi europei, con diverse sfumature dettate dal variegato passato migratorio e da differenti politiche statuali68, si possono identificare delle aree etichettate, o etichettabili, come “ghetti” o banlieues, osservando alcune aree cittadine nelle quali è predominante una presenza migrante F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 541. La bibliografia in merito a questi aspetti è piuttosto ricca; per un’introduzione, si veda, tra gli altri, N. Al-Sayyad, M. Castells (a cura di), Muslim in Europe or Euro-Islam, Lexington Books, Oxford, 2002; R. Aluffi Beck-Peccoz, G. Zincone (a cura di), The legal treatment of Islamic minorities in Europe, Peeters, Leuven, 2004; J. Cesari (a cura di), Oxford Handbook of European Islam, Oxford University Press, Oxford, 2014; J. Nielsen, S. Akgönül, A. Alibašić, E. Racius (a cura di), Yearbook of Muslims in Europe, Brill, Leiden, 2009-2016; D. Westerlund, I. Svanberg (a cura di), Islam in the West: Critical Concepts in Islamic Studies, vol. s 1-4, Routledge, London, 2011. Oltre alle summenzionate opere collettanee, si vedano anche le seguenti monografie: H.A. HELLYER, Muslims of Europe: The ‘other’ Europeans, Edinburgh University Press, Edinburgh, 2009; J. GOODY, Islam in Europe, Cambridge Polity Press, Cambridge, 2003; B. LEWIS, Islam and the West, Oxford University Press, Oxford and New York, 1993; J.S. NIELSEN, Towards a European Islam, Macmillan Press, London, 1999; J.S. NIELSEN, Muslims in Western Europe, Third edition, Edinburgh University Press, Edinburgh, 2004; M. ROHE, Muslim minorities and the law in Europe. Chances and challenges, Global Media Publications, New Delhi, 2007. 67 68. 28 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 musulmana. Non è detto che questo accada, tuttavia, in queste realtà sono talvolta riscontrabili i casi di donne ricongiunte e poi tenute “prigioniere” in casa, senza poter apprendere lingua, usi, costumi e tradizioni (anche giuridiche) del paese in cui si sono trasferite e interagire con la comunità locale autoctona. Se spostiamo lo sguardo al Regno Unito, questo sottomodello è sempre più spesso messo in relazione all’operato dei concili sciaraitici, spesso identificati come corti musulmane o tribunali islamici 69. Secondo la narrativa mediatica e alcune voci del dibattito politico britannico, le donne musulmane sarebbero infatti de facto costrette a rivolgersi a queste organizzazioni islamiche e/o figure religiose proprio in quanto prive di tutela secondo il diritto statuale (molto spesso poiché non coniugate agli effetti civili), oppure in virtù di forti pressioni sociali o familiari. Adottando questa prospettiva, il musulmano percepisce una tensione tra diritto religioso, sociale e, talvolta, statuale; tuttavia un accomodamento o un adattamento tra le differenti culture giuridiche non viene ricercato in quanto percepito come impossibile o, quanto meno, improbabile. La sharīʿah è scelta dal fedele come fonte principe, ma l’aspetto di duplicità persiste nella vita del musulmano poiché l’esistenza viene condotta sul territorio europeo. Ecco quindi che una sorta di “Ummah in scala ridotta” viene creata localmente. La comunità musulmana diviene invece il principale punto di riferimento e il diritto islamico incarna l’unica fonte, quando il musulmano europeo adotta l’ultimo modello di innesto qui analizzato, ossia l’assorbimento (IV). Secondo Dassetto e Nielsen, trovandoci agli antipodi dell’assimilazione, in questo caso, può essere osservato “uno sforzo per la conquista religiosa dell’Europa”70. Detto modus vivendi et operandi potrebbe ipoteticamente portare al sotto-modello definito come islamizzazione (IV A); ossia uno scenario nel quale i musulmani europei potrebbero incorporare lo spazio occidentale all’interno del mondo islamico, così invertendo la situazione corrente. A prima vista, potrebbe sembrare che questo approccio sia scollegato rispetto alle relazioni familiari sciaraitiche, tuttavia, secondo una critica mossa all’operato degli Sharīʿah Councils nel Regno Unito, questo sarebbe uno delle ragioni d’essere, se non l’obiettivo reale, di tali organismi, in base a quanto asserito da studi molto recenti. Zee, ad esempio, sostiene che il Per uno studio del fenomeno e indicazioni bibliografiche si veda F. SONA, Giustizia religiosa ed islām. Il caso degli Sharīʿah Councils nel Regno Unito, in Stato, Chiese, e pluralismo confessionale, cit., n. 34 del 2016, pp. 1-25. 70 F. DASSETTO, J.S. NIELSEN, Conclusion. Past. Present. Future, cit., p. 541. 69 29 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 programma dei fondamentalisti islamici includa l’ampio utilizzo della sharīʿah da parte delle comunità - e soprattutto delle famiglie - musulmane europee71. Manea mette in guarda sull’utilizzo di tecniche e narrative islamofobiche da parte di correnti islamiste, le quali intenderebbero promuovere l’applicazione di una versione piuttosto conservatrice del diritto islamico in occidente proprio attraverso l’operato di questi organismi72. Creati con il dichiarato obiettivo principe di ovviare a unioni “zoppicanti o claudicanti” - matrimoni nei quali alla moglie musulmana veniva negato dal coniuge il divorzio conforme alla sharīʿah73- tali concili sciaraitici dovrebbero essere oggi intesi quale strumento privilegiato per il processo d’islamizzazione dell’Europa, secondo quanto sostenuto da alcuni nell’attuale dibattito mediatico, dottrinale e politico. Nella narrativa contemporanea, nonostante le richieste di riconoscimento e applicazione del diritto musulmano avanzate da alcune figure religiose islamiche e associazioni musulmane vennero presto abbandonate74, lo “spettro della sharīʿah” continua invero ad agitare l’opinione pubblica britannica75. Secondo talune interpretazioni, il diritto islamico/musulmano sarebbe un efficace sistema giuridico offerto dalle comunità musulmane all’Europa e talvolta persino ben accetto76. Recentemente, ad esempio, il Tribunale Arbitrale Musulmano paventò la potenziale applicazione delle norme di diritto islamico e/o musulmano anche a cittadini europei non musulmani, soprattutto in casi di arbitrato 71 M. ZEE, Choosing Sharia? Multiculturalism, Islamic Fundamentalism and Sharia Councils, Eleven, The Hague, 2016, p. 161. 72 E. MANEA, Women and Shari’a Law: The Impact of Legal Pluralism in the UK, I.B. Tauris, London, 2016, pp. 183-227. 73 Z. BADAWI, Muslim justice in a secular state, in God’s law versus state law, a cura di M. King, Grey Seal, London, 1995, pp. 73–80. 74 S. POULTER, The claim to a separate Islamic system of personal law for British Muslims, in Islamic family law, a cura di C. Mallat, J. Connors, Graham and Trotman, London, 1990, pp. 147-166. Per uno studio dei rimedi elaborati da parte delle comunità musulmane britanniche si veda D. PEARL, W.F. MENSKI, Muslim family law, cit., pp. 73-83. 75 L’espressione ‘the spectre of shari’a’ è utilizzata da R. GRILLO, Muslim Families, Politics and the Law, cit., p.13. 76 In merito al dibattito mediatico, tra gli altri, si vedano C.D. HOGG, J. WYNNEJONES, We want to offer sharia law to Britain, in UK News, 20 January 2008, online at http://www.telegraph.co.uk/news/uknews/1576066/We-want-to-offer-sharia-law-to-Britain.html, 21 agosto 2016, il quale riporta la seguente dichiarazione rilasciata dal Dr. Hasan nel documentario di Channel 4 intitolato Divorce: Sharia Style: "We want to offer it to the British society. If they accept it, it is for their good and if they don't accept it they'll need more and more prisons.". 30 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 commerciale77. Volgendo lo sguardo al recente passato, la storia sembra quindi ripetersi. Nel dibattito odierno, tuttavia, enfasi maggiore è posta sugli interstizi esistenti tra ordinamenti religiosi e statuali, o meglio, tra culture giuridiche delle minoranze religiose musulmane e diritto positivo. Il dialogo interculturale diviene quindi più complesso e serpeggia il timore che l’atteggiamento di una minoranza islamica, che desidera un riconoscimento di (alcuni) principi sciaraitici da parte dei sistemi giuridici nazionali europei, possa eventualmente portare a un quadro occidentale islamizzato78. 7 - Considerazioni conclusive L’analisi proposta ha quindi rivelato che composite relazioni sciaraitiche sussistono in zone grigie che risultano essere sovrapponibili nel dinamico scenario contemporaneo. Nel dialogo interculturale tra sharīʿah autoctona e ordinamenti normativi, diversi modelli di coesistenza statuale e sociale sono costantemente inventati e rielaborati. Talvolta i principi sciaraitici non vengono adeguati al dettato normativo del diritto nazionale europeo, talaltre il diritto positivo come applicato da paesi a maggioranza musulmana pone particolare attenzione al modus vivendi et operandi dei propri cittadini domiciliati all’estero, elabora pertanto puntuali tecniche di adattamento al contesto europeo. In alcune ipotesi, lo sforzo di adeguamento del diritto islamico alla cornice istituzionale europea giunge a sviluppare un islām culturalizzato e spiritualizzato. Un accomodamento ad hoc può, tuttavia, essere richiesto dal musulmano europeo ai fini di acquisire un maggior peso istituzionale. Adottando una differente prospettiva, nelle relazioni interculturali può essere sviluppato un discorso di respiro internazionale volto sia all’integrazione europea, sia al consenso della Ummah. Quando questo “adattamento dicotomico” non sia possibile o desiderabile, l’accomodamento dell’islām può essere cercato in sistemi giuridici altri oppure in culture giuridiche altre. In talune ipotesi, il contributo delle Questo è stato ampiamente riportato da diverse testate giornalistiche. Si veda, ad esempio, A. HIRSCH, Fears over non-Muslim's use of Islamic law to resolve dispute, in The Guardian, 14 March 2010, online at https://www.theguardian.com/uk/2010/mar/14/nonmuslims-sharia-law-uk, 21 agosto 2016. 78 Tra i tanti si veda, ad esempio, il discusso B. YE-OR, Eurabia: The Euro-Arab axis, Fairlrigh Dickinson University Press, Madison (NJ), 2005. 77 31 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 rappresentanze diplomatiche dei paesi a maggioranza musulmana si rivela poi essere di fondamentale importanza: attraverso il loro operato, l’accomodamento del diritto islamico e musulmano nel tessuto istituzionale e sociale europeo è cercato e trovato nello scollamento, oppure nell’allineamento, di diversi e concorrenti sistemi normativi. Nel corso della vita quotidiana della famiglia musulmana europea, può pertanto essere favorita un’interpretazione del diritto islamico epurata da tradizioni e usi entrati a far parte di alcune declinazioni del diritto musulmano. In queste ipotesi, l’accomodamento di principi sciaraitici nel sistema statuale può non essere percepito come necessario e quindi non essere ricercato. Taluni membri di famiglie musulmane europee possono invece plasmare il proprio stile di vita in modo conforme non solo al diritto religioso e al diritto positivo, ma anche a tradizioni, usi e costumi. Agli antipodi, troviamo il modus vivendi et operandi di coloro i quali non ricercano l’adattamento del diritto religioso: la sharīʿah è l’unica fonte e la Ummah diviene il principale punto di riferimento. Questi sfaccettati e, talvolta, sovrapposti atteggiamenti, approcci e orientamenti, che influenzano l’azione del cittadino musulmano europeo, sono fenomeni di interazione giuridica e sociale che si ripropongono oggi con maggiore intensità, seppure affondino le proprie radici nel recente passato migratorio. Iniziarono infatti a essere percepibili già nello scorso decennio, come chiarito, ad esempio, dalla relazione presentata al Parlamento Europeo da Dassetto, Ferrari e Maréchal; documento che aveva già posto enfasi su quanto segue: "[n]el contesto europeo, la questione della riforma dell’islām è inevitabile. Ed è richiesta in un nuovo contesto, perché i musulmani che si definiscono “europei e musulmani” non possono più interpretare la questione in termini di scontro con la modernità, come se si trattasse di una realtà esterna ed importata. Da adesso in poi, devono pensare alla modernità come parte della propria identità (e parte già pensa in questi termini). […] In questo momento, diverse elaborazioni del pensiero musulmano sono apparse, anche se, i rispettivi confini sono talvolta un po’ porosi, [trattasi di] il pensiero letteralista, il pensiero conservatoreistituzionale, il pensiero neo-riformista, la spiritualizzazione "moderna", e l’islām laico"79. Traduzione dell’Autore. F. DASSETTO, S. FERRARI, B. MARÉCHAL, Islam in the European Union: What’s at stake in the future?, Directorate General Internal Policies of the Union, Policy Department Structural and Cohesion Policies, Culture and Education, 14 May 2007, European Parliament, Brussels, 2007, pp. 23-26. 79 32 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 40/2016 12 dicembre 2016 ISSN 1971- 8543 Le declinazioni dell’essere musulmano europeo", attraverso stile di vita, identità, credo, comportamento e appartenenza sono quindi plurime e si traducono in differenti modalità d’innesto e di trapianto dell’islām nel tessuto europeo. Nella realtà contemporanea, l’analisi e la decodifica degli svariati prototipi di coesistenza statuale e sociale, nonché dei poliedrici modelli di reciproca interazione tra sharīʿah e ordinamento statuale, acquisiscono un’importanza e una rilevanza sempre maggiore. Esaminando le relazioni familiari sciaraitiche da un punto di vista al contempo etnografico e giuridico, si palesa un fluido, complesso e variegato spettro di possibili concorrenti vie di accomodamento e adeguamento. Nel dialogo interculturale tra diritti statuali e sharīʿah autoctona è quindi opportuno prestare particolare attenzione alla reciproca influenza tra questi ordinamenti, invero le tecniche di adattamento adottate dall’islām europeo, nella propria accezione visibile, culturale o reinterpretata, non sono solo molteplici, ma in costante divenire. 33