- Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche

La LIBERA RES PUBLICA
Avvento della libera Res Publica
Conflitto patrizio-plebeo
Organi della Libera Res Publica
Roma - Territorio - Pax Romana
Modello di produzione del diritto
DIRITTO ROMANO
12-13-14 ottobre 2015
VII-VIII-IX lezione
Panoramica
Premessa.

Materiali
La libertas è il fondamento della Res Publica, con essa si esprime
l’indipendenza non soltanto dei cives, ma delle stesse istituzioni politiche.
Tale concezione rende i cives orgogliosamente diversi da tutti quei popoli che
non sono in grado di autodeterminarsi, preferendo la posizione di suddito a
quello di cittadino. Essa caratterizzerà ogni profilo politico, sociale ed
organizzativo, definendo:

A. CORBINO, Diritto privato
romano3, pp. 24-61; 188-197;
217-225.

Cartine ricostruttive
Slides
- l’equilibrio tra gli organi costituzionali (magistrature, senato e assemblee);
- il rapporto tra gli ordini sociali (progressiva inclusione dell’elemento plebeo
nella gestione del potere politico);
- la relazione tra Roma ed il territorio di sua influenza (gestione politica e
amministrativa della penisola italica, delle province e dei protettorati).
Altre risorse
Fonti letterarie
L’avvento della libera Res Publica
L’anno 509 segna il passaggio dalla monarchia ad una nuova forma civitatis: la
libera Res Publica. La lex Valeria sancisce la nomina dei due consoli alla
guida della civitas.
[Libera Res Publica]

Dion. V; Liv. I-II-III
.
1
 Il racconto offerto dalla tradizione letteraria attribuisce carattere
antietrusco ed antimonarchico alla sollevazione operata dall’aristocrazia
romana. Il dato è generalmente accettato dalla storiografia moderna. Oggetto
di discussione è, invece, il carattere che assumono al loro nascere le
magistrature repubblicane. Non è oggi ancora chiaro se queste abbiano avuto
fin dalle origini carattere plurale, quanto peso abbia assunto il profilo militare e
quale sia stato il loro rapporto con il senato. La nascita del consolato segna la
distinzione tra sfera politica e quella religiosa.
Il conflitto patrizio-plebeo
 Il nuovo assetto porta conseguenze sociali:
- Il ruolo di mediazione assunto dai re etruschi tra il patriziato e la plebe viene
meno. Il nuovo assetto di governo della civitas è connotato da un’impronta
aristocratica.
- Intervengono gravi problemi economici per la plebe dovuti ad un suo
progressivo impoverimento.
 I plebei nel 494 si ritirano dalla città (prima secessione), rivendicano un
alleggerimento del debito ed una modifica dell’istituto del nexum. Non
ottengono alcun risultato nel merito della loro richiesta. Tuttavia
l’accadimento ha esiti fondamentali per l’organizzazione della plebe. Sono
eletti i tribuni che mediante un giuramento (leges sacratae) sono considerati
intangibili da chiunque (anche dai consoli). Questo permette loro l’esercizio
dell’intercessio (il diritto di opposizione) verso gli atti dei consoli a tutela
(auxilium) dei plebei. Nella stessa occasione sono creati gli aediles ai quali è
affidata la cura dei templi e dei documenti in essi contenuti. Tali decisioni
sono prese dal concilium plebeo che diventa l’organo assembleare stabile dei
plebei e che, ben presto, inizia a riunirsi tributim e non centuriatim.
-Dalla metà del V secolo le richieste della plebe esulano l’ambito strettamente
economico e vertono sull’organizzazione pubblica allo scopo di limitare il più
possibile il potere consolare, in tal ambito bisogna porre la richiesta avanzata
da Terentilio Arsa di costituzione di una commissione per la redazioni di leggi
limitatrici dei poteri consolari.
Nello stesso periodo l’organizzazione plebea diviene sempre più solida; di
questi anni sono: il raddoppio del numero dei tribuni; la legge de Aventino che
permette una nuova assegnazione alla plebe di ager publicus. La tradizione
letteraria ci tramanda la presenza di una pressione sempre crescente dei plebei
sull’aristocrazia, esercitata anche attraverso la coercitio dei tribuni: esempi di
ciò possono essere rintracciati nel c.d. processo contro Cesone Quinzio e
contro i consoli Romilio e Veturio.
-Tale periodo porterà ad una nuova mutatio della forma civitatis con la
nomina del decemvirato legislativo al quale sono assegnate funzioni di
governo e legislative. L’esperimento politico finisce in tragedia con una nuova
secessione della plebe, ma lascia ai romani la loro “costituzione”: la legge o
meglio le leggi delle XII tavole. La restaurazione dello stato consolare è
accompagnata dalle leggi Valeriae-Horatiae che sanciscono il ritorno del
tribunato ed attribuiscono vigore di legge ai plebiscita. Gli anni successivi
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portano ad una progressiva inclusioni dei plebei nelle magistrature.
 Nel 409 i plebei accedono alla questura.
 Il 367 segna -con le leges Liciniae Sextiae- la tappa più importante: con
esse finalmente è garantito ai plebei l’accesso al consolato.
Contestualmente sono riservate al patriziato due nuove magistrature: la
pretura che assolverà principalmente alla funzione giurisdizionale e
l’edilità curule.
 Nel 355 i plebei sono ammessi alla dittatura ed, infine, nel 339 (?) alla
censura.
 Il percorso di “parificazione” si conclude con il plebiscito Ogulnio (300 a.C.)
che ammetterà i plebei al collegio pontificale.
Organi della Libera Res Publica
 Le Magistrature. Caratteri e funzioni
- Le magistrature romane sono temporanee, elettive ed onorarie, sono ricoperte
da più titolari che -di norma- esercitano il potere collegialmente. La guida
politica e militare della città è riservata ai consoli che godono anche
dell’eponimia.
-Le funzioni magistratuali -in origine dei soli consoli- sono organizzate
successivamente in un sistema più complesso, naturale conseguenza della
crescita della civitas.
Sono create così:





La Questura con competenze fiscali e militari (in un secondo tempo i
questori sono mandati nelle province per aiutare i governatori).
la Censura con l’alto compito di procedere al censimento e di
sovraintendere al regimen morum sulla città, ai censori è affidata la lectio
dei senatori (a far data dal plebiscito ovinium).
La Pretura con funzioni giusdicenti (tra i cives –praetor urbanus- e poi
anche tra cives et peregrini e tra gli stessi peregrini –praetor peregrinus-) e
in un secondo momento con funzioni di governo nelle province.
L’Edilità curule e plebea con le curae annonae, ludorum ed urbis e con
una limitata competenza giurisdizionale sui mercati riservata agli edili
curuli.
Nei momenti di difficoltà istituzionale si sospendono le magistrature
ordinarie e si procede da parte di uno dei due consoli alla creazione del
Dictator, contro il quale non può farsi valere la provocatio. Questi non
può durare incarica per un periodo superiore a sei mesi, e, comunque, non
oltre il perdurare delle ragioni che ne hanno determinato la nomina.
 La promagistratura. Le esigenze legate prima all’impegno militare e poi all
governo del territorio rese opportuno prorogare l’imperium ai magistrati.
La prorogatio si applica in principio ai magistrati maggiori (consoli e
pretori), in seguito a tutti gli altri magistrati e talune volte anche a privati
cittadini che non ricoprono alcuna carica pubblica.
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 Il Senato
Organo d’indirizzo politico e di controllo è il senato, il quale ha le funzioni già
acquisite in epoca monarchica. Il fatto, però, che ora i magistrati, a differenza
del rex, sono temporanei, dà ai patres un ruolo ben più importante, poiché il
senato diventa la sede effettiva delle decisioni politiche. Il senato rappresenterà
per tutta l’epoca repubblicana il baluardo della libertas repubblicana.
 I Comitia
I comitia della civitas oltre che curiatim si riuniscono centuriatim o tributim,
nel primo caso la disposizione segue quella dell’esercito centuriato che in età
repubblicana prevede cinque classi distinte con criteri timocratici, nel secondo
caso si segue un ordine territoriale sulla base della tribù “serviana” di
appartenenza. il concilium plebis (l’assemblea della plebe) assume un ruolo
assai più rilevante. I comizi sono chiamati annualmente ad eleggere i
magistrati di rispettiva competenza (i magistrati maggiori sono eletti dal
comizio centuriato, i magistrati minori dal comizio tributo, tribuni ed edili dal
concilio plebeo). L’attività legislativa subisce un impulso notevole. In epoca
repubblicana matura la qualità delle leggi cambia radicalmente, anche la
funzione di giurisdizione criminale esercitata mediante provocatio ad populum
assume un ruolo decisivo.
Roma - Il Territorio - La Pax Romana.
I secoli della repubblica appaiono ai nostri occhi quasi un paradosso. Roma tra
il V ed il III secolo è segnata da un conflitto sociale tra gli ordini che vede la
sua conclusione soltanto nel 287 a.C. con l’ultima secessione plebea e la
promulgazione della lex Hortensia che equipara i plebiscita alle leges. Il II
secolo -datiamo dall’epoca graccana (133-122 a.C.)- non si apre con tensioni
meno rilevanti, anzi appare caratterizzato da uno stato continuo di lotte
interne che sfociano anche in aperti conflitti armati tra optimates -portatori di
valori tradizionali che vedono nel senato il baluardo della libertas
repubblicana- e populares -più aperti ad un riequilibrio tra le classi sociali e
propugnatori di cambiamenti istituzionali. Tali contese portano -attraverso
diversi esperimenti costituzionali segnati da terribili episodi di sangue- alla fine
della stessa repubblica ed al sorgere del nuovo regime ad opera di Ottaviano
Augusto. Eppure, una società così conflittuale è capace di conquistare
progressivamente e, ancora più inspiegabilmente, di mantenere in suo dominio
un territorio di proporzioni sempre più considerevoli. Gli scontri brutali contro
Equi e Volsci nel V secolo, ma, soprattutto, la guerra contro Veio, con la
creazione di quattro tribus sul suo territorio, segnano il primo momento di vera
espansione dell’ager romanus. Il sacco di Roma ad opera dei Galli nel 390
a.C., i continui scontri contro i Volsci, la ricerca costante di strumenti di guerra
e di pace per tenere in scacco le popolazioni latine, fino allo scioglimento della
lega nel 338 a.C., rafforzano la consuetudine allo scontro. La guerra contro i
sanniti porta già nel IV secolo ad una popolazione di 250.000 uomini in armi.
Le guerre contro i Galli senoni, lo scontro con Taranto e la “guerra delle
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guerre” contro Cartagine nel III secolo fanno di Roma la più grande potenza
del Mediterraneo.
Roma è l’urbs, con i suoi nuovi spazi pubblici, i suoi templi, ma è anche il suo
territorio fuori dalle mura con le sue strade che portano sempre più uomini a
spostarsi dalla periferia verso il centro. Roma è la sua rete di coloniae civili e
militari che segnano il territorio italico, ma è anche i suoi municipia, comunità
di tipo cittadino che perdono la loro autonomia, legate a Roma con relazioni
diverse, articolate a seconda di come sia dispensata la sua clemenza. Roma è
l’insieme di conciliabula, fora, vici, aggregazioni minori, ma parte della
medesima architettura amministrativa.
Roma è l’ager peregrinus –territorio di residenza più prossimo a quello
romano- segnata dai foedera spesso iniqua con i quali Roma imponeva la sua
pax.
Roma è il territorio suddiviso in provinciae, quando -sconfitta Cartagine- varca
il mare, affidando a suoi magistrati, sulla base di una lex, la regolamentazione
delle relazioni delle popolazioni preesistenti, spezzettate in una nuova struttura
amministrativa. Latini e Peregrini non sono cives, ma ad essi sono concessi -in
misura ed in forme diverse- l’uso dello ius e degli iura. Ai latini prisci, vecchi
alleati, si riconosce quasi una cittadinanza in potenza; sono ammessi alla
spartizione del bottino, alla distribuzione dell’ager publicus, al voto in una
tribù estratta a sorte, godono dello ius migrandi, a loro è esteso lo ius connubii
e lo ius commercii; ai latini coloniari è concesso di applicare ai loro scambi
commerciali il diritto romano. Con i peregrini le relazioni sono ancora più
articolate, il praetor peregrinus regola fra tutti (inter peregrinos e inter cives et
peregrinos) l’applicazione del diritto. Gli abitanti dell’Impero possono secondo
una pratica scelta e non imposta ricorrere ai tribunali romani.
Iura et arma, così i romani dominarono il mondo.
Modelli di produzione del diritto
È proprio in epoca repubblicana -intoro al III secolo- che si avvia un
cambiamento che porta alla fine del monopolio pontificale in materia
d’intepretatio iuris. L’estendersi della sfera d’influenza di Roma oltre il bacino
del Mediterraneo comporta un cambiamento dell’organizzazione economica,
si passa da un sistema fondato sulla terra (diritti reali) ad un modello di
produzione della ricchezza che ha al suo centro le pratiche commerciali (diritto
dei contratti). Tale mutamento economico conduce a ritenere il collegio
pontificale non più idoneo a dare risposte ai problemi che nascono dagli
scambi, perché non sempre gli interessati si trovano nelle condizioni materiali
di poter chiedere un responsum, giacché i loro affari si svolgono in buona parte
anche nelle province, lontani, quindi, da Roma e soprattutto perché le richieste
sono, in una certa misura, culturalmente lontane da quella aristocrazia terriera,
distante per formazione dai problemi legati a pratiche commerciali, anche per
ragioni legate alle sue responsabilità politiche (i senatori ed i loro figli sono
soggetti a divieti di legge relativi al commercio marittimo, sanciti da una lex
Claudia del 218 a.C).
Ciò comporta la nascita di un ceto di giuristi il cui responsum si misura in
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termini di qualità. Il prestigio dei iuris periti, la loro capacità di offrire una
regola che -nella massima misura possibile- configuri le relazioni sociali
rilevanti per la comunità degne di tutela giuridica nel modo più soddisfacente
possibile. L’intrpretatio iuris determina ed indirizza i comportamenti dei cives
e le decisioni dei giudici. Conformità di metodo e comune conoscenza
costituiscono i fondamenti della scientia iuris, rendono i responsa affidabili.
Non vi è per i romani alcuno scandalo nell’espressione di responsa di diverso
indirizzo, lo ius può essere, dunque, controversum: a fronte di un’unità di
metodo e di scientia si possono determinare interpretazioni diverse, anche la
giurisprudenza è, dunque, improntata al valore della libertas repubblicana, ciò
che rileva ed uniforma è l’avere il medesimo grado di conoscenze e
competenze nell’ambito dei quali ogni giurista determina liberamente la
propria posizione.
L’attività giurisprudenziale matura al suo interno un linguaggio tecnico, un
sistema di parole e concetti con un significato peculiare e convenzionale nel
quale trovano definizione giuridica le situazioni che assumono rilevanza nelle
relazioni tra privati.
La disciplina dei fenomeni giuridici è data dalla ricerca del “miglior diritto”,
inteso come ricerca della soluzione più equilibrata. Il giurista si preoccupa di
trovare la migliore soluzione al caso concreto.
Il pensiero giurisprudenziale, prima espresso dal collegio pontificale, contenuto
nei libri dei pontefici, si trasfonde nelle opere dei giuristici laici. Il primo
giurista non sacerdote è Appio Claudio Cieco alla fine del IV secolo, Nel III
secolo ricordiamo i fratelli Publio e Sesto Elio Peto ( Sesto è autore dei
tripertita , opera che costituisce un esempio di “sistematica” romana ordinando
lo ius secondo il fondamento legislativo (legge delle XII tavole), l’intepretatio
iuris e le legis actiones.
Soltanto nel II sec a.C. si ha una piena affermazione di una giurisprudenza
fuori del collegio pontificale. Publio Mucio Scevola, Manlio Manilio, e Giuno
Bruto sono considerati i fondatori della conoscenza tecnica dello ius civile, ad
essi si deve anche la costruzione di filoni di pensiero giuridico dai quali
troveranno sviluppo le scuole di giuristi di età classica.
Obiettivi
 Conoscenza della costituzione del nuovo assetto repubblicano ed
interpretazione del nuovo modello politico.
 Conoscenza delle vicende legate alla lotta tra gli ordini ed interpretazione
delle ragioni del conflitto.

Conoscenza del modello di produzione del diritto in età repubblicana
 Comprensione della relazione intercorrente tra assetto costituzionale e
modello di produzione del diritto.
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Attività
Lezione frontale
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