UNITA’ DI RICERCA DI ANCONA Direttore: Prof. Paolo Bruni Studio FT-IR sull’effetto di ioni metallici bivalenti su complessi DNA-liposomi Il lavoro condotto nel corso dell‟anno 2000 rappresenta il punto d‟arrivo sul contributo che la spettroscopia IR-FT può fornire allo studio del tema: sono stati infatti definiti i pattern spettrali completi di ogni singolo componente (DNA, liposoma), delle singole miscele binarie (metallo catione/DNA, metallo catione/liposoma, DNA/liposoma) nonché dei vari complessi ternari Me2+/DNA/liposoma. Come liposoma è stata usata la dimiristoilfosfatidilcolina (DMPC) al posto della fosfatidilcolina (egg-yolk) allo scopo di semplificare gli spettri; gli ioni metallici studiati sono Ca2+, Mg2+, Mn2+, Cu2+, Cu2+. Lo studio ha permesso di valutare l‟influenza sia del liposoma che dei vari ioni metallici sulle interazioni di “base pairing” e “base stacking” del polinucleotide, nonché sulle transizioni tra le sue forme A, B ,Z; nonché sulle modifiche indotte dai vari ioni metallici sul complesso DNA/DMPC. I principali risultati ottenuti sono di seguito descritti. Complessi DNA-ioni metallici. Mentre nel semplice DNA si ha prevalenza della conformazione B, in presenza di tutti gli ioni metallici aumentano le forme A e Z (fosfati e carbonili), ciò che contraddice quanto da altri affermato e cioè che gli ioni metallici inibiscono la transizione verso la forma A. Tutti i metalli aumentano il grado di polarizzazione del legame P=O. Complessi DMPC-ioni metallici. Si nota un aumento nell‟ordine delle catene alifatiche, in particolare con Ca2+ e Mg2+ ed una riduzione dei legami idrogeno. Complessi DMPC-DNA. Si nota un aumento della conformazione B del DNA, mentre quest‟ultimo agisce sui modi vibrazionali dei CH2 e del C=O allo stesso modo degli ioni metallici. Complessi tripi. Mentre l‟azione indipendente sia del DNA che degli ioni metallici favorisce una geometria esagonale del DMPC il loro effetto congiunto non porta a nessun mutamento nell‟organizzazione della catena idrocarbonica del liposoma. Solo il Mg2+ non annulla l‟effetto del DNA e mantiene la geometria esagonale della DMPC. Mentre gli ioni Ca2+ ed Mg2+ non intervengono a modificare il maggio ordine indotto dal DNA sulle catene idrocarboniche della DMPC, Co2+, Cu2+ e Mg2+, ne riducono fortemente l‟effetto. In generale valgono le seguenti conclusioni. L‟analisi dei modi vibrazionali dei gruppi CH, carbonile e fosfato del DNA e del liposoma dimostra che l‟andamento spettrale dipende dal rapporto molare tra i due componenti (complesso DNA/DMPC) e dalla natura dello ione metallico (complessi binari DNA/Me2+ e DMPC/Me2+): gli ioni Ca2+ ed Mg2+ mostrano il maggior effetto sul CH, gli ioni Co2+ e Cu2+ sui gruppi polari, con lo ione Mn2+ che viene a collocarsi in una posizione intermedia. Nei tripli complessi tutti i cationi eccetto Cu2+ aumentano l‟ordine lungo le catene lipidiche e tutti eccetto Mg2+, preservano la conformazione originale delle catene idrocarboniche della DMPC. Questo risultato è di una certa importanza in quanto sembra confermare un‟osservazione fatta da altri autori e non dimostrata e cioè che esista una correlazione long-range tridimensionale nel corso della formazione dei complessi tra liposomi e DNA. Un altro importante risultato ottenuto con la tecnica IR-FT è che, a differenza di Ca2+ e Mg2+, che non hanno praticamente effetto, Co2+ e Cu2+ favoriscono la forma Z del DNA nel triplo complesso. Ciò significa che questi ioni debbono essere evitati in eventuali applicazioni terapeutiche di complessi DNA-liposomi (processi di DNA transfection). In conclusione la tecnica IR-FT è in grado di caratterizzare in modo soddisfacente i complessi ternari distinguendoli da quelli binari DNA-DMPC. Pubblicazioni del gruppo UNITÀ DI RICERCA DI BARI Direttore: Prof. Giovanni Natile L'attività di Ricerca dell'Unità Locale di Bari ha riguardato lo sviluppo di farmaci antitumorali a basi di Platino "non convenzionali" in quanto caratterizzati dall'avere geometria trans e non geometria cis come il capostipite cisplatino, cis-[PtCl2(NH2)2], il farmaco antitumorale più venduto nei paesi avanzati. La diversa struttura geometrica comporta una diversa interazione con il recettore (il DNA cellulare) e quindi il superamento di alcune limitazioni riscontrate nell'uso del cisplatino quali la resistenza di alcune linee tumorali sia intrinseca che acquisita a seguito del trattamento. L'attivazione della geometria trans é stata ottenuta mediante l'uso di leganti carrier diversi dall'ammoniaca ed, in particolare, mediante l'uso di leganti iminoeteri di formula generale HN = C(OR')R. Questi leganti sono caratterizzati dall'avere carattere intermedio tra amine alifatiche ed amine aromatiche. Infatti come le ammine aromatiche hanno struttura planare e presenza di orbitali molecolari di tipo p-greco, mentre come le ammine alifatiche recano un atomo di idrogeno legato all'azoto donatore ed un ridotto ingombro sterico. Composti di Platino con ammine aromatiche avevano mostrato possedere attività citotossica nei confronti di linee tumorali, in vitro, ma non attività antitumorale in vivo. Al contrario i composti di platino con iminoeteri hanno mostrato possedere due caratteristiche peculiari e cioé: ii) citotossicità degli isomeri a geometria trans maggiore di quella dei corrispondenti isomeri a geometria cis, (ii) attività antitumorale in vivo sia nei confronti di Leucemie che di tumori solidi. La sintesi di questi composti per alcolisi dei corrispondenti composti nitrilici e il loro potenziale uso come farmaci antitumorali è stata oggetto di brevetto esteso alle nazioni della Comunità Europea e del Nord America. L'unità di Bari ha quindi approfondito le indagini di tipo sia chimico che farmacologico necessarie perché uno o alcuni di questi composti possano entrare in fase clinica. In particolare dal punto di vista chimico é stata valutata la stabilità dei composti in soluzione acquosa per ottenere informazioni necessarie alla formulazione del composto ed alle modalità di somministrazione. E' stata valutata la velocità di solvolisi in assenza di eccesso di ioni clururo e la reattività nei confronti di substrati solforati, quali il glutatione, e di basi azotate del DNA. Da un punto di vista farmacologico é stato effettuato uno screening dell'attività di campioni rappresentativi di questa classe di composti nei confronti di una ampia gamma di linee tumorali umane selezionate in base alla vastità della loro incidenza ed alla resistenza al trattamento col cisplatino. Inoltre é stata studiata la distribuzione intracellulare, l'alterazione del ciclo cellulare e la morte cellulare per apoptosi. E' Stato siglato un accordo di collaborazione con l'industria farmaceutica Sigma-Tau, la quale valuterà la possibilità di sviluppo industriale di alcuni di questi composti. Parallelamente é stato intrapreso un intenso studio di caratterizzazione degli addotti col DNA, delle distorsioni conformazionali che ne conseguono e del loro presumibile effetto sulla biologia cellulare. I risultati di questa indagine, riportati in tre lavori su riviste internazionali hanno permesso di accertare che: i) il farmaco interagisce preferenzialmente con guanine in sequenza pyG-py; ii) gli addotti monofunzionali evolvono ad addotti bifunzionali nel caso di singolo filamento mentre risultano stabili nel caso di doppio filamento; iii) le maggiori distorsioni della doppia elica sono localizzate sulla coppia di base adiacente in posizione 5'. Infine lo studio NMR di un decanucleotide 5'-d(CCTCGCTCTC) platinato alla singola guanina ed ibridizzato con il filamento complementare 5'-d(GAGAGCGAGG) ha mostrato, contro ogni aspettativa, come l'addotto monofunzionale sia in grado di provocare un bending della doppia elica di circa 45° confrontabile con quello provocato dagli addotti bifunzionali del cisplatino. Inoltre il bending é diretto verso il solco minore (come negli addotti crociati intercatena) e non verso il solco maggiore (come negli addotti crociati intracatena). Uno studio dettagliato (HPLC, NMR) della reazione del trans-iminoetere complesso, trans[PtCl2{HN=C(OMe)Me}2], con il dinucleotide ApG ha permesso di evidenziare per la prima volta, dopo 30 anni di ricerca in questo settore, la possibilità anche per i composti di platino a geometria trans di formare addotti intracatena con basi puriniche adiacenti dello stesso filamento. Tale tipo di interazione era stata sempre ritenuta impossibile. L‟acquisito, in collaborazione con altri gruppi di ricerca del dipartimento Farmaco-Chimico, di uno spettropolarimetro CD-ORD della JASCO S.p.A., ha permesso lo studio delle alterazioni conformazionali del DNA conseguente alla interazione con farmaci a base di platino. In particolare è stata messa in evidenza una “comunicazione di seconda sfera” tra i leganti “carrier” e le basi nucleiche coordinate al platino e tra basi nucleiche coordinate al platino in posizione cis. Queste interazioni di “seconda sfera” determinano la stereochimica e la diversa stabilità di diversi conformeri. Per la prima volta è stato messo in evidenza che il legame crociato del cisplatino con due purine adiacenti dello stesso filamento (questo rappresenta da solo circa il 90% degli addotti del cisplatino con il DNA) non è affatto statico ma dinamico e può assumere, nel tempo, diverse conformazioni. L‟uso sapiente di “retromodels”, cioè di modelli più complessi del sistema che si vuole studiare, ha permesso la caratterizzazione strutturale delle diverse conformazioni. Una volta acquisite le caratteristiche spettroscopiche (NMR e CD) dei singoli conformeri, è stato possibile calcolare il contributo delle singole conformazioni nel sistema naturale. Inoltre un'altra quota di £.25.000.000 é stata utilizzata per il cofinanziamento di un assegno di ricerca biennale. Il tema di ricerca di tale assegno di ricerca é esclusivamente quello indicato in questo progetto di ricerca e permetterà al vincitore di acquisire competenze nell'ambito della sintesi dei composti di platino, dell'uso di tecniche di biologia molecolare e di biofisica strutturale. UNITÀ LOCALE DI BOLOGNA Direttore: Prof. Alberto Ripamonti Descrizione attività svolta L‟attività di ricerca si inquadra nella tematica del Consorzio: Biomineralizzazione e Biocristallografia. a) Biomineralizzazione Il progetto di ricerca è indirizzato allo studio degli aspetti chimici e strutturali dei processi di biomineralizzazione come sistemi modello per la progettazione di materiali con particolari proprietà tecnologiche. In questo ambito è stata proseguita l‟indagine sull‟effetto di alcuni polielettroliti sulla stabilità relativa di fosfati di calcio. In particolare è stato eseguito uno studio strutturale e morfologico sull‟idrolisi dell‟ottacalcio fosfato in presenza di poliacrilato di sodio. L‟ottacalcio fosfato, Ca8H2(PO4)6 5H2O (OCP), appare spesso come intermedio durante la precipitazione della fase termodinamicamente più stabile, l‟idrossiapatite (HA), ed è considerato un probabile precursore dell‟apatite che si deposita durante la biomineralizzazione dei tessuti duri dei vertebrati. La struttura dell‟OCP è molto simile a quella dell‟HA: la cella elementare è costituita da uno strato praticamente identico a quello della cella elementare dell‟HA, e da uno strato in cui gli ioni calcio e i gruppi fosfato sono più distanziati a causa della presenza di molecole di acqua di idratazione. E‟ stato suggerito che la trasformazione dell‟OCP in HA in soluzione acquosa avviene secondo un meccanismo di idrolisi in situ e/o attraverso la dissoluzione dell‟OCP e successiva ricristallizzazione dell‟HA. Dal momento che la deposizione dei fosfati di calcio nei tessuti biologici avviene in un ambiente ricco di macromolecole acide che possono influenzarne la nucleazione e la crescita, l‟idrolisi dell‟OCP è stata studiata in presenza di un polielettrolita contenente numerosi gruppi carbossilato quale il sodio poliacrilato (NaPA, peso molecolare 2100). Generalmente i polielettroliti in soluzione inibiscono la cristallizzazione dei fosfati di calcio. Inoltre vengono facilmente ed irreversibilmente adsorbiti su cristalli di HA attraverso interazioni di tipo elettrostatico e/o legame a idrogeno. I prodotti ottenuti dopo permanenza in soluzioni a diversa concentrazione di polielettrolita sono stati analizzati con tecniche di diffrazione di raggi X, di spettroscopia FTIR, di microscopia elettronica a scansione e a trasmissione. Il sodio poliacrilato mostra una notevole affinità per la struttura dell‟OCP, su cui viene adsorbito in quantità nettamente maggiore rispetto all‟HA. L‟adsorbimento avviene in modo preferenziale sullo strato idrato della faccia (100) dell‟OCP, dove i gruppi carbossilato possono possono interagire sia con gli ioni calcio, attraverso interazioni di tipo elettrostatico, sia con le molecole d‟acqua attraverso legami a idrogeno. Il polielettrolita adsorbito sui cristalli di OCP ne inibisce la trasformazione in HA, e controlla la morfologia dei cristalli. Nell‟ambito delle ricerche indirizzate a chiarire e dettagliare il ruolo della struttura del collageno sulla nucleazione e crescita di fasi inorganiche sono stati analizzati tessuti calcificati di pesci ossei in cui la deposizione della fase inorganica avviene su fibre collagene con struttura molecolare leggermente diversa da quella tipica del collagene di tipo I presente nei vertebrati superiori. I risultati delle indagini condotte prevalentemente con tecniche di diffrazione di raggi X ad alto e basso angolo indicano che, sebbene il processo di calcificazione avvenga su fibrille collagene con un impaccamento molecolare leggermente modificato, le relazioni strutturali fra cristalli apatitici e fibrille collagene sono del tutto simili a quelle riscontrate nei tessuti calcificati dei vertebrati superiori. In particolare, i cristalli apatitici crescono con il loro asse c preferenzialmente orientato in direzione parallela a quella dell‟asse lungo delle fibrille di collageno, che fungono da templato per la deposizione ordinata della fase minerale. E‟ stato studiato il ruolo della struttura della matrice organica sulla cristallizzazione di fosfato di calcio, utilizzando approcci di tipo biomimetico. A tal fine sono stati preparati films di gelatina, componente che simula la macromolecola strutturale, contenenti sodio poliacrilato, quale analogo sintetico delle macromolecole acide, che sono quindi stati sottoposti ad interazione con SBF (Simulated Body Fluid). Le variabili prese in esame, oltre alla quantità relativa di polielettrolita contenuto nei films di gelatina, sono il tempo di permanenza nella soluzione di SBF e l‟organizzazione strutturale dei films di gelatina. Infatti parte dei campioni è stata sottoposta a deformazione uniassiale prima di essere utilizzata per le prove di calcificazione, al fine di allineare le porzioni di molecole di collageno lungo una direzione preferenziale. I risultati ottenuti indicano che l‟orientamento della matrice organica rappresenta un fattore determinante per la precipitazione della fase inorganica. Tuttavia, in assenza del polielettrolita, la deposizione è solo superficiale e non interagisce con la struttura intima dei films. L‟arricchimento della matrice con gruppi carbossilato, favorisce la crescita di cristalli apatitici all‟interno dei film orientati di gelatina. I cristalli si depongono tra gli strati di gelatina e crescono con il loro asse cristallografico c preferenzialmente orientato parallelamente alle porzioni di molecole di collageno, mimando la deposizione preferenziale dei cristalli apatitici biologici rispetto all‟asse delle fibre collagene. Analogamente, sono stati utilizzati Xerogel di gelatina come templanti per la crescita ordinata di cristalli di fosfato di calcio. La precipitazione è stata indotta facendo diffondere soluzioni di ioni calcio e ioni fosfato dalle parti opposte dei film di gelatina. La morfologia e l‟orientamento dei cristalli sulla superficie ed all‟interno dei film sono state analizzate con tecniche di microscopia ottica ed elettronica e con diffrazione di raggi X. La fase cristallina è stata identificata come OCP. I cristalli crescono con morfologia a piattina allungata lungo l‟asse cristallografico c, con le facce (100) parallele agli strati di gelatina. Nei film di gelatina sottoposti ad allungamento per deformazione uniassiale, la direzione preferenziale di allineamento dell‟asse c dei cristalli di OCP risulta pressochè parallela alla direzione di deformazione. Matrici collagenose contenenti poli-L-aspartato (poly-Asp) e poli-L-glutammato (poly-Glu) sono state utilizzate anche per studiare la deposizione orientata dei polimorfi del carbonato di calcio. I risultati ottenuti indicano che il controllo del polimorfismo e dell‟organizzazione strutturale dei cristalli sono correlati alla struttura dei siti di nucleazione in termini di geometria, concentrazione dei polipeptidi, della sovrasaturazione locale. Sono stati osservati effetti di orientamento dei cristalli di calcite solo nelle matrici contenenti poly-Asp, mentre l‟orientamento dei cristalli di aragonite e vaterite può essere controllato attraverso la deformazione dei substrati. L‟insieme dei risultati ottenuti suggerisce cha la sovrasaturazione locale nel microambiente in cui avviene la nucleazione e la crescita può rappresentare un importante fattore di controllo della deposizione dei polimorfi del carbonato di calcio e che la struttura dello stampo organico può condizionare la morfologia dei depositi cristallini. b) Biocristallografia E‟ stato ideato e messo a punto un nuovo metodo di cristallizzazione di proteine ed è stata determinata la struttura cristallina della forma A della gliceraldeide –3-fosfato deidrogenasi plastidiale. La crescita di cristalli singoli di proteine rappresenta una delle maggiori difficoltà, che si incontrano nello studio della struttura di proteine mediante diffrazione di raggi X. La nucleazone dei cristalli di macromolecole biologiche è il risultato di un bilancio delicato di parecchi fattori ed è un processo lento, che può avvenire in periodi di giorni o settimane. L‟importanza di fattori quali la forza ionica, il pH, la natura del precipitante, la temperatura, varia da caso a caso ed è difficile fare delle generalizzazioni. L‟alta supersaturazione necessaria per aumentare la probabilità di formazione di un nucleo cristallino può portare con facilità alla formazione di un precipitato amorfo. Si può tuttavia avere la formazione di nuclei ad una supersaturazione più bassa sfruttando un processo di nucleazione eterogenea. E‟ stata riportata la nucleazione eterogenea di proteine su facce di cristalli di minerali e su strati lipidici. Strati lipidici carichi inducono la nucleazione concentrando le molecole di proteina sulla superficie mediante interazioni elettrostatiche non specifiche. E‟ stato dimostrato che un meccanismo simile opera nelle cristallizzazioni biomimetiche di carbonato di calcio su superfici di polistirensolfonato, su films di -chitina e di fibroina della seta con assorbite macromolecole acide estratte da conchiglie di mollusco e su matrici collagenose contenenti poli-L-aspartato. La similarità del meccanismo, che opera quando le cariche sono localizzate su monostrati o su films polimerici, suggerisce che le superfici di films polimerici possono essere considerate adatte per la nucleazione di cristalli proteici. Sono state pertanto utilizzate per la nucleazione eterogenea di proteine superfici di films polimerici contenenti gruppi ionizzabili ed in specifico polistirensolfonato a diversi gradi di solfonazione, gelatina reticolata e fibroina della seta contenenti poli-L-lisina o poli-L-aspartato. Come proteine modello sono state usate la concanavalina A e il lisozima. E‟ stato trovato che la cristallizzazione della concanavalina A mediante la tecnica della diffusione di vapore è fortemente influenzata dalla presenza di gruppi ionizzabili sulla superficie del film. Il tempo di induzione e la concentrazione della proteina necessaria per la nucleazione diminuiscono entrambi, mentre la densità di nucleazione aumenta passando dal vetrino siliconizzato di riferimento alla superficie polimerica ed ancora di più alla superficie polimerica carica. Interazioni non specifiche e locali fra la proteina e la superficie del film sono responsabili delle collisioni molecolari e dell‟assemblaggio con la dovuta simmetria per al formazione del nucleo cristallino. I risultati ottenuti indicano che l‟impiego di superfici polimeriche cariche può essere particolarmente utile per la cristallizzazione di proteine da soluzioni a bassa concentrazione, usando quindi minori quantità di sostanza, e per la riduzione dei tempi di induzione. La gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi plastidiale (GAPDHp) è stata estratta e purificata dalle foglie di spinacio. La GAPDHp è un enzima chiave nel ciclo di Calvin ed è presente nella forma (A2B2)4 con peso molecolare di 600 kDa. L‟enzima presenta un meccanismo regolativo, un‟alta attività NAD+ ed una bassa attività NADP+-dipendente. Due forme diverse dell‟enzima A4 e A2B2 sono state cristallizzate in presenza di NADP* ed i corrispondenti dati di diffrazione sono stati raccolti utilizzando la luce di sincrotrone (Elettra, Trieste). Le strutture di entrambe le forme sono state determinate con il metodo “Molecular Replacement”, utilizzando come modello la struttura molecolare della gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi citosolica dal Bacillus stearothermophilis, che presenta un‟omologia di sequenza del 59% con l‟enzima plastidiale. I risultati hanno mostrato la presenza nell‟unità asimmetrica di un monomero e di un dimero per l‟isoforma A4 e di un tetramero e di un dimero per la forma A2B2. L‟affinamento della forma A4 ha permesso di localizzare il coenzima NADP+ in tutte le subunità e di eseguire un‟analisi dettagliata delle interazioni enzima-NADP+ allo scopo di dare una risposta in termini strutturali al problema della selettività NAD+/NADP+. La struttura tridimensionale rivela una grande omologia strutturale con le note GAPDH citosoliche. Si deve però notare che nella isoforma A4 dell‟enzima plastidiale, a differenza che nelle GAPDH da eucarioti e batteri, si forma un ponte disolfuro fra la cisteina 203 di un monomero con con la corrispondente cisteina del monomero riferito per simmetria. Questo ponte non si forma neanche nell‟isoforma B in cui la cisteina 203 è sostituita da un‟alanina. Il programma di ricerca del gruppo CIURLI, qui riportato, si propone di studiare le proprieta' chimico-fisiche e bio-fisiche dei sistemi biologici contenenti ioni metallici. Le metallo-proteine studiate sono: (a) rame-proteine (b) citocromi; (c) proteine ferro-zolfo (d) ureasi. (a) La plastocianina da Synechocystis PCC6803 è stata clonata, overespressa e purificata in grandi quantità (30-50 mg), arricchita con 15N. La struttura in soluzione di questa proteina allo stato ossidato paramagnetico è stata determinata. Tale determinazione strutturale è stata possibile grazie allo sviluppo ed all'utilizzo di metodologie NMR per segnali molto paramagnetici. La struttura della proteina ridotta, diamagnetica, è stata determinata in soluzione. Le proprietà dinamiche di questa proteina sono state determinate su una scala di tempi molto ampia (da 10-12 a 105 secondi) sia per la forma ridotta che per la forma ossidata, utilizzando misure di 15N T1, 15N T2, 1H-15N NOE eteronucleari, esperimenti di 15N T2 spin-echo, scambio con il solvente deuterato. Questo lavoro rappresenta il primo studio integrato di struttura e mobilità in soluzione sulla stessa rame-proteina in due forme redox diverse, di cui una altamente paramagnetica. La struttura della plastocianina da spinaci nella forma ridotta è stata determinata in soluzione mediante spettroscopia NMR, utilizzando un nuovo approccio per l‟assegnamento automatico dei cross-peaks NMR con il programma GARANT. La struttura della plastocianina da piante superiori così ottenuta è stata quindi confrontata con quella dell'alga unicellulare Synechocystis PCC6803. Uno studio computazionale sul pathway di trasferimento elettronico tra queste due plastocianine da organismi diversi con il loro partner redox fisiologico, il citocromo f, è in corso di svolgimento utilizzando il programma AMBER-6 e GREENPATH. Uno studio ibrido QM/MM è stato iniziato utilizzando il metodo Carr-Parrinello, allo scopo di individuare i parametri strutturali che regolano il potenziale di riduzione, le proprietà magnetiche, e le proprietà cinetiche di trasferimento elettronico nelle proteine blu di rame. Il mutante C84S della plastocianina da Synechocystis PCC6803 è stato ottenuto e purificato in grandi quantità (100-150 mg). Studi di binding con metalli diversi (Cu, Co, Ni, Fe) sono in corso di svolgimento. La caratterizzazione strutturale e biofisica di tali mutanti proteici renderà più chiaro il ruolo dei suddetti amminoacidi nel determinare le proprietà funzionali delle plastocianine. (b) Il citocromo c6 da Cladofora glomerata è stato isolato e purificato in grandi quantità (10-20 mg). Sono stati svolti studi elettrochimici che hanno permesso di determinare sia il potenziale standard di riduzione che i parametri termodinamici (entropia ed entalpia) della reazione. La proteina è stata cristallizzata e dati di diffrazione di raggi X sono stati raccolti con una risoluzione di 2.0 Å. Lo studio strutturale verrà proseguito dopo avere raccolto dati a risoluzione maggiore utilizzando luci di sincrotrone. Il citocromo c553 da Bacillus pasteurii è stato sequenziato, e la struttura cristallografica determinata alla risoluzione di 0.97 Å. La struttura del citocromo c553 ossidato paramagnetico da B. pasteurii è stata determinata in soluzione mediante tecniche NMR. Lo studio della mobilità in soluzione è stato svolto sulla proteina clonata, overespressa e arricchita con 15N. (c) La HiPIP (High Potential Iron-sulphur Protein) da Rhodoferax fermentans è stata cristallizzata e la sua struttura è stata determinata utilizzando tecniche MAD e luce di sincrotrone. (d) La struttura ai raggi X di due complessi tra l'ureasi isolata da B. pasteurii e l'acido acetoidrossammico, il fosfato, e la mercaptoetanolammina sono state determinate. Studi teorici sui meccanismi catalitico e di inibizione e per il design razionale di nuovi inibitori sono stati condotti utilizzando tecniche di docking e di molecular modeling accoppiate con studi quanto-meccanici (HF-SCF/DFT), in un approccio nuovo che potrebbe rappresentare un modello di studio più generale per lo sviluppo di inibitori di metallo-enzimi. Questo studio è in corso di applicazione su altri enzimi idrolitici contenenti un centro bimetallico, come nel caso delle fosfatasi acide purpureee. Dei quattro geni accessori dell‟ureasi da B. pasteurii, ureD, ureE, ureF e ureG, due (ureE e ureG) sono stati amplificati e separatamente clonati in un vettore di espressione (pET3d). Il ceppo BLR(DE3) di E. coli è stato trasformato con tali costrutti e la e proteine sono state overespresse. La purificazione e la caratterizzazione di queste due proteine sono state effettuate, e le loro caratteristiche chimico-fisiche sono state determinate anche utilizzando tecniche di spettrometria di massa (MALDI-TOF). Studi di binding di nichel (per UreE) e di GTP (per UreG) sono in corso di svolgimento. Si prevede di effettuare studi spettroscopici per determinare la struttura del centro metallico nella UreE, così come di effettuare tentativi di cristallizzazione di entrambe le proteine. Uno studio analogo sulle altre due proteine accessorie UreF e UreD è in corso di svolgimento. UNITA’ LOCALE DI CAMERINO Direttore: Prof. Bianca Rosa Pietroni Gli obiettivi della Chimica Inorganica stanno subendo un'evoluzione e il campo di ricerca non è più principalmente focalizzato sulla sintesi di composti aventi numeri di coordinazione, strutture e stereochimiche interessanti bensì sulla preparazione di composti aventi potenzialmente utili applicazioni pratiche. Due di tali applicazioni sono nell'area dell'ottica e dell'elettronica. A tal proposito, in accordo alle linee guida del Programma Nazionale di Ricerca, l'unità operativa dell'Università di Camerino nel corso dell'anno 2000 si è dedicata alla sintesi di nuovi materiali che potrebbero avere applicazioni come sensori o come materiali per l'optoelettronica. Questi nuovi materiali potrebbero avere un impatto su una pluralità di settori tra cui la biomedicina. In considerazione di quanto detto l'u.o. di Camerino ha continuato a studiare il comportamento come base di Lewis mostrato da alcuni composti trinucleari ciclici di Au(I) (Chem. Comm. 1998). Sfruttando tale proprietà, si è messa a punto una via di sintesi innovativa di composti supramolecolari. Infatti si è visto che substrati trinucleari ciclici di Au(I) aventi un intorno C-Au-N si comportano da basi di Lewis verso ioni metallici aventi guscio chiuso d10 o s2 (Ag(I), Tl(I)). L'analisi strutturale ai raggi-X effettuata su cristallo singolo di alcuni dei derivati ottenuti, ha messo in evidenza la natura supramolecolare di tali composti (Inorg. Chem. 2000). Gli ioni Ag(I) o Tl(I) si intercalano tra le specie trimeriche formando delle unità a sandwich che attraverso interazioni Au...Au intermolecolari formano catene polimeriche inorganiche con interessanti proprietà luminescenti. Un preliminare studio di queste proprietà condotte su cristallo singolo ha messo in evidenza che questi composti mostrano una luminescenza termocromica. Infatti, quando i cristalli vengono raffreddati a 77 K, gli spettri di luminescenza mostrano degli shifts nel rosso dei massimi di emissione. Gli spettri di emissione mostrano una fosforescenza a bassa energia che è consistente con le estese strutture a catena osservate aventi interazioni intermolecolari Au---Au. Ulteriori indagini sulle proprietà luminescenti di questi composti sono attualmente in corso. Le proprietà luminescenti dei nostri derivati fanno si che essi possano essere usati come congegni molecolari, ad esempio nella misura della pressione parziale dell'O2 in fluidi biologici (diagnostica, industrie biotecnologiche) (A. Mills, A. Lepre, B. R. C. Theobald, E. Slade, B. A. Murrer, Gold Bull 31 (1998) 68). Inoltre, dato che la luce fluorescente emessa cambia colore in funzione del tipo di ioni intercalati, i trimeri di oro potrebbero essere utilizzati come sensori per rivelare ioni o composti presenti in una miscela o in un essere vivente. Il nostro studio è poi continuato partendo dal presupposto che un derivato perfluorurato trinucleare ciclico di Hg(II) si comporta in modo opposto ai derivati trinucleari ciclici di oro(I), strutturalmente analoghi. Infatti è noto in letteratura che il derivato di mercurio agisce come acido di Lewis verso ioni alogenuro (anti-crown) formando strutture polimeriche intercalate da anioni. Facendo reagire un trimero di oro con un trimero di mercurio, rispettivamente in un rapporto molare 2:1, si sono ottenute per assemblaggio catene supramolecolari neutre in cui il derivato di mercurio si trova intercalato tra due trimeri di oro. Anche questi derivati sono luminescenti (J.A.C.S. in press). Studi teorici (calcoli DFT) hanno mostrato che i trimeri di oro mostrano valori negativi di potenziale elettrostatico al di sopra e sotto del piano del ciclo mentre valori positivi di potenziale sono osservati in regioni simili del ciclo di mercurio. Questi risultati dimostrano chiaramente la natura elettrostatica dell'interazione fra i cicli di mercurio e di oro e quindi anche tra i trimeri di oro e gli ioni metallici (Ag+ e Tl+). Queste interazioni ricordano quelle catione- in molecole aromatiche descritte da Dougherty (Science 1996, 271, 163). Un altro tema di ricerca svolto dall'unità operativa di Camerino ha riguardato lo studio delle reazioni di equilibrio che si hanno quando la TFP (tri-2-furilfosfina) è messa a reagire con sali di argento. Lo studio è stato effettuato analizzando gli spettri 31P NMR dei derivati solidi cristallini isolati e caratterizzati strutturalmente. L'analisi spettroscopica ai raggi X di uno dei prodotti mostra una struttura ad elica che si ottiene per self-assemblaggio delle unità [Ag(TFP)]+ in presenza di ioni nitrato (manoscritto in preparazione); è importante segnalare che recentemente un altro derivato di argento avente struttura elicoidale è risultato avere attività antibatterica e antifungina (Nomiya, K. et al. Inorg. Chem. 2000, 39, 3301). Infine allo scopo di ottenere modelli per sistemi bioinorganici, sono stati sintetizzati diversi derivati dell'argento con leganti polidentati, derivati del pirazolo e dell'imidazolo, opportunamente funzionalizzati. Inoltre in collaborazione con i biochimici presenti nell'unità operativa è iniziato uno studio che si prefigge come obiettivo quello di capire il meccanismo di azione di alcuni farmaci di oro utilizzati nel trattamento dell'artrite reumatoide. Lo studio è iniziato individuando alcuni target biologici coinvolti nell'artrite reumatoide che sono inibiti da derivati di oro(I). UNITA’ LOCALE DI CATANIA Direttore: Prof. Enrico Rizzarelli Complessi di rame(II) con oligopeptidi di interesse biologico. E' noto che l'ottapeptide della regione N-terminale della proteina del prione (PrPc) è capace di legare lo ione rameico. Per capire quali sono gli atomi donanti e, quindi, il tipo di coordinazione che si ottiene, l'ottapeptide Ac-PHGGGWGQ-NH3, che corrisponde nella proteina ad una sequenza che si ripete otto volte, e stato sintetizzato e purificato insieme al tetrapeptide HGGG-NH2.I complessi di rame(II) formati da questi oligopeptidi sono stati studiati mediante tecniche spettroscopiche che hanno coinvolto misure di dicroismo circolare, spettroscopia UV-Vis e misure di risonanza di spin elettronico. Entrambi i peptidi formano con il rame(II) complessi di stechiometria 1:1 sia a pH intorno alla neutralità che a pH basici. Le misure spettroscopiche danno evidenza di una coordinazione in una geometria quadrato planare a pH neutro, con il coinvolgimento di tre atomi di azoto di tipo peptidico ed uno derivante da un immidazolo del residuo istidinico, mentre a pH basici, si ha un'espansione della coordinazione con il coinvolgimento di un altro atomo di azoto di tipo peptidico. Le misure di voltammetria ciclica effettuate agli stessi valori di pH indicativi del formarsi delle specie suddette, ha confermato l'esistenza di due geometrie sostanzialmente diverse quando si passa da valori di pH introno alla neutralità a quelli basici. L'osservazione di valori negativi del potenziale redox sono stati ritenuti in buon accordo con le geometrie molecolari proposte, in particolare che il potenziale della specie a pH più basico sia stato trovato più negativo porta a concludere che è proprio avvenuta un'espansione della coordinazione. Tali potenziali di valore negativo fanno escludere la possibilità che questi complessi possiedano attività antiossidante. Inoltre, simulazioni delle geometrie molecolari più probabili con programmi di calcolo, che partono da dati strutturali di tipo cristallografico per complessi simili, hanno confermato che la coordinazione di questi peptidi al rame(II) coinvolge sia atomi di azoto peptidico, immidazolico, ed eventualmente o qualche molecola d'acqua oppure qualche atomo di ossigeno derivante da gruppi carbonilici.. Tutti questi risultati suggeriscono che l'ottapeptide Ac-PHGGGWGQ-NH3 possiede un singolo sito di coordinazione disponibile per il rame(II) e che questo coinvolge in particolare la regione contenente la sequenza HGGG. Infatti esperimenti condotti sia in eccesso di rame(II) che in eccesso di legante(per entrambi i peptidi) non hanno condotto a specie complessate diverse. Processi di riconoscimento molecolare. E' stata sintetizzata una nuova -ciclodestrina funzionalizzata in posizione 6 mediante Boccarcinina. La struttura cristallina, risolta ai raggi X, rivela una forma a "sleeping swan", nella quale il gruppo Boc della carcinina è inserito nella cavità idrofobica della ciclodestrina, che viene stabilizzata dalla formazione di legame idrogeno. La cavità ciclodestrinica differisce poco da una ciclodestrina non modificata e mantiene la sua caratteristica simmetria. La struttura in soluzione, determinata mediante uno studio accoppiato mediante spettroscopia NMR e CD, ha dimostrato che l'inclusione del gruppo Boc nella cavità della ciclodestrina è mantenuta in soluzione acquosa. Per determinare l'entità delle forze deboli coinvolte nel processo d'inclusione, sono stati fatti tutta una serie di esperimenti di competizione, usando come molecola competitiva l'1-adamantanolo, di cui sono note le capacità di inclusione in cavità idrofobiche, seguiti mediante la tecnica spettroscopica CD. L'aggregazione di porfirine, campo di vasto interesse per possibili applicazioni biomediche e tecnologiche, attraverso la possibilità di guidare i processi di "assembly" riveste un ruolo centrale per ottenere strutture e funzioni specifiche. Recentemente abbiamo dimostrato come l'autoaggregazione di porfirine solubili in acqua su matrici polimeriche di carica opposta non è semplicemente legata alla tendenza delle porfirine ad aggregare, ma è guidata da specifici processi di riconoscimento molecolare. Si sono anche studiate interazioni tra porfirine aventi cariche opposte (si parla di eteroaggregazione).Comunque, nessuno studio sistematico è stato rivolto alla comprensione di come le specifiche caratteristiche steriche ed elettroniche delle porfirine possono condurre alla formazione di eteroaggregati aventi una struttura predeterminata. I nostri studi hanno portato alla conclusione che anche nel caso dell'eteroaggregazione tra porfirine di segno opposto sono coinvolti processi di riconoscimento molecolare. Abbiamo usato come porfirina anionica la meso-tetrakis(4-sulfonatophenyl)porfirina (H2TPPS), la cui forma protonata (H4TPPS ha un pK = 4.8) da luogo ad aggregati di tipo J-(edge-to-edge) che di tipo H(face-to-face). La formazione di aggregati sef-assembly dipende dalla concentrazione, dalla forza ionica e dal pH. Generalmente si formano a pH<1 ed alte forze ioniche. Nei nostri lavori abbiamo dimostrato come questi aggregati possono essere ottenuti in condizioni molto più blande, inducendo l'aggregazione con porfirine cationiche. Le più efficaci si sono dimostrate le porfirine che contengono un metallo con una o due molecole di acqua, oppure presentano una carica positiva nel "core" della porfirina. Purificazione e caratterizzazione di enzimi ad attività degradativa. Sono state estratte e purificatele varie isoforme di laccasi dal fungo Rigidoporus Lignosus, e si sono studiate le sue caratteristiche in soluzione in paragone ad altre laccasi estratte da funghi diversi (Pleurotus Ostreatus). In particolare, si è voluto saggiare l'entità delle variazioni conformazionali di questi enzimi al variare di condizioni esterne come variazioni di pH, di forza ionica e di temperatura. Si sono usate le tecniche spettroscopiche di Dicroismo circolare e di Risonanza magnetica di Spin Elettronico, l'una perché permette nella regione dell'UV (si possono usare piccole quantità di proteina) di monitorare eventuali variazioni di conformazione rispetto alla conformazione della proteina nativa (generalmente queste proteina si ritrovano in conformazioni di -sheet), l'altra perché dà informazioni su variazioni geometriche che potrebbero essere subite dai siti metallici. Le misure CD indicano che la struttura secondaria delle proteine è poco dipendente dalla forza ionica e dal pH, sebbene forti incrementi di forza ionica possono svolgere un ruolo indiretto nei processi di riconoscimento molecolare tra l'enzima e l'eventuale substrato. Questi enzimi sono però altamente destabilizzati quando vengono esposti per molto tempo (questo dato è interessante per eventuali applicazioni biotecnologiche) a bassi valori di pH o ad alte temperature. Si osserva "unfolding" delle proteine che coincide con la loro inattivazione ed in qualche caso anche con la loro precipitazione. E' interessante osservare che anche nelle condizioni più estreme, anche quando la proteina ha perso le sue capacità catalitiche, i siti metallici sono conservativi, nel senso che non si evidenziano drammatiche variazioni nelle geometrie di coordinazione dei siti a rame(II) T1 e T2. Ciò suggerisce, come d'altronde già visto nella letteratura chimica, che la regione che include i siti metallici è la regione più stabile a variazioni di conformazione di queste proteine. In particolare, si è anche visto che la forza ionica non influenza il riconoscimento molecolare delle proteine verso i substrati allo stesso modo, nel senso che ci sono substrati per i quali si ha un crollo dell'attività catalitica ed altri per i quali tale attività si mantiene pressoché costante. Questa evidenza sperimentale suggerisce la possibilità di modulare la specificità di questi enzimi (è noto infatti che le laccasi sono degli enzimi altamente aspecifici) attraverso una modulazione della forza ionica e questo potrebbe essere un fattore importante da tenere conto nell'eventuale applicazione biotecnologica di questa classe di enzimi. UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA Direttore: Prof. Roberto Rossi Design e sintesi di complessi di Re, Tc e Pt come potenziali radiodiagnostici e chemioterapici, loro reattività chimica e attività biologica. I composti del Tc-99m e del platino hanno un ruolo ben consolidato nell‟ambito della farmaceutica inorganica. Il tecnezio infatti è largamente usato come radiofarmaco diagnostico in medicina nucleare, mentre i composti del platino (cisplatino, carboplatino) trovano una estesa applicazione come farmaci antitumorali. A differenza del platino l‟affermarsi di altri metalli di transizione in campo clinico come antitumorali è stato particolarmente lento. L‟attività antimetastatica manifestata da alcuni complessi ottaedrici di rutenio rappresenta un importante sviluppo nel campo dei chemioterapici ed ha stimolato la ricerca a tutto campo all‟interno della famiglia dei metalli di transizione, in considerazione anche del fatto che nonostante il successo del cisplatino, esso presenta diversi svantaggi che includono principalmente l‟elevata tossicità e l‟applicabilità ad una relativamente ristretta casistica di tumori. Per quanto riguarda il renio, i suoi isotopi -186, -188 promettono interessanti sviluppi come radiofarmaci terapeutici dei tumori, ed inoltre i suoi complessi “freddi” possono essere valutati come potenziali farmaci chemioterapici in analogia a quelli di rutenio precedentemente menzionati. La biodistribuzione e l‟attività biologica dei complessi degli elementi citati è spesso determinata sia dalla natura del metallo considerato, che dal tipo di leganti in essi presenti. Per quanto riguarda il renio ed il tecnezio, la ricerca attuale è prevalentemente rivolta alla loro chimica nei bassi stati di ossidazione poiché in essi il loro comportamento chimico è particolarmente simile. Ciò consente di indagare la chimica del tecnezio utilizzando l‟elemento non radioattivo renio. Quindi se si riesce ad ottenere un composto con proprietà radiofarmacologiche sarà possibile sviluppare un kit farmaceutico identico per entrambi gli usi, diagnostico (Tc) e terapeutico (Re). Inoltre i complessi di Renio(I) sono molto importanti nel campo organometallico e recentemente è stato suggerito che questa classe di composti possa avere interessanti sviluppi nel settore dei radiofarmaci. Per queste ragioni si è avviato uno studio metodico delle potenzialità coordinative espresse da specifici leganti atti a stabilizzare il metallo in bassi stati di ossidazione, con l‟intento anche di pervenire alla messa a punto di metodiche sintetiche innovative di complessi di renio(I) e tecnezio(I) privi di gruppi carbonilici. Questa necessità deriva dal fatto che in Medicina Nucleare l‟utilizzo di ossido di carbonio limiterebbe pesantemente l‟eventualità applicativa a livello di Tc99m. Poiché le proprietà biodistributive dei complessi, come inizialmente ricordato, possono essere determinate dal sistema legante (sovente di tipo organico), si stanno studiando sistemi coordinativi dotati di caratteristiche bifunzionali che li rendono idonei sia a coordinare stabilmente il metallo, che a legarsi a molecole di rilevanza biologica in modo da mantenere il più possibile inalterate le loro proprietà biodistributive. Tecnezio Negli ultimi anni si è osservato un crescente interesse verso complessi di Re(I) e Tc(I), sia per studi di metallorganica (Re) che per lo sviluppo di nuove procedure di sintesi che possano essere applicate alla Medicina Nucleare (Tc, Re). Un nostro obiettivo era quello di realizzare nuovi complessi di Tc(I) da utilizzare come precursori in reazioni di scambio con leganti di interesse per la M. N. E‟ stato iniziato uno studio per trovare procedure sintetiche per trasferire al Tc la sintesi dell‟analogo complesso di renio [ReV(N2COPh)(PPh3)2Cl2], il quale può essere facilmente ridotto a Re(I). Il pertecnetato è stato fatto reagire con benzoilidrazina in presenza di acidi alogenidrici (HCl, HBr) a temperatura ambiente per 5-10 min. L‟addizione di PPh3 in rapporto stechiometrico favoriva la precipitazione di un solido arancione (HBr) o giallo (HCl) che, da un‟indagine cristallografica è stato identificato come un esa-alogenuro di Tc(IV) avente la fosfina protonata come contro-ione [HPPh3]2[Tc(X)6] (X=Cl, Br), rivelando quindi il ruolo di riducente della benzoilidrazina e non di legante. Questi composti potevano essere facilmente ridotti a complessi carbonilici di Tc(I) se ad una loro sospensione in toluene mantenuta a riflusso, veniva aggiunto goccia a goccia BH3.THF e facendo gorgogliare monossido di carbonio per un tempo complessivo di 45 min. L‟analisi strutturale condotta sul complesso isolato come sale di tetrafenilarsonio mostrava essere il complesso dinucleare [AsPPh4][Tc2(CO)6Br3]. Facendo reagire questo con la trifosfina MeC(CH2PPh2)3 (triphos), o aggiungendola direttamente alla miscela di reazione, si è ottenuto il complesso [Tc(triphos)(CO)2Cl] del tutto simile a quello di renio. In prospettiva per un futuro impiego in M. N., è importante sottolineare che è stato possibile isolare complessi di Tc(I) in un unico step partendo da [TcO4]- via la formazione intermedia di esa-alogenuri di Tc(IV), e con tempi di reazione sufficientemente brevi, ca. 1h e 30 min. Renio Gli studi condotti con amminoacidi funzionalizzati con 2-amminotiazolo hanno dimostrato, anche mediante indagini strutturali, che la coordinazione coinvolge sempre l‟atomo di azoto dell‟anello tiazolico e l‟ossigeno del gruppo ammidico deprotonato dell‟amminoacido. Nel procedimento di sintesi dei diazoto-derivati del renio(I) a partire da perrenato di potassio, l‟intermedio chiave è rappresentato dal composto di renio(V) [Re(N2COPh)(PPh3)2(Cl)2], dove è presente il gruppo chelante diazobenzoile. La classe di leganti precedentemente menzionati coordinano su questo formando composti mono- e bisostituiti e favorendo l‟apertura dell‟anello a livello del dente ad ossigeno del frammento diazobenzoile, il quale assume una disposizione Re-NN lineare, con conseguente riduzione del centro metallico. In tutti questi composti il biolegante è direttamente coinvolto nella coordinazione; volendo evitare ciò, si è sintetizzato l‟analogo complesso di Re(V) con p-ammino-benzoilidrazina [Re(N2COPh-NH2)(PPh3)2Cl2] per poi in una seconda fase condensare al gruppo amminico il biolegante in questione. Per tale operazione si sono utilizzati i cloruri acilici dei leganti onde consentire la condensazione al gruppo p-amminico. Tra gli acidi organici scelti, oltre all‟acido benzoico, è stato usato il cloruro acilico dell‟Ibuprofen HOOCCH(CH3)C6H4CH2CH(CH3)2 noto antinfiammatorio non steroideo. I complessi ottenuti, trattati con piridina o acetonitrile hanno portato all‟apertura del dente labile ad ossigeno del legante benzoilidrazinico con conseguente riduzione del renio ed ulteriore allontanamento da esso del frammento biologico. Queste procedure consentono quindi di: avere il biolegante non direttamente coinvolto nella coordinazione al metallo, aumentare la probabilità di una sua interazione con il recettore, ed in ultimo, di rendere disponibile sul metallo un sito coordinativo suscettibile di attacco nucleofilo da parte di proteine recettoriali o di membrana. Nell‟ambito della chimica del renio stiamo anche indagando l‟eventuale utilizzo dei suoi complessi “freddi” come potenziali farmaci chemioterapici. Le indagini in corso in collaborazione con il dipartimento di Biochimica su cellule in vitro per complessi di Pt(II), sono state recentemente estese ad alcuni complessi di renio, ed i risultati fino ad ora ottenuti sembrano incoraggianti. Platino. Poichè il complesso [PtOTf(triphos)]OTf, [triphos = bis(2-difenilfosfinoetil)fenilfosfina], caratterizzato dalla presenza di una fosfina tripodale e di un legante labile, è un sistema particolarmente adatto allo studio delle sostituzioni nucleofile al platino, ne è stata migliorata la sintesi. La via sintetica più conveniente prevede due soli step: essi possono essere eseguiti in sequenza, senza necessità di isolare il prodotto intermedio. La reazione tra [PtMe2(COD)] e triphos produce la specie [PtMe2(triphos-P,P‟)], in cui la trifosfina agisce da legante bidentato; il trattamento di questa specie con due equivalenti di acido triflico produce infine il complesso [PtOTf(triphos)]OTf. Il complesso [PtOTf(triphos)]OTf è stato completamente caratterizzato mediante analisi elementare, spettroscopia IR e 31 P{1H} NMR, spettrometria di massa ed anche mediante analisi ai raggi X. Lo spettro 31 P{1H} NMR di [PtOTf(triphos)]OTf in CDCl3 denota la presenza di fenomeni di flussionalità in soluzione, che dipendono da alcuni fattori, quali la polarità del mezzo, la concentrazione e la temperatura; l'osservazione NMR del complesso al variare delle condizioni sopra citate sembra indicare che il legante triflato labilmente coordinato sia soggetto ad uno scambio continuo con il triflato esterno alla sfera di coordinazione, dovuto all'attacco nucleofilo di quest'ultimo al platino. Abbiamo interpretato questo fenomeno come una manifestazione dell'estrema suscettibilità del complesso all'attacco nucleofilo al metallo. Il complesso è stato utilizzato per ottenere un‟ampia serie di analoghi e per indagini meccanicistiche sulla sostituzione nucleofila al platino. Il legante labile OTf è infatti sostituito da diversi anioni e molecole elettron-donatrici, quali SMe-, N3-, PhCC-, PPh3, SMe2, CO e solventi, come acetonitrile e acetone, incluse specie con scarsa tendenza a coordinare al platino. Alla luce di questa caratteristica è ragionevole aspettarsi che il complesso [PtOTf(triphos)]OTf reagirà con diversi gruppi funzionali di biomolecole legandosi per esempio a peptidi e acidi nucleici. Sono state eseguite prove preliminari di attività antiproliferativa in vitro di questo complesso, con risultati incoraggianti sia sulla linea cisplatino sensibile T2, che sulla linea cisplatino resistente SKOV3. Catalisi biomimetica mediante l'uso di ferroporfirine fotoeccitate. Uno dei principali obiettivi di questa ricerca è quello di ottenere nuovi sistemi catalitici di interesse nella ossidazione selettiva di idrocarburi scarsamente reattivi in condizioni blande di temperatura e di pressione. La via da seguire è quella di "mimare" il comportamento catalitico di alcune ossigenasi naturali (citocromo P450, perossidasi) utilizzando modelli attivati attraverso processi fotoossidoriduttivi. Oltre che dal punto di vista catalitico, questa indagine è interessante per le informazioni che può dare sul meccanismo d'azione in vivo di queste stesse emoproteine. Ferro porfirine fotoeccitate possono funzionare come modelli dei sitemi naturali NO sintetasi (NOS). In particolare, l'eccitazione fotochimica di soluzioni acquose di ferro tetrafenil porfirina tetrasolfonata provoca l'ossidazione di arginina a citrullina e NO. Il meccanismo di reazione che coinvolge intermedi di contenenti il metallo ad alto stato di ossidazione, analoghi a quelli caratteristici del ciclo catalitico del citocromo P450. E‟ stata realizzata la funzionalizzazione del TiO2 con una ferro porfirina seguendo una nuova procedura secondo la quale il complesso porfirinico viene preventivamente silanizzato. La caratterizzazione mediante laser flash fotolisi, spettroscopia uv-visibile e tecniche fotoelettrochimiche ha messo in evidenza che la natura del mezzo disperdente controlla i processi redox che coinvolgono la ferro porfirina. In particolare, si sono osservati effetti marcati sulla stabilità del complesso ridotto, formato per cattura dell'elettrone promosso nella banda di conduzione in seguito a fotoeccitazione del TiO2. L'attività fotocatalitica del sistema è stata studiata nei processi di monoossigenazione del cicloesano e del cicloesene da parte dell'O2. E' stato visto che la ferro porfirina provoca un aumento delle quantità di prodotti di monoossigenazione rispetto alla totale degradazione a CO2 per entrambi i substrati esaminati. Su questa base, si può affermare che la presenza della porfirina ha la funzione di modulare l'elevato potere ossidante del TiO2 e contemporaneamente di aumentare l'efficienza fotocatalitica. Inoltre, nel caso del cicloesano, il complesso cambia la selettività del processo, aumentando il rapporto alcol/chetone. La fotoeccitazione di (nBu4N)4W10O32 in presenza di O2 permette di ossidare cicloesene e cicloottene a temperatura ambiente e a pressione atmosferica. Questo processo può essere realizzato sia in fase omogenea sia usando il decatungstato in fase dispersa dopo la sua eterogeneizzazione su silice. I due cicloalcheni sono principalmente ossidati ai corrispondenti idroperossidi in conseguenza del processo fotochimico primario che porta alla formazione di radicali allilici. La presenza di ferro tetrakis 2,6-diclorofenil porfirina (FeTDCPP), modifica le proprietà fotocatalitiche del decatungstato, giocando un ruolo importante soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di ossidazione dei due cicloalcheni, mediate dagli idroperossidi allilici. Nel caso del cicloesene, la porfirina aumenta l'efficienza catalitica in termini di turnover totale e catalizza la decomposizione dell'idroperossido con formazione selettiva dell'alcool allilico. Nel caso del cicloottene, favorisce la formazione del corrispondente epossido per addizione di radicali ROO. sul doppio legame. L'N,N dimetil tetradecil N-ossido (DTAO) si è rivelato un buon tensioattivo per formare un sistema micellare capace di ospitare FeTDCPP. Il catalizzatore microeterogeneo così ottenuto può indurre processi biomimetici su substrati organici in mezzo acquoso, utilizzando luce solare e ossigeno molecolare come reagenti. In particolare, l'ambiente micellare può controllare alcuni parametri importanti da cui dipende la reattività di alcuni intermedi e quindi anche la selettività nel processo di ossidazione. Al contrario di quanto osservato in precedenza in fase omogenea, sia il cicloesene che il cicloottene sono ossidati ai corrispondenti epossidi; nel caso del cicloottene la selettività è maggiore del 90%. Questo sistema composito è risultato anche molto promettente nella conversione di piccole quantità di alcani alogenati presenti nelle acque in prodotti meno tossici. In particolare, CCl4 può essere ridotto sia da etanolo sia da un alcol non miscibile con l'acqua, come il cicloesanolo, con buone rese e buoni valori di turnover. Biocatalisi per l’ottenimento di molecole chirali Negli ultimi decenni microrganismi ed enzimi sono stati ampiamente usati nella sintesi di molecole otticamente attive sfruttando reazioni di ossido-riduzione e di idrolisi. In particolare le riduzioni enantioselettive di chetoni prochirali con lievito di birra e altri microrganismi, quali lieviti e muffe, hanno permesso la sintesi di alcoli omochirali con prevalente stereochimica S, in accordo con la “regola di Prelog,” mentre nelle reazioni di idrolisi/esterificazione con lipasi si risolvono cineticamente esteri/alcoli racemici ottenendo alcoli con stereochimica R. Nella nostra ricerca ci siamo interessati ,in primo luogo, di riduzioni di chetoni prochirali con lieviti e muffe, focalizzando il nostro interesse su ceppi di Yarrowia lipolytica che hanno mostrato in molti casi stereospecificità “anti-Prelog”. Gli stessi ceppi di Yarrowia lipolytica hanno dato risultati soddisfacenti in reazioni di idrolisi di esteri racemici. Nel nostro gruppo di ricerca per la prima volta sono state utilizzate le reazioni di ossidazione microbiologica mediate da batteri per risolvere alcoli chirali e sempre nell‟ambito delle reazioni di ossidazione sono staiti ossidati stereoselettivamente (reazioni di Bayer-Villiger) chetoni per ottenere esteri ed alcani per ottenere alcoli (reazioni di idrossilazione). UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE Direttore: Prof. Pierluigi Orioli L‟attività dell‟Unità operativa di Firenze si è concentrata essenzialmente su tre linee di ricerca: 1) complessi di rutenio(III) come farmaci antitumorali; 2) sviluppo di complessi di oro(III) come agenti citotossici ed antitumorali, 3) studio di antracicline e loro interazione con complessi metallici. Complessi di rutenio(III) Per quanto riguarda il primo tema di ricerca la nostra attenzione si è rivolta all‟analisi delle interazioni in vitro di alcuni promettenti complessi di rutenio(III) con possibili target biomacromolecolari (DNA, proteine). Le interazioni con DNA in vitro sono state descritte utilizzando tecniche quali il dicroismo circolare, la spettroscopia elettronica, l‟analisi delle curve di fusione del DNA, la dialisi di equilibrio, la mobilità elettroforetica, l‟inibizione di enzimi di restrizione. Globalmente i risultati ottenuti permettono di dimostrare che i complessi di rutenio(III) legano (debolmente) il DNA ed inducono piccole variazioni strutturali e funzionali. Gli effetti descritti sono comunque assai più piccoli di quelli prodotti da concentrazioni equimolari di cisplatino. Le interazioni con l‟albumina serica hanno rappresentato l‟oggetto di un altro studio. Interazione con proteine La scelta di studiare l‟interazione con le proteine plasmatiche deriva principalmente dal fatto che i complessi di rutenio(III) vengono somministrati per via intravenosa, ed è quindi importante considerare le interazioni che si producono con queste biomolecole, le quali possono svolgere funzioni di trasporto, ma che possono anche costituire una modalità di inattivazione dei complessi stessi. Si può inoltre considerare l‟ipotesi che i complessi di rutenio(III) esplichino parte della loro attività biologica danneggiando direttamente alcune proteine di membrana o della matrice extracellulare, fondamentali nei processi di proliferazione cellulare o di invasione metastatica I modelli biologici presi in esame nel nostro laboratorio sono principalmente l‟Albumina Serica e la Transferrina. I complessi di rutenio studiati sono NAMI, [Na][trans(Im)2RuCl4] (ICR), Ru(III)Cl2(EDTA) e Ru(III)Cl2(PDTA) (RAP). Caratterizzazione chimica mediante spettroscopia elettronica UV-VIS, Assorbimento atomico ed IR Il processo d‟idrolisi dei complessi di rutenio in presenza di quantità crescenti di proteina è stato analizzato spettrofotometricamente. Il legame con le proteine si stabilisce dopo l‟idrolisi dei gruppi cloruro coordinati equatorialmente (l‟aggiunta di proteina accelera il processo d‟idrolisi). Gli spettri sono caratterizzati da intense bande nel visibile assegnabili a transizioni LMCT dei centri di rutenio; inoltre si notano significative variazioni legate alla stechiometria crescente di rutenio, indicando la presenza sulla proteina di siti multipli non equivalenti di legame per il rutenio. Dopo incubazione ed estesa ultradialisi, la stechiometria dell‟interazione rutenio/proteina è stata valutata tramite misure di assorbimento atomico. Sono stati condotti inoltre esperimenti sull‟interazione tra i complessi di Ru(III) e proteine modificate con Dietilpirocarbonato (DEPC), il quale preferenzialmente si lega alle Istidine poste in superficie. Caratterizzazione chimica tramite Dicroismo Circolare (CD) Tramite spettroscopia CD si possono ottenere informazioni più dettagliate sulle caratteristiche spettrali degli addotti di rutenio/proteine. Il dicroismo circolare è infatti una tecnica specifica per analizzare l‟intorno dei centri metallici legati a proteine. Dai dati ottenuti si nota che le caratteristiche spettroscopiche dei singoli centri di legame rutenio-proteina sono abbastanza differenti e ciò può implicare che sulle proteine esistono siti di legame distinti. In particolare il primo equivalente di rutenio dà luogo ad un particolare spettro CD (significativo della presenza di un sito di legame preformato), mentre gli altri centri di rutenio danno luogo a segnali meno caratteristici. Interazione con acidi nucleici Il motivo che ci ha spinto a studiare l‟interazione dei complessi di rutenio(III) con il DNA è il fatto che esso rappresenta il bersaglio presunto di vari complessi metallici ad attività antitumorale nota, come avviene anche per le antracicline e la bleomicina. In particolare il DNA è il target riconosciuto dei complessi di platino che sono strutturalmente e chimicamente simili ai complessi di rutenio(III). E‟ pertanto ragionevole considerare il DNA come possibile bersaglio per i complessi di rutenio anche se non vi è ancora evidenza definitiva. Il modello biologico utilizzato è il DNA calf thymus, gli addotti sono stati studiati principalmente mediante spettroscopia UV-VIS, CD ed Assorbimento Atomico. Caratterizzazione chimica mediante spettroscopia elettronica UV-VIS, CD ed Assorbimento atomico (AAS) I risultati ottenuti mediante spettroscopia UV-VIS e CD hanno mostrato che i complessi di rutenio(III) reagiscono con il DNA dopo che sono andati incontro ad idrolisi i due gruppi cloruro coordinati equatorialmente. Non c‟è evidenza di riduzione del rutenio ed inoltre il legame al DNA ha piccoli effetti sulla sua struttura a doppia elica. La quantità di rutenio legata verrà determinata mediante misure di assorbimento atomico. Esperimenti di Melting Sono stati eseguiti esperimenti di melting del DNA in collaborazione con la Prof. E. B. Dalian dell‟Università di Yerevan (Armenia). Questo tipo di tecnica è molto utile e sensibile per determinare piccoli cambiamenti nella conformazione del DNA indotti da complessi metallici o da altri leganti durante il processo di denaturazione termica (si determina la Tm che è la temperatura di fusione corrispondente alla transizione doppia elica singolo filamento). Al fine di determinare il tipo d‟interazione si può seguire il processo inverso (rinaturazione). Dati ottenuti forniscono prova del fatto che i complessi di rutenio danno luogo ad un‟interazione “bidentata” interstrand. I complessi di rutenio come scavengers di NO Negli ultimi anni è chiaramente emerso il ruolo centrale svolto dall‟ossido di azoto (NO) in molti processi biologici tra i quali la vasodilatazione, la neuromodulazione, e l‟angiogenesi. Variazioni nella concentrazione di NO sono associate a differenti stati patologici. La possibilità di intervenire sulle concentrazioni locali di NO apre nuove aspettative terapeutiche nel trattamento di alcune malattie neoplastiche. Sotto quest‟ottica si può considerare la possibilità di rimuovere l‟ossido di azoto a livello intracellulare o intravasale mediante appositi complessi di rutenio(III) che possano fungere da “scavengers” ad elevata selettività. Si è cercato di valutare se i complessi di rutenio(III) in analisi possono comportarsi da scavenger di NO. Alcune indicazioni in tale senso sono disponibili in letteratura. La formazione di addotti NO-Ru è stata analizzata mediante spettroscopia IR. Abbiamo preliminare evidenza che alcuni dei nostri complessi di rutenio(III) sono i grado di fissare NO e le conseguenze biologiche di tale interazione sono confermate da studi condotti presso il Dipartimento di Farmacologia della Prof. Ziche. Studi farmacologici di Biologia Molecolare e E‟ possibile valutare l‟attività antitumorale in vitro e in vivo dei complessi di rutenio in collaborazione con il Laboratorio di Chemioterapia dell‟Università di Firenze e con il gruppo del Prof. Sava della Fondazione Callerio di Trieste. Mediante tecniche di Biologia Molecolare e Genetica è possibile caratterizzare in maggior dettaglio l‟interazione dei complessi metallici con DNA in sistemi in vitro, mediante misure di mobilità elettroforetica, analisi di inibizione di endonucleasi di restrizione e applicazioni della tecnica Polymerase Chain Reaction (PCR). Complessi di oro(III) Presso il Dipartimento di Chimica dell‟Università di Firenze sono stati presi in esame complessi di oro(III), isoelettronici ed isostrutturali a quelli del platino(II), sui quali i dati di letteratura sono scarsi. La stretta somiglianza che intercorre tra Au(III) e Pt(II) rende i complessi di oro(III) dei buoni candidati per uno studio più approfondito come agenti antitumorali, nonostante l‟elevata labilità cinetica e gli alti potenziali redox li rendano instabili in ambiente fisiologico. I complessi di Au(III) sono interessanti sia perché potrebbero costituire una nuova classe di farmaci antineoplastici con un nuovo profilo di attività antitumorale, sia perché rappresentano un valido modello per determinare il meccanismo d‟azione dei complessi metallici d8 con geometria quadrata planare. Caratterizzazione chimica dei complessi mediante spettroscopia FTIR, UV-VIS, NMR, Potenziometria e Spettrometria di massa Le caratteristiche chimiche dei complessi sintetizzati sono state definite mediante spettroscopia infrarossa (FTIR), mentre la stabilità dei complessi in ambiente fisiologico è stata analizzata mediante spettroscopia, risonanza magnetica e misure potenziometriche; dall‟analisi degli spettri di massa dei campioni si è determinata la specie presente in maggior quantità in soluzione acquosa. Prove farmacologiche Presso il Laboratorio di Chemioterapia dell‟Università di Firenze, è stato studiato l‟effetto inibente dei complessi di oro(III) sulla crescita delle linee di carcinoma ovarico A2780/S, A2780/R (con resistenza acquisita al cisplatino) ed SKOV3 (con resistenza acquisita ad esso) mediante il test della sulforodamina-B. Per individuare possibili specificità dei complessi, la loro attività è stata testata anche nei confronti di linee leucemiche (CEM-CH/S e CEM-CH/R). I complessi analizzati risultano avere citotossicità comparabile a quella del cisplatino; essi sono inoltre capaci di superare la resistenza ad esso nelle linee A2780/R,SKOV3 e CEM-CH/R. Interazione con il DNA: determinazione del meccanismo d’azione dei complessi e di eventuali danni molecolari al DNA I vari complessi metallici reagiscono con le diverse biomolecole con meccanismo dipendente dalla loro chimica (la labilità cinetica, l‟idro- e la lipofilicità, il comportamento redox e la carica elettrica), dando luogo a lesioni biologiche differenti. In prima approssimazione possiamo ipotizzare che il target principale di complessi antitumorali che siano simili chimicamente e strutturalmente al cisplatino sia il DNA, anche se non possiamo escludere altri meccanismi d‟azione. E‟ noto che il cisplatino, legandosi al DNA, lo modifica creando un danno localizzato non riconosciuto dai sistemi di riparazione, che porta all‟inibizione dei processi di replicazione e trascrizione. Il primo passaggio consiste nel determinare se il complesso di Au(III) si leghi covalentemente o meno al DNA. Il test COMET (microgel-elettroforesi su singole cellule) è in grado di evidenziare rotture dirette o alterazioni convertibili in rotture delle catene del DNA, sia che interessino un singolo o il doppio filamento dello scheletro fosfodiesterico. Esso permette quindi di valutare immediatamente il danno al DNA prodotto ad esempio dalla formazione di legami covalenti tra il complesso ed il DNA stesso, confrontando il percorso elettroforetico del DNA cellulare trattato con i complessi con quello di DNA cellulare non trattato. Con un‟analisi di tipo chimico è inoltre possibile misurare la quantità di complesso legata covalentemente al DNA, dopo aver eliminato dall‟ambiente di reazione tutto il complesso libero. Si utilizzano misure dirette di assorbimento atomico (AAS) su campioni preparati seguendo varie procedure (DNA analizzato sia di origine cellulare che acellulare). Per definire le modificazioni conformazionali prodotte sulla doppia elica del DNA, dopo aver fatto reagire in vitro i complessi di oro(III) con DNA calf thymus, abbiamo analizzato le variazioni indotte sullo spettro CD del DNA-B. Ulteriori informazioni sulla stabilità del DNA si sono ottenute mediante misure di denaturazione termica sul DNA, dopo incubazione con il complesso in tampone fisiologico. Variazioni nella Tm indicano che il complesso si è legato covalentemente al DNA, stabilizzandolo o destabilizzandolo. E‟ possibile anche quantificare lo srotolamento della doppia elica mediante misure elettroforetiche (l‟angolo dipende dalla densità della superelica e dal valore rb al quale la forma superavvolta e rilassata comigrano). I risultati ottenuti indicano la presenza di interazione, più o meno marcata, con il DNA: il meccanismo con cui i complessi di oro(III) interagiscono con esso sono differenziati a causa delle diverse caratteristiche chimiche dei composti scelti per lo studio. Antracicline Le antracicline sono ancor oggi tra i farmaci antitumorali più comunemente utilizzati nei trattamenti clinici; in particolare la Doxorubicina è il maggior agente anticancro introdotto su larga scala nell‟uso clinico a partire dagli anni 70. Chimicamente le antracicline sono amminoglicosidi contenenti il cromoforo tetraciclico chinone. Inizialmente esse venivano ottenute dalla fermentazione aerobica di differenti microorganismi del ceppo Streptomyces, oggi sono in larga parte prodotti di sintesi. E‟ stato osservato che il maggior sito di azione per le antracicline è la doppia elica del DNA dove tali farmaci si intercalano in modo tale da inibire l‟azione dell‟enzima Topoisomerasi II e quindi la duplicazione del DNA stesso. Le antracicline sono attive contro un‟ampia varietà di tumori maligni solidi e del sangue. Tuttavia questi farmaci non mancano di numerosi effetti collaterali, fra questi il più preoccupante e dannoso è la cardiotossicità. Per far fronte a questo problema è stato necessario sviluppare nuovi derivati che abbiano minore tossicità e maggiore efficacia. E‟ stato dimostrato che anche piccole variazioni chimiche delle strutture classiche, quali per esempio la sostituzione o modificazione di uno o più gruppi funzionali, producono importanti effetti sull‟attività biologica e farmacologica di questi composti. La nostra ricerca consiste in un‟indagine delle proprietà chimiche e strutturali di nuovi derivati delle antracicline per mezzo di tecniche spettroscopiche e cristallografiche. Di particolare interesse è lo studio dell‟interazione di questi potenziali farmaci con il DNA e con le proteine plasmatiche. Attualmente è in corso anche lo studio sull‟interazione di antracicline e complessi metallici. Questo progetto di ricerca è condotto in collaborazione con il gruppo MENARINI RICERCHE di Firenze. UNITÀ DI RICERCA DI NAPOLI Direttore: Prof. Carlo Pedone 1. Sviluppo di Peptidi Funzionalizzati con Metallo-Macrocicli aventi Alta Affinita’ Recettoriale per il Targetting di Cellule Tumorali Negli ultimi anni un crescente interesse è stato mostrato per lo sviluppo di sonde biospecifiche in grado di riconoscere con alta affinità recettori espressi in cellule tumorali, con lo scopo di ottenere agenti targetting per la diagnosi e per la terapia del cancro. A seconda dell‟azione, terapeutica o diagnostica, che si intende conferire alla sonda biospecifica, essa trasporta due diversi tipi di metalli: isotopi radioattivi quali 99m Tc e 111 In per utilizzo in medicina nucleare, oppure metalli paramagnetici quali Gd(III), Mn(II) e Mn(III) per impiego di tecniche di risonanza magnetica imaging. A causa della elevata tossicità mostrata tanto dagli ioni metallici paramagnetici quanto dai radioisotopi, è necessario che questi siano trasportati in vivo irreversibilmente legati alla sonda biospecifica. A tale scopo vengono utilizzati agenti chelanti bifunzionali, ossia in grado di legarsi alla sonda trasportatrice e di formare complessi stabili con lo ione in esame. Durante lo scorso anno sono state messe a punto le sintesi di derivati del peptide CCK8, con macrocicli porfirina e DO3A. Il peptide CCK8 funge da sonda biospecifica ed interagisce con alta affinità con i due recettori della colicistochinina CCK-A e CCK-B che sono stati dimostrati recentemente essere sovraespressi in una serie di cellule tumorali. CONHAspTyrNleGlyTrpNleAspPheNH2 HOOC N N Gd N HOOC N COOH Cl Cl Cl Cl N N In N N Cl Cl Cl Cl CONH (CH2)4 CH CONHAspTyrNleGlyTrpNleAspPheNH2 NH2 Quest‟anno i due composti sono stati accuaratamente caratterizzati sia dal punto di vista strutturale che per le loro proprietà chimico-fisiche. In particolare il derivato con la porfirina di indio è stato caratterizzato mediante spettroscopia NMR. Lo studio NMR condotto in DMSO ed in sistemi misti DMSO/acqua ha confermato che il peptide assume una conformazione molto simile a quella esibita da CCK8 nel complesso con un modello del recettore CCKA costituito dall‟estremità N-terminale di 47 residui che è ritenuta responsabile dell‟interazione con il peptide. Lo studio NMR inoltre conferma che l‟introduzione sul residuo di Asp N-terminale di CCK-8 dell‟amminoacido di Lysine legato covalentemente con il gruppo porfirinico, non modifica la struttura di CCK8, ed in particolare non modifica la conformazione delle due catene laterali di Met e Tyr che sono ritenute responsabili del binding. Inoltre il gruppo porfirinico è rivolto in una zona lontana dalla zona di binding e quindi non dovrebbe influenzare le proprietà di binding del coniugato da noi ottenuto con il recettore. Sempre nell‟ambito di questa linea di ricerca si è provveduto a mettere a punto la sintesi in fase solida di un nuovo derivato peptidico del CCK8, in particolare un decapeptide funzionalizzato con una molecola di fosfina sulla posizione N-terminale. Il nuovo derivato peptidico contiene dunque un set coordinativo costituito da un atomo di fosforo (della fosfina), uno di zolfo (di un residuo di cisteina) e due azoti ammidici (appartenenti al backbone peptidico) che dovrebbe essere particolarmente adatto a complessare metalli come Renio e Tecnezio. La caratterizzazione ei derivati con il Renio è tuttora in corso. 2. "Molecular Tools" per il "Design" di Peptidi Bioattivi L'inserimento di residui C , dialchilati nella sequenza di peptidi bioattivi è stato di grande aiuto nello studio delle relazioni struttura-attività di queste molecole, anche in considerazione del numero sempre più crescente di residui -amminoacidici C , dialchilati finora caratterizzati, per la loro capacità di indurre nelle molecole bioattive variazioni strutturali e conformazionali specifiche che modulano o mimano particolari effetti biologici. Numerosi studi in questo campo sono stati condotti presso il Gruppo negli ultimi anni. Proseguendo le ricerche sulle preferenze conformazionali di residui, sono stati analizzati peptidi contenenti residui quali l'Ac10c (acido 1ammino-1-ciclodecan-carbossilico) ed è iniziata la caratterizzazione di residui Ac11c(acido 1ammino-1-cicloundecan-carbossilico) che presenta diverso ingombro sterico e flessibilità sulle catene laterali. Lo studio conformazionale di questi residui è stato condotto su omopeptidi (dal monomero fino al pentamero) e su peptidi (tripeptidi, tetrapeptidi e pentapeptidi) contenenti ciascuno di questi residui , -dialchilati posizionati all'inizio, al centro ed alla fine di una catena polipeptidica contenente residui codificati (quale ad esempio la L-alanina) alla scopo di misurare la capacita' di questi residui nell'indurre particolari strutture secondarie. Sono inoltre continuti gli studi strutturali di peptidi sintetici lineari e/o ciclici contenenti residui homo- -amminoacidi per valutare l'effetto strutturale impartito di residui non proteinogenici sul "backbone" peptidico. A tale riguardo è stato condotto uno studio preliminare di calcolo di energia conformazionale su sistemi modello di homoimpartita dai residui homo- e ammino acidi che ha mostrano la flessibilità allo scheletro peptidico evidenziato dalle nette prevalenze conformazionali per le regioni elicoidali della mappa. 3. Studio delle Proprietà Conformazionali di Sistemi -Ciclodestrinici Mono e Difunzionalizzati I sistemi ciclodestrinici rappresentano un‟interessante classe di oligosaccaridi ciclici costituiti da 6-12 unità D-glucopiranosidiche, legate da legami (1-4)-glicosidici. Tra questi composti, le - ciclodestrine (cicloeptaamilosio) sono quelle maggiormente studiate. Gli studi cristallografici hanno dimostrato come questi composti, formati da 7 unità D-glucopiranosidiche, presentano una forma a tronco di cono, con le unità di glucosio in conformazione a sedia di tipo 4C1. La presenza della cavità idrofobica e dei gruppi idrossilici primari permette di poter utilizzare le -ciclodestrine per costruire modelli molecolari con proprietà peculiari. In particolare, questi sistemi possono formare composti di inclusione ed essere utilizzati come modelli di “carrier” di composti idrofobici in ambienti polari, modificando le caratteristiche chimico-fisiche dei composti inclusi, e come modelli di enzimi naturali e recettori. Inoltre questa classe di composti può essere utilizzata per il riconoscimento enantioselettivo di composti amminoacidici chirali, attraverso la formazione di complessi con metalli di transizione. In quest'ambito sono stati caratterizzati in quest‟anno allo stato solido, presso l'unità operativa di Napoli una -ciclodestrinica difunzionalizzati, con due punti di possibile coordimazione per ioni metallici. UNITA’ LOCALE DI PADOVA Direttore Prof. Ulderico Mazzi Sezione Radiofarmaci Sintesi e Caratterizzazione di Complessi di Renio, Tecnezio-99 e Tecnezio-99m quali Potenziali Radiofarmaci INTRODUZIONE I radiofarmaci sono sonde radioattive impiegabili in vivo a scopo diagnostico o terapeutico. La loro applicazione medica è legata alle proprietà nucleari del radionuclide utilizzato e alle proprietà biologiche della molecola marcata. Di recente sviluppo è la ricerca di prodotti ottenuti per marcatura di molecole biologicamenente attive con 99mTc e 186/188Re impiegabili, rispettivamente, in diagnostica clinica e in terapia dei tumori. Una possibilità nella marcatura di peptidi biologicamente attivi è rappresentata dall‟approccio del chelante bifunzionale (Bifunctional Chelating Approach) che prevede la coniugazione della biomolecola con un sistema chelante in grado di fissare stabilmente il metallo. La marcatura può essere effettuata dopo la coniugazione (Preformed Chelate Approach) oppure si può inizialmente marcare il chelante e successivamente coniugare il complesso ottenuto alla biomolecola (Chelate Conjugate Approach). DISCUSSIONE Questo lavoro è stato incentrato sulla sintesi di chelanti bifunzionali in grado di legare stabilmente Renio e Tecnezio e nei quali fosse presente un gruppo funzionale utile per l‟ancoraggio di molecole bioattive. In figura 1 è riportata la struttura generale di tali leganti derivati dalla coniugazione dell‟acido (R1)2fospinopropionico con il dipeptide glicina-cisteina che presentano un set coordinativo di tipo PN2S e un gruppo carbossilico disponibile per la coniugazione con molecole bioattive. O R1 P R1 O NH R1 = Ph, CH3, CH3O(CH2)3 R3 NH O R2 = Bzl, Trt S R2 R3 = OH, OCH3, NH-biomolecules Fig. 1 I leganti con R1= Ph, R2= Bzl e R3= OCH3, OH (L-SBzl) sono stati in precedenza ampiamente studiati: da questi sono stati ottenuti i complessi di Renio ed i corrispondenti analoghi del 99m Tc. I complessi aventi come gruppo centrale il Re(V)oxo mostrano una configurazione ottaedrica nella quale il gruppo tioetereo della cisteina, i due gruppi ammidici deprotonati e il gruppo fosfinico sono coordinati al metallo e disposti sul piano equatoriale, mentre la sesta posizione trans all‟[Re=O] è occupata da un atomo di cloro. Studi di spettrometria di massa hanno dimostrato come il [Re=O]3+ (V) formi complessi stabili con chelanti del tipo PN2S; si è dedotto, inoltre, che il complesso maggiormente stabile è quello nel quale l‟atomo di zolfo risulta coordinato e deprotetto. Difficoltà incontrate nella rimozione del benzile utilizzato come gruppo protettore dello zolfo cisteinico ha orientato la ricerca verso la sintesi di un legante, contenente la stessa sequenza amminoacidica, nel quale fosse presente, però, un gruppo protettore rimovibile in condizioni più blande rispetto al benzile. Si è optato per l‟utilizzo del trifenilmetile o tritile, che può essere facilmente rimosso in ambiente acido o in presenza di sali di metalli pesanti, ottenendo il legante N[N-(3-difenilfosfinopropionil) glicinil]-S-trifenilmetilcisteina secondo lo schema in Fig.2. O O Trt O N OH + H2 N DCCI / HOBt CH2 Cl2 OH AcOH / H2O NH Trt OH NH O + AcO- H3 N NH O S S S Trt Trt Trt + O O CH2 Cl2 OH Steam bath O O TEA O NH P OH NH RT P O N O S O Trt Fig. 2 Sono stati successivamente condotti gli studi complessazione con il Renio sul legante tritilato (L-STrt) e detritilato (L-SH). La detritilazione più conveniente ha previsto l‟impiego di acido trifluoroacetico in presenza di uno scavengers donatore di idruro rappresentato dal trietilsilano. Per la complessazione sono stati impiegati diversi exchange ligands e diverse condizioni di reazione al fine di valutare quelle che in grado di garantire l‟ottenimento del complesso con rese elevate. Come riportato in figura 3 il complesso è stato ottenuto dal legante tritilato e detritilato con l‟impiego del trans-oxotriclorobistrifenilfosfina renio (V) e di tetrafenilfosfonio oxotetraclororenio (V) in etanolo assoluto. Negli spettri di massa, ottenuti con la tecnica dell‟Electro Spray Ionisation, è presente lo ione con m/z 617 ([M-H]-) corrisponde al complesso in cui il Renio risulta coordinato dal set PN2S e il frammento con m/z 573 ([M-COOH]-) che corrisponde al complesso dopo la perdita del gruppo carbossilico: questo dimostra che nei composti isolati questo gruppo non risulta coinvolto nella coordinazione del metallo. Il riscaldamento a riflusso, necessario per favorire la solubilizzazione del transoxotriclorobistrifenilfosfina renio (V) e l‟eventuale rimozione del tritile ad opera del metallo, ha comportato un abbassamento della resa per la concomitante comparsa di reazioni collaterali dovute probabilmente all‟indebolimento della struttura del legante ad alte temperature. Si è inoltre osservata una certa difficoltà nella cristallizzazione del prodotto imputabile, in parte, alla presenza del gruppo carbossilico libero; quest‟ultimo può inoltre interferire anche durante la reazione di complessazione in quanto può competere con il tiolato nella coordinazione del metallo, soprattutto nel caso del legante non detritilato. O EtOH abs, reflux 30 min, N2 ReOCl3(PPh3)2 + L-SH N ReOCl3(PPh3)2 + L-STrt (Ph4P)ReOCl4 O O + L-STrt EtOH abs, reflux 1h, N2 ReO(V)Gluconate* + L-STrt (Ph4P)ReOCl4 + L-SH OH Re EtOH abs, reflux 4h, N2 P Ph ReO(V)Gluconate* + L-SH O N S Ph MeOH, RT, N 2 MeOH, RT, N 2 UNKNOWN PRODUCTS EtOH abs, reflux 15 min, N2 * in the reaction mixture (NH4)ReO4 + NaGluconate + SnCl2 + TFA MeOH, RT, N2 Fig. 3 ReO(V)Gluconate Allo scopo di eliminare le possibili interferenze del gruppo carbossilico libero nella reazione di complessazione, è stato sintetizzato il corrispondente legante metilestere N-[N-(3difenilfosfinopropionil) glicinil]-S-trifenilmetilcisteina metilestere (L‟-STrt). La sintesi può essere condotta, secondo quanto riportato nello schema in figura 4, in due diversi modi: o per sintesi del dipeptide metilestere glicina-S-tritilcisteina difenilfosfinopropionico, oppure per e successiva esterificazione coniugazione diretta del con l‟acido legante N-[N-(3- difenilfosfinopropionil) glicinil]-S-trifenilmetilcisteina. O O Trt O N OH + H2 N DCCI / HOBt Trt CH2 Cl2 OH OH NH O + AcO- H3 N AcOH / H2O NH NH OH Steam bath O O S S S Trt Trt PyBOP DIEA Trt + MeOH 0°C O O O Trt O N OH + H2N O N NH EDAC Trt OCH 3 O P OCH 3 NH CH2 Cl2 O O S S Trt CH2 Cl2 TEA Trt Steam bath AcOH / H2O O P O O O N + + AcO- H3 N NH O O NH OCH 3 P OH NH O O RT O S S Trt RT Trt CH2Cl2 TEA PyBOP DIEA O O NH P MeOH 0°C OCH3 NH O S Trt Fig. 4 Vantaggiosa risulta l‟esterificazione diretta del legante N-[N-(3-difenilfosfinopropionil) glicinil]-S-trifenilmetilcisteina “via Py-BOP” con rese superiori al 90% operando a basse temperature (0-4° C) e impiegando il metanolo sia come reagente che come solvente. Il legante metilestere è stato quindi impiegato per la complessazione con il Renio dopo detritilazione (fig. 5): in questo caso aggiungendo alla soluzione di tetrafenilfosfonio oxotetraclororenio (V) in etanolo assoluto il legante metilestere, solubilizzato anch‟esso in etanolo assoluto, si ottiene a temperatura ambiente un precipitato verde che per successiva alcalinizzazione con trietilammina porta al complesso rosso mattone ReO(L‟-S) con il gruppo metilestere esterno alla sfera di coordinazione. O O NH P OCH 3 NH O S Trt Et3SiH TFA O O NH P OCH 3 NH O SH Ph4 PReOCl4 EtOH Abs. EtOH Abs TEA RT O O O N O N OCH 3 Re P S Fig. 5 La reazione procede senza formazione di sottoprodotti di degradazione e con rese quantitative. Vantaggiosa risulta, inoltre, la possibilità di recuperare il prodotto intermedio con la filtrazione che consente la sua purificazione da tutte le altre specie presenti nell‟ambiente di reazione. Il passo successivo è stata la modifica strutturale del legante al fine di ottimizzare la stabilità dei complessi, la loro solubilità e idrofilicità e le loro interazioni a livello fisiologico. A tale scopo l‟attenzione è stata focalizzata sulla sostituzione dei gruppi fenilici dell‟acido difenilfosfinopropionico con gruppi metilici o metossipropilici che conferiscono una maggiore solubilità in acqua: sono stati quindi sintetizzati i corrispondenti leganti con il dipeptide glicina-Stritilcisteina secondo lo schema in figura 6. O Trt O O N OH + H 2N DCCI / HOBt OH CH2 Cl2 AcOH / H2O NH Trt NH OH O O Trt P EDAC, TEA, 4-DMAP OH NH CH2 Cl2, RT O R1 Trt O O NH R1 OH S + Trt O NH Steam bath S S O + AcO- H 3N R1 OH R1 S Trt P R1 = CH3, CH3O(CH2)3 Fig. 6 Tali leganti dimostrano un‟elevata idrofilia rispetto al precedente legante difenilfosfinico che risulta ulteriormente marcata in seguito a detritilazione. Studi preliminari di complessazione hanno dimostrato la formazione di un complesso analogo a quello ottenuto con il legante N-[N-(3-difenilfosfinopropionil) glicinil]-S- trifenilmetilcisteina. CONCLUSIONI Il set coordinativo PN2S mostra un comportamento diverso verso il gruppo ReO3+ a seconda che il gruppo tiolico della cisteina sia protetto oppure libero. Il L-SBzl stabilizza il gruppo ReO3+ in una configurazione ottaedrica con il legante disposto sul piano equatoriale rispetto al gruppo oxo. Un atomo di cloro in trans all‟ossigeno del gruppo oxo completa la esacoordinazione. Il L-STrt reagisce con l‟oxorenio con perdita del gruppo protettore dello zolfo cisteinico grazie alle proprietà coordinanti del metallo, formando un complesso oxorenio-PN2S con il set coordinativo disposto sul piano equatoriale in una configurazione a piramide a base quadrata. Il L-SH reagisce con il ReOCl3(PPh3)2 producendo lo stesso complesso ottenuto con la specie L-Strt, mentre reagisce con il tetrafenilfosfonio oxotetraclororenio (V) portando alla formazione di un composto insolubile non ben definito. Per ovviare ad eventuali interferenze durante la complessazione da parte del gruppo carbossilico libero presente nei composti L-STrt e L-SH, è stato sintetizzato il corrispondente legante metilestere: il L‟-SH reagisce con il tetrafenilfosfonio oxotetraclororenio (V) portando ancora una volta al complesso pentacoordinato, ma attraverso una reazione più vantaggiosa sia dal punto di vista qualitativo (prodotto più pulito) che quantitativo (resa più elevata). La sostituzione dei gruppi fenilici nel L-Strt con gruppi metilici e metossipropilici al fine di aumentarne l‟idrofilia ha effettivamente portato a composti con una elevata solubilità in acqua. Gli studi preliminari di complessazione confermano le proprietà coordinanti del set PN2S e fanno supporre la possibilità di ottenere complessi marcati con 99mTc e 186/188Re altrettanto idrofili che non alterino la solubilità, in condizioni fisiologiche, delle molecole biologicamente attive ad essi coniugate. PARTE SPERIMENTALE 1) N- -Tritil-glicinil-S-tritil-L-cisteina (1). Ad una soluzione di tritilglicina (1.50 g, 4.7 mmoli) e idrossibenzotriazolo (0.71 g, 5.2 mmoli) in cloroformio anidro (100 ml) raffreddata in bagno di ghiaccio è stata aggiunta N,N‟dicicloesilcarbodiimmide (0.98, 4.7 mmoli): la miscela è stata mantenuta per 15 minuti a 0° C, quindi portata a temperatura ambiente e agitata per 3 ore. Il precipitato di dicicloesilurea formatosi è stato filtrato e alla soluzione risultante sono state aggiunte S-tritil-L-cisteina (2.06 g, 5.6 mmoli) e trietilammina (0.79 ml, 5.6 mmoli) in cloroformio (50 ml). Dopo 5 ore il solvente è stato rimosso per evaporazione a pressione ridotta; il residuo è stato quindi ripreso con etile acetato, lavato con 2% KHSO4 (2 100 ml), 5% Na2CO3 (2 100 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificato su Na2SO4 ed evaporato a secchezza. L‟olio residuo è stato ricristallizzato da etere/etere di petrolio. Resa 97.60%1H NMR (CDCl3): 2.72-2.78 (m, 2, CH2 Cys), 2.89 (d, 2, CH2 Gly,), 4.28 (q, 1, CH Cys), 7.14-7.99 (m, 30, ArH), 7.96 (d, 2, NH,). 13C NMR (CDCl3): 35.10 C Cys, 49.04 C Gly, 61.53 C Cys, 67.45 CPh3, 72.04 CPh3, 127.72, 127.82, 129.05, 129.20, 129.82, 130.64, 145.64, 146.22 CArom, 172.59 CONH. 2) Glicinil-S-tritil-L-cisteina acetato (2). Il composto 1 (1.00 g, 1.50 mmoli) è stato sciolto in una miscela di acido acetico (8 ml) e acqua (2 ml) e riscaldato per 50 minuti in bagno di vapore. Per raffreddamento è precipitato il trifenilcarbinolo: per aggiunta di etere il carbinolo è passato in soluzione con contemporanea precipitazione del pordotto 2. Resa 98.72%. 1H NMR (DMSO-d6): 1.91 (s, 3H, COCH3), 2.40-2.42 (m, 2H, CH2 Cys), 3.47 (dd, 2H, CH2 Gly), 4.15 (q, 1H, CH Cys), 7.20-7.33 (m, 15H, ArH), 8.28 (b, 1H, NH) 3) N- N-(3-Difenilfosfinopropionil)glicinil -S-tritil-L-cisteina (3). Il composto 2 (0.50 g, 1.04 mmoli) è stato sospeso in atmosfera inerte in diclorometano anidro e degasato (50 ml) ed è stata quindi aggiunta trietilammina (0.14 ml, 1.04 mmoli). Alla soluzione risultante è stata addizionato l‟estere succinimmidico dell‟acido difenilfosfinopropionico (0.34 g, 0.95 mmoli) ed il pH portato a 8.5-9 con trietilammina. Dopo 6 ore di agitazione in atmosfera inerte il solvente è stato rimosso per evaporazione a pressione ridotta; il residuo oleoso è stato quindi ripreso con etile acetato, lavato con 2% KHSO4 (2 50 ml), 5% Na2CO3 (2 50 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificato su Na2SO4 ed evaporato a secchezza.. L‟olio residuo è stato ricristallizzato da etere/etere di petrolio degasati. Resa: 88.76%. Anal.: calcolato: C39H37N2PSO4: C, 70.89; H, 5.64; N, 4.24; trovato: C, 69.98; H, 5.67; N, 4.22. 1H NMR (CDCl3): 2.23-2.37 (m, 2H, PCH2), 2.61-2.76 (m, 4H, PCH2CH2, CH2 Cys), 3.75-3.94 (ddd, 2H, CH2 Gly), 4.40 (“q”, 1H, CH Cys), 6.51 (b, 1H, NH), 6.91 (d, 1H, NH), 7.16-7.49 (m, 25H, ArH). 13C NMR (CDCl3): 23.34 PCH2, 32.22 PCH2CH2, 32.40 C Cys, 42.74 C Gly, 52.15 C Cys, 66.37 CPh3, 126.61, 127.84, 128.44, 128.51, 128.68, 129.51, 132.61, 132.79, 137.87, 144.60 CArom, 172.55 CONH, 174.68 CONH. 4) N,S-Ditritil-L-cisteina metilestere (4). Ad una sospensione di S-tritilcisteina metilestere hydrochloride (0.50 g, 1.2 mmoli) in diclorometano anidro e degasato (100 ml) è stata aggiunta trietilammina (0.67 ml, 4.8 mmoli) seguita da trifenilclorometano (0.67 g, 2.4 mmoli). Dopo 20 ore a temperatura ambiente la soluzione è stata lavata con 2% KHSO4 (2 100 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificata su Na2SO4 solvente è stato rimosso per evaporazione a pressione ridotta. Il prodotto è stato ricristallizzato per lenta evaporazione di una soluzione in etere/metanolo (1:4). Resa: 68.45%. 1H NMR (CDCl3): 2.50-2.60 (m, 2, CH2), 3.15 (s, 3, OCH3,), 3.40-3.45 (m, 1, CH), 7.20-7.45 (m, ArH, NH). 5) S-Trityl-L-cysteine metilestere (5). Il composto 4 (0.25 g, 0.4 mmoli) è stato sospeso in acido acetico (1.6 ml) e acqua (0.4 ml) e scaldato per 40 minuti in bagno di vapore. Dopo raffreddamento la miscela è stata diluita con diclorometano (50 ml) e aggiunta di trietilammina, quindi lavata con 2% KHSO4 (2 50 ml) e acqua (2 50 ml). Il solvente è stato quindi evaporato a pressione ridotta e il composto 5 è stato purificato con flash column chromatography (CHCl3:MeOH 9:1). Resa 91%. 1H NMR (CDCl3): 2.40-2.60 (m, 2, CH2), 3.20-3.25 (m, 1), 3.65 (s, 1, OCH3), 7.20-7.40 (m, ArH). 6) N- -Tritil-glicinil-S-tritil-L-cisteina metilestere (6). Metodo A. Ad una soluzione del composto 5 (0.66 g, 1.7 mmoli) in diclorometano anidro (100 ml) è stata aggiunta 1-etil-3-(3-dimetilamminopropil)carbodiimide (0.40 g, 2.04 mmoli) e Ntritilglicina (0.50 g, 2.04 mmoli): la miscela è stata mantenuta per 15 minuti a 0° C, quindi portata a temperatura ambiente e addizionata di trietilammina fino a pH 8.5-9. La soluzione mantenuta sotto agitazione per 1 ora è stata quindi lavata con 2% KHSO4 (2 100 ml), 5% Na2CO3 (2 100 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificato su Na2SO4. Il solvente è stato rimosso a pressione ridotta ottenendo un residuo oleoso ed il prodotto è stato ricristallizzato da etere/etere di petrolio. Resa 72.05%. Metodo B. Una soluzione del composto 1 (0.30 g, 0.45 mmoli) in metanolo anidro è stata portata a 0° C e aggiunta di Py-BOP (0.23g, 0.45 mmoli) e diisopropiletilammina (0.12 ml, 0.45 mmoli). La soluzione è stata mantenuta a 0° C per 8 ore. Il solvente è stato quindi rimosso a pressione ridotta ed il residuo ripreso con acetato di etile, lavato con 2% KHSO4 (2 50 ml), 5% Na2CO3 (2 50 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificato su Na2SO4. Il solvente è stato rimosso a pressione ridotta ed il prodotto cristallizzato da etere/etere di petrolio. Resa 85.36%. 1H NMR (CDCl3): 2.702.80 (m, 2, CH2), 2.92 (t, 2, CH2), 3.76 (s, 3, OCH3), 4.68 (q, 1, CH), 7.20-7.45 (m, ArH), 8.07 (d, 1, NH). 7) Glicinil-S-tritil-L-cisteina metilestere acetato (7). Una soluzione del composto 6 (0.25 g) in acido acetico e acqua è stata scaldata in bagno di vapore per 2 ore. Dopo raffreddamento è stato aggiunto diclorometano e la soluzione è stata lavata con 5% Na2CO3 (2 50 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificata e il solvente rimosso a pressione ridotta. Il composto 7 è stato separato con flash column chromatography. Il prodotto è stato quindi ricristallizzato per triturazione con etere di petrolio. Resa 65%. 1H NMR (CDCl3): 1.98 (s, 3H, COCH3), 2.44-2.47 (m, 2H, CH2 Cys), 3.54 (dd, 2H, CH2 Gly), 3.77 (s, 3, OCH3), 4.17 (q, 1H, CH Cys), 7.22-7.40 (m, 15H, ArH), 8.11 (b, 1H, NH). 8) N- N-(3-Difenilfosfinopropionil)glicinil -S-tritil-L-cisteina metilestere (8) Metodo A. Il composto 7 (0.50 g, 1.04 mmoli) è stato solubilizzato in atmosfera inerte in diclorometano anidro e degasato (50 ml) ed è stata quindi aggiunta trietilammina (0.14 ml, 1.04 mmoli). Alla soluzione risultante è stata addizionato l‟estere succinimmidico dell‟acido difenilfosfinopropionico (0.34 g, 0.95 mmoli) ed il pH portato a 8.5-9 con trietilammina. Dopo 10 ore di agitazione in atmosfera inerte il solvente è stato rimosso per evaporazione a pressione ridotta; il residuo oleoso è stato quindi ripreso con etile acetato, lavato con 2% KHSO4 (2 50 ml), 5% Na2CO3 (2 50 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificato su Na2SO4 ed evaporato a secchezza. L‟olio residuo è stato ricristallizzato da etere di petrolio degasato. Resa: 88.76%. Metodo B. Una soluzione del composto 3 (0.40 g, 0.60 mmoli) in metanolo anidro e degasato è stata portata a 0° C e aggiunta di benzotriazoliloxi-tris(pirrolidino)-fosfonio esafluorofosfato (PyBOP, 0.31 g, 0.60 mmoli) e diisopropiletilammina (0.20 ml, 0.60 mmoli). La soluzione è stata mantenuta a 0° C per 6 ore. Il solvente è stato quindi rimosso a pressione ridotta ed il residuo ripreso con acetato di etile, lavato con 2% KHSO4 (2 50 ml), 5% Na2CO3 (2 50 ml) e acqua (1 100 ml), quindi anidrificato su Na2SO4. Il solvente è stato rimosso a pressione ridotta ed il prodotto cristallizzato da etere di petrolio. Resa 92.00% 1H NMR (CDCl3): 2.30-2.47 (m, 2H, PCH2), 2.602.75 (m, 4H, PCH2CH2, CH2 Cys), 3.63 (s, 3H, OCH3), 3.87 (d, 2H, CH2 Gly), 4.70 (“q”, 1H, CH Cys), 6.49 (t, 1H, NH), 7.22 (d, 1H, NH), 7.21-7.43 (m, 25H, ArH). Oxo N- N-(3-Difenilfosfinopropionil)glicinil -L-cisteina metilestere Renio (V). Il composto 8 (0.30 g, 0.43 mmoli) è stato solubilizzato in acido trifluoroacetico: è stato quindi aggiunto treitilsilano fino a decolorazione della soluzione. Dopo 1 ora l‟acido trifluoroacetico è stato rimosso in corrente di azoto e per evaporazione a pressione ridotta. Il residuo è stato quindi solubilizzato in etanolo assoluto degasato ed è stato aggiunto ad una soluzione in etanolo assoluto di tetrafenilfosfonio oxotetraclororenio (V) (0.16 g, 0.43 mmoli): si è formato un precipitato verde che è stato filtrato, risospeso in etanolo assoluto e addizionato di trietilammina fino a pH 8.5-9 ottenendo una soluzione rosso mattone. Il prodotto è stato cristallizzato per lenta evaporazione del solvente. ESI MS: m/z 617 M-CH3 -; m/z 573 M-CO2CH3 -. UNITA’ LOCALE DI PALERMO Direttore: Prof. Lorenzo Pellerito Indagini pH-metriche e spettroscopiche (1H,13C,119Sn NMR; 119 Sn Mössbauer) sono state condotte per caratterizzare l'interazione dello ione dimetilstagno2+ con amino acidi e dipeptidi quali glicina (gly), glicilglicina(gly-gly) acido imidazolo-4-acetico, istamina, istidina, glicil-istamina, glicil-istidina(gly-his) e beta-alanil-istidina (carnosina). La istamina e la glicil-istamina, che posseggono un solo atomo di azoto donatore, non si è osservata formazione di complessi. Le specie idrolizzate del catione dimetilstagno(IV) sono sempre dominanti rispetto ai complessi formati con gli altri leganti, ad eccezione dei complessi formati con gly-gly e gly-his. Per questi due leganti, nell'intervallo di pH neutro si ottengono complessi COO-, N- e NH2 coordinati, con struttura trigonale bipiramidale. Questi complessi rappresentano i primi esempi di complessi in cui cationi diorganostagno sono capaci di provocare la deprotonazione dell'azoto peptidico in soluzione acquosa, a pH inaspettatamente basso. In questo processo lo ione carbossilato si comporta da gruppo chelante, in contrasto con gli altri ioni metallici che invece coordinano l'azoto amidico. Sono stati sintetizzati complessi di diorgano e triorganostagno(IV) con l'acido orotico, (2,6diidrossipirimidin-carbossilico)= H3Or, in cui l'acido orotico si comporta sia da mono che da dianionico nei confronti della metà diorganostagno(IV), originando complessi di formula R2Sn(H2Or)2 e R2Sn(HOr), mentre nei confronti dei triorganostagno(IV)orotati avviene soltanto la monodeprotonazione dell'acido orotico dando R3SnH2Or. La struttura allo stato solido è stata proposta sulle basi di dati spettroscopici IR e Mossbauer, mentre la natura dei complessi in soluzione è stata indagata mediante 1H e 13C NMR. Infine, i complessi ottenuti hanno mostrato, in vivo, proprietà inibenti nei confronti di embrioni di Ciona intestinalis. I risultati mostrano che gli orotato complessi interferiscono con la polimerizzazione della tubulina durante il processo di divisione cellulare durante lo sviluppo embrionale. Derivati dialchil e trialchilstagno(IV)tiamminapirofosfato hanno mostrato avere formule generali del tipo R2Sn(HTPP)2·nH2O [n = 2 per il metil derivato ed n = 4 per il butilderivato] e R3SnHTPP·nH2O [n = 2 per il metil derivato ed n = 1 per il butil derivato]. I dati infrarossi suggeriscono un coinvolgimento del solo ossigeno del gruppo fosfato nella coordinazione dello stagno sia nei diorgano che nei triorganostagno derivati originando così strutture ottaedriche e trigonale bipiramidale, strutture confermate mediante arazionalizzazione dello splitting di quadrupolo nucleare, determinato con spettroscopia Mossbauer. Dati 1H e 13 C NMR suggeriscono che le strutture dei complessi ottenuti vengono mantenute in soluzione di D2O. Per tutti i complessi stabili in soluzione è stata studiata l'attività citotossica nei confronti di fibroblasti embrionali di topo immortalizzati (NIH-3TP, verso i quali mostrano un chiaro effetto inibitore della loro crescita. Inoltre la citometria di flusso è stata utilizzata per indagare l'attività citotossica di diorgano e triorganostagno derivati della [meso-tetra(4-carbossifenil)porfina], (=TPPC), con stechiometria (R2Sn)2TPPC e (R3Sn)4TPPC nei confronti del ciclo cellulare di cellule renali umane per cercare di capire l'origine della inibizione della crescita cellulare da parte dei complessi precedentemente menzionati. La distribuzione del contenuto di DNA in funzione del ciclo cellulare è stata investigata mediante la citometria a flusso, una tecnica potente capace di evidenziare alcuni aspetti della citotossicità indotta. Un approccio ANN (artificial neural network) è stato utilizzato per valutare la geometria di coordinazione attorno all'atomo di stagno(IV) per complessi pentacoordinati di diorganostagno con dipeptidi. L'applicazione di tale metodo fornisce un rapido ed accurato metodo per la corretta classificazione di spettri Mössbauer. La spettroscopia Mössbauer è stata utilizzata per investigare la natura delle interazioni tra sali e complessi di organostagno(IV) con molecole biologiche. In particolare è stata riportata l'analisi e la speciazione di organostagno derivati presenti nell'ambiente circostante e l'interazione di composti organostagno(IV) con emoglobina, acido desossiribonucleico, e di sistemi ternari quali organostagno-amino acidi-acidi nucleici. La struttura delle specie ottenute e la natura degli atomi coordinati è stata investigata mediante tecniche spettroscopiche, sia allo stato solido che in soluzione. Gli effetti di alcuni organostagno(IV)[meso-tetra(4-carboxyporphinate)] con formula (R2Sn)2TPPC e (R3Sn)4TPPC (R= Me, n-Bu, Ph)sono stati utilizzati in vivo sullo sviluppo embrionale di ascidiacee. Il composto più tossico è il (Bu3Sn)4TPPC, il quale già a concentrazione dell'ordine di 10-7 M impedisce la suddivisione in due cellule. Per correlare questo arresto di sviluppo embrionale con il percorso metabolico, e per capire perchè mai le organelle cellulari per primi subiscono danni chimici, le uova fecondate in soluzioni 10-5 e 10–7 M di (Bu3Sn)4TPPC sono stati analizzati per il loro contenuto in DNA, RNA, proteine, glucosio, lipidi ed ATP, confrontando i valori ottenuti con quelli delle uova fecondate di controllo. Gli effetti pleiotropici dell‟esposizione a derivati organostagno ed in particolare ai tributilstagno(IV) derivati sono stati studiati in funzione della concentrazione della metà tributilstagno. In particolare sono stati indagati I valori dei livelli di ATP, lipidi ed acidi nucleici, glucosio ed ioni Ca2+ e l‟influenza che I tributilstagno derivati hanno sulla sintesi di queste molecole essenziali per lo sviluppo embrionale. I risultati ottenuti mentre mostrano una diminuizione di queste sintesi, indicano un marcato aumento della concentrazione in ioni Ca2+ e di glucosio. Inoltre viene inibita l‟attività enzimatica della Creatina chinasi e viene stimolata l‟attività della Fosfatasi alcalina e della Colinesterasi (a concentrazioni dell‟ordine di 10-5 M in soluzione di acqua di mare sterile). Gli effetti sulla riproduzione e sullo sviluppo embrionale sono causati da un meccanismo di estrema difesa cellulare che si instaura per evitare deleterie conseguenze sulla sopravvuivenza cellulare. Sono state determinate le geometrie molecolari, parametri termodinamici e distribuzioni di carica elettronica di diorgano e triorganostagno(IV) derivati di [protoporfirina-IX] e di [meso-tetra(4-carbocarbossifenil)porfina] con metodi semi-empirici ed ab initio. Per studiare i dettagli molecolari dei complessi, sono stati calcolati anche modelli moleoclari più semplici con il metodo ab initio pseudo-potential. I risultati teorici estratti dai calcoli sono in perfetto accordo con i dati sperimentali ottenuti con spettroscopia Mossbauer. L‟idrolisi di metà organostagno e le interazioni con amminoacici, peptidi, carboidrati e loro derivati, con acidi nucleici ed altri bioleganti sono stato oggetto di particolare attenzione, ciò che è sfociato in una articolo-rivista accettato per la pubblicazione su Coordination Chemistry Review. Infine, sono stati investigati gli effetti di tributilstagno(IV)derivati sulla metamorfosi di larve di Ciona intestinalis. Le Ascidie sono Protocordati che non hanno follicoli tiroidei, ma che posseggono ormoni tiroidei (THs) ed i loro precursori, 3-monoiodo-tirosina (= MIT) e 3,5-diiodo-tirosina (= DIT) nel loro endostilo. Questi ormoni sono presenti anche allo stato larvale, localizzati nelle cellule mesenchimali e la loro funzione sembra essere prevalentemente correlata alle trasformazioni larvali. In conseguenza di ciò sono stati investigati gli effetti di tributilstagno derivati sul contenuto e localizzazione della Tirosina (T4) dopo esposizione di larve di C. intestinalis per tempi e concentrazioni differenti di tributilstagno(IV) derivati, i quali bloccano la metamorfosi, il che porta al blocco della coda ed alla immobilità larvale. Come rivelato da indagini immmunoistochimiche, nelle larve normali, T4 si trova in tutte le cellule mesenchimali, diffusa nella cavità del corpo, sotto le papille adesive e intorno all‟intestino. In contrasto, nelle larve esposte a soluzioni 10 -5 e 10-7 M di tributilstagno derivati, T4 viene rilevato rispettivamente solo nel 5 e 25% di tutte le cellule mesenchimali. Indagine Radio-immunologiche (RIA) mostrano una diminuizione del 70% del contenuto di T4 nelle larve esposte ai composti, rispetto a quello non esposte. Inoltre viene inibita la neosintesi delle TH. I risultati indicano che gli organostagno derivati si comportano da distruttori endocrini (= ED) nei confronti delle Ascidie e scompensano il metabolismo di T4. Questi risultati implicano che l‟attività ED si conserva dagli invertebrati agli esseri umani. Sono stati analizzati dal punto di vista termodinamico le problematiche riguardanti: (a) le interazioni tensioattivo-ciclodestrina (b) le interazioni sostanze macromolecolari-tensioattivi a) Sono state determinate le entalpie di trasferimento di ciclodestrine modificate da acqua a soluzioni acquose di alchilcarbossilati di sodio. L‟analisi quantitativa dei risultati sperimentali è in accordo con l‟idea che nella regione pre-micellare abbia luogo la formazione del complesso di inclusione tra ciclodestrina ed il tensioattivo e che la ciclodestrina interagisca con le micelle. Per una data ciclodestrina, la termodinamica di complessazione è influenzata notevolmente dalla natura del tensioattivo. b) Le interazioni tensioattivo-macromolecola hanno riguardato classici tensioattivi e polimeri ed additivi di varia natura e copolimeri a blocchi del tipo poli(etilenossido)a-poli(propilenossido)bpoli(etilenossido)a, dove a e b sono le unità ripetitive. Le proprietà termodinamiche del tipo poli(etilenossido)13-poli(propilenossido)30-poli(etilenossido)13 (L64) in presenza di perclorato di sodio evidenziano che l‟elettrolita gioca lo stesso ruolo della temperatura mentre quelle in presenza di elettroliti idrofobi evidenziano essenzialmente interazioni idrofile elettrolita-L64. Le interazioni tra L64 (sia in forma dispersa che micellizzata) e micelle di sodio decilsolfato portano alla formazione di micelle miste con un grado di dissociazione elevato. Le entalpie di trasferimento del poli(etileneglicole) 400 e 35000 da acqua a soluzioni acquose di perfluoroalcanoati di sodio hanno messo in evidenza la presenza di un processo cooperativo sia nella regione pre- che in quella post-micellare. L‟energia libera standard di formazione del complesso polimero-tensioattivo di stechiometria1:n indica che la driving force del processo è di natura idrofobica e che clusters di tensioattivo sono associati al polimero. L‟entropia governa detto processo. L‟energia libera, l‟entalpia e l‟entropia standard di formazione del complesso polimerotensioattivo micellizzato di stechiometria 1:q indicano che le micelle siano avvolte dalle catene polimeriche. Nel quadro degli studi di speciazione sono state effettuate indagini sistematiche sulle interazioni di leganti carbossilici nei confronti di ioni metallici e organometallici. In particolare è stata definita la speciazione di leganti policarbossilici in acqua di mare artificiale, studiando anche il comportamento di poliacrilati e polimetacrilati (P.M. 2000, 5000, 2000 u.m.a.) come molecole modello rappresentative delle frazioni solubili degli acidi fulvici nelle acque naturali. Sono stati approfonditi gli studi sulla chimica in soluzione acquosa dei cationi di organostagno(IV), definendo in particolare i processi di idrolisi e la speciazione in acqua di mare di mono-, di- e trimetilstagno(IV). E‟ stato pubblicato il libro “Chemical Processes in Marine Environments” quale risultato della 2^ edizione della International School on Marine Chemistry, organizzata in Ustica (Settembre 1998) in collaborazione con la Riserva Marina e con il patrocinio della SCI e del CNR. UNITA’ DI RICERCA DI PARMA Direttore: Prof. Marisa Ferrari Belicchi L’unità di ricerca di Parma si compone di 3 gruppi che si distinguono per le proprie diverse competenze nel campo della chimica dei sistemi biologici. L’attività di ricerca di ciascun gruppo verrà pertanto illustrata separatamente. 1. Gruppo di ricerca della Prof. A. M. Lanfredi Manotti (F. Ugozzoli e C. Massera) Studio di complessi di rutenio(II) e rutenio(III) ad attività antitumorale Il gruppo, che ha una pluriennale attività di ricerca nel campo della Strutturistica Diffrattometrica, si occupa sia della caratterizzazione strutturale allo stato solido mediante diffrazione di raggi-X sia dello studio delle correlazioni proprietà-struttura di complessi metallici aventi potenziale attività antitumorale. Negli ultimi anni, in collaborazione con il Department of Chemistry dell‟ Università di Leiden (Olanda) sono state sviluppate ricerche su complessi metallici con frammenti s-triazolici variamente sostituiti. In particolare l‟attenzione è stata rivolta a complessi di rutenio con purine modificate, simili a derivati di rutenio ad attività anticancerogena per i quali, come riporta la letteratura, sembrano svolgere un ruolo determinante ai fini dell‟attività antiproliferativa le loro reazioni idrolitiche di acquazione. In questa ottica la caratterizzazione di due monoacqua tricloro complessi di rutenio(III) con leganti purinici modificati ci ha permesso di evidenziare che tali leganti eterociclici sono in grado di finalizzare le proprietà fisiche e chimiche dei complessi attraverso un sistema intramolecolare multiplo di legami ad idrogeno. Essendo d‟altra parte importante studiare il binding dei rutenio-complessi con basi modello del DNA sono state studiate le proprietà del complesso di rutenio(II) (azpy=2-(fenilazo)piridina; -[Ru(azpy)2(NO3)2], indica l‟ isomero in cui i gruppi coordinanti ONO2, N(py), ed N(azo) sono cis, trans e cis rispettivamente) ed il suo modo di binding a basi modello del DNA quali 9etilguanina (9egua) e guanosina (guo). I risultati sono stati anche confrontati con quelli ottenuti dal binding di basi modello al complesso bis(bipiridil)rutenio(II). Lo studio strutturale del complesso [Ru(azpy)2(NO3)2] ha permesso di interpretare gli spettri NOESY NMR dei suoi complessi con le basi modello e quindi di determinare le orientazioni del 9egua e guo mostrando come i derivati della guanina in complessi di azpy possono avere maggiori libertà stereospaziali che non nei complessi [Ru(bpy)2Cl2] e che tale flussionalità e‟ importante nel binding del complesso -[Ru(azpy)2(NO3)2] al DNA. 2. Gruppi di ricerca della Prof. Marina Cingi Biagini a) (M. Lanfranchi, L. Marchiò, M. A. Pellinghelli, M. Tegoni) Nuovi complessi con leganti triazolici, triazolinici e triazolidinici I derivati ciclici della tiocarbonoidrazide rappresentano una classe di composti relativamente poco studiata. I derivati 4-ammino-5-tiosso-s-triazolinici sono conosciuti in letteratura per la loro capacità di complessare numerosi ioni metallici con caratteristiche soft e sono da considerarsi acidi monoprotici. In soluzione mostrano tautomeria tione-tiolo e hanno mostrato un interessante meccanismo di desolforazione promosso dal rame(II). I complessi di Werner del rutenio con derivati ciclici della tiocarbonoidrazide sono una nuova classe di composti che possono essere interessanti nello sviluppo della chimica di coordinazione dei metalli di transizione. In tempi recenti alcuni ricercatori hanno studiato le proprietà antitumorali di alcuni complessi di Ru(II) e Ru(III), in particolare i derivati con dmso. Dal nostro gruppo di ricerca sono stati sintetizzati e caratterizzati, spettroscopicamente e tramite diffrazione ai raggi X su cristallo singolo, alcuni leganti triazolici solforati e alcuni loro complessi di Ru(II) e Ru(III). E‟ stato studiato il comportamento chimico di derivati triazolici, tiodiazolici e triazolinici della tiocarbonoidrazide verso il complesso cis-[RuCl2(dmso)4] (1). La reazione di 4ammino-5-metiltio-3-(2-piridil)-1,2,4-triazolo (L1) con 1, forma due complessi diastereomerici, trans,cis-[RuCl2(dmso)2(L1)] (2) e il complesso chirale cis,cis-[RuCl2(dmso)2(L1)] (3). La reazione di 1 con 2-(2-formilidrazino)-1,3,4-tiodiazolo in metanolo ha formato il complesso trans,cis-[RuCl2(dmso)2(L2)] (4) in cui il legante L2 risulta deformilato. Il processo è stato catalizzato da Ru(II) ma con resa molto bassa. La sintesi di complessi di Ru con 4-ammino-3metil-1,2,4- 2-triazolina-5-tione (L3) e 4-ammino-3-etil-1,2,4- 2-triazolina-5-tione (L4) ha rivelato un interessante processo di ossidazione del metallo promosso da dmso. La reazione di 1 con questi leganti in soluzione acquosa di HCl 6 M ha portato alla formazione dei complessi mer[RuCl3(dmso)(L3)] ½H2O (5) e mer-[RuCl3(dmso)(L4)]·½H2O (6). Il complesso mer- [RuCl3(dmso)(L4)]·CH3COOH·H2O (7) è stato ottenuto ricristallizando 6 da etilacetato. A nostra conoscenza questi complessi rappresentano il primo caso di chelazione di un sistema di tipo N-N-CS. L3 è stato trovato agire come monodentato tramite l‟atomo di zolfo o bidentato chelante tramite lo zolfo e l‟azoto amminico o tridentato chelante N,S e a ponte con l‟azoto endociclico ed infine tridentato 3. Data la grande versatilità di L3 è stato studiato il comportamento legante di composti simili come 4-ammino-1,2,4- 2-triazolina-5-tione (L5) e 4-ammino-3-etil-1,2,4- 2triazolina-5-tione (L4) rispettivamente verso Ag(I) e Cu(I). Tramite analisi di diffrazione ai raggi X su cristallo singolo sono state determinate le strutture molecolari di [Ag(HL5)2]NO3 e [CuCl(HL4)3]. Nel composto di argento sono presenti (evento non frequente) contemporaneamente specie dimeriche e polimeriche e il legante mostra un nuovo modo di coordinarsi chelando N,S e disponendosi a ponte tramite l‟atomo di zolfo. Il complesso tetraedrico di rame(I) (simmetria C3) è chirale e questo è dovuto alla disposizione elicoidale delle 3 molecole triazoliniche S-coordinate che interagiscono tramite legami d‟idrogeno con l‟atomo di cloro coordinato e con disposizione testa-coda con altri complessi formando catene che scorrono lungo c. E‟ stata osservata una risoluzione spontanea e nel cristallo analizzato sono presenti solo conformeri . I derivati ciclici della carbonoidrazide sono oggetto di studio nel campo biologico, tecnologico e analitico, a tal fine sono state studiate le capacità complessanti di 4-ammino-1,2,4triazolidina-3,5-dione (urazina) sia come legante neutro (Hur) che monoanionico (ur) verso cationi divalenti (Co, Ni, Cu, Zn). Sono stati sintetizzati e caratterizzati i complessi CoCl 2(Hur)2.4H2O, NiCl2(Hur)2.4H2O e Zn(SO4)(Hur).2H2O nei quali l‟urazina agisce come legante neutro. Il complesso polimerico di zinco ha dato luogo a risoluzione spontanea e nel cristallo esaminato è presente solo l‟isomero A. Partendo dal sale sodico dell‟urazina sono stati sintetizzati i complessi Co(ur)2.4H2O, NiCl(ur).H2O e CuCl(ur).2H2O. Partendo da soluzioni acquose di urazina sono stati sintetizzati i complessi Cu3(NO)3(ur)4.6H2O, Cu(ur)2.4H2O e Cu2(SO4)(ur)2.2H2O. Di questi ultimi tre complessi e di CoCl2(Hur)2.4H2O e Zn(SO4)(Hur).2H2O sono state determinate le strutture cristalline ai raggi X. In questi composti Hur agisce solo come chelante N,O mentre ur nei complessi di rame esaminati agisce o come monodentato tramite l‟azoto endociclico deprotonato o come tridentato o come tetradentato mostrando una grande versatilità. b) (F. Dallavalle, M. Tegoni) Equilibri di formazione di complessi ternari di Cu(II) con acidi (S)-amminoidrossammici e D- o L-amminoacidi in soluzione Gli acidi amminoidrossammici e più in generale leganti idrossammici variamente funzionalizzati sono oggetto di studio sia in campo chimico che biologico, specialmente per il ruolo che rivestono nell‟accumulo e nel trasporto di ioni metallici negli organismi viventi. E‟ ben noto il caso del sideroforo naturale Desferossiammina B, impiegato nel trattamento di pazienti beta- talassemici come sequestrante specifico per ferro(III). Inoltre, alcuni acidi idrossammici e amminoidrossammici presentano la capacità di funzionare come inibitori enzimatici mediante un meccanismo che sembra coinvolgere la chelazione di questi leganti con gli ioni metallici dei metalloenzimi, anche se sono stati scarsamente studiati i complessi ternari che questi leganti formano con ioni metallici di transizione e amminoacidi. Nell‟ambito della ricerca riguardante la stereoselettività termodinamica nella formazione di complessi ternari di ioni bi- e trivalenti con leganti chirali ammino-idrossammici e D- o Lamminoacidi in soluzione è stato preso in esame il sistema Cu2+/ acido (S)-triptofanoidrossammico / D- o L-amminoacido (Pro, Phe, Trp). Gli equilibri di protonazione e di complesso-formazione sono stati studiati in soluzione acquosa mediante potenziometria con elettrodo a vetro e spettrofotometria di assorbimento nel visibile. E‟ noto che le specie formate da Cu(II) con acidi -amminoidrossammici (HL) sono [CuL]+, [Cu2L2H-1]+, [CuL2], [CuL2H-1]-. Lo studio degli equilibri del sistema Cu(II) / acido (S)triptofanoidrossammico (Trpha, HL) è risultato complicato a causa della insolubilità della specie [Cu2L2H-1]+ che precipita nella zona di pH 4-6 per poi trasformarsi completamente nella specie solubile [CuL2] e quest‟ultima nella specie [CuL2H-1]-. Per superare questa difficoltà si è scelto un legante competitore di Trpha abbastanza forte, quale EDTA, in grado di ridurre la concentrazione del complesso insolubile così da evitarne la precipitazione anche a concentrazioni di metallo non troppo basse, ma con una scarsa tendenza a formare complessi ternari con Trpha. I valori delle costanti globali di protonazione e di complessazione (log , pqr = [CupLqHr]/[Cu]p[L]q[H]r a T = 25 ° C e I = 0.1 M (KCl)) sono risultati: HL 9.13(1) H2 L + [CuL]+ [Cu2L2H-1]+ [CuL2] 16.16(1) 10.62(4) 20.68(6) 20.53(2) [CuL2H-1]10.37(2) I complessi sono stati caratterizzati mediante spettroscopia di assorbimento nel visibile calcolando i parametri di max/ che sono risultati in buon accordo con quelli già noti per altri amminoidrossammati. In particolare è stato possibile confermare che la specie [CuL2H-1]- non è un idrossocomplesso ([CuL2(OH)]-), ma contiene il gruppo idrossammico deprotonato anche all‟ossigeno. Nell‟ipotesi che in questi complessi lo ione Cu2+ presenti sempre una geometria ottaedrica distorta, con due molecole di acqua assiali, si sono calcolati i contributi al campo dei leganti da parte degli atomi di azoto del gruppo idrossammato (0.479(5) m-1) e idrossammato deprotonato anche all‟ossigeno (0.623(12) m-1) secondo il modello di Billo. Per valutare l‟eventuale presenza di stereoselettività termodinamica nella formazione di specie ternarie con D- o L-amminoacidi, sono stati scelti prolina, fenilalanina e triptofano, cioè quegli amminoacidi che avevano in precedenza mostrato le maggiori stereoselettività in analoghi sistemi con leganti (S)-ammino-ammidici. Rapporti favorevoli alla formazione della massima quantità delle specie miste (Cu:L:A = 1:1:1 o 1:1:2, HA = amminoacido) non sono risultati praticabili a causa della insolubilità del complesso dinucleare [Cu2L2H-1]+, quindi per evitarne la precipitazione si è dovuto operare in presenza di un forte eccesso di amminoacido (Cu/A da 1:15 a 1:30). Le specie ternarie individuate sono [CuLA] e [CuLH-1A]- e i corrispondenti valori di log Pro D sono risultati: Phe L D Trp L D L [CuLA] 18.67(2) 18.80(1) 18.01(3) 17.94(2) 18.46(4) 18.35(3) [CuLH-1A] 9.22(1) 9.12(1) 8.02(5) 8.30(3) 8.25(5) 8.07(4) La stereoselettività nella formazione dei complessi ternari è stata espressa come log SR – log SS log = . I valori ottenuti sono i seguenti: Pro Phe Trp -0.13(2) +0.07(4) +0.11(5) [CuLH-1A]- +0.10(1) -0.28(6) +0.18(6) [CuLA] Si può considerare significativa la stereoselettività presentata da entrambi i complessi contenenti prolina e quella del complesso [CuLAH-1]- con fenilalanina. Comunque, l‟entità di questa stereoselettvità è minore di quella ottenuta in precedenza con l‟analogo legante (S)triptofanammide. La stereoselettività osservata è attribuibile a interazioni steriche tra i due residui amminoacidici sulla base di modelli molecolari. 3. Gruppo di ricerca della Prof. M. Ferrari Belicchi (F.Bisceglie, G.Pelosi, P.Tarasconi, R.Albertini, S.Pinelli) Relazione struttura-attività biologica di nuovi complessi con tiosemicarbazoni aromatici E' proseguita la nostra attività di ricerca basata su sintesi, caratterizzazione e valutazione di alcune proprietà biologiche di complessi di interesse farmacologico, non analoghi al cis-platino, contenenti il frammento tiosemicarbazonico con sostituenti di diverso ingombro e natura sugli atomi di azoto amminico ed idrazinico, con lo scopo di confrontare le caratteristiche geometriche e gli effetti biologici con quelli dei corrispondenti composti senza sostituenti sulla catena tiosemicarbazonica. In particolare i leganti aromatici precedentemente caratterizzati, Me-H3ut e Me2-H3ut (4metil e 4,4-dimetiltiosemicarbazide), ottenuti condensando il 5-formiluracile con tiosemicarbazidi sostituite, sono stati fatti reagire con sali di rame variando anche il controione inorganico. Sono stati isolati in forma cristallina e caratterizzati anche mediante diffrazione ai raggi X i complessi [Cu(Me-H3ut)Cl2].H2O 1 [Cu(Me2-H3ut)Cl2].H2O 2 e [Cu(Me-H3ut)(NO3)(OH2)2]NO3 3. Si è potuto osservare che nè il differente tipo di controione nè il numero diverso di sostituenti ha influenzato la deprotonazione del legante che in tutti i complessi è presente in forma neutra. In entrambi i complessi derivati dal cloruro rameico la coordinazione risulta quadrata piramidale (4+1) ed implica tre atomi donatori SNO del legante ed un atomo di cloro nel piano di base. L'apice della piramide è occupato dal secondo atomo di cloro con distanze molto più lunghe rispetto a quelle nel piano di base in analogia con quanto rilevato in analoghi complessi di rame con il tiosemicarbazone dell'uracile non sostituito studiati in precedenza. La struttura del composto 3 è costituita da cationi complessi [Cu(Me-H3ut)(NO3)(OH2)2]+ e anioni nitrato. La geometria di coordinazione (4+2) è una bipiramide allungata con gli atomi SNO del tiosemicarbazone neutro tridentato e una molecola d'acqua nel piano di base, mentre le posizioni apicali sono occupate dall'ossigno dell'altra molecola di acqua e dall'atomo O3 del gruppo nitrato monodentato più debolmente legati all'atomo di rame. Legami di idrogeno tra O1W e O2W e gli atomi di ossigeno O4 ed O5 del gruppo nitrato coordinato di una molecola in posizione x, y, z+1 creano catene di poliedri che si sviluppano nella direzione dell'asse z. Il corrispondente complesso con il legante non sostituito di formula [Cu(H3ut)(OH2)2](NO3)2.H2O presenta invece geometria di coordinazione piramidale quadrata (4+1) e i nitrati sono entrambi ionici. Legami di idrogeno tra le molecole d'acqua coordinate appartenenti a poliedri centrosimmetrici determinano la formazione di dimeri. Sui leganti ed i relativi complessi sono stati effettuati saggi biologici, in particolare prove di inibizione della proliferazione cellulare, su linee cellulari leucemiche umane U937 in collaborazione con l'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Università di Parma. Il legante libero H3ut, sciolto in DMSO e addizionato al mezzo di cultura, immediatamente precipita, pertanto non è stato possibile valutare la sua attività biologica. Entrambi i leganti, con uno o due gruppi metile sull'azoto amminico Me-H3ut e Me2-H3ut, non inibiscono la proliferazione cellulare. Per quanto riguarda i complessi è stato fatto un confronto della loro attività di inibizione con quella dei corrispondenti complessi con il legante non [Cu(H3ut)Cl2].2H2O sostituito 4 e [Cu(H3ut)(OH2)2](NO3)2.H2O 5. Mentre i complessi 1, 2 e 3 non inibiscono la proliferazione, entrambi i complessi con il legante H3ut presentano una inibizione maggiore del 50% della crescita cellulare ad una concentrazione rispettivamente di 40 g/ml per il cloruro e di 35 g/ml per il nitrato. INIBIZIONE DELLA PROLIFERAZIONE CELLULARE SULLA LINEA LEUCEM ICA UM ANA U937 4 x 10 cells/ml 300 250 200 150 100 50 0 CTR Me-H3ut Me 2-H3ut 1 2 3 4 5 Per questi composti attivi si è eseguito anche il saggio sulla linea cellulare leucemica CEM e si è osservata una analoga attività, per il nitrato complesso già alla concentrazione di 30 g/ml. Questi risultati suggeriscono che il gruppo amminico terminale non sostituito sembra avere un ruolo rilevante nel determinare un effetto di inibizione che però non si verifica attraverso un meccanismo apoptotico. In parallelo seguendo sempre un procedimento di screening, per valutare una possibile attività biologica anche di leganti potenzialmente SN bidentati, sono stati sintetizzati diversi tiosemicarbazoni di aldeidi naturali tra i quali il tiosemicarbazone del citronellale che, alla concentrazione di 10 g /ml inibisce del 75% la proliferazione cellulare ed è anche in grado di indurre apoptosi sulla linea cellulare leucemica umana U937. Sulla base dei risultati ottenuti sono stati studiati nuovi tiosemicarbazoni SN bidentati, aventi differente carattere idrofilo-lipofilo, derivati dalla condensazione della p-fluorobenzaldeide con tiosemicarbazidi variamente sostituite con gruppi alifatici ed aromatici e sono stati caratterizzati per mezzo di spettroscopia IR ed NMR. Il tiosemicarbazone della p-fluorobenzaldeide (Hfbt) ed il 4-feniltiosemicarbazone della pfluorobenzaldeide (Ph-Hfbt) sono stati anche caratterizzati mediante diffrazione ai raggi X. Per verificare l'effetto della chelazione metallica sulle proprietà biologiche è stato pure studiato il complesso di nichelio [Ni(fbt)2], tenendo presente che, pur essendo nota l'essenziale presenza di questo metallo in enzimi batterici, non è ancora chiaro il ruolo che esso ha come elemento in tracce negli esseri umani. I saggi biologici sulla linea cellulare U937 hanno evidenziato che il legante Hfbt inibisce la proliferazione cellulare del 50% ad una concentrazione di 50 g/ml, il legante, Ph-Hfbt più attivo, inibisce del 50% già ad una concentrazione di 10 g/ml, il complesso [Ni(fbt)2] a 30 g/ml inibisce del 75%. Queste concentrazioni corrispondono alla massima inibizione senza osservare effetto citotossico sulle cellule. Nessuno di questi composti è in grado di indurre apoptosi. Anche il complesso di nichelio, che è costituito da molecole neutre [Ni(fbt)2], con il metallo su un centro di simmetria, e presenta una coordinazione quadrata planare con i due leganti SN bidentati in posizione trans non induce apoptosi. Questo indica che l'incompleta saturazione delle posizioni di coordinazione osservata in complessi di rame studiati in precedenza è una condizione necessaria, ma non sufficiente per rendere attivo il composto riguardo il meccanismo di apoptosi. UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA Direttore: Prof. Luigi Casella Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella Studi su Metalloproteine e loro Modelli Sono stati studiati vari sistemi modello di rame enzimi, sia mononucleari sia binucleari. Per i sistemi mononucleari sono stati in particolare studiati l‟attività ed il meccanismo di riduzione del nitrito a monossido di azoto ai centri rame(I). Questa reazione riproduce l‟attività dei rame enzimi nitrito riduttasici attivi nella denitrificazione batterica, il cui meccanismo catalitico non è noto, ma potrebbe avere rilevanza anche nel campo delle patologie degli organismi superiori, nelle quali si ha sovraproduzione di specie azotate reattive. E‟ stata impiegata in questi studi una serie di complessi di rame con leganti tridentati con donatori azotati correlati all‟imidazolo. Gli studi cinetici hanno evidenziato per la reazione nitrito riduttasica una dipendenza di tipo iperbolico dalla concentrazione del nitrito ed una dipendenza lineare dalla concentrazione del protone. Ciò indica che lo stadio chiave della reazione è costituito dalla protonazione di una specie rame(I)-nitrito. Tra i sistemi binucleari si è studiata l‟ossigenazione reversibile a bassa temperatura (-80° C) di un complesso con un legante esadentato poliazotato e si è potuto dimostrare seguendo le reazioni a –60° C che questo addotto è la specie competente per realizzare l‟ossigenazione del nucleo fenolico di un substrato esterno. Si tratta dell‟unico sistema modello per il quale sia stata dimostrata un‟attività tirosinasica dell‟addotto rame-ossigeno su un substrato fenolico esterno. Altri sistemi modello correlati al precedente esibiscono attività tirosinasica ma non danno addotti sufficientemente stabili con l‟ossigeno. La rilevanza biologica dei sistemi modello è confermata da studi sul meccanismo di inibizione esercitato nelle reazioni di ossidazione dei substrati fenolici dall‟acido kojico, uno dei più potenti inibitori della tirosinasi. Sono stati inoltre iniziati degli studi sulla possibilità di convertire la mioglobina in una proteina con attività catalitica. Essi si sviluppano secondo due linee parallele. Da un lato è stata presa in considerazione la possibilità di incrementare l‟attività catalitica sostituendo il gruppo eme nativo con un derivato eme modificato chimicamente. Dall‟altro si è proceduto all‟espressione e purificazione di mutanti sito specifici della proteina nei quali sono stati introdotti nella cavità distale dell‟eme dei residui analoghi a quelli che promuovono l‟attività di eme enzimi quali le perossidasi. Sono stati infine iniziati degli studi di ricostituzione della mioglobina con cofattori eme modificati. La modifica iniziale è stata l‟aggancio al complesso protoeminico di un residuo di arginina, il quale avrebbe la funzione di simulare l‟effetto di un residuo di arginina presente nella tasca distale delle perossidasi. La mioglobina ricostituita con questo gruppo eme presenta in effetti un‟attività perossidasica più marcata rispetto alla proteina nativa, anche se questo incremento di attività è dovuto più alla facilità con cui reagisce il substrato con la proteina che alla vera e propria attivazione della reazione col perossido di idrogeno. La ricostituzione della mioglobina con un gruppo eme modificato con un‟istidina produce una proteina eterogenea, con una frazione minoritaria contenente ferro ad alto spin (pentacoordinato), come nella proteina nativa, ed una frazione maggioritaria contenente ferro a basso spin (esacoordinato). Il sesto legante è probabilmente rappresentato dall‟istidina distale e può essere scalzato dal legame di buoni donatori per il ferro quali gli ioni azide o cianuro. Per questo motivo la mioglobina ricostituita esibisce un‟attività perossidasica significativa, nonostante la ridotta accessibilità del ferro. Questo approccio viene seguito anche negli studi su complessi ferroporfirinici modello, nei quali la porfirina viene modificata chimicamente con l‟aggancio di gruppi sostituenti identici o analoghi ai residui distali delle eme perossidasi. I modelli studiati in questa fase sono dei derivati eme-peptidici, denominati microperossidasi, i quali sono stati ottenuti per modificazione covalente del residuo eme-octapeptidico risultante dalla digestione del citocromo c. La modificazione è consistita nell‟aggancio di residui di prolina all‟estremo N-terminale della catena, che corrisponde al residuo che lega il gruppo eme. Le proline ingombrano lo spazio “distale” dell‟eme e aumentano notevolmente la stabilità chimica del complesso durante la catalisi ossidativa, perché ne riducono la velocità di degradazione ossidativa, in competizione alla reazione che avviene sul substrato. Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi Studi di Chimica Supramolecolare Nel corso dell‟anno 2000, le ricerche sono proseguite secondo le due linee principali di seguito descritte: a) Sensori molecolari fluorescenti per anioni e analiti di rilevanza biologica Sono stati sintetizzati sistemi a due componenti nei quali un recettore selettivo per l‟analita di interesse viene legato covalentemente ad una subunità segnalante capace di comunicare all'esterno in processo di riconoscimento. Si è scelto come segnale l'emissione di fluorescenza, in quanto (i) tale proprietà viene percepita sia visualmente che strumentalmente anche a livelli di concentrazione molto bassi, (ii) la sua determinazione può essere effettuata con una strumentazione relativamente poco sofisticata e costosa, (iii) essa può essere infine controllata attraverso due meccanismi ben definiti: il trasferimento elettronico e il trasferimento di energia. Tali sistemi consentono in particolare la determinazione di analiti all‟interno della cellula, con risoluzione nel tempo e nello spazio. I sensori fluorescenti sviluppati in questo Laboratorio vengono studiati per l‟applicazione da fisiologi cellulari dell‟Ospedale S. Raffaele di Milano. Risultati di particolare interesse sono stati ottenuti nella determinazione dell‟acido glutammico. Il riconoscimento dell‟analita si basa sulle interazioni metallo-legante, che presentano maggiore intensità e direzionalità delle interazioni elettrostatiche (legame di idrogeno incluso). In questo senso, la subunità recettore contiene un centro metallico (es. ZnII) coordinativamente insaturo, capace di interagire con il residuo carbossilato dell‟amminoacido. b) Interruttori molecolari Sono stati sviluppati interruttori molecolari capaci di attivare-disattivare la luminescenza di frammenti fotoattivi attraverso processi di natura sia redox che acido-base. Tale funzione, di interesse nel campo della generazione di segnali a livello molecolare, viene realizzata per mezzo di sistemi a due componenti, nei quali il frammento fotoattivo è connesso covalentemente ad una subunità bistabile. Quando l‟input ha una natura redox, la subunità di controllo è costituita da un metallo incorporato in una cavità macrociclica e dà luogo a due stati di ossidazione adiacenti di stabilità comparabile. Lo switching della luminescenza è assicurato se uno dei due stati di ossidazione del centro metallico interagisce con il lumoforo adiacente con meccanismo fotoindotto e l'altro stato di ossidazione no. Nel caso di input acido-base, uno ione metallico viene traslocato reversibilmente tra due compartimenti coordinativamente non equivalenti di un legante ditopico, a seguito di una moderata variazione del pH. La posizione del metallo viene segnalata attraverso l‟accensione-spegnimento di un frammento fluorescente covalententemente legato allo scheletro del legante. In questo ambito è stato riportato il primo esempio di interruttore meccanico della fluorescenza. UNITA’ LOCALE DI ROMA “LA SAPIENZA” Direttore: Prof. Elena Borghi L'attivita' di ricerca di questa Unita' afferisce alla tematica "Metalloproteine come catalizzatori biologici" e nell'anno 2000 si e' articolata come segue. A) STUDIO DELLA STRUTTURA DEL SITO ATTIVO METALLICO DI CITOCROMI MEDIANTE SPETTROSCOPIA EXAFS E SIMULAZIONI DI DINAMICA MOLECOLARE. I citocromi sono una famiglia di metallo proteine contenenti ferro, largamente distribuiti in moltissime specie animali e nei microrganismi. Tra i citocromi esiste una subclasse che prende il nome di citocromo c in cui il gruppo prostetico è la ferro porfirina detto anche eme. Queste metalloproteine hanno la funzione specifica di trasportare elettroni all‟interno del complesso ciclo di reazioni redox che è noto con il nome di fosforilazione ossidativa. In particolare nella fosforilazione ossidativa le cellule realizzano la sintesi di ATP guidata dal trasferimento di elettroni all‟ossigeno. Nei microrganismi, la sintesi dell‟ATP è guidata dalla luce e prende il nome di fosforilazione. Entrambi i due meccanismi, sono stati largamente studiati in quanto, senza dubbio, sono i due sistemi di trasduzione dell‟energia più importanti della biosfera. Il processo di trasporto di elettroni da parte dei citocromi, è realizzato mediante il cambio reversibile dello stato di ossidazione del Fe del gruppo prostetico Gli spettri sperimentali EXAFS dei campioni di citocromo C di cuore di cavallo in forma ossidata Fe(III) e in forma ridotta Fe(II) sono stati registrati utilizzando campioni di proteina con una concentrazione molare di ferro (atomo assorbitore ) 10 Mm. Il pH delle soluzioni è stato mantenuto costante a pH=7.5 con tampone fosfato 0.01 M e i campioni di citocromo sono stati preparati introducendo una quantità di ditionito 5 volte in eccesso rispetto alla concentrazione di ioni ferro. Anche se il potenziale redox del citocromo c (250 mV) non consente la sua ossidazione da parte dell‟aria, i campioni sono stati preparati subito prima della misura. L‟eccesso di ditionito avrebbe dovuto garantire che il Fe fosse rigorosamente mantenuto allo stato di ossidazione più basso (Fe(II)). Questa condizione sperimentale normalmente realizzabile con estrema facilità si è rivelata invece più complessa di quanto ragionevolmente ipotizzabile. Infatti, un eccesso di ditionito permette di realizzare soluzioni di citocromo C ridotto a pH controllato stabili per un periodo di tempo sufficiente alla realizzazione delle misure chimico fisiche di laboratorio. B) CARATTERIZZAZIONE STRUTTURALE DI FORME OSSIDATE DI EMOCIANINE. Ci stiamo interessando allo studio delle relazioni struttura-funzione catalitica (reattivita' chimica) di forme ossidate di Hcs di mollusco e di artropodo. Il sito binucleare delle Hcs subisce una complessa ed estesa chimica di ossidazione che porta ad una serie di derivati ossidati in cui sia lo stato di ossidazione sia la geometria di coordinazione per lo ione metallico nel sito attivo sono differenti. La reattivita' chimica del centro a rame binucleare di tipo 3 delle Hcs avviene con piccoli anioni e molecole neutre con effetti differenti. Le reazioni dei leganti esogeni sulle forme funzionali ossidate (ossi-Hc, centro [Cu(II)O2CU(II)] chimicamente sono interazioni di scambio legante-legante, passano attraverso lo stato funzionale deossi-Hc [Cu(I) Cu(I)] e sono favorite da una diminuzione di ossigeno nel mezzo, dipendono dalla natura dei leganti, sono pH dipendenti ed avvengono generalmente con affinita' maggiore nei molluschi rispetto agli artropodi. La ricerca e' focalizzata sulla caratterizzazione del sito attivo di forme met-Hc (centro [Cu(II) Cu(II)] EPR-silente) e dei loro derivati coordinanti legante(i) esogeno(i) in differenti condizioni di pH e temperatura con uno studio di tipo XANES ed EXAFS in approccio di multiplo scattering (MS). Per l'analisi dei dati EXAFS con un approccio di MS usiamo il pacchetto di programma GNXAS. La regione XANES viene simulata con i programmi G4XANES e CONTINUUM che calcolano gli spettri con l'approccio MS. Le forme ossidate che abbiamo gia' considerato sono le forme met-Hc ed i loro derivati coordinanti azide come legante esogeno a pH 7.5.(Hc da mollusco Octopus Vulgaris e Hc da artropodo Carcinus maenas). Questo studio, che e' stato approvato dal comitato scientifico di ESRF a Grenoble (Francia), e' focalizzato sulla caratterizzazione del sistema di leganti del sito attivo della proteina e di eventuali leganti esogeni a ponte tra i due ioni metallici responsabili dell'accoppiamento antiferromagnetico. Il legante azide permette di perturbare le proprieta' strutturali del sito binucleare in modo controllato e di valutare l'effetto di modificazioni strutturali e conformazionali responsabili dell'accoppiamento antiferromagnetico tra i due ioni rameici osservato in questi derivati. I composti modello considerati sono i complessi a rame(II), mono e dinucleari con leganti a poli(benzoimidazolo) che modellano il centro Cu2 nel sito attivo proteico e le cui caratteristiche sono rilevanti per la chimica biomimetica delle emocianine [L. Casella, Unita' CIRCMSB di Pavia]. Abbiamo caratterizzato con esperimento XAS i sei composti binucleari [Cu(II)2(L)(X)2]+n(ClO4)n con L=L-5,5 e L-6,6 e X=OH-, OH2, N3-. I leganti L-5,5 e L-6,6 sono di tipo poli(benzoimidazolo) con identici gruppi azoto-donatori e formano chelati con anelli di differente grandezza (5-T per L-5,5 e 6-T per L-6,6). Questi composti hanno caratteristiche spettroscopiche essenziali per comprendere la struttura del sito attivo delle forme met-Hcs e per differenziare il modo di coordinazione del legante azide ( -1,1 per L-5,5 e -3,3 per L-6,6). Tuttavia nessuno dei sei modelli binucleari e' stato caratterizzato cristallograficamente. Soltanto l'analogo complesso [Cu(II)2(L-5,5)(OMe)2](ClO4)2 ha struttura ai raggi X risolta. Abbiamo considerato anche i complessi mononucleari [Cu(II)(L)(X)]+n(ClO4)n con X=OH2, N3- e L=2-BB perché sono caratterizzati cristallograficamente. Inoltre il legante 2-BB e' correlato al legante L-6,6, mima il motivo tris(imidazolo) con differenti numeri di coordinazione e differenti stereochimiche e mostra una coordinazione "end-on" del legante azide con due legami N-N statisticamente uguali. I risultati dello studio XAS sui derivati dei due phyla della proteina a pH 7.5 e sui complessi considerati sono in corso di pubblicazione. L'analisi EXAFS di prima shell, accompagnata da un'analisi XANES qualitativa, e i primi risultati dell'analisi di MS con il doppio approccio (EXAFS e XANES) sui quattro derivati di Hcs a pH 7.5 e su gli otto composti modello sono stati presentati in diversi Congressi Internazionali. C) SINTESI E CARATTERIZZAZIONE DI AZAPORFIRINE SOSTITUITE. STRUTTURA E REATTIVITA' CON METALLI DI TRANSIZIONE. Macrocicli, quali le porfirine, le ftalocianine e loro derivati, hanno ricevuto molta attenzione a causa del loro ruolo nei processi di ossido-riduzione che avvengono nei sistemi biologici e, relativamente a questi macrocicli, esiste una vastissima letteratura. Noi siamo interessati a studiare le proprietà, anche comparativamente a questi macrocicli più noti, di composti metallo-porfirino-simili ed in particolare dell'emiporfirazina e dei suoi derivati metallici. La sostituzione rispetto alle ftalocianine di due gruppi iso-indolici con due piridine in posizione trans porta all'interessante situazione di quattro azoti coordinanti non equivalenti ed a una struttura elettronica particolare. In generale, i metallo derivati dell'emiporfirazina mostrano una spiccata reattività in posizione assiale cosicché derivati metallici sono stati ottenuti sia sotto forma di monomeri che di polimeri. Rispetto alle porfirine, l'emiporfirazina presenta allo stato fondamentale una coniugazione dei legami p greco più localizzata, ma calcoli teorici prevedono una coniugazione estesa a tutto il macrociclo per il I∞ stato eccitato. Da qui nascono interessanti proprietà spettroscopiche. Allo stato solido l'emiporfirazina si trova in due forme, una rossa e una gialla (probabilmente idrata) e non sono chiare le ragioni per le grandi differenze negli spettri di riflettanza (uv-vis) e di assorbimento(ir). La ricerca si e' sviluppata lungo le seguenti linee: 1) Studio dell'influenza del solvente e in particolare dell'acqua disciolta in solventi organici sulle proprietà spettroscopiche (assorbimento uv-vis-nir e fluorescenza statica e dinamica) e sulla struttura dell'emiporfirazina in soluzione. 2) Sintesi di omologhi dell'emiporfirazina con sostituenti atti a promuovere la coniugazione dell'intero macrociclo e caratterizzazione spettroscopica in soluzione e allo stato solido. Questi studi, ancora in corso, sono volti anche a dimostrare la possibile esistenza di una forma tautomerica dell'emiporfirazina in cui i due H, notoriamente legati agli N-isoindolici, si trovano invece sugli N-piridinici presenti nel macrociclo e a verificare l'esistenza di tale forma tautomerica nel I∞ stato eccitato prevista dai calcoli teorici. D) COMPLESSI MACROCICLICI DI LEGANTI TETRAPIRROLICI (PORFIRINE, PORFIRAZINE, FTALOCIANINE) Nell‟anno 2000 le linee principali di lavoro riguardanti la sintesi e caratterizzazione chimicofisica di nuovi complessi macrociclici tetrapirrolici appartenenti alle classi di composti del tipo delle porfirine e delle porfirazine (tetrabenzoporfirazine) hanno abbracciato aspetti riguardanti un argomento di lavoro da lungo tempo portato avanti ed imperniato sulla preparazione di composti stabili contenenti ferro in alto stato di ossidazione (> +3). Questa tematica, mentre si collega a processi chimici strettamente attinenti al mondo biologico, quali quelli che concernono il ruolo svolto dal gruppo ferroporfirinico presente nel citocromo P 450 (attivazione di O2 e trasferimento selettivo di atomi di ossigeno su legami C-H), ha permesso di isolare une larga serie di composti contenenti Fe(IV), in forma stabile, all‟interno di sistemi bimetallici a ponte di singolo atomo, prevalentemente di tipo nitrurico di formule generali (L)M-N-M‟(L‟) con L ed L‟ leganti macrociclici uguali o diversi, ed M ed M‟ a costituire ponti di tipo Fe-N-Fe, o Fe-N-M, od ancora M-N-M con M un metallo diverso quale Ru, Mn, e più recentemente Cr. Infatti, per l‟anno appena trascorso l‟attenzione è stata accentrata sull‟ulteriore studio della specie (TPP)Mn-N-Cr(Pc)N3, della quale è nota la struttura da lavoro cristallografico su cristallo singolo, ma della quale non erano precedentemente state definite con precisione linee di sintesi, e reattività, anche in termini di proprietà redox, e di associati composti complementari quali l‟azide PcCrN3 e la corrispondente specie nitrurica PcCr-N-CrPc. Lavoro ulteriore è stato compiuto anche con tentativi di sintesi di specie quali (TPP)Fe-N-CrPc, composto a valenza mista nel quale dovrebbe risultare la presenza della coppia bimetallica Fe(IV)-N-Cr(III). La seconda linea di lavoro riguarda l‟impostazione preliminare della sintesi di un sistema cromoforico di tipo porfirazinico combinato con un sito di coordinazione che richiama il cis-platino. E‟ stato al momento individuato un percorso di tale tipo attraverso la sintesi della ottamminoporfirazina, già precedentemente caratterizzata nell‟ambito del gruppo di lavoro di cui alla presente relazione (JPP, 3, 371-379, 1999). E) REATTIVITA' DI COMPLESSI FTALOCIANINICI DI METALLI DI TRANSIZIONE. Il proponente è da tempo impegnato nello studio della reattività di complessi metallo ftalocianinici e, in particolare, dei derivati ftalocianinici del ferro. In questo ambito sono state sviluppate due linee di ricerca parallele che riguardano (a) la reattività assiale di complessi nei quali il metallo mantiene il proprio numero di ossidazione, e (b) le reazioni redox, nelle quali il metallo subisce una variazione del numero di ossidazione. Sono state finora studiate, sia cineticamente che dal punto di vista termodinamico, le reazioni di interscambio dei leganti che occupano le posizioni assiali nel complesso (dmso)2PcFe(II) (dmso = dimetil solfossido; Pc = anione ftalocianinato(2-)) con leganti come CO, O2, NO, o basi azotate del tipo piridina, piperidina, imidazolo e imidazoli sostituiti. Per quanto riguarda le reazioni redox, l‟attenzione è stata rivolta essenzialmente allo studio della reattività del complesso a ponte di ossigeno (PcFe(III))2O nel quale il metallo viene ridotto a Fe(II) da riducenti appropriati, in soluzione di piridina. Lo stesso complesso tende spontaneamente a ridursi nello stesso solvente ed in presenza di tracce di acqua, apparentemente con il coinvolgimento dell‟anello ftalocianinico che agirebbe da riducente interno. Questa reazione è molto complessa e presenta aspetti ancora da chiarire. Le due linee di ricerca ricordate (a) e (b) sono reciprocamente complementari in quanto si ammette generalmente che i processi di ossidoriduzione a carico di questi complessi siano preceduti dalla coordinazione del partner redox in una posizione assiale. L‟importanza di questo studio è evidente se si considera che le metallo ftalocianine sono spesso considerate, assieme alle metallo porfirine, come modelli artificiali di siti attivi enzimatici come l'eme, nei quali, sia la coordinazione assiale, sia gli eventuali processi redox coinvolgenti il metallo, rappresentano le fasi più significative del loro meccanismo di azione. UNITA’ LOCALE DI ROMA “TOR VERGATA” Direttore: Prof. Massimiliano COLETTA Nel corso del 2000 l’Unità Operativa dell’Università Tor Vergata di Roma ha operato secondo le seguenti linee di ricerca: 1) Emoproteine 2) Metalloenzimi Emoproteine In questo ambito lo studio si è prevalentemente rivolto all studio funzionale e strutturale di a) Citocromi b) Perossidasi c) Emoglobine a) Citocromi Per quanto riguarda i citocromi l‟indagine si è incentrata prevalentemente su studi di tipo strutturale concernenti processi di folding/unfolding in citocromi sia eucariotici che procariotici. In particolare: 1) si sono caratterizzate delle transizioni conformazionali nella forma ferrica del citocromo batterico da Methylophilus methylotrophus in condizioni ambientali estreme, evidenziando l‟importanza dei leganti assiali dell‟eme nel regolare e nello stabilire l‟energia associata a tali transizioni; 2) si è studiato il ruolo delle interazioni eme-globina nel citocromo c, caratterizzando le proprietà strutturali e funzionali sia in solventi misti aquo-organici che mediante l‟utilizzo di sali. Tali studi hanno permesso di evidenziare come a pH acidi il citocromo c” da Methylophilus methylotrophus mostri una serie di transizioni conformazionali perfettamente reversibili una volta ricondotto il campione a pH neutro. Tale caratteristica ha permesso un‟indagine accurata di tali processi fino a pH 0.3, una situazione mai affrontata in precedenza con altri sistemi. Tale studio, che è oggetto di una pubblicazione sulla rivista Biochemistry, è stata condotta in parallelo ad una analoga sul citocromo c da cuore di cavallo, il quale presenta una differente coordinazione assiale del eme (metionina ed istidina come leganti assiali). Si è evidenziato come il legame Fe-metionina sia molto più debole che quello Fe-istidina; inoltre, nel citocromo c” da M. methylotrophus si è osservato che la rottura di uno dei due legami assiali dell‟istidina facilita la rottura del legame in posizione trans, mettendo in evidenza un ruolo concertato dei due legandi assiali nel regolare l‟energia associata ai due legami assiali. Tali transizioni a livello dell‟eme sono accompagnate da modificazioni strutturali dell‟intera molecola, che le fanno assumere una struttura assimilabile a quella dello stato A osservata nel citocromo c a pH più elevati. Nel caso del citocromo c da cuore di cavallo lo studio delle proprietà strutturali e funzionali in solventi non convenzionali ha permesso di osservare come le variazioni strutturali indotte dal solvente influenzino la funzionalità del biosistema, anche nella prospettiva di potenziali applicazioni in area biotecnologica. Inoltre, l‟utilizzo solventi misti aquo-organici, come anche di sali in particolari condizioni sperimentali, permette di stabilizzare forme con struttura intermedia tra quella tipica dello stato nativo e dello stato completamente denaturato. Ciò ha reso possibile studiare le caratteristiche strutturali di intermedi di „equilibrio‟ del citocromo c, non sempre rivelabili a pH fisiologico perché transienti, e di ipotizzare possibili meccanismi che regolano il processo di ripiegamento della catena polipetidica dal momento della biosintesi alla formazione della struttura proteica biologicamente attiva. Infine, si sono prodotti dei frammenti della catena polipeptidica, di cui si sono studiate le proprietà strutturali in condizioni parzialmente denaturanti. Si sono anche caratterizzate proteine immobilizzate in membrane polimeriche (da applicarsi successivamente su superfici elettrodiche) nella prospettiva di una loro utilizzazione in area biosensoristica (costruzione di biosensori elettrochimici della terza generazione). b) Perossidasi Nel caso delle perossidasi lo studio si è indirizzato alla correlazione fra variazioni strutturali e conseguenze funzionali, sia utilizzando variazioni strutturali indotte dall‟ambiente (es., pH) che da mutazioni sito- specifiche. In particolare: 1) si è caratterizzata dal punto di vista spettroscopico e funzionale una transizione conformazionale indotta dal pH nella perossidasi di rafano, evidenziando anche in questo caso l‟importanza dei leganti coordinanti il ferro dell‟eme nel determinare l‟energia e la dinamica di tale transizione; 2) si è completata l‟indagine funzionale sugli equilibri ossido-riduttivi della manganese perossidasi, sia per quanto riguarda la forma ricombinante immodificata che alcuni mutanti sitospecifici di aminoacidi localizzati nelle immediate vicinanze dell‟eme, in particolare della zona prossimale della tasca dell‟eme; 3) si è iniziato uno studio sulla lattoperossidasi recombinante, volta alla caratterizzazione in funzione del pH dei potenziali di ossido-riduzione e di cinetica con leganti sia della forma ferrica (es. Sodio Azide) che ferrosa (es., CO). Tali studi hanno permesso di evidenziare una correlazione fra alcuni determinanti strutturali della regolazione dei potenziali di ossido-riduzione delle perossidasi e la reattività verso leganti sia della forma ferrica che della forma ferrosa. In particolare, nel caso della perossidasi di rafano è stato caratterizzato sia l‟aspetto funzionale che strutturale di una transizione conformazionale indotta dal pH. In particolare, è stato evidenziato come tale transizione sia indotta, oltre che dal pH, anche dalla presenza di fosfato inorganico, e che la dinamica di tale transizione è influenzata dallo ione cloruro. Tale aspetto è stato oggetto di una pubblicazione su Journal of Inorganic Biochemistry. E‟ stato inoltre portata a termine un‟indagine più quantitativa di tale variazione strutturale, studiando sia l‟andamento dei potenziali di ossidoriduzione nel corso di tale transizione, sia una descrizione quantitativa dell‟effetto del cloruro sulla dinamica. Inoltre, tali effetti sono stati caratterizzati anche mediante spettroscopia di risonanza Raman. Tale secondo approccio sarà oggetto nell‟immediato futuro di un‟altra pubblicazione. Per quanto riguarda la manganese perossidasi da Phanerochaetes chrysosporium abbiamo studiato il comportamento in funzione del pH dei potenziali di ossido-riduzione nella specie “selvaggia” e in due tipi di mutanti, che interessavano due residui aminoacidici situati nell‟immediata vicinanza della zona prossimale dell‟eme. La comparazione dei risultati ha permesso di dimostrare come un elemento fondamentale nel determinare il potenziale di osiidoriduzione sia la distribuzione elettronica sull‟imidazolo dell‟istidina coordinante il ferro in posizione prossimale. Infatti, allorchè la sostituzione aminoacidica non permetteva la formazione di un legame idrogeno fra il residuo e l‟azoto in posizione dell‟imidazolo il pKa della transizione veniva alterato, variando anche i potenziali corrispondenti. Inoltre, si è osservato che la presenza di Mn2+ nel sito specifico non altera i potenziali di ossido-riduzione, ma ha un effetto soltanto sulla velocità di scambio elettronico intramolecolare. Tale studio è stato oggetto di una pubblicazione su Biochemical Journal. Per quanto riguarda le perossidasi animali, si è iniziato uno studio sulla lattoperossidasi di latte bovino. Su questa proteina abbiamo iniziato a determinare la misura dei potenziali di ossidoriduzione in funzione del pH, al fine di determinare il pKa dei residui modulanti i potenziali sia nella forma ossidata che in quella ridotta. Inoltre si sono cominciate da effettuare misure della cinetica di interazione con il CO, per il quale la lattoperossidasi mostra delle costanti estremamente basse (simili a quelle osservate nel caso della perossidasi di rafano). c) Emoglobina L‟indagine si è incentrata sulo studio dell'organizzazione genomica dei geni A e B della emoglobina tetramerica del mollusco Scapharca inaequivalvis, con lo scopo di verificare l'esistenza, in questi geni, di un "minigene"ancestrale, corrispondente all'esone centrale, funzionalmente attivo, in grado di trascrivere una "miniglobina", cioè un"unità funzionale" capace di legare il gruppo eme e quindi l'ossigeno in modo reversibile. In particolare, va sottolineato che i geni globinici di Scapharca inaequivalvis hanno l'organizzaziuone a tre esoni/due introni, tipica delle globine dei vertebrati e di molti vertebrati, con gli introni in posizioni molto conservate. Studi di sequenza dei geni A e B dell'emoglobina tetramerica di tale mollusco avevano dimostrato l'esistenza di "minigeni" comprendenti l'esone centrale codificante il dominio legante l'eme e, in "frame", corte sequenze fiancheggianti, che si estendono nel primo e nel secondo introne. Inoltre, l'analisi delle sequenze aveva permesso di identificare, nella regione 3' del primo introne, potenziali sequenze regolatorie, corrispondenti a promotori e a sequenze in grado di legare fattori di trascrizione. Abbiamo quindi clonato e analizzato funzionalmente queste sequenze, di circa 400 bp, e abbiamo potuto stabilire, attraverso esperimenti di trasfezione transiente in cellule eritroidi K562, la loro attività come promotori, potenzialmente in grado di esprimere i geni delle miniglobine A e B. Inoltre esperimenti di RT-PCR (reazione con la trascrittasi inversa e reazione a catena della polimerasi) sull'RNA citoplasmatico totale del mollusco hanno permesso di ottenere molecole di cDNA, la cui sequenza è risultata in accordo con l'esistenza, negli eritrociti di S. inaequivalvis, di minigeni A e B trascrizionalmente attivi in vivo. Quindi i risultati ottenuti hanno mostrato che nell'organizzazione attuale dei geni globinici di questo invertebrato, è possibile riconoscere ancora oggi l'esistenza di un gene globinico ancestrale, in accordo con la teoria dell'evoluzione genica, nota come "exon shuffling". Metalloenzimi In questo ambito ci si è rivolti verso due argomenti prevalenti: a) Metalloproteinasi b) Superossido dismutasi a) Metalloproteinasi Nel caso delle MetalloProteinasi l‟indagine si è rivolta prevalentemente alla collagenasi da neutrofilo (MMP-8) e alle gelatinasi A (MMP-2) e B (MMP-9), le quali ultime sono pesantemente coinvolte nei processi di diffusione metastatica attraverso la matrice extracellulare. Abbiamo inizialmente diretto la nostra attenzione alla comprensione delle differenze di meccanismo fra le due classi di MetalloProteinasi, effettuando uno studio sistematico in funzione del pH del meccanismo catalitico di questi tre enzimi con lo stesso substrato sintetico. Tale studio, che è oggetto di una pubblicazione sulla rivista Biophysical Journal, ha permesso di evidenziare come le differenze maggiori fra gelatinasi e collagenasi risiedano prevalentemente nel meccanismo di riconoscimento del substrato, in quanto è questo il parametro che più differisce in funzione del pH nei tre enzimi, presupponendo il coinvolgimento di residui diversi, o con diversi valori di pKa (che rispecchierebbero un diverso ambiente). Si è inoltre approfondita l‟analisi del meccanismo catalitico della MMP-8 con il substrato naturale, il collagene di tipo I (presente nei tendini). Questo studio, che è oggetto di una pubblicazione sulla rivista Journal of Biological Chemistry , ha permesso di caratterizzare le proprietà catalitiche del processo enzimatico sul collagene, evidenziando come il processo di riconoscimento di una macromolecola è assai più complesso di quello di un substrato sintetico, mostrando il coinvolgimento anche di residui piuttosto lontani dal sito attivo dell‟enzima. Questa osservazione, che è stata fatta per la prima volta, rende conto del fatto che inibitori specifici basati su un‟indagine utilizzando substrati sintetici, si sono sempre mostrati fallimentari “in vivo”. b) Superosido dismutasi Numerosi funzioni cellulari ed eventi patologici sono modulati da processi redox. Il nostro gruppo è coinvolto in attività di ricerca che riguardano l'attività redox di metalloproteine con particolare interesse per la funzione dell'enzima antiossidante superossido dismutasi. Una delle principali linee di ricerca del nostro gruppo riguarda i meccanismi molecolari ramedipendenti in due diverse malattie neurodegenerative: la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la malattia di Menkes. La SLA è una patologia caratterizzata dalla progressiva degenerazione dei neuroni motori corticali e del midollo spinale, che nelle sue forme familiari è associata a mutazioni nel gene codificante per l'enzima superossido dismutasi a rame e zinco (Cu,ZnSOD), mentre la malattia di Menkes è caratterizzata da un'alterazione dell'assorbimento del rame, anch'essa dovuta ad un'alterazione genetica, che porta ad una diminuzione dei livelli di questo metallo e degli enzimi rame-dipendenti nel sistema nervoso centrale. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato modelli cellulari e utilizzato modelli animali di queste malattie. Attraverso l'uso di questi modelli abbiamo recentemente dimostrato che l'esposizione a effettori noti della regolazione redox, quali l'ossido nitrico o radicali dell'ossigeno, induce l'apoptosi in cellule neuronali e che la resistenza all'apoptosi indotta da NO è strettamente correlato ai livelli e alla integrità della Cu,ZnSOD. Recentemente abbiamo esteso i nostri studi alla ricerca di bersagli molecolari alterati dalla espressione di Cu,ZnSOD mutanti associate alla SLA. Siamo stati in grado di dimostrare che la calcineurina (CN), una Ser/Thr protein-fosfatasi Ca++- e calmodulina-dipendente, implicata nella regolazione di processi neuronali cruciali quali il metabolismo del calcio, l‟assemblaggio di neurofilamenti e la morte apoptotica, non solo presenta una modulazione ossidoriduttiva della sua attività, ma risulta anche significativamente inibita in due diversi modelli di SLA (cellule di neuroblastoma umano transfettate per l‟espressione di enzima mutante G93A o H46R e corteccia motoria di cervelli di topi topi transgenici per la G93A). Tale inibizione e‟ di tipo ossidativo, in quanto e‟ prevenuta e revertita dalla somministrazione di antiossidanti (ad es. ascorbato). Sono in corso esperimenti volti a valutare se le Cu,ZnSOD mutanti esercitano la loro azione pro-ossidante direttamente sulla CN (una ferro proteina) o indirettamente (ad es. attraverso inibizione ossidativa della calmodulina o mediante attivazione di fattori di trascrizione redox-regolati). Siamo inoltre coinvolti nello studio delle proprietà strutturali e funzionali della Cu,ZnSOD, con particolare interesse per le varianti espresse da batteri patogeni. Questo specifico interesse è riconducibile all'osservazione che nei batteri la Cu,ZnSOD è esportata negli spazi extracitoplasmatici (periplasma, membrane) dove potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nella protezione della cellula batterica dai radicali dell'ossigeno prodotti dai fagociti attivati. A questo proposito abbiamo dimostrato che questo enzima, oltre ad offrire una significativa protezione nei confronti del burst ossidativo dei macrofagi, è capace di modulare la sopravvivenza batterica anche in cellule di tipo epiteliale. Questa osservazione suggerisce che anche in questo tipo di cellule siano operative dei meccanismi antimicrobici basati sulla produzione di specie radicaliche dell'ossigeno. Le Cu,ZnSOD batteriche, inoltre, presentano proprietà strutturali ben distinte rispetto alle varianti isolate da organismi eucariotici. Ad esempio, abbiamo recentemente dimostrato che nella Cu,ZnSOD da Escherichia coli, unica Cu,ZnSOD monomerica finora isolata, è assente la molecola d'acqua che coordina il rame nello stato ossidato in tutte le altre Cu,ZnSOD note. Nonostante questa differenza l'attività enzimatica è ancora alta, suggerendo quindi che tale molecola non sia necessaria per la reazione di dismutazione. Abbiamo anche caratterizzato le proprietà funzionali e strutturali di una delle Cu,ZnSOD espresse dai ceppi più virulenti di Salmonella. Misure di attività enzimatica hanno dimostrato che questo enzima è la superossido dismutasi più efficiente mai trovata e che tale caratteristica è associata ad un incremento dell'accessibilità del rame catalitico. La struttura tridimensionale di questa proteina è simile a quella di altre Cu,ZnSOD batteriche dimeriche, anche se significative differenze possono essere messe in evidenza nella regione di contatto tra le subunità. In considerazione della recente dimostrazione dell'esistenza di una comunicazione tra l'interfaccia del dimero ed il sito attivo, è possibile ipotizzare che mutazioni a livello della superficie di contatto tra le subunità possano essere responsabili dell'iperattività di tale enzima. Infine, abbiamo studiato la stabilità delle due Cu,ZnSOD espresse dall'anfibio Xenopus laevis (XSODA e XSODB). Queste due Cu,ZnSOD mostrano una diversa stabilità al calore, la XSODA essendo molto più termolabile della XSODB. Tramite la costruzione di mutanti sito specifici ed esperimenti di microcalorimetria abbiamo dimostrato che la minore stabilità di una delle due varianti è essenzialmente dovuta alla presenza di un residuo di cisteina all'interfaccia del dimero. I nostri risultati suggeriscono che la rimozione di cisteine non impegnate in ponti disolfuro rappresenti una valida strategia per aumentare la resistenza delle proteine nei confronti dell'inattivazione termica. UNITA’ LOCALE DI SIENA Direttore: Prof. Piero Zanello L‟Unità di Ricerca di Siena è composta da quattro distinti Gruppi di ricerca, ciascuno con proprie competenze nel settore di interesse di questo Consorzio. Verrà pertanto brevemente illustrata l‟attività scientifica svolta nel corso del 2000 da ciascun Gruppo. 1. Gruppo di ricerca del Prof. Piero Zanello Questo Gruppo si occupa della caratterizzazione ossido-riduttiva di molecole di potenziale interesse biomedico o mimetiche di funzioni biologiche. Per quanto concerne l‟attività svolta nel settore di metallo-complessi come potenziali agenti antitumorali: (a) in collaborazione con l‟Unità di Firenze, è stato completato lo studio di complessi di oro(III) con una serie di leganti azotati, che si sono mostrati possedere attività citotossiche; (b) in collaborazione con il locale Dipartimento di Dipartimento di Fisiopatologia e Medicina Sperimentale (di cui al punto 2) e l‟Unità del Piemonte Orientale è stato completato lo studio del meccanismo d‟azione antitumorale dei sali di ferricinio. Per quanto riguarda le indagini su complessi metallici biomimetici, in collaborazione con le Unità di Pavia e Trieste è stato completato lo studio su complessi di rame capaci di mimare l‟attivazione dell‟ossigeno molecolare tipica delle catecolasi. Si è iniziata una nuova linea di ricerca su biosensori elettrochimici. Si sono studiati una serie di stannaferrocenofani capaci di riconoscere selettivamente anioni del tipo Cl-, F-, H2PO42-. 2. Gruppo di Ricerca del Prof. Marco Ferrali Il gruppo si occupa del ruolo patogenetico del ferro sia nei casi di mobilizzazione “in vivo” dai suoi carriers fisiologici, sia di quello somministrato artificialmente a colture cellulari “in vitro” Per quanto riguarda il primo punto il nostro sforzo si è di recente concentrato sull‟ideazione e sintesi di chelanti del ferro da usarsi “in vivo” in sostituzione di quelli a tutt‟oggi in uso, che non si sono dimostrati del tutto adatti allo scopo. Sono stati sintetizzati, ed attualmente sotto studio, due differenti cromanoli, uno dei quali chela il ferro come bidentato ed un altro come tridentato. Per quanto riguarda il secondo punto abbiamo potuto vedere che il complesso ferro-citrato stimola la produzione di collageno in cellule epatiche di Ito in coltura. Tale effetto è annullato dalla presenza nella coltura stessa di chelanti del ferro. Ciò suggerisce che il processo di fibrosi epatica che accompagna spesso processi di sovraccarico epatico del metallo in oggetto potrebbe essere prevenuto dall‟impiego farmacologico di adatti chelanti. 3. Gruppo di ricerca del Prof. Renzo Cini Questo Gruppo di ricerca si occupa di sintesi e caratterizzazione strutturale allo stato solido ed in soluzione di composti di coordinazione ed organometallici con leganti di interesse biologico (frammenti di acidi nucleici ed amminoacidi) e farmacologico (farmaci anti-infiammatori ed antitumorali). Sono stati continuati e completati gli studi sulla caratterizzazione strutturale di una nuova forma di un composto di coordinazione Platino(II)-acyclovir (farmaco antivirale) in cooperazione con il Dipartimento Farmaco-Chimico dell‟Università di Bari e con il Dipartimento di Chimica dell‟Università di Ljubljana, Slovenia. Il composto è di potenziale interesse antivirale ed antitumorale. È stato completato un articolo monografico di analisi e critica di tutte le strutture (e dei relativi metodi di sintesi) di complessi con farmaci anti-infiammatori non steroidei, determinate mediante metodi diffrattometrici. Il lavoro ha mostrato delle interessanti correlazioni strutturali, ha suggerito nuovi sviluppi in questo campo della chimica di coordinazione ed ha messo in risalto le potenziali attività in campo farmacologico di questa classe di composti contenenti metalli. È stata effettuata la sintesi, la caratterizzazione strutturale mediante diffrazione di raggi X e la analisi mediante DFT del complesso [VO(terpiridina)(SO4)] che contiene l‟inusuale legante chelante SO42-. Il composto è un modello dei sistemi biologici contenenti vanadio e capaci di concentrare solfati ed acido solforico in alcuni organismi marini della famiglia delle Ascidie. È stata effettuata la sintesi, la caratterizzazione strutturale mediante diffrazione di raggi X e la analisi mediante DFT del complesso trans(C,N7), trans(S,S), trans(P,N7)-[Rh(C6H5)(H1,H9H2tp)2(PPh3)][Rh(C6H5)(H1,H9-H2tp)(H9-Htp)(PPh3)]Cl3•HCl•6H2O, contenente il farmaco anti-leucemico tiopurina. Il complesso è di potenziale interesse anti-tumorale e contiene un appaiamento delle basi tiopuriniche mai descritto prima, che coninvolge legami ad idrogeno NH…N(-) ed interazioni del tipo C-H…S. 4. Gruppo di ricerca del Prof. Gianni Valensin Il gruppo si occupa principalmente del ruolo di ioni metallici biologicamente rilevanti nel processo di selezione conformazionale nell‟interazione tra molecole biologicamente attive (in prevalenza di natura peptidica) e proteine. Lo studio è stato condotto mediante spettroscopia NMR, supportata da UV-Vis, CD e EPR. L‟attività di ricerca si è articolata come segue: (i) in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. Henryk Kozlowski (Faculty of Chemistry, University of Wroclaw, Polonia) è stato condotto uno studio su alcuni leganti specifici degli ioni Cu(II) e Ni(II) e sono stati ottenuti dati interessanti sulla stabilità del complesso tra CMTI I (un peptide di 29 aminoacidi) e gli ioni Cu(II); (ii) è stato definito l‟effetto degli ioni rame sulle probabilità di esistenza dei quattro isomeri del tetrapeptide Tyr-Pro-Phe-Pro ( -casomorfina 4): la stabilizzazione di determinate conformazioni, osservata nel corso della ricerca, può risultare rilevante per il ruolo biologico del rame stesso; (iii) particolare attenzione è stata rivolta alla definizione del ruolo svolto dagli ioni calcio nell‟interazione tra peptidi e proteine; (iv) è stato studiato il complesso generato nel corso della reazione in ambiente acquoso tra cromato e glutatione in assenza ed in presenza di aspartato e glutammato, particolarmente interessante ai fini di una più esatta comprensione di una forma biologicamente attiva di cromo (Natural Chromium Factor – LMWCr) e dei meccanismi di tossicità del cromo stesso; (v) infine, in collaborazione con i gruppi di Ricerca dei Proff. Ivano Bertini (Università di Firenze) e Silvio Aime (Università di Torino), è stata iniziata una nuova linea di ricerca volta alla caratterizzazione della superficie proteica di calcioproteine: i primi studi hanno riguardato la calbindina, la cui superficie proteica è stata accuratamente caratterizzata sfruttando le proprietà del complesso Gd3+-DO3A. UNITA’ DI RICERCA DI TORINO Direttore: Prof. Silvio Aime Attività scientifiche del gruppo S. Aime L‟attività di ricerca relativa all‟anno 2000, nel campo dello studio di nuovi agenti di contrasto per MRI, si è svolta seguendo diverse linee di ricerca: Studio di sistemi ad alta relassività per Imaging Angiografico Nell‟ottica di trovare sistemi dotati di relassività sempre maggiori, con lo scopo di trovarne un‟applicazione in angiografia, si è proseguita la ricerca di substrati macromolecolari la cui interazione con i complessi di Gd(III) ne assicurassero elevata relassività e lungo tempo di residenza nei vasi sanguigni. Dopo averne testato l‟affinità si sono caratterizzati gli addotti con substrati macromolecolari di diverso tipo ( HSA, Poli- -Ciclodestrine, polimeri misti di Acido Ialuronico e -Ciclodestrine e Poliamminoacidi). Si è inoltre studiato un sistema alternativo che consiste nell‟inglobazione di un certo numero (ca. 10) di complessi paramagnetici all‟interno della proteina di stoccaggio del ferro: la Ferritina. Per l‟ottimizzazione di sistemi di questo tipo è stato necessario studiare in modo approfondito il processo di scambio della molecola di acqua coordinata al metallo in modo da limitare il più possibile l‟effetto limitante sulla relassività di un lungo valore di M, una volta stabilita l‟interazione con il substrato macromolecolare. Messa a punto di sistemi responsivi Un‟altra linea di ricerca è stata rappresentata dallo studio di MdC la cui relassività sia dipendente da uno specifico parametro del micro-ambiente in cui vengono a distribuirsi (pH, temperatura, pO2, attività enzimatica, …). Per esempio nel settore dei MdC che agiscono come reporter del pH sono stati messi a punto sistemi di diverso tipo per i quali la relassività può essere resa dipendente dal pH attraverso approcci diversi: i) la variazione del pH può causare variazioni strutturali di sistemi macromolecolari contenenti molti complessi di Gd(III) con una conseguente variazione del tempo di reorientazione del sistema e quindi della relassività; ii) il cambiamento di pH può influenzare la forza dell‟interazione di un complesso di Gd(III) con un particolare substrato macromolecolare; iii) in complessi contenenti un gruppo protonabile nel range di pH di interesse, la variazione del pH è in grado di far variare la denticità del legante e quindi l‟idratazione del centro paramagnetico. Si è inoltre affrontato il problema dello sviluppo di un MdC che agisca come reporter della pressione parziale di Ossigeno (pO2), che è un parametro di rilevante interesse in molte patologie. L‟idea di un MdC responsivo alla pO2 si basa sulla realizzazione di un complesso il cui ione metallico possa trovarsi in due stati redox caratterizzati da relassività molto diverse. L‟abilità del complesso [MnII(TPPS)]4- di agire come MdC responsivo alla pO2 è stato testato “in vitro” misurando le velocità di rilassamento di soluzioni contenenti una quantità fissa di complesso e quantità variabili di O2 in un tubo NMR ermeticamente chiuso. Tra i vari sistemi di tipo responsivo particolare importanza hanno acquistato sistemi sensibili alla concentrazione di un dato metabolita. Tra questi il lattato è sicuramente uno degli anioni di maggior rilevanza, in quanto nello sviluppo di numerose patologie si verificano variazioni della sua concentrazione. Queste variazioni di concentrazione possono essere convenientemente seguite tramite la spettroscopia di risonanza magnetica, tramite cui è possibile visualizzare il picco di assorbimento del metile del lattato. Il potenziale diagnostico di questa tecnica è stato notevolmente incrementato progettando un sistema in grado di ottenere due segnali distinti dal lattato presente nei due compartimenti extracellulare ed intracellulare. Imaging Molecolare Lo sviluppo di sistemi in grado di visualizzare recettori sovraespressi da cellule tumorali sarebbe di estremo interesse poiché, rispetto agli analoghi approcci utilizzati in Medicina Nucleare, l‟approccio MRI si avvale della grande superiorità in termini di risoluzione di immagine. Purtroppo il numero relativamente basso di questi recettori rende problematico questo approccio . Si rende quindi necessario mettere a punto sistemi in grado di accumulare un gran numero di complessi paramagnetici in prossimità di ciascun sito recettoriale. Si è proceduto alla sintesi di complessi dotati di un particolare gruppo di riconoscimento specifico verso determinati target e alla loro caratterizzazione rilassometrica. Ferro e Neuromelanina nel Morbo di Parkinson Spettroscopia 13C-NMR Lo spettro 13C-NMR della NM mostra i segnali tipici delle melanine nella regione aromatica compresa tra 110 e 160 ppm e nella regione relativa ai gruppi carbonilici (160-180 ppm). Tale “impronta digitale”, comune a tutti i tipi di melanine esistenti, naturali e sintetiche, non risulta del tutto conservata nel pigmento patologico, il cui spettro 13 C-NMR mostra solo il segnale relativo ai gruppi carbonilici riconducibile anche ai residui amminoacidici delle proteine. Questo indizio ha suggerito la preparazione di un modello sintetico di melanoproteina, che, nonostante il colore nero, mostra uno spettro mancante dei segnali aromatici (110-160 ppm), così come appare anche lo spettro dell‟albumina serica liofilizzata. Spettroscopia EPR in banda Q e magnetometria Entrambe le tecniche sono state applicate ai due pigmenti, neuromelaninico e patologico. Nel caso della NM la spettroscopia EPR in banda Q, così come lo studio magnetometrico, ha fornito dei risultati più dettagliati, tuttavia sovrapponibili a quelli ottenuti in banda X: sono presenti più domini ossi-idrossilici di ferro tipo ferritina, ed è inoltre presente un contributo paramagnetico del ferro romboedrico meno evidente nella ferritina. Anche per quanto riguarda il pigmento patologico entrambe le tecniche forniscono risulati coerenti: almeno uno dei domini ossi-ossidrilici del ferro scompare, ed è assente il segnale relativo al contributo paramagnetico del Fe(III). Rilassometria a ciclo di campo Inizialmente l‟indagine rilassometrica è stata finalizzata alla valutazione del Fe(III) (in forma di piccoli complessi) quale possibile agente di contrasto endogeno a livello cerebrale. E‟ infatti risaputo che la SNpc è particolarmente ricca di Fe(III) e che questo metallo paramagnetico è in grado di aumentare la relassività protonica . Confrontando i profili rilassometrici delle SNpc, patologiche e di controllo, con i profili di soluzioni di Fe(III)-EDTA e di modelli di proteine reticolate non sono, però, comparse differenze significative imputabili al decorso della malattia. Uno studio più approfondito della forma funzionale dei profili rilassometrici mesencefalici ha invece indicato una maggiore presenza di proteine aggregate nelle SNpc dei soggetti affetti da MP. Come già detto precedentemente, i profili rilassometrici dei tessuti possono essere studiati tramite dei modelli in vitro costituiti da proteine reticolate, essendo entrambi contraddistinti da alti valori di relassività a basso campo e della comparsa di due picchi nella regione 1.5-4 MHz. Tali profili rilassometrici, dalla tipica forma funzionale, sono studiabili tramite un‟equazione parametrica detta di Hallenga-Koenig. Poichè l‟ampiezza dei profili dei modelli in vitro è riconducibile al contenuto di proteine reticolate, ne deriva che è possibile studiare il contributo dell‟aggregazione proteica nei tessuti. Attività scientifiche del gruppo B. Fubini L‟attività svolta nel campo della tossicità dei materiali inorganici finemente suddivisi si è svolta nelle seguenti direzioni: Tossicità e carcinogenicità della silice cristallina: Uso di solidi modello cristallini a porosità controllata (porosils) per evidenziare i meccanismi di citotossicità: caratterizzazione chimico fisica e studio della citotossicità su linee cellulari macrophage –like (coll Università di Modena) Preparazione e caratterizzazione di silici modificate ad hoc per evidenziare effetti trasformanti su cellule embrionali (coll INRS Nancy) Studio dell‟azione dell‟ascorbato sulla silice anche in relazione all‟attività di organismi viventi nei confronti di silice (spugne, diatomee) in vista di uno studio filogenetico di relazione silice-organismi viventi. Meccanismi molecolari di carcinogenesi degli amianti Studio della mobilità del ferro, della generazione di radicali liberi da parte di amianti variamente modificati. Studio dell‟attivazione del complemento in siero umano da parte di amianti modificati in seguito a incubazione in chelanti (collaborazione Univ Ancona). Studio del ruolo del ferro nella attivazione di INOS da parte degli amianti. Altro Studio delle caratteristiche superficiali di materiali di interesse tossicologico: fibre di vetro, silici porose Attività scientifiche del gruppo C. Nervi Il marcamento di ormoni può essere utile sia per scopi diagnostici che terapeutici. In recettorologia per dosare il livello di specifici recettori (per esempio nei tumori ormone-dipendenti), mentre nei metodi di radioimmunoassay (RIA), largamente usati per l‟analisi in tracce di molecole di importanza biologica, per dosare l‟ormone nei fluidi biologici. Un nuovo approccio del problema viene offerto dalla complessazione della biomolecola con un frammento organometallico che può essere facilmente rilevato tramite diversi metodi analitici, come l‟assorbimento atomico o tecniche spettroscopiche ed elettrochimiche. La serie di ormoni steroidei (estradiolo) da noi marcati con diversi frammenti organometallici in posizione 17o 11- esemplifica questo approccio, in quanto la coordinazione del frammento organometallico permette il mantenimento di un alto livello di riconoscimento dell‟estradiolo da parte dei suoi recettori specifici. Dopo il successo del cisplatino come uno dei più importanti agenti antitumorali, l'interesse dell'uso dei complessi dei metalli di transizione in medicina ed in altre aree biologiche è cresciuto rapidamente. In questa classe di composti i metalloceni hanno dimostrato di essere particolarmente attivi verso svariate tipologie di tumore, ma con un meccanismo d'azione diverso da quello del cisplatino. Abbiamo testato l'attività antitumorale di alcuni sali di ferrocinio su linee cellulari di adenocarcinoma mammario (MCF-7). Consistenti dati sperimentali dimostrano il coinvolgimento dell‟enzima telomerasi nel processo oncogenetico e nella proliferazione delle cellule tumorali. Questa caratteristica permette alle cellule tumorali di eludere la senescenza replicativa e di proliferare in modo indefinito. Queste caratteristiche fanno della telomerasi un target biochimico ideale per una lotta ai tumori mirata. Sono stati sintetizzati e testati come inibitori dell'enzima telomerasi alcuni derivati del cisdicloroplatino(II) con leganti aromatici contenenti azoto come atomo donatore. UNITA' DI RICERCA DI TRIESTE Direttore: Prof. Lucio Randaccio Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell‟anno 2000 dall‟ Unità di Trieste relativamente alle varie tematiche di ricerca. Gran parte dei risultati sono stati oggetto di pubblicazioni scientifiche, come da elenco allegato a questa relazione, e di comunicazioni a convegni nazionali ed internazionali. 1. Biocristallografia e struttura di modelli di sistemi biologici Uno accurato studio EXAFS di tipo metodologico su cinque cobalossime, di cui era nota la struttura XRD, ha permesso di stabilire i limiti e le potenzialità dell'analisi di spettri EXAFS per la determinazione del numero e delle distanze di coordinazione. In particolare si è messo in evidenza che non di rado le analisi EXAFS nel passato sono state condotte con una metodologia non adeguata e i relativi risultati strutturali vanno considerati con molta attenzione. Sono stati preparati e analizzati mediante diffrazione di raggi X con radiazione di sincrotrone i cristalli singoli di diverse cobalammine, incluse le forme cristalline di cobalammine contenenti elettroliti del tipo LiCl e KCl, che hanno fornito un modello strutturale di interazione delle catene ammidiche delle cobalammine con gli ioni. E‟ stato anche possibile analizzare in modo quantitativo le similarità e le differenze, sia strutturali che chimico-fisiche, tra cobalammine e cobalossime. Proseguendo i precedenti studi sui modelli di proteine con centri di-rame, in collaborazione con il Prof. L. Casella (Università di Pavia), sono state determinate le strutture di complessi mononucleari, modelli del modo di legarsi dello ione nitrito e della sua attivazione riduttiva a ossido di azoto su centri biomimetici di rame. Sono stati ottenuti cristalli singoli del ferricitocromo c2 da Rhodopseudomonas palustris (114 amminoacidi, PM 12783), in ambiente acido (forma A, monoclina) e in ambiente basico (forma B, trigonale), dei quali sono stati raccolti dati di diffrazione con luce di sincrotrone a 100 K. Le strutture sono state risolte e affinate ad un fattore di disaccordo R = 0.178 (A) e 0.173 (B). L'analisi strutturale della forma A del citocromo c2 e il suo confronto con analoghe strutture di citocromi c2 da batterio e di citocromi c mitocondriali ha permesso di ipotizzare che il maggior potenziale redox di questa proteina procariotica, rispetto all‟omologo citocromo c eucariotico, deriva da un parziale allentamento della forza dei legami ad idrogeno che "circondano" il gruppo prostetico. La forma B, ottenuta in ambiente alcalino, si è rivelata estremamente interessante in quanto la metionina 93 che coordina il ferro dell' eme è stata sostituita da una molecola di ammoniaca con una variazione conformazionale che coinvolge i residui Lys92-Met93-Thr94Phe95. Sono stati inoltre raccolti i dati di diffrazione da luce di sincrotrone, a 2.0 Å di risoluzione, della forma ridotta del citocromo c2 da Rhodopseudomonas palustris. Questa struttura è in corso di affinamento. Sono in corso tentativi di cristallizzazione dell‟omologo citocromo c eucariotico da spinacio, fornito in forma purificata dall‟ Unità di Ricerca di Modena. Di particolare rilievo è stata la risoluzione della prima struttura di un modello miniaturizzato di proteine con centri dimetallici, come la ferritina, sintetizzata dall‟ Unità di Napoli sulla base di un nuovo approccio di de novo design. Questa proteina, la cui unità monomerica è composta da 50 amminoacidi, in presenza di metalli dà origine ad una struttura quaternaria dimerica in cui è presente il motivo "four-helix bundle". L‟analisi dei dati diffrattometrici della metallo proteina contenente ioni zinco, raccolti con luce di sincrotrone a 100 K, ha permesso la risoluzione a 2.5 Å della struttura cristallina. Nell‟ unità asimmetrica della cella elementare un “four-helix bundle” è disposto su un asse binario cristallografico e un altro possiede una pseudo simmetria binaria. In ciascuna unità due ioni Zn sono ingabbiati all'interno di questi dimeri proteici. In particolare i due ioni zinco sono coordinati da quattro gruppi carbossilato di residui glutammato, due a ponte e due chelati, e da due -N donatori di residui istidinici, cosicché ogni ione Zn ha un contorno di leganti con geometria tetredrica distorta. 2. Verso una nuova generazione di modelli della Vitamina B12 La difficoltà di studiare direttamente i complicati sistemi naturali che costituiscono la famiglia degli enzimi B12 ha incoraggiato nel corso degli anni la sintesi e lo studio di un gran numero di complessi che potessero in qualche modo essere considerati dei modelli del composto naturale. Oltre alle ben note cobalossime, sono stati utilizzati anche dei composti con leganti imino-ossimici e basi di Schiff. E‟ stato quindi studiato l‟effetto sulla struttura e sulla reattività variando sistematicamente i leganti assiali e modificando il chelante equatoriale. Ciò che risultava chiaramente impossibile da studiare su questi modelli era l‟effetto dell‟interazione con la proteina nel composto naturale. Ci è quindi sembrata interessante la possibilità di sintetizzare e studiare dei complessi organometallici di Co comprensivi di catene peptidiche laterali in grado di interagire con il frammento assiale R-Co-L. Lo spunto è stato offerto da un lavoro apparso recentemente, [S.Ranganathan et al Inorg.Chem. 38 (1999) 1019] nel quale veniva descritta la sintesi di un complesso di Co(II) con una base di Schiff derivante dalla 3-acetil tirosina per condensazione con etilendiamina. La reazione porta alla formazione del complesso di Co(II) e implica l‟acetilazione della tirosina, la protezione del gruppo carbossilico e del gruppo amminico, la condensazione con etilendiammina per dare la base di Schiff, e infine la metallazione del chelante. Il complesso di Co(II) che si forma è relativamente stabile nei confronti dell‟ossidazione all‟aria e viene rapidamente ridotto da NaBH4 in presenza di PdCl2. L‟aggiunta di un opportuno alogenuro alchilico porta alla formazione del corrispondente derivato organometallico. E‟ stata così sintetizzata una serie di complessi organometallici (R = Me, Et, n-Bu, i-Pr, CH2Cl, CH2CF3), che sono stati caratterizzati tramite analisi elementare, NMR ed Electrospray Mass Spectrometry. Il gruppo amminoacidico della 3 acetiltirosina può costituire il punto di partenza per la sintesi di complessi contenenti catene laterali di- o poli-peptidiche. Un primo tentativo è stato fatto sintetizzando il dipeptide che deriva dalla condensazione tra acetiltirosina protetta al gruppo amminico e istidina metilestere e condensandolo con etilendiammina per formare la base di Schiff. Per reazione del legante con un sale di cobalto e piridina, in soluzione metanolica e in presenza di ossigeno, si ottiene il complesso [(py)2Co(III)(chel)]+, che può essere ridotto a Co(I) e trasformato nel corrispondente derivato organometallico per addizione ossidativa dell‟opportuno alogenuro alchilico. Questa nuova serie di complessi è attualmente in fase di sintesi e di caratterizzazione. 3. Nuovi complessi polinucleari derivanti da organocobalossime assemblate mediante acidi boronici Questa linea di ricerca è volta all‟assemblaggio di sistemi polinucleari sfruttando legami di coordinazione e interazioni deboli del tipo - . La relativa facilità di reazione degli acidi borinici con i ponti O-H-O delle organocobalossime, che ricorda da vicino quella degli acidi boronici con i dioli, ci ha suggerito che degli acidi borinici o boronici contenenti gruppi -donatori nell'anello potrebbero essere validamente utilizzati come templati per assemblare diverse unità di cobalossime, sfruttando le interazioni del boro con l'ossigeno e del gruppo donatore con il centro metallico. La geometria del prodotto finale è determinata sia dalla posizione del gruppo donatore nell'anello aromatico che dalla conformazione del complesso di partenza. Gli studi compiuti negli anni scorsi hanno dimostrato che quest‟ultima può essere efficacemente modulata sfruttando le interazioni steriche ed elettroniche, essenzialmente di tipo - , dei leganti assiali delle organocobalossime con gli anelli aromatici degli acidi fenilborinici. Un primo tentativo di ottenere complessi polinucleari è stato compiuto facendo reagire il complesso MeCo(DH)2H2O con gli acidi 3- e 4-piridinilboronico. In entrambi i casi si ottiene un complesso dinucleare a struttura chiusa, nel quale la piridina coordina assialmente il cobalto dell'altra unità, ma la determinazione strutturale ai raggi X ha dimostrato che nei due casi il complesso assume la forma di “rettangolo molecolare” e di “scatola molecolare”. L'esterificazione del gruppo OH legato all'acido boronico in presenza di metanolo suggerisce che questo residuo della molecola costituisce un sito molto reattivo, che potrebbe essere sfruttato per un ulteriore accrescimento del complesso. 4. Nuovi Alchilderivati del Cobalto(III) con Leganti Tridentati Amminoossimici La chimica del legame Cobalto-Carbonio si articola su vari settori di indagine, quali: i) l'identificazione dei fattori che determinano la stabilità di tale legame; ii) lo studio dei meccanismi di formazione e di rottura del legame mediante termolisi o fotoscissione in condizioni aerobiche ed anaerobiche; iii) lo studio dei processi di trasferimento di gruppi alchilici su substrati organici ed inorganici; iv) la reattività di gruppi alchilici legati al metallo che non implichi scissione del legame Co-C. In relazione a quest'ultima tematica abbiamo osservato che i complessi del tipo [XCH2Co(III)(LNHPy)(HLNHPy)]+ (X = Cl, Br, I, HLNHPy = 2-(2-piridiletil)-3-butanoneossima e LNHPy = la sua base coniugata) per trattamento con NaOH dil. a temperatura ambiente porta alla formazione di un interessante derivato caratterizzato dalla presenza del metallociclo a tre termini Co-CH2-N (equatoriale). Il processo di ciclizzazione intramolecolare (Figura 1) implica la deprotonazione dell'azoto equatoriale recante il gruppo piridile libero seguito dallo stadio di Nalchilazione. Cl Cl CH2 CH2 H H3 C H O O N N CH3 H3 C HN CH3 Co CH3 H3 C H N N N -H N O O + Co H3 C H2O CH3 N HN N N N O H Cl H2 C CH2 H H H3 C N N CH3 -Cl - H3 C CH3 N HN N N Co Co H3 C O O O O H3 C CH3 N CH3 HN N N N N Figura 1 I dati cinetici ottenuti per le reazioni a partire dal cloro-, bromo- e iodometilderivato mostrano che le velocità di formazione del metallociclo aumentano nell'ordine Cl < Br < I in accordo con l'attesa diminuzione della forza di legame carbonio-alogeno e con il trend delle velocità osservate nei processi di solvolisi degli alogenuri alchilici. Ciò suggerisce che lo stadio lento del processo sia costituito dalla rottura del legame carbonio-alogeno e la concomitante Nalchilazione e piuttosto che dallo stadio di deprotonazione dell‟azoto oppure dal processo di distorsione dell'anello equatoriale nell'avvicinamento dell'atomo di azoto al carbonio assiale. Il composto è stato caratterizzato mediante diffrattometria RX che evidenzia la presenza del metallociclo avente un angolo di legame CH2-Co-N di 40°. La reazione, che costituisce un raro esempio di N.alchilazione nell'ambito della chimica dei complessi del Cobalto, può esser considerata come la fase iniziale per il trasferimento di un‟ unità monocarboniosa da un atomo metallico ad un substrato organico. 5. Sviluppo di complessi di Ru(III) dotati di attività antitumorale. Da più di un anno (Ottobre 1999), il complesso di rutenio(III) sviluppato a Trieste e denominato NAMI-A ([ImH][trans-RuCl4(Me2SO)(Im)]), viene sperimentato in fase clinica I su pazienti come potenziale agente antimetastatico N Cl Cl presso il Netherland Cancer Institute di Amsterdam. Esso è uno dei pochissimi composti antitumorali non-platino ad entrare in fase di sperimentazione clinica e, in assoluto, il primo composto a base di rutenio. La fase clinica I, tuttora in - HN NH+ Ru Cl Cl O S NH CH3 CH3 corso, sta dando risultati incoraggianti e si prevede che nei primi mesi del 2001 inizierà la fase clinica II. Lo scopo degli studi di fase clinica I è quello di individuare la dose massima tollerata dai pazienti, correlata alla tossicità del composto, e di stabilire le migliori modalità di somministrazione. Il raggiungimento di questo primo traguardo ha richiesto un approfondimento delle indagini sul NAMI-A sia di tipo chimico che farmacologico. In particolare, dal punto di vista chimico è stata studiata la stabilità del NAMI-A in soluzione acquosa, per ottenere informazioni necessarie alla sua formulazione ed alle successive modalità di somministrazione ai pazienti. Inoltre è stato approfondito lo studio del comportamento del complesso in soluzione fisiologica tamponata in seguito a riduzione del nucleo metallico da Ru(III) a Ru(II) con riducenti biologici quali acido ascorbico e cisteina. In collaborazione con l‟ unità di Firenze è stata studiata l‟interazione del NAMI-A e di altri composti di rutenio con l‟albumina e con il DNA. La sintesi chimica si è inoltre indirizzata, come programmato, verso nuovi addotti di rutenio che potessero presentare attività antineoplastica, i cosiddetti “composti di seconda generazione”. Gli studi di fase clinica sul NAMI-A hanno evidenziato l‟importanza della stabilità dei composti in soluzione acquosa; infatti, i processi di sterilizzazione e di formulazione del composto e, soprattutto, la somministrazione per infusione lenta implicano che il complesso di rutenio deve essere il più possibile stabile in soluzione acquosa. Sono quindi stati sintetizzati composti analoghi al NAMI-A, di formula generale (LH)[trans-RuCl4(Me2SO)(L)], e ne è stata studiato il comportamento in soluzione acquosa ed in soluzione fisiologica. Si è osservato che complessi con leganti azotati meno basici dell‟imidazolo, quali ad esempio pirazina, pirazolo, ossazolo e tiossazolo, sono più inerti del NAMI-A in soluzione acquosa, mentre presentano cinetiche di idrolisi paragonabili a quelle del NAMI-A in soluzione fisologica. Quindi, se tali composti mantenessero l‟attività antimetastatica del NAMI-A (prove in vivo attualmente in corso), essi presenterebbero degli indubbi vantaggi dal punto di vista della formulazione e della somministrazione rispetto al composto attualmente in fase clinica. Inoltre è proseguita la sintesi di composti dinucleari di rutenio utilizzando leganti azotati con due siti di coordinazione, facendo così seguito alla messa a punto della sintesi di due nuove classi di composti dimerici simmetrici, sia dianionici che neutri, recanti il legante azotato a ponte di formula rispettivamente [Na]2[{trans-RuCl4(Me2SO)}( -L)] e [{mer-RuCl3(Me2SO) (Me2SO)}( -L)] con L = pirazina, pirimidina, 4,4'bipiridile e derivati, ad esempio il dimero non simmetrico monoanionico di formula [NH4] Cl6 C6 C5 S2 Cl7 O2 C8 Cl5 [ trans-RuCl4(Me2SO-S) ( -pyz) mer-RuCl3 (Me2 SO-S)(Me2SO-O) ] (vedi Figura). Sono in corso S3 Ru2 Cl3 C7 N2 O3 N1 Cl4 C9 C4 C10 studi per valutare l‟attività citotossica (in vitro) ed Cl2 Ru1 S1 C3 antitumorale (in vivo) dei nuovi dimeri; inoltre, in O1 Cl1 C2 C1 collaborazione con le unità di Bari e di Firenze, vengono investigate le interazioni dei composti con DNA e proteine in vitro. Sono infine proseguiti gli studi sulle caratteristiche strutturali dei complessi metallici con solfossidi. Dal punto di vista farmacologico è stato osservato che il NAMI-A risulta privo di effetti citotossici diretti contro le cellule tumorali sia in vitro sia in vivo, a concentrazioni confrontabili ed equivalenti nei due sistemi. L‟ordine di grandezza, di 10-4 M, risulta da dati ottenuti mediante studi di spettroscopia ad assorbimento atomico, sia su cellule trattate in vitro sia su cellule ottenute ex vivo da tumori prelevati da animali trattati i.p. con NAMI-A alla dose convenzionale di 35 mg/kg/die per 6 giorni consecutivi. In particolare, a livello polmonare la concentrazione di 10-4 M sembra mantenersi costante anche dopo sospensione del trattamento per tempi relativamente lunghi suggerendo che il NAMI-A mantenga la capacità di esercitare gli effetti farmacologici sulle metastasi polmonari anche dopo interruzione di un ciclo di somministrazione. Confrontato con il cisplatino, il NAMI-A mostra un comportamento marcatamente diverso; la tossicità sistemica del NAMI-A risulta inferiore, anche se va sottolineato che la manifestazione tossica più evidente, analogamente al cisplatino, è a carico dell‟apparato renale; studi preliminari indicano comunque che l‟effetto tossico del NAMI-A sul nefrone è almeno in parte reversibile. Infine, ma non meno importante, il NAMI-A è almeno altrettanto o anche più attivo del cisplatino in esperimenti di confronto usando tumori murini che metastatizzano nel polmone. Infatti, sia considerando gli effetti sul prolungamento del tempo di sopravvivenza, sia considerando l‟effetto di riduzione delle metastasi polmonari, il NAMI-A, al contrario del cisplatino che mostrava una dipendenza dal tumore trattato, ha causato effetti molto marcati sia utilizzando il Lewis lung carcinoma, sia impiegando il carcinoma mammario MCa del topo CBA o l‟adenocarcinoma mammario TS/A nel topo Balb/c. Questi risultati assumono ulteriore importanza se si considera che in due dei tre modelli utilizzati, il trattamento è stato effettuato su tumori in fase di crescita avanzata, anche dopo rimozione chirurgica del tumore primario. 6. Studi di chimica supramolecolare In anni recenti l‟ Unità di Trieste ha anche dato importanti contributi nel settore della chimica supramolecolare inorganica, in particolare nella costruzione e caratterizzazione, sia in N trans-DPyP Figura 1. Trans- e cis-dipiridil porfirine e loro rappresentazione schematica come building blocks. cis-DPyP NH N NH N N NH N NH N N N soluzione che allo stato solido, di sistemi supramolecolari formati da porfirine e centri metallici. La presenza di porfirine o metallo-porfirine nei sistemi supramolecolari è di primario interesse, in quanto queste molecole sono in grado di introdurre utili proprietà fotochimiche e redox nel sistema. Gli addotti porfirinici supramolecolari sono utilizzati come modelli di sistemi biologici nello studio dei meccanismi di cattura della luce solare (“light-harvesting devices”) e di reazioni di trasferimento elettronico fotoindotto (sistemi fotosintetici), oltre che in settori quali: riconoscimento molecolare, sensori, catalisi, polimeri conduttori, composti con proprietà ottiche non lineari. La metodologia di sintesi per autoassemblaggio, che sfrutta la formazione di legami di coordinazione tra siti basici periferici sull‟anello porfirinico e centri metallici, ha recentemente fornito numerosi esempi di aggregati di porfirine di grosse dimensioni ottenuti con buona resa. Figura 2. Quadrato molecolare omometallico di porfirine Recentemente sono state messe a punto delle procedure di sintesi efficienti per la costruzione di quadrati molecolari di porfirine e composti di coordinazione. 2+ Y Ru X Cl Cl N Y N N M N N N Ph 2 P TfO Cl Ru X N N M N N N Cl N Pd TfO N N - P Ph 2 2TfO N N N N N M N N N M N N Ph Pd P 2 P Ph2 Figura 3. Procedura di sintesi di un quadrato di porfirine etero-bimetallico. Tali addotti vengono costruiti tramite auto-assemblaggio di bis-4'piridilporfirine, cioè porfirine che presentano due siti basici periferici a 90° o a 180° fra di loro, e opportuni composti di coordinazione ottaedrici o planari quadrati con due siti labili in geometria cis o trans. Dall‟opportuna combinazione di questi building blocks è possibile ottenere quadrati molecolari di tipo 2:2 o 4:4 in cui le porfirine occupano rispettivamente gli angoli o i lati del metallaciclo. In generale, i centri metallici che costituiscono gli angoli (o che giacciono lungo i lati) del quadrato molecolare possono essere tutti uguali fra loro (quadrati omo-metallici), oppure di natura diversa (quadrati etero-metallici). Sono state sviluppate procedure di sintesi per la costruzione di quadrati molecolari di porfirine sia omo- che etero-metallici (Figure 2 e 3). Una scelta opportuna dei centri metallici e dei leganti ancillari (non aventi cioè funzione strutturale) permette di variare la carica complessiva (e quindi la solubilità) dell‟addotto e di introdurre opportune funzionalità (e.g. magnetiche, fotofisiche, centri chirali). Inoltre, è stata messa a punto la sintesi di quadrati molecolari in cui le piridilporfirine, oltre ad essere coordinate ai centri metallici con funzione strutturale (angoli del quadrato), sono anche coordinate ad altri centri metallici periferici. L‟importanza di questo approccio sintetico è facilmente comprensibile: la scelta opportuna dei centri metallici periferici (spettatori) e di quelli strutturali potrebbe favorire i trasferimenti di elettroni e/o di energia, eventualmente fotoindotti, tra i diversi siti della supramolecola.