Dott. A. Gronchi (Chirurgo Unità Operativa Melanomi e Sarcomi, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori- Milano) Intervento al 1° Incontro nazionale A.I.G. “Approfondimento medico sui GIST: parliamone con i pazienti.” Milano, 1 Marzo 2008 Il ruolo della chirurgia della malattia residua: avvio di un nuovo protocollo nel 2008 Il ruolo della chirurgia della malattia residua (cioè nella malattia metastatica che sta rispondendo a Glivec e che è sotto controllo con la terapia) è un argomento molto critico e dibattuto. Nella malattia metastatica, Imatinib (Glivec) è considerata la terapia primaria ma ha dei limiti: un problema è il rischio che il paziente sviluppi resistenza . La chirurgia è stata riconsiderata quando ci si è accorti che la terapia medica non funzionava all’infinito, come inizialmente si sperava. Glivec, grazie al suo meccanismo molecolare di azione, all’inizio faceva auspicare che fosse sufficiente a controllare la malattia indefinitamente; questo purtroppo non si è rivelato vero nella totalità dei pazienti e, quindi, si è cominciato a riconsiderare la chirurgia, che, in era pre-Glivec, era l’unica arma nel trattamento della malattia metastatica. Dopo resezione chirurgica della malattia localizzata, alcuni pazienti sviluppano la malattia metastatica e vengono avviati al trattamento farmacologico con Glivec, non essendoci alcuna indicazione formale all’ intervento anche quando la malattia metastatica è limitata all’iniziale presentazione. Non si considera mai la chirurgia in questo contesto: infatti, mentre nella malattia locale il trattamento standard è la chirurgia, nella malattia metastatica il trattamento standard è Glivec, cioè Imatinib in prima linea . Le eccezioni a quanto sopra detto, sono rappresentate da: a) i GIST di tipo Wild Type, una minoranza di GIST che non presentano mutazioni, al contrario della maggioranza dei casi (es. mutazione Esone 11 e Esone 9). Tra i pazienti che non presentano mutazione ci sono quelli definiti sindromici, cioè che presentano sindromi, la piu frequente delle quali è il morbo di von Recklingausen Neurofibromatosi tipo 1. Essa è una patologia congenita, ereditaria, autosomica dominante; si eredita con una probabilità del 50%, come si ereditano il colore degli occhi e il colore dei capelli. Questa patologia si caratterizza per la presenza sulla pelle di macchie singole color caffè latte, in un numero almeno superiore a cinque (fig 1). NF1 - Von Recklinghausen Fig 1 I pazienti che mostrano macchie oppure neurofibromi come quelli mostrati nella figura 1 che possono essere più o meno sparsi sul corpo, hanno anche predisposizione a sviluppare alcuni tumori e uno di questi è proprio il GIST. In questo caso, abbiamo due sottogruppi: i GIST pediatrici che insorgono in giovane età ed altri GIST che insorgono in una triade molto più rara, chiamata Triade di Carney (caratterizzata dall’associazione di GIST con altre due patologie: paraganglioma maligno e noduli polmonari benigni). I pazienti con GIST Wild Type, cioè senza mutazione, inizialmente vengono trattati con la terapia medica, perché il fatto che siano Wild Type non necessariamente significa che non ne abbiano un beneficio, ma è senz’altro minore. Se la decisione è quella di iniziare con la terapia medica, in questi casi si suggerisce sempre di monitorare molto più attentamente la risposta e di decidere di conseguenza. Alcuni di questi pazienti possono avere maggiore beneficio da Sunitinib o da un’altra terapia; hanno anche storie naturali più indolenti, cioè hanno una malattia metastatica che evolve più lentamente e, quindi, ha una maggiore probabilità di trarre un beneficio più prolungato dalla chirurgia, se è limitata. b) Ci sono alcune altre mutazioni un po’ particolari di un altro recettore che è PDGFR, certamente poco frequente, tra queste la più tipica è il D842V: insorge in GIST che originano dallo stomaco e non in altre sedi, sono molto resistenti per non dire insensibili a Imatinib e probabilmente anche a Sunitinib. (fig 2) KIT Exon 11 Wild-type KIT Exon 9 PDGFRA Exon 12 KIT Exon 13 KIT Exon 17 PDGFRA Exon 18 D842V Fig 2 Si tratta di una mutazione particolare e piu’ difficile da gestire, caratterizzata da una storia naturale tendenzialmente più lenta di quella di KIT o delle altre mutazioni note, senza il vantaggio di potersi avvalere di una terapia medica disponibile per tutte le altre situazioni. Anche in questo caso è opportuno riconsiderare il ruolo primario della chirurgia. Al di fuori da queste situazioni che sono molto particolari, cioè i GIST sindromici, in sindromi note o scoperte in quella occasione, e i GIST con questa mutazione specifica, di PDGFR, che è una rarità, la terapia standard è il Glivec in prima linea. Nonostante Glivec sia efficace nel 90% dei pazienti, in questi anni di impiego della terapia non si è osservata una stabilizzazione che risulti nel controllo definitivo della malattia. Per questo motivo si è rivalutato il ruolo della chirurgia associata al farmaco. La chirurgia potrebbe avere un ruolo, perchè riduce la quantità di tumore e riducendo la lesione macroscopicamente osservabile si potrebbero prevenire o ridurre le resistenze che possono insorgere al farmaco e prolungare, quindi, il tempo alla recidiva, o addirittura aumentare il numero dei pazienti che ha un controllo continuativo. Questa teoria è confermata dagli studi condotti finora: il grafico (fig 3) riporta i dati del primo studio fatto in Europa, nel quale i pazienti indicati dalla linea marrone, che avevano maggiore massa tumorale, mostravano un andamento clinico peggiore di quelli sulla linea rossa che avevano un carico tumorale inferiore. Tumor burden does not correlate to response but to PFS Fig. 3 Si evince da queste osservazioni che il carico tumorale è correlato alla durata della risposta terapeutica, nel senso che quanto maggiore è il carico di tumore, tanto meno tenderà a durare l’attività del farmaco. Questo è il presupposto più forte per la chirurgia. Prima dell’introduzione di Glivec, l’unico trattamento efficace per i GIST era la chirurgia. Negli studi retrospettivi, si è osservato che l’andamento clinico dei pazienti operati era migliore, come era naturale aspettarsi, rispetto ai pazienti che per svariati motivi non avevano potuto essere sottoposti a chirurgia (fig.4). fig 4 E’ interessante notare che anche i pazienti sottoposti a chirurgia R2 (cioè quelli in cui erano rimaste tracce/evidenze di tumore) andavano meglio di quelli non operati, a conferma che una riduzione della massa tumorale, anche se limitata e non completa, poteva avere un ruolo. Contro queste argomentazioni in favore della chirurgia ci sono due considerazioni da fare: a) la prima deriva dallo studio francese DFR14 (fig 5) che ha osservato l’andamento clinico di un certo numero di pazienti che ha sospeso la terapia Glivec dopo aver registrato una risposta e ottenuto la stabilizzazione della malattia: lo studio ha dimostrato che la terapia Glivec non deve mai essere sospesa altrimenti la malattia inevitabilmente mostra una ripresa. In altri termini, nella malattia metastatica il ruolo primario è svolto dalla terapia farmacologia, non dalla chirurgia. Fig 5 b) La seconda considerazione nasce dall’osservazione di un’analogia che si riscontra nei malati di tumore dell’ovaio che è un tumore completamente diverso, con terapia propria, ma per alcuni versi simile al GIST (fig 6). Nel tumore dell’ovaio era prassi effettuare un secondo intervento dopo la chirurgia dell’ovaio metastatico al peritoneo (le metastasi peritoneali sono simili a quelle che troviamo nei GIST). Quindi, le pazienti con metastasi peritoneali da tumore dell’ovaio, in terapia medica con successo, erano sottoposte a una chirurgia del residuo di malattia, in un secondo tempo. Fig 6 Negli anni, ci si è chiesti se questa chirurgia del residuo fosse necessaria oppure no, per non sottoporre le pazienti a un trattamento inutile. La conclusione è giunta da uno studio randomizzato che, documentando una assoluta assenza di beneficio della chirurgia del residuo, ha portato a un cambiamento nel trattamento. E’ chiaro che si tratta di una malattia del tutto diversa dal GIST, però questa osservazione offre riflessioni piu’ ampie in campo oncologico. Oggi non c’è alcuna evidenza che la chirurgia abbia un ruolo nella malattia in fase metastatica sotto controllo terapeutico. - Se la malattia è localmente avanzata (e non metastatica) e il paziente segue la terapia medica, si ha una indicazione chirurgica assoluta. - Nella malattia metastatica c’è una indicazione assoluta alla terapia farmacologica e può essere discutibile se effettuare o meno la chirurgia. Questo aspetto è stato valutato in vari studi monoistituzionali, condotti in diversi centri tra cui l’Istituto nazionale dei Tumori. (fig 7) Fig 7 Dopo opportune valutazioni individuali e tenuto conto dei possibili benefici e rischi, è stata effettuata la chirurgia del residuo in alcuni pazienti. Questi studi non hanno dimostrato che la chirurgia è efficace, ma che la chirurgia nella malattia metastatica, in pazienti in risposta a terapia con Glivec, è fattibile. Bisogna inoltre considerare che c’è sempre un residuo tumorale, anche se radiologicamente non evidente, soprattutto a livello peritoneale (non a livello epatico), dove si trova un numero elevato di nodulini come nella Fig. 8. Fig 8 E’ importante sottolineare che, attualmente, non sappiamo se la chirurgia ha un ruolo nella malattia metastatica limitata, operabile, che sta rispondendo alla terapia Glivec. Per cercare una risposta a questo interrogativo, è partito il nuovo studio randomizzato nel quale i pazienti che hanno iniziato Glivec e hanno ottenuto una stabilizzazione della malattia nel primo anno di terapia, vengono esaminati per una possibile chirurgia del residuo (fig 9). Advanced GIST Imatinib Follow up for PFS & OS Metastatic GIST in response on IM Imatinib + surgery at best response (within 1 yr) Benjamin et al. Proc Am Soc Clin Oncol. 2003;22:814. Abstract 3271. Rankin et al. Proc Am Soc Clin Oncol. 2004;23:815. Abstract 9005. Verweij et al. Proc Am Soc Clin Oncol. 2003;22:814. Abstract 3272. fig 9 Lo studio clinico si pone l’obiettivo di comprendere se la chirurgia, in questo caso, ha un ruolo sia sull’intervallo libero di malattia, sia sulla sopravvivenza globale. E’ uno studio opposto a quello della malattia locale: - nella malattia locale si sperimenta la terapia adiuvante Glivec dopo la chirurgia completa; - nella malattia metastatica si randomizzano i pazienti al trattamento chirurgico del residuo di malattia, durante il trattamento con Glivec ed entro la fine del primo anno, dopo aver documentato l’efficacia della terapia. E’ uno studio Europeo a cui partecipano le più importanti istituzioni in Italia, Francia, Scandinavia e Australia, progettato per verificare la validità della chirurgia completa nei pazienti in risposta a Glivec. Una delle evidenze emerse negli studi clinici monoistituzionali è che, quando la malattia è in risposta, la probabilità di asportarla completamente è del 90 % dei casi. Il protocollo dello studio clinico prevede che il paziente scelga se parteciparvi (e quindi essere “randomizzato” per la chirurgia durante il trattamento con Glivec). In caso contrario, il paziente viene trattato unicamente con la terapia farmacologia. Un approccio multimodale alla malattia metastatica sembra ragionevole, però non ci sono dati per confermare un maggiore beneficio di tale approccio rispetto alla terapia medica isolata e questo studio, finalizzato a capire il ruolo della chirurgia, partirà entro giugno in Europa. Nella progressione focale invece la chirurgia, paradossalmente, può avere un ruolo palliativo, che è un ruolo di contenimento dell’evoluzione di questa malattia. I dati di tutti gli studi sostanzialmente indicano che il tempo che si guadagna con l’operazione fino ad una nuova progressione, varia tra sei mesi e un anno. (fig 10) Median time to secondary progression 6-12 months Fig 10 Questa ipotesi, benché offra in prospettiva solo un beneficio temporale, va comunque valutata: rimandare la progressione della malattia di sei mesi-un anno può essere importante soprattutto nel campo dei GIST dove la ricerca medica è molto attiva e può offrire nuove opzioni terapeutiche in quell’arco di tempo. ==== Si può poi valutare l’applicazione di metodiche ablative diverse dalla chirurgia, quali la radiofrequenza e la crioterapia che sono sovrapponibili dal punto di vista del risultato e possono essere ritenute molto efficaci soprattutto per le lesioni epatiche; possono evitare addirittura di fare l’intervento, ma consentono l’ablazione della parte di malattia che non risponde al trattamento, per guadagnare tempo fino alla successiva progressione.(fig 11) I.O. RFA Percutaneous RFA Fig 11 I segni iniziali di resistenza al farmaco inevitabilmente porteranno ad una resistenza più generalizzata. Si può però modificare la terapia e per esempio usare la chirurgia o metodiche ablative alternative, che si possono fare anche intraoperatoriamente per evitare chirurgie maggiori. Certamente nella progressione limitata si può fare la chirurgia, la si può considerare con intento palliativo, in un ambito di approccio multidisciplinare alla resistenza e anche in questo caso è importante avere in mente che se si sceglie la strada chirurgica, la terapia Glivec va comunque continuata. Il Dr. George D. Demetri, oncologo a Dana-Farber Cancer Institute di Boston, sostiene che nella progressione limitata si può (a) provare la farmacologia, cioè aumentare la dose, (b) provare la chirurgia, (c) provare un altro farmaco, anche un farmaco sperimentale, (d) tornare nuovamente a Glivec e ripetere il ciclo ad oltranza finchè necessario. Domande dalla sala D Una precisazione: il Gist non è una malattia ereditaria; è la sindrome Neurofibromatosi 1 che è ereditaria e chi ha questa sindrome può avere predisposizione a sviluppare certi tipi di tumore tra i quali il GIST. Risposta (Dott. A. Gronchi) Ci sono Gist familiari, sindromi di Gist ereditari che sono rarissimi, sono state descritte 10- 15 famiglie nel mondo. Risposta (Dott.P.Casali) La Neurofibromatosi è abbastanza frequente, ma il Gist non è da considerarsi ereditario. D Nella malattia epatica residua, in risposta a Imatinib, si può fare un trapianto di fegato e si può fare la radioterapia con Cyberknife? Risposta (Dott. A. Gronchi) Il trapianto di fegato non viene fatto. I pazienti da trapiantare vengono scelti, in funzione della disponibilità degli organi, oltre che per un fatto biologico . I pazienti che fanno trapianto di fegato sono in genere pazienti che non hanno malattie tumorali. Ci sono delle eccezioni, una di queste è il tumore epatico primitivo, l’epatocarcinoma insorto su cirrosi, metastasi epatiche da tumore neuroendocrino. Non hanno indicazioni al trapianto le metastasi da GIST anche per la frequente compromissione della regione addominale, che non permetterebbe di essere controllata dal trapianto e ci sono problematiche legate alla immunosoppressione. Infatti, tutte le volte che un paziente fa una terapia immunosoppressiva si espone a un rischio maggiore alla progressione neoplastica; la terapia immunosoppressiva è obbligatoria dopo un trapianto di fegato, per scongiurare il rigetto del nuovo organo. Quindi, nessuna indicazione di trapianto per i Gist. Per quanto attiene al Cyberknife: la radiofrequenza è una metodica che è effettuata mediante l’infissione con ago nel nodulo da trattare; il vantaggio dei trattamenti con radiazioni ionizzanti è di non dover fare questa infissione ma di mirare dall’esterno con un'altra metodica; ha dei limiti perché il fegato ha una sensibilità ai raggi, alle radiazioni ionizzanti particolari e può indurre una epatotossicità da raggi che potrebbe essere fatale. Nella singola situazione, tutto si può considerare, ma in generale non è la strada che si segue. §§§