«Filumena specchio delle donne» La Cavarti: io a teatro con Eduardo Esordio con la regia della commedia-capolavoro al festival di Spoleto di CLAUDIO CUMANI SPOLETO «SO' SPAGHETTI con vongole fujte», diceva Eduardo De Filippo, seduto a tavola accanto a Lucia Bosé, davanti a un piatto fumante di pasta. E quell'immagine di un pranzo di tanto tempo fa torna alla mente di Liliana Cavani che di questo padre del Novecento teatrale fu buona amica. «In realtà - ricorda - nessuno di noi capiva che lui alludesse a spaghetti senza vongole, fujte, fuggite appunto». Eduardo nella cucina di mattonelle colorate, Eduardo che la va a trovare sul set de "Il portiere di notte", Eduardo su una barchetta a Positano... Dice la regista: «Spesso si cita Pirandello e ci si dimentica il valore di De Filippo e IN SCENA Mariangela D'Abbraccio nei panni della protagonista Al fianco di Geppy Gleijeses del suo teatro alto e popolare insieme». Non è dunque un caso che a 83 anni la Cavani abbia deciso di debuttare nella prosa firmando la regia di una commedia-cardine di Eduardo, quella "Filumena Marturano" che lo stesso autore definiva «un'allegoria dell'Italia lacerata in cerca della dignità del riscatto». Con Mariangela D'Abbraccio nei panni della protagonista e Geppy Gleijeses in quelli di Domenico Soriano, lo spettacolo debutta il primo luglio al festival di Spoleto in attesa di una lunga tournée invernale. Scritta nel '46, l'emblematica storia della prostituta che rifiuta di svelare al compagno il segreto della propria maternità (perché «'e figlie so' figlie e so' tutte eguale») ha avuto grandi interpreti, da Titina De Filippo a Valeria Monconi, da Isa Danieli a Mariangela Melato. Signora Cavani, come mai è arrivata soltanto ora alla prosa? «Semplicemente perché finora non me l'avevano chiesto. Ho fatto una quindicina di regie liriche in giro per l'Europa ma nessuno, prima di Mariangela D'Abbraccio, aveva pensato a me per il teatro. Mi fa piacere debuttare con un testo così bello e importante. Un pezzo di storia del palcoscenico, un documento civile». Come ha riletto la commedia? Ha mantenuto l'ambientazione originaria dell'opera, ha pensato a "Matrimonio all'italiana", il film di De Sica con la Loren e Mastroianni ispirato a questo testo? «Ho portato la vicenda negli anni '50 ma gli echi della guerra si sentono tutti. Mi piace la centralità della figura femminile, Filumena è un personaggio che sta nella storia del teatro di tutti i tempi, è lo specchio della condizione femminile. Le suggestioni del film non mi hanno toccata: il cinema chiede altre tecniche, altre procedure». Non ha incontrato difficoltà, insomma? «E venuto tutto naturale, anche grazie a un gruppo di attori che sento umanamente molto vicino. Abbia- MEDIA mo compiuto scelte accurate anche per i piccoli ruoli, siamo stati attenti ai dettagli. La commedia resta in napoletano ma la lingua è fluida e comprensibile». A cosa è più legata della sua carriera? «Non a un film, non a un successo ma agli attori. Ho avuto la fortuna di lavorare con gente straordinaria come la Rampling, Lancaster, Mastroianni. Ne ricordi i visi, l'umanità, i momenti condivisi. I miei film non avrebbero avuto quell'inquietudine senza di loro». Su Raiuno ha raccontato per la terza volta la vita di san Francesco. Perché prova tanto interesse verso questa figura? «Perché era un pensatore formidabile della cui grandezza si è reso conto laicamente forse solo Dante. Una figura inattuale perché troppo attuale. Il primo film che ho fatto nel '66 con Lou Castel era incentrato sulla poetica, il secondo dell'89 con Mickey Rourke sulla fraternità, quest'ultimo di due anni fa rappresentava una sorta di approfondimento sui temi della povertà, dei migranti e dei beni comuni. Ho dovuto aspettare l'arrivo di papa Francesco perché in Rai mi dicessero di sì». Che stagione vive adesso il cinema italiano? «Ogni epoca ha i suoi figli, c'è chi ce la fa e chi no. Noi continuiamo ad avere ottimi registi, ad esempio Virzì con "La pazza gioia" ha fatto un film stupendo. Il problema è che servirebbe una vera legge sul cinema. Elargire soldi come elemosine non basta. Bisogna compiere una selezione e sostenere quelli bravi». La sua lettura Siamo negli anni '50, gli echi della guerra... Mi piace la centralità di questa figura femminile Mariangela D'Abbraccio e Geppy Gleijeses. Accanto, la Cavani con Eduardo A tavola col Maestre Sono felice che il mio debutto nella prosa sia con un pezzo di storia, con un documento civile MEDIA L'INTERVISTA DAL SET AL PALCOSCENICO A tavola col Maestro Sono felice che il mio debutto nella prosa sia con un pezzo di storia, con un documento civile • g W ^ a f t f W Tensione al Valle, accordo in arrivo fa/ f= !£ ~ * Rioccupato e sgomberato ieri mattina, il Teatro Valle di Roma «sarà restituito alla città»: martedì la firma dell'accordo - Mibact per il piano di valorizzazione e restauro, costo 3 milioni di euro. DOMENICA B T l 12 GIUGNO 2016 E U IL GIORNO 4 " f e J U il Resto del Carlino ^ ^ * LA NAZIONE ™ «Filumena specchio delle donne» La Cavani: io a teatro con Eduardo Esordio con la regia della commedia-capolavoro al festival di Spoleto di CLAUDIO CUMANI La sua lettura Siamo negli anni '50, gli echi della guerra... Mi piace la centralità di questa figura femminile SPOLETO «SO' SPAGHETTI con vongole fujte», diceva Eduardo De Filippo, seduto a tavola accanto a Lucia Bosé, davanti a un piatto filmante di pasta. E quell'immagine di un pranzo di tanto tempo fa torna alla mente di Liliana Cavani che di questo padre del Novecento teatrale fu buona amica. «In realtà - ricorda - nessuno di noi capiva che lui alludesse a spaghetti senza vongole, fujte, fuggite appunto». Eduardo nella cucina di mattonelle colorate, Eduardo che la va a trovare sul set de "Il portiere di notte", Eduardo su una barchetta a Positano... Dice la regista: «Spesso si cita Pirandello e ci si dimentica il valore di De Filippo e IN SCENA Mariangela D'Abbraccio nei panni della protagonista Al fianco di Geppy Gleijeses Mariangela D'Abbraccio e Geppy Gleijeses. Accanto, La Cavani con Eduardo del suo teatro alto e popolare insieme». Non è dunque un caso che a 83 anni la Cavani abbia deciso di debuttare nella prosa Ormando la regia di una commedia-cardine di Eduardo, quella "Filumena Marturano" che lo stesso autore definiva «un'allegoria dell'Italia lacerata in cerca della dignità del riscatto». Con Mariangela D'Abbraccio nei panni della protagonista e Geppy Gleijeses in quelli di Domenico Soriano, lo spettacolo debutta il pri- mo luglio al festival di Spoleto in attesa di una lunga tournée invernale. Scritta nel '46, l'emblematica storia della prostituta che rifiuta di svelare al compagno il segreto della propria maternità (perché «'e fighe so' fighe e so' rutte eguale») ha avuto grandi interpreti, da Titina De Filippo a Valeria Monconi, da Isa Danieh a Mariangela Melato. Signora Cavani, c o m e m a i è arrivata soltanto o r a alla prosa? «Semplicemente perché finora non me l'avevano chiesto. Ho fatto una quindicina di regie liriche in giro per l'Europa ma nessuno, prima di Mariangela D'Abbraccio, aveva pensato a me per il teatro. Mi fa piacere debuttare con un testo così bello e importante. U n pezzo di storia del palcoscenico, un documento civile». C o m e h a riletto la c o m m e dia? Ha mantenuto l'ambient a z i o n e originaria dell'opera, h a p e n s a t o a "Matrimonio all'italiana"/ il film di De Sica con la Loren e Mastroianni ispirato a questo testo? «Fio portato la vicenda negli anni '50 ma gli echi della guerra si sentono tutti. Mi piace la centralità della figura femminile, Filumena è tin personaggio che sta nella storia del teatro di tutti i tempi, è lo specchio della condizione femminile. Le suggestioni del film non mi hanno toccata: il cinema chiede altre tecniche, altre procedure». Non ha incontrato difficoltà, insomma? IWDLONCEUJSTICIUASMU .....JMOPOfRANCMI LUDOVICO MlMELiWI «È venuto tutto naturale, anche grazie a un gruppo di attori che sento umanamente molto vicino. Abbiamo compiuto scelte accurate anche per i piccoli ruoli, siamo stati attenti ai dettagli. La commedia resta in napoletano ma la lingua è fluida e comprensibile». A cosa è più l e g a t a della s u a carriera? «Non a un film, non a un successo ma agli attori. Ho avuto la fortuna di lavorare con gente straordinaria come la Rarnpling, Lancaster, Mastroianni. Ne ricordi i visi, l'umanità, i momenti condivisi. I miei film non avrebbero avuto quell'inquietudine senza di loro». Su Raiuno h a raccontato per la terza volta la vita di san Francesco. Perché prova tanto interesse verso q u e s t a figura? «Perché era un pensatore formidabile della cui grandezza si è reso conto laicamente forse solo Dante. Una figura inattuale perché troppo attuale. Il primo film che ho fatto nel '66 con Lou Castel era incentrato sulla poetica, il secondo dell'89 con Mickey Rourke sulla fraternità, quest'ultimo dì due anni fa rappresentava una sorta di approfondimento sui temi della povertà, dei migranti e dei beni comuni. Ho dovuto aspettare l'arrivo di papa Francesco perché in Rai mi dicessero di sì». Che s t a g i o n e vive a d e s s o il cin e m a italiano? «Ogni epoca ha i suoi figli, c'è chi ce la fa e chi no. Noi continuiamo ad avere ottimi registi, ad esempio Virzì con "La pazza gioia" ha fatto un film stupendo. Il problema è che servirebbe una vera legge sul cinema. Elargire soldi come elemosine non basta. Bisogna compiere una selezione e sostenere quelli bravi». MtMES LDPEZJJI0| ™ " « g j g $ a m * ABElSflLACUCOE RICCARDO GIOVINE RAVENNA MEDIA