Sabato, 10 Giugno 2017 La riflessione Chantelle e me: la vitiligine ci accomuna ma io non faccio la modella La sua “particolarità” non deriva esclusivamente dal fatto che sia affetta dalla malattia, ma che quella patologia si sia “posata” in maniera composta e simmetrica sul corpo statuario e meraviglioso di una donna che ha una bellezza fuori dal comune e che, probabilmente, avrebbe fatto la modella a prescindere Autore: Ilenia Gullo Data di pubblicazione: Giovedì, 9 Aprile 2015 Lo ammetto: ho la vitiligine. Per quanti non sapessero cosa sia, la vitiligine è una patologia non infettiva della pelle dall’origine sconosciuta (probabilmente genetica ed ereditaria), caratterizzata dalla mancanza di melanina, cioè dalla comparsa sulla cute e sui peli (dunque anche sui capelli) di chiazze non pigmentate. Maledetta vitiligine. Di solito questa malattia autoimmune, che distrugge i melanociti responsabili della pigmentazione della pelle, attacca inizialmente le zone “estreme” del corpo (per capirci meglio, le mani e i piedi). Nel mio caso, invece, ha deciso di partire dal viso: la mia guancia sinistra, con conseguenti capelli dietro l’orecchio e ciglia dell’occhio sinistro, non hanno nemmeno un puntino di pigmentazione, risultando più bianchi del Pantone 000C. Che fortuna che ho avuto! Me lo disse anche la dermatologa che mi segue sin dagli albori della mia “malattia”. «Di tutti i posti in cui poteva scatenarsi, ha scelto quello più antipatico», mi confermò alla mia prima visita. Da quel momento ho dovuto iniziare una lunga e seccante cura a base di raggi UV buoni che, stimolando i melanociti ancora “vivi”, avrebbero evitato che la chiazza priva di melanina si estendesse ulteriormente. La terapia, fatta giusto in tempo, ha funzionato: chi mi vede, oggi dopo dieci anni da quel ciclo di cura, non si accorge immediatamente della mia chiazza bianca sul viso. Nonostante ciò, non mi sono mai del tutto rassegnata alla mia “macchia”. Dopo aver tentato invano, per anni, a fingere che non ci fosse nessun “difetto” sul mio volto, ho scoperto, quasi per caso, che la vitiligine non è più né un problema, né una malattia vera e propria, né un tabù. Anzi, che nessun difetto congenito della pelle è nulla di tutto questo. E che, addirittura, più l’imperfezione è grande ed evidente, più può diventare un motivo di vanto. O meglio, di marketing. Mi spiego meglio. E’ diventato famoso il caso di Chantelle Harlow, la modella canadese di colore meglio conosciuta come Winnie e “adottata” per la campagna pubblicitaria di una nota marca d’abbigliamento spagnola. Chantelle ha affermato in un’intervista che è stato Dio a volerla particolare. Ma il suo essere “particolare” non deriva esclusivamente dal fatto che sia affetta da una patologia chiamata vitiligine, ma che quella patologia si sia “posata” in maniera composta e simmetrica sul corpo statuario e meraviglioso di una donna che ha comunque una bellezza fuori dal comune. Una donna che, probabilmente, avrebbe avuto comunque la possibilità di seguire la stessa strada, quella della passerella, anche senza la malattia. Ma la sua “unicità” si ferma qui: la sua patologia è comune a tanti altri uomini e donne comuni, magari pure grassocci e bassi, che non hanno avuto la fortuna di avere le sue caratteristiche fisiche. Se, dunque, da una parte, è giusto che attraverso Chantelle passi il messaggio sacrosanto di accettarsi e amarsi nella propria unicità al di là di qualsiasi “difetto” anticonvenzionale, dall’altra è sbagliato asserire che i canoni della bellezza sono stati ridefiniti dalla patologia di Chantelle, proprio perché di Chantelle “Winnie” Harlow ne esiste una sola al mondo e fa la modella. E perché una malattia, anche se ne è affetta una delle donne più belle del mondo, sempre una malattia è e non tutti sono strafighi come lei o fanno i modelli di professione. Eppure la splendida canadese sa bene cosa significhi vivere con quel “difetto”. Un difetto che ha fatto soffrire diverse persone, da Michael Jackson, effettivamente affetto da vitiligine ma accusato perennemente di voler sembrare un “bianco” a Luca Marin, campione olimpico italiano che non è mai riuscito ad accettare del tutto la sua discromia e il suo ciuffo di capelli bianco, giusto per citare un paio di personaggi dello show business. Ma scendendo dalla terra dei VIP, la vitiligine è un difetto che ha fatto (e che fa) soffrire anche me e la stragrande maggioranza delle persone che ne sono affette. Chantelle, poco prima di essere “scoperta” e introdotta nel mondo dello spettacolo, stava meditando il suicidio, proprio a causa delle continue prese in giro che subiva quotidianamente da parte di chi, di volta in volta, la definiva una mucca o una zebra. La sua bellezza, però, ha superato la sua malattia e qualche genio del marketing l’ha capito appena in tempo. Una volta diventata un’icona internazionale, ha sdoganato anche il tabù che aleggiava intorno alla vitiligine, facendola scoprire anche a chi non ne aveva mai sentito parlare. Ma la risoluzione del “suo” problema non ha comportato la risoluzione dei problemi di tutti gli affetti della malattia. Già: io non sono una modella e lo stesso vale per l’altra parte di popolazione mondiale che, come me, è affetta da vitiligine. Nessuna passerella, nessun brand e nessun articolo di giornale (a meno che, come nel mio caso, non ve lo scriviate da voi) racconterà mai la vostra storia, la vostra diversità o come l’avete superata. Nessuno saprà mai spiegare accuratamente ad un altro la sensazione che un affetto da vitiligine prova quando nota su di sé lo sguardo inopportuno della gente, brava a ricordargli il suo disappunto per quel “difetto”, o la sensazione che si prova quando, non contenta dello sguardo di disprezzo, osa anche chiedere: «Ma è un fungo? Mica è contagioso?». La mia chiazza bianca vive con me, è parte di me: la vedo ogni giorno, in ogni momento, anche quando non mi guardo allo specchio. L’esserne consapevole e l’essermi accettata non mi rende speciale o unica: mi rende umana e, più semplicemente, grata di non avere una malattia alla pelle più grave e pericolosa. Per il resto, le virtù di un essere umano non si misurano dalla “grandezza” di un problema, ma da altri fattori. Chantelle, ad esempio, non è bella solo perché ha la vitiligine. Lo è anche - e soprattutto - perché è bella da far paura. Un difetto, proprio perché tale, non può essere un vanto alla portata di tutti. La vitiligine, anche dopo la storia di Chantelle, è rimasta comunque una malattia autoimmune, vista generalmente come un “difetto” della pelle, a cui ancora non esiste una soluzione medica. Per cui no, non sono cambiati i canoni di bellezza, motivo per il quale non sarò mai una modella. 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