Multiculturalità e Plurilinguismo Difficoltà di apprendimento degli alunni stranieri in relazione al contesto ambientale di provenienza e al loro vissuto migratorio Caratteristiche della elaborazione linguistica nei soggetti bilingui, aspetti evolutivi e sociolinguistici dei soggetti migranti scolarizzati Ostiglia 14/04/2016 Laura Bertezzolo Caratteristiche della elaborazione linguistica nei soggetti bilingui Il bilinguismo (di più plurilinguismo) è un fenomeno diffuso: 160 paesi utilizzate circa 7.000 lingue! La maggioranza della popolazione mondiale si può considerare poliglotta trovandosi ad usare 2 o più lingue nell’interazione comunicativa quotidiana. Nei ns Paesi è in aumento il numero di lingue utilizzate nelle varie comunità a causa dei massicci fenomeni migratori: il problema della rappresentazione del linguaggio emerge in tutta la sua importanza. Ad esempio in Europa il 56% della popolazione complessiva usa almeno due lingue nella vita quotidiana! Per questo motivo l’attenzione della comunità scientifica si sta gradualmente spostando verso il tentativo di spiegare come si: sviluppa - funziona - possa essere valutata e riabilitata una competenza bilingue È assente tuttavia una definizione universalmente condivisa di competenza bilingue: si tratta di un complesso fenomeno psicologico e culturale che coinvolge dimensioni individuali e sociali: • Modelli sociolinguistici: uso e stratificazione del linguaggio nella società, • Teorie psicolinguistiche: sviluppo del linguaggio e funzionamento del linguaggio, • Modelli di rappresentazione neurocognitiva del linguaggio nel cervello Differenti tipi di bilinguismo • Bilinguismo (o plurilinguismo) compatto: le due o più lingue utilizzate in famiglia sono state apprese contemporaneamente • Bilinguismo coordinato: una o più lingue sono state apprese in modo adeguato prima della pubertà ma non nella cerchia familiare • Bilinguismo subordinato: una delle lingue conosciute dall’individuo rimane come lingua di base, le altre vengono adoperate utilizzando sempre come intermediaria la prima lingua. In questo tipo di bilinguismo, l’individuo pensa prima quello che vuole esprimere nella L1, quindi lo traduce nella sua L2,L3 (Ln). In relazione alla coordinata temporale c’è una ulteriore distinzione tra forme di bilinguismo precoci e tardive: bilinguismo simultaneo, bilinguismo sequenziale precoce (entro i primi 8 anni) e bilinguismo sequenziale tardivo (dopo gli 8 anni) Particolare è la situazione del bambino esposto ad una seconda lingua (L2) in ambiente scolare: apprendimento di una lingua straniera L’esposizione alla lingua è scarsa e artificiale e limitata nei contesti comunicativi! Il concetto di lingua straniera porta una ulteriore distinzione tra i concetti di acquisizione e apprendimento di una lingua Pertanto la L1 si acquisisce: • con modalità naturali • in ambiente informale • con il coinvolgimento dei meccanismi della memoria a lungo termine implicita e non dichiarativa. Una L2 si può similmente così conseguire anche da adulti . L’apprendimento di una lingua invece si realizza prevalentemente con modalità formali, cioè lo studio del lessico e di regole morfologiche e grammaticali, in ambiente istituzionale/scolastico con l’uso dei meccanismi di memoria a lungo termine esplicita e dichiarativa. Dal punto di vista dell’effetto sociale esercitato da una lingua sull’altra ci troviamo di fronte ad un’ultima distinzione tra: bilinguismo adattivo e bilinguismo sottrattivo . Nel primo l’acquisizione di una seconda lingua o lingua straniera non esercita effetti negativi sull’uso della L1. Nel secondo l’acquisizione di una seconda lingua si considera utile in quanto conferisce uno status sociale superiore, indebolendo la lingua acquisita in precedenza. Fattori in grado di modulare lo sviluppo della competenza bilingue La sfida più impegnativa nell’apprendimento di una L2 è la pronuncia simile ai parlanti nativi di quella lingua. Questo è noto come problema dell’accento straniero. Tre sono i problemi principali: • Il problema articolatorio: difficoltà ad acquisire le corrette configurazioni articolatorie al fine di produrre correttamente i foni della L2 • La prosodia lessicale: difficoltà nella produzione di parole con una intonazione corretta • La prosodia frasale: difficoltà di acquisire correttamente la curva intonativa delle frasi elicitate durante la conversazione Riassumendo si può stabilire che: Parlanti bilingui che abbiano acquisito una L2 entro gli 8 anni di vita svilupperanno per essa una pronuncia paragonabile a quella dei parlatori nativi (bilingui sequenziali precoci) Parlanti che abbiano appreso una L2 dopo gli 8 anni ma entro i 20 anni circa possono ancora sviluppare una pronuncia relativamente buona ma più carente con l’aumentare dell’età di acquisizione (bilingui sequenziali intermedi) ……………… …….. Parlanti che abbiano imparato una L2 dopo il raggiungimento della maturità cognitiva tenderanno ad avere un marcato accento straniero (bilingui sequenziali tardivi) Attenzione!!!! Analoga prestazione anche per quanto riguarda lo sviluppo grammaticale nelle lingue acquisite dopo la propria L1 Questo dato è molto importante per comprendere le difficoltà negli apprendimenti scolastici Morfo-sintassi: Doc : “da quando sei in Italia?” Stud sec sec gr: “da quanto sei in Italia?” 8 anni 19-8= 11 11+8= 19 La domanda corretta era: da quanto tempo sei in Italia? Oppure : quando sei arrivata in Italia? Genitori e figli I genitori immigrati dei B/i e R/i hanno un repertorio linguistico L2 più o meno esteso, per effetto del rapporto di lavoro e contatto con i nativi e che, via via si amplia, anche per l’immissione di parole e di significati da parte dei figli. Mentre la presenza di L2 è limitata per le donne neo-arrivate per il ricongiungimento familiare e per i gruppi che svolgono attività lavorative all’interno del proprio gruppo di appartenenza Per i genitori/adulti tuttavia resta predominante l’uso della L1: in famiglia, nel quotidiano, con gli amici, per i sentimenti, la religione, il passato, ecc..: in questo modo restano salde le strutture sintattiche della lingua d’origine. Per questo la storia dei genitori e dunque tutta “intera” ed espressa attraverso la lingua d’origine, ma le integrazioni e contaminazioni di L2 sono evidenti La “seconda generazione” apprende questa lingua che contiene numerosi prestiti dall’italiano senza naturalmente sapere che non sono parole originarie della L1. Con il tempo la seconda lingua può occupare nelle produzioni dei ragazzi tutto lo spazio comunicativo ed erodere sempre di più la lingua materna, occupandone comunque uno spazio predominante. Genitori e bambini immigrati comunicano in genere in L1 nella fase della prima infanzia, la loro socializzazione iniziale col mondo. Il linguaggio usato è informale, affettivo e semplice le produzioni orali dei bambini sono quindi legate al contesto, trattano di cose concrete e quotidiane. I due linguaggi sono di tipo pragmatico, informale, con frasi brevi, con poca o semplice struttura morfosintattica Crescendo passano da questo pragmatismo di L1 ad un linguaggio sempre più articolato e complesso nelle strutture: dal contestualizzato al decontestualizzato La “nuova lingua” circonda i bambini immigrati con ricchezza di modelli e di input che riguardano interazioni: infantili/adulti informali/formali parlate/scritte Questo passaggio avviene con la L2, così come l’accesso alla lingua scritta e rappresenta per il bambino la norma e l’abbandono del mondo dell’infanzia: nuove parole e il nuovo alfabeto. Dal punto di vista linguistico i figli lasciano i genitori “sull’altra riva”, anzi diventano essi stessi i portavoce e i traduttori delle comunicazioni e dei bisogni famigliari all’esterno e nei Servizi. Ribaltamento dei ruoli Il genitore diventa “colui che non parla” L2 e i figli acquisiscono il “potere linguistico” (ma anche eccessiva responsabilità) derivante dal fatto di saper capire e interagire. La L1 come mezzo di comunicazione intrafamiliare, se poco sostenuta a casa e nella comunità linguistica, rischia di fossilizzarsi e di ridursi nell’uso e nel dominio. Questo bilinguismo sottrattivo rende limitata e molto ridotta la comunicazione all’interno del nucleo famigliare: Genitori in L1 ai figli Figli in L2 ai genitori Oppure i genitori adottano una L2 che però risulta imprecisa, priva di sfumature ed emozioni (meglio usare la lingua materna ) Queste situazioni precludono in modo arbitrario l’importante area psico-affettiva fra genitori e figli, creando una scissione fra mondo adulto e mondo dei bambini. I figli possono avere la dolorosa sensazione di esclusione dal mondo affettivo dei genitori e sviluppare un sentimento di vergogna nei confronti della propria L1 Durante l’adolescenza la perdita della lingua materna può portare a problemi di identità, quando ci si interroga sulla propria appartenenza, sulle radici e sul futuro della propria esistenza. L’incapacità di parlare in maniera adeguata la lingua della propria famiglia rende il ragazzo immigrato estraneo nei confronti della storia famigliare e delle origini. Ecco da dove scaturisce un senso di provvisorietà ed il sentirsi ai margini dei due mondi! Durante l’adolescenza può essere però anche la spinta a recuperare interesse per la lingua madre e le proprie origini, abbandonando senso di vergogna e di rifiuto. L’intelligenza emotiva è entrata oggi a pieno titolo nei vari ambiti di applicazione della psicologia. Tale capacità si orienta verso le dimensioni emotive, personali e sociali dell’intelligenza e fa riferimento a quelle dimensioni psicologiche, non strettamente connesse all’intelligenza cognitiva quanto piuttosto al benessere psicologico della persona e al suo successo nella vita. La resilienza La migrazione, la perdita dei confini, delle persone care, dei luoghi, dei colori e dei profumi… sono esempi di esperienze di vita che possono turbare gli equilibri psicologici di una persona; in coincidenza di questi eventi sono in molti a provare emozioni forti ed un senso di profonda incertezza. Generalmente, col tempo, le persone trovano il modo di adattarsi bene a queste situazioni. Ma cos’è che consente l’adattamento alle avversità? La “resilienza” Resilienza è un termine derivato dalla scienza dei materiali e indica la proprietà che alcuni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. In psicologia connota proprio la capacità delle persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. Le persone che meglio riescono a fronteggiare le contrarietà della vita, quelle più resilienti appunto, mostrano contemporaneamente tre tratti di personalità: • l’impegno; • il controllo; • il gusto per le sfide. Impegno, controllo e gusto per le sfide sono tratti di personalità di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati. Per impegno s’intende la tendenza a lasciarsi coinvolgere nelle attività. La persona con questo tratto si dà da fare, è attiva, non è spaventata dalla fatica; non abbandona facilmente il campo; è attenta e vigile, ma non ansiosa; valuta le difficoltà realisticamente. Perché ci sia impegno è necessario avere degli obiettivi, qualcosa da raggiungere, per cui lottare e in cui credere. Per controllo s’intende la convinzione di poter dominare in qualche modo ciò che si fa o le iniziative che si prendono, ovvero la convinzione di non essere in balia degli eventi. La persona con questo tratto per riuscire a dominare le diverse situazioni della vita è pronta a modificare anche radicalmente la strategia da adottare, per esempio, in alcuni casi intervenendo con grande tempestività, in altri casi indietreggiando, prendendo tempo, aspettando. L’espressione gusto per le sfide fa riferimento alla disposizione ad accettare i cambiamenti. La persona con questo tratto vede gli aspetti positivi delle trasformazioni e minimizza quelli negativi. Il cambiamento viene vissuto più come incentivo a crescere che come difficoltà da evitare a tutti i costi, e le sfide vengono considerate stimolanti piuttosto che minacciose. La persona generalmente è aperta e flessibile. • La resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone invece comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque • Avere un alto livello di resilienza non significa non sperimentare affatto le difficoltà o gli stress della vita • Avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma disposti al cambiamento quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta. Le persone con un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. L’esposizione alle avversità sembra rafforzarle piuttosto che indebolirle. Esse tendenzialmente sono ottimiste, flessibili e creative; sanno lavorare in gruppo e fanno facilmente tesoro delle proprie e delle altrui esperienze. I fattori costitutivi di alti livelli di resilienza A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori, primo fra tutti la presenza di relazioni con persone premurose e unite, che possano creare un clima di fiducia e di sicurezza, favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza. Gli altri fattori coinvolti sono: • una visione positiva di sé ed una buona consapevolezza sia delle abilità possedute che dei punti di forza del proprio carattere; • la capacità di porsi traguardi realistici e di pianificare passi graduali per il loro raggiungimento; • adeguate capacità comunicative e di “problem solving”; • una buona capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni. • Nella ricerca della strategia più idonea per migliorare il proprio livello di resilienza può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione sulle esperienze del passato cercando di individuare le risorse che rappresentano i punti di forza personali. Alle sfide comuni dell’apprendimento, dell’autonomia, del diventare grandi e trovare il proprio posto nel mondo, della costruzione dell’identità, si aggiungono nel caso dei migranti, altre fatiche specifiche e derivate dalla loro situazione di provvisorietà e di appartenenza plurale. Parlare di sfide, invece che di situazioni di disagio, significa tratteggiare le specificità di un cammino che è in divenire, ancora aperto a diverse possibili uscite. E che può prevedere percorsi di riuscita e di buona integrazione, dal momento che una partenza difficile non sempre ha e deve avere valore predittivo. Perché questo avvenga bisogna che la scuola, e il contesto in generale, si doti di “tutori di resilienza”(Cyrulnik 2009): • dispositivi, attenzioni e risorse in grado di dare una risposta efficace ai bisogni specifici, • accompagnare e aiutare il cammino di apprendimento, • sostenere le scelte scolastiche, • promuovere modi e forme di riconoscimento della storia di ciascuno, delle competenze e conoscenze già acquisite. QUESTIONARIO Quanto li conosciamo? Dei ragazzi che frequentano le nostre classi conosciamo: la provenienza?................................................... il ceppo linguistico?................................... da quanto tempo sono in Italia: sono immigrati recenti…………………………….o stranieri di seconda generazione……………………………………….. scolarità e professione dei genitori, eventuale motivo del trasferimento…………………(lavoro, ricongiungimento a parenti, motivi ideologici o politici,ecc)……………………………………………. scolarità dei fratelli all’estero……………………. ,in Italia…………………….. genitori e studenti conoscono una lingua veicolare nota anche agli insegnanti ?( es inglese, francese, spagnolo, portoghese) Abbiamo a disposizione per consultazione la documentazione che li accompagna?…………………………………….. ed in particolare, se immigrati recentemente, notizie del precedente curriculum scolastico? Sono previsti incontri con i genitori dei ragazzi per comprendere le loro necessità e aspettative?..................... - Progetto di rimanerein Italia o emigrare ancora ( rientro nel paese d’origine/ emigrare per nuove opportunità lavorative, ecc..) -curricula scolastici dei genitori Conoscenza linguistica dei genitori dell’italiano, di un seconda lingua veicolare Lingua parlata in famiglia , con quale prevalenza Aspettative dei genitori circa la formazione/offerta scolastica Attitudini rilevate dai genitori o tutor Attitudini rilevate dai precedenti educatori Frequentazione di corsi o attività di aggregazione religiosa ( es : scuola coranica, credo religioso praticato o no?...........difficoltà e discrezione nella raccolta di questo dato) Tre fattori per l’integrazione scolastica A partire dall’individuazione dei tre macrofattori (capitale umano, sociale e contesto) che agiscono sull’integrazione scolastica, proponiamo un possibile elenco di temi e condizioni per ognuno di essi. Capitale umano - caratteristiche e risorse individuali - motivazione, impegno e autostima - percorso ed esiti scolastici nella scuola del Paese d’origine - percorso ed esiti scolastici in Italia - competenza linguistica in italiano - forme di bilinguismo Capitale sociale: - condizioni di inserimento della famiglia - densità delle reti sociali del nucleo famigliare - qualità e quantità delle relazioni con i pari - densità degli scambi nel tempo extrascolastico - progetto migratorio orientato al futuro - aspettative, attese e investimento sul futuro dei figli - disponibilità o resistenze al cambiamento Contesto: - politiche scolastiche e “modello” di integrazione a scuola - “clima” sociale e culturale e rappresentazione dell’immigrazione - dispositivi e risorse per l’accoglienza e l’integrazione nella scuola - formazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici - disponibilità di strumenti, materiali, testi - organizzazione di laboratori linguistici per l’apprendimento dell’italiano - aiuto allo studio in tempo extrascolastico - modalità di interazione tra pari - riconoscimento e valorizzazione dei saperi e dei saper fare già acquisiti La scuola (multiculturale) in un barattolo Accoglienza, inclusione, cura della lingua e delle lingue, riconoscimento, relazioni: cinque indicazioni per una scuola di tutti e di ciascuno. Che cosa metto dentro il barattolo Una storia tradizionale racconta di un giovane che si recò un giorno da un saggio per chiedergli quale fosse il modo migliore per fare le scelte importanti per la propria vita. Il saggio allora prese un barattolo di vetro e vi mise una ad una e con molta cura delle pietre. Quando nessuna altra pietra poté trovar posto nel vaso, prese della ghiaia e, scuotendo leggermente il barattolo, la fece depositare negli interstizi. Prese poi della sabbia e riempì tutto lo spazio rimasto libero fra le pietre e i sassolini. E infine, versò nel barattolo dell’acqua che venne in fretta e interamente assorbita. Vedi,” disse il saggio al giovane “se non metti dentro il barattolo per prime le pietre grandi, che simboleggiano le cose importanti della vita, queste non troveranno più posto e tutto lo spazio sarà occupato dalla ghiaia o dalla sabbia che sono le cose meno importanti e delle quali a volte si può anche fare a meno”. • Abbiamo chiesto a insegnanti, operatori e dirigenti scolastici in occasione del convegno “A scuola nessuno è straniero” di raccontare quali sono le cose importanti che devono essere messe alla base di una scuola multiculturale di qualità. Quali sono le decisioni che si devono prendere quotidianamente nelle situazione di pluralità e di gestione educativa delle differenze. Cinque pietre individuate come indispensabili per il “barattolo”: • • • • Accoglienza : accogliere è cogliere Il tempo La lingua/le lingue: la lingua che ci fa uguali Il riconoscimento reciproco (fare anche i conti con gli stereotipi) • Le relazioni Tre diversi gruppi di adolescenti stranieri Nati in Italia, stranieri de iure, italiani de facto. Sono gli adolescenti nati nel nostro Paese o che sono arrivati qui nella prima infanzia: questo gruppo è ancora quantitativamente inferiore rispetto a quello dei nati all’estero. Il loro percorso di socializzazione e educativo si è svolto tutto all’interno delle strutture del Paese di accoglienza. Per loro, l’acquisizione della cittadinanza italiana - alla maggiore età segue un iter agevolato. Minori non accompagnati. Si calcola che in Italia entrino circa 2.000 minori soli ogni anno, per lo più in situazione di irregolarità o come richiedenti asilo. Sono spesso adolescenti maschi che provengono soprattutto dal Marocco, l’Albania, l’Afghanistan e altri Paesi dell’Est Europa. Sono spesso destinati al rimpatrio, dopo essere stati inseriti in percorsi di tutela. ………. …….. Nati all’estero e ricongiunti alla famiglia, stranieri de iure e de facto. Il loro percorso scolastico e di socializzazione si è svolto per alcuni anni nel Paese d’origine. Hanno vissuto in prima persona la migrazione, il viaggio e lo sradicamento. Questo gruppo rappresenta oggi la componente ancora maggioritaria fra gli adolescenti stranieri presenti in Italia. Dal punto di vista giuridico, non essendo nati qui, non hanno un iter agevolato di acquisizione della cittadinanza italiana. Bambini e ragazzi che vengono da lontano Negli ultimi anni la presenza dei bambini e dei ragazzi nella scuola dell’obbligo (e più di recente anche nell’istruzione superiore) si diffonde e aumenta in misura costante. Lentamente, l’immigrazione sta "mettendo radici" e passa da una fase in cui vi era la presenza di soli adulti ad un processo di stabilizzazione, all’arrivo o alla nascita dei minori, alla ricomposizione delle famiglie. L’inserimento scolastico dei bambini e dei ragazzi immigrati stranieri comporta attenzioni e decisioni diverse, di tipo burocratico, organizzativo, relazionale, comunicativo, didattico. La loro presenza pone problemi didattici specifici: interrogarsi sui bisogni degli alunni stranieri significa lavorare sull’organizzazione scolastica e didattica per tutti, sui contenuti, sulle modalità comunicative adottate, sull’educazione linguistica e lo sviluppo del linguaggio, sulla relazione con l’altro. Come avviene per altri servizi e strutture, anche nel caso della scuola e dei servizi educativi, la presenza dei bambini e dei ragazzi stranieri può diventare un’occasione per ripensare e rivedere stili e modalità educative, per arricchire la proposta educativa grazie all’attenzione ai nuovi bisogni e al confronto con le differenze. Gli alunni stranieri hanno al tempo stesso bisogni uguali e differenti rispetto ai loro coetanei "autoctoni": hanno i timori e i desideri di tutti i bambini, ma sono anche alle prese con urgenze e sfide specifiche: di apprendimento linguistico in italiano L2, di adattamento e riorientamento rispetto allo spazio, al tempo, alle regole esplicite ed implicite del nuovo ambiente, di "radicamento" in due diversi riferimenti culturali. Accoglienza, Italiano L2 , educazione interculturale • Come accogliere nella scuola tutti, senza negare le storie e le appartenenze di ciascuno? Come costruire orizzonti comuni a partire da biografie differenti? • Tre sembrano essere le parole/chiave e le attenzioni pedagogiche da promuovere per far sì che l’inserimento dei bambini e dei ragazzi venuti da lontano rappresenti il primo passo per l’integrazione e lo scambio interculturale. Esso sono: accoglienza, attenzione allo sviluppo linguistico, approccio interculturale. La parola "accoglienza" deve essere riferita sia ai bisogni dei minori – di essere accettati, accolti, riconosciuti, valorizzati – che delle famiglie immigrate. Una scuola che accoglie è attenta alle modalità comunicative, alle relazioni e al "clima" fra adulti e bambini; informa i genitori stranieri, utilizzando anche avvisi e messaggi in varie lingue e promuove momenti di incontro tra i genitori autoctoni e immigrati; rende esplicite le sue regole e modalità di funzionamento. Una scuola che accoglie è quella che mette in pratica le indicazioni della normativa relative all’inserimento scolastico degli alunni stranieri e sperimenta procedure e protocolli di accoglienza condivisi. L’apprendimento e lo sviluppo della L2 da parte degli alunni stranieri deve essere al centro dell’azione didattica e prevedere risorse e modificazioni nelle modalità organizzative e "adattamento dei programmi“, come indica la normativa . Può avvenire positivamente attraverso l’utilizzo di dispositivi e figure di facilitazione linguistica, momenti di interazione individualizzata e di piccolo gruppo, promuovendo negli alunni non italofoni le capacità di comunicare , narrare, raccontare, esprimersi , apprendere, favorendo così lo sviluppo ,sia della lingua "concreta, del qui e ora", sia dell’italiano per studiare e comprendere i concetti. L’attenzione allo sviluppo del linguaggio deve prevedere anche il riconoscimento e la valorizzazione della lingua materna dei minori immigrati, considerata una risorsa e non un ostacolo da rimuovere. E infine, l’approccio interculturale, attento alle differenze e alla relazione con l’altro, promuove il confronto, la scoperta e lo scambio fra storie e culture, a partire dalla consapevolezza che "i valori che danno senso alla vita non sono tutti nella nostra cultura, ma neppure tutti nella cultura degli altri, non tutti nel passato, ma neppure nel presente o nel futuro". Il modello d'integrazione della scuola Come la Scuola risponde a questi nuovi bisogni e quali risorse predispone per aiutare bambini e ragazzi con storie diverse a crescere insieme, elaborando progetti comuni? In che modo i Comuni possono collaborare a fare della scuola il luogo privilegiato dell’integrazione e dello scambio? La risposta sta nel "modello di integrazione" che si delinea a partire dalle indicazioni ufficiali della normativa, delle leggi e delle circolari. Le parole/chiave e i documenti ai quali fare riferimento configurano un modello di scuola che si pone in equilibrio tra accoglienza e riconoscimento delle diversità e che possiamo definire integrativo, interculturale, attento alla tutela e valorizzazione delle lingue e culture d’origine. Queste sono le coordinate di politica scolastica alle quali gli istituti scolastici devono far riferimento per elaborare e realizzare in autonomia i propri progetti di inserimento degli alunni stranieri. Su quali risorse organizzative professionali ed economiche, può contare un istituto scolastico per elaborare e attuare il proprio piano d’offerta formativa, che tenga conto delle nuove presenze e dei bisogni specifici? La normativa sull’autonomia didattica e organizzativa consente un’ampia flessibilità nella ridefinizione di orari e calendari, in modo tale da recuperare risorse per l’integrazione di nuovi arrivati. La collaborazione e gli accordi di programma con gli enti locali possono contribuire ad innalzare la qualità e ampliare l’offerta formativa attraverso azioni e proposte differenti. Quali azioni in un progetto tra scuola e territorio Tra le azioni che scuola e comuni possono progettare e realizzare insieme , a partire da una lettura non riduttiva delle situazioni e dei bisogni, vi sono : • la formazione degli insegnanti e degli educatori sui temi della migrazione in età infantile , delle modalità di accoglienza , della didattica dell’italiano come seconda lingua e dell’educazione interculturale; • la rimozione degli ostacoli che si frappongono all’inserimento dei bambini stranieri nei servizi educativi e nella scuola, con particolare attenzione a due fasce di età : i più piccoli (nella scuola dell’infanzia) e gli adolescenti /le adolescenti; la documentazione, accessibile a tutte le scuole e che comprende tra l’altro: la diffusione ed elaborazione di materiali e strumenti didattici; la disponibilità di messaggi comunicativi scuola/famiglia plurilingue; le informazioni sui paesi d’origine e sui sistemi scolastici e linguistici degli alunni stranieri; la messa a disposizione di percorsi e proposte di lavoro già sperimentati in altre scuole e città……; la realizzazione di azioni educative in orario scolastico ed extrascolastico, condotte da operatori qualificati: i laboratori per l’apprendimento dell’italiano (o L2) per alunni neoarrivati e di potenziamento linguistico ; le attività di doposcuola e di aiuto allo studio; le iniziative di insegnamento delle lingue d’origine; i corsi di alfabetizzazione in italiano per madri e genitori stranieri; la "settimana per l’accoglienza " prima dell’inizio della scuola ; i centri estivi che integrino le loro attività anche con laboratori di italiano L2 e di scoperta delle differenze; • la disponibilità di risorse di mediazione linguistica e culturale per facilitare la fase di prima accoglienza , di inserimento e di comunicazione con i minori e le famiglie di recente immigrazione; • l’integrazione tra i servizi educativi e scolastici e i servizi sociali, al fin di realizzare progetti e azioni in grado di rispondere in maniera efficace ai bisogni di integrazione nella nuova società di bambini e famiglie immigrate , di dare risposta a eventuali situazioni di disagio e di tutelare i soggetti più vulnerabili; • la realizzazione e diffusione di eventi, iniziative e materiali interculturali per conoscere e conoscersi, per scambiare e incontrarsi. I criteri che indirizzano l’azione comune della scuola e dell’ente locale tengono dunque conto di : • una progettualità condivisa • l’assunzione delle responsabilità rispetto alle reciproche competenze • la finalità dell’integrazione , intesa come cammino di inclusione , scambio e di cittadinanza, nel rispetto dell’integrità delle persone e della loro identità • la qualità del progetto , che si propone di costruire orizzonti comuni a partire da storie e "radici" differenti. Bibliografia “C’è una lingua colorata” (Atti Seminario Provincia Mantova 2008) “I disturbi del linguaggio” a cura di L.Marotta M.C.Caselli ed.Erickson 2014 “Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi” di D Demetrio e G.Favaro ed. Franco Angeli2012 “A scuola nessuno è straniero” di G. Favaro Ed. Giunti 2001 “La resilienza come competenza dinamica e volitiva” Cantoni, F. (2014) Giappichelli Editore “Manuale di psichiatria transculturale” M.R.Moro ed. Franco Angeli (2009) Sitografia http://www.giuntiscuola.it/sesamo/