II.1.3. – Conservazione della carica elettrica: Equazione di continuità Consideriamo una superficie chiusa arbitraria S, che delimita una regione V, eventualmente in un mezzo conduttore. Abbiamo visto in precedenza che tutta l'evidenza sperimentale ci porta a definire un principio di conservazione della carica elettrica che afferma che nessun processo fisico può creare nuova carica con un valore globale diverso da zero. Risulta perciò che se vi è una fuoriuscita complessiva di carica attraverso la superficie chiusa S, questa deve essere accompagnata da una diminuzione della quantità di carica contenuta nella regione V delimitata da S. Se consideriamo le variazioni per unità di tempo, possiamo scrivere I USC dq = − INT dt I USC d = J • ndS = − S dt ρ J n S cioè ∫∫ ∂ρ − dV V ∂t ∫∫∫ ρdV = ∫∫∫ V Utilizzando il teorema della divergenza otteniamo la relazione ∂ρ ∫∫∫∇ • J dV = ∫∫∫ − ∂t dV V V Poiché il volume V è scelto in modo arbitrario, le due funzioni integrande devono essere uguali ∇•J=− ∂ρ ∂t tale uguaglianza esprime la conservazione della carica in termini differenziali ed è nota con il nome di equazione di continuità per la carica elettrica. Nel caso di cariche in moto stazionario la densità di carica ρ non può variare nel tempo e, quindi, risulta ∂ρ ∂t = 0 . Perciò in regime stazionario si ha ∇•J = 0 cioè la densità di corrente deve essere un campo solenoidale. In altre parole, quando la situazione elettrica dei corpi implicati è indipendente dal tempo, le linee di campo di J, dette linee di corrente, devono essere chiuse, senza sorgenti o pozzi. Consideriamo, a titolo di esempio, un caso stazionario unidimensionale, in cui la velocità media dei portatori vari da punto a punto. Prendiamo in esame un diodo termoionico che possiamo immaginare di poter realizzare in forma semplificata facendo emettere elettroni nel vuoto da un catodo piano riscaldato e facendoli accelerare verso un secondo elettrodo a potenziale più elevato, disposto parallelamente al primo. Il regime stazionario viene garantito dal ritorno degli elettroni al primo elettrodo attraverso un circuito esterno (fig. 6). In ogni punto del circuito deve risultare Fig. 5 −e F E J ∇•J = ∂J x ∂J y ∂J z + + =0 ∂y ∂x ∂z In particolare all’interno del diodo, essendo < v y > = < v z > = 0 e, quin- di, J y = J z = 0 , deve risultare ∂J x ∂x = 0 , cioè J x = N q < v x >= cost Fig. 6 La relazione precedente indica che dove < v x > è maggiore, la densità N di elettroni deve risultare minore. Gli elettroni sono perciò maggiormente addensati nello spazio adiacente al catodo e la loro densità va diminuendo man mano che ci si avvicina all'anodo. La presenza di cariche negative con elevata densità spaziale crea in vicinanza del catodo una distribuzione del campo elettrico diversa da quella che si avrebbe nello spazio vuoto tra gli stessi due elettrodi. Si genera infatti una barriera di potenziale che limita il fluire della corrente tra catodo ed anodo dei tubi termoionici e che spiega il loro funzionamento. II.1.4. – Dipendenza della densità di corrente dal campo elettrico