9 La guerra d’Etiopia L’espansionismo territoriale, velleitario quanto anacronistico, fu uno dei principali leitmotif dell’azione politica del governo fascista di Benito Mussolini. In tale ottica rientra la seconda guerra italo-etiopica condotta dal regno d’Italia contro lo stato sovrano dell’impero d’Etiopia. Iniziata il 3 ottobre 1935 si concluse, dopo sette mesi di aspri combattimenti, in cui furono scelleratamente impiegate le armi chimiche, il 9 maggio del 1936. Il territorio etiope fu totalmente invaso, Hailè Selassiè riparò all’estero, Vittorio Emanuele III assunse la corona imperiale. La relazione riportata in questo dossier riguarda la fase conclusiva della guerra. Il 31 marzo 1936 la sanguinosa battaglia di Mai Ceu, che costò grandi perdite ad ambo le parti, assestò il colpo finale all’esercito etiopico. Il giorno seguente l’imperatore Hailè Selassiè ordinò la ritirata verso Dessiè che il 15 aprile fu occupata dal generale Alessandro Pirzio Biroli. La strada per Addis Abeba era aperta. Il giorno 23 maggio il generale Badoglio assunse personalmente il comando delle truppe destinate all’occupazione di Addis Abeba e, nonostante l’evidente sfacelo dell’esercito etiopico, ritenne opportuno organizzare la spedizione sulla capitale con notevoli forze, onde scoraggiare qualsiasi tentativo di resistenza. Il movimento si doveva effettuare su tre colonne costituite da truppe nazionali e indigene. Della prima colonna autocarrata, fornita di tre gruppi di artiglieria di medio e piccolo calibro faceva parte, tra l’altro, una formazione di granatieri, una di RR. GG. di Finanza e una di marinai del “Battaglione S.Marco”. Complessivamente fu messa in marcia una forza di diecimila nazionali, diecimila eritrei e undici batterie. Tutto iniziò regolarmente, solo la colonna autocarrata incontrò diverse difficoltà dovute alle disagevoli condizioni della strada che, con gravoso lavoro, il genio cercò di superare. Avanzando, il cammino divenne ancora più aspro anche a causa della nebbia e della pioggia battente. La strada così detta imperiale era in realtà una pista più simile ad una mediocre carrareccia. Senza nemmeno un indizio di massicciata, con pendenze eccessive e con curve a raggio strettissimo, senza alcun ponte o con ponti fatti con semplice ramaglia, tale pista pretendeva congiungere la capitale dell’impero con uno dei suoi centri più importanti. Durante tutto il percorso fu un continuo, penoso succedersi di soste per effettuare riattamenti e di riprese della marcia. La volontà di raggiungere la meta fu messa a dura prova. Lo sforzo degli uomini fu commovente. Lo stesso Badoglio definì l’impresa “la marcia della ferrea volontà”. Il 6 maggio 1936 le truppe italiane entrarono in Addis Abeba.