Prova 1 Globalizzazione e recessione democratica A Il candidato svolga la seguente traccia, con riferimenti alle sue conoscenze in ambito sociologico, antropologico e pedagogico. «I sistemi democratici attraversano una crisi profonda in relazione non soltanto al deterioramento continuo della qualità della partecipazione politica da parte della massa dei cittadini, ma anche agli effetti della globalizzazione economica, ovvero della formazione del mercato unico mondiale. I sistemi politici si sono formati in età moderna nell’ambito degli Stati nazionali. A loro fondamento stava il presupposto che i governi, sia liberali e democratici sia autoritari, avessero gli strumenti per regolare mediante le leggi, frutto di processi decisionali interni a ciascun paese, la vita dei corpi politici e sociali compresi nei confini del territorio statale. Attributo decisivo del potere sovrano nazionale era la possibilità e la capacità di regolare anche l’economia, tanto che l’”economia nazionale” era considerata componente essenziale dello Stato, il quale, infatti, regolava le esportazioni e le importazioni, i settori produttivi, la moneta e le finanze. Il processo democratico non aveva alterato questo meccanismo, seppure avesse provveduto a dare una nuova legittimazione alla sovranità, estendendo a tutti i cittadini il diritto di partecipazione alla formazione dei governi. Orbene, la globalizzazione ha già avuto e continua ad avere tra i suoi effetti quello di alterare completamente la sovranità degli Stati medi e piccoli, che, già tradizionalmente debole, viene ora ridotta pressoché ad una finzione giuridica. A mantenere gli attributi della sovranità nell’epoca attuale restano soltanto gli Stati maggiori e in molti casi anch’essi con difficoltà». M. L. Salvadori, Le inquietudini dell’uomo onnipotente, Laterza, Roma-Bari 2003 Il candidato rifletta sulla crisi dello Stato moderno e della democrazia nell’era della globalizzazione, soffermandosi in particolare sui caratteri fondanti del sistema democratico e sulle ragioni di quella che il sociologo della politica Larry Diamond (2008) ha definito “recessione democratica” in molti paesi del mondo. Evidenzi, inoltre, il ruolo della scuola e dell’istruzione nella formazione della coscienza democratica. B Il candidato risponda in modo chiaro e sintetico a tre dei seguenti quesiti. a. Quali sono le caratteristiche fondamentali dello Stato moderno? b. Quali sono le differenze fra regime liberale, regime democratico e regime totalitario? c. Quale rapporto istituisce John Dewey fra democrazia ed educazione? d. Che cosa si intende con “punto di vista etico” e “punto di vista emico” in antropologia? e. Che cos’è la secolarizzazione? A quali ragioni storiche è dovuta? f. Che cosa si intende con ”esplosione scolastica”? Quali ne sono le cause? Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 1 A Analisi della traccia Il brano proposto è di Massimo Salvadori, uno dei principali studiosi italiani di storia contemporanea. Le parole-chiave del testo (sintetizzate) sono crisi dei sistemi democratici, deterioramento della qualità della partecipazione politica, effetti della globalizzazione economica, sovranità nazionale, Stato moderno. Da rilevare la contrapposizione fra mercato unico mondiale ed economia nazionale. La riflessione di Salvadori si concentra dunque sulla crisi della democrazia e della sovranità nazionale in molti paesi del mondo, piccoli, medi e grandi e ne individua due fattorichiave: la qualità progressivamente peggiore della partecipazione dei cittadini alla vita democratica e la globalizzazione economica, con la nascita di un mercato unico mondiale. Questa è la tesi del brano. La consegna che segue riprende i concetti-chiave e presenta tre precise richieste: 1. individuare le cause della crisi dello Stato moderno e della democrazia nell’era della globalizzazione (chiamata da Diamond “recessione democratica”); 2. esporre i caratteri fondanti di un sistema democratico; 3. argomentare quale sia il ruolo della scuola nella formazione di una coscienza democratica. Il testo è quindi di tipo espositivo-argomentativo: lo studente deve contemporaneamente esporre quello che sa su crisi della democrazia, globalizzazione economica e caratteri di un sistema democratico e argomentare una sua riflessione sulle cause del fenomeno e sul ruolo della scuola. Nello svolgimento devono essere presenti sia l’esposizione sia l’argomentazione e devono essere sviluppati adeguatamente tutti e tre gli aspetti. Gli ambiti disciplinari coinvolti sono soprattutto sociologia e pedagogia, ma si possono agevolmente trovare riferimenti anche all’antropologia culturale. Possono tornare utili nozioni filosofiche, economiche, storiche e giuridiche. Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 2 Brainstorming Ci sono molti altri riferimenti che si possono considerare per il tema. Questo è un esempio, per dare un’idea. Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 3 Scaletta Per la scaletta, occorre selezionare i riferimenti e decidere l’ordine logico-argomentativo del testo. Sono possibili molti temi diversi, ma in questo caso la traccia è abbastanza strutturante. Il percorso logico proposto nello svolgimento sarà il seguente: Scaletta degli argomenti 1 Lo Stato moderno: formazione e caratteristiche 2 Differenza fra sistemi liberali, democratici e totalitari 3 I requisiti di un sistema democratico 4 Diffusione della democrazia e recessione democratica Le ragioni della crisi della democrazia: a. La globalizzazione economica b. La separazione fra economia e società c. La crisi di autorevolezza delle classi dirigenti politiche d. La nuova coscienza globale 5 6 Migliorare la democrazia: educare alla cittadinanza democratica e alla legalità a. All’interno della scuola e dei contesti informali di educazione b. Nella società, democratizzando la scuola 7 Limiti dell’educazione alla cittadinanza democratica Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. Riferimenti e concetti Il processo di formazione Caratteristiche: territorialità, “monopolio della violenza legittima” (Weber), laicità, struttura burocratica, legittimazione popolare, nazionalità. Stato liberale: suffragio ristretto, paternalismo Stato totalitario: élite come espressione e tutore del popolo, rapporto diretto senza società civile attraverso i media e l’educazione Stato democratico: suffragio universale, partecipazione, diritti sociali oltre che civili e politici (Marshall). La Costituzione: art. 1 e 34 (Calamandrei) Distribuzione del potere decisionale Principio maggioritario Tutela delle minoranze e dei soggetti deboli Pluralismo politico Principio di rappresentanza Separazione e bilanciamento dei poteri Controllo democratico Disuguaglianze economiche non eccessive fra i cittadini Pari opportunità di accesso alle risorse pubbliche Nascita di Stati democratici dagli anni Settanta Recessione democratica (Diamond) Economia policentrica e interdipendente, oligopolio delle multinazionali, debolezza degli Stati nazionali in materia fiscale, giuridica e ambientale, potere di ricatto della multinazionali. Rottura del patto sociale delle democrazie, crisi del Welfare State, aumento delle disuguaglianze economiche, sfiducia verso lo Stato Giddens (“paradosso della democrazia mondiale”), ricerca di Mair e Biezen, delusione verso la politica percepita come casta corrotta (G. Stella), tendenze oligarchiche (Pareto e Michels), desiderio di democrazia diretta. Bisogno di certezze e minore tolleranza alle incertezze (Bauman, “società liquida” e Beck, stile attributivo autoconsolatorio), politica vista come connivente o impotente di fronte ai rischi globali. L’educazione democratica in pedagogia: Dewey, Cousinet, Freinet Il concetto di educazione alla cittadinanza democratica e di educazione alla legalità Il Rapporto UE del 2012 La democratizzazione dei sistemi scolastici (Husén) Sahlins (“opulenza primitiva”), Limiti dell’educazione Necessità di difendere la democrazia 4 Svolgimento Il lungo processo che porta alla formazione degli Stati moderni, iniziato nel XV secolo con la nascita dello Stato assoluto, dopo le grandi rivoluzioni – inglese, americana e francese –, si conclude con lo sviluppo di regimi costituzionali e in particolare dello Stato liberale, di quello democratico e di quello totalitario. È merito delle scienze sociali aver dimostrato che Stato liberale, democrazia, autoritarismo (fascismo) e totalitarismo (nazismo e comunismo) sono altrettante forme possibili dello Stato moderno. Tutti questi sistemi politici hanno infatti in comune la territorialità, che definisce in modo preciso gli ambiti della sovranità nazionale; l’accentramento del potere politico; il “monopolio della violenza legittima” (Weber), ovvero l’esercizio esclusivo della coercizione; l’ordinamento giuridico; la laicità, fondata sulla cultura giuridica; la struttura burocratica; la legittimazione popolare, che viene interpretata in modi diversi nei diversi regimi; la nazionalità. Mentre nello Stato liberale il suffragio è ristretto e l’esercizio del potere è nelle mani di una minoranza abbiente che afferma, in modo paternalistico, di interpretare gli interessi del popolo, e nello Stato totalitario l’élite al potere dichiara di essere espressione e tutore del popolo, a cui si appella in modo diretto attraverso i media e l’educazione, senza la mediazione della società civile, lo Stato democratico si fonda sull’idea della partecipazione dei cittadini alla vita politica, sul suffragio universale, sulla tutela non solo dei diritti civili (integrità personale, libertà di pensiero, di espressione, di fede, di associazione ecc.) e dei diritti politici (diritto di voto, di essere votati, di svolgere attività politica), ma anche dei diritti sociali (diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione, al benessere, alla protezione sociale), come dice il sociologo T. H. Marshall. La Costituzione italiana pone il diritto al lavoro come fondamento della democrazia, proprio nel primo articolo: «L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro». Il lavoro dà dignità, realizza le aspirazioni individuali e consente una partecipazione libera alla vita pubblica. Senza una qualche forma di benessere economico garantito dal lavoro, infatti, non c’è spazio per la libertà di scelta e di partecipazione in ambito politico. Senza istruzione, invece, come sostiene il giurista e padre costituente Piero Calamandrei, viene a mancare la possibilità della mobilità sociale e dell’accesso alla classe dirigente da parte dei più capaci e meritevoli. La scuola è fondamento della coscienza democratica perché pubblica e aperta a tutti, come recita l’articolo 34. La democrazia comprende però altri requisiti fondamentali: la distribuzione del potere decisionale e il principio maggioritario (le decisioni sono prese a maggioranza, non d’autorità da uno o pochi soggetti), la tutela delle minoranze e dei soggetti deboli, il pluralismo politico, il principio di rappresentanza (i cittadini eleggono i propri rappresentanti liberamente e con scadenze regolari), la separazione e il bilanciamento dei poteri, il controllo democratico, esercitato dai cittadini attraverso la pubblica opinione, che presuppone trasparenza nell’esercizio del potere e libertà di informazione (quindi dei media indipendenti e critici), una distribuzione non eccessivamente disuguale della ricchezza, pari opportunità di accesso alle risorse pubbliche. Non tutti i sistemi democratici sono uguali e non tutti corrispondono interamente ai requisiti indicati. Tuttavia, la capacità delle democrazie occidentali di coniugare la difesa delle libertà individuali con la libertà di impresa economica e l’influenza schiacciante della potenza economica e dei modelli culturali di origine europea hanno spinto molti paesi del mondo, dagli anni Settanta, ad abbracciare la democrazia, anche là dove essa era estranea alla tradizione politica locale. Ora, come dice Larry Diamond, il fenomeno si inverte e la democrazia sembra entrare in una fase di recessione in diversi paesi, perfino in Europa. Le ragioni della crisi della democrazia sono molteplici. La prima, prospettata da Massimo Salvadori, è l’impatto della globalizzazione economica sulla sovranità politica degli Stati. Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 5 L’economia globale è policentrica e interdipendente, basata sulla distribuzione mondiale dei beni e sull’oligopolio di grandi organizzazioni economiche globali, le multinazionali o transnazionali. Alcune multinazionali hanno introiti annuali superiori al PIL di intere nazioni. Esse sono in grado di determinare l’andamento dei prezzi e dei mercati mondiali, hanno migliaia di dipendenti e un indotto enorme in diversi paesi, dispongono dei mezzi economici e legali per fare pressione sui governi nazionali, per condizionare la formazione delle leggi, per sottrarsi a regimi fiscali esosi o a norme giuridiche sul lavoro troppo restrittive rispetto ai loro interessi. Di fronte alla potenza economica delle grandi organizzazioni multinazionali, gli Stati risultano indeboliti: la forza degli Stati moderni era costituita in passato dal controllo fiscale ed economico all’interno dei confini nazionali; ora, invece, questi confini non esistono praticamente più. Gli Stati non riescono a imporre la propria giurisdizione su entità sfuggenti e transazionali, soprattutto in materia fiscale e ambientale. La natura nazionale degli Stati si rivela drammaticamente insufficiente a controllare e regolamentare delle entità economiche così abnormi, dotate di potere di ricatto economico nei confronti del singolo paese. La seconda ragione è la separazione fra economia e società, che caratterizza l’attuale sistema capitalistico ispirato alla deregulation e alla logica economica pura. La democrazia si basa su un patto sociale, per il quale i cittadini accettano l’imposizione di leggi e tasse in cambio di sicurezza sociale e di diritti. Nella crisi economica attuale, invece, si assiste a una contrazione del Welfare State e quindi della tutela delle fasce più deboli della popolazione. La crescita economica degli ultimi decenni non si è accompagnata a uno sviluppo umano e sociale soddisfacente e ad una protezione ambientale adeguata. In molti paesi democratici, fra cui l’Italia, le disuguaglianze fra ricchi e poveri si sono accentuate. La credibilità dei sistemi democratici è perciò diminuita agli occhi dei cittadini impoveriti e sempre più esclusi dal benessere. La terza è la crisi di autorevolezza delle classi dirigenti politiche. Il sociologo Anthony Giddens ha parlato di un “paradosso della democrazia mondiale”: la democrazia è in crisi proprio nei paesi in cui è nata. I cittadini si iscrivono sempre meno ai partiti, come mostrano molte ricerche (per esempio, quella di Mair e Biezen) e si recano sempre meno alle urne per votare. Sembra che la gente sia delusa della classe politica, percepita come un’élite corrotta e indifferente alle esigenze reali dei cittadini. In Italia, il giornalista Gianantonio Stella ha definito la classe politica una “casta”, vorace e autoreferenziale. Sembrano farsi evidenti le tendenze oligarchiche delle democrazie denunciate dalle teorie elitiste di Pareto e di Michels. I partiti attirano sempre meno e si avverte nella società un desiderio di democrazia diretta, come testimoniano i numerosi movimenti di protesta nati in Europa negli ultimi anni. La quarta è la nuova coscienza globale, che comporta un aumento del bisogno di certezza. La crisi economica ha accentuato il senso di precarietà diffuso nella “società liquida” (Bauman). I cittadini del mondo globale hanno maggiore bisogno di certezze rispetto alle generazioni precedenti, perché abituati alla protezione sociale e alla riduzione del rischio (adottando uno stile attributivo autoconsolatorio, come sostiene il sociologo Beck), e nello stesso tempo sono meno disposti a tollerare l’incertezza. Ma il mondo attuale è imprevedibile: i cambiamenti climatici, le catastrofi ambientali prodotte dall’uomo, la perdita del lavoro come effetto della delocalizzazione, gli effetti sulla salute delle scelte economiche ipertecnologiche sono altrettanti motivi di ansia e di sfiducia. La percezione diffusa è che la politica non abbia risposte a questi problemi globali e che sia quindi connivente o impotente. Tuttavia, non si sono ancora trovate forme di governo migliori della democrazia. L’antropologia culturale ci ha mostrato l’esistenza di società pacifiche ed egualitarie di cacciatori-raccoglitori e forse i nostri antenati del Paleolitico godevano anche loro dell’”opulenza primitiva” di cui parla Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 6 Marshall Sahlins. Ma le società attuali sono troppo grandi e complesse e la globalizzazione renderà forse necessario pensare a nuove modalità di organizzazione sociale e politica non ancora sperimentate. Per ora, si può provare a migliorare la democrazia, favorendo la costruzione di un’autentica coscienza democratica nelle nuove generazioni. Molti pedagogisti hanno creduto nella capacità della scuola e dell’educazione di costituire il pilastro della democrazia. Tra essi, Dewey, Cousinet, Freinet. Nella loro proposta pedagogica è comune il principio della partecipazione attiva dei ragazzi al processo educativo. La democrazia nella scuola è infatti uno dei modi in cui si può insegnare la democrazia come esperienza vitale e vissuta. I valori della cooperazione, della solidarietà, del rispetto, della responsabilità, il rifiuto della violenza e della prevaricazione, il confronto critico sono gli elementi fondanti dell’educazione alla cittadinanza democratica e alla legalità. L’educazione alla cittadinanza può essere intesa come consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri, nella prospettiva della responsabilità verso se stessi, verso la propria comunità e verso la comunità mondiale. Nella “Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri dell’UE” del 2002, si invitano i governi nazionali a favorire l’educazione alla cittadinanza democratica in tutti i contesti formali e informali di educazione, perché favorisce il confronto reciproco, il dialogo interculturale e interreligioso, promuove l’uguaglianza fra uomini e donne, favorisce rapporti pacifici e armoniosi fra i popoli e promuove lo sviluppo della società e il rafforzamento della democrazia. La democrazia a scuola può essere intesa anche come democratizzazione dei sistemi scolastici, che comporta l’accesso di tutti i bambini a una scuola pubblica, omogenea a livello geografico, gratuita e aperta a tutte le componenti della società. Le politiche scolastiche di democratizzazione della scuola, che in Europa sono state portate a termine compiutamente solo in Svezia (come dimostra la ricerca del pedagogista svedese Husén), prevedono l’estensione dell’istruzione prescolare, per ridurre da subito le disuguaglianze delle opportunità educative, la posticipazione nel tempo della scelta della scuola superiore, una didattica inclusiva e non selettiva e l’attenzione all’educazione permanente. La scuola non può, certamente, sopperire da sola alla grave crisi attuale della politica nei sistemi democratici. Nemmeno sembra credibile che una classe politica così screditata possa promuovere valori tanto elevati e carichi di idealità. Tuttavia, la democrazia è per definizione potere dal basso, dai cittadini. Va difesa e sostenuta nella vita di tutti i giorni, nell’interesse di tutti. L’alternativa – uno Stato autoritario o totalitario – non è certo desiderabile. Per approfondire Democrazia in Enciclopedia Treccani online (http://www.treccani.it/enciclopedia/democrazia) Piero Calamandrei, Discorso pronunciato a Roma l’11 febbraio 1950 (http://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2002_3_art1.html) Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri dell’UE sull’educazione alla cittadinanza democratica n° 12 del 2002 (http://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2005/allegati/raccomandazione_ue.pdf) Mauro Magatti, La grande contrazione. I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto, Feltrinelli, Milano 2012 Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 7 B Analisi e svolgimento dei quesiti I quesiti proposti riguardano in parte l’argomento del tema e in parte altri argomenti. Dal momento che ai primi due si è già di fatto risposto nel tema e al terzo si è fatto comunque cenno, se ce la sentiamo di affrontare gli ultimi tre possiamo mostrare alla commissione che la nostra preparazione è ampia e sicura. In caso di dubbio, meglio comunque ripiegare su una risposta sicura e scegliere uno dei primi tre. Per ogni quesito si sono usate al massimo 200 parole. Quesito 4 ANALISI In antropologia, la distinzione fra punto di vista etico e punto di vista emico è assai nota. Proviamo a definirla, facendo riferimento a qualche autore significativo. SVOLGIMENTO Il linguista Kenneth Pike aveva introdotto i termini etico ed emico riprendendoli dalle parole fonetico e fonemico, che si riferiscono rispettivamente ai suoni prodotti dall’organo vocale presente in tutti gli uomini e al modo in cui i suoni linguistici sono organizzati all’interno di ciascuna lingua. In antropologia culturale, questa distinzione (introdotta da Marvin Harris) rimanda alla differenza fra il punto di vista interno alla cultura che si studia e il punto di vista esterno, proprio della cultura dell’antropologo. Un concetto, un comportamento, un’usanza hanno un significato diverso per chi fa parte di una cultura e per chi li osserva da un diverso punto di vista culturale. Geertz ha parlato di concetti vicini all’esperienza e di concetti lontani dall’esperienza per descrivere il punto di vista del nativo e quello dell’antropologo, spiegando che il ricercatore deve prima comprendere empaticamente la cultura dall’interno, poi tradurla nei codici che sono propri della sua cultura e della sua formazione, in un continuo rimando di traduzioni e interpretazioni. Alcuni antropologi hanno privilegiato il punto di vista emico, come Boas, che ha cercato di ricostruire il punto di vista del nativo, altri quello etico, come Radcliffe-Brown e Lévi-Strauss, cha hanno preferito utilizzare categorie e classificazioni lontane dall’esperienza dei nativi. Quesito 5 ANALISI Il quesito rimanda alla sociologia della religione. Anche qui proviamo a introdurre la definizione e qualche riferimento. SVOLGIMENTO La secolarizzazione è il fenomeno per il quale la religione tende a rifluire dalla sfera pubblica a quella privata; il termine descrive quindi il processo grazie al quale le istituzioni politiche e sociali e la cultura si sono rese autonome dall’influenza della religione. La secolarizzazione non implica una riduzione della religiosità, ma una laicizzazione della società, che tende a considerare l’adesione a una fede e la pratica religiosa come una scelta individuale, non in grado di influire sulla condizione sociale o sui diritti delle persone. Il principale teorico della secolarizzazione è stato Max Weber, che ha identificato nel disincantamento del mondo il processo che ha condotto alla nascita delle società moderne, borghesi e capitalistiche. Con l’avvento della razionalità tecnica, il mondo perde il Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 8 suo incanto e la sua magia; la sfera del sacro e del profano si separano definitivamente (ma il processo era già iniziato con le grandi religioni) e si produce una secolarizzazione della vita sociale e politica. L’origine della modernizzazione coincide per Weber con l’affermazione dell’etica protestante. Certamente un grande contributo alla secolarizzazione è venuto dal dibattito sulla tolleranza che segue alle guerre di religione in età moderna e dall’Illuminismo, con la sua critica alla tradizione e all’autorità. Quesito 6 ANALISI L’esplosione scolastica è un tema studiato nelle scienze dell’educazione. Per individuarne le cause, occorre guardare alla storia. SVOLGIMENTO L’esplosione scolastica è il fenomeno per il quale l’istruzione scolastica ha interessato tutti gli strati della società ed è stata promossa dagli Stati, anziché dai privati o dagli enti ecclesiastici. Dopo una prima fase di alfabetizzazione di massa, che si è concentrata nel XIX secolo, infatti, i governi dei paesi occidentali, nel corso della seconda metà del Novecento, hanno promosso una scolarizzazione di massa, che ha coinvolto in modo sistematico le nuove generazioni nell’istruzione superiore, prolungando l’obbligo scolastico anche fino alla maggiore età. Le ragioni dell’esplosione scolastica sono diverse: la richiesta di manodopera qualificata e di personale impiegatizio nei settori dell’industria e dei servizi; l’influenza della religione sull’abitudine alla lettura nei paesi a maggioranza protestante, nei quali l’alfabetizzazione si è diffusa prima rispetto a quelli a maggioranza cattolica; la volontà dei governi di accrescere il prestigio nazionale; le ideologie favorevoli all’istruzione e, soprattutto, una forte spinta dal basso da parte degli strati medio-bassi della società, per i quali il titolo di studio è credenziale obbligata per ottenere prestigio sociale e accesso alle professioni (società delle credenziali di Collins). Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A. 9