Lenti a Contatto - Contact lenses Agosto 2010, volume XII, numero 2 Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide. Attenzione alla retina periferica Luigi Lupelli Occhio secco e lenti a contatto Gonzalo Carracedo OD, Msc L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia Matteo Fagnola, Marco Paolo Pagani, Silvio Maffioletti, Silvia Tavazzi, Antonio Papagni La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali 03> 9 7 7 0 0 0 2 0 3 83 7 0 Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 2- 2010 Nicola Pescosolido, Chiara Nardella dodicesimoanno con il patrocinio di Lenti a Contatto - Contact lenses Agosto 2010, volume XII, numero 2 Sommario Editoriale Luigi Lupelli Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide. Attenzione alla retina periferica pag. 35 Articoli Gonzalo Carracedo Occhio secco e lenti a contatto Matteo Fagnola, Marco Paolo Pagani, Silvio Maffioletti, Silvia Tavazzi, Antonio Papagni L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia pag. 37 pag. 45 Nicola Pescosolido, Chiara Nardella La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali pag. 53 Rubriche Luigi Lupelli Pillole di lac e dintorni Laura Boccardo Tips & tricks Laura Boccardo INIEZIONE PERICHERATICA IN LUCE DIFFUSA 16x foto di Fabrizio Zeri In libreria pag. 61 pag. 63 pag. 64 dodicesimoanno con il patrocinio di Lenti a Contatto - Contact lenses Agosto 2010, volume XII, numero 2 Lenti a contatto Contact lenses Codirettori scientifici L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma) Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. 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La miopia più comune è quella che si manifesta nell’età scolare e che si caratterizza, tra l’altro, per aumentare di valore negli anni successivi. Diversi approcci sono stati proposti e posti in atto con lo scopo di poter controllare la progressione miopica propria della tarda infanzia e dell’adolescenza. Quelli farmacologici e ottici hanno ottenuto più credito. I farmaci più usati sono gli antimuscarinici4-8 e, tra questi, l’atropina5-6 ha dimostrato di essere la sostanza più efficace. La presenza di rilevanti effetti collaterali rende però estremamente marginale il loro uso. Gli approcci ottici sono stati utilizzati in maniera più estesa. Tra questi l’ipocorrezione, a dispetto del massiccio utilizzo anche nel tempo, si è mostrata un metodo totalmente inefficace9. Gli occhiali sono stati prescritti anche con lenti bifocali o progressive con lo stesso scopo. Nonostante tale metodo risultati certamente più efficace della semplice ipocorrezione, gli effetti nell’ostacolare lo sviluppo della miopia sono così limitati che, in particolare nei miopi non esoforici, non pare giustificata la prescrizione10-14. L’applicazione convenzionale (allineamento apicale) di lac RGP è stata spesso considerata la procedura più efficace per il controllo della miopia, ma recentemente è stato confermato che l’effetto è di semplice modellamento corneale piuttosto che d’inibizione dell’allungamento della camera vitrea15. Nuova linfa nel controllo della progressione miopica è stata apportata dallo spostamento dell’interesse della ricerca dal defocus foveale a quello periferico. E così, in prima analisi, si è trovato che se da un lato la maggior parte degli ipermetropi, e anche degli emmetropi, si caratterizza per la presenza di un defocus miopico nella retina periferica, dall’altro i miopi mostrano un defocus periferico ipermetropico16-18. Allora il mondo della ricerca si è domandato se non fosse proprio questa peculiare ipercorrezione periferica a indurre nei miopi il progressivo allungamento della camera vitrea e quindi essere la causa dell’incremento della miopia. In particolare Earl Smith III (2005, 2007, 2009) nel dipartimento di optometria dell’Università di Huston, già crogiolo di ricerche sulla progressione miopica con Grosvenor, i Perrigin e Goss. Smith e collaboratori19-21, hanno mostrato, con esperimenti su animali, che l’informazione visiva proveniente dalla fovea non è essenziale nel regolare la normale crescita oculare, né elimina il processo di emmetropizzazione. Da qui lo stesso gruppo di ricerca è arrivato a suggerire il possibile intervento ottico per controllare la progressione miopica attraverso la manipolazione del fronte d’onda periferico che può essere portato davanti alla retina. Dal versante clinico alcuni gruppi di ricerca coordinati da Cho22-23 e da Walline24 hanno mostrato che è possibile, nei miopi, ridurre l’allungamento della camera vitrea, e quindi la progressione miopica, se vengono applicate lenti a contatto RGP in modalità ortocheratologica notturna. Anche in questo caso è stato ipotizzato che l’effetto sia dovuto al decremento o alla neutralizzazione del defocus ipermetropico periferico indotto dall’aumento di curvatura della superficie corneale paracentrale, che s’induce con le lac a geometria inversa22. Gli effetti di rallentamento della progressione miopica che si ottengono, in maniera parziale, con l’ortocheratologia notturna, possono essere ottenuti con l’applicazione, più semplice e, possibilmente, dagli effetti più prevedibili, di lenti a contatto morbide? Tale interrogativo, oltre che a Huston, con il gruppo coordinato da Smith, se lo sono posto in Australia (Brian Holden Vision Institute) e in Nuova Zelanda (Philips nell’Università di Auckland). L’effetto di ciò è stato lo sviluppo di due brevetti, già acquisiti dalle aziende, di altrettante lenti a contatto morbide con geometrie tali da poter gestire non soltanto la visione centrale, per ottimizzare la percezione del dettaglio, ma anche la visione periferica, per ottimizzare la prevenzione della progressione miopica. Certamente è indispensabile analizzare i risultati delle ricerche nel tempo ed è necessaria poi la verifica sul campo, ma se ci viene data la possibilità di dire stop alla miopia con il comfort e la semplicità di una lente a contatto morbida è naturale pensare che il futuro dei miopi, a rischio potenziale di incremento del difetto, è decisamente più luminoso. 35 Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide attenzione alla retina periferica Bibliografia 1. 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Se analizziamo in dettaglio la definizione di occhio secco, vediamo che si tratta non solo di un disturbo del film lacrimale, ma piuttosto di un problema che coinvolge tutta l’unità funzionale lacrimale (Lacrimal Functional Unit - LFU),2-3 un sistema integrato che comprende la superficie oculare (cornea e congiuntiva), le ghiandole lacrimali, le ghiandole Meibomio, le palpebre e l’innervazione sia sensoriale, sia motoria. La LFU controlla e regola la lacrimazione in risposta a eventuali influenze ambientali o endocrine. Un danno a qualsiasi componente della unità funzionale lacrimale può destabilizzare il film lacrimale e causare una patologia oculare di superficie, che si presenta come occhio secco2-4. Attualmente vengono inclusi intenzionalmente nella definizione di occhio secco i segni oculari più rilevanti. I pazienti con occhio secco presentano abitualmente sintomi di fastidio, secchezza, sensazione di sabbia negli occhi, irritazione, sensazione di corpo estraneo, bruciore o sensibilità alla luce4-7. In funzione del tipo di occhio secco, i segni che si possono presentare più comunemente sono: iposecrezione lacrimale8, instabilità del film lacrimale,9 iperosmolarità lacrimale,10-11 colorazione corneale o congiuntivale,12 calo di acuità visiva,13 aumento delle aberrazioni oculari14 e infiammazione oculare15. L’occhio secco si divide in due tipi principali, l’occhio secco da ipoproduzione lacrimale e occhio secco da iperevaporazione lacrimale. Queste due forme non sono indipendenti, ma i pazienti presentano eventi riconducibili ad entrambi i tipi (vedi figura 1). PAROLE CHIAVE Occhio secco, lenti a contatto, film lacrimale. Ricevuto il 25 agosto, 2010; accettato il 14 settembre, 2010. Sommario L’occhio secco è considerato la principale causa di abbandono dell’uso delle lenti a contatto. Le alterazioni del film lacrimale dovute a secchezza oculare nei portatori di lenti a contatto sono associate a riduzione del comfort, peggioramento dell’acuità visiva, riduzione dei tempi di utilizzo e maggior rischio di staining corneale. Si suppone che, durante l’uso delle lenti a contatto, si instauri una serie di meccanismi che portano all’occhio secco: aumento dell’evaporazione del film lacrimale, infiammazione, riduzione della produzione di lacrime con conseguente aumento dell’osmolarità, diminuzione della sensibilità corneale, sofferenza delle cellule caliciformi e possibile variazione della concentrazione di diadenosina trifosfato, o qualsiasi combinazione di questi fattori. In questa rassegna descriveremo le alterazioni del film lacrimale e della superficie oculare che sono associate con l’occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto. L'occhio secco Nel 2007, il Dry Eye WorkShop (DEWS) ha proposto la seguente definizione di occhio secco: “L’occhio secco è una malattia multifattoriale del film lacrimale e della superficie oculare che provoca sintomi di discomfort, disturbi visivi e instabilità del film lacrimale con potenziale OCCHIO SECCO Ipo-produzione Sindrome Sjögren Primario Secondario Figura 1 Classificazione dell’occhio secco.1 Iper-evaporazione Ambiente interno: No-Sindrome Sjögren Intrinseco Estrinseco Insufficiente secrezione lacrimale Lipidi Meibomio Vit. A Ostruzione dotto ghiandola lacrimale Apertura palpebre Conservanti dei farmaci Ambiente Esterno: Blocco del riflesso motore Ammiccamento LAC • Umidità relativa • Ambiente di lavoro • Vento Farmaci sistemici Azione farmaci Allergie • Uso di computer • Farmaci sistemici • Invecchiamento • Donne 37 Occhio secco e lenti a contatto L’occhio secco da ipo-produzione implica principalmente la diminuzione della secrezione lacrimale,16-17 che causa iperosmolarità e quindi innesca il resto degli eventi nella patogenesi dell’occhio secco18. L’occhio secco da ipoproduzione si divide a sua volta in due sottotipi: l’occhio secco associato alla sindrome di Sjögren e l’occhio secco non associato alla sindrome di Sjögren. L’altro tipo principale di occhio secco è quello evaporativo, in cui si ha un’eccessiva perdita di liquido lacrimale, che lascia esposta la superficie oculare, malgrado una normale produzione di lacrime. Questo tipo di occhio secco si divide a sua volta in intrinseco, quando la causa è una patologia o una disfunzione propria del paziente, e in estrinseco, quando l’eccessiva evaporazione è causata da un fattore esterno. Fra le cause intrinseche di occhio secco evaporativo troviamo le disfunzioni delle ghiandole di Meibomio,19-20 o patologie come l’ipertiroidismo o il morbo di Parkinson21-22. La causa estrinseca più rilevante è l’uso di lenti a contatto, e a sua volta l’occhio secco è la principale causa di abbandono delle lenti a contatto23. Diagnosi La diagnosi di occhio secco è difficile perché questa patologia presenta una grande varietà di segni e sintomi e inoltre non esiste una correlazione tra gli uni e gli altri. Si possono osservare casi di occhio secco con sintomatologia, ma senza presenza di segni oculari e viceversa24-25. Non esistendo un test gold standard per la diagnosi dell’occhio secco, il sottocomitato di metodologia per la diagnosi del DEWS raccomanda la combinazione di alcuni dei seguenti test:26 3- Stabilità del film lacrimale - Per la valutazione dell’instabilità lacrimale, il test più utilizzato è il tempo di rottura del film lacrimale (Tear Film Break-up Time: TFBUT). Per eseguire questo test, si deve instillare fluoresceina sodica sulla superficie oculare. Il tempo normale minimo di rottura è considerato 10 secondi35. Inoltre esistono test non invasivi, come l’osservazione delle ghiandole di Meibomio e il BUT non invasivo (NIBUT)36. 4- Test per valutare il volume lacrimale - Con questo tipo di test si misura la secrezione lacrimale, sia riflessa, sia basale. Il più comune è il test di Shirmer, che si esegue con una cartina Wathman no. 1. Il valore normale per questo test è di almeno 5,5 mm in 5 minuti30. Altri test meno invasivi sono il filo rosso fenolo, il Tear Turnover rate (TTR) e la quantificazione del menisco lacrimale marginale37. 5- Test per valutare l’osmolarità - Fino ad oggi questo era un test di laboratorio con un accesso molto limitato per i professionisti clinici10. Attualmente è disponibile un osmometro compatto, che necessita di una minima quantità di lacrime per misurare istantaneamente l’osmolarità. Questo strumento, chiamato Tearlab Osmolarity (Tearlab Corporation), ha reso disponibile il primo test di uso clinico per misurare l’osmolarità lacrimale38. Oltre a questi test diagnostici ampiamente noti, è stata scoperta una molecola, chiamata diadenosina tetrafosfato, Ap4A, presente nel liquido lacrimale umano, che aumenta di concentrazione in caso di occhio secco ed è quindi uno strumento di diagnosi oggettiva39-40 (vedi figura 2). 1- Questionari soggettivi - Esistono vari tipi di questiona- ri per valutare i sintomi di occhio secco. I più utilizzati sono: il questionario di McMonnies,27 il Dry Eye Questionnaire (DEQ) con la sua versione per le lenti a contatto (CLDEQ),4, 28 l’Ocular Surface Desease Index (OSDI),29 e il questionario di Schein25. 2- Test per valutare la superficie corneale - Per evidenziare difetti o erosioni nella superficie oculare si utilizzano coloranti come la fluoresceina per la cornea, che si osserva meglio con il filtro giallo, o il verde di lissamina e il rosa bengala per valutare la congiuntiva. I sistemi più usati per quantificare la colorazione (staining) della superficie corneale sono il sistema di Van Bijsterveld,30 il sistema Oxford31 e il sistema CLEK32. Esistono altri test specifici per gli utilizzatori di lenti a contatto, nei quali si valuta lo staining corneale come una complicazione dell’uso delle lenti. I più utilizzati sono le scale di gradazione di Efron33 e del CCLRU34. Figura 2 Concentrazione di Ap4A e Ap5A nella lacrima di pazienti con e senza sintomatologia di occhio secco. Si può osservare un aumento delle concentrazioni di queste molecole nella lacrima dei pazienti con sintomi di secchezza oculare, tanto più se hanno anche un volume lacrimale ridotto (> 5 mm Schirmer test). G. Carracedo / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 37-44 38 ARTICO L O Occhio secco e lenti a contatto Per ora, uno strumento di misura di questa molecola per uso clinico è ancora in fase di sviluppo. Trattamento Il trattamento dell’occhio secco è difficile e spesso frustrante, poiché le cause che lo determinano, nella maggior parte dei casi, non hanno un trattamento efficace, né specifico. La prima opzione di fronte ad un occhio secco lieve o moderato sono i lubrificanti, conosciuti come lacrime artificiali, anche se non imitano la composizione della lacrima umana. Considerando che l’infiammazione della superficie oculare è un meccanismo chiave della patogenesi dell’occhio secco, sono stati sviluppati farmaci antinfiammatori per questa patologia. Le tre famiglie di antinfiammatori utilizzati sono: la ciclosporina, i corticoidi e le tetracicline. L’applicazione topica di sieri biologici, come il siero sanguigno o il siero amniotico, può migliorare i segni clinici di occhio secco. Questi fluidi hanno una composizione in qualche modo simile alla lacrima naturale e inoltre sono ricchi di fattori di crescita, vitamine, immunoglobine e altre proteine necessarie per mantenere sana la superficie oculare. Recentemente è stata prospettata come possibile terapia per l’occhio secco l’assunzione di acidi grassi essenziali come l’Omega-341. È stato dimostrato che l’acido linoleico e l’acido - linoleico somministrati oralmente due volte al dì, porta ad un significativo miglioramento dei sintomi di irritazione oculare42. Un nuovo farmaco, approvato di recente per la commercializzazione, è il DIQUAS che verrà distribuito da Santen Pharmaceuticals in Giappone. È un segretagogo (agente chimico che stimola la secrezione) analogo al Ap4A, che ha la caratteristica di stimolare la secrezione delle tre componenti principali del liquido lacrimale: acquosa, mucosa e lipidica. Test clinici hanno dimostrato che riduce significativamente la colorazione corneale43. Oltre i trattamenti farmacologici per l’occhio secco, esistono altre terapie come l’occlusione dei puntini lacrimali, gli occhiali a camera umida e le lenti a contatto ad uso terapeutico. Prevalenza dell’occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto I sintomi di occhio secco sono più frequenti negli utilizzatori di lenti a contatto che nel resto della popolazione e ciò significa che la lente a contatto può produrre alterazioni della superficie oculare. Valutando la differenza nello stesso soggetto, vari studi hanno dimostrato che la frequenza e la severità dei sintomi di occhio secco sono maggiori quando si utilizzano le lenti a contatto44-45. Si ritiene che la sintomatologia di occhio secco sia la principale causa di intolleranza e abbandono delle lenti a contatto46. Il 51% degli abbandoni si deve all’occhio secco e una percentuale compresa fra il 12% e il 21% degli utilizzatori riduce le ore di uso delle lenti a causa dei sintomi di secchezza oculare23. La prevalenza di occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto è molto variabile, secondo le condizioni in cui è stato realizzato lo studio. Fattori come il clima e l’area geografica, l’assunzione di farmaci sistemici o l’età dei soggetti inclusi nello studio possono causare grandi differenze di prevalenza1. Per questo motivo la percentuale di prevalenza dell’occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto può variare dal 20% al 74%1, 28, 47. Consideriamo inoltre che il 38% degli utilizzatori che sono soddisfatti delle loro lenti a contatto, riferisce sintomi di occhio secco48. Variazioni nel film lacrimale e nella superficie oculare indotte dalle lenti a contatto Quando si applica una lente a contatto sull’occhio, questa interrompe la struttura del film lacrimale, dividendolo in una porzione pre-lente e una porzione post-lente. La porzione pre-lente è composta da uno strato lipidico molto sottile e una base acquoso-mucinica. Il suo effetto è migliorare il comfort mediante la lubrificazione e idratazione della lente. La porzione post-lente è formata da uno strato acquoso-mucinico e da uno strato di mucine che permettono al film lacrimale di aderire all’epitelio corneale. Il suo effetto è migliorare il comfort dell’uso della lente a contatto, oltre ad assicurare l’idratazione dell’epitelio corneale ed eliminare i detriti dalla superficie oculare49. La forma e il volume di questa porzione dipendono dai parametri della lente a contatto, come il raggio di curvatura, il modulo di elasticità e il diametro49. Strato lipidico Film lacrimale pre-lente Strato acquoso Film lacrimale post-lente Lente a contatto Alterazione menisco lacrimale Staining corneale Strato acquoso-mucinico Metaplasia squamosa Densità cellule caliciformi Figura 3 Alterazioni prodotte dalla lente a contatto nella lacrima e sulla superficie oculare. G. Carracedo / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 37-44 39 Occhio secco e lenti a contatto La divisione del film lacrimale prodotta dalla lente a contatto provoca a sua volta una serie di squilibri che, in conclusione, portano ai tipici sintomi di secchezza oculare. Come già abbiamo detto, la porzione pre-lente del film lacrimale è molto instabile, poiché la componente lipidica è molto sottile, tanto da essere assente il alcune zone, dove quindi il tasso di evaporazione delle lacrime sarà maggiore del normale. L’aumento dell’evaporazione, come vedremo nella patogenesi, aumenta l’osmolarità del liquido lacrimale, causando la comparsa dei sintomi di secchezza oculare50. Nel caso di lenti a contatto morbide, l’aumento dell’evaporazione lacrimale induce una maggiore disidratazione della lente, che per reidratarsi assorbe parte dello strato lacrimale post-lente, provocando secchezza nella superficie corneale49. Inoltre, nel caso della porzione post-lente, il ricambio lacrimale viene ridotto dalla lente in idrogel e quindi aumenta il tempo di esposizione dell’epitelio corneale agli agenti infiammatori51. Un’altra variazione che si osserva nel film lacrimale è un incremento della temperatura, che aumenta fino ad 1°C con l’uso delle lenti a contatto, le quali provocano un effetto serra52. Si osservano variazioni anche nella morfologia del prisma lacrimale, che si assottiglia nella zona di contatto con il bordo della lente, con conseguente disidratazione. Sulla superficie oculare si potrà osservare dello staining, sia corneale, sia congiuntivale, e variazioni istopatologiche. Di solito in caso di lenti a contatto RGP si potrà vedere una colorazione a ore 3-9, provocata fondamental- mente da un assottigliamento del film lacrimale in questa zona, accompagnato a uno scarso movimento della lente. Nel caso di lente in idrogel, lo staining è di solito centrale o arcuato inferiore. Nel caso dello staining centrale, la causa è principalmente un insufficiente ricambio lacrimale sotto la lente, mentre lo staining arcuato inferiore è dovuto per lo più ad un ammiccamento incompleto, che aumenta la disidratazione della lente 51. Si possono osservare colorazioni anche nella congiuntiva bulbare, che è correlata con un aumento della sintomatologia di occhio secco negli utilizzatori di lenti a contatto53. In letteratura sono riportate variazioni istopatologiche della congiuntiva, che si verificano con differenti materiali per lenti a contatto. Le variazioni riportate più di frequente sono la metaplasia squamosa e una diminuzione della densità delle cellule caliciformi54-55. Queste alterazioni aumentano l’instabilità lacrimale che, come vedremo, è un’alterazione importante nella patogenesi dell’occhio secco. Patogenesi In figura 4 è schematizzato il possibile meccanismo di occhio secco indotto dalle lenti a contatto. I fattori scatenanti sono principalmente tre: l’aumento dell’evaporazione lacrimale, la diminuzione del ricambio lacrimale e il trauma meccanico sulla superficie oculare. Questi eventi producono variazioni nelle lacrime e nella superficie oculare, creando un circolo vizioso che si autoalimenta e provoca un aumento della sintomatologia di occhio secco. Il fulcro del meccanismo sembra che siano i media- Evaporazione Produzione lacrimale Osmolarità Instabilità lacrimale Alterazione omeostasi Mediatori infiammatori Danno epitelio mucine Ricambio lacrimale Sensibilità corneale Eliminazione detriti Danno nervi corneali Danno superficie oculare Frequenza ammiccamento Figura 4 Schema del meccanismo della patogenesi dell’occhio secco indotto da lenti a contatto. G. Carracedo / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 37-44 40 ARTICO L O Occhio secco e lenti a contatto Figura 5 Disidratazione della superficie anteriore di una lente a contatto RGP. tori infiammatori, come le citochine o interleuchine, che aumentano la loro concentrazione a causa dell’evaporazione lacrimale e permangono più tempo sulla superficie oculare per via dell’insufficiente ricambio lacrimale56-57. La presenza dei mediatori infiammatori provoca danni ai nervi corneali diminuendo la sensibilità della cornea. La perdita di sensibilità altera l’omeostasi naturale della superficie oculare, facendo sì che diminuisca il volume lacrimale. Inoltre la presenza di cellule infiammatorie provoca la diminuzione della produzione di mucina da parte delle cellule caliciformi e quindi un danno all’epitelio della superficie oculare, rendendo la lacrima più instabile e aumentando la sua evaporazione. Entrambi i processi contribuiscono ad aumentare l’osmolarità lacrimale e ciò favorisce la presenza di citochine e inteleuchine nelle lacrime. All’inizio dell’uso delle lenti a contatto, nel tentativo di stabilizzare il film lacrimale, aumenta la frequenza di ammiccamento, ma quando diminuisce la sensibilità, diminuisce anche la frequenza dell’ammiccamento e così aumenta l’evaporazione del liquido lacrimale51. Applicazione e riapplicazione delle lenti a contatto Per molto tempo l’occhio secco è stato considerato una controindicazione all’uso di lenti a contatto. Inoltre quando un paziente presentava una sintomatologia di occhio secco dovuto all’uso di lenti a contatto, l’unica soluzione era quasi sempre interrompere l’uso delle lenti. Ora esistono materiali per lenti a contatto, umettanti e liquidi di manutenzione che permettono l’uso delle lenti nonostante l’occhio secco. Ogni volta che si inizia un’applicazione di lenti a contatto è molto importante condurre un’anamnesi completa, durante la quale vanno acquisite informazioni su patologie, farmaci o fattori ambientali (uso di computer, ambienti fumosi, o aria condizionata) che siano correlati con la sintomatologia di occhio secco. Patologie come il diabete, le allergie o le malattie del tessuto connettivo sono fattori di rischio per l’occhio secco58-59. Farmaci come gli antistaminici o anche gli antidepressivi aumentano la sintomatologia di secchezza oculare60. Infine, si deve domandare espressamente se sono presenti sintomi di occhio secco. Quindi, va eseguito un esame completo in lampada a fessura, prestando particolare attenzione alle palpebre, le ghiandole di Meibomio, il BUT e il menisco lacrimale marginale. Inoltre bisogna guardare se è presente staining corneale, soprattutto di tipo arcuato inferiore, tipico di un ammiccamento incompleto. Tutti questi esami ci aiutano a determinare quali pazienti hanno potenziali rischi di sviluppare una sintomatologia di occhio secco con l’uso delle lenti a contatto e anche a scegliere i materiali e i sistemi di manutenzione migliori per minimizzare il discomfort e la secchezza. Nel caso di pazienti già adattati, bisognerà programmare controlli periodici per identificare in modo tempestivo i segni e i sintomi di occhio secco e prendere le misure opportune. Al momento di scegliere le lenti a contatto si dovrà tenere conto delle proprietà del materiale. Sarà opportuno scegliere materiali con un’alta trasmissibilità all’ossigeno (Dk/t) per mantenere l’integrità epiteliale ed evitare l’iposssia61. È dimostrato che le lenti con un basso tasso di disidratazione provocano minore secchezza oculare e disconfort, rispetto a quelle che si disidratano più rapidamente62. Le lenti che si disidratano meno sono le lenti idrofile a bassa idratazione, non ioniche (Gruppo 1 FDA) e le lenti in silicone idrogel63-64. Altri materiali con alto contenuto acquoso hanno un tasso di disidratazione molto basso, che li rende adatti per i pazienti con occhio secco65-66. Questi materiali sono l’Omafilcon A, che contiene fosoforilcolina, una molecola altamente idrofila che si trova nella membrana delle cellule degli organismi viventi, e i materiali idrofili con metacrilato di glicerolo, come lo Hioxifilcon A, sviluppati proprio per risolvere i problemi di disidratazione dei materiali ad alto contenuto di acqua. Altre proprietà da considerare sono la bagnabilità della superficie e la sua affinità con i depositi. Le lenti che hanno buona bagnabilità e poca affinità con i depositi provocano meno sintomi di discomfort67. Le lenti in silicone idrogel presentano affinità per i depositi lipidici a causa dell’idrofobia del silicone e quindi, nei pazienti con lacrime grasse, queste lenti a basso contenuto acquoso possono provocare discomfort e ridotta acuità visiva. Oltre le lenti idrogel che abbiamo già descritto e le lenti silicone idrogel, vale la pena di considerare l’opzione delle lenti RGP. Queste lenti, quando sono ben applicate, garantiscono un maggior ricambio lacrimale sotto la len- G. Carracedo / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 37-44 41 Occhio secco e lenti a contatto te e quindi un minor tempo di permanenza dei mediatori infiammatori sulla superficie oculare68. Infine, dobbiamo scegliere le soluzioni per la manutenzione e gli umettanti più adeguati, che siano meno tossici possibile per la superficie oculare. Fra i conservanti che si trovano nelle soluzioni per lenti RPG, è stato dimostrato che il più tossico è il cloruro di benzalconio (BAC), mentre la Clorexidina presenta la minore tossicità69. Inoltre è ampiamente documentato che anche il thimerosal è tossico per la superficie oculare70. Nelle soluzioni uniche per lenti morbide si utilizzano conservanti come il Polyquad o il PHMB, che sono meno tossici per l’epitelio corneale rispetto ai conservanti precedenti71-72. Se compaiono sintomi di secchezza oculare, sarà necessario cambiare il sistema di manutenzione, passando a soluzioni che non contengano BAC o thimerosal e a soluzioni saline e lubrificanti monodose privi di conservanti. Conclusione Attualmente l’occhio secco non deve essere considerato una controindicazione all’uso di lenti a contatto e, quando un paziente presenta una sintomatologia di secchezza oculare, la soluzione non è quella di interrompere l’uso delle lenti, poiché esistono materiali, umettanti e liquidi di manutenzione che permettono un uso sicuro e confortevole delle lenti a contatto nonostante l’occhio secco. Abstract Between a 5% and a 20% of developed world population wears contact lenses. Still a significant number of them will give up wearing due to intolerance, being dry eyes one of the main reasons. Dry eye and alterations of the tear film in contact lens wearers are associated with reductions in functional visual acuity, reductions in wearing time, and an increased risk of ocular surface desiccation. It has been speculated that potential mechanisms of dry eye, during contact lens wear include increased evaporation of the tear film, inflammation, reduced ability to produce adequate tears with concurrent increased osmolarity, decrease of corneal sensitivity, damage in goblet cells and possible changes in diadenosine polyphosphates concentrations or any combination of these. In this review we describe the different changes in tear film and ocular surface that are associated with dry eye in contact lens wearers. Key words Dry eye, contact lens, tear film. Bibliografia 1. The definition and classification of dry eye disease: report of the Definition and Classification Subcommittee of the International Dry Eye WorkShop (2007). Ocul Surf. 2007;5:75-92. 2. Stern ME, Beuerman RW, Fox RI, Gao J, Mircheff AK, Pflugfelder SC. The pathology of dry eye: the interaction between the ocular surface and lacrimal glands. Cornea. 1998;17:584-589. 3. 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L’acido ialuronico è infatti uno dei principi attivi più impiegati nei numerosi sostituti lacrimali in commercio e nel trattamento delle varie forme di occhio secco (da quelle più gravi a quelle marginali). In questo articolo illustriamo le principali caratteristiche e applicazioni dell’HA. L'occhio secco Lo stile di vita del portatore di lenti a contatto (lac) è radicalmente cambiato negli ultimi due decenni. Il computer è divenuto un indispensabile strumento di lavoro per quasi tutte le professioni, la maggioranza degli uffici e dei locali commerciali è dotata di aria condizionata, la giornata lavorativa implica, generalmente, la necessità di rimanere fuori casa più di 10 ore. Tutto ciò incide negativamente sul comfort delle lac. Oggi la priorità dell'applicatore è quella di permettere al portatore un uso confortevole delle lac per l'intera giornata. Il tasso complessivo di drop out dei portatori di lac si colloca oggi tra il 26% ed il 40%. Tra coloro che rinunciano a utilizzare le proprie lac, il 51% lo fa perché le ritiene poco confortevoli e lamenta una sintomatologia riconducibile alla condizione di occhio secco marginale1. La Figura 1 presenta la classificazione delle sindromi da occhio secco secondo la Commissione Internazionale del National Eye Institute (Study Group on Dry Eye). È una classificazione che prevede due sottocategorie: la cheratocongiuntivite secca derivante da ipolacrimie e quella derivante da iperevaporazione. La tipologia di occhio secco “marginale” è la più comune e consegue a specifiche condizioni organiche e/o ambientali; la tipologia di occhio secco “patologico” è meno diffusa ed è associata a patologie sistemiche che coinvolgono, secondariamente, la salute oculare. OCCHIO SECCO cheratocongiuntivite secca DA IPOLACRIMIE DA IPEREVAPORAZIONE Sindrome di Sjögren Primaria Ipolacrimie non Sjögren Malattia della gh. lacrimale Distruzione dei dotti lacrimale Iposecrezione riflessa Da alterazioni della componente lipidica Da alterazioni palpebrali Da lenti Da alterazioni della a contatto superficie oculare Secondaria Primarie - Artrite reumatoide - Lupus eritomatoso sistemico - Granulomatosi di Wegener - Sclerosi sistemica - Cirrosi biliare primitiva - Altre malattie utoimmuni - Alacrimia congenita - Ipolacrimie acquisite Secondarie - Sarcoidosi - HIV - "Graft vs host disease" - Xeroftalmia - Asportazione della ghiandola lacrimale Primarie - Tracoma - Pemfigoide cicatriziale - Eritema multiforme - Ustioni - Cheratite neuroparalitica - Lac - Paralisi del 7° n.c. Secondarie - Aplasia - Blefariti delle gh. di anteriori Meibomio - Distichiasi - Blefariti - Da alterazioni posteriori dell'ammicca- Malattie mento ostruttive delle gh. di Meibomio - Xeroftalmia - Da alterazioni dell'apertura palpebrale - Da incongruità palpebra bulbo oculare Figura 1 Classificazione completa delle sindromi da occhio secco secondo la Commissione Internazionale del National Eye Institute (Study Group on Dry Eye). 45 L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia Le cause dell'occhio secco marginale sono da ricercare in uno squilibrio dell'intero sistema lacrimale che, oltre alle ghiandole lacrimali, comprende anche la superficie corneale, la congiuntiva bulbare, le palpebre e l'ammiccamento. In presenza di occhio secco marginale si osserva sempre un aumento dell'osmolarità lacrimale, che può portare a una perdita dell'integrità epiteliale e a una riduzione delle cellule mucipare caliciformi, avviando così il circolo vizioso che costituisce l’essenza del problema2. Qualunque lac interferisce con la stabilità del film lacrimale; pertanto persone in una condizione “borderline” ma normalmente asintomatiche, possono sviluppare la specifica sintomatologia da occhio secco durante il porto di lac. Esse infatti interagiscono sia con il film lacrimale (destabilizzandolo) che con la superficie dell'epitelio corneale (causando perdita di integrità e riduzione dei microvilli). Oltre che dalle lac, la manifestazione di una sintomatologia riconducibile ad una condizione di occhio secco marginale può essere indotta da numerosi fattori ambientali; i più comuni sono la ridotta umidità ambientale, l'uso di aria condizionata o di termoconvettori per la regolazione della temperatura, il fumo, la polvere, il vento, l'uso del computer (che causa riduzione della frequenza degli ammiccamenti). Ognuno di questi elementi, singolarmente oppure combinati, può rappresentare il meccanismo di innesco per lo sviluppo di una condizione di occhio secco marginale. Un ruolo chiave è relativo alla riduzione della frequenza degli ammiccamenti e all'aumento della velocità di evaporazione del film lacrimale: esiste un valore predittivo, definito “indice di protezione oculare” (IPA), che esprime normalità oppure problematicità. L’IPA viene calcolato mediante il rapporto tra il tempo di rottura del film lacrimale (BUT) e l’intervallo di tempo che trascorre tra un ammiccamento e l’altro (IBI); quando il rapporto BUT/ IBI è minore di 1 è probabile che il portatore sviluppi i sintomi tipici ed evidenzi i segni caratteristici della condizione di occhio secco marginale3. Altre caratteristiche che influiscono sul comfort del portatore di lac sono la bagnabilità, il modulo di elasticità e la levigatezza delle superfici delle lac. Ai portatori di lac che manifestano condizioni di occhio secco marginale è opportuno applicare lac con un elevato bilanciamento idrico, oppure utilizzare materiali capaci di rilasciare molecole bioattive che contrastino la condizione di secchezza. La terapia della sindrome da occhio secco marginale prevede l’utilizzo di sostituti lacrimali e di prodotti lubrificanti. I sostituti lacrimali contengono acqua, sali, sistema tampone, conservanti, addensanti e altri ingredienti che sono finalizzati a integrare la componente mucinica o la componente lipidica del film lacrimale, a rendere la superficie oculare idrofila, a ridurre la tensione superficiale e a garantire al film lacrimale una densità che gli permetta di rimanere disteso sulla superficie corneale per un intervallo di tempo adeguato4. I principali polimeri utilizzati per i sostituti lacrimali includono derivati della cellulosa (hydroxypropylmethyl cellulose, carboxymethyl cellulose, hydroxyethyl cellulose), polyvinyl alcohol (PVA), carbomer, polyvinyl pyrrolidone, polyethylene glycol e destrano. Sono prodotti generalmente ben tollerati nelle concentrazioni in uso, ma talvolta le formulazioni maggiormente viscose divengono poco confortevoli e causano visione sfuocata, adesività e formazione di residui. Alcuni di questi polimeri, che sono definiti Newtoniani, non riducono la propria densità al momento dell'ammiccamento limitando così la possibilità di distribuirsi sulla superficie oculare e riducendo quindi la propria efficacia5. Per alleviare il discomfort e superare tali limitazioni, è recentemente cresciuta l'attenzione verso gli integratori lacrimali che esibiscono un comportamento non Newtoniano, in particolare verso i polimeri pseudoplastici come l'acido ialuronico6. L’acido ialuronico L'acido ialuronico (HA) è un polisaccaride lineare formato da unità di disaccaridi contenenti N-acetyl-d-glucossamine e acido glucuronico (Figura 2). Possiede una massa molecolare nell'ordine dei milioni di Dalton ed è dotato di interessanti proprietà viscoelastiche e reologiche, che sono l’espressione delle sue caratteristiche polimeriche e di polielettrolita. L'HA è presente in numerosi fluidi e tessuti biologici, nei quali gioca un ruolo fondamentale. In clinica medica è utilizzato come marker diagnostico per varie patologie tra cui il cancro, l'artrite reumatoide e alcune malattie epatiche. È utilizzato anche come principio attivo, ad esempio per sopperire alle insufficienze di CO2OH O H H H O CO2¯ H HO O H O H OH H H OH H H NHCCH3 O n Figura 2 Struttura dell'unità di disaccaride che si ripete nell'acido ialuronico. M. Fagnola e altri / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 45-52 46 ARTICO L O L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia liquido sinoviale nei pazienti artrosici mediante iniezioni intra-articolari. Inoltre viene utilizzato nella chirurgia oftalmica, nella chirurgia otorinica e nella chirurgia estetica per rigenerare e ricostruire i tessuti molli. Dal 1980 numerosi studi scientifici e industriali hanno permesso una miglior comprensione delle proprietà e delle funzioni dell'HA, che ormai è utilizzato in molteplici applicazioni di svariate aree biomediche anche se, ancor oggi, è considerato un principio attivo di nuova generazione7-11. L'HA appartiene ad un gruppo di sostanze conosciute come glicosaminoglicani (GAGs) e, tra queste, è il polimero strutturalmente più semplice perché è l'unico che non si presenta associato o legato a proteine, che non è sintetizzato nell'apparato di Golgi e che non ha gruppi solfato. L'HA è largamente diffuso nel corpo umano e in quello degli altri vertebrati, ma la sua maggiore presenza si riscontra nella matrice extracellulare dei tessuti connettivi lassi12. Si stima che in un essere umano adulto del peso di circa 70 Kg vi siano 15 g di HA; di questi, più della metà (56%) è contenuta nella pelle13. Nella cresta del gallo si trova un’elevata quantità di HA il quale, oltre che nei vertebrati, è presente in alcune specie batteriche e in vari tipi di streptococchi mentre è totalmente assente in funghi, piante e insetti. Recentemente è stato pubblicato un ampio studio sulle fonti da cui può essere isolato l'HA e sull'eventuale presenza di potenziali impurità 14. Un breve elenco della quantità di HA reperibile nei differenti tessuti animali è riportato nella Figura 315. L’acido ialuronico negli organismi viventi Negli organismi viventi l’HA si concentra principalmente nella matrice extracellulare e nella matrice pericellulare, ma è stato recentemente dimostrato che è presente anche nello spazio intracellulare16. Nel corpo umano, la maggior concentrazione di HA è nel fluido sinoviale, nel cordone ombelicale e nell'umore vitreo. Quasi la metà dell'HA presente nel corpo umano si trova a livello dermico, localizzato nello spazio intracellulare dove può raggiungere una concentrazione di 2.5 g/l. Il contenuto di HA è relativamente scarso nella cartilagine, anche se ne rappresenta un importante elemento strutturale. L'HA svolge la funzione di matrice in cui le cellule sono alloggiate, oltre a giocare un importante ruolo in svariati processi a livello dermico. È in grado di trattenere acqua nei tessuti e, di conseguenza, può variare il volume e la compressibilità della pelle. Può influenzare la proliferazione cellulare, la differenziazione cellulare e i processi di riparazione del tessuto. Inoltre l’HA si occupa di smaltire i radicali liberi generati dall'azione dei raggi ultravioletti solari della pelle (ovvero il più grande organo del corpo umano e la prima barriera protettiva tra tessuti sottostanti e ambiente esterno): la componente ultravioletta della luce esercita infatti un forte stress ossidativo sulle cellule, rischiando di danneggiarne il materiale genetico e causarne degenerazione e morte. Cambiamenti nell'HA si osservano con l'invecchiamento, nel corso di processi cicatriziali e nelle malattie degenerative, soprattutto se coinvolgono la pelle17. Nel fluido sinoviale, l'alta concentrazione di HA a elevata massa molare provvede alla necessaria lubrifica- TESSUTO O FLUIDO CONCENTRAZIONE µg/ml NOTE Cresta di gallo 7500 Il tessuto animale col maggior contenuto di HA Cordone ombelicale umano 4100 Contiene principalmente HA con peso molecolare relativamente elevato Articolazione umana (fluido sinoviale) Cartilagine nasale bovina 1400-3600 1200 Il volume del liquido sinoviale aumenta in condizione di infiammazione; ciò determina una riduzione della concentrazione di HA Spesso usato come modello per gli studi sperimentali sulla cartilagine Corpo vitreo umano 140-340 La concentrazione di HA aumenta con la maturazione del tessuto Derma umano 200-500 Proposto come agente di "ringiovanimento" in dermatologia cosmetica Epidermide umana 100 La concentrazione di HA è maggiore in prossimità delle cellule che lo producono Cervello di coniglio 65 Si suppone che l'HA riduca la probabilità di tumore al cervello Cuore di coniglio 27 Linfa toracica umana 0.2-50 Urina umana 0.1-0.3 L'HA è il maggior costituente della matrice patologica causa di occlusione dell'arteria in caso di restenosi coronarica Il basso peso molecolare di questo HA è spiegato dall'assorbimento preferenziale, da parte delle cellule endoteliali epatiche, per le grandi molecole L'urina è anche un importante fonte di ialuronidasi Siero umano 0.01-0.1 La concentrazione di HA aumenta nel siero dei soggetti anziani così come nei pazienti con artrite reumatoide o cirrosi epatica Figura 3 Presenza e concentrazione di HA in vari tessuti animali28. M. Fagnola e altri / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 45-52 47 L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia zione dell'articolazione, assorbe efficacemente gli shock meccanici, riduce la frizione tra le ossa in movimento e previene l'usura delle articolazioni. Durante i processi infiammatori causati dalle patologie artritiche (osteoartriti o artriti reumatoidi), l'alta massa molare dell'HA viene degradata ad opera di forme reattive di ossigeno, che riducono la sua viscosità e deteriorano le sue caratteristiche lubrificanti provocando così dolore articolare e difficoltà di movimento18. Sebbene in passato si fosse attribuito all’HA semplicemente il ruolo di molecola inerte con funzioni di riempimento del tessuto connettivo, studi successivi hanno identificato siti di legami proteici e specifici recettori che evidenziano il ruolo di attiva mediazione dell'HA in numerose attività fisiologiche19. Recentemente è stato infatti attribuito all'HA un importante ruolo nell'embriogenesi, nella trasduzione dei segnali, nella motilità cellulare, nell'invasività delle cellule cancerogene e nella formazione delle metastasi20. Pur presentando una semplice e uniforme struttura primaria, il polimero di HA può raggiungere grandi dimensioni e, proprio in funzione della dimensione raggiunta, può svolgere un ruolo biologico diversificato. I polimeri di grandi dimensioni, oltre che svolgere funzioni di riempimento, hanno una funzione anti-angiogenica e immunosoppressiva. I polimeri di medie dimensione (20-50 disaccaridi) si caratterizzano come agenti infiammatori, immunostimolatori e altamente angiogenici. I polimeri di piccole dimensioni si comportano come antiapoptotici e stimolano la produzione di proteine implicate nello shock termico21. Una recente pubblicazione22 fornisce un accurato studio sull'ampio range di dimensioni che il polimero di HA può assumere e sulle sue specifiche funzioni. L'HA presente nel corpo umano è sintetizzato per mezzo di enzimi chiamati Hyaluronic-Acid-Synthase (HAS); la sua sintesi è normalmente bilanciata dal contemporaneo catabolismo, pertanto la sua concentrazione nei tessuti rimane costante. I cheratinociti dell'epidermide sono un esempio di cellule che attivamente sintetizzano e catabolizzano ialuronati; in questo caso l'emivita delle molecole di ialuronato è incredibilmente breve ovvero meno di un giorno. Esistono però anche cellule che sintetizzano più HA di quello che catabolizzano, così come esistono cellule che catabolizzano più HA di quello che sintetizzano13. Le applicazioni dell’acido ialuronico in farmacologia Le aree di applicazione clinica dell'HA e dei suoi derivati sono state classificate da Balazs23 nel seguente modo, in relazione alle loro finalità: (1)Protezione di tessuti delicati e fornitura di spazio durante interventi chirurgici (2) Aumento della viscosità, riempimento e aumento di volume di un tessuto (come la pelle), di un muscolo sfintere o di un tessuto della faringe (3) Separazione di tessuti connettivi con superfici traumatizzate a causa di procedure chirurgiche o di traumi al fine di prevenire adesioni o eccessive formazioni cicatriziali (4) Rimpiazzo o implementazione di fluidi tissutali (ad esempio rimpiazzo del fluido sinoviale nei soggetti affetti da artrite per alleviarne la sintomatologia) (5) Protezione di tessuti sani, feriti o offesi da secchezza o da agenti nocivi ambientali e promozione della guarigione di determinate superfici. In farmacologia i gruppi carbossilati di HA sono utilizzati per produrre idrogel cross-linked in grado di intrappolare e poi liberare molecole bioattive. L'HA viene anche usato per preparare microcapsule che migliorano la somministrazione di alcuni farmaci24 e per migliorare la biocompatibilità delle microsfere di chitosan usate come vettori di farmaci25. Microsfere di HA sono inoltre utilizzate per trasportare plasmidi di DNA e anticorpi monoclonali nel trasferimento genico e verso specifici siti bersaglio26. Le applicazioni dell’acido ialuronico in oftalmologia Sono ampie le possibili applicazioni dell'HA in Ortopedia, Reumatologia, Otorinolaringoiatria, Dermatologia e Chirurgia Plastica. Nella terapia delle ferite, l’elevato peso molecolare dei preparati a base di HA (applicati a livello topico) promuove e favorisce la guarigione delle ferite a livello cutaneo, la guarigione delle ulcere venose (specie a livello delle gambe) e la terapia delle lesioni croniche27. L’HA, grazie alle sue proprietà antiossidanti, è utile anche come componente antinfiammatorio nelle ferite profonde con perdita di materiale. L’HA è il maggior componente del corpo vitreo ed è una macromolecola assai importante anche in oftalmologia. Grazie alle sue proprietà viscoelastiche è utilizzato in numerosi interventi chirurgici in campo oftalmologico, sia per proteggere i tessuti oculari più delicati che per procurare spazi durante la manipolazione chirurgica. Il suo maggior utilizzo consiste però nella sostituzione o nell’integrazione del corpo vitreo che è stato perso durante varie manovre chirurgiche, la più frequente delle quali è l’impianto di IOL. Le soluzioni a base di HA sono anche utilizzate come protettori viscoelastici dell’endotelio corneale durante gli interventi di trapianto corneale. Attualmente in oftalmologia sono disponibili numerosi preparati caratterizzati dalla presenza di catene di HA (di diverse dimensioni molecolari)28. M. Fagnola e altri / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 45-52 48 ARTICO L O L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia Le applicazioni dell’acido ialuronico in contattologia L'HA è una delle molecole più igroscopiche presenti in natura e, idratato, può contenere una quantità di acqua mille volte superiore al proprio peso29. In contattologia, questa eccezionale capacità di ritenzione idrica viene sfruttata per migliorare l'idratazione dell'area precorneale30; l’HA è infatti uno dei principi attivi più impiegati nei numerosi sostituti lacrimali in commercio e nel trattamento delle varie forme di occhio secco (da quelle più gravi a quelle marginali)31,32. L'HA, grazie alla sua alta viscosità e alla sua elevata capacità di legare acqua33, viene impiegato come principio attivo in numerosi colliri in quanto protegge e lubrifica la superficie oculare e migliora la sintomatologia correlata alle sindromi da occhio secco34,35. Viene spesso anche inserito nelle formulazioni delle soluzioni per la manutenzione delle lac, in quanto provvede a migliorare e prolungare il comfort dei portatori aumentando la bagnabilità della lente e inducendo così una riduzione della frequenza degli ammiccamenti36,37. L’HA può anche fungere da eccipiente quando viene utilizzato insieme ai farmaci, aumentando il loro tempo di permanenza nell'area precorneale e quindi migliorando la biodisponibilità dei farmaci stessi38,39. È stato dimostrato che l'applicazione topica di HA (0.1% W/V) riduce la sintomatologia soggettiva e i segni clinici nei soggetti con sindrome da occhio secco40,41. Altre ricerche hanno dimostrato che l'HA può efficacemente proteggere l'epitelio corneale42 e migliorare la stabilità del film precorneale43. L'utilizzo di HA è in grado di ripristinare la secrezione di lattoferrina e difensine B, grazie alla sua elevata mucoadesività e alla sua capacità di ritenzione idrica nell'area precorneale; ciò velocizza e favorisce il ripristino della condizione fisiologica ottimale, agevolando i meccanismi di riepitelizzazione corneo-congiuntivali. È stato dimostrato che, quando instillato nell'area pre-corneale, l'HA promuove e favorisce la guarigione fisiologica, stimolando la migrazione e la proliferazione dei cheratociti44,45. Le soluzioni a base di HA hanno un comportamento non Newtoniano ovvero sono soluzioni ad alta viscosità quando sono sottoposte a forze di taglio poco intense (occhio aperto), a bassa viscosità quando sono sottoposte a forze di taglio più intense (ammiccamento); tale comportamento permette un'adeguata distribuzione e un’ottimale lubrificazione della superficie oculare46,47. Un'altra rilevante caratteristica dell’HA è la muco-adesività, che gli permette di formare un rivestimento duraturo e di fornire una stabile protezione alla superficie corneale48-50. Le caratteristiche biologiche dell'acido ialuronico determinano una modificazione della popolazione microbica aerobica ed anaerobica presente nel segmento anteriore dell’occhio, ripristinando i batteri saprofiti della superficie oculare. Utilizzandolo, si osserva infatti una riduzione dello Pseudomonas e dello Staphylococcus aureus a favore dello Stafilococco epidermidis; ciò avviene probabilmente grazie al ripristino della secrezione di lattoferrina e di difensine B prodotte dalle cellule epiteliali congiuntivali, che sono debilitate nei soggetti con occhio secco marginale. L'HA può infatti evitare una situazione infiammatoria cheratocongiuntivale da iposecrezione, può risolvere l'iposecrezione relativa ed inoltre può diminuire l'incidenza delle mucin-balls, talvolta associate all'uso prolungato di lac in silicone idrogel51. L'HA presente nell'area pre-corneale funge infine da tampone osmotico, aiutando a mantenere l'idratazione del tessuto. Nel complesso, in sua presenza si riscontra una maggior funzionalità dell'attività di barriera dell'epitelio corneale15,52. Sempre più produttori di lac inseriscono nella matrice polimerica e/o nel blister della lac dei polimeri capaci di migliorare la bagnabilità superficiale o la capacità di mantenere l'idratazione costante; l'acido ialuronico rappresenta un'alternativa ai più noti agenti umettanti impiegati sino ad ora e si differenzia da questi perché è un polimero naturale, presente nel corpo umano e a livello oculare. In questi anni sono state introdotte sul mercato lac contenenti HA nella loro matrice polimerica e nella soluzione contenuta nel blister, che sfruttano le proprietà dell'HA per migliorare il comfort durante le ore di porto. A conferma delle prospettive di impiego dell'HA in contattologia, che presentano interessanti margini di crescita, alcuni produttori di lac ed alcuni organi di controllo hanno richiesto la messa a punto di tecniche, relativamente semplici, per quantificare l'HA presente in soluzione, nelle condizioni e nelle concentrazioni tipiche di questi prodotti. Da un’analisi della letteratura relativa alle tecniche analitiche riportate, risulta che le bande di assorbimento ottico mostrate a lunghezze d’onda intorno a 200 nm o inferiori sono poco utilizzabili, in quanto coperte dalle bande di assorbimento della matrice polimerica o della soluzione nella quale l'acido ialuronico è disperso. La maggior parte dell'ampio ventaglio di tecniche analitiche riportate oggi in letteratura consente l’analisi di soluzioni contenenti HA a concentrazioni più elevate di quelle utilizzate in contattologia, peraltro con tecniche analitiche realizzate per operare in contesti profondamente differenti o che richiedono minor sensibilità. Recentemente sono però state sviluppate due nuove tecniche per la determinazione di HA in soluzione. La prima è un metodo indiretto che si basa sullo studio della variazione del tipico picco di assorbimento del colorante libero Alcian Blu in funzione della concentrazione di HA. L'intensità di tale picco decresce all'aumentare dei complessi HA/colorante. La sensibilità della tecnica con Alcian Blu, che può essere utilizzata sia con soluzioni di acqua deionizzata che con soluzioni saline, permette di rilevare la presenza di 2.5 µg/ml di HA; la dipendenza M. Fagnola e altri / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 45-52 49 L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia Figura 4 Assorbanza di soluzioni contenenti HA e Alcian Blu in soluzione salina. I pallini indicano l’assorbanza media misurata in diverse soluzioni preparate con le stesse concentrazioni nominali, la barra dell’errore indica la corrispondente deviazione standard e la linea indica il fit lineare dei dati sperimentali tra 2.5 e 20 µg/ml 53. Figura 5 Assorbanza misurata a 520 nm (rombi vuoti) e a 640 nm (rombi pieni) di soluzioni contenenti Stain All (0.03 mg/ml) e HA (varie concentrazioni) in acqua deionizzata e metanolo. I rombi indicano l’assorbanza media misurata in diverse soluzioni con le stesse concentrazioni nominali e la barra dell’errore indica la relativa deviazione standard; le linee indicano i fits lineari dei dati sperimentali nei corrispondenti intervalli di concentrazione 53. tra il valore di assorbanza misurata a 550 nm la concentrazione di HA risulta lineare nell'intervallo compreso tra 2.5 e 20 µg/ml (Figura 4). La seconda tecnica, in cui si utilizza il colorante Stain All, si basa sull'osservazione di due picchi di assorbimento: uno a 520 nm, che è attribuito al colorante libero e che decresce all'aumentare della concentrazione di HA; uno a 640 nm, che è attribuito al complesso HA/colorante e la cui intensità cresce all'aumentare della concentrazione di HA. Considerando il picco a 520 nm, la sensibilità della tecnica con Stain All è risultata migliore in quanto raggiunge 0.25 µg/ml, ma è influenzata dall’eventuale presenza di altri anioni (come tipicamente accade in soluzione salina). Al contrario, quando si considera il picco a 640 nm, la sensibilità è la stessa che caratterizza il protocollo basato sull'Alcian Blue (Figura 5)53. ma, poiché l'HA nei tessuti biologici è generalmente legato anche ad altri biopolimeri, debbono essere adottate specifiche procedure per renderlo puro. In funzione della sempre migliore efficienza del processo di “purificazione”, è oggi possibile ottenere preparati di HA di dimensioni comprese tra alcune centinaia di migliaia di Dalton fino a circa 2.5 MDa così che, attualmente, la domanda di HA per applicazioni mediche è ampiamente soddisfatta. In passato l'HA è sempre stato ricavato da tessuti animali (specialmente dalla cresta di gallo) e l'FDA approva tale fonte di approvvigionamento per l’uso medico (come, per esempio, accade con l'Healon in chirurgia oftalmica). Negli ultimi tempi, diverse compagnie hanno però iniziato a proporre HA prodotto per fermentazione, che viene secreto da microorganismi come lo Streptococcus zooepidemicus e lo Streptococcus equi, utilizzando diversi ceppi attenuati di streptococchi (s-HA)56,57. Lo s-HA risponde ai requisiti di massa molare, raggiungendo diversi milioni di Dalton58. Se l'HA di origine animale ha l’indubbio vantaggio di poter raggiungere pesi molecolari anche superiori ai 5 MDa, ha però lo svantaggio di poter contenere varie proteine e di poter causare reazioni allergiche. L'acido ialuronico prodotto per fermentazione non provoca invece reazioni allergiche e può raggiungere pesi molecolari compresi tra 0.5 e 2.5 MDa; può però contenere endotossine. Fonti biologiche dell’acido ialuronico L’indotto economico legato all'HA è enorme e si stima sia superiore al bilione di dollari54,55; ciò perché l'HA ricopre un ruolo essenziale dal punto di vista funzionale per numerosi tessuti dei vertebrati. Vari tessuti animali (come la cresta del gallo, la pelle dello squalo e il globo oculare del bovino) ne contengono elevate quantità e rappresentano preziose fonti di approvvigionamento di HA (Figura 3) M. Fagnola e altri / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 45-52 50 ARTICO L O L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia Recentemente, per produrre su scala industriale HA (bHA) è stato proposto un nuovo processo di fermentazione basato sul Bacillus subtilis; questo nuovo tipo di HA non contiene endotossine, ma non esistono ancora studi clinici riguardanti il suo utilizzo in forma iniettabile59. Le prime due tecniche descritte portano alla produzione di HA ad alto peso molecolare (>1 MDa), mentre la produzione basata sul Bacillus subtilis fornisce HA di peso molecolare compreso tra 0.6 e 1 MDa. Le soluzioni preparate con HA ad alto peso molecolare sono viscose alle concentrazioni utilizzate nei colliri (0.1-0.3% W/V)60. È importante che siano dotate di una certa viscosità, affinché non vengano immediatamente drenate dalla superficie oculare e possano garantire un lungo tempo di permanenza nel segmento anteriore dell’occhio, migliorando così la loro efficacia; non devono peraltro essere eccessivamente viscose in quanto causerebbero visione sfuocata o fluttuante. Ogni anno sono prodotte e vendute varie tonnellate di HA prodotto per fermentazione. È presente il rischio che il ceppo batterico subisca mutazioni e associ la produzione di HA con quella di tossine, pirogeni o immunogeni; ciò ostacola, nelle applicazioni cliniche, un'ampia diffusione dell'HA prodotto per fermentazione. Per questo motivo i campioni di HA derivati dalla cresta di gallo sono tutt’oggi i preferiti per i trattamenti medici, specialmente nei casi in cui il prodotto è destinato ad essere iniettato, nonostante che anche questo tipo di HA non sia esente da difetti: è infatti controindicato nei soggetti che presentano allergie ai prodotti aviari ed è proprio per questo motivo che le aziende del settore continuano a ricercare e testare nuove fonti possibili di HA28. Conclusioni Le soluzioni oftalmiche ad uso topico contenenti HA sono sempre più conosciute ed apprezzate grazie alle caratteristiche di questo interessante polimero naturale, che spesso è utilizzato come agente umettante ed integratore lacrimale. I recenti sviluppi nel campo delle biotecnologie consentono oggi di optare per l'HA con il peso molecolare più adeguato all'uso, scegliendo tra un ampio ventaglio; vengono proposti HA ad alto peso molecolare (>1 MDa) e a medio peso molecolare (0.6-1.0 MDa) mentre le soluzioni oftalmiche che fanno uso di HA presentano generalmente concentrazioni di HA comprese tra 0.1 e 0.3% W/V. Numerosi studi stanno analizzando come e quanto il peso molecolare che caratterizza l'HA possa influenzare la sua capacità di legare molecole d'acqua, il suo profilo reologico, il tempo di permanenza nell'area pre-corneale e la tollerabilità della soluzione oftalmica. Tali studi potranno chiarire se esiste un HA con un peso molecolare ottimale, da preferire quindi a tutti gli altri, oppure se è necessario variare il suo peso molecolare in relazione alle diverse problematiche. Bibliografia 1 Young G, Veys J, Pritchard N, Coleman S. A multi-centre study of lapsed contact lens wearers. 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Fagnola e altri / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 45-52 52 Nicola Pescosolido*, Chiara Nardella** Sapienza - Università di Roma *Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento **Dipartimento di Scienze Oftalmologiche Gli autori revisionano alcuni lavori di letteratura sulla stretta evidenza esistente tra il tipo di lente a contatto, la soluzione usata per la sua manutenzione, nonchè la loro combinazione e la presenza di eventi avversi oculari legati al porto giornaliero delle lenti in silicone idrogel oggigiorno molto diffuse sul mercato. Tra le diverse associazioni “lente-soluzione” indagate nei vari studi, il perossido di idrogeno con ogni tipo di lente ha mostrato la più bassa incidenza di eventi infiltrativi corneali, complicanze direttamente correlate con il discomfort e la tollerabilità all’uso delle lac nei sempre più numerosi consumatori. Come per eliminare le complicanze legate all’uso di lac è di fondamentale importanza conoscere il tipo di relazione esistente tra le diverse combinazioni “lente-soluzione”, cosi’ lo è la ricerca di nuovi materiali biocompatibili e la comprensione dei meccanismi di reazione tra farmaco e struttura della lente nella produzione delle nuove lenti a contatto medicali. PAROLE CHIAVE Lenti a contatto in silicone idrogel, soluzioni per manutenzione lac, lenti medicali Ricevuto il 14 maggio, 2010; accettato il 14 settembre, 2010. Introduzione Le lenti in silicone idrogel hanno conquistato ad oggi un ampio settore di mercato grazie al caratteristico elevato valore di permeabilità all’ossigeno (Dk) che si traduce nella capacità di eliminare o ridurre i segni clinici dell’ipossia offrendo così all’occhio un comfort maggiore. Originariamente introdotte per il porto prolungato, le lenti a contatto in silicone idrogel sono diffusamente usate anche per l’uso giornaliero. Questo ha indirizzato l’attenzione dei professionisti e dell’industria del settore verso la conoscenza delle complicanze associate al loro uso come causa di ridotta tollerabilità e quindi anche verso i sistemi per la manutenzione quotidiana1. È infatti necessario comprendere come ogni singola soluzione, usata per la manutenzione giornaliera delle lenti a contatto (lac), interagisca in maniera diversa e specifica con gli svariati materiali in silicone idrogel presenti sul mercato. Tale specificità si traduce conseguentemente in diversi gradi, più o meno gravi, di discomfort. Dunque, in relazione a quanto detto, assume una certa importanza la definizione di adeguate indicazioni in base alle quali poter scegliere una particolare combinazione “lente-soluzione” che sia più efficace e meno critica. Rassegna Sono stati compiuti numerosi lavori al fine di predire l’esito clinico delle diverse combinazioni esistenti tra soluzioni per la manutenzione e lenti in silicone idrogel. Già nel 2002 Jones et al.2 avevano evidenziato e sollevato l’interesse sull’ evidenza di staining corneale risultante dall’uso di lenti in silicone idrogel associate a specifiche soluzioni. Più recentemente Andrasko et al. 3, allo scopo di fornire uno strumento di riferimento che fornisse informazioni sul livello di biocompatibilità delle diverse combinazioni, hanno formulato una griglia di staining. I dati si basano su risultati ottenuti in seguito all’immersione di una lente (per un’intera notte) in diverse soluzioni al fine di registrare la percentuale media di staining corneale (per area) valutata il giorno successivo dopo 2 ore di porto. (Tab. 1). Andrasko e Reyen4-5 hanno valutato ancora la comparsa di staining mediante l’uso di un test provocativo eseguito a 2 e 4 ore di porto della lac. Prima dell’applicazione le lenti venivano bagnate nella soluzione per un tempo di 12 ore. Le soluzioni usate nello studio sono riportate in tabella (Tab.2). I pazienti, inoltre, prima di utilizzare le nuove lenti dovevano immergerle nelle diverse soluzioni per almeno 12 ore. La severità degli staining (0-4) e le dimensioni dell’area interessata (0-100%) sono state registrate per 5 diverse zone della cornea in ogni occhio. Le combinazioni lente-soluzione che mostravano l’area più estesa di staining erano: • Complete® MoisturePLUS™/ PureVision™ at 2 hrs (38%) and 4 hrs (33.7%) 53 ARTICO L O La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali Marche delle soluzioni Renu Fresch3 Renu Sensitive3 5% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 2% 57% 23% 6% 12% 61% 54% 53% 42% 1% 1% 1% 73% 32% 17% 8% 66% 62% 63% 56% 1% 1% 1% 13% 4% 12% 2% 16% 13% 12% 12% 2% 1% 3% 5% 9% 5% 4% 3% 12% 8% 13% 10% 2% 2% 3% 2% 4% 2% 2% 2% 4% 3% 3% 2% Unisol 4 Saline Clear Care4 Acuvue5 2 1% 1% 2% Proclear 1% 1% Soflens 66 1% 1% Idrogel Silicone Idrogel 6 3 Acuvue Advance5 Acuvue Oasys5 Biofinity6 * Private Label Complete MPS Easy Rub2 1 Opti-free Opti-free Replenisch1 Replenisch1 Aquify4 Walmart Target Walgreen CVS MPS MPS MPS MPS (Renu M+) (Renu M+) (Renu M+) (Renu M+) No test No test programmato programmato Purevision 2% 1% 4% 7% 73% 43% 15% 21% 71% 76% O2 Optix4 2% 1% 2% 5% 24% 7% 3% 3% 41% 28% 28% 24% Night & Day4 2% 1% 2% 3% 24% 11% 1% 3% 36% 24% 26% 22% Salina H2O2 3 POLYQUAD Biguanide Tabella 1 Griglia di Andrasko. In base al colore la percentuale media di staining corneale (per aerea) è cosi’ organizzata: verde = sotto il 10%; giallo = dal 10% al 20% ; rosso = sopra il 20% *Private Label o marche private sono prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto/servizio (Distributore) (da Andrasho et al.,2006). Soluzioni per la manutenzione delle lac usate nello studio di Andrasko e Reyen 4-5 Tipi di lenti utilizzate nello Studio IER Matrix Soluzione Marca Molecola Lente Opti-Free Express Alcon polyquaternium-1 ACUVUE ADVANCE ReNu MoistureLoc B&L alexidine AQuify Complete MoisturePLUS CIBA polyhexanide polyhexamethylene biguanide AMO Pure Vision Marca Vistakon, Johnson & Johnson, Vision Care Inc Vistakon, Johnson & Johnson, Vision Care Inc Baush & Lomb AIR OPTIX CIBA VISION ACUVUE OASYS Tabella 2 Le soluzioni riportate nello studio di Andrasko e Reyen (da Andrasko et al., 2008). Tabella 3 Le lenti utilizzate nello Studio IER Matrix (da Carnt et al.,2007). • AQuify™/ PureVision™ at 2 hrs (21.3%) and 4 hrs • ReNu® MoistureLoc®/ Oasys™ at 4 hrs (8.2%) • ReNu® MoistureLoc®/ PureVision™ at 4 hrs (8%) • ReNu® MoistureLoc®/ O 2Optix™ at 4 hrs (7.4%) • AQuify™/ O 2Optix™ at 2 hrs (7.1%) OPTI-FREE® EXPRESS® utilizzata con ogni tipo di lente risultava determinare le aree di staining di dimensioni minori (3.5% dopo 2 ore e 3.8% dopo 4). Anche in questo caso i risultati dello studio dimostrano come alcune combinazioni lente in silicone idrogel/soluzione unica (MPS) possano causare in maniera più o meno importante staining a livello della cornea dei soggetti che le utilizzano. Carnt et al. nel 20076 hanno continuato ad esaminare il variabile rapporto esistente tra i difetti dell’epitelio corneale indotti dal tipo di manutenzione utilizzata per la cura delle lac e il legame con l’infiammazione della cornea stessa. In un loro secondo studio (Studio IER Matrix)7 hanno raccolto e indagato i dati relativi a gruppi di circa 40 pazienti seguiti per tre mesi durante l’utilizzo di 16 combinazioni “soluzione-lente in silicone idrogel”, per un totale di 640 associazioni paziente-liquido-lente. I partecipanti allo studio venivano visitati per un totale di 4 volte durante lo studio: all’inizio, a due settimane, a 1 e a 3 mesi. Le lenti e le soluzioni utilizzate nello studio sono riportate in tabella (Tab. 3 e 4). Ai pazienti è stato chiesto di indossare le proprie lenti per un minimo di 6 ore al giorno per 5 giorni la settimana. Lo staining corneale è stato misurato sulla nuova scala di gradazione IER da 0 a 4 per estensione (0= nessuno,1= ≤5 %, 2 = 6 % -15 %, 3 = 16 % - 30 % e 4 = >30 % ) in ciascuna delle 5 zone della cornea. Inoltre, i clinici hanno indicato la presenza dei difetti epiteliali indotti dalla soluzione secondo tale definizione: staining diffuso e puntato (grado di estensione 1 e superiori) in almeno 4 delle 5 regioni (centrale, superiore, inferiore, nasale e temporale) della cornea. Può essere presente anche staining congiuntivale che si estende dal limbus al bordo della lente. Una rappresentazione di staining da lac è raffigurato in figura 1 (Fig.1). I dati dello studio IER Matrix sono riportati nella tabella 5. I valori presentati indicano la percentuale di pazienti con SICS (staining corneale indotto dalle soluzioni) per N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60 54 Figura 1 Staining corneale (notare l’impronta causata dalla lente). (Per gentile concessione Academy for Eyecare Excellence di CIBA VISION). mese durante i primi 3 mesi di utilizzo di una particolare combinazione lente/soluzione. Il valore complessivo di SICS per tutti i pazienti nelle 16 celle è stato del 4,9%. Nel 73% dei casi il difetto epiteliale corneale era bilaterale. La maggioranza degli occhi (61%) presentava uno staining diffuso,insieme ad un 39% che mostrava staining periferico. La probabilità di SICS non era influenzata dal tipo di Tipi di soluzioni usate nello Studio IER Matrix Soluzione Marca Agente disinfettante AOSEPT plus CIBA VISION Solocare Aqua CIBA VISION OPTI-Free Express e OPTI-Free RepleniSH Alcon Laboratories Inc perossido di idrogeno poliesametilene biguanide Polyquaternium e miristilammidopropil dimetilammina -1 Tabella 4 Le soluzioni utilizzate nello Studio IER Matrix (da Carnt et al.,2007) Studio IER MATRIX: Staining corneale Staining corneale indotto dal tipo di soluzione per mese con la combinazione* Lenti/ soluzione AOSEPT H2O2 SOLOCARE OPTI-FREE OPTI.FREE AQUA Express RepleniSH POLAYQUAD POLAYQUAD PHMB e ALDOX e ALDOX ACUVUE ADVANCE ACUVUE OASYS AIR OPTIX 0.0% 0.9% 0.0% 0.0% (2W) 0.9% (2W) 2.5% (2W) 6.2% 7.1% (2W) 0.5% 3.2% 5.9% 6.7% Pure Vision 0.9% 23.2% 11.3% 20.9% Tabella 5 Percentuali di pazienti per mese che hanno mostrato staining indotto dal metodo di manutenzione delle lenti nei primi tre mesi di porto; 2W ( sostituzione dopo due settimane) (da Carnt et al.,2007). N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60 lente. Il 23 % dei pazienti presentava staining diffuso in un occhio e SICS con staining periferico nell’altro occhio. Il perossido di idrogeno aveva determinato in misura minore l’insorgenza di difetto corneale quando associato con il silicone idrogel rispetto a qualsiasi altro tipo di soluzione unica (p <0.001 ). Ciò suggeriva che questo fosse il sistema da prediligere al fine di evitare l’insorgenza di danno corneale. Per quanto riguarda le lenti, Pure Vision aveva presentato uno staining significativo con tutti i sistemi di manutenzione fatta eccezione per il perossido di idrogeno, mentre Acuvue Advance aveva avuto una frequenza più bassa di staining con le soluzioni uniche (p<0.001). Sono sorte delle difficoltà nel comparare le informazioni dello Studio IER Matrix e quelle della griglia di Andrasko e ciò è dovuto al fatto che quest’ultima riporta l’interessamento di un’area media della cornea dopo due ore di esposizione, mentre i dati IER riportano l’incidenza osservata in uno studio clinico nel corso di tre mesi. Il problema di tale approccio sta nel fatto che non ci sono conferme che il risultato a due ore sia correlabile dopo un periodo di porto più lungo. È chiaro dunque che per tali ragioni la griglia di Andrasko non identifica le combinazioni lente-soluzione potenzialmente problematiche nella realtà clinica. Successivamente, nel 2009 Carnt et al.8 hanno ancora studiato l’incidenza degli effetti collaterali dovuti all’uso giornaliero di varie lenti in silicone idrogel combinate con diverse soluzioni per la manutenzione. I dati di questo lavoro sono relativi a gruppi di circa 40 pazienti seguiti per tre mesi durante l’utilizzo delle 16 combinazioni “soluzione-lente in silicone idrogel”, per un totale di 640 combinazioni paziente-liquido-lente. Tipi di lenti a contatto Galyfilcon Lotrafilcon Lotrafilcon Senofilcon Balafilcon Parametro B A A A A Contenuto 33 38 36 47 24 d’acqua,% Raggio 8.7 8.6 8.6 8.8 8.6 base, mm Diametro della lente, 14 13.8 14.2 14 14 mm Spessore centrale a, 0.07 0.08 0.08 0.07 0.09 -3.00 D, mm Dk/t, 86 175 138 147 101 -3.00 D Gruppo 1 1 1 1 3 FDA Johnson & CIBA CIBA Johnson & Baush & Produttore Johnson VISION VISION Johnson Lomb Tabella 6 Parametri relativi alle lenti a contatto: D (Diottrie), Dk/t (trasmissibilità all’ossigeno), FDA (Food and Drug Administration) (da Carnt et al., 2009). 55 ARTICO L O La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali Le visite venivano eseguite nelle condizioni di base, dopo 2 settimane, 1 mese e 3 mesi di porto. Nello studio sono state utilizzate le seguenti lenti: ACUVUE ADVANCE® Galyfilcon A ( Johnson & Johnson), Air Optix® Nigth & Day® Lotrafilcon A (CIBA VISION), Air Optix® Aqua Lotrafilcon B (CIBA VISION), Senofilcon A (Johnson & Johnson) e ACUVUE OASYS® Balafilcon A (Bausch & Lomb). Le soluzioni usate invece erano: Aquify (CIBA VISION), Clear Care (CIBA VISION), OPTIFREE Express (Alcon) e OPTI-FREE RepleniSH (Alcon). I dettagli sul tipo di lenti e sul tipo di soluzioni sono elencati rispettivamente nelle tabelle 6 e 7. Le complicanze osservate nei pazienti inclusi nei diversi trials, in seguito all’utilizzo delle varie associazioni “lac in silicone idrogel-soluzione”, sono state raggruppate clinicamente in sintomatiche e asintomatiche. I tipi di eventi infiltrativi osservati nei soggetti arruolati nello studio nella metà dei casi erano eventi clinicamente asintomatici. Nonostante tali eventi vengano considerati ad eziologia sconosciuta e osservati anche in soggetti non caratterizzati dal porto giornaliero di lac in idrogel, si pensa che possano essere comunque il risultato di insulti locali ai quali potrebbe contribuire il tipo di lente o il particolare tipo di combinazione “lente-soluzione” utilizzata. Sono stati così evidenziati eventi infiltrativi corneali sintomatici (cheratite microbica MK, occhio rosso indotto da lac CLARE, cheratite infiltrativa IK e ulcere periferiche associate all’uso di lac CLPU), eventi infiltrativi asintomatici ( cheratiti infiltrative asintomatiche AIK e infiltrati asintomatici) e complicanze di tipo meccanico (lesione epiteliale arcuate SEAL, congiuntivite papillare indotta dall’uso di lac CLPC). Nei partecipanti sono stati osservati 70 CIE (eventi infiltrativi corneali) allo stadio iniziale, 18 SEAL, 1 erosione corneale, 10 CLPC e 107 staining corneali. I dati relativi all’ incidenza degli eventi infiltrativi, delle complicanze meccaniche e degli staining corneali sono riassunti rispettivamente nelle tabelle 8-9-10. L’incidenza delle lesioni epiteliali arcuate superiori era influenzata in maniera significativa dal tipo di lente piuttosto che dal tipo di soluzione; Balafilcon A usata con AQuify e Clear Care ha determinato una più alta incidenza di SEAL. L’incidenza degli eventi infiltrativi, considerati come tali sia quelli sintomatici che asintomatici, e della congiuntivite papillare indotta da lac variavano in maniera significativa in relazione al tipo di soluzione usata: l’evidenza di CIE con OPTI -FREE RepleniSH era più alta che con Clear Care e l’incidenza della CLPC era maggiore del 95% dell’intervallo di confidenza (CI). La comparsa di CIE sintomatici, invece, variava in maniera indipendente dal tipo di combinazione lente-soluzione usata. L’incidenza di CIE sintomatici con OPTI-FREE RepleniSH era più alta che con Clear Care e OPTI-FREE Express, con Lotrafilcon A era più alta piuttosto che con Lotrafilcon B. Infine, l’incidenza degli staining corneali osservata variava in relazione al tipo di combinazione soluzione-lente in silicone idrogel. In particolare, l’uso del perossido di idrogeno (Clear Care – CIBA VISION) ha SOLUZIONI,N.di CIE totali e sintomatiche (Incidenza per 100 partecipanti-mese) Cleare Care, Aquify, OPTI-FREE Express, OPTI-FREE, RepleniSH SOLUZIONI,N.delle complicanze meccaniche (Incidenza per 100 partecipanti-mese) Cleare Care, Aquify, OPTI-FREE Express, OPTI-FREE RepleniSH Componenti delle soluzioni Soluzione Principio Attivo Agente disinfettante Poliesamide (PoliesaAquify metilene biguanide) CIBA VISON 0.001% Perossido di idrogeno Clare Care CIBA VISION 3% POLYQUAD (Poliquaternium -1) 0.001% e OPTI-FREE Express ALDOX (miristilamAlcon midopropil dimetilammina) 0.0005% POLYQUAD 0.01% e OPTI-FREE RepleniSH Alcon ALDOX 0.0005% Tabella 7 Componenti delle soluzioni indagate nello studio (Carnt et al.,2009). Lente a contatto Galyfilcon A Senofilcon A Balafilcon A Lotrafilcon B Lotrafilcon A CIE tot. CIE s. CIE tot. CIE s. CIE tot. CIE s. CIE tot. CIE s. 1 0 4 3 1 1 4 3 0 0 8 2 2 1 6 1 0 0 3 1 4 1 9 7 2 0 1 1 2 0 3 2 1 1 7 3 1 1 11 11 Tabella 8 Incidenza degli eventi infiltrativi corneali (CIE) totali (asintomatici e sintomatici) e CIE sintomatici (s.= sintomatici ; tot.= totali) (da Carnt et al.,2009). Lente a CLPC SEAL CLPC SEAL CLPC SEAL CLPC. SEAL contatto Galyfilcon 0 1 0 0 2 0 1 0 A Senofilcon 1 0 0 0 0 0 0 0 A Balafilcon 2 2 0 8 0 1 1 0 A Lotrafil1 0 0 0 0 0 1 1 con B Lotrafil0 0 0 0 1 2 0 3 con A Tabella 9 Incidenza delle complicanze meccaniche associate all’uso dei diversi tipi di combinazioni lente-soluzione (CLPC: congiuntivite papillare, SEAL: lesione epiteliale arcuata superiore) (da Carnt et al.,2009) N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60 56 SOLUZIONI,N. di staining corneali (Incidenza per 100 partecipanti-mese) Cleare Care, Aquify, OPTI-FREE Express, OPTI-FREE RepleniSH Lente a contatto Galyfilcon A 0 1 0 0 Senofilcon A 1 3 7 8 Balafilcon A 1 24 11 15 Lotrafilcon B 1 3 6 8 Lotrafilcon A 2 1 8 7 Tabella 10 Incidenza degli staining corneali associati all’uso dei diversi tipi di combinazioni lente-soluzione ) (da Carnt et al.,2009) mostrato la più bassa incidenza di CIE e difetti dell’epitelio corneale. Questo studio mostra così chiaramente come il tipo di lente e la soluzione, nonchè la loro particolare combinazione, influenzano la comparsa e l’incidenza degli effetti avversi tra i soggetti che usano lac giornaliere in silicone idrogel.Gli stessi risultati, inoltre, suggeriscono che il materiale, il disegno della lente e i componenti delle soluzioni per la manutenzione sono tutti aspetti che influiscono sul comfort dei pazienti e sul porto delle lac. Con l’obbiettivo di eliminare i suddetti effetti avversi collegati al porto giornaliero di lenti a contatto in silicone idrogel sarebbe di fondamentale importanza comprendere il tipo di relazione esistente tra le diverse combinazioni lente-soluzione e studiare i prodotti per la manutenzione delle lac al fine di valutarne la biocompatibilità e favorirne la compliance. La ricerca di nuovi materiali biocompatibili che possono anche essere utilizzati come lac terapeutiche che rilasciano farmaci nell’occhio è quindi di grande attualità. L’efficacia di tale mezzo di somministrazione è legata alla scelta del materiale che costituisce la lente e alla sua microstruttura studiate entrambe in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco. I colliri somministrati sotto forma di gocce possono invece rivelarsi inadatti per una efficace somministrazione di farmaci10. La biodisponibilità del principio attivo può essere molto limitata e possono esservi effetti collaterali legati all’assorbimento sistemico del farmaco in questione. Le lac come serbatoio di farmaco offrono il grande vantaggio di permettere un aumento del tempo di residenza del farmaco nell’occhio. Questo grazie alla presenza della barriera geometrica data dalla lente stessa al farmaco quando quest’ ultimo diffonde dalla matrice del gel nel film lacrimale. La permanenza del farmaco nell’occhio è maggiore di 30 minuti in presenza di una lac 10-11 se confrontata con il tempo di permanenza di 15 minuti quando si applicano gocce di collirio 12-15. Inoltre, al fine di ottenere un rilascio controllato del farmaco da parte delle lente, sarebbe ne- cessario studiare la struttura del materiale di cui è composta la lac in termini di percorsi di diffusione: la struttura, essenzialmente costituita da nanopori più o meno connessi, regola la velocità di rilascio della sostanza inizialmente caricata. In base alla natura chimica del polimero e a i diversi rapporti con i vari elementi della struttura del principio attivo del farmaco, verrà modificata la caratteristica propria di quest’ultimo di essere assorbito con diversa efficacia. Negli ultimi anni diversi studi sono apparsi in letteratura che riportano interessanti risultati in questo campo e recentemente Kapoor et al (2009) 16 si sono concentrati sulla diffusione delle lenti a contatto in p-HEMA (polidrossimetil-metacrilato), ottenuto dalla polimerizzazione di 2 monomeri, che permettono il rilascio controllato di Ciclosporina A (CyA). Tale sostanza è un farmaco immunosoppressore che viene utilizzato per il trattamento di una varietà di malattie e disturbi oculari. La CyA è comunemente fornita tramite collirio, che è altamente inefficace a causa di una bassa biodisponibilità (inferiore al 5%). La biodisponibilità dei farmaci oftalmici può essere notevolmente migliorata di circa il 50%, attraverso l’uso di lenti a contatto medicali17. Questo lavoro si propone di indagare questa disponibilità utilizzando un tensioattivo quale il Brij 78 incorporato nell’ idrogel al fine di creare micelle cariche di principio attivo e ritardare i tassi di rilascio. Il materiale è stato studiato mediante Microscopio a Scansione Elettronica (SEM) con cryo-stage (Cryo-SEM) per ottenere un’ evidenza diretta della presenza di aggregati di tensioattivo nel gel della lente al fine di modificarlo rendendolo più o meno affine al particolare polimero che costituisce la lente. Le immagini risultanti mostravano una distribuzione di nanopori, più o meno connessi, nei quali erano presenti aggregati di tensioattivo immersi nella matrice del gel che molto probabilmente risultano essere veicoli con elevata affinità per le molecole idrofobiche del farmaco. I risultati del lavoro hanno mostrato che i tempi di rilascio della CyA possono essere significativamente aumentati grazie all’incorporazione all’interno di micelle di tensioattivo disperso nel gel di poli-drossimetilmetacrilato. Tra i tipi di tensioattivo indagati nel lavoro il Brij 78 sembra essere il più promettente per il rilascio controllato di tale farmaco da lenti a contatto p-HEMA. Tale conclusione non può essere al contrario raggiunta per il rilascio di altri due tipi di farmaci idrofobici oftalmici, quali il desametasone (DMS) e desametasone acetato (DMSA), per l’insufficente e non adeguata partizione all’interno degli aggregati di tensioattivo. Diversi altri approcci sono stati testati per accrescere le capacità di carico del farmaco delle lenti a contatto medicate al fine di ottenerne una migliore efficienza nel controllo del rilascio sulla superficie corneale. N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60 57 ARTICO L O La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali Esempi ne sono la stabilizzazione del farmaco attraverso la creazione di legami stabili covalenti18, la dispersione in un gel acrilico o l’inclusione in nanopori della matrice idrogel19-22 e tramite la formazione di recettori ad alta affinità attraverso imprinting molecolare23-26. Un alternativa meno complessa e probabilmente più versatile potrebbe essere l’incorporazione della ciclodestrina (CD) alla struttura dell’idrogel delle lenti a contatto morbide medicali. Le ciclodestrine, oligosaccaridi ciclici naturali, possono formare complessi di inclusione con diversi farmaci attraverso legami reversibili non covalenti. Generalmente, più alta è la costante di affinità del complesso CD-farmaco più bassa è la cinetica della reazione di dissociazione27. Quando però il complesso CD-farmaco viene diluito in soluzione fisiologica la sua dissociazione è istantanea e ciò non permetterebbe di ottenere un rilascio controllato del farmaco, come nel caso di soluzioni oftalmiche contenenti ciclodestrine28-29. Al contrario, se la CD viene inclusa nelle rete del polimero diminuisce la diluizione e la formazione di un microambiente determinato dalla struttura cava della ciclodestrina favorirebbe il rilascio del farmaco con un tasso inversamente proporzionale alla costante di affinità del complesso stesso 30-31. Polimeri acrilici sono stati usati con successo come comonomeri al fine di ottenere la formazione di una rete con un’ aumentata capacità di cattura del farmaco e al fine di sostenerne il rilascio32-33. Tuttavia, il numero dei gruppi polimerizzabili in ogni CD e conseguentemente il grado di legame alla rete del polimero non è facile da regolare: ad alte proporzioni di CD, infatti, la rete diventa eccessivamente rigida per essere utilizzata come lente a contatto morbida. Riguardo a tale questione Santos et al.(2009) descrivono nel loro studio del 2008 lo sviluppo di un idrogel acrilico con alte proporzioni di ß-ciclodestrina tramite una nuova procedura al fine di conservarne le proprietà meccaniche, la biocompatibilità e di rafforzare la capacità di carico del farmaco, nonché migliorarne il controllo della velocità di rilascio. Il metodo di preparazione consiste nella sintesi iniziale dell’idrogel al quale successivamente vengono fissate Figura 2 Schema del polimero idrogel P-HEMA copolimerizzato con GMA con i pendenti di ciclodestrina ß-CDs (da Santos et al., 2009) Diclofenac caricato (mg/g) GMA proportion Figura 3 Diclofenac caricato sull’idrogel dopo immersione del farmaco (colonna bianca) e quota di diclofenac che rimane sull’idrogel dopo conservazione per 30 giorni in soluzione per lenti a contatto (colonna nera) (da Santos et al.,2009) molecole di CD attraverso i gruppi idrossilici. In tal modo la CD non interferisce con la formazione della rete del polimero e perciò potrebbe non alterare significativamente le sue proprietà strutturali. Tale meccanismo prevede la previa preparazione di poly-idrogel mediante la copolimerizzazione del glicil-metacrilato (GMA), mediante reazione con i gruppi glicidici, a diverse proporzioni con monomeri comunemente usati come componenti degli idrogel. Tutto questo allo scopo di fornire alla rete del polimero punti di legame per il successivo step di carico della betaciclodestrina. Quest’ ultima, infatti, in tal modo non entra a far parte delle catene strutturali dell’idrogel, ma viene incorporata nella rete mediante legame con 2-3 gruppi etere attraverso i gruppi idrossile (Fig. 2). La beta-ciclodestrina “pende” dalla rete del polimero e non ne modifica il coefficiente di trasmittanza alla luce (90% a 600 nm), la temperatura di transizione vetrosa, la viscoelasticità e la permeabilità all’ossigeno delle lenti a contatto morbide ma, ne determina la diminuizione del coefficiente di attrito del 50%, il miglioramento del carico del farmaco e una sua maggiore affinità con la lente stessa. Nello studio gli idrogel, ottenuti con la suddetta preparazione, sono stati immersi in una soluzione di diclofenac sodico e successivamente misurata la concentrazione di farmaco caricato. La concentrazione di diclofenac incluso nel polimero era maggiore negli idrogel preparati attraverso la copolimerizzazione di GMA, caratterizzati dalla conseguente presenza di ß-CD pendente dalla struttura della rete, piuttosto che negli idrogel preparati senza o con minor contenuto in GMA (Fig 3). Questo dimostra che il farmaco può stabilire interazioni idrofobiche con la rete del polimero, in quanto quest’ultimo ospitato nella struttura cavitaria della ß-CD forma con essa un complesso stabile di inclusione attraverso i suoi anelli aromatici. Il rilascio di diclofenac dall’idrogel è stato valutato in un film lacrimale artificiale ed è stato dimostrato come gli idrogel senza ß-CD rilasciavano rapidamente la completa dose del farmaco per diffusione nell’arco di 24 h. Al contrario gli idrogel con ß-CD (in particolar modo quelli con più alte proporzioni) N. Pescosolido, C. Nardella / Lac Lenti a contatto 2010; 12 (2): 53-60 58 erano in grado si sostenere il rilascio del farmaco per diversi giorni, fino a due settimane. L’alta affinità del farmaco per l’idrogel ferma il rilascio del farmaco nel momento in cui viene raggiunta una certa concentrazione dello stesso nel microambiente formato. Questo ha dimostrato l’ottenimento dell’equilibrio tra rilascio e riassorbimento del farmaco attraverso le lenti a contatto in idrogel. Conclusioni Le conclusioni, dunque, evidenziano come le molecole di ß-CD “pendenti” dalla struttura della rete del polimero attraverso legami con i gruppi glicidici del GMA migliorino le capacità di carico degli idrogel e prevengano la dispersione del farmaco sulla cornea durante la conservazione in soluzioni per lenti a contatto morbide. Tali caratteristiche investono gli idrogel con beta-ciclodestrina di enormi potenzialità per lo sviluppo in futuro di impianti medicali e dispositivi biomedicali. Abstract The authors reviewed some works of literature on the close evidence between the contact lens, lens solution used, as well as their combination and the presence of ocular adverse events silicone hydrohel contact lens and daily wear related. Daily wear is today the major mode of use for conventional hydrogel material. Among the various associations' lens-solution” investigated in several studies, hydrogen peroxide with any lens type showed the lowest incidence of corneal infiltrative events, complications directly related to the discomfort and safety in the use of lac always more consumers. How to eliminate the complications associated with the use of lac is of paramount importance to know the type of relationship among the different "lens-solution", so 'it is the search for new biocompatible materials and the understanding of reaction mechanisms between drug and structure of the lens in the production of new contact lenses medical. Key words Silicone hydrogel contact lens, daily wear care system used, medicated contact lenses. Bibliografia 1. Morgan P.B, Woods C.A, Tranoudis I.G. et al.: International contact lens prescribling in 2008.Contact Lens Spectrum., 2009;24:28-32 2. Jones L., Macdougail N.,Sorbara G.L.: Asymptomatic corneal staining associated with the use of balafilcon silicone-hydrogel contact lenses disinfected with a ply-aminopropyl biguanidepreserved care regimen. Optom. Vis. Sci., 2002;79:753-761 3. Andrasko G.J., Kelly M.S., Ryan A., Garofano R.J., Lemp J.M.: Oculare Response Observed with Silicone Hydrogel Lenses and Multi-Purpose Solution Combinations.Optometry,2006;79: 268 4. Andrasko G., Ryen K.: A series of evaluations of MPS and silicone hydrogel lens combinations. Review of Cornea and Contact Lenses, 2007:36-42 5. Andrasko G., Ryen K.: Corneal staining and comfort observed with traditional and silicone hydrogel lenses and multipurpose solution combinations. Optometry, 2008;79:444-454 6. 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In questa ricerca, che ha avuto una durata di tre anni, si è cercato di valutare se l’uso di lenti a contatto nell’età che va dagli 8 agli 11 anni può contribuire a migliorare la qualità della vita. Il questionario usato è stato The Pediatric Refractive Error Profile, che è uno dei due questionari pediatrici orientati sull’aspetto visivo. È stato somministrato a 484 bambini miopi con assegnazione random a 247 di essi. Gli altri hanno utilizzato occhiali. Il risultati ottenuti, nello spazio di tre anni, hanno mostrato che l’uso di lenti a contatto, in confronto all’uso degli occhiali, migliora la qualità della vita. Le differenze principali sono state ottenute in particolare per i campi dell’Aspetto, della Soddisfazione e delle Attività svolte. In conclusione appare evidente che l’uso di lenti a contatto va preso in seria considerazione anche nei miopi che in età preadolescenziale possono avere una certa avversione estetica per gli occhiali e/o che partecipano ad attività ricreative. Variazione diurna della funzione Bagnabilità delle lenti a contatto in visiva e segni e sintomi vitro: effetto dei surfattanti Lin MC, Svitova TF dell’occhio secco Optometry & Vision Science 2010; 87: 440–447 Walker PM, Lane KJ, Ousler III GW, Abelson MB Cornea 2010; 29: 607–612 I soggetti con occhio secco spesso lamentano di avere disturbi visivi con peggioramento dei sintomi al mattino. Per verificare tale ipotesi gli autori eseguono, prima al mattino e poi alla sera, una serie di esami comprendenti, tra l’altro, la valutazione dell’acuità visiva con occhiali, l’intervallo tra un ammiccamento e l’altro come segno del decadimento della funzione visiva, la velocità di lettura, l’esame biomicroscopico e il BUT lacrimale. Inoltre ai 21 soggetti esaminati veniva somministrato una versione modificata dell’Ocular Surface Disease Index. I risultati mostrano che il deterioramento delle funzioni visive in relazione alla secchezza oculare (visione ridotta, annebbiata durante la lettura, la visione della Tv, la guida) è maggiore durante la sera. Anche i segni di iperemia bulbare e di staining dell’epitelio corneale sono più accentuati nelle ore serali in confronto a quelli presenti al mattino. Il fatto che i sintomi correlati alla secchezza oculare vengano riportati principalmente al mattino va probabilmente posto in relazione con la sensibilità corneale che si riduce durante la giornata. Tale lavoro indica che il trattamento dell’occhio secco non dovrebbe essere soltanto mirato a ridurre i sintomi soggettivi di discomfort (più accentuati al mattino) e quelli oggettivi (più accentuati la sera, ma anche teso a migliorare la performance visiva e in particolare a prevenire il decadimento di tale funzione durante le ore diurne. La capacità del film lacrimale di distribuirsi uniformemente sulla superficie oculare dipende, tra l’altro, dalla bagnabilità della cornea e, nel caso di applicazione di lente a contatto, dalla bagnabilità della stessa. Per migliorare la bagnabilità della superficie della lente a contatto sono stati utilizzati vari approcci. Con le lenti in idrogel si è aggiunto uno o più agenti umidificanti nel blister e nella soluzione conservante per variare la tensione superficiale. Tali agenti adsorbiti sulla superficie della lente sono ritenuti migliorare la bagnabilità. I surfattanti possono anche penetrare nella matrice del materiale della lente per poi, presumibilmente, essere rilasciati durante l’uso della lente. Di dieci lenti morbide (quattro in idrogel e 6 in silicone idrogel) gli Autori hanno misurato sia la tensione superficiale, nell’interfaccia ariaacqua, che l’angolo di contatto sia appena dopo aver rimosso la lente a contatto dal blister, sia dopo aver immerso la lente in una soluzione senza surfattante. È stata anche misurata la tensione superficiale della soluzione in cui erano conservate le lenti nel blister. I risultati hanno mostrato che la tensione superficiale delle soluzioni presenti nei blister è più bassa di quella dell’acqua purificata. Se le lenti vengono prima immerse in una soluzione che elimina il surfattante l’angolo di contatto recedente aumenta mentre il valore del l’angolo contatto recedente rimane invariato. 61 Pillole di lac e dintorni Per le lenti in idrogel la bagnabilità di superficie dipende largamente dalla presenza del surfattante presente nel blister mentre è interessante notare che per la maggior parte delle lenti in silicone idrogel il surfattante non contribuisce a migliorare la bagnabilità in vitro. Ciò può far ritenere che il risciacquo con soluzione salina prima dell’applicazione può non alterare la bagnabilità e che quindi può essere addirittura consigliato in caso si sospetti una ipersensibilità del portatore al surfattante. In conclusione si può affermare che i surfattanti che si trovano nelle soluzioni di conservazione poste nel blister alterano l’idrofilia di superficie, anche se in modo diverso, per le varie lenti a contatto. Disfunzione lacrimale post-LASIK Disestesia Nettune, G R.; Pflugfelder, S C.: The Ocular Surface, 2010; 8: 135-145 Tra le complicanze post chirurgiche indotte dall’intervento di cheratomileusi in situ (LASIK) quella più frequente è una disfunzione lacrimale che appare presente nella maggior parte dei pazienti operati. I sintomi riportati da tali soggetti, che contribuiscono a causare il discomfort oculare, non sono però sempre gli stessi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Tale sindrome racchiude una componente patologica neurotrofica, una instabilità lacrimale e una riduzione della componente acquosa delle lacrime accompagnata da un dolore di matrice neuropatica. I sintomi attribuibili alla secchezza oculare possono essere, in molti casi, risolti con una gestione appropriata che comprende un’ottimizzazione della superficie oculare sia prima che dopo l’intervento di chirurgia refrattiva. Nel caso che i sintomi persistano anche dopo nove mesi dall’intervento è necessario adottare delle strategie 62 d’intervento molto più aggressive in confronto a quelle convenzionalmente poste in atto. L’atteggiamento verso le lenti a contatto. Uno studio comparativo tra adolescenti e genitori Zeri F., Durban JJ, Hidalgo F, Gispets J Contact lens & Anterior Eye 2010; 33.119-123 È stato condotto un sondaggio, sia in Italia che nella Penisola Iberica, per comprendere quali siano gli atteggiamenti degli adolescenti e dei loro genitori che possono creare delle resistenze verso l’uso delle lenti a contatto. In totale sono stati raccolti 344 questionari compilati dai genitori e 370 compilati dai figli. In generale i genitori ritengono che le lenti a contatto siano meno adatte per gli adolescenti in confronto ad una popolazione adulta. Comunque il giudizio assume una connotazione meno negativa se i genitori sono anch’essi portatori di lenti a contatto. Le preoccupazioni che più frequentemente vengono espresse dai genitori, in particolare le madri, sono riferite a un maggior rischio di danno oculare dovuto a una presunta minore attenzione all’igiene e a una minore capacità nel rispettare le indicazioni del contattologo, in particolare per l’aspetto delle procedure di manutenzione. Il 78% degli adolescenti che non usa le lenti a contatto sarebbe favorevole a farne uso specialmente per l’attività sportiva ma anche per ragioni estetiche e per avere una maggiore libertà di movimento. Alessandro Fossetti è il nuovo Direttore degli Studi dell’IRSOO Attivo collaboratore della nostra rivista e membro del Comitato Scientifico, il dott. Alessandro Fossetti, professore a contratto presso l’Università degli Studi di Padova, è stato nominato direttore dell’Istituto Regionale degli Studi Ottici e Op- tometrici di Vinci. La redazione si complimenta con il nuovo direttore e gli augura un proficuo lavoro. RUBRICA TIPS & TRICKS a cura di Laura Boccardo Quando tutto il resto fallisce, seguite le istruzioni! Ah, la primavera! Quest’anno il mio programma di cura del giardino si è focalizzato sulla lotta alle erbacce del prato. Ho sparso un'intera confezione di diserbante, ma non ho ottenuto alcun risultato. Perplesso, mi sono deciso a leggere le istruzioni e ho scoperto di aver saltato un passo importante: il prato doveva essere bagnato prima di spargere il prodotto. Ho buttato via 30 dollari solo per non aver seguito le istruzioni! Ho provato di nuovo e ora le erbe infestanti sono (per lo più) sparite. Perché vi racconto questo? Perché spesso le lenti che applichiamo non funzionano, proprio per il motivo che non vengono applicate come indicato dalle istruzioni. Le aziende spendono un sacco di tempo e denaro per ottimizzare le procedure di impiego dei loro prodotti. Questa dovrebbe bastare, come ragione per seguire le istruzioni. Penso che sia più forte di noi. Abbiamo applicato un sacco di lenti multifocali: quanto mai potrà essere diversa questa nuova lente dalle altre? Se è un po' che non tirate fuori un foglio illustrativo, iniziate a leggere. Rimarrete sorpresi e le lenti che non funzionavano diventeranno vincenti. J.M. Jacks, When All Else Fails, Follow the Direction, CLSpectrum, giugno 2010 Una soluzione è meglio di due Parlando di manutenzione durante alcuni corsi, dei colleghi mi hanno detto che preferiscono prescrivere ai pazienti diversi tipi di soluzioni per la manutenzione, alternandone un mese una e un mese l’altra. Michael Mayers (One Lens Care Solution is Enough, CLSpectrum Aprile 2010) riferisce di aver sentito prescrivere un'altra originale combinazione: una soluzione unica per cinque notti e un perossido due volte la settimana. Quale messaggio arriva ai pazienti? Prima possibilità: se una sola soluzione non basta, significa che non è efficace, quindi si potrebbe provare a mischiarne due insieme! Seconda possibilità: se posso alternare questi prodotti, significa che sono equivalenti, quindi tutti i prodotti sono uguali, quindi tanto vale che compri il primo che mi capita o quello che costa meno. I pazienti hanno già abbastanza confusione in testa riguardo alla manutenzione, l'uso e la sostituzione delle lenti, senza bisogno di raccomandazioni strane da parte nostra. Che occhi grandi che hai! L’ultima trovata nel campo delle lenti a contatto cosmetiche è un tipo di lenti che ingrandiscono il diametro dell'iride, creando l'effetto degli "occhioni" stile manga giapponese. Questo prodotto è stato originariamente inventato in Corea del Sud e, fino al 2009, è rimasto appannaggio dei mercati asiatici (Corea, Giappone, Pakistan e Hong Kong), pressoché sconosciuto in occidente, finché Lady Gaga non le ha utilizzate nel video della canzone "Bad Romance", dove appare con enormi occhi da bambola. Si è così scatenata la frenesia di molte adolescenti che ammirano e copiano il look di questa cantante. Attualmente queste lenti non sono in commercio in nessun paese occidentale, sono prive di marchio CE e, quindi, possono solo essere comprate on-line. Le circle contact lenses sono vendute come lenti a ricambio annuale. L’acquisto viene fatto sistematicamente senza alcun tipo di controllo specialistico: le ragazze imparano ad utilizzare queste lenti seguendo i tutorial su You Tube, che includono colliri vasocostrittori per sbiancare l’occhio, ciglia finte e dosi massicce di trucco bianco sulle rime palpebrali. L’uso sconsiderato delle lenti cosmetiche da parte dei teenager, senza una prescrizione, senza controlli e senza una seria istruzione alla manipolazione e alla manutenzione delle lenti, li espone a seri rischi per la salute oculare. Se quindi vedete una ragazza che sembra Sailor Moon, partite dal presupposto che non abbia ricevuto alcuna informazione sul corretto uso delle sue circle lenses. Non perdete mai l’occasione per spiegare le norme basilari di igiene e manutenzione delle lenti a contatto. What Big Eyes You Have, Dear, but Are Those Contacts Risky?”, The New York Times, July 3, 2010. Valutare le lenti morbide toriche Quando si applicano delle lenti morbide toriche, non basta controllare la posizione di riposo, ma è utile controllare anche la velocità di recupero dopo una rotazione. Per valutare la facilità di recupero rotazionale, la lente può essere ruotata manualmente di 45° tempiali (nello studio hanno usato un asciughino chirurgico). Una lente mostra buone capacità di recupero alla rotazione se torna nella sua posizione di riposo entro un minuto. G. Cairns, P. China, T. Gree, Toric Lens Performance: Insights Into Orientation Stability, CLSpectrum, maggio 2010. Avete un piccolo trucco o qualsiasi suggerimento che possa risolvere i problemi più comuni che si incontrano nella pratica contattologica di tutti i giorni? Avete piacere di condividerlo con i colleghi? Inviate i vostri Tips&Tricks alla redazione di LAC. 63 R U BR ICA IN LIBRERIA DICTIONARY OF OPTOMETRY AND VISUAL SCIENCE a cura di Laura Boccardo Michel Millodot 7a edizione Butterworth-Heinemann, 2009 409 pagine, 89 tabelle, 241 illustrazioni Lingua inglese www.elsevier.com Con quasi venticinque anni e sette edizioni di storia, si può dire che il “Dictionary of Optometry and Visual Science” di Michel Millodot sia diventato un classico della letteratura optometrica. Cresciuto e rinnovato, edizione dopo edizione, l’attuale versione di questo dizionario contiene oltre 5.400 termini inerenti all’optometria, la contattologia, l’ottica, l’ortottica, l’anatomia, la fisiologia, la patologia, la farmacologia, le tecniche di esame, la chirurgia refrattiva e 64 la percezione visiva. Per la prima volta sono stati inseriti termini riguardanti la genetica oculare, i metodi di ricerca e le tecniche di neuroimmagine. All’inizio del testo è inserito un glossario dei numerosi acronimi, abbreviazioni e simboli usati nell’ambito delle scienze visive. Inoltre, è indicata l’origine greca o latina di molti termini comuni e il significato dei prefissi e suffissi che vanno a formare le parole che usiamo abitualmente nella nostra pratica optometrica. Il “Dictionary of Optometry and Visual Science” diventa così una guida nel lessico specifico delle scienze della visione, che con le dovute trasposizioni, è fruibile anche a chi, come noi, non è di lingua inglese. Un dizionario si concentra in primo luogo sulle parole e sulle loro definizioni e quindi fornisce solo le informazioni essenziali relative al contesto del vocabolo di cui tratta, a differenza di un’enciclopedia, che affronta ogni argomento in modo dettagliato e completo. Molte voci, comunque, sono collegate da riferimenti incrociati, che permettono di approfondire diversi aspetti dello stesso argomento. Malgrado ogni voce sia trattata in modo relativamente breve e conciso, lo scopo ideale è quello di fornire almeno tutte le informazioni più rilevanti di ogni singolo termine. Per esempio, ogni patologia è descritta illustrando la sua eziologia, i principali segni e sintomi e una nota sul trattamento. Una struttura anatomica è descritta in base alla sua struttura e alla sua funzione. Autore, insieme a Daniel Laby, anche di un “Dictionary of Ophthalmology” (2002), Michel Millodot ammette di aver sviluppato una passione quasi maniacale per la compilazione e il perfezionamento dei dizionari. Rispetto all’edizione precedente, l’autore ha revisionato quasi tutte le voci, ne ha ampliato altre con informazioni più aggiornate, eliminando anche alcuni termini obsoleti. Sono state aggiunte molte nuove illustrazioni e le più vecchie sono state sostituite, per adeguarsi ad una grafica più moderna. Sono state aggiunte sei nuove tabelle, che non solo riassumono il testo scritto, ma spesso sono essenziali nel completare la definizione. La settima edizione del “Dictionary of Optometry and Visual Science” si presenta come un libro tascabile, con una robusta quanto insolita copertina plastificata, pensata per resistere a ripetute consultazioni e anche a continui trasporti: non è un libro destinato a riposare in libreria. Grazie alla sua maneggevolezza il dizionario di Millodot è diventato uno strumento di lavoro indispensabile per tanti professionisti, oltre ad essere compreso nei testi consigliati di un gran numero di corsi di optometria in tutto il mondo. Lenti a Contatto - Contact lenses Agosto 2010, volume XII, numero 2 Prevenire la miopia con lenti a contatto morbide. Attenzione alla retina periferica Luigi Lupelli Occhio secco e lenti a contatto Gonzalo Carracedo OD, Msc L’acido ialuronico e le sue applicazioni in contattologia Matteo Fagnola, Marco Paolo Pagani, Silvio Maffioletti, Silvia Tavazzi, Antonio Papagni La ricerca di nuovi materiali biocompatibili per la manutenzione quotidiana delle lenti a contatto in silicone idrogel e per una nuova frontiera delle lenti a contatto medicali 03> 9 7 7 0 0 0 2 0 3 83 7 0 Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 2- 2010 Nicola Pescosolido, Chiara Nardella dodicesimoanno con il patrocinio di