Elementi di sociologia – Temi e idee per il XXI secolo Carlo Mongardini Copyright © 2012 - The McGraw-Hill Companies srl Taccuino 2012 – n. 13 Orizzonte Grecia Mentre in Germania si sviluppa un vivace dibattito, provocato da un manifesto di oltre 170 intellettuali, sui limiti dell’interpretazione economica della realtà contemporanea, in quanto non si tratta più di “economia politica” o “politica economica”, ma di una “economia pura” e contabile (vedi in questi giorni la Frankfurter Allgemeine Zeitung), da noi si continua a subire senza riflessione il predominio indiscusso di un’azione finanziaria e strutturale che non tiene in alcun conto il danno sociale che provoca. La povertà culturale dei nostri intellettuali, con poche eccezioni, non è capace di contestare decisioni che sono molto gravi per il paese. Un governo nominato e sostenuto dall’alto e dall’impotenza della politica è riuscito a fare in poco tempo ciò che nessun dittatore sarebbe riuscito a fare, prevedendo inoltre in tre anni un ulteriore taglio alle spese di 26 miliardi e ritenendo nel contempo di attivare la “crescita” (segno che il capitalismo finanziario può fare miracoli!). Eppure qualche economista disincantato nota il “grave peggioramento della crisi economica”, l’aumento di disuguaglianze e disoccupazione, “mentre si incrementano ricchezze e benessere per l’esiguo uno per cento della popolazione, poco più o poco meno, come ha dimostrato ancora di recente Joseph Stiglitz” (G. Rossi, Non bastano i tassi per salvare l’Europa, in “Il Sole-24ore”, 8.7.2012). C’è così una rottura profonda tra l’economia e il sociale, fra i cittadini e chi li rappresenta, fra i bisogni della collettività e i privilegi di chi detiene il potere politico o uno dei poteri sociali. I cittadini non hanno più nulla da dire, si governa con la paura, mentre il sistema viene protetto salvando chi sbaglia e chi specula. Questo la dice lunga sulla grande ombra che si proietta sul mondo globalizzato. Non solo, come aveva previsto Marx, è oggi possibile la concentrazione del capitale (finanziario) e del potere in poche mani, ma lo sviluppo di un processo di “miseria crescente”, tanto irriso dagli economisti liberali di un tempo, diviene possibile attraverso un rivolgimento sociale e amministrativo che sconvolge ripetutamente la nostra società. Ci si para davanti un orizzonte Grecia, anche se il processo sarà molto più lento e graduale. Il programma è così puntuale e scadenzato che ci si potrebbe chiedere , al di là delle dichiarazioni ufficiali, che cosa ha concesso sottobanco Monti alla Merkel per ottenere la sua “vittoria” di fine giugno. La gente protesta nei discorsi di strada e si sente spesso dire che però la patrimoniale non si fa, che le banche sono sotto stretta protezione, che gli emolumenti dei politici restano gli stessi, che non si parla di tassare le transazioni finanziarie e che, se si cerca di evitare l’aumento dell’IVA, non è per proteggere il cittadino ma la grande industria che deve ampiamente approvvigionarsi per produrre. Nel riparare i buchi dell’economia non ci si rende conto dei danni sociali che una certa politica provoca, del conflitto sociale che si accende perché i sacrifici vengono imposti senza fiducia negli uomini e senza quella speranza per il futuro che crea solidarietà. Il tecnico fa il suo mestiere ma usa un solo unico criterio di valutazione, quello dell’economia pura, della ragione calcolante e contabile. Per questo poco si cura dei danni sociali che provoca e delle loro conseguenze. Manca il politico, oppure il politico degenera nel populismo. Solo con la ripresa di senso della politica riusciremo a uscire da questa dittatura dell’economia pura che non lascia bene sperare per il futuro.