Un deverbale a suffisso zero

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Un deverbale a suffisso zero: il soddisfo
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Quesito:
Sabine Demattia da Fiumicino ci chiede: “È possibile dire: ritenute Irpef necessarie al soddisfo
dei rimborsi? Io avrei usato soddisfacimento dei rimborsi”.
Un deverbale a suffisso zero: ilsoddisfo
Come si legge nella Grammatica di Luca Serianni, con la denominazione formazioni a suffisso
zero “si indicano i nomi deverbali che non hanno alcun suffisso ma in cui alla radice della
base verbale si affigge direttamente la desinenza maschile o femminile: conteggiare ->
conteggio, deliberare -> delibera (accanto a deliberazione)”. La formazione di sostantivi che
derivano da un tema verbale con la semplice aggiunta della desinenza (-o, più raramente -a),
e quindi senza un vero e proprio suffisso tematico, è un fenomeno morfologico ampiamente
conosciuto e molto produttivo, basti pensare ad esempio a parole come accenno, accordo,
impianto, modifica, ricambio, sosta ecc.
La presenza dei deverbali a suffisso zero è inoltre un tipico tratto lessicale della scrittura
burocratica e tecnica già chiaramente deprecato dai puristi nell’Ottocento (come, ad esempio,
Filippo Ugolini che nel suo Vocabolario di parole e modi errati che sono comunemente in uso
specialmente negli uffizi di publica amministrazione definiva tali forme “piccoli mostri” o “nuovi
mozziconi che fanno ridere”). Nonostante l’antica condanna, i deverbali a suffisso zero sono
ancora oggi una delle peculiarità più evidenti dei testi amministrativi e alcuni di essi sono da
tempo passati nella lingua comune.
Soddisfo è il deverbale a suffisso zero di soddisfare, verbo che ha come significato generale
quello di ‘appagare il desiderio di qualcosa di concreto o astratto’. Da soddisfare derivano
anche i due sostantivi soddisfazione e soddisfacimento ottenuti con i suffissi -mento e -zione, i
più produttivi per la formazione di nomi di azione da verbi. Viene spontaneo chiedersi perché
il composto con il suffisso -mento sia soddisfacimento e non *soddisfamento (termine non
presente nella lingua di oggi e attestato solo sporadicamente nel Cinquecento), che sarebbe il
derivato perfettamente parallelo a soddisfazione: si tratta semplicemente di una formazione
dalla base facere, forma antica del verbo fare (come rifare > rifacimento).
Soddisfazione, soddisfacimento e soddisfo sono dunque i tre esiti nominali possibili del verbo,
significano ‘appagamento, adempimento di qualcosa’ e condividono gli stessi ambiti d’uso,
anche se soddisfazione ha uno spettro semantico più ampio e indica oggi prevalentemente ‘il
compiacimento che prova chi è soddisfatto’. La lessicografia contemporanea registra
soddisfazione e soddisfacimento, presenti fin dalle origini della lingua italiana, ma non soddisfo
, che risulta però attestato dalla metà dell’Ottocento in alcune raccolte di leggi (ad esempio
il soddisfo delle pigioni, il soddisfo delle somme, il soddisfo delle decime) e già criticato dal
Lessico dell’infima e corrotta italianità di Pietro Fanfani e Costantino Arlìa (18812): “Non può
essere altro che la prima voce del presente indicativo del verbo sodisfare: ma allora si
accenta; meglio si dice sodisfaccio. Ma ora ne hanno fatto un sostantivo, come se pagamento
, adempimento, sodisfacimento siano cancellati dalla lingua”.
Anche le occorrenze più recenti, facilmente reperibili in rete, si riscontrano in testi di carattere
amministrativo relativi a questioni economiche: “condannava l’I.M.I. al pagamento […] della
somma di L. 500 miliardi […] fino all’effettivo soddisfo” (Gazzetta Ufficiale, 13 maggio 1992);
“L’impegno assunto per il soddisfo dei pagamenti mensili” (Determinazione dirigenziale della
Città di Ragusa n. 940/2011). Sporadiche, inoltre, le attestazioni negli archivi in rete dei
quotidiani nazionali: a parte un’occorrenza nel 1997 che riprende la Gazzetta Ufficiale del
1992 (“La Repubblica”), le altre poche occorrenze si registrano a partire dal 2010.
Il termine soddisfo dunque – che non a caso ci è stato segnalato proprio nell’espressione “il
soddisfo dei rimborsi” – si riferisce a un ambito specifico molto ristretto, quello giuridicoeconomico, in cui il verbo soddisfare ha l’accezione di ‘eseguire ciò che è dovuto’ nel senso di
‘pagare, saldare un debito’. Soddisfo è usato dunque come sinonimo di ‘adempimento,
estinzione di un debito’, e quindi ‘pagamento’, significato settoriale che condivide con
soddisfacimento e soddisfazione.
Anche se meno frequentemente, in rete è possibile trovare il termine riferito non solo a
somme di denaro, ma anche a concetti più astratti come bisogni, interessi, esigenze ecc.: “il
soddisfo dei bisogni spirituali dei cittadini”; “il soddisfo dei propri interessi”; “al soddisfo delle
esigenze minime di vita dignitosa”.
Anche in questo caso il deverbale a suffisso zero è usato al posto delle altre forme
concorrenti senza forse una reale necessità: potrebbe essere dunque dichiarato superfluo,
ma bisognerà tener conto anche del fatto che nell’italiano contemporaneo il suffisso -mento
tende a regredire in favore di -zione, che la parola soddisfazione è sempre più impiegata nel
significato di ‘compiacimento’ e che soddisfo risponde forse a quelle esigenze di brevità e
velocità tipiche della lingua burocratica.
Soddisfo, anche se non presente nei dizionari, è grammaticalmente corretto e possibile, visto
che la conversione da verbo a nome senza l’uso di suffissi è un fenomeno molto frequente
grazie al quale la lingua italiana si arricchisce continuamente di nuove parole. Se il termine
riuscirà a conquistare una maggiore diffusione, grazie anche un uso mediatico più esteso e
insistente, la situazione potrebbe forse cambiare.
Per approfondimenti:
M. Dardano, La formazione delle parole nell'italiano di oggi, Roma, Bulzoni, 1978.
M. Grossmann & F. Rainer (a cura di), La formazione delle parole in italiano, Tübingen,
Niemeyer, 2004.
L. Serianni, Norma dei puristi e lingua d'uso nell'Ottocento, Firenze, Accademia della
Crusca, 1981.
L. Serianni, Grammatica italiana, Torino, Utet, 1989.
A. M. Thornton, Vocali tematiche, suffissi zero e «cani senza coda» nella morfologia
dell’italiano contemporaneo, in Parallela 4: morfologia, Atti del 5° incontro italo-austrico
della SLI, a cura di M. Berretta et alii, Tübingen, Narr, 1990.
A. M. Thornton, Sui deverbali italiani in -mento e -zione, in “Archivio glottologico
italiano”, 1991, 75 (pp. 169-207) e 76 (pp. 79-102).
F. Tollemache, I deverbali italiani, Firenze, Sansoni, 1954.
A cura di Angela Frati e Stefania Iannizzotto
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
21 luglio 2014
Lingua e diritto
URL di origine: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domanderisposte/deverbale-suffisso-zero-soddisfo-0
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