R. Solarino, Sbagliando s'impara, “La derivazione ignorata”, Italiano e Oltre, 3/97, pagg.153154. Fra gli errori lessicali che si commettono anche in età scolastica avanzata ci sono quelli che coinvolgono i meccanismi della derivazione. Eccone qualche esempio tratto da compiti di studenti di scuola media e biennio: perfidita', ferocita', inettezza, ciarlataggine, maldestrezza, lucidezza, fondatura alternamento, ricompensamento, votatura, votamento, scippamenti, equipaggiamento (per equipaggio, di una nave), rivoltazione (per rivolta), paralizzamento, analizzazione riportazione (di una figura geometrica). La prima cosa che colpisce in questo elenco è la coerenza con il sistema delle regole di derivazione dell'italiano: questo prescrive infatti che si usino suffissi diversi per ciascuna categoria di parole di base (nome, aggettivo, verbo), ma d'altra parte consente per ogni ogni tipo semantico (nomi astratti, di qualità, d'agente, di luogo, di azione ecc.) l'uso di più di un suffisso. Per esempio da una base verbale si possono formare nomi derivati del tipo semantico 'agente' (per indicare una persona che fa occasionalmente, per abitudine o lavoro un'azione connessa con l'elemento di base) sia attraverso il suffisso -ino (spazzino) che attraverso -tore (vincitore); altrettanto avviene per nomi d'agente derivati da basi nominali: in questo caso possiamo scegliere tra -aio (tabaccaio), -ario (funzionario), -iere (ragioniere) o -ista (camionista). Anche per formare dei nominali astratti da aggettivi l’italiano ha diverse possibilità: possiamo usare -aggine (sfacciataggine), -anza (eleganza), -ezza (bellezza) o -ità (brevità), mentre se derivano da verbi, possiamo formare dei nomi astratti usando -enza (compiacenza), -aggio (coraggio), -zione (maleducazione). Tornando all'elenco degli errori degli studenti, nella formazione di perfidita', ferocita', inettezza, ciarlataggine, maldestrezza, lucidezza si vede all'opera un principio di sovraestensione: alcuni suffissi (ità, -aggine, -ezza) vengono usati al posto di altri che la norma dell’italiano consente di usare per quelle particolari basi e per quei valori semantici, ma che per qualche ragione sono meno “disponibili” per gli studenti. Lo stesso accade per fondatura e alternamento, in cui si sono usati i suffissi sbagliati, ma scegliendoli sempre tra quelli compatibili con basi verbali. Non accade invece mai che per formare un nome da un aggettivo venga usato, poniamo, un suffisso derivativo deverbale come mento o zione, con un esito finale come perfidamento o maldestrazione, non succede cioè che questo tipo di parlanti costruisca un derivato ”impossibile” per le regole della nostra lingua, Ciò significa che nel coniare queste parole, per quanto esse siano errate rispetto alla norma, si sono rispettate delle regole piuttosto complesse di compatibilità tra basi e suffissi, che rivelano una notevole competenza semantica e morfologica: essa non deve sorprendero, però, in parlanti, sia pure non del tutto esperti, di una lingua ricca di morfologia come l'italiano, che costringe sin da piccoli a destreggiarsi tra basi e morfemi. Ma il sistema di regole dell'italiano prevede anche la possibilità di formare nominali derivati da un verbo senza aggiungere nulla alla base, se non le marche della flessione: prendiamo il caso di verificare/verifica, rinunciare/rinuncia, inoltrare/inoltro: si tratta di derivati senza suffisso o a suffisso zero, che a differenza dei derivati in -mento e -zione non rivelano attraverso la forma che al verbo è stato aggiunto un “pezzo” nuovo di significato (“azione di..”). Come si comportano gli studenti rispetto a quest'altra possibilità dell'italiano? Poiché questo appare un sistema “facile” di formazione di parole, perché non prevede alcuna particolare selezione di suffisso, sembra logico aspettarsi che ne facciano un largo uso, e invece nei loro errori colpisce la estrema rarità di derivati formati per sovraestensione del suffisso zero: a patto di numerosi casi del tipo di quelli visti prima (ricompensamento per ricompensa, votatura e votamento per voto, scippamenti per scippi, equipaggiamento per equipaggio, rivoltazione per rivolta, paralizzamento per paralisi, analizzazione per analisi, riportazione per riporto) sono estremamente rari casi come danneggio per danno o ritrovo per ritrovamento. Come si spiega questa riluttanza degli studenti ad impiegare la derivazione zero? Entra in gioco qui probabilmente un principio che sembra curiosamente guidare sia il modo in cui le lingue (alcune di più, altre di meno) sono organizzate, sia l'apprendimento: si tratta del principio di iconicità, di corrispondenza forma-significato che si manifesta realizzando (o cercando, da parte degli apprendenti) una quale somiglianza, a diversi livelli, tra una parola e il suo significato. In questo caso esso sembra regolarsi più o meno così: parole che derivano da altre parole e che hanno rispetto a queste un qualche significato in più, devono essere più corpose della parole di base. Ci si aspetta insomma, in modo molto “naturale”, che a significati più numerosi corrisponda una parola più lunga. Un principio simile sottostà anche ad un’altra previsione che gli apprendenti formulano relativamente alla derivazione e che è più o meno costantemente realizzata dalle lingue, la regolarità costruttiva: ci si aspetta infatti che le parole derivate mostrino chiaramente le parti di significato di base e quelle aggiunte, siano cioè costruite in maniera trasparente. Spesso le parole derivate italiane rispettano sia il primo che il secondo principio e infatti in parole come apprendimento, scarsità, radiatorista, modernizzare ecc. la parte di significato aggiunta è facilmente individuabile ed è riconducibile ad un pezzo ben preciso di parola, ad un morfema. Se queste sono le aspettative “naturali” di un apprendente,.le parole derivate con suffisso zero le deludono: esse significano, rispetto al verbo, qualcosa di più (azione di rinunciare/verificare ecc.), ma sono "più brevi" del verbo: di fronte a questa stranezza della lingua, alla controiconicità di queste formazioni, gli apprendenti reagiscono ignorando quasi, nelle loro regole, questo tipo di derivazione. Ma c'è un'ultima osservazione da fare a proposito delle parole derivate con suffisso zero: esse sembrano in regresso in italiano, a favore della derivazione con i suffissi “pieni”. Questi hanno a loro volta un diverso indice di produttività, cioè sono più o meno usati nella formazione dei neologismi, le parole nuove che la lingua italiana conia per “aggiornare” il suo lessico. Se si considera in questo modo la vitalità dei suffissi, si osserva un altro fenomeno interessante: i suffissi derivativi più frequentemente usati dall'italiano contemporaneo per formare parole nuove coincidono con quelli che più spesso gli studenti sovraestendono nelle loro coniazioni spontanee; d’altra parte se è vero che le parole derivate con suffisso zero sono in diminuzione in italiano, anche la scarsa presenza del suffisso zero nei loro errori corrisponde alla produttività decrescente di questo meccanismo di derivazione nell'italiano contemporaneo. C’è insomma una curiosa convergenza tra i dati che emergono dagli errori degli studenti e le tendenze in atto nell'italiano. E' come dire,in altri termini, che la lingua degli studenti registra meglio di tante ricerche dove sta andando l'italiano...:.chi glielo dice agli insegnanti?