Fides Credo quia absurdum Tertulliano (De carne Christi) Il tema della Fede religiosa è stato efficacemente riassunto da S.Paolo con le celebri parole : “Fede è sostanza delle cose sperate ed argomento delle non parventi”. Nella frase citata compare il termine argomento: con tale termine, secondo S. Tommaso, si intende distinguere la fede dall’opinione, dal sospetto e dal dubbio, nelle quali cose manca la ferma adesione dell’intelletto al suo oggetto (ossia in quanto l’oggetto pensato dall’intelletto è messo in dubbio nella sua esistenza, validità, veridicità). In effetti: • • • • l’opinione non include normalmente il il proprio valore di validità e verità, ED IN QUESTO SENSO SI OPPONE ALLA ENUNCIAZIONE DI CARATTERE SCIENTIFICO (scientificità che assumerà un aspetto autonomo con Galileo) S Tommaso diceva infatti che l’opinione: “ è l’atto che si porta su una parte della contraddizione con la paura dell’altra”. In ordine poi al dubbio, sempre Tommaso, lo ritiene privo di informazione o comunque in relazione ad una scarsa conoscenza. Il sospetto poi, è tema di ordine psicologico, più un atteggiamento che un fatto di ordine linguistico o semantico, per cui non attinente in questo senso. Si diceva “argomento delle cose non parventi” in quanto l’oggetto di studio della scienza è manifesto e parvente ossia chiaro e determinato. Per quanto concerne poi il rapporto tra fede e ragione, l’impostazione prevalente nel Medioevo è quella di Agostino1, centrata sulla circolarità2 tra il credere e il comprendere. Anche se la ricerca intellettuale risulta in questo caso intrinseca alla f. (fides quaerit, intellectus invenit), essa resta però sempre aperta nello sforzo di intelligere le profondità della f. stessa. • • • 2 1 "Fides quaerit, intellectus inventi", cioè la fede cerca, l'intelletto trova; "Praecedis fides, sequitur intellectus", cioè la fede precede, ma alla fine segue l'intelletto; "Craedendo cogiti, et cogitando credi", cioè pensi credendo e credendo pensi. credo ut intelligam Espressione lat. («credo per [poter] comprendere») ripresa dal Proslogion di Anselmo, e invocata per affermare la priorità della fede sulla ragione anche nei processi conoscitivi; nel contesto anselmiano comporta una concezione del conoscere come ‘intelligenza della fede’, e dell’intelletto come guidato da quella stessa verità eterna che si manifesta nella rivelazione. Del resto, lo stesso Anselmo afferma: “Neque enin quaero intellegere ut credam, sed credo ut intellegam” ossia non cerco di ccapire per credere ma credo per capire. Anche nella versione dei Settanta, in Isaia, era del resto affermato “ se non credete non potetete nemmeno capire”. Anche S. Agostino : “Credimus enim ut cognoscamus non cognoscimus ut credamus” ossia crediamo per conoscere non conosciamo per credere. Tocca allora ad Anselmo d’Aosta ritrovare il senso di una indagine teologica guidata dalla ratio dialettica, ma sempre a partire dalla f.: la ricerca di Dio è compito dell’intelligenza (fides quaerens intellectum). La ragione ha però cominciato a ricavarsi, all’interno della f., una sua specifica autonomia. La scolastica prosegue sulla stessa linea, accentuando l’autonomia delle scienze con la riscoperta del pensiero aristotelico: da una impostazione in cui le diverse forme di conoscenza erano considerate anche come modalità attraverso le quali l’intelligenza risale a Dio, ora le scienze assumono valore in sé stesse. Il punto di equilibrio è raggiunto da Tommaso d’Aquino: la distinzione dei principi della conoscenza in naturali e rivelati non ne inficia infatti l’unità, poiché anche i naturali derivano da Dio, dunque non può esserci contrasto tra la conoscenza naturale e quella rivelata. La filosofia, ancora intesa come strumento per la sacra doctrina, si evolve verso una nuova sintesi che si svilupperà nel tomismo. Parallelamente però, alla fine del 13° sec., alcuni filosofi della facoltà delle arti, come Sigieri di Brabante, riprendendo Averroè affermano la necessità delle conclusioni filosofiche, anche se contrarie alla fede. Si avvia così quel percorso di separazione tra f. e ragione che caratterizzerà l’epoca moderna. Quanto poi al tema della verità, connesso al tema dele fede, possiamo affermare che esso è determinante sia per il mondo greco che per quanto si afferma nei Vangeli: dove forse più che di verità si parla di testimonianza della verità ossia la testimoninanzadi Dio fattosi Uomo che con il suo, diremmo oggi, comportamento offre supporto alla Parola di Dio enunciata nella Bibbia. Certo non è una verità di ragione, non è una verità pagana, che si fonda su una epistème, ossia su una scienza incontrovertibile che letteralmente “sta e resta vera sopra“ la mole delle semplici credenze, bensì una verità di fede: la fede in un Dio Padre che attraverso Cristo può salvare l’uomo. D’altro canto Gesù non è un filosofo, non a rgomenta in modo incontrovertibile ma offre attraverso la sua Parola la possibilità della salvezza: una salvezza non dimostrabile razionalmente. Filosofia e Fede Per la filosofia greca, la conquista suprema nella sua vita terrena è la contemplazione della verità; per il <cristianesimo invece, in terra, la conquista suprema è la fede, accompagnata dalle opere e dalla carità. Nella fede, l’uomo di fede, crede in qualcosa che non si mostra nell’episteme, nella sophìa, che secondo l’apostolo Paolo esprime solo la sapienza dell’uomo. Dio infatti, per i credenti, è annunciato , detto , non compreso dalla sapienza greca. Semmai, le categorie ontologiche del pensiero greco (Logos, Essere, Niente) saranno utilizzate per fornire al concetto di Creazione (Vangelo di Giovanni) ciò di cui ancora mancava nel Vecchio Testamento: il Logos è Dio ed è ciò per cui esiste ogni cosa. Libertà Sebbene i Greci non ignorano il concetto di libertà, all’interno della cultura cristiana, da Agostino a Tommaso, la creazione libera del mondo è un tema dominante: la creazione del mondo da parte di Dio non è infatti necessaria come in Plotino, è, lo ripetiamo libera, chè, se così non fosse, Dio sarebbe unito al divenire del mondo, ma ciò non sarebbe possibile. L’immutabile non può essere unito al divenire del mondo.