Il procedimento di opposizione avverso il decreto di liquidazione

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MICHELE GERARDO
Il procedimento di opposizione avverso il decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con
particolare riguardo alle competenze del C.T.U. (art.15 D.L.vo 1° settembre 2011 n. 150)
SOMMARIO: 1. Diritti ed obblighi collegati allo svolgimento della C.T.U. e tutela sul piano
processuale.- 2. Sistema normativo previgente.- 3. Sistema normativo vigente. - 4. Natura
giuridica del provvedimento di liquidazione .- 5. Mezzo di contestazione - 6. Termine entro il
quale proporre l’opposizione. - 7. Applicazione del rito sommario speciale. - 8. Giudice
competente.- 9. Oggetto del giudizio di opposizione. – 10. Legittimazione ed interesse alla
proposizione dell’opposizione. - 11. Natura giuridica dell’ordinanza definitoria del giudizio di
opposizione.- 12. Carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali.
1. Diritti ed obblighi collegati allo svolgimento della C.T.U. e tutela sul piano processuale.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità1 la prestazione del
consulente tecnico d'ufficio è effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del
giudizio nel quale è resa.
La C.T.U., fornendo un ausilio al giudice, costituisce un atto compiuto nell'interesse generale
della giustizia (art.61 c.p.c.); ne consegue che l'obbligazione nei confronti del consulente per il
soddisfacimento del suo credito al compenso grava su tutte le parti del giudizio in solido tra loro
ex art.1294 c.c., prescindendo dalla disciplina in ordine alla ripartizione delle spese processuali
fra le parti, che è regolata dal principio della soccombenza: quest'ultima attiene, infatti, al
rapporto fra le parti e non opera nei confronti dell'ausiliare.
Sul presupposto sostanziale della responsabilità solidale delle parti processuali nei confronti
dell’ausiliario, il sistema processuale prevede in favore di quest’ultimo la rapida formazione di
un titolo, anche esecutivo, per avere soddisfatte le proprie pretese; inoltre, a tutela del proprio
diritto al pagamento del compenso, il consulente può agire in giudizio proponendo autonoma
domanda, anche monitoria. L’autonoma azione ordinaria è proponibile non soltanto nell'ipotesi
in cui il giudice della causa in cui è stata effettuata la prestazione non abbia provveduto alla
relativa liquidazione (nella sentenza conclusiva del giudizio o, ancor prima, con il decreto
motivato)2, ma anche quando sia stato emesso un titolo provvisoriamente esecutivo. In
1
2
Cass. civ. 30 dicembre 2009 n. 28094; Cass. civ. 15 settembre 2008 n. 23586.
Cass. civ 04 marzo2000 n. 2481; Cass. civ. 02 febbraio 1994 n. 1022.
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quest’ultima evenienza, non adempiuto quanto statuito nel titolo esecutivo dalla parte vincolata,
il consulente può chiedere in giudizio il compenso nei confronti dell'altra parte, avendo interesse
ad ottenere la tutela effettiva delle proprie ragioni rimaste insoddisfatte.
Oggetto principale del presente studio è il provvedimento di liquidazione delle competenze del
C.T.U. ed altresì il procedimento giurisdizionale di opposizione avverso lo stesso.
2. Sistema normativo previgente.
Il provvedimento di liquidazione delle competenze agli ausiliari del giudice e l’iter per
contestarlo si caratterizzano per la semplicità e rapidità delle forme. Tali caratteri sono costanti
nella disciplina della materia.
Nel codice di rito del 1865 era previsto che “L’onorario dei periti è tassato dal presidente con
ordine di pagamento in margine del processo verbale, e il provvedimento ha forza di sentenza
spedita in forma esecutiva contro la parte che ha chiesto la perizia, e, se questa fu ordinata
d’uffizio, solidamente contro tutte le parti interessate” (art.267 c.p.c.). Il decreto presidenziale
aveva forza di titolo esecutivo (di sentenza spedita in forma esecutiva) avverso il quale si
riteneva proponibile l’opposizione entro un termine decadenziale.3
L’art.24 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile del 1942 statuiva: “La
liquidazione del compenso al consulente tecnico è fatta con decreto dal giudice che lo ha
nominato. Il decreto costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale è posto il
pagamento”
Il citato art.24 è stato abrogato con l’art.13 L.8 giugno 1980 n.319 e sostituito dall’art.11 della
stessa legge a termini del quale:
“La liquidazione dei compensi al perito, al consulente tecnico, all'interprete e al traduttore è
fatta con decreto motivato del giudice o del pubblico ministero che lo ha nominato.
La liquidazione è comunicata al perito, al consulente tecnico, all'interprete, al traduttore ed alle
parti.[…]
Nei procedimenti civili il decreto di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo nei
confronti della parte a carico della quale è posto il pagamento.
3
L Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile italiano, Vol.II, 948, Fratelli Bocca editori, V edizione, 1902, il
quale riteneva applicabile l’art.209 c.p.c.; diversamente per L. Mortara, Commentario del Codice e delle Leggi di
Procedura Civile, Vol.III, 691-692, Vallardi ed., III edizione, 1905 secondo il quale il reclamo de quo sarebbe
governato dall’art.379 c.p.c. in relazione al quale – Id., op.cit., Vol.IV, 166 - non sussisterebbe un termine
perentorio per l’opposizione.
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Avverso il decreto di liquidazione il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il traduttore, il
pubblico ministero e le parti private interessate possono proporre ricorso entro venti giorni
dall'avvenuta comunicazione davanti al tribunale o alla corte d'appello alla quale appartiene il
giudice o presso cui esercita le sue funzioni il pubblico ministero ovvero nel cui circondario ha
sede il pretore che ha emesso il decreto.
Il procedimento è regolato dall'articolo 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794 [procedimento per
la liquidazione di onorari di avvocato] . Il tribunale o la corte su istanza dell'opponente, quando
ricorrono gravi motivi, può con ordinanza non impugnabile sospendere l'esecuzione provvisoria
del decreto […]”
Il menzionato art.29 della L.n.794 stabiliva, tra l’altro, che il procedimento di opposizione si
svolge in Camera di Consiglio4, che non è obbligatorio il ministero di difensore e che lo stesso è
definito con “ordinanza non impugnabile la quale costituisce titolo esecutivo anche per le spese
del procedimento”.
Si applicava, quindi, il procedimento previsto in materia di liquidazione degli onorari di
avvocato per le prestazioni giudiziali civili destinato a chiudersi con un’ordinanza ricorribile ex
art.111 Cost. per Cassazione, attesa l’esistenza di un provvedimento adottato da un organo
giurisdizionale caratterizzantesi per la decisorietà, attribuente o negante ad una delle parti e nei
riguardi dell'altra un bene della vita oggetto della controversia5
La legge n.319/1980, ad eccezione dell'art. 4, è stata abrogata dall'art. 299, D.L.vo. 30 maggio
2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
3. Sistema normativo vigente.
L’attuale sistema normativo costituisce il portato di due interventi legislativi, operati –
rispettivamente - con il D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (che ha sistematizzato la disciplina
preesistente, con previsione dell’ufficio giudiziario in composizione monocratica a giudicare
dell’opposizione) e con il D.L.vo 1° settembre 2011 n. 150 (sulla semplificazione dei riti civili).
Ai sensi dell’art.168 D.P.R. n. 115/2002 la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del
magistrato è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede, che è
comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero, ed è titolo
4
trattato dal tribunale in composizione collegiale anche dopo l’istituzione nel 1998 del giudice unico, atteso che
l'art. 50-bis, secondo comma, c.p.c. prevede, per i procedimenti in Camera di Consiglio disciplinati dagli artt. 737 e
segg. c.p.c., una riserva di collegialità, dalla quale restano esclusi soltanto quelli, tra i procedimenti camerali, per i
quali sia altrimenti disposto, e tra questi i procedimenti in Camera di Consiglio già di competenza del pretore, e ora
attribuiti al tribunale, secondo quanto dispone l'art. 244 del D.Lgs. n. 51 del 1998 (così Cass. Civ. 11 marzo 2004
n. 4967).
5
Ex plurimis: Cass. Civ. 07 febbraio 2007 n. 2623, Cass. Civ. 11 maggio 2006 n. 10939, Cass. civ. 11 ottobre 2000
n. 13547, Cass. Sez. Lav. 18 novembre 1997 n. 11472 con riferimento ad ordinanze non impugnabili pronunciate ai
sensi degli artt. 29 e 30 della legge 13 giugno 1942 n. 794, in tema di liquidazione degli onorari spettanti agli
avvocati.
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provvisoriamente esecutivo. Ausiliario del magistrato, come testualmente previsto nell’art.3 lett.
n D.P.R. n. 115/2002, è oltrecché il consulente tecnico anche il perito, l'interprete, il traduttore e
qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo
al compimento di atti6, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a
norma di legge. Ai fini delle spettanze ora descritte agli ausiliari del magistrato è equiparato il
commissario ad acta (art.57 D.P.R. citato).
Il successivo art.170 del D.P.R. n. 115/2002 stabilisce che avverso il decreto di pagamento de
quo, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre
opposizione disciplinata dall'articolo 15 del D.L.vo 1° settembre 2011, n. 1507. Tale ultima
disposizione così recita:
“1. Le controversie previste dall'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente
disposto dal presente articolo.
2. Il ricorso è proposto al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha
emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del
giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale è competente il presidente del
tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la
corte di appello è competente il presidente della corte di appello.
3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
4. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto
previsto dall'articolo 5.
5. Il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i
documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.
6. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile”.
Con la novella operata dal D.L.vo n.150/2011 si emancipa il procedimento in esame da quello
previsto per gli onorari di avvocato.
In sintesi, nella evoluzione storica, i caratteri degli istituti sopradescritti sono rimasti costanti:
liquidazione con decreto inaudita altera parte costituente titolo esecutivo, giudizio di
6
Tra questi sono ricompresi gli Istituti Vendite Giudiziarie (Cass.civ 03 luglio 2008 n. 18204), l'esperto stimatore,
nominato dal tribunale nell'ambito del procedimento di determinazione del valore delle azioni del socio recedente, di
cui all'art. 2437-ter, sesto comma, c. c.(Cass.civ. 14 febbraio 2012 n. 2152), il notaio al quale siano state delegate le
operazioni di vendita nei processi di espropriazione forzata mobiliare e immobiliare (Cass.civ. 29 gennaio 2007 n.
1887), il curatore dell'eredità giacente (Cass.civ., ordinanza 05 maggio 2009 n. 10328).
7
Il comma 2 dell’articolo 170 - abrogato dall'art. 34, comma 17, lett. b), D.Lvo n. 150/2011 – prevedeva che il
processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l'ufficio giudiziario procede in composizione
monocratica.
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contestazione della liquidazione rapida nelle forme con possibilità della difesa personale e
provvedimento definitorio ricorribile per Cassazione ex art.111 Cost. 8.
La descritta disciplina in tema di opposizione si applica altresì ai provvedimenti determinativi
del compenso in relazione ad altre fattispecie disciplinate nel D.P.R. n.115/2002 mediante
opportune disposizioni di richiamo9.
4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione.
Il provvedimento di liquidazione viene pronunciato non d’ufficio, ma su espressa domanda
dell’interessato, da presentare entro un termine di decadenza10.
L’art.168 del D.P.R. n.115/2002 individua i requisiti del provvedimento di liquidazione che ci
interessa.
Innanzitutto la forma è quella del decreto motivato.
L’ordinario decreto, previsto dal codice di rito civile all’art.135, ha una natura non decisoria, ma
istruttoria, è adottato solitamente senza contraddittorio e non è motivato “salvo che la
motivazione sia prescritta espressamente dalla legge”.
All’evidenza il decreto de quo devia dal tipo legale11 atteso che il suo contenuto non è istruttorio,
ma decisorio, su diritti soggettivi; difatti si statuisce sulla pretesa dell’ausiliario al compenso.
Inoltre il provvedimento di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo. La qualità
di titolo esecutivo implica che lo stesso può, quindi, fondare ex art.474 n.1 c.p.c. l’azione
esecutiva. Sulla sua base l’ausiliario può intimare precetto di pagamento e, successivamente,
pignorare i beni della parte sulla quale è stato posto il carico delle spese.
Lo stesso non costituisce anche titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ex art.2818 c.c. data
l’assenza di una specifica previsione in tal senso.
8
Per uno sguardo d’insieme: C. Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Giappichelli editore, XX edizione, 2009,
329-330; R. Giordano, Spese del processo: nei procedimenti ordinario, di esecuzione, sommario e in camera di
consiglio, Giuffrè editore, 2012, 249 e ss.; F. Lazzaro, M. Di Marzio, Le spese nel processo civile, Giuffrè editore,
2010, 466 e ss.
9
Tra tali provvedimenti si citano quelli relativi a: onorari al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese
dello Stato (art.84); compenso spettante all'investigatore privato della parte ammessa al patrocinio (art.104);
onorario e spese al difensore di persona ammessa al programma di protezione dei collaboratori di giustizia (art.115);
onorario e spese al difensore di ufficio della parte, anche irreperibile o minore (art.116-118); compenso all’
avvocato e all'ausiliario del magistrato nei processi avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non
appartenenti all'Unione europea (art.142) e nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 (art.143).
10
Secondo la disciplina contenuta nell’art.71 del D.P.R. n.115/2002 rubricato “Domanda di liquidazione e
decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte”.
11
Circostanza non insolita nel sistema. Caso analogo è il decreto ingiuntivo.
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Vi è un provvedimento giurisdizionale su diritti adottato inaudita altera parte e al di fuori di un
giudizio, costituente titolo esecutivo. Tale qualità esiste fino a che il decreto non venga eliminato
dal mondo giuridico con il mezzo di contestazione tipicamente previsto, formato nel caso di
specie dall’opposizione ex art.15 D.L.vo n.150/2011. La caducazione consegue alla pronuncia
dell’ordinanza che definisce nel merito il giudizio.
Nel rapporto “decreto-definizione dell’opposizione” – tenuto conto dei caratteri del decreto e
della natura di cognizione di primo grado del giudizio di opposizione – sono predicabili le
seguenti conclusioni:
a) la mera proposizione dell’opposizione non determina la caducazione del decreto;
b) la definizione del giudizio di opposizione con una pronuncia in rito – quale la dichiarazione di
inammissibilità12 o di estinzione - lascia integro il decreto, come se l’opposizione non fosse stata
proposta. La purezza del decreto all’esito dell’estinzione del giudizio di opposizione non
costituisce una deroga alla regola secondo cui “L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma
non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce che regolano la
competenza” (art.310 comma 2 c.p.c.) in quanto esso decreto non è stato pronunciato nel corso
del processo, ma in una autonoma fase anteriore.
Ove il giudizio di opposizione venga dichiarato inammissibile o si estingua o si definisca
comunque in rito, l’ausiliario potrà continuare ad avvalersi del decreto come titolo esecutivo,
mentre il debitore inciso dal decreto potrà contestare il suo debito riproponendo l’opposizione ex
art.15, ove non ancora prescritta la relativa azione;
c) la definizione del giudizio con l’ordinanza che pronuncia sul merito, sia di accoglimento che
di rigetto dell’opposizione, ha portata sostitutiva rispetto al decreto, del quale ne determina la
caducazione.
Nella evenienza che sia decorso il termine entro il quale proporre l’opposizione e il decreto non
sia caducato, la qualità di titolo esecutivo da provvisoria diviene definitiva.
La definitività del titolo non comporta anche che lo stesso acquisti la qualità di cosa giudicata ai
sensi dell’art.2909 c.c.. All’acquisto della cosa giudicata ostano diverse circostanze:
- in primo luogo il decreto non germina all’esito di un processo, di un giudizio nel
contraddittorio tra le parti;
- difetta una esplicita previsione normativa in tale senso;
- infine, diversamente dal decreto ingiuntivo – con il quale ha alcune analogie – non sono
previsti anche dei mezzi di contestazione straordinari, sulla falsariga degli art.650 e 656 c.p.c.,
presupponenti il conseguimento della stabilità del giudicato.
12
Ad esempio: per carenza di legittimazione od interesse ad agire.
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Il provvedimento de quo non ha natura di volontaria giurisdizione, non sussistendo i requisiti
paradigmatici delineati nelle “Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio”
(artt.737-742 bis c.p.c.).
In conclusione: il decreto di liquidazione delle competenze è un provvedimento giurisdizionale, a
contenuto decisorio, su diritti soggettivi, costituente titolo esecutivo, inidoneo al giudicato.
5. Mezzo di contestazione
Il decreto di liquidazione delle competenze in favore dell’ausiliario è impugnabile unicamente
con il ricorso in opposizione nelle forme del rito sommario speciale di cui al D.L.vo n.150/2011.
Tanto emerge dal microsistema normativo che disciplina l’istituto.
Non avendo natura di volontaria giurisdizione, il provvedimento de quo non è - una volta
divenuto definitivo - revocabile o modificabile secondo la previsione dell’art.742 c.p.c..
La revoca o modifica del decreto in esame non è conseguibile per mezzo dell’art.177 c.p.c. per
almeno due ordini di ragioni:
- in linea di massima non si applicano ai decreti i principi di revocabilità e modificabilità13;
- peraltro anche a volere applicare ad esso per analogia la disciplina dell’ordinanza, quest’ultima
non è modificabile quando “la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo” (art.177,
comma 3, n.3 c.p.c.); quest’ultima circostanza ricorre nel caso di specie, atteso che il decreto è
opponibile ex art.170 D.P.D. n.115/2002, sicché comunque la modifica ex art.177, comma 2,
c.p.c. non è realizzabile.
Il decreto di liquidazione – attesa la presenza di uno specifico mezzo di contestazione (quale è
l’opposizione) e la sua inidoneità al giudicato - non è censurabile con il ricorso per Cassazione
ex art.111 comma 7 Cost. per violazione di legge14.
13
Per una sintesi: F. Carpi – M.Taruffo, Commentario breve al codice di procedura civile, Cedam editore, 2012,
VII edizione, 534.
14
Sul punto si enuncia: “E' giurisprudenza costante che la nozione di sentenza, di cui parla l'art. 111, c. 2 della
Costituzione, coincide con quella di provvedimento decisorio, dovendosi intendere come tale ogni provvedimento
che, indipendentemente dalla sua disciplina formale, sia idoneo ad incidere in via definitiva sulle situazioni
giuridiche private, analogamente alle pronunce previste dall'art. 279 C.P.C.. Occorre quindi che il provvedimento
presenti due caratteri: quello della decisorietà e quello della definitività. L'ordinanza collegiale impugnata ha
sicuramente carattere decisorio, stabilendo l'ammontare delle spese provocate dalla C.T.U.. Non ha però, quello
della definitività, che è proprio dei provvedimenti per i quali non vi siano rimedi idonei a consentire il riesame del
provvedimento sia nell'ulteriore svolgimento del processo sia in sede di impugnazioni. L'ordinanza in causa è pur
sempre un provvedimento contenuto processuale ordinario, che, ai sensi dell'art. 90 C.P.C., disciplina il
regolamento provvisorio delle spese processuali mentre la sentenza, ai sensi dell'art. 91 C.P.C., statuirà sul carico
definitivo delle medesime. (Cass. 15.3.1984 n. 1753; Cass. 18.10.1983 N. 6118). Non è ancora deciso, quindi, se le
spese della consulenza dovranno essere sostenute, in via definitiva, dagli attuali ricorrenti e perciò, il ricorso deve
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6. Termine entro il quale proporre l’opposizione.
Prima della novella nel 2011 sulla semplificazione dei riti, si applicava il termine di venti giorni
quale limite decadenziale alla proposizione dell’opposizione. Ciò in virtù del vecchio testo
dell’art.170 comma 1 D.P.R n.115/2002 per il quale "avverso il decreto di pagamento emesso a
favore dell'ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l'incarico
di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico
ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione, al
presidente dell'ufficio giudiziario competente". Termine non più vigente atteso che la citata
novella ha eliminato la relativa previsione. Tale eliminazione può essere ascritta ad una svista
del legislatore delegato atteso che in quasi tutti i giudizi oppositori disciplinati nel capo Terzo del
D.L.vo n.150/2011 relativo alle “controversie regolate dal rito sommario di cognizione” vi è la
previsione di un termine di decadenza di trenta giorni decorrente dalla fattispecie individuata dal
legislatore (notificazione o altra , a seconda dei casi).15
Da questa possibile svista non si può però ricavare la conseguenza di applicare in via analogica
le disposizioni citate in nota prevedenti il termine di trenta giorni. Vari fattori ostruiscono tale
strada.
In prima battuta si rileva che nel capo Terzo vi sono giudizi oppositori - quali l’opposizione al
diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi
familiari, nonché agli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto
all'unità familiare (art.20) – per i quali non vi è la previsione di un termine decadenziale. Sicché
l’indicato termine di decadenza è solo tendenziale e non costituisce una regola generale.
La decadenza, poi, costituisce un istituto eccezionale per il quale vi è il divieto, sancito
dall’art.14 delle preleggi, dell’applicazione analogica, pena altresì la lesione del diritto di difesa
costituzionalmente garantito (art.24). Difatti, la decadenza non costituisce, a differenza della
essere dichiarato inammissibile per mancanza di un provvedimento impugnabile”. Così: Cass. civ. 20 agosto 1990
n. 8454.
15
Vuol farsi riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 17, comma 3 (controversie in materia di allontanamento dei
cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari), 18, comma 3 (controversie in materia di
espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione europea), 19, comma 3 (controversie in materia di
riconoscimento della protezione internazionale), 21, comma 3 (opposizione alla convalida del trattamento sanitario
obbligatorio), 22, comma 4 (azioni popolari e delle controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed
incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali), 23, comma 3 (azioni in materia di eleggibilità e
incompatibilità nelle elezioni per il Parlamento europeo), 24, comma 3 ('impugnazione delle decisioni della
Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo), 26, comma 3 (impugnazione dei provvedimenti
disciplinari a carico dei notai), 27 , comma 4 ('impugnazione delle deliberazioni del Consiglio nazionale dell'Ordine
dei giornalisti) e 29, comma 3 (controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica
utilità).
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prescrizione, una causa generale di estinzione dei diritti sicché le relative norme non si applicano
oltre i casi e i tempi in esse considerati 16.
Infine si rileva che gli artt. 168-170 del D.P.R. n.115/2002 e 15 D.L.vo n.150/2011 delineano
un microsistema autosufficiente escludente la previsione di termini decadenziali.
Sul punto il Ministero della Giustizia opina "è da ritenersi che il termine per la proposizione di
un'eventuale opposizione al decreto di pagamento ex art. 170 del DRP 115/02 vada individuato
in quello espressamente previsto per il procedimento sommario di cognizione e, quindi, in quello
di trenta giorni dall'avvenuta comunicazione (vedi art. 702-quater del c.p.c.)" 17. Tale opinione,
icto oculi non è condivisibile atteso che il termine di trenta giorni di cui all’art. 702-quater c.p.c.
si riferisce alla diversa fattispecie dell’appello avverso l’ordinanza definitoria del giudizio
sommario – appello peraltro inammissibile ai sensi dell’ultimo comma dell’art.15 D.L.vo
n.150/2011 nel giudizio che ci riguarda – e non al ricorso introduttivo del giudizio di
opposizione da trattare con il rito sommario.
Parte della dottrina suggerisce l’applicazione del termine di quaranta giorni dalla notificazione,
in analogia con il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo18.
A nostro giudizio, non essendovi - nella sedes materiae - la previsione di uno specifico termine
entro il quale proporre l’opposizione, si applica la disciplina generale sulla estinzione delle
situazioni giuridiche soggettive. Per i principi, qualsiasi tipo di diritto – salve le imprescrittibilità
ope legis - si estingue per prescrizione con il decorso del termine, assenti specifiche previsioni,
di dieci anni ex artt. 2934 e 2946 c.c. Anche l’azione giurisdizionale (artt. 24 Cost., 2907 c.c., 99
c.p.c), costituente un diritto soggettivo di natura potestativa, si prescrive. Da ciò il corollario che
l’opposizione, essendo una specifica azione giurisdizionale, può essere proposta entro il termine
ordinario di prescrizione ex art.2946 c.c., ossia entro dieci anni dalla pubblicazione del decreto.
Va evidenziato che l’inidoneità al giudicato esclude l’applicazione del cd. termine lungo di cui
all’art.327 c.p.c. 19.
16
F. Roselli, in Trattato di diritto privato. Tutela dei diritti. II, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno,
UTET , II edizione, 2002, 603.
17
Nota DAG 7 novembre 2012 n.0148412U.
18
Una sintesi delle varie tesi sul punto: M. Farina, in B. Sassani- R. Tiscini, La semplificazione dei riti civili , Dike
Editrice Giuridica, 2011,142.
19
Conf. Cass. Civ. 06 ottobre 2011 n. 20485 secondo cui “l'art. 327 cod. proc. civ., non è applicabile, in materia
di spese di giustizia, con riguardo all'opposizione del decreto di pagamento delle spettanze agli ausiliari emessi dal
magistrato che procede. E ciò per le seguenti ragioni.[…]. La ratio dell'art. 327 cod. proc. civ., presuppone che si
sia svolto un grado di giudizio a contraddittorio pieno che sia terminato con la pronuncia di una sentenza o di un
provvedimento a contenuto decisorio. Tale evenienza non ricorre nel caso del decreto di pagamento adottato dal
magistrato che procede, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168: tale decreto viene infatti emesso sulla base
della mera istanza di liquidazione dell'ausiliario stesso, senza che ne siano in alcun modo informate e coinvolte le
parti del procedimento nel quale si è svolta l'attività dell'ausiliario. Queste vengono a conoscenza del
provvedimento emesso dal giudice sulla base della relativa istanza soltanto con la comunicazione da parte della
cancelleria e possono promuovere, nei successivi venti giorni, un giudizio di cognizione a contraddittorio pieno,
rivolto a contestare l'avvenuta liquidazione delle spettanze.”.
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7. Applicazione del rito sommario speciale.
Il procedimento di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione delle competenze al
C.T.U. è quello del rito sommario di cognizione di cui agli artt.702 bis-702 quater c.p.c. con le
modifiche apportate dagli artt.3 e 15 del D.L.vo n.150/2011 in quattro significativi punti:
a) immodificabilità del rito20;
b) giudice competente è il capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha
emesso il provvedimento impugnato21.
c) le parti possono stare in giudizio personalmente22;
d) l’ordinanza definitoria del giudizio di opposizione non è appellabile secondo la disciplina
dell’art.702 quater c.p.c. 23.
Il legislatore, in attuazione della delega contenuta nell’art.54 della L. 18 giugno 2009 n.69, ha
modellato il procedimento sullo stampo del rito sommario di cognizione, apportando vieppiù
modificazioni.
Il rito sommario è stato introdotto con la stessa L. n.69/2009, mediante l’innesto nel codice degli
artt.702 bis-702 quater24; lo stesso è caratterizzato da una cognizione snella che, secondo le
intenzioni dei conditores, dovrebbe contribuire a ridurre i tempi della giustizia. Tale rito,
alternativo a quello ordinario su libera scelta dell’attore, ha avuto uno scarso appeal sugli
operatori: dopo due anni di vigenza l’utilizzo è stato insignificante, complice anche le diverse
aporie che accompagnano l’istituto25.
Il rito sommario è stato individuato come uno dei tre modelli da seguire per semplificare
determinati riti dal citato art.54 L. n.69/2009.
Il D.L.vo n. 150/2011 ha operato tale semplificazione. L’esito non è stato soddisfacente. Per i
procedimenti sottoposti al rito sommario di cognizione (capo III del D.L.vo n. 150/2009: artt.1430), la disciplina non è la resultante dei soli artt.702 bis-702 quater con le modifiche dell’art.3
D.L.vo n. 150/2009 ma anche delle ulteriori modifiche - a volte di notevole rilevanza: valga per
tutte la disciplina dell’impugnazione – previste di volta in volta per le singole fattispecie. Difatti
20
Attesa la previsione dell’art.3 comma 1 D.L.vo 1-9-2011 n. 150 “Nelle controversie disciplinate dal Capo III, non
si applicano i commi secondo e terzo dell'articolo 702-ter del codice di procedura civile”.
21
art.15 comma 2 D.L.vo n. 150/2011.
22
Per l’art.15 comma 3 D.L.vo n. 150/2011.
23
Art.15 comma 6 D.L.vo n. 150/2011.
24
Sull’ambito di applicazione del rito sommario, ex plurimis, si rinvia a: C. Ferri, Il Procedimento sommario di
cognizione in Riv. dir. proc. 2010, p.94; M. Bina, Il procedimento sommario di cognizione in Riv. dir. proc. 2010, p.
123-124; C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2010, Vol. III pp. 183-191; C. Mandrioli, Diritto
processuale civile, 2009, Vol. IV, Giappichelli editore, 2009, XX Ed., pp. 345-351; F.P. Luiso, Diritto processuale
civile, IV, Giuffrè editore, 2013, VII Ed., pp.131-132.
25
Per una indagine, per campioni significativi e con illustrazione dei punti critici del rito, si rinvia a M. Gerardo - A.
Mutarelli
Procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.: primo bilancio operativo in
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dati aspetti sono presenti solo in alcuni riti speciali sommari, ma non in tutti quelli disciplinati
dal Capo III.
La difesa personale, la natura (Giudice di pace, Tribunale, Corte di appello) e composizione
(monocratica o collegiale) del giudicante, l’appellabilità del provvedimento definitorio del rito,
la previsione di un termine decadenziale per la proposizione dell’azione, la previsione di un
termine entro il quale definire il giudizio, la sospensione del provvedimento impugnato, il regime
fiscale degli atti del procedimento variano da sottorito a sottorito tra quelli disciplinati nel capo
III.
In realtà non vi è un unico ed uniforme rito sommario, ma tanti riti quante sono le fattispecie
considerate nel capo III, frutto delle alchimie del legislatore.
“La situazione è grave, ma non è seria”, avrebbe chiosato Flaiano.
Gli intenti legislativi di sommarietà si potevano, più semplicemente, realizzare con
l’introduzione di una norma richiamante il negletto art.80 bis d.a.c.p.c. da applicarsi anche in
deroga all’art.183 c.p.c. 26.
Preso atto della politica legislativa in materia, il procedimento di opposizione avverso il decreto
di pagamento delle spese di giustizia risultante dalla combinazione degli artt. artt.702 bis-702
quater c.p.c. e artt.3 e 15 D.L.vo n. 150/2009 è il seguente.
Nelle cause avverso il decreto di pagamento di spese di giustizia, la domanda può essere
proposta con ricorso al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso
il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di
pace e del pubblico ministero presso il tribunale è competente il presidente del tribunale. Per i
provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello
è competente il presidente della corte di appello.
Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
Il ricorso, sottoscritto a norma dell’articolo 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri
1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163.
A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta
senza ritardo al presidente del tribunale, il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione
delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre
dieci giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve
essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua
costituzione.
26
Per una più ampia indagine, anche de iure condendo, sulla organizzazione, efficacia e funzionalità della giustizia
civile si rinvia a M. Gerardo – A. Mutarelli Sulle cause della “irragionevole” durata del processo civile e possibili
misure di reductio a “ragionevolezza in www.Judicium.it.
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Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella
quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento
della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in
comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le
eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili
d’ufficio.
Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne
dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al presidente lo spostamento
dell’udienza. Il presidente, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede
a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del
terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene a norma del quarto comma.
Il presidente, se ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza.
L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto
dall'articolo 5. D.L.vo n.150/2011.
Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede un’istruzione non sommaria, il
presidente ne dispone la separazione.
Alla prima udienza il presidente , sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al
contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in
relazione all’oggetto del provvedimento richiesto, può chiedere a chi ha provveduto alla
liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della
decisione e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande.
L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca
giudiziale e per la trascrizione.
Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e
seguenti.
L'ordinanza che definisce il giudizio è ricorribile solo per Cassazione per violazione di legge;
ove non impugnata produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile.
8. Giudice competente.
Giudice competente, ai sensi del secondo comma dell’art.15 cit., è il capo dell’ufficio giudiziario
(Tribunale o la Corte di appello) cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento
impugnato.
L’organo giudicante è quindi monocratico.
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Difatti l’attribuzione è del Presidente dell'ufficio giudiziario: Presidente del Tribunale o
Presidente della Corte di Appello. Tanto è indicato nel comma 2 dell’art.15 ed è presupposto nel
successivo comma 5.
Analoga previsione – circa l’attribuzione del Presidente del Tribunale – vi era nel previgente
testo dell’art.637 c.p.c. in relazione alla competenza per il rilascio del decreto ingiuntivo.
Quella del Presidente del Tribunale o Presidente della Corte di Appello è una competenza
funzionale27, escludente che la causa possa essere trattata dal Tribunale o dalla Corte di Appello.
Alla luce di tale dato deve ritenersi non conforme al sistema la diffusa prassi dei capi degli uffici
giudiziari28 di designare il giudice istruttore – rectius: giudice unico – o, nei Tribunali divisi in
più sezioni, di assegnare le controversie in esame ad una di esse, alla stessa stregua della
designazione del giudice ex art.168 bis c.p.c. per le cause di competenza del Tribunale o della
Corte di Appello.
Ove il procedimento venga trattato da un giudice incompetente – ad esempio il Tribunale in
luogo del Presidente – l’ordinanza che definisce il giudizio sarà impugnabile oltre che con
ricorso per cassazione, anche con regolamento di competenza ex artt.42-43 c.p.c..
La trattazione del Tribunale (monocratico o collegiale) in luogo del Presidente, quindi, non è
riconducibile al problema inerente alla composizione del tribunale, secondo la disciplina degli
artt.50 bis – 50 quater c.p.c.
Va poi rilevato che il Presidente non è sostituibile da altro magistrato all’infuori dei casi di
supplenza in caso di mancanza od impedimento del Presidente ex art.104 r.d. 30 gennaio 1941
n.1229. L’eventuale sostituzione del Presidente con magistrato diverso da quello legittimato ex
art.104 citato determina una nullità assoluta, in quanto vizio inerente “alla costituzione del
giudice” ex art.158 c.p.c. 30.
27
Così, con riferimento alla competenza al rilascio del decreto ingiuntivo: E. Garbagnati, Il procedimento
d’ingiunzione, Giuffrè editore, 1991, 49 e M. T. Zanzucchi, Diritto processuale civile, II, Giuffrè editore, V
edizione, 1962, 364; diversamente : V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Vol.IV, Jovene editore,
III edizione, 1964, 68 per il quale “i rapporti tra il collegio e il presidente non s’inquadrano nello schema della
competenza” al quale replica E Garbagnati, op. cit.,49 n.80 che “l’art.637 qualifica competente per l’ingiunzione “il
presidente del tribunale, che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria”, escludendo così
chiaramente la competenza del tribunale a provvedere in merito alla domanda di ingiunzione e limitandone la
competenza al solo giudizio di opposizione”.
28
prassi, ad esempio, sussistente presso il Tribunale di Napoli.
29
L’orientamento del giudice di legittimità è largheggiante circa i casi di supplenza, affermandosi che “- la
supplenza in base alla designazione effettuata secondo il c.d. criterio tabellare, deve ritenersi consentita anche nelle
funzioni presidenziali relative ai procedimenti di separazione e divorzio, secondo le regole dettate dall'art. 104
dell'ordinamento giudiziario, che non prevede alcuna limitazione o eccezione in relazione alle funzioni esercitabili
in via sostitutiva in caso di mancanza od impedimento del Presidente del Tribunale (Cass. 2085/1977);- la
sostituzione secondo il cennato criterio può avvenire anche per mere esigenze d'ufficio (Cass. 7764/2004) e
nell'individuazione della persona del delegato il criterio dell'anzianità non è esaustivo (punto C.7.D della Circolare
del C.S.M., n, 7704 del 2/5/1991, in tema di applicazioni e supplenze);- la delega attribuisce al magistrato delegato
i medesimi poteri del delegante,” (Cass.civ. 8 ottobre 2008 n.24865; Cass. civ. 02 dicembre 2004 n. 22607).
30
Con riferimento al rilascio del decreto si è ritenuto nullo il decreto d’ingiunzione pronunciato da un giudice
delegato dal presidente (Cass. 13 agosto 1963 n.2234, citata in E. Garbagnati, cit., 46, n.64)
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Si ritiene, dal giudice di legittimità, che il procedimento di opposizione de quo introduce una
controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione
sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al
servizio civile31 e che esso giudizio è sottratto alla regola del foro erariale, in quanto la disciplina
delle spese di giustizia fissa, in deroga, la competenza territoriale del giudice di prossimità, come
risulta dalla previsione secondo cui il decreto è emesso dal "magistrato che procede" (art. 168,
comma 1, D.P.R. n.115/2002) ed è opponibile innanzi al presidente dell'ufficio giudiziario
competente 32.
9. Oggetto del giudizio di opposizione.
Il giudizio ha ad oggetto l’an ed il quantum del compenso. Va valutata, quindi, la conformità, la
corrispondenza della liquidazione del compenso contenuta nel decreto ai criteri legali, alle regole
disciplinatrici del compenso agli ausiliari, tra le quali, in primis, vi è il D.M. 30 maggio 2002.
Non è sindacabile, in via principale, la validità della C.T.U.. Questa, difatti, va valutata nel
procedimento principale nel quale è germinato il provvedimento impugnato. Difatti costituisce
communis opinio la massima secondo cui “in sede di opposizione avverso il decreto di
liquidazione dei compensi al consulente tecnico sono ammissibili soltanto le censure che si
riferiscano alla liquidazione del compenso mentre non possono proporsi questioni relative
all'utilità e validità della consulenza tecnica, che attengono al merito della causa e vanno fatte
valere nella relativa sede (v. Cass. nn. 6684/95, 1014/96 e 4425/98)”33.
Della validità della C.T.U. si può conoscere in via incidentale, ai fini del giudizio sulla
determinazione del compenso, nel giudizio di opposizione. Ad esempio, l’interessato deducendo la invalidità della C.T.U. - potrà chiedere la riforma del decreto impugnato in vista
dell’obiettivo di una pronuncia escludente – sull’accertamento incidentale dell’indicato vizio qualsivoglia compenso al perito34.
La scelta del rito sommario nel caso in esame deriva da esigenze di conformità alla scelta
adottata in ordine al rito applicabile per la liquidazione dei compensi all’avvocato nonché dalla
natura semplice delle questioni da trattare, in ragione del circoscritto ambito delle controversie
31
Cass. S. U. 03 settembre 2009 n. 19161.
Così Cass.civ, Ord. 13 dicembre 2011 n. 26791 argomentando che “Le Sezioni Unite di questa Corte hanno di
recente precisato che la disciplina del foro erariale può essere derogata, per effetto di specifiche disposizioni del
legislatore (controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni amministrative, di disciplina dell'impugnazione, di
convalida di sfratto), ogni volta che sia manifesto l'intento di determinare la competenza per territorio sulla base di
elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale e, perciò, destinati a
prevalere su questa (cfr. Cass. S.U. 18036/08; e, per riferimenti SU 23285/10; Cass. 7595/11)”.
33
così ex plurimis Cass. civ. 07 febbraio 2011 n. 3024; Cass. civ.. 25 marzo 2010 n.7174.
34
Già L. Mortara, op. cit. Vol.III, , 692 evidenziò “che il perito, non abbia diritto ad onorario, e debba restituirlo se
già conseguito, qualora la perizia sia annullata per un vizio a lui imputabile”. Per Cass. civ. 05 gennaio 2011 n.
234 - in un giudizio nel quale la nullità della c.t.u. era stata dichiarata dal giudice del merito che aveva disposto la
consulenza - il diritto del c.t.u. alla liquidazione del compenso non sussiste quando l’ attività sia stata inosservante
di norme sanzionate da nullità per violazione del principio del contraddittorio.
32
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medesime35. Difatti, il giudizio coinvolge tendenzialmente questioni di diritto, tuttavia possono
ricorrere questioni in fatto, quale l’accertamento delle prestazioni eseguite ove sorgano questioni
sul punto.
10. Legittimazione ed interesse alla proposizione dell’opposizione.
Legittimati alla proposizione dell’opposizione sono il beneficiario del decreto di liquidazione e
le parti processuali, compreso il pubblico ministero, sulla base della denunciata violazione delle
norme disciplinanti il compenso all’ausiliario dalla quale consegue un pregiudizio all’interessato,
in applicazione della regola sull’interesse ad agire ex art.100 c.p.c.36.
L’opponibilità va calibrata all’oggetto del giudizio, involgente l’an ed il quantum del
compenso, e quindi al pregiudizio collegato all’erronea applicazione delle regole disciplinanti
tali aspetti.
A questo fine va evidenziato che la scelta della parte cui addossare l’anticipazione delle spese
della C.T.U. è discrezionale ed insindacabile e costituisce un regolamento solo provvisorio delle
spese processuali, che resta affidato in via definitiva alla sentenza conclusiva del giudizio e non è
quindi censurabile né in sede di opposizione avverso il decreto di liquidazione né in Cassazione
ai sensi dell’art.111 Costituzione avverso l'ordinanza decisoria dell’opposizione ex art. 170 del
d.P.R. n. 115/2002, qualora i motivi d'impugnazione attengano all'individuazione della parte
tenuta al pagamento della somma liquidata dal giudice37.
La legittimazione ad impugnare, quindi, prescinde dalla circostanza che il carico delle spese sia
posto in capo all’opponente. Sicché, ad esempio, ove il giudicante ponga le spese a carico del
solo attore, anche il convenuto sarà legittimato ad opporre il decreto. Difatti, come si preciserà, il
carico delle spese – fermo restando l’an ed il quantum fissati nel decreto o negli atti di
impugnazione di questo - verrà disciplinato, in via definitiva, con la sentenza definitoria del
procedimento nel corso del quale è stata disposta la consulenza applicando il criterio della
soccombenza, salva la compensazione delle spese. Il potenziale carico delle spese dell’ausiliario
faculta, quindi, ciascuna parte a proporre l’opposizione, tenuto anche conto che tutte le parti del
processo sono obbligate – sul piano sostanziale, in via solidale - nei confronti del C.T.U. a
liquidare il compenso.
All’uopo, come anticipato sopra al paragrafo 1, occorre distinguere due aspetti:
a) tra le parti processuali il carico delle spese dell’ausiliario è deciso con la sentenza definitoria
del procedimento;
35
M. Farina, in B. Sassani- R. Tiscini, op.cit., 140.
Per Cass. S.U. 29 maggio 2012 n. 8516 parte necessaria dei procedimenti suddetti deve considerarsi ogni titolare
passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento.
37
così Cass.civ. 04 maggio 2012 n. 6766; Cass.civ. Ord. 11 gennaio 2012 n. 179.
36
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b) verso l’ausiliario tutte le parti sono tenute a liquidare il compenso. Il decreto di liquidazione –
come anche l’ordinanza decisoria dell’opposizione – costituisce titolo esecutivo nei confronti
del soggetto a cui carico sono state disposte le spese. Tuttavia – come visto sopra - anche le altre
parti del processo sono obbligate nei confronti dell’ausiliario, a prescindere dalla sentenza
definitoria del procedimento e dal criterio della soccombenza; difettando un titolo esecutivo
l’ausiliario potrà procedere contro tali parti instaurando un autonomo giudizio di cognizione.
Nel rapporto tra beneficiario del decreto di liquidazione e parti processuali viene individuata
una fattispecie di litisconsorzio necessario38.
11. Natura giuridica dell’ordinanza definitoria del giudizio di opposizione.
L’ordinanza definitoria dell’opposizione è – in conformità ai connotati storici dell’istituto qualificata inappellabile. La relazione di accompagnamento al D.L.vo n.150/2011 conferma tale
circostanza rilevando che si è trasfusa nel nuovo contesto l’ipotesi di inappellabilità già in
precedenza prevista, in conformità al principio e criterio direttivo di cui all’art.54 comma 4
lett.c) D.L.vo n.69/2009 circa il mantenimento delle norme “finalizzate a produrre effetti che
non possono conseguirsi con le norme contenute nel codice di procedura civile” 39.
Per i principi, venendo in rilevo un provvedimento definitivo, non altrimenti impugnabile,
decisorio di questioni relative a diritti soggettivi40 all’esito di un processo di cognizione con rito
sommario, lo stesso è impugnabile con il ricorso in cassazione per violazione di legge ai sensi
dell’art.111 comma 7 Costituzione.
Il provvedimento è quindi idoneo al giudicato ex art.2909 c.c.. Il giudicato si forma sull’an e sul
quantum; inoltre il provvedimento costituisce titolo esecutivo nei confronti della parte
processuale caricata delle spese in favore dell’ausiliario.
38
M. Farina, in B. Sassani- R. Tiscini, cit., 149. Per Cass.civ. 21 gennaio 2000 n. 645 e Cass.civ. 23 aprile 1998 n.
4176, nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico ex art. 11 della
legge n. 319 del 1980 sono contraddittori necessari il detto ausiliare del giudice ed i soggetti a carico dei quali è
posto l'obbligo di corrispondere il compenso. A nostro giudizio deve ritenersi che tutte le parti del giudizio
principale, a prescindere dal carico provvisorio delle spese, sono parti necessarie del procedimento.
39
Sui quali: F. P. Luiso, Diritto processuale civile, IV, Giuffré editore, VII edizione, 2013, 123. Si rileva che
l’inappellabilità “appare compatibile con i canoni costituzionali, con la natura del procedimento sommario come
giudizio a cognizione piena, con l’opzione di non aumentare il contenzioso avanti ai giudici d’appello” : F. Carpi –
M.Taruffo, op.cit., 3188.
40
Ex plurimis: Cass. Civ. 3 settembre 2009 n.19161 in tema di decreto definitorio di giudizio di opposizione a
decreto di liquidazione dell’indennità al custode; Cass. Civ. 29 maggio 2012 n.8516 in tema di provvedimento
definitorio di giudizio di opposizione a decreto di liquidazione degli onorari al difensore di soggetto ammesso al
patrocinio a spese della Stato.
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Da un punto di vista formale, va osservato che l’inappellabilità dell’ordinanza non comporta la
inapplicabilità dell’intero art.702 quater c.p.c. (peraltro non compreso nelle norme sterilizzate
dall’art.3 del D.L.vo n.150). Dell’art.702 quater c.p.c. si applica il principio contenuto nel primo
periodo dello stesso (“L’ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell’articolo 702-ter
produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni
dalla sua comunicazione o notificazione”), ossia il principio che la mancata proposizione del
mezzo di impugnazione ordinario determina la definitività della statuizione con la formazione
della cosa giudicata sostanziale41. La restante parte dell’articolo non si applica perché
incompatibile con i caratteri del giudizio di opposizione in esame.
Oltre al ricorso per cassazione deve ritenersi, come evidenziato nel precedente paragrafo 8, che
l’ordinanza definitoria del giudizio è impugnabile anche con il regolamento di competenza ex
artt.42-43 c.p.c..
12. Carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali.
Come anticipato sopra, tra le parti processuali il carico delle competenze dell’ausiliario è deciso
con la sentenza definitoria del procedimento, con il capo disciplinante il regime delle spese di
lite ex art.91 c.p.c. a termini del quale “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti
a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne
liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”
La sentenza, sul punto delle spese peritali, ha un particolare connotato: non può modificare l’an
ed il quantum delle spese regolati dal decreto o, ove proposta opposizione, dal provvedimento
definitorio (ordinanza del giudice di merito o sentenza della Cassazione) del giudizio di
opposizione. All’evidenza la sentenza ha la peculiare virtù di rendere definitivo quanto statuito
nel decreto precludendo la proposizione dell’opposizione, ove ancora vivo il termine di
prescrizione.
Quindi, nel caso in cui sia pronunciato decreto di liquidazione delle spese all’ausiliario con peso
in capo all’attore, la sentenza definitoria del giudizio che accolga la domanda attorea dovrà porre
– in assenza della compensazione delle spese - in via definitiva ed esclusiva, le spese in esame a
carico del convenuto, con condanna dello stesso a corrisponderle all’attore 42; l’attore resta
sempre obbligato, astretto dal titolo esecutivo costituito dal decreto, nei confronti dell’ausiliario;
41
Diversamente A. Carratta, La semplificazione dei riti civili in Il libro dell’anno del diritto 2013, www.treccani.it
secondo cui “se l’ordinanza non è appellabile, evidentemente non è neanche idonea ad acquistare efficacia di
giudicato sostanziale”, attesa la inapplicabilità dell’intero art.702 quater c.p.c.
42
Nella prassi si rinvengono sentenze le quali - pronunciato decreto di liquidazione delle spese all’ausiliario con
peso in capo all’attore ed accolta la domanda attorea - pongono le spese in esame a carico del convenuto, con
condanna dello stesso a corrisponderle all’ausiliario, ovvero a rivalere l’attore di quanto dallo stesso già
eventualmente corrisposto all’ausiliario per tale causale, previa presentazione di quietanza rilasciata dall’ausiliario
medesimo. All’evidenza la condanna del convenuto al pagamento delle spese in favore dell’ausiliario è
inammissibile, in quando l’ausiliario non è parte del giudizio.
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titolo esecutivo non efficace nei confronti del convenuto, ancorché anche quest’ultimo sia
obbligato e responsabile finale del carico delle spese.
Analogamente, nel caso in cui sia pronunciato decreto di liquidazione delle spese all’ausiliario
con peso in capo all’attore, la sentenza definitoria del giudizio che rigetta la domanda attorea
dovrà porre – sempre in assenza della compensazione delle spese - in via definitiva ed esclusiva,
le spese in esame a carico dell’attore43.
Quanto ora ricostruito si basa sulla più volte evidenziata autonomia tra, da un lato, il carico delle
spese tra le parti processuali (risolto dalla “sentenza che chiude il processo”) e, dall’altro lato, il
vincolo giuridico germinato dal titolo esecutivo tra una (o più) delle parti processuali e
l’ausiliario per il compenso relativo all’attività prestata, in disparte dalla circostanza che sul
piano sostanziale tutte le parti sono tenute alle spese di C.T.U..
Un orientamento giurisprudenziale enuncia che la sentenza di condanna alle spese di consulenza,
pronunciata in danno di una sola parte funge, "in parte qua", da revoca implicita del decreto di
liquidazione delle stesse spese che, in corso di procedimento, l'autorità giudiziaria abbia
provvisoriamente posto a carico di tutte le parti del processo in solido, non essendo, in questo
caso, in questione l'efficacia diretta o riflessa del giudicato ex art. 2909 c.c., ma, semplicemente,
la successione dei provvedimenti giurisdizionali nel tempo, il secondo dei quali, definitivo,
attesone il contrasto, "in parte qua", con il primo, soltanto provvisorio, contiene in sé una
(implicita pronuncia) di revoca del primo44.
Si dissente da tale orientamento in quanto contrastante con la rilevata autonomia dei
procedimenti e con il diritto al contraddittorio; a volere seguire tale tesi si pregiudica la posizione
del consulente, titolare – in ipotesi - di un titolo esecutivo nei confronti di tutte le parti del
giudizio, il quale se lo vede dimidiato in un distinto processo del quale non è parte. In coerenza
con la tesi da noi seguita, il C.T.U. - anche dopo la pronuncia della sentenza che pone
integralmente le spese sulla parte soccombente – può agire nei confronti di qualsivoglia parte a
carico delle quali l'autorità giudiziaria abbia con decreto provvisoriamente posto in solido le
spese; ove agisca nei confronti della parte vittoriosa nel merito, beneficiaria della pronuncia della
condanna della controparte al pagamento delle spese di lite, essa parte vittoriosa dovrà pagare
quanto richiesto dal C.T.U., salvo agire in rivalsa nei confronti del soccombente; ciò sulla base
della pronuncia sulle spese contenuta nella “sentenza che chiude il processo” statuente
espressamente una eccezionale condanna in futuro45, oppure - ove si reputi inammissibile tale
condanna o la stessa sia assente nella sentenza – con autonomo giudizio.
43
Nella situazione ipotizzata, capita di leggere sentenze le quali così statuiscono: “condanna l’attore al pagamento
delle spese di C.T.U. così come liquidate nel corso dell’istruttoria con decreto del…” Ciò deve ritenersi non del
tutto ortodosso, in quanto la sentenza deve solo porre il carico definitivo delle spese di C.T.U. liquidate nel corso del
giudizio con decreto (o provvedimento definitorio dell’opposizione avverso esso decreto).
44
In tali termini: Cass.civ 19 agosto 2003 n. 12110.
45
Ossia la condanna del soccombente a restituire al non soccombente le somme da questi in futuro liquidate al
C.T.U..
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La compensazione delle spese ex art.92 c.p.c. disposta dal giudicante - in difetto di diversa
previsione relativa alle competenze dell’ausiliario - si riferisce anche al riparto delle spese di
consulenza.
Il giudicante, con riferimento alle spese del C.T.U., potrà stabilire diversamente. Spesso, rigettata
la domanda attorea con compensazione delle spese di lite, il giudice esclude dalla
compensazione le competenze dell’ausiliario, ponendole in via definitiva a carico dell’attore, in
uno (nella evenienza che il decreto le abbia poste provvisoriamente a carico del convenuto) alla
condanna dell’attore a rivalere il convenuto di esse spese.
Il giudicante, nell’ambito delle ragioni implicanti la compensazione in tutto o in parte delle
spese, potrà precisare – quanto al carico definitivo delle spese di consulenza - che queste siano
ripartite per quote uguali fra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa; in tale
evenienza la parte che le ha anticipate potrà richiedere la quota parte all’altra. Inoltre, in caso di
pluralità di soccombenti condannati al pagamento in solido delle spese di giudizio in virtù del
principio di soccombenza complessiva, ben può il giudice del merito diversificare
quantitativamente tra i medesimi le spese relative alla C.T.U. in ragione delle rispettive
percentuali di responsabilità46.
La compensazione delle spese, in assenza di una specifica disciplina delle competenze peritali,
può avere dei corollari particolari: ove il giudice, con pregresso provvisorio decreto di
liquidazione, abbia posto le spese di consulenza tecnica d'ufficio a carico di una parte, la
statuizione di compensazione comporta che quest'ultima parte non possa ripetere dalla
controparte, neppure per la metà, le somme anticipate per il pagamento del compenso al
consulente, le quali restano pertanto a totale carico della parte che le ha anticipate. Quanto detto
vale tanto nel caso in cui la parte a cui carico sono state poste provvisoriamente le spese abbia
visto rigettate le proprie domande, che nel caso in cui sia risultata vittoriosa47; ciò sulla base del
decisivo – condivisibile - rilievo che la compensazione delle spese processuali “è soltanto
esclusione del rimborso, e dunque negazione della condanna”48. Ove la parte abbia anticipato le
spese e risulti vincitrice all’esito del giudizio, la pronuncia di compensazione delle spese di lite –
determinante il carico definitivo delle spese in capo alla stessa – potrà essere impugnata per
contrasto con il principio di soccombenza ove assenti gravi ed eccezionali ragioni giustificatrici
della compensazione.
Nella evenienza che il giudizio nel corso del quale sia stata disposta la C.T.U. si estingua, il
carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali, è disciplinato in conformità a
quanto statuiscono gli artt.306 comma 4 (nel caso di rinuncia agli atti del giudizio) e 310 comma
4 (nel caso di inattività delle parti) c.p.c.
46
Su quest’ultima fattispecie: Cass.civ. 11 gennaio 2002 n. 315.
Conf. Cass.civ. Ord., 21 dicembre 2009 n. 26920.
48
Cass.civ. 26920/2009 cit.. Contra Cass.civ. 16 marzo 2007 n. 6301 per la quale “Deve infatti confermarsi il
principio, secondo cui viola l'art. 91 c.p.c. la disposizione del giudice che pone, sia pure parzialmente, a carico
della parte totalmente vittoriosa il compenso liquidato a favore del C.T.U. in quanto neppure in parte egli deve
sopportare le spese di causa, nemmeno nell'ipotesi in cui tra le parti siano state compensate le spese (Cass.
3237/00; Cass. 6228/92)”.
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Da ultimo va rilevato che non sempre vi è un giudizio di merito disponente il carico definitivo
delle spese di consulenza tra le parti processuali. E’ il caso ad esempio della perizia disposta nel
corso delle indagini preliminari che non sfociano in un processo, in quanto archiviate, come
l’ipotesi disciplinata dall’art. 105 D.P.R. n.115/2002 per il quale il giudice per le indagini
preliminari liquida il compenso al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di
parte e all'investigatore privato, anche se l'azione penale non è esercitata.
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