Tribunale di Cassino – sent. 7 luglio 2003 – Pres. Della Selva – est. Basile –
M.P.S. S.p.A. c. Fallimento E. F. S.r.l.
Nel caso in cui la cosa da restituire sia stata venduta coattivamente (come nel nella
fattispecie in esame), il creditore, od il proprietario, hanno diritto al pagamento in
prededuzione del prezzo ricavato, non potendo trovare applicazione in sede
fallimentare l’art. 620 c.p.c. (1).
Attesa la natura impugnatoria del provvedimento reso dal G.D. in sede di
verificazione dello stato passivo, il creditore non può proporre nel giudizio di
opposizione domande nuove o più ampie rispetto a quelle fatte valere con
l’insinuazione al passivo (2).
(Omissis).
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 20/10/2000, la B. M. P. S. S.p.A., premesso di aver
presentato tempestiva domanda di rivendica e restituzione del forno elettrico SFEAT
ed accessori, il tutto meglio descritto nel contratto di locazione finanziaria n. 282514
del 29.5.1996, con il quale aveva concesso in leasing alla società fallita tali beni, e
che la domanda era stata rigettata, avendo il Curatore riferito che il bene era stato
inventariato e venduto, proponeva opposizione allo stato passivo per sentir accogliere
le conclusioni trascritte in epigrafe.
Il giudice delegato, con decreto in data 25/10/2000, fissava l'udienza per la
comparizione delle parti davanti a sé, nonché il termine perentorio per la
notificazione al curatore del fallimento del ricorso e del pedissequo decreto.
Eseguita tempestivamente la notificazione, il ricorrente si costituiva a norma dell'art.
98, 3° comma, l. fall.
Il Curatore non si costituiva in giudizio e pertanto va dichiarata la contumacia della
curatela fallimentare.
Egli, tuttavia, comparso personalmente all’udienza del 2.10.2002, riferiva che “lo
stato di conservazione dei beni oggetto di leasing al momento dell’inventario era
pessimo e che comunque tutti i beni, compresi i citati, sono stati venduti in blocco”.
Acquisita la documentazione prodotta a sostegno dell’opposizione ed in difetto di
ulteriori istanze istruttorie, il Giudice, fatte precisare le conclusioni trascritte in
epigrafe all’udienza del 07/02/2003, rimetteva la causa dinanzi al Collegio per la
decisione, previa assegnazione del termine per il deposito della comparsa
conclusionale.
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Motivi della decisione
Il provvedimento di rigetto della domanda tempestiva di rivendica e restituzione
proposta dalla Banca ricorrente risulta corretto, non avendo la stessa dimostrato,
neppure nel corso del presente giudizio, il possesso attuale del bene rivendicato da
parte della Curatela, mentre l’assunto secondo il quale il Curatore aveva errato
nell’affermare che il bene in oggetto era stato inventariato e venduto è stato
nuovamente smentito.
Difatti, all’udienza di comparizione fissata dal G.D., il Curatore ha confermato la
circostanza secondo la quale il bene rivendicato dalla Banca ricorrente è stato prima
inventariato e poi venduto “in blocco”.
La perdita di possesso del bene imputabile alla Curatela, che sia avvenuta dopo
l’apposizione dei sigilli, rientra sicuramente nella fattispecie disciplinata dal secondo
comma dell’art. 79 l. fall., il quale riconosce all’avente diritto alla restituzione del
bene il diritto all’integrale pagamento in prededuzione del valore della cosa. Nel caso
in cui la cosa da restituire sia stata venduta coattivamente (come nel nella fattispecie
in esame), il creditore, od il proprietario, hanno diritto al pagamento in prededuzione
del prezzo ricavato, non potendo trovare applicazione in sede fallimentare l’art. 620
c.p.c.
Orbene, la domanda subordinata proposta dal ricorrente risulta proprio finalizzata
all’attribuzione - in suo favore - del prezzo di vendita del bene rivendicato; ciò
nonostante sia stata inesattamente qualificata come domanda di risarcimento del
danno per equivalente.
Tuttavia, dall’esame del contenuto del ricorso in opposizione (non è stata prodotta in
atti la domanda tempestiva), si evince che la domanda subordinata di restituzione del
prezzo ricavato dalla vendita coattiva del bene rivendicato non è stata proposta in
sede di verificazione dello stato passivo, dov’è stata avanzata soltanto la domanda di
rivendica e restituzione del bene. Trattandosi di domande distinte che hanno un
diverso petitum, non è neppure ipotizzabile che la subordinata fosse contenuta nella
principale o costituisse una mera modifica della stessa.
Si tratta, in realtà, di una domanda nuova che, per essere stata proposta per la prima
volta in sede di opposizione allo stato passivo, risulta inammissibile.
Difatti, attesa la natura impugnatoria del provvedimento reso dal G.D. in sede di
verificazione dello stato passivo, il creditore non può proporre nel giudizio di
opposizione domande nuove o più ampie rispetto a quelle fatte valere con
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l’insinuazione al passivo (Cass. civ., Sez. I, 08/11/1997, n. 11026; Cass. civ., Sez. I,
11/07/1996, n. 6319; Cass. civ., Sez. I, 27/03/1995, n. 3592; Cass. civ., Sez. I,
25/01/1993, n. 845; Cass. civ., 13/12/1989, n. 5570; Trib. Genova, 09/01/1997; Trib.
Torino, 26/05/1995; Trib. Milano, 11/11/1993; Trib. Cassino, 22/01/1992; App.
Bologna, 10/04/1987).
In conclusione, mentre la domanda principale va rigettata perché infondata, quella
subordinata va dichiarata inammissibile.
Nulla quanto alle spese del presente giudizio, non essendosi costituta la Curatela
fallimentare.
(Omissis).
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