Taccuino 2012 n. 24 - Perché abbiamo bisogno di un’opposizione vera In un paese stremato, in cui il sociale è abbandonato a se stesso, l’onda giacobina potrebbe assumere il controllo della piazza. La politica continua peraltro a girare su se stessa nelle stanze del palazzo, del tutto insensibile a quanto avviene fuori. Non sa come reagire, con un governo e una maggioranza che lo sostiene capaci di ragionare solo sul piano contabile e su contrapposizioni reciproche. Con una cosiddetta opposizione marginale che ricalca solo vecchi schemi ormai impresentabili, perdendo la capacità di controllo delle reazioni di piazza, rispunta fra i politici una vecchia idea. Quella di far eleggere una Assemblea Costituente. Idea tardiva e stupida che richiama quanto scritto sui nostri libri di storia: Luigi XVI (nel nostro caso la classe politica) impaurito e su consiglio di Necker convoca gli Stati Generali per il maggio 1789. Il seguito lo conosciamo. L’onda giacobina seguita nella protesta da un paese che non si sente rappresentato a se stesso, minaccia di conquistare la piazza mentre la classe politica è incapace di uscire dallo stagno. C’è un’unica via per evirate lo scontro tra gli opposti fondamentalismi, cioè fra la mentalità economicista e la rabbia giacobina. Si tratta di andare alle lezioni con un movimento politico che si contrapponga all’incapacità dell’attuale classe governante, alla politica di un governo tenacemente ancorato all’economicismo; un movimento che riproponga un’opposizione vera fondata su quei valori che questo governo non rispetta: i valori della cultura, della persona, della coesione sociale. Occorre che questo movimento separi dal radicalismo della protesta quelle molte persone che, esacerbate dall’insensibilità di chi governa, vi si accodano. Bisogna offrire l’occasione a queste persone di ritrovare una collocazione politica nella contrapposizione democratica di una visione diversa del rapporto economia (dei grandi interessi) e società. Più che mai significativa è ancora l’esortazione di Schumpeter: “Ricalare l’economia nella società”. E’ una via ardua e difficile, ma essenziale per conservare la democrazia. Lo capirà qualcuno?