Tema C11 La rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale di Alberto Ardizzi Schema preliminare di svolgimento della traccia – Caratteri fondamentali della nullità contrattuale. – Le nuove nullità consumieristiche. – Il contrasto giurisprudenziale circa i limiti dell’actio nullitatis. – La posizione espressa dalle Sezioni Unite. Dottrina Caringella-Dimatteo, Lezioni e sentenze di diritto civile 2013, Lezione C10. Piccinini, Principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e potere del giudice di qualificazione della domanda, in Giur. merito 2012, 11, 2378. Ruscica, La nullità del contratto, in buffone, de giovanni, natali (a cura di) Cedam, 2013. Carigella-Buffoni, Manuale di diritto civile, Dike giuridica, 2012. Giurisprudenza Cass. civ., Sez. II, 3 luglio 2013, n. 16630 Ritiene il collegio di non poter pienamente condividere il principio di diritto (e le relative motivazioni a sostegno) della sentenza delle Sezioni unite n. 14828 del 4 settembre 2012, nella parte in cui, per un verso, si afferma che, poiché la risoluzione contrattuale è coerente solo con l’esistenza di un contratto valido, il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere, previa provocazione del contraddicono sulla questione, di rilevare ogni forma di nullità del contratto stesso (salvo che non sia soggetta a regime speciale) e, per altro verso, si asserisce che il medesimo giudice di merito accerta la nullità “incidenter tantum” senza effetto di giudicato, a meno che non sia proposta la relativa domanda, pervenendosi, tuttavia, alla conclusione che il giudicato implicito sulla validità del contratto si forma tutte le volte in cui la causa relativa alla risoluzione sia stata decisa nel merito (e ciò deve ritenersi si verrebbe a verificare - anche nell’ipotesi come quella specificamente ricorrente nella controversia oggetto del ricorso in esame - di suo rigetto per effetto della ritenuta “ragione più liquida”, ovvero in virtù dell’esclusivo esame di una questione assorbente idonea, da sola, a sorreggere la decisione del 141 temi svolti di diritto civile giudice adito, che non abbia richiesto alcuna valutazione - nemmeno meramente incidentale - sulle questioni concernenti l’esistenza e la validità del contratto stesso). La questione in discorso deve, perciò, essere rimessa al Sig. Primo Presidente di questa Corte affinché - ritenuti sussistenti i presupposti indicati dall’art. 374, comma 3, c.p.c. - voglia sottoporla alla decisione delle Sezioni unite o, qualora ritenga che non ricorrano i suddetti presupposti, voglia valutare l’emergenza delle condizioni per la rimessione della medesima questione di diritto - da qualificarsi come di massima di particolare importanza (ai sensi del citato art. 374, comma 2, c.p.c.) - alle stesse Sezioni unite. Cass. civ., Sez. Un., 4 settembre 2012, n. 14828 Il giudice di merito ha il potere di rilevare, dai fatti allegati e provati o emergenti “ex actis”, ogni forma di nullità non soggetta a regime speciale e, provocato il contraddicono sulla questione, deve rigettare la domanda di risoluzione, volta ad invocare la forza del contratto. Pronuncerà con efficacia idonea al giudicato sulla questione di nullità ove, anche a seguito di rimessione in termini, sia stata proposta la relativa domanda. Nell’uno e nell’altro caso dovrà disporre, se richiesto, le restituzioni. Alla luce del ruolo che l’ordinamento affida alla nullità contrattuale, quale sanzione del disvalore dell’assetto negoziale e atteso che la risoluzione contrattuale è coerente solo con l’esistenza di un contratto valido, il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati e provati, o comunque emergenti “ex actis”, una volta provocato il contraddittorio sulla questione, ogni forma di nullità del contratto stesso, purché non soggetta a regime speciale (escluse, quindi, le nullità di protezione, il cui rilievo è espressamente rimesso alla volontà della parte protetta); il giudice di merito, peraltro, accerta la nullità “incidenter tantum” senza effetto di giudicato, a meno che sia stata proposta la relativa domanda, anche a seguito di rimessione in termini, disponendo in ogni caso le pertinenti restituzioni, se richieste. Cass. civ., Sez. I, 11 luglio 2012, n. 11651 La rilevabilità d’ufficio della nullità di un contratto va coordinata con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice può rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall’attività assertiva delle parti, l’eventuale nullità dell’atto stesso, e che se, invece, la contestazione attenga direttamente all’illegittimità dell’atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d’ufficio, né può essere dedotta per la prima volta in grado d’appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta. 142 Tema C11 Cass. civ., Sez. VI, 28 giugno 2012, n. 10967 È inammissibile la questione di nullità di un contratto, sollevata per la prima volta in cassazione, qualora implichi la necessità di ulteriori accertamenti, atteso che la rilevabilità d’ufficio - anche in sede di legittimità - della nullità di un contratto postula che la relativa questione non richieda indagini di fatto non compiute nei precedenti gradi del giudizio (Nella specie era stato dedotto - per la prima in sede di legittimità - il problema se il fabbricato, oggetto di compravendita, fosse stato, o meno, realizzato - come dichiarato in atto - in epoca anteriore al 1 settembre 1967). Legislazione correlata Art.1421 c.c., art. 99, 112 c.p.c., art.11 Cost. SVOLGIMENTO Il codice civile disciplina le diverse forme di patologia del contratto, differenziandone le conseguenze senza, tuttavia, individuarne il fondamento in una categoria generale. Quest’ultima è stata studiata dalla teoria generale del negozio giuridico e denominata invalidità. Numerose e differenti sono state le classificazioni che la dottrina ha proposto, ma, attenendoci all’impianto codicistico, dobbiamo anzitutto differenziare tra annullabilità e nullità. Sulla prima il Legislatore nel 1942 ha concentrato l’attenzione soprattutto con riferimento ai vizi del consenso quali l’errore, la violenza ed il dolo. A tali aspetti sostanziali corrisponde una precisa disciplina processuale, quale la legittimazione relativa, la convalida e la prescrittibilità dell’azione. In punto di legittimazione va chiarito che essa è prevista in capo alla parte nel cui interesse è previsto il requisito e che, fino alla pronuncia costitutiva di annullamento, l’atto produce effetti precari. Ragioni diametralmente opposte sono quelle che il codice ha previsto per il contratto nullo riferendosi, le stesse, a tre tipi generali: violazione di norme imperative (nullità virtuale), mancanza elementi essenziali del contratto (nullità strutturale), casi previsti dalla Legge (nullità testuale). A tali cause sostanziali corrisponde un diverso regime processuale. In primo luogo va sottolineato che dal brocardo latino “quod nullum est, nullum productu effectum” deriva che l’eventuale sentenza che dichiara la nullità ha un mero valore di accertamento. Inoltre, attenendo alla violazione di interesse generale dell’ordinamento, la nullità è imprescrittibile e può essere fatta valere da chiunque abbia interesse. Oltre a ciò il negozio nullo non può essere convalidato, ma può semmai essere convertito in altro contratto qualora ne possieda i requisiti di forma e sostanza. 143 temi svolti di diritto civile Infine, è rilevabile d’ufficio dal giudice, ossia non è necessaria una domanda di parte volta a chiedere la dichiarazione della privazione degli effetti. L’azione di nullità è detta generale o assoluta, in quanto concessa a chiunque (a differenza dell’azione di annullamento, concessa esclusivamente alla parte protetta: art. 1441 c. c., e dunque particolare). L’azione di nullità non spetta solo al contraente pregiudicato, ma anche all’altro contraente, e pure a chi non è parte del contratto impugnato, e ai terzi, estranei ma pregiudicati dal contratto In astratto tutti indistintamente sono legittimati all’azione. Ma rimane fermo che chi agisce deve essere mosso da un interesse concreto e attuale a che sia dichiarata la nullità: si vedano gli artt. 1421 c. c. e 100 c. p. c.. La dottrina in passato ha spesso usato il binomio nullità assoluta / nullità relativa con significati diversi da quello generalmente condiviso e per il quale mentre la nullità assoluta è quella che può essere azionata da qualunque interessato, invece la nullità relativa è quella che può essere azionata solo da alcuni soggetti, previsti dalla legge. Oggi praticamente tutti accolgono questa nozione. Il richiamo normativo è nell’art. 1421 c. c.: la nullità può essere fatta valere da qualsiasi interessato, ma sono previste eccezioni, ricorrendo le quali la nullità può essere fatta valere solo da specifici legittimati. L’azione è diretta alla tutela di precisi interessi di carattere generale, alla cui salvaguardia l’ordinamento giuridico presiede non solo riconoscendo a chiunque vi abbia interesse la legittimazione attiva a far valere il vizio in giudizio, bensì, in ultima istanza, tramite l’affidamento ai giudici del potere (dovere) d’intervenire» mentre la giurisprudenza ha stabilito che il potere conferito al giudice dall’art. 1421 c.c. si giustifica in ragione della tutela di valori fondamentali dell’ordinamento giuridico. L’azione ha natura di accertamento: mira a rimuovere l’incertezza sulla validità o nullità del contratto. Correlativamente, la sentenza che afferma la nullità ha natura non costitutiva ma dichiarativa. Interessati a far valere la nullità sono la parte ed i terzi pregiudicati dal negozio nullo (tutti i titolari di situazioni giuridiche rese incerte da tale contratto: l’azione di nullità ha carattere generale). Legittimati passivi sono la parte e i terzi avvantaggiati dal medesimo e interessati alla sua efficacia. Un argomento che ha sempre impegnato la dottrina e la giurisprudenza è, infatti quello concernente i limiti del potere del giudice in ordine a tale forma di patologia negoziale, con le conseguenze che ne deriverebbero, in loro assenza, per la stabilità dei rapporti giuridici, suscettibili di caducazione sopravvenuta ad opera del giudice. La recente categoria della nullità relativa si presenta invece come un istituto di non agevole collocazione. Contraddice, infatti, a un principio generale in tema di nullità: l’assolutezza dell’azione. 144 Tema C11 Così parte della dottrina considera la figura contraddittoria e inammissibile: un contratto sarebbe nullo nei confronti di certi soggetti, valido nei confronti di altri; altri vede nella nullità relativa un fenomeno a mezza strada fra nullità (che tutti possono azionare) e annullabilità (che può essere azionata solo dalla parte interessata), e parla di invalidità relativa atipica. Invece, la nullità relativa non va confusa con la annullabilità. Si tratta di un istituto apparentemente ibrido, ma alla fine riconducibile nell’ambito della nullità. Se della annullabilità ha la caratteristica della limitazione della legittimazione attiva, della nullità ha la caratteristica di essere a tutela di interessi non solo individuali. Quest’ultima caratteristica è qualificante. La particolarità della nullità relativa (e il suo fondamento) è certamente nella (eccezionale) conformità agli interessi generali di una legittimazione selezionata a farla valere. Oggi il panorama legislativo è profondamente mutato. Da anni vigono specifiche ipotesi di nullità relativa in settori nevralgici della normazione. Come si è detto non solo l’art. 1421 c.c. prevede nel nostro sistema l’esercizio dei poteri officiosi del giudicante nel rilevare la nullità del contratto, ma anche altre norme, di più recente introduzione, prevedono la rilevabilità d’ufficio della nullità sebbene, nel contempo, circoscrivano ad una sola parte - il consumatore - la legittimazione all’azione (art. 1469- quinquies e 1519octies c.c.). L’individuazione degli interessi che si intendono tutelare dal legislatore con tali previsioni impone che l’esercizio dei poteri officiosi del giudice si conformi alle esigenze di diritto sostanziale desumibili dalla ratio delle suddette nullità di protezione. In quest’ottica ancora una volta l’applicazione dell’art. 183, comma 3, c. p. c., svolge un ruolo irrinunciabile nel sistema. Per non tradire la ratio di tali nullità di protezione, ove è sempre estremamente difficile distinguere in termini netti i punti di emersione dell’interesse pubblico dai profili di tutela dell’interesse individuale, il giudice deve conformare ed eventualmente limitare l’esercizio del suo intervento d’ufficio laddove la declaratoria di nullità della clausola appaia in concreto pregiudizievole per il consumatore o, addirittura, sia da questi non voluta. Laddove il giudice applicando l’art. 183, comma 3, c. p. c., indichi alle parti la possibile declaratoria di nullità della clausola in odore di abusività dovrà astenersi dal pronunciare la nullità nel caso in cui il consumatore dichiari, nei propri scritti difensivi, di avere interesse a che tale clausola rimanga in vita perché nel caso concreto, si badi non in astratto, non gli reca pregiudizio. Nella ricorrenza di tale ipotesi il giudice non dovrebbe secondo alcuni rilevare d’ufficio la nullità perché altrimenti tradirebbe lo spirito della legge privilegiando l’astratta tutela dell’interesse pubblico ai concreti profili di protezione dell’interesse individuale del consumatore, che verrebbero addirittura sacrificati. 145 temi svolti di diritto civile Si compirebbe così una valutazione arbitraria di assoluta preminenza dell’interesse pubblico senza che ciò sia concesso da una corretta interpretazione delle finalità che la previsione della nullità, nelle disposizioni in oggetto, è volta a perseguire. L’art. 23, comma 3, del testo unico dell’intermediazione finanziaria sancisce che le nullità dei contratti relativi a servizi finanziari possono essere fatte valere solo dal cliente (e dunque, non dovrebbe essere rilevabile di ufficio dal giudice). In tutte queste ipotesi opera la nullità parziale (speciale): il venire meno di una clausola o di una parte del contratto non pregiudica la sopravvivenza di ciò che di quel contratto resta. La limitazione delle conseguenze della nullità ha una ragione evidente. Se tali conseguenze non fossero inibite si ritorcerebbero (in nome dell’ordine pubblico) contro il consumatore destinatario della tutela stessa. Il contratto che offende interessi generali è assolutamente nullo. È invece solo relativamente nullo il contratto che offende interessi generali attraverso l’offesa di interessi particolari. È infatti conforme all’interesse generale che tale nullità possa essere azionata solo dal portatore dell’interesse singolare (occasionalmente) coincidente con quello della collettività. Il predisponente non ha un interesse meritevole a impugnare un contratto nullo perché per lui illegittimamente vantaggioso. La giurisprudenza assolutamente prevalente (fino a ieri addirittura pacifica) disegna i limiti sofferti dal potere del giudice di rilevare di sua iniziativa la nullità del contratto dedotto in giudizio con massima costante. La locuzione “chiunque vi ha interesse” che l’art. 1421 c.c. usa per individuare i soggetti legittimati ad esperire l’azione di nullità di un contratto, si riferisce ai terzi che, non avendo sottoscritto il contratto, sono rimasti estranei ad esso e non già alle parti stipulanti che, in quanto tali, sono sempre legittimate all’esercizio di detta azione essendo in re ipsa il loro interesse all’accertamento della nullità. È, inoltre, insegnamento assolutamente costante e prevalente in giurisprudenza che la iniziativa d’ufficio del giudice incontri i suoi limiti tradizionali nei principi di matrice procedurale della disponibilità della prova, di cui all’art. 115 c. p. c., nel principio della domanda, di cui all’art. 99 c. p. c., e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c. p. c. In primo luogo viene in rilievo la norma contenuta nell’art. 115 c. p. c., secondo la quale, salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove addotte dalle parti e i fatti notori. Il principio di disponibilità della prova così introdotto non consente indagini di ufficio. Occorre allora indagare se, al momento della domanda, sussistano i presupposti per la pronuncia di nullità del contratto, in termini processuali, se questi risultino dagli atti acquisiti nel processo e attinti, perciò, dal giudice attraverso l’esame del fascicolo d’ufficio e dei fascicoli delle parti. 146