sfoglia l`anteprima

annuncio pubblicitario
CALLE AMERICA 3
CALLE AMERICA | 3
In copertina: Leticia Ruifernandéz, Altiplano, 2012
(no copyright, si autorizza l'uso per fini non commerciali)
I SOGNI VENGONO DA FUORI
nelle Ande Peruviane
Arianna Cecconi
Se sognare è un’attività universale, diverse sono le interpretazioni e il modo di vivere quella metà della vita che passiamo
addormentati. Sognare in pianura è diverso che sognare in
cima a una montagna, sognare durante una guerra è diverso
che sognare in tempo di pace. Questo libro esplora l’intimo
dialogo tra il giorno e la notte, tra la veglia e il sonno, e la continuità che lega i due mondi di cui l’essere umano è cittadino. I
sogni che vengono fatti sulle Ande Peruviane diventano una
porta per visitare altri luoghi, un punto di vista per avvicinarsi
alla vita delle persone, delle società e agli eventi storici che
lasciano le loro indelebili tracce anche nella notte.
I SOGNI
VENGONO
ORnotteI
A FUsulla
Desplorazioni
Arianna Cecconi
prefazione di Carmen Salazar-Soler
Arianna Cecconi ha conseguito il Dottorato in Antropologia presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales, EHESS, Parigi e l’Università degli Studi di Milano Bicocca, dove dal 2008 è
assegnista di ricerca.
www.editpress.it
euro 20,00
CALLE AMERICA | 3
Calle America è una collana di testi che vuole viaggiare nel continente latinoamericano,
collocando il proprio punto di osservazione nelle vite e nei pensieri a partire dalla strada, cioè dal luogo in cui passano le storie singolari e quelle collettive. Per questo la collana intende attraversare generi e discipline, proponendo interpretazioni e voci che sappiano disegnare l'attualità sociale latinoamericana.
Arianna Cecconi
I SOGNI VENGONO DA FUORI
esplorazioni sulla notte nelle Ande Peruviane
prefazione di Carmen Salazar-Soler
Proprietà letteraria riservata
© 2012 ed.it
Via L. Viani 74, 50142 Firenze
http://www.editpress.it
[email protected]
Tutti i diritti riservati
Prima edizione: luglio 2012
Printed in Italy
I sogni vengono da fuori /
Arianna Cecconi. Firenze : ed.it, 2012. 312 p. ; 21 cm
( Calle America ; 3. )
ISBN: 978-88-89726-95-2
ISBN eBook 978-88-89726-93-8
Permalink formato digitale:
http://digital.casalini.it/9788889726938>
Questa pubblicazione è stata sottoposta a
peer review anonimo. La documentazione relativa è disponibile presso l’editore
Sommario
7
13
25
67
95
163
225
271
287
289
Prefazione, di Carmen Salazar-Soler
Introduzione
I. Dormire sulle Ande: i luoghi della ricerca
II. L’anima fuori
III. I sogni a Chihua e a Contay
IV. Sogni, sessualità e potere
V. Sogni e guerra
Alcune riflessioni conclusive
Ringraziamenti
Bibliografia
Aereoporto della città di Ayacucho. Ande Sud Centrali del Perù.
Prefazione
Carmen Salazar-Soler
(Antropologa, Ricercatrice al CNRS di Parigi)
È attraverso un percorso onirico che il lettore di questo appassionante libro di Arianna Cecconi penetrerà nell’universo sociale degli abitanti della regione di Ayacucho, nelle Ande Sud Centrali del
Perù. Questo prezioso studio dedicato a un’antropologia dei sogni
è il frutto di una prolungata ricerca sul campo – più di un anno in
totale – in una delle zone socialmente ed economicamente più sfavorite di questo paese andino.
La regione di Ayacucho, ed in particolare la zona di Huanta, dove
ha lavorato Arianna Cecconi, è stata duramente colpita dalla violenza politica che si è scatenata in questo paese negli anni 1980-1990.
Huanta, una delle province del dipartimento di Ayacucho, è stata in
quell’epoca uno degli epicentri delle azioni di Sendero Luminoso,
un movimento armato di ispirazione maoista, ed oggi continua ad
essere una delle regioni più povere del Perù. Ricordiamo che il conflitto armato ha prodotto più di 60.000 morti e più di 8.500 desaparecidos. La maggior parte delle vittime appartiene alla popolazione campesina andina, la meno protetta e la più marginalizzata del
paese. La lingua materna del 75% delle vittime era il quechua. È nella regione di Ayacucho, centro nevralgico del conflitto, che le vittime furono le più numerose. Secondo l’Informe della Commissione della Verità e Riconciliazione (CVR), Sendero Luminoso fu responsabile del 50% dei morti e desaparecidos, mentre le forze armate dello Stato furono responsabili del 35% delle vittime. Per quanto riguarda le violazioni, si stima che esse furono per l’80% prodotte dagli agenti dello Stato.
La popolazione con la quale Arianna Cecconi ha lavorato è ancora molto segnata da questi anni di violenza politica e militare. Per
8
I sogni vengono da fuori
alcuni abitanti di questa zona l’elaborazione del lutto è quasi impossibile perchè il destino dei parenti scomparsi è ancora oggi sconosciuto. Dall’altro lato lo Stato ritarda nel distribuire le riparazioni postconflitto promesse; e questo rende difficile, per non dire impossibile, la riconciliazione. Le ferite sono ancora aperte e il lavoro della memoria è delicato e doloroso.
Ciò nonostante, Arianna Cecconi ha saputo superare queste difficoltà e ha condotto in maniera intelligente e sensibile un’eccellente ricerca sul campo, attraverso una vera e propria “etnografia
onirica”, che include “l’osservazione partecipante” a livello onirico. L’antropologa si è infatti “inclusa” nella sua ricerca di campo
non solo raccontando i propri sogni; anche le icone oniriche locali e la realtà delle comunità campesine hanno popolato i suo sogni. Inoltre questa etnografia è stata integrata con una ricerca realizzata negli archivi della Commissione della Verità e Riconciliazione (CVR) a Lima.
In questo interessante libro, l’autrice propone una prospettiva di
analisi e di interpretazione dei sogni realmente innovatrice, costruita intorno ad un’idea centrale: l’esteriorità del sogno. Propone questa idea a partire dalle interpretazioni locali secondo le quali il sogno
sembra essere provocato da entità esterne che visitano il sognatore
e agiscono su di lui. In questo modo i sogni possono essere interpretati come fonti di rivelazioni, di sapere e di potere che influiscono nelle azioni e nelle pratiche dei campesinos dei villaggi andini. La
separazione tra il sogno, come esperienza interna e soggettiva, e lo
stato di veglia, come esperienza esterna e oggettiva, è stata elaborata nel contesto occidentale e non può essere generalizzata ad altri contesti. È a partire da queste considerazioni che l’autrice studia la tipologia dei sogni dei campesinos: sogni significativi (che vengono da fuori) e sogni non significativi (che vengono da dentro).
Le proposte di Arianna Cecconi non si limitano a questa idea. La
sua analisi la porta ad esplorare altre ipotesi ugualmente innovatrici
e interessanti. Ad esempio esplora la dialettica tra il sogno come esperienza individuale e al tempo stesso come esperienza culturalmente
determinata. Da un lato, ha infatti incontrato la presenza di un co-
Prefazione
9
dice di interpretazione condiviso dalla collettività, e dall’altro lato una
profonda somiglianza tra alcune trame oniriche. Tutto ciò sembra testimoniare la presenza di un immaginario collettivo e di un vissuto
sociale che influenzano le esperienze notturne individuali.
La ricerca affronta ugualmente il movimento circolare che si
instaura tra le narrazioni oniriche, i racconti mitici, le pratiche sociali e gli avvenimenti storici e sociali. Mostra come i sogni possano, in alcune occasioni, incorporare le narrazioni mitiche che
circolano riguardo allo spirito della Montagna, l’Apu, e attivare dei
rituali. Allo stesso tempo, alcuni sogni attualizzano e confermano la presenza e il potere dell’Apu all’interno dei villaggi. In questo lavoro si può anche vedere come l’esperienza del sogno sia associata alla manifestazione di alcuni disturbi somatici e forme di
guarigione.
L’autrice riflette inoltre sul contesto storico e sociale nel quale
si manifesta il sogno. Esplora l’ipotesi secondo la quale i sogni possono essere analizzati come dei «sismografi che registrano gli effetti degli avvenimenti storici nell’interiorità degli uomini» (Beradt
1984). Le vestigia e i comportamenti di certi personaggi la cui presenza è attestata storicamente (hacendados, preti, militari) sembrano
essere stati incorporati all’interno dell’icona onirica dell’Apu. Attraverso la sua analisi, l’antropologa ci mostra come nei sogni avvenga l’incorporazione di un discorso mitico e sociale nel vissuto individuale, il che permette di rimettere in discussione la rappresentazione del sogno come esperienza soltanto visiva.
Arianna Cecconi suggerisce inoltre l’importanza di contestualizzare la narrazione onirica. Mostra come l’esteriorità del sogno,
inteso come la visita di un’anima o di una divinità, permetta in certi casi di legittimare scelte, decisioni o desideri che sono attribuiti
a qualcosa di “esteriore” la cui autorità non può essere confutata.
In questo modo mette in relazione certi racconti di sogni con le testimonianze della storia degli abitanti di queste comunità.
In questo senso, questo lavoro non riguarda unicamente un’antropologia del mondo onirico, ma anche un’antropologia politica, sociale e religiosa.
10
I sogni vengono da fuori
Sebbene questo libro, nella sua totalità, costituisca un lavoro fondamentale per l’antropologia andina, il capitolo dedicato allo studio dei sogni e della guerra lo è in particolare. L’autrice mostra in
modo chiaro e convincente come i sogni possano rappresentare
un luogo dove la memoria della guerra e le sue cicatrici si manifestano e si rielaborano. È attraverso i sogni che le persone raccontano il violento conflitto armato che è avvenuto in Perù tra gli anni
1980 e 1990 e le tracce che ha lasciato nel presente.
Il sogno appare come il luogo della memoria collettiva, in cui
si incontrano, nel presente, le tracce lasciate dall’epoca delle haciendas e poi dalla guerra interna. Arianna Cecconi propone, in modo
stimolante, di estendere la categoria di storia alla “vita notturna”.
In questo senso, questo lavoro costituisce un importante contributo per un’antropologia della violenza.
Questo libro analizza in modo brillante la dialettica e le porose frontiere tra interiorità ed esteriorità, mostrando come il sogno
sia una categoria fluida. Ha il merito di essere un’analisi del sogno
sincronica e al tempo stesso diacronica. Costituisce un apporto fondamentale all’antropologia dei sogni e riempe un vuoto nell’antropologia andina, che fino ad oggi è stata molto marcata da analisi
strutturaliste e semiotiche del mondo onirico.
L’interesse del libro trascende un’etnologia dei sogni, poiché si
rivolge anche all’analisi dell’ambiguità della categoria di religiosità andina e della definizione di sincretismo, alla complessità del processo di evangelizzazione e della “colonizzazione dell’immaginario” e
infine alla polisemia di certe categorie (come anima, corpo, divinità, ecc.) che vengono utilizzate degli attori sociali nelle Ande.
Il lettore scoprirà in queste pagine un’analisi sottile dell’universo onirico degli abitanti delle Ande Sud del Perù. Potrà apprezzare
la precisione, e al tempo stesso la sensibilità, delle descrizioni. In sintesi, si tratta di un lavoro serio, interessante, innovatore, che colma
un vuoto nella letteratura antropologica andina. Non mi resta che
invitare il lettore ad immergersi nelle sue pagine.
I sogni vengono da fuori
Esplorazioni sulla notte nelle Ande peruviane
E se un artigiano fosse sicuro di sognare ogni notte,
per dodici ore, di essere un re,
credo che sarebbe altrettanto felice che un re che sognasse ogni notte,
per dodici ore, di essere un artigiano
(Pascal, Pensieri, sez VI)
Coltivare la montagna. Ande Sud Centrali del Pérù.
Introduzione
Perché i sogni sulle Ande peruviane?
– Ho sognato questa roccia... Tutta questa terra (nel sogno) era una bella gringa (donna bianca), c’era gente... era come un paese, c’erano molti uomini... io
ero arrivata lì, in quel momento, e li ho visti. Gli uomini erano tutti gringos
(bianchi). C’erano delle belle ragazzine, tutte con i capelli chiari.
– Perché hai sognato questo zia?
– Perché questa roccia mi rivela (mi fa sognare)1.
Questo è il sogno di Eudalia, una contadina che parla quechua2 e
che vive a Contay, una comunità campesina sulle Ande Peruviane. Dopo questo sogno Eudalia è andata nel luogo che aveva sognato, sul monte di fronte alla sua casa, ed ha portato un’offerta
di fiori, frutta e foglie di coca, perché nel suo villaggio sognare uomini e donne bianchi (gringos) può essere interpretato come una rivelazione della divinità della Montagna (Apu) o della Terra (Pachamama) e un presagio di malattia. Eudalia crede nei sogni e nel loro
potere di dire delle cose che ci sfuggono quando siamo svegli, o
cose che stanno per arrivare e che ancora non possiamo vedere con
gli occhi del giorno. Eudalia sogna spesso la Montagna ed è lei che
a volte le rivela la sorte dei suoi animali; sa che se sogna pecore è
meglio non partire, se sogna agua turbias (acqua sporca) potrà ammalarsi e se sogna mais arriverà fortuna e denaro. Eudalia sogna
spesso la guerra e le anime dei parenti desaparecidos (scomparsi), perché il villaggio in cui vive è stato segnato da una lunga epoca di
violenza.
14
I sogni vengono da fuori
Quando sono arrivata per la prima volta sulle Ande Peruviane
non pensavo che mi sarei occupata di sogni. La mia doveva essere una ricerca sulla paura o meglio sulla “malattia della paura” che
avevo incontrato per la prima volta alcuni anni prima, durante una
ricerca sui guaritori in Toscana, e che volevo continuare ad esplorare. Sulla montagna pistoiese la paura non viene descritta soltanto come un’emozione o uno stato d’animo momentaneo. La paura «ti entra dentro e te la porti addosso» come una malattia, dicono le persone; ed è così cresciuto in questi luoghi un rituale per
curarla e “lavarla via” con un’erba chiamata erba lavandaia o “erba
di paura”. Rituale che viene ancora oggi praticato dai guaritori della montagna pistoiese che nei giorni con la “r” ricevono nelle loro
case quelli che vogliono farsi lavare la paura (Cecconi 2003).
Una simile patologia, nominata in modi diversi, ma che vede sempre la paura come causa scatenante, la si ritrova in differenti contesti culturali, ed avevo così cominciato ad interessarmi al susto, la
“malattia dello spavento” diffusa in tutta l’America Centrale ed il
Sud America. Frequentando la comunità di Peruviani residenti a
Parigi3 ho iniziato ad avvicinarmi a quelle paure che diventano malattie, e ai rituali per curarle. Una volta un guaritore peruviano emigrato in Francia mi aveva detto che qui (alludendo all’Europa) tutti avevano il susto, senza saperlo, e aveva poi aggiunto che se volevo fare una ricerca sulla paura forse era perché io stessa ero ammalata.
È spesso difficile comprendere il perché si scelga un tema e un
luogo di ricerca. Quello che posso dire consapevolmente è che la
“malattia della paura” è stata il filo che mi ha portato sulle Ande
Peruviane: dopo la montagna pistoiese volevo avvicinarmi a montagne con altre storie, altre paure e altri modi per curarle.
El tiempo del miedo (il tempo della paura) è l’espressione che viene spesso usata per descrivere la situazione che si respirava sugli
altipiani andini in seguito al conflitto armato tra il movimento rivoluzionario Sendero Luminoso4 e le Forze Armate (FFAA), che
ha colpito il Perù negli anni ottanta e novanta. Come si cura il susto5 in luoghi in cui la paura e il trauma della violenza hanno rap-
Introduzione
15
presentato per molti anni un’esperienza quotidiana e un “modo di
vivere” è stata la domanda che mi ha spinto a scegliere come luogo di ricerca la regione di Ayacucho (Ande Sud Centrali del Perù),
che è stata l’epicentro di questa guerra. È qui che è iniziata nel luglio del 2004 fino al luglio del 20086 questa eetnografia; ed è nei
mesi trascorsi su queste montagne che la ricerca sul susto si è a poco
a poco trasformata in una ricerca sui sogni. Fin dall’inizio l’interpretazione onirica mattutina, a cui partecipavo nella famiglia che
mi ospitava nel villaggio di Contay, e l’emergere imprevisto di narrazioni di sogni in contesti e discorsi che parlavano d’altro (malattie, decisioni, conflitti familiari, la guerra) hanno cominciato ad attirare la mia attenzione, finché mi sono accorta che i sogni erano
diventati il centro di gravità di questa ricerca. Ed è attraverso la dimensione onirica che mi sono avvicinata anche alla paura.
In questo libro i sogni che vengono fatti sulle Ande Peruviane diventano una porta per visitare mondi “altri”, un punto di vista per guardare la vita diurna e la storia delle persone che abitano su queste montagne. I sogni saranno la bussola per orientarsi
in un’esperienza dalle vertigini categoriali, dove fluida è la frontiera che separa i sogni e la realtà, l’anima dal corpo, le persone dai
luoghi, il presente, il passato e il futuro.
Per un approccio antropologico al sogno: nodi problematici della ricerca
Realtà e Sogni
Nel rapporto del missionario Grub, che si trovava a fine Ottocento presso i Lengua del Gran Chaco in Brasile, viene riportata la storia di un indigeno che si era recato dal missionario chiedendogli
un’indennità per alcune zucche che lui aveva rubato dal suo giardino. Il missionario aveva spiegato all’indiano che ciò era impossibile perché non si era recato nel suo villaggio, ma l’indiano gli aveva risposto che lo aveva sognato andare nel suo giardino e pren-
16
I sogni vengono da fuori
dere tre zucche, ed era proprio quelle che voleva farsi rimborsare. Pur ammettendo che il missionario non avesse preso realmente le zucche, al tempo stesso affermava che se fosse stato là le avrebbe prese, mostrando come l’atto compiuto in sogno dalla sua anima dimostrava la sua intenzione (Lévy-Bruhl 1922).
L’incapacità di differenziare l’esperienza del sogno dalla realtà venne considerata dai primi antropologi, influenzati dalle teorie dell’evoluzionismo, proprio una delle prove e dei luoghi comuni per caratterizzare “l’altro primitivo”. «Perfino durante la sua
sana vita da sveglio, il selvaggio e il barbaro non hanno mai imparato a distinguere nettamente il soggettivo e l’oggettivo, l’immaginazione e la realtà, cosa resa possibile dai principali esiti della cultura scientifica»7, affermava l’antropologo Edward Tylor
(1871). Anche secondo Lévy-Bruhl (1922) la “mentalità primitiva” era caratterizzata dall’incapacità di distinguere tra “questo” mondo e il mondo “dell’aldilà”; gli indigeni erano costantemente condizionati dall’esperienza onirica, non differenziavano gli atti
commessi in sogno da quelli commessi nello stato di veglia, proprio perché, per la “mentalità primitiva”, queste due forme di esperienza erano equivalenti.
La separazione, elaborata nel contesto occidentale, tra il sogno
come esperienza “interna” e soggettiva, e lo stato di veglia come
esperienza “esterna” oggettiva (intesa come l’unica forma di realtà riconosciuta collettivamente), veniva considerata dai primi antropologi un assunto ovvio e a priori, e tutte quelle società che non
riconoscevano questa separazione appartenevano ancora ad uno
stadio “primitivo” dell’umanità. Solo nel corso del tempo gli antropologi si sono accorti che quella categoria di realtà fino ad allora considerata «un concetto tranquillamente posseduto dalla mente, al riparo da ogni aporia» (De Martino 1973) non potesse essere considerata come un ovvio presupposto. Si accorsero che quel
solido terreno su cui credevano di camminare aveva la consistenza delle sabbie mobili, perché non solo differenti contesti culturali possono elaborare diverse concezioni della realtà, ma anche all’interno di uno stesso contesto possono coesistere simultaneamen-
Introduzione
17
te visioni differenti. Il punto di vista di un bambino e quello di un
adulto, di una donna e di un uomo, di uno sciamano o di una persona comune possono alludere a rappresentazioni molto diverse
della realtà (Tedlock 1987).
Rimettere in discussione e problematizzare l’opposizione stessa tra sogno e realtà è così diventato il punto di partenza. Nell’avvicinarsi al sogno da una prospettiva antropologica è necessario
domandarsi innanzitutto quello che viene considerato reale, e che
cosa rappresenta l’esperienza del sogno nei diversi contesti culturali. Se sognare è un’attività universale, a seconda di dove nasciamo e cresciamo sogniamo diversamente così come diverso è
il significato e l’importanza che quest’esperienza assume nelle nostre vite. In molti gruppi sociali viene supposta una continuità tra
vita notturna e attività diurna (Perrin, 1990): i sogni sono considerati delle forme di sapere e di potere, essi possono interferire
con le attività materiali, con le pratiche quotidiane: la realtà diurna si costruisce anche attraverso i sogni. Vi sono società che agiscono non in funzione dei sogni, come sostenevano i primi antropologi evoluzionisti, ma piuttosto con i sogni (Poirier 1994).
Nel contesto andino vedremo come la categoria di “realtà” include la possibilità di incontri e relazioni con diverse entità (anime dei morti, divinità) che interagiscono con gli umani attraverso i sogni e le visioni. Per gli abitanti dei villaggi di Chihua e Contay la vita diurna e quella onirica sono connesse l’una all’altra, sono
una dentro l’altra. Le persone agiscono e si trasformano anche
attraverso le esperienze oniriche, esse possono influenzare le decisioni e le azioni della vita quotidiana, ispirare scelte, viaggi, ed
interferire nelle relazioni interpersonali. I sogni sono considerati delle esperienze che influenzano e interagiscono con quella realtà che si costruisce ogni giorno, e al tempo stesso sono percepiti come delle forme di sapere che permettono di comprenderla meglio.
18
Interiorità ed esteriorità: le categorie del sogno
I sogni vengono da fuori
Come la dicotomia sogno-realtà non aiuta a comprendere l’intima
relazione che può stabilirsi tra queste dimensioni, così per avvicinarsi ai sogni che vengono fatti su queste montagne sarà necessario riflettere sulle parole e problematizzare alcune categorie elaborate dalle discipline psicologiche con pretese universalizzanti8.
I primi antropologi, influenzati dall’opera di Sigmund Freud,
si erano preoccupati di comprovare le sue teorie applicandole ai
sogni incontrati in altre culture (Seligman 1923), e di verificare l’ipotesi che esistessero simboli universali e type dreams9. Non si erano
tuttavia accorti che le categorie e le griglie interpretative che utilizzavano fossero il prodotto di uno specifico contesto socio-culturale, e che non erano pertinenti per descrivere l’esperienza del
sogno in altre culture (Crapanzano 1975, Tedlock 1987, Perrin 1992).
Nel corso del tempo la peculiarità dell’approccio antropologico al
sogno è diventata proprio quella di problematizzare queste stesse categorie. Come ha sottolineato Vincent Crapanzano (1975), la
psicologia ha infatti costruito un vocabolario (psiche, inconscio,
sub-conscio, esperienza soggettiva) per nominare le articolazioni
del sé che è connotato culturalmente e che non può essere utilizzato per descrivere le concezioni della “persona” e le rappresentazioni del sogno in altri contesti culturali.
In questo libro si cercherà allora di partire dalle parole e dalle
categorie che circolano sulle Ande Peruviane e che rimandano ad
una visione del sogno diversa da quella che sembra prevalere nel
contesto occidentale. “I sogni vengono da fuori” è un’espressione
che si ritrova spesso nei discorsi che vengono fatti su queste montagne, ed è proprio l’esteriorità del sogno che verrà esplorata a partire dalle interpretazioni dei comuneros di Chihua e Contay secondo
cui il sogno, in alcune circostanze, sembra essere provocato dall’anima che esce durante il sonno o da entità esterne (anime, divinità)
che “visitano” portando informazioni e rivelazioni.
Per esplorare i sogni che vengono fatti in questi luoghi sarà inoltre necessario superare l’arbitraria dicotomia tra le categorie del-
Introduzione
19
l’immaginario mentale e le sensazioni fisiche. Se nel contesto occidentale quando si parla di sogni si tende a fare un implicito riferimento alla dimensione visiva e a concepirli come rappresentazioni mentali, si analizzerà come su queste montagne i sogni vengano invece considerati delle esperienze in cui i corpi sono spesso i protagonisti: vi sono sogni che fanno ammalare, e sogni che
curano, sogni che lasciano tracce della loro presenza proprio sulla e dentro la pelle delle persone.
Sogni individuali e collettivi
Il sogno come esperienza individuale e allo stesso tempo collettiva, e culturalmente determinata, ha rappresentato un altro dei nodi
problematici centrali nella riflessione antropologica sul sogno. La
separazione proposta da Lincoln (1935) tra sogni individuali che
predominerebbero nelle società che lui definiva complesse, e culture pattern dream, che sarebbero tipici delle società semplici, è stata oggi rimessa in discussione. Avvicinandosi ai sogni che fanno
le persone, in qualsiasi luogo e contesto, ci si può accorgere di come
essi siano inevitabilmente influenzati dalla dimensione sociale e culturale in cui si vive. Il sogno non può essere descritto solo come
il prodotto della fisiologia celebrale o della psicologia individuale; la società entra inevitabilmente nella nostra vita notturna. Nei
sogni avviene una circolazione costante tra “immaginario e memoria individuale” e “immaginario collettivo” (Augé 1997), tra simboli privati e pubblici (Obeyesekere 1981).
Nell’avvicinarsi alle narrazioni degli abitanti di Chihua e Contay analizzeremo da un lato la presenza di un codice di interpretazione condiviso dalla collettività, e dall’altra una profonda somiglianza tra alcune trame oniriche. Frammenti di discorsi mitici legati alle storie degli Apu (la divinità della Montagna), della Pachamama (la Terra), dei Gentiles (antenati), così come alcuni eventi storici (la recente guerra), sembrano rappresentare elementi di collettivizzazione e socializzazione dei sogni. Si esploreranno allora quei
contenuti e quelle trame oniriche collettive che, seppure con alcu-
20
I sogni vengono da fuori
ne varianti, possono venire sperimentati in uno stesso contesto sociale da diverse persone. Ci si addentrerà nella reciproca influenza e nel movimento circolare che spesso si instaura tra i sogni, i
miti, le pratiche rituali e gli avvenimenti storico-sociali. I sogni non
verranno considerati solo come una strada per avvicinarsi alle storie di vita individuali, ma anche come un punto di vista per analizzare il contesto sociale e la storia vissuta in queste montagne. Le
narrazioni di sogni dialogheranno con le testimonianze raccolte a
Chihua e a Contay che riguardano il regime delle haciendas (le grandi proprietà terriere presenti in questi luoghi fino agli anni settanta), e la recente guerra. L’ipotesi che si esplorerà in questo libro è
se e come alcuni sogni possano essere analizzati anche come dei
«sismografi che registrano gli effetti degli avvenimenti storici nell’interiorità degli uomini» (Beradt 1985).
Percorso del testo
Dopo aver familiarizzato, nel primo capitolo, con i luoghi in cui
si è svolta quest’etnografia, nel secondo si analizzeranno alcuni concetti chiave nell’analisi dei sogni, come quelli di interiorità ed esteriorità, di anima e corpo. Camminando sull’ambigua frontiera che
separa queste categorie ci si addentrerà poi, nel terzo capitolo, nelle interpretazioni oniriche, nella distinzione che le persone fanno
tra sogni che vengono da dentro e da fuori, tra sogni significativi
e insignificanti, tra premonizioni quotidiane e sogni in cui appaiono alcune divinità come l’Apu (lo spirito della montagna), la Pachamama (lo spirito della terra), o come la Vergine e i Santi. La religiosità andina, e la complessità del processo di evangelizzazione
e di colonizzazione dell’immaginario (Gruzinski 1992), saranno analizzati “dal punto di vista dei sogni”, e si vedrà come divinità di provenienze diverse convivano insieme nell’immaginario onirico. Poiché le apparizioni dell’Apu o delle Vergini e Santi vengono collegate dagli abitanti dei villaggi andini alla manifestazione di alcune
malattie o di alcune forme di guarigione, ci si addentrerà nell’intima relazione tra sogni, corpi e credenze. Nel labirinto di sogni
Introduzione
21
incontrati in questi luoghi sarà lo spirito della Montagna (Apu) uno
dei principali protagonisti e sarà necessario imparare a riconoscerlo dietro le diverse sembianze attraverso cui può manifestarsi; le
stesse persone possono sognare l’Apu sia nella forma di un condor, un animale molto importante nella mitologia andina, sia nelle sembianze di un gringo (un uomo bianco, ben vestito), di un prete o di un militare. L’Apu è detto apparire (nei sogni o nelle visioni) per farsi pagare (ovvero per esigere un’offerta rituale), per engañar (sedurre-incantare-ingannare), per proteggere o castigare e
l’analisi delle sue rivelazioni oniriche diventerà occasione per riflettere, nel quarto capitolo, sul contesto storico-sociale in cui questi
sogni si manifestano. Le caratteristiche e i comportamenti di alcuni personaggi, la cui presenza è attestata storicamente (hacendados,
preti, militari), sembrano infatti essere state incorporate dentro la
figura onirica dell’Apu. I riferimenti al conflitto armato tra Sendero Luminoso e l’esercito saranno trasversali a tutta l’etnografia, ma
è nell’ultimo capitolo che ci si addentrerà nella relazione tra i sogni e la guerra. Gli abitanti di Chihua e Contay raccontano molti
sogni legati all’epoca della violenza; sogni che hanno anticipato il
conflitto armato come premonizioni, e sogni che continuano a manifestarsi anche dopo che la guerra è finita, in cui le anime dei parenti scomparsi tormentano le notti dei sopravvissuti o li aiutano
a ricucire le ferite della memoria.
22
Casa di Damasina Linares Rua, Comunità campesina di Contay.
I sogni vengono da fuori
Introduzione
23
Note
1
Chaytaqa suyñurqani. Chay, todo pacha chay suma-sumaq gringo, kasqa runa. Chaypi mama ...
llaqtapi kasqa. Hinaptinmi tantullay tantu kasqa. Hinaptinmi ñuqañataq chayman chayarusqani. Hinaptin puraminti, waqtata qawani. Hinaptin tudo gringo qarikuna kasqa, señoritakuna suma-sumaq
niñakuna kakusqa, todo yuraq chukchayuq.- Imapaqya suyñuranki chaytaqa, tiya?. Qaqa sikin mama
suyñuchawarqa.
2
Quechua o Kichwa è una lingua autoctona del sudamerica. Fu la lingua ufficiale dell’impero Inca,
ed è oggi parlata in svariati dialetti da quasi dieci milioni di abitanti in molti stati del Sud America.
In Perù e in Bolivia il quechua è considerato lingua ufficiale accanto allo spagnolo, all’aymara ed altre
lingue indigene.
3
Questa ricerca etnografica è stata condotta nel 2002. Mémoire du DEA (Diplôme d’Hautes Etudes): La migration du susto: contribution à l’étude du susto dans la communauté péruvienne de Paris, sotto la
direzione del Professor Jean Pierre Dozon, EHESS.
4
Anche il Movimiento Revolucionario Tupac Amaru ha partecipato al conflitto armato, ma con un ruolo molto meno rilevante. Non si deve tuttavia minimizzare la sua importanza, dato che nel 1990
mise in scena uno spettacolare piano di liberazione di 48 militanti rinchiusi nel carcere di massima sicurezza di Cantogrande, e nel 1996 occupò l’ambasciata Giapponese a Lima, prendendo in
ostaggio 490 persone.
5
Il susto è generalmente descritto come una patologia “individuale”, generata da alcune cause specifiche, e mi chiedevo se durante e dopo la guerra la “collettivizzazione della paura” avesse provocato delle “epidemie di susto” e come esse venissero curate.
6
Questa ricerca etnografica si è articolata in diversi periodi di permanenza sul campo: tre mesi nel
2004, otto mesi nel 2005, sette mesi nel 2006 e 4 mesi nel 2008.
7
Tylor E., Alle origini della cultura, IV Animismo. L’anima e le anime. Dottrina e funzioni, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2000, p. 35 (ed. or. 1871).
8
È a partire dagli anni cinquanta che la scuola americana Culture and Personality ha cominciato ad
indagare i possibili contenuti trans-culturali dei sogni, e gli effetti della cultura e dell’educazione
sui processi immaginativi degli individui (Eggan 1964), e a rimettere in discussione alcuni assunti
elaborati dal discorso psicologico sul sogno che venivano inizialmente dati per scontati.
9
Seligman G., Type dreams: a Request, in Folklore, vol. 34, n. 4, 1923, pp. 376-378.
Scarica