Corbis TUMORE D’ORGANO Tutte le armi contro il cancro del COLON di Cristina Ferrario e Daniela Ovadia Oggi il tumore del colon-retto non spaventa più come in passato: merito dei progressi tecnici e di una maggiore attenzione al paziente L’ARTICOLO IN BREVE l tumore del colon colpi- recentemente organizzato nel sce ogni anno in Italia capoluogo lombardo l’ottavo circa 50 mila persone. Simposio internazionale per la chirurgia conEppure gli esperti sono ottimisti: È in crescita servativa nei tumori del retto. grazie ai progresil numero ha si nella diagnosi dei pazienti L’incontro coinvolto centiprecoce, nella guariti naia di chirurghi chirurgia e nella e oncologi da determinazione della prognosi, il numero di tutto il mondo e ha fatto il persone guarite è in conti- punto sulle ultime novità. nuo aumento. “Se a questo si sommano LE PROMESSE i risultati positivi ottenuti DEL VACCINO con alcuni farmaci biologici, “Oggi sappiamo tutto di si capisce perché si può essere questo tumore: come nasce, ottimisti” afferma Ermanno quali sono le caratteristiche Leo, direttore dell’Unità ope- delle forme precancerose (i rativa di chirurgia del colon- polipi intestinali) e quali i retto dell’Istituto nazionale fattori che ne promuovono tumori di Milano e fondato- lo sviluppo” spiega Leo. re dell’Associazione europea “Ora si tratta di sfruttare per la ricerca in chirurgia queste conoscenze per bloconcologica (ARECO) che ha carne la progressione”. Un I Gli esperti mondiali di chirurgia conservativa si sono riuniti a Milano per fare il punto sulle novità. Per evitare la chirurgia demolitiva le parole d’ordine sono prevenzione e, soprattutto, diagnosi precoce. Tra i nuovi strumenti sperimentali, una tecnica di spettroscopia per identificare precocemente nel sangue i segni del tumore e una colonscopia virtuale che non richiede fastidiose preparazioni. Sul piano delle terapie, appaiono promettenti le sperimentazioni su un possibile vaccino, mentre lo studio delle caratteristiche immunitarie e genetiche del tessuto tumorale dà indicazioni attendibili per la prognosi e, quindi, per la scelta della cura più adatta. Pur risparmiando le funzioni naturali dell’intestino, i progressi nella tecnica chirurgica hanno visto ridursi le recidive a cinque anni dal 30 all’8 per cento. tentativo interessante è stato fatto proprio all’Istituto nazionale tumori di Milano dove, grazie a una delle più ampie casistiche disponibili al mondo (circa 800 pazienti l’anno), è stato posibile mettere a punto un vaccino che agisce contro la survivina, una proteina che consente alle cellule tumorali di sopravvivere. “Durante le sperimentazioni ci siamo accorti che i pazienti con un’attivazione maggiore del sistema immunitario guariscono e sopravvivono in percentuale maggiore degli altri, anche a parità di livello di malattia” continua Leo. “Quindi con il vaccino Fondamentale aprile 2009 7 TUMORE D’ORGANO L’alternativa alla stomia In passato parlare di terapia chirurgica del colon significava parlare di colostomia, con tutti i disagi ad essa correlati, ma oggi la situazione è profondamente cambiata e il presente si chiama chirurgia conservativa. Il nuovo intervento, che in gergo medico si chiama ‘anastomosi coloanale’, prevede l’asportazione del tratto di colon malato assieme all’ampolla rettale (la struttura dove si raccolgono le feci) e al mesoretto, un cuscinetto di grasso che ricopre la parte terminale dell’intestino. L’estremità dell’intestino rimasta libera non viene più deviata verso l’esterno, ma serve per ricostruire un’ampolla artificiale che verrà in seguito ricollegata al canale anale. In questo modo vengono mantenuti intatti i muscoli e i fasci nervosi che regolano la defecazione, il movimento della vescica e le funzioni sessuali un tempo compromesse a causa dell’intervento chirurgico demolitivo. Dopo un periodo di riabilitazione, una persona operata di tumore del colon può dunque tornare a una vita del tutto normale e soddisfacente. stiamo tentando di stimolare proprio questa risposta immunitaria e nel contempo d i 8 Fondamentale aprile 2009 bloccare la survivina, togliendo al tumore una delle forme di sostegno. La prima fase di sperimentazione ha dato risultati interessanti e ora stiamo per partire con la seconda”. Sempre sul sistema immunitario punta anche lo studio, cofinanziato da AIRC, che sta conducendo Alberto Malesci, responsabile dell’Unità operativa di medicina generale-gastroenterologia dell’Istituto Humanitas di Rozzano (Milano). “Anche noi ci siamo accorti dell’importanza del sistema immunitario nel determinare la prognosi: andando a vedere a posteriori i tessuti asportati da un determinato paziente e conoscendo il destino della sua malattia, abbiamo capito che la presenza di cellule immunitarie all’interno del tumore è un indice favorevole. Significa che l’organismo ha reagito. Abbiamo anche scoperto che i tumori con queste caratteristiche danno meno metastasi, a parità di gravità apparente. Questo studio è stato condotto su pazienti con malattia allo stadio 2, cioè poco avanzata, per la quale si fa la chemioterapia nel 30-40 per cento dei casi sol- tanto. Ora siamo pronti per andare a vedere la situazione immunitaria nel tessuto asportato chirurgicamente prima di decidere se quel paziente ha davvero bisogno di una chemio o se il suo rischio di metastasi è basso e quindi si può soprassedere. Perché fare la chemioterapia quando non serve è un errore, non farla quando invece è necessaria mette a rischio la vita del malato”. LA RICERCA DI UNA SPIA ATTENDIBILE La chirurgia che tanto faceva paura fino a qualche anno fa ai malati di cancro del colon – perché consisteva nell’asportazione dell’organo e, spesso, nella necessità di una stomia, cioè di una apertura dell’intestino sulla parete addominale per supplire all’asportazione del retto – oggi è solo una delle possibili risorse e, grazie a diagnosi sempre più tempestive, interessa, nella sua forma più demolitiva, non più del 10 per cento dei pazienti. Per tutti gli altri, come hanno spiegato bene gli esperti riuniti al simposio milanese, ci sono altre prospettive. “Il segreto sta nella prevenzione” spiega Leo. “Se i nostri nonni o genitori hanno avuto questa malattia, il rischio è elevato perché si tratta di un tumore con LA RICERCA CONTINUA una consistente componente Se la scoperta verrà confermaereditaria. In questo caso ta, le alterazioni di colore nel bisogna sottoporsi allo scree- sangue potrebbero diventare ning con la ricerca del sangue uno strumento utilissimo per occulto nelle feci e, se necessa- la diagnosi precoce. Al momento però, è rio, anche a quello con colonmeglio utilizzare sistemi già scopia”. In futuro si spera di poter noti e, soprattutto, in grado contare su esami attendibili di identificare le lesioni quando sono ancora ma poco invaprecancerose. sivi, come la La chirurgia È quanto stanricerca di marè più efficace no tentando di catori tumorali nel sangue, grazie allo studio fare nel gruppo genetico di Malesci. ovvero sostan“A b b i a m o ze capaci di ‘segnalare’ la presenza di cellu- avviato un programma per invitare i familiari di primo le maligne. Il gruppo di Leo sta lavo- grado dei nostri pazienti con rando su uno di questi. “Le cancro del colon a sottoporsi cellule tumorali rilasciano nel a una colonscopia virtuale sangue particolari particelle (cioè a un esame assolutamenche, usando uno spettrosco- te non invasivo che si effettua pio, possono essere viste come con la TC) e senza neppure un’alterazione del colore” doversi preparare con diete spiega Alberto Vannelli, ricer- particolari e pulizie dell’intesticatore che collabora con Leo. no” spiega l’esperto. “Se questa “Nel nostro studio abbiamo fase sperimentale si rivelerà analizzato gli spettri di fluore- utile, potremo offrire una conscenza (ovvero il ‘colore’ delle creta possibilità di prevenzione cellule tumorali) rilasciati nel alle persone più a rischio senza plasma di 234 pazienti affetti disturbi e fastidi”. da tumori del tratto gastrointestinale e li abbiamo con- BISTURI GENTILE frontati con gli spettri di fluoNel cancro del colon-retto, rescenza delle cellule del pla- è il fattore tempo a farla da sma di 248 soggetti sani. Le padrone. Se la diagnosi è rapidifferenze sono state analizza- da, anche l’intervento chirurte negli ultimi mesi e hanno gico sarà limitato. Talvolta è dato risultati sorprendenti”. persino possibile evitarlo, come spiega Alberto Malesci: “In una piccola percentuale di casi è possibile asportare una lesione già cancerosa durante l’endoscopia. Questa tecnica, che si chiama mucosectomia, si pratica col normale endoscopio dopo aver però verificato con l’ecografia l’assenza di metastasi nei linfonodi vicini”. Per evitare interventi molto demolitivi si sta lavorando anche sulla ‘carta d’identità genetica’ del tumore. “È noto che le cellule tumorali più instabili geneticamente, cioè quelle che hanno molte mutazioni sovrapposte, danno meno metastasi e quindi producono tumori meno aggressivi. Questo perché quando l’assetto genetico di una cellula è completamente sovvertito, questa non riesce nemmeno più a sopravivvere e viene eliminata. Se studiamo l’instabilità genetica delle cellule nei campioni ottenuti, per esempio, con le biopsie, poi possiamo decidere con maggiore serenità di limitare l’intervento allo stretto necessario o, viceversa, di estenderlo perché ci si trova davanti a una forma potenzialmente molto aggressiva”. Ogni strumento è buono, quindi, per evitare di alterare l’integrità corporea del paziente. “Da molti anni abbiamo capito che si tratta di una C’era una volta la chirurgia demolitiva L’introduzione della pratica chirurgica demolitiva per il tumore del colon-retto, utilizzata in tutto il mondo fino a poco tempo fa, risale ai primi anni del Novecento. Bisogna invece aspettare il 1980 per assistere ai primi tentativi di chirurgia conservativa da parte del chirurgo inglese Alan Parks che tentò di curare il tumore al retto senza eliminarne la parte finale. A causa della mancanza di conoscenze e tecniche adeguate, e della difficoltà di creare una corretta ricostruzione anatomica, i tentativi di Parks non andarono a buon fine, ma aprirono la strada a quella che oggi è la pratica chirurgica più diffusa per il carcinoma del colon-retto. Qualche anno dopo la palla passò ai chirurghi francesi, soprattutto al parigino Rolland Parc, e infine agli specialisti dell’Istituto nazionale tumori di Milano che perfezionarono la nuova tecnica, utilizzata per la prima volta nell’ospedale milanese nel 1990. Ancora oggi, dopo quasi 20 anni da quel primo intervento, la scuola italiana è all’avanguardia in questo tipo di terapia. malattia la cui sorte si decide in sala operatoria e che solo una chirurgia rispettosa della dignità umana può garantire l’integrità fisica e psichica del paziente. Per esempio, cerchiamo con ogni mezzo di conservare le funzioni vescicali e sessuali anche quando bisogna procedere ad asportazioni importanti, per non mortificare la vita di relazione” spiega Leo. In questo caso è stato il progresso nella conoscenza delle tecniche chirurgiche che non danneggiano le terminazioni nervose ad aver permesso questo innegabile progresso. L’asportazione dei linfonodi presenti nella zona malata e nel mesoretto è fattore fondamentale poiché potrebbero essere sedi di metastasi. In particolare, il mesoretto un tempo veniva considerato solo un ammasso di tessuto inerte, mentre contiene strutture linfatiche, vascolari e nervose che potrebbero nascondere cellule tumorali e, per questo motivo, viene asportato nel corso dell’intervento chirurgico. Con i nuovi modelli di intervento, più conservativi ma anche più ‘studiati’ sulle caratteristiche della malattia, il gruppo di Ermanno Leo ha visto ridursi le recidive a cinque anni dal 30 all’8 per cento circa.