Simulazione N. 3 della prova scritta di Telecomunicazioni per l’Esame di Stato (a cura del prof. Onelio Bertazioli) Il candidato scelga e sviluppi una tra le seguenti tracce. Traccia n° 1 Dopo aver rivoluzionato i sistemi di trasmissione utilizzati nelle reti di telecomunicazioni, le tecniche digitali sono entrate prepotentemente anche nel settore delle trasmissioni a diffusione (broadcasting) audio e video con l'introduzione dei sistemi DAB (Digital Audio Broadcasting), per le trasmissioni radio commerciali, e DVB (Digital Video Broadcasting) per la diffusione di programmi TV in digitale. In quest’ultimo settore ciò è avvenuto gradualmente dapprima con la diffusione di programmi televisivi da satellite (sistema DVB-S, Digital Video Broadcasting – Satellite) e recentemente con l'avvio della diffusione di programmi TV in digitale tramite sistemi terrestri (sistema DVB-T, Digital Video Broadcasting – Terrestrial o DTT, Digital Terrestrial Television). Al contrario del sistema DVB-S, che richiede l'installazione di un'antenna a parabola, il sistema DVB-T, o digitale terrestre, consente la ricezione dei programmi TV trasmessi in digitale tramite le normali antenne TV attualmente utilizzate e può operare con le stesse frequenze e la stessa larghezza di banda dei canali TV analogici. In particolare in Italia le principali bande riservate alle trasmissioni TV a diffusione sono le seguenti: Banda III - VHF IV - UHF V - UHF Intervallo di frequenza 174÷230 470÷606 606÷862 Banda di un canale TV 7 8 8 Unità di misura MHz MHz MHz La trasmissione in broadcast di un segnale TV analogico occupa quindi una banda di canale di 7 MHz in VHF e di 8 MHz in UHF, mentre nel sistema digitale terrestre (DVB-T) la stessa banda di canale può essere utilizzata per trasmettere in digitale più programmi televisivi multiplati. Il candidato illustri i vantaggi che le tecniche digitali offrono rispetto a quelle analogiche e i concetti fondamentali relativi alla multiplazione a divisione di tempo e di frequenza. Quindi, facendo le necessarie ipotesi aggiuntive, il candidato sviluppi almeno 5 dei seguenti punti. 1. Descriva la tecnica di modulazione utilizzata nella trasmissioni TV analogiche. 2. Illustri le tematiche inerenti la conversione analogico-digitale (A/D) dei segnali, con particolare riferimento alla definizione dei parametri che determinano la velocità di trasmissione (o bit rate) derivante dalla conversione stessa. Calcoli quindi il bit rate generato dalla conversione A/D di un segnale video in banda base (prima della modulazione), sapendo che si deve utilizzare una frequenza di campionamento pari a 13,5 MHz e una codifica a 10 bit/campione. 3. Proponga lo schema a blocchi di un convertitore A/D e ne illustri il principio di funzionamento. 4. Calcoli la capacità teorica secondo Shannon di un canale TV analogico UHF in presenza di un S/N pari a 20 dB. 5. Esprima delle considerazioni sulle forme di codifica da applicare ai segnali video affinché la loro digitalizzazione e trasmissione dia origine a un sistema con capacità e qualità maggiori di quello analogico attualmente in uso. 6. Sapendo che: - per la trasmissione in digitale su una banda di canale TV VHF/UHF si adotta una tecnica denominata OFDM (Ortogonal Frequency Division Multiplexing) che, analogamente ai sistemi a divisione di frequenza (FDM), consiste nel suddividere la banda di canale VHF/UHF a disposizione in N sottocanali, trasmettendo in essa 6817 frequenze portanti distanziate di 1116 Hz; - ciascuna frequenza portante di sottocanale può essere modulata con una modulazione digitale QPSK, 16-QAM o 64-QAM; 1 - su ciascun sottocanale si opera con una velocità di modulazione (o baud rate) di valore pari a 1 kBaud; per la trasmissione in digitale di un singolo programma TV (con audio e video) sono mediamente necessari 6 Mbit/s; - per consentire la correzione diretta degli errori in ricezione (FEC, Forward Error Correction) si adotta una codifica convoluzionale con code rate 2/3; determini il bit rate totale ottenibile con le tre modulazioni sopraccitate e metta a confronto il numero massimo teorico di programmi TV digitali multiplati che con esse si è in grado di irradiare su un singolo canale TV UHF da 8 MHz. 7. Calcoli la massima distanza alla quale è possibile porre un sistema ricevente sapendo che: - lato trasmissione si fornisce in ingresso a un’antenna con guadagno di 2,2 dBi un segnale con potenza pari 100 W e frequenza centrale 506 MHz; - si desidera avere un margine sull’attenuazione dello spazio libero di 18 dB; - lato ricezione si impiega un’antenna con guadagno pari a 8 dBi, collegata a un ricevitore (costituito da un decoder o Set Top Box) tramite un cavo coassiale lungo 10 m, caratterizzato da un’attenuazione di 0,2 dB/m e con impedenza caratteristica 75 Ω; - in ingresso al ricevitore (decoder) si deve avere un livello di tensione compreso tra 31 dBµV e 80 dBµV. Durata della prova: 6 ore. E’ consentito l’uso di manuali tecnici e calcolatrici scientifiche non programmabili. Non è consentito l’uso di libri di testo e appunti personali. Non è consentito l’uso di telefoni cellulari, PDA, notebook e apparecchi simili, che devono essere spenti e posti in luogo adatto. 2 Traccia n° 2 Si progetti un ricetrasmettitore radio modulare operante a modulazione di frequenza in banda UHF, avente sia un ingresso fonia sia un ingresso dati in grado di accettare fino a 9600 bit/s. Il modulo che realizza il trasmettitore deve essere conforme alle seguenti specifiche di progetto: - la modulazione avviene a una prima frequenza intermedia (FI) pari a 100 kHz; - banda disponibile a FI: 25 kHz; - costante del modulatore: 5 kHz/V; - l’operatore deve poter scegliere la radiofrequenza (RF) di trasmissione tra 16 frequenze radio (RF) diverse, separate di 100 kHz, che vanno da 433,1 MHz a 434,6 MHz; - Potenza di uscita del trasmettitore: 10 W. Il modulo che realizza il ricevitore deve essere conforme alle seguenti specifiche di progetto: - sensibilità del ricevitore: -105 dBm; - la demodulazione deve avvenire a una frequenza intermedia pari a 10,7 MHz; - banda di canale a frequenza intermedia: 25 kHz; Il candidato, dopo aver illustrato le tematiche inerenti la modulazione di frequenza e il suo campo di utilizzo sia in ambito fonia sia in ambito dati, formulando di volta in volta le necessarie ipotesi aggiuntive, discuta almeno cinque dei seguenti punti. 1. Proponga uno schema a blocchi per il trasmettitore e uno per il ricevitore. 2. Proponga un circuito adatto a operare come modulatore sia per la fonia sia per i dati e ne illustri il principio di funzionamento. 3. Calcoli la massima ampiezza teorica che può assumere un segnale fonico fornito al trasmettitore affinché il segnale modulato a FI abbia una banda non superiore a 25 kHz. 4. Calcoli la massima ampiezza che può assumere un segnale dati a 9600 bit/s fornito al trasmettitore affinché il segnale modulato a FI abbia una banda che rientri in quella a disposizione. 5. Calcoli la deviazione di frequenza che si deve imporre se si desidera ottenere un segnale modulato in frequenza senza salti di fase, di tipo MSK (Minimum Shift Keying), evidenziando i vantaggi insiti in tale scelta. 6. Calcoli il valore della frequenza minima e massima che l’oscillatore locale del ricevitore deve poter assumere per una corretta traslazione da radiofrequenza a frequenza intermedia del segnale captato dall’antenna. 7. Proponga un circuito adatto a operare come demodulatore sia per la fonia sia per i dati e ne illustri il principio di funzionamento. 8. Calcoli la massima distanza a cui si può porre (lungo la direzione di massimo irraggiamento) un ricevitore, sapendo che sia il trasmettitore sia il ricevitore impiegano un’antenna Yagi a 3 elementi, con guadagno pari a 6 dBi, a cui sono collegati tramite un cavo coassiale lungo 15 m caratterizzato da una costante di attenuazione pari a 0,2 dB/m. La frequenza radio utilizzata sia pari a 434 MHz e si desidera avere un margine (comprensivo dell’attenuazione supplementare) di 28 dB sull’attenuazione dello spazio libero. Durata della prova: 6 ore. E’ consentito l’uso di manuali tecnici e calcolatrici scientifiche non programmabili. Non è consentito l’uso di libri di testo e appunti personali. Non è consentito l’uso di telefoni cellulari, PDA, notebook e apparecchi simili, che devono essere spenti e posti in luogo adatto. 3 Soluzione traccia n° 1 Per la trattazione delle tematiche inerenti la simulazione di tema d’esame proposto si rimanda al libro di testo Onelio Bertazioli Telecomunicazioni vol. B (1a edizione) Zanichelli Le tecniche digitali presentano numerosi vantaggi rispetto a quelle analogiche e in particolare (si veda l’Unità 6): maggiore immunità ai disturbi, possibilità di implementazione di sofisticati sistemi di correzione d’errore (FEC- Forward Error Correction) che migliorano la qualità del segnale fornito all’utente, possibilità di crittografare i segnali digitali trasmessi per rendere le informazioni inviate decodificabili solo dalle persone autorizzate, supportano la comunicazione multimediale in quanto uno stesso flusso digitale (transport stream) è in grado di trasportare indifferentemente e contemporaneamente segnali dati, audio e video digitalizzati. I segnali digitali possono essere multiplati adottando una tecnica del tipo TDM (Time Division Multiplexing), con cui si possono aggregare in un flusso ad alta velocità più segnali digitali a velocità inferiore provenienti da sorgenti diverse (si veda lo schema di principio presentato nell’Unità 1 del vol. A, par. 1.1 e la fig. 1.1 del vol. B). Una multiplazione di tipo FDM (Frequency Division Multiplexing) si applica invece a segnali modulati, sia con modulazioni analogiche sia con modulazioni digitali, e consiste essenzialmente nel suddividere l’intera banda a disposizione in un certo numero di sottocanali tramite l’impiego di N frequenze portanti opportunamente spaziate. Le due tecniche possono così coesistere anche nei sistemi digitali in quanto con la multiplazione TDM si possono multiplare M segnali digitali per ottenere un flusso di bit aggregato ad alta velocità, il quale può poi essere concettualmente parallelizzato e inviato a N modulatori digitali, ciascuno dei quali opera su una delle frequenze portanti di sottocanale, ripartendo così l’intero flusso aggregato sugli N sottocanali. Si sviluppano ora i punti indicati. 1. Nelle trasmissioni video analogiche si adotta una variante della modulazione AM (Amplitude Modulation) denominata VSB (Vestigial Side Band, si veda l’Unità 4 par. 4.3.3). L’impiego della modulazione VSB si rende necessario per via delle caratteristiche peculiari del segnale video in banda base, cioè non ancora modulato, e in particolare della sua banda che si estende da circa 0 a circa 5 MHz. L’impiego della modulazione AM produrrebbe per la sola componente video un’occupazione di banda di circa 10 MHz, a cui andrebbe sommata la banda occupata dalla componente audio. Per semplicità nel seguito non si distinguono le componenti luminanza (bianco e nero) e crominanza (colori) del segnale video. Per ridurre l’occupazione di banda, mantenendo la semplicità tipica dell’AM, si sopprime parzialmente la banda laterale inferiore di cui si lascia solo un residuo di 1,25 MHz (che prende il nome di banda vestigiale da cui deriva il nome della modulazione), mentre si trasmette integralmente la banda laterale superiore. La componente video modulata produce così un’occupazione di banda di circa 6,25 MHz, a cui va aggiunta la componente audio (modulata in FM) che impiega una portante audio posta a 5,5 MHz da quella video. Complessivamente l’occupazione di banda è così di circa 6,8 MHz. Per limitare le interferenze tra canali adiacenti si deve avere una banda non utilizzata (nota come banda di guardia) tra canali TV che utilizzano frequenze portanti video adiacenti, per cui è stato scelto di assegnare per i segnali TV irradiati una banda di canale di 7 MHz in VHF e di 8 MHz in UHF (operando a frequenza più alte si ha una maggiore disponibilità di banda totale). In ricezione è necessario impiegare un opportuno filtro equalizzatore prima del demodulatore, per eliminare le distorsioni che nascerebbero se si demodulasse direttamente il segnale VSB, in quanto dopo la demodulazione si avrebbe una sovrapposizione parziale della banda laterale inferiore e di quella superiore con conseguente distorsione (di ampiezza) del segnale demodulato (si veda la fig. 4.16 Unità 4). 4 2. La conversione analogico digitale viene effettuata in due passi (si veda l’Unità 13 par. 13.2): - campionamento del segnale analogico con una frequenza di campionamento (fc) almeno doppia della frequenza massima del segnale analogico fc≥2fmax; - codifica con quantizzazione uniforme di ciascun campione, che viene rappresentato con n bit. La conversione in digitale di un segnale analogico campionato con una frequenza di campionamento fc e codificato a n bit/campione dà così origine a un bit rate pari a: Rs=fc⋅n bit/s. Nel caso in esame, poiché la frequenza massima del segnale video in banda base è di circa 5 MHz si deve utilizzare una fc≥10 MHz. Come indicato, il valore usualmente impiegato è pari a 13,5 MHz. Codificando a 10 bit/campione e con l’ipotesi semplificativa sopraccitata, la digitalizzazione del segnale video darebbe quindi origine a un bit rate pari a Rs=(13,5⋅⋅106)campioni/s⋅ 10bit/campione=135 Mbit/s. 3. Esistono numerosi tipi di codificatori A/D e tra questi si cita il convertitore ad approssimazioni successive, descritto nell’Unità 13 par. 13.2.3 a cui si rimanda. 4. La capacità di un canale di cui è nota la banda (B) e l’S/N può essere calcolata con la formula di Shannon (si veda l’Unità 6 par. 6.2.6): C=Blog2(1+S/N), dove la banda B è espressa in Hz e l’S/N non è in dB (S/N=1020/10=100). Nel caso in esame si ha quindi: C=8⋅⋅106 log2(1+100)=53,2 Mbit/s. 5. La capacità di un canale TV UHF sarebbe insufficiente anche per la trasmissione di un singolo segnale video digitalizzato tramite una semplice conversione A/D. Il bit rate generato dal convertitore analogico digitale può essere drasticamente ridotto ricorrendo a una opportuna codifica di sorgente che riduca fortemente la ridondanza presente nel segnale video, operazione comunemente nota come compressione del segnale video. In particolare, per esempio, è possibile trasmettere solo le variazioni che intervengono tra un quadro e l’altro del segnale video invece che l’immagine completa quadro per quadro. Nella pratica attualmente il segnale TV viene compresso con uno standard denominato MPEG-2, con il quale un programma TV (comprensivo di audio e video) a qualità standard (migliore di quella di un programma analogico) viene trasmesso con un bit rate che può variare da 4 a 8 Mbit/s, con un valor medio di 6 Mbit/s. Per migliorare la qualità del segnale offerto all’utenza è possibile ricorrere alla correzione diretta degli errori o FEC (Forward Error Correction), descritta nell’Unità 6 par. 6.3.3. La correzione degli errori equivale a un miglioramento dell’S/N del segnale decodificato e quindi determina una migliore qualità dell’immagine. La FEC richiede però una particolare forma di codifica di canale in trasmissione, denominata codifica convoluzionale, la quale aggiunge una ridondanza sistematica che permette al ricevitore di correggere automaticamente gli errori (senza la necessità di ritrasmissioni). All’aumentare della ridondanza aumenta la capacità di correzione ma aumenta anche il bit rate lordo dopo la codifica convoluzionale. Il parametro che caratterizza tale aumento è denominato code rate (R) ed è definito come il rapporto tra il bit rate in ingresso al codificatore (Rs) e quello alla sua uscita (Rc): R=Rs/Rc. Con un code rate 2/3, quindi, si ha che il bit rate prima della codifica è pari ai 2/3 di quello dopo la codifica. In particolare, quindi, la codifica convoluzionale del flusso di bit a 6 Mbit/s che trasporta un programma TV dà origine a un bit rate lordo pari a: Rc=(3/2)⋅⋅6Mbit/s=9 Mbit/s. Nel caso in esame, quindi, in teoria un canale TV UHF potrebbe essere utilizzato per trasmettere fino a int(53/9)=5 programmi TV digitali multiplati, che sarebbero visti con qualità migliore di un programma TV analogico convenzionale. Nella pratica attualmente si arriva a un massimo di 4 programmi TV digitali per canale TV UHF. Va infine tenuto presente che l’evoluzione delle tecniche di compressione può ridurre ulteriormente il bit rate 5 generato dalla digitalizzazione di un programma TV, consentendo di aumentare il numero di programmi TV digitali trasmissibili su un singolo canale TV VHF/UHF. 6. In sostanza, con la tecnica OFDM su un singolo canale TV UHF si definiscono fino a 6817 sottocanali, ciascuno con banda pari a 1116 Hz (spaziatura tra le portanti). In ogni sottocanale si modula una portante per ottenere una data capacità trasmissiva, determinata dalla velocità di modulazione e dal numero di stati, M, della modulazione adottata. Il bit rate massimo supportato da ciascun sottocanale è determinabile con la seguente relazione (unità 6 par. 6.2.6 e Unità 8 par. 8.2): Rsottoc.= Vmlog2M dove M=4 per la modulazione QPSK, M=16 per la 16-QAM e M=64 per la 64-QAM. Sapendo che la velocità di modulazione è pari a Vm=1 kBaud, è così possibile calcolare il bit rate di ciascun sottocanale e quello totale nel seguente modo: – QPSK → Rsottoc.= 1000log24=2 kbit/s; → Rstot.=2000⋅6817=13,634 Mbit/s – 16-QAM → Rsottoc.= 1000log216=4 kbit/s;→ Rstot.=4000⋅6817=27,268 Mbit/s – 64-QAM → Rsottoc.= 1000log264=6 kbit/s;→ Rstot.=6000⋅6817=49,902 Mbit/s Per un programma televisivo dopo la codifica convoluzionale con code rate 2/3 (per la FEC - Forward Error Correction) si ha un bit rate lordo pari a Rc=(3/2)6⋅⋅106=9 Mbit/s. A seconda della modulazione adottata il numero massimo teorico di programmi, P, multiplabili e irradiabili su un singolo canale TV UHF è quindi il seguente: QPSK → P=int(13,634/9)=1 16-QAM → P=int(27,268/9)=3 64-QAM → P=int(49,902/9)=5 7. Per il calcolo della distanza massima a cui si può porre il sistema ricevente risulta conveniente schematizzare nel seguente modo il collegamento (si vedano l’Unità 3, par. 3.8.1, e l’Unità 15): Esprimendo tutto in dB, il legame tra livello di potenza in ingresso all’antenna trasmittente e livello di potenza minimo in ingresso al ricevitore (decoder) è il seguente (si vedano le Unità 3 e 15): LpRXmin=LpIN+GantTX-[Asl+Margine]+GantRX-Acavo Come prima cosa, perciò, è necessario convertire il livello di tensione minimo ammesso in ingresso al decoder nel corrispondente livello di potenza, in modo tale da poter calcolare la massima attenuazione dello spazio libero ammessa e da essa la massima distanza a cui si può porre il ricevitore. Supponendo che il cavo coassiale sia adattato su 75 Ω è possibile calcolare la tensione minima ammessa in ingresso al decoder, la potenza e il livello di potenza corrispondenti nel seguente modo: 2 Vmin=1031/20µV → Pmin=(35,48⋅10-6) /75=16,78 pW LpRXmin=(10log1016,78)-120=-107,8 dBw Quindi, sostituendo nella relazione precedente si ha: 6 -107,8=20+2,2-Asl-18+8-2 Æ Asl=118 dB Poiché l’Asl è calcolabile come Asl=32,5+20log10fMHz+20log10rkm conoscendo l’attenuazione massima si determina la distanza massima: 31,4/20 20log10rkm=118-32,5-20log10506MHz=31,4 Æ rmax=10 =37 km Per distanze maggiori è necessario amplificare il segnale fornito dall’antenna ricevente. Supponendo che l’antenna ricevente sia posta a una altezza di 15 m, per poter effettivamente dare una copertura radio su tale distanza l’antenna trasmittente deve essere almeno posta a una altezza valutabile qualitativamente come (si veda il vol. A Unità 5 par. 5.8.2) d − 4 hRX d km = 4 hTX + 4 hRX Æ hTX = km 4 2 = 29 m 7 Soluzione traccia n°2 Per la trattazione delle tematiche inerenti la simulazione di tema d’esame proposto si rimanda al libro di testo Onelio Bertazioli Telecomunicazioni vol. B (1a edizione) Zanichelli Per il segnale analogico la modulazione adottata è nota come FM (Frequency Modulation), descritta nell’Unità 4 par. 4.3.4 (a cui si rimanda per i dettagli), mentre in ambito digitale essa viene denominata FSK (Frequency Shift Keying), descritta nell’Unità 8 par. 8.10. Una forma particolare di modulazione digitale di frequenza è l’MSK (Minimum Shift Keying), descritta nel par. 8.10.2, che può essere considerata come una modulazione FSK in cui si impone un legame tra bit rate (Rs) e deviazione di frequenza (∆f ) in modo da garantire l’assenza di salti di fase nel passaggio da una frequenza all’altra. La condizione da imporre è la seguente: ∆f=1/4tbit=Rs/4. Con la modulazione di frequenza il segnale modulato viene ottenuto variando la frequenza della portante in modo proporzionale all’ampiezza della modulante. Un modulatore di frequenza effettua quindi una conversione ampiezza-frequenza, traducendo un valore di ampiezza della modulante in una deviazione di frequenza del modulato: ∆f=k1[Hz/V]⋅Am[V] Hz, dove k1 è un fattore di conversione (costante del modulatore) il cui valore dipende dal modulatore impiegato. ∆f+fmax), dove fmax è la La banda del segnale modulato si può calcolare con la formula di Carson: B=2(∆ frequenza significativa più elevata (limite superiore della banda di segnale) contenuta nel segnale modulante e ∆f è la deviazione di frequenza massima. Le formule sopra esposte possono essere utilizzate sia per l’FM sia per l’FSK-MSK, così come si possono utilizzare gli stessi circuiti di modulazione e demodulazione. Infatti un modulatore di frequenza genera una modulazione FM quando riceve in ingresso un segnale analogico, quindi a variazione continua nel tempo e nelle ampiezze, fornendo in uscita un segnale modulato caratterizzato da una frequenza che varia in accordo con l’ampiezza della modulante (si veda l’Unità 4 par. 4.3.4 per i dettagli e per le espressioni matematiche del segnale modulato, della sua frequenza e della sua potenza). Lo stesso modulatore, poi, genera una modulazione FSK o MSK quando gli viene applicato un segnale modulante digitale (si veda l’Unità 8), caratterizzato da un codice d’interfaccia di tipo NRZ (per esempio 0Æ -Vo; 1 Æ +Vo, si veda l’Unità 7). In questo caso l’ampiezza della modulante resta costante per un tempo di bit, per cui in tale intervallo di tempo la frequenza non cambia. Il segnale modulato è quindi caratterizzato da una deviazione di frequenza, calcolabile nel modo sopra esposto, rispetto alla frequenza portante (a FI), che dà origine a una associazione bit ↔ livello codice NRZ ↔ stato di modulazione (frequenza) del tipo: 0 Æ -Vo Æ fZero=fp-∆f 1 Æ +Vo Æ fUno=fp+∆f In ricezione, infine, lo stesso circuito di demodulazione è in grado di demodulare sia un segnale FM sia un segnale FSK-MSK. Per quanto concerne il campo di utilizzo, la modulazione di frequenza è in generale caratterizzata da una buona immunità ai disturbi, per cui viene preferita all’AM nei sistemi analogici che operano a frequenze relativamente elevate, a cui si richiede buona qualità di riproduzione del segnale in ricezione, e nei sistemi digitali che devono operare in ambienti radio particolarmente rumorosi (Eb/No basso, si veda il par. 8.3, Unità 8). La modulazione FSK-MSK è quindi una modulazione robusta, in grado di sopportare bene rumore e disturbi, è a bassa complessità circuitale, ma è anche una modulazione a bassa efficienza spettrale in quanto opera con due soli stati di modulazione (due frequenze). Si discutono ora i punti proposti. 1. Si impiega sia nel trasmettitore sia nel ricevitore la tecnica eterodina (Unità 5 e Unità 15), che consiste nell’effettuare la modulazione e la demodulazione a una frequenza fissa denominata frequenza intermedia (FI), effettuando quindi la traslazione a/da radiofrequenza (RF) tramite dei mixer (moltiplicatori o up/downconverter) a cui si applica, oltre al segnale da traslare, anche il segnale generato da un oscillatore locale. In uscita dal mixer si ottengono le frequenze pari alla somma e differenza di quelle dei segnali al suo ingresso. 8 Variando la frequenza degli oscillatori locali è così possibile variare la RF a cui si opera lato trasmissione, scegliendo una tra le 16 frequenze indicate, mentre lato ricezione è possibile riportare a FI la radiofrequenza (RF) effettivamente impiegata. Lo schema a blocchi del trasmettitore si può quindi ricavare da quello di un generico trasmettitore FM (si veda l’unità 5 par. 5.5.2) facendo seguire a esso un mixer1 pilotato da un oscillatore locale a VCO (Voltage Controlled Oscillator) la cui frequenza può essere impostata da operatore, per esempio tramite interruttori (switch) o comando software da PC. Analogamente come schema a blocchi del ricevitore si può utilizzare quello del ricevitore supereterodina riportato nel par. 5.7.3 (Unità 5) opportunamente modificato. Anche qui il mixer è pilotato da un oscillatore locale a VCO (Voltage Controlled Oscillator) la cui frequenza può essere impostata da operatore. Gli schemi possono essere maggiormente dettagliati facendo riferimento all’Unità 15 par. 15.2. Nell’impiego come modulatore FSK-MSK è possibile escludere i circuiti di preenfasi, la cui funzione viene illustrata nel par. 4.3.6. 2. Come circuito di modulazione FM-FSK-MSK è possibile utilizzare un VCO (Voltage Controlled Oscillator), con una frequenza di oscillazione libera pari a 100 kHz. Il VCO è un circuito costituito da un oscillatore, per esempio di tipo Colpittz2, a cui si aggiunge un diodo VARICAP (o VARACTOR), opportunamente accoppiato e polarizzato inversamente (per i dettagli si veda l’Unità 5 par. 5.6.1), ponendolo in parallelo a una capacità dell’oscillatore stesso. Un diodo VARICAP consente di realizzare una capacità variabile il cui valore dipende dalla tensione applicata. La variazione di capacità determina poi una variazione di frequenza nel segnale prodotto dall’oscillatore, realizzando complessivamente una conversione da variazione di ampiezza a variazione di frequenza. Se la variazione di capacità che si desidera ottenere non è eccessiva è possibile rendere sostanzialmente lineare sia il legame tra variazione di tensione e variazione di capacità del VARICAP sia il legame tra variazione di tensione applicata al VARICAP e variazione di frequenza del segnale prodotto dall’oscillatore. Sotto questa ipotesi il principio di funzionamento del VCO si può così sintetizzare: - in assenza di segnale modulante il VCO genera una frequenza fissa (denominata frequenza di oscillazione libera o di free running) determinata dal tipo di oscillatore impiegato, per esempio in un oscillatore LC (Colpittz, ecc.) la frequenza è determinata da una relazione del tipo: 1 Nel nostro caso poiché per semplicità è stata indicata per la modulazione una frequenza intermedia relativamente bassa (100 kHz), mentre l’RF è relativamente elevata (attorno ai 434 MHz) può risultare conveniente effettuare la conversione a RF con più mixer in cascata (con più salti), pilotandoli con oscillatori locali di frequenza sempre più alta. 2 In figura è riportato il circuito dell’ oscillatore Colpittz presente nella versione demo del software di simulazione analogico-digitale Micro-Cap8. 9 fo = - 1 LoCo Hz applicando al VARICAP contenuto nel VCO un segnale costante di livello ±Vo (rispetto alla tensione di polarizzazione) si viene a determinare una variazione di capacità e quindi una variazione della frequenza prodotta dal VCO a essa proporzionale: Vo Æ ∆C Æ ∆f =k1Vo ; applicando (per un tempo di bit) al VARICAP contenuto nel VCO un segnale costante di livello opportuno (rispetto alla tensione di polarizzazione) si può far produrre al VCO una frequenza desiderata, realizzando così un modulatore FSK-MSK: ∆f=fUno 1Æ +Vo Æ fVCO=fp+∆ ∆f=fZero 0Æ -Vo Æ fVCO=fp-∆ applicando, invece, al VARICAP del VCO un segnale modulante analogico si ottiene un segnale modulato la cui frequenza varia in accordo con l’ampiezza della modulante, realizzando così un modulatore FM. 3. La banda di un segnale fonico analogico può essere limitata a circa 4 kHz (nella telefonia la banda tradizionale va da circa 300 a 3400 Hz), per cui nel caso di ingresso fonia (segnale modulante analogico vocale) si può assumere come frequenza massima del segnale modulante fmax= 4 kHz. Sapendo che la banda a disposizione è di 25 kHz, è possibile utilizzare la formula di Carson per determinare la deviazione di frequenza massima ammessa per il segnale modulato: B=2(∆f+fmax) Æ ∆f=(B/2)-fmax Æ ∆f=12500-4000=8500 Hz Sapendo che la costante tipica del modulatore è pari a k1=5000 Hz/V è così possibile determinare l’ampiezza massima che il segnale modulante può assumere: ∆f=k1Am Æ Am = ∆f/k1 Æ Am= 1,7 V. 4. Per un segnale dati la banda è valutabile qualitativamente come B≅1/tbit=1/τ≡Rs (si veda l’Unità 1), per cui essendo la velocità massima pari a 9600 bit/s, si può considerare come frequenza massima della modulante fmax=9600 Hz. Utilizzando ancora la formula di Carson si può determinare la deviazione di frequenza ammessa per il segnale modulato: ∆f=(B/2)-fmax Æ ∆f=12500-9600=2900 Hz. Sapendo che la costante tipica del modulatore è pari a k1=5000 Hz/V è così possibile determinare l’ampiezza massima che il segnale modulante può assumere: Am = ∆f/k1 Æ Am= 0,58 V. La modulante fornita in ingresso al VCO dovrà quindi essere un segnale digitale di ampiezza pari a Vo = ∆f /k1=0,58 V. A uno “0” logico può quindi essere associato un livello di tensione pari a –Vo=-0,58 V, che ∆f =97,1 kHz. determinerà l’emissione di un segnale modulato avente una frequenza fZero=fp-∆ A un “1” logico può essere associato un livello di tensione pari a +Vo=+0,58 V che determinerà ∆f =102,9 kHz. l’emissione di un segnale modulato avente una frequenza fUno=fp+∆ 5. Per evitare che nel segnale modulato si abbiano dei salti di fase è possibile imporre che ∆f=1/4tbit=Rs/4=2400 Hz. Si ottiene così un particolare tipo di modulazione FSK che viene denominato MSK (Minimum Shift Keying, si veda l’Unità 8). La modulante fornita in ingresso al VCO dovrà quindi essere un segnale digitale NRZ bipolare caratterizzato da un’ampiezza pari a Vo = ∆f /k1=0,48 V. A uno “0” logico può quindi essere associato un livello di tensione pari a –Vo=-0,48 V, che ∆f =97,6 kHz. determinerà l’emissione di un segnale modulato avente una frequenza fZero=fp-∆ A un “1” logico può essere associato un livello di tensione pari a +Vo=+0,48 V che determinerà ∆f =102,4 kHz. l’emissione di un segnale modulato avente una frequenza fUno=fp+∆ Nelle trasmissioni radio la modulazione MSK risulta più vantaggiosa dell’FSK pura in quanto con quest’ultima si possono avere dei salti di fase nel segnale modulato. I salti di fase costituiscono delle brusche transizioni nel segnale modulato che generano delle componenti spettrali spurie (indesiderate) con frequenza che cade al di fuori della banda assegnata. Tali componenti possono così creare interferenze e disturbi per altri sistemi radio. Con la modulazione MSK si evita che ciò accada. 6. In ricezione il segnale captato può avere una frequenza portante RF compresa tra 433,1 e 434,6 MHz. Il mixer (downconverter) deve convertire la frequenza RF a una frequenza intermedia pari a 10,7 MHz. 10 L’oscillatore locale del mixer deve poter variare la sua frequenza tra: fmin=422,4 MHz e fmax=423,9 MHz, a passi di 100 kHz Prelevando all’uscita del mixer, con un filtro, il segnale a frequenza differenza si ha così che: - se in ingresso giunge fin=433,1 MHz, utilizzando la fol=422,4 MHz si otterrà in uscita dal filtro la frequenza: fFI=433,1MHz-422,4MHz=10,7 MHz; - se in ingresso giunge fin=434,6 MHz, utilizzando la fol=423,9 MHz si otterrà in uscita dal filtro ancora la frequenza: fFI=434,6MHz-423,9MHz=10,7 MHz. 7. Un circuito molto utilizzato nelle telecomunicazioni è il PLL (Phase Locked Loop), descritto nell’Unità 5 par. 5.7.2. Tra l’altro, il PLL può essere utilizzato: - come circuito di demodulazione per segnali modulati in frequenza (FM, FSK-MSK); - come circuito di ricostruzione di una portante di demodulazione agganciata a quella di trasmissione; - come circuito di ricostruzione di un clock di ricezione agganciato a quello di trasmissione. Il PLL è un circuito retroazionato composto da: - un rivelatore di fase, schematizzabile come un moltiplicatore (mixer); - un filtro passa basso, che può essere seguito da un amplificatore in modo da elevare il segnale in ingresso al VCOPLL per aumentarne la sensibilità; il filtro elimina le componenti di alta frequenza prodotte dal moltiplicatore; - un VCO posto sulla via di retroazione caratterizzato da una frequenza di oscillazione libera di valore opportuno in relazione alla frequenza del segnale applicato in ingresso al PLL; Analizziamo il funzionamento del PLL facendo riferimento al caso in esame. Lato trasmissione si operi con modulazione MSK e per semplicità si invii al modulatore (VCOTX) una sequenza di “1” fissa, che corrisponde ad applicare al suo ingresso una tensione costante di valore pari a +Vo=4,8 V. In questo caso il VCOTX produce una frequenza pari a f=102,4 kHz. Per semplicità tralasciamo tutto il processo di conversione FI↔RF. Sapendo che la portante di modulazione (a FI) è pari a 100 kHz, fissiamo per il VCOPLL una frequenza di free running pari a tale valore: fFree= 100 kHz. Il VCOPLL abbia poi una sensibilità elevata. Quando si applica il segnale modulato MSK (out VCOTX) in ingresso al PLL si ha che quest’ultimo passa nella fase di cattura. In questa fase il segnale uscente dal moltiplicatore presenta frequenze pari alla somma e alla differenza tra quelle al suo ingresso, il filtro elimina la frequenza somma, il segnale (amplificato) viene applicato al VCOPLL che varia la sua frequenza inseguendo quella d’ingresso. Se la sensibilità del VCO stesso è sufficientemente elevata, dopo un breve transitorio la frequenza generata dal VCOPLL si porta a un valore esattamente uguale a quella d’ingresso: fVCOPLL=fIN=fMSK=102,4 kHz. Il PLL è così passato nello stato di aggancio e l’uscita del filtro passa basso è un segnale proporzionale a quello fornito in ingresso al modulatore MSK. Prelevando l’uscita del filtro si recupera il segnale demodulato, costituito nell’esempio fatto da un segnale in continua di valore proporzionale a quella d’ingresso: VDEM=k⋅Vo=k⋅4,8 V. In sostanza quindi, prelevando il segnale presenta all’uscita del filtro (amplificatore) il PLL si comporta come un convertitore frequenza-ampiezza, in quanto traduce una deviazione di frequenza (rispetto a quella di free running del proprio VCOPLL)) in un valore di tensione. Se varia la frequenza in ingresso (nel campo di aggancio) varia così anche l’ampiezza in uscita del PLL, per cui il PLL è in grado di demodulare sia segnali modulati FSK-MSK (modulazioni digitali) sia segnali modulati FM (modulazione analogica). Si noti poi che se la frequenza in ingresso al PLL non varia, in aggancio il segnale prodotto dal VCOPLL ha esattamente la stessa frequenza di quello in ingresso. Prelevando il segnale uscente dal VCOPLL si ha così un segnale utilizzabile come portante di demodulazione in schemi di modulazione coerente, in quanto esso è un segnale agganciato in frequenza (e fase) a quello presente in ingresso. Si ottiene così il funzionamento del PLL come circuito in grado di ricostruire una portante di demodulazione agganciata a quella di trasmissione. 11 A titolo esemplificativo si allega un’Appendice che riporta una simulazione al computer effettuata con la versione demo del programma3 Micro-Cap 8, la quale evidenzia le forme d’onda e gli spettri dei segnali prodotti dal modulatore MSK (VCOTX), dal VCOPLL, dal PLL. 8. Per il calcolo della massima distanza a cui si può porre il ricevitore è consigliabile schematizzare il collegamento nel seguente modo: La sensibilità del ricevitore si può definire come il minimo livello d’ingresso al ricevitore che consente di ottenere un dato valore di S/N, ritenuto accettabile. Nel caso in esame quindi il minimo livello ammesso in ricezione è pari a (Si)dBm=LpRX=-105 dBm. Noti il livello di potenza emesso dal trasmettitore, espresso in dBm, l’attenuazione del cavo e il guadagno dell’antenna, è quindi possibile calcolare dapprima l’EIRP in trasmissione e quindi la massima attenuazione dello spazio libero ammessa: LpTX=10log10PTX[mW]=40 dBm; EIRP=LpTX-Acavo+GantTX=40-3+6=+43 dBm LpRX=EIRP-[Asl+Margine]+GantRX-Acavo Æ -105=43-Asl-28+6-3 Æ Asl=123 dB Dalla relazione Asl=32,5+20log10fMHz+20log10rkm è possibile, infine, determinare la distanza massima teorica a cui può essere posto il ricevitore (lungo la direzione di massimo irraggiamento): 20log10rkm=123-32,5-52,7=37,8 Æ r=1037,8/20≈77 km 3 La versione demo di Micro-Cap 8 è scaricabile gratuitamente dal sito www.spectrum-soft.com. 12 Appendice alla simulazione N. 3 Simulazione al computer del modulatore di frequenza (FSK-MSK) a VCO e del demodulatore di frequenza (FSK-MSK) a PLL. (a cura del prof. Onelio Bertazioli) A conferma della teoria si presenta ora una simulazione al computer, effettuata con la versione demo del programma Micro-Cap 8, del modulatore FSK-MSK a VCO e del demodulatore a PLL. Si suppone di realizzare un modulatore MSK a cui si fornisce in ingresso un segnale costituito da una sequenza di “1” continua, corrispondente ad avere un segnale di livello pari a +0,48 V che causa una deviazione di frequenza pari a ∆f=2400 Hz. Come prima cosa si disegna il circuito che comprende il modulatore, che denominiamo VCOTX, e il PLL che funge da demodulatore. Si seleziona dal menu Component il componenti VCO: Si impostano i valori di frequenza (free running) e sensibilità (Hz/V) del VCOTX: 13 In ingresso al VCOTX si pone il componente Battere (batteria) a cui si assegna il valore +4.8 V, che costituisce il segnale modulante (tutti “1”): Si prosegue inserendo i componenti che realizzano il PLL: - moltiplicatore (Macro “MUL”); - filtro passa basso, realizzato con il tool Design di Micro-Cap 8; - VCOPLL (macro VCO), in cui si definisce una frequenza di free running f0=100 kHz e una sensibilità molto elevata: kF=500 kHz. Definizione del filtro attivo da inserire nel PLL tramite il menu Design: 14 Configurazione dei parametri del VCOPLL: Si completata il disegno del circuito collegando i vari componenti e inserendo il testo desiderato: 15 Terminato il disegno del circuito si passa all’analisi dei segnali nel dominio del tempo e in quello della frequenza tramite il menu Analysis – Transient. • Analisi del modulatore FSK-MSK a VCO. Si impostano i Limits dell’analisi Transient per la visualizzazione dei segnali e degli spettri in ingresso e in uscita dal modulatore (VCOTX): L’analisi mostra come in oscillazione libera (ingresso nullo) i VCOTX e VCOPLL producono un segnale sinusoidale di frequenza 100 kHz, il cui spettro (Harm(Free)) è costituito da una riga centrata a 100 kHz, mentre applicando in ingresso al VCOTX, con fo=100 kHz e sensibilità di KF=5 kHz/V, una tensione pari a 0,48 V si ottiene in uscita un segnale con frequenza pari a fOut-VCOTX=f1=100kHz+(0,48⋅5000)=102,4 kHz, il cui spettro (Harm(Out-VCOTX)) è costituito da una riga centrata a 102,4 kHz. 16 • Analisi del demodulatore a PLL. Si riporta ora l’impostazione dei limiti dell’analisi Transient per la visualizzazione dei segnali in ingresso (Out-VCOTX) e in uscita (Dem) dal PLL, del segnale prodotto dal VCOPLL in cattura e aggancio (OutVCOPLL), dello spettro (Harm(.)) del segnale prodotto dal VCOPLL in free running (FREE) e in aggancio (Out-VCOPLL). 17 Le forme d’onda e gli spettri che si ottengono sono i seguenti: L’analisi mostra chiaramente il funzionamento del PLL: - nello stato di cattura il segnale prodotto dal VCOPLL ha frequenza diversa da quello di ingresso; - dopo il breve transitorio dovuto allo stato di cattura, il PLL va nello stato di aggancio; in questo stato all’uscita del filtro si ritrova un segnale demodulato proporzionale al segnale modulante; - nello stato di aggancio il segnale prodotto dal VCOPLL ha esattamente la stessa frequenza di quello in ingresso e si ha un piccolo sfasamento costante (errore di fase che mantiene agganciato il PLL); - la frequenza di oscillazione libera (free running) del VCOPLL è 100 kHz, mentre in aggancio la frequenza da esso prodotta si porta a 102,4 kHz. Infine qui di seguito si riporta la simulazione del funzionamento del mixer di ricezione che effettua la traslazione da RF=434 MHz a FI=10,7 MHz. L’oscillatore locale è costituito da un VCO avente fo=422,4 MHz e KF=100 kHz, che viene forzato a produrre una frequenza Fol=423,3 MHz, tale per cui FI=RF-Fol=434MHz-423,3 MHz =10,7 MHz, applicando al suo ingresso una tensione di 9 V. Circuito per la simulazione del mixer: 18 Limiti dell’analisi Transient: Spettri del segnale a FI e dei segnali a RF e a Fol: 19