1 il monopolio - Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi

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IL MONOPOLIO
1 Introduzione al problema
L'aspetto di maggior rilievo della teoria dell'impresa finora studiata, è l'ipotesi
che l'impresa sia price taker, cioè che assuma come dati tutti i prezzi, dell'output e
degli input, indipendentemente dalle azioni che intrapprende. Produrre tanto o poco
non aveva influenza alcuna sul prezzo a cui la merce si supponeva poter essere
venduta. Questa significava che nella funzione di scelta dell'impresa in prezzo del
prodotto veniva trattato parametricamente. Un'impresa che esibisce un
comportamento simile si afferma sia un'impresa in concorrenza perfetta. A livello
intuitivo un'impresa in concorrenza perfetta dovrebbe essere così piccola rispetto alle
dimensioni del mercato sul quale vende la propria produzione che variazioni nella
sua offerta non dovrebbero essere percebili dal mercato stesso.
In realtà, in un contesto di concorrenza perfetta, l'idea che l'impresa sia un'isola
è solo parzialmente corretta.
Sappiamo che in generale la curva di domanda di mercato è discendente.
Per l'imprenditore concorrenziale l'idea che variazioni nelle quantità prodotte
non influenzano il prezzo è solo un assunto comportamentale. Egli prende le sue
decisioni come se il prezzo fosse dato. In realtà un aumento della quantità che egli
offre eleva l'offerta complessiva e questo incremento viene assorbito dal mercato solo
se il prezzo scende. La modifica del prezzo risulta inattesa all'imprenditore che non
lo sa collegare alla sua precedente scelta di quantità. Sulla base del nuovo prezzo di
mercato egli dovrà assumere una nuova decisione di quantità. Il comportamento
dell'imprenditore concorrenziale è basato solo su informazioni di prezzo che
provengono dal mercato e il rapporto tra singolo e mercato è percepito come
unidirezionale. Purtuttavia i movimenti di prezzo sul mercato conducono a coerenza
la decisione isolata dell'imprenditore di variare la sua offerta. Egli interpreta il
movimento del prezzo come il risultato dell'azione cosciente della mano invisibile del
mercato, quasi che il mercato non fosse una entità astratta ma presentasse sembianze
antropomorfe.
Sta di fatto che la logica di funzionamento del mercato di concorrenza perfetta
è estremamente complessa; la complessità risiede essenzialmente nell'interazione tra
le decisioni dei singoli imprenditori, gli esiti aggregati inattesi che da quelle decisioni
isolate scaturiscono a livello di sistema, il cambiamento dei parametri decisionali
percepeti dagli imprenditori a seguito degli esiti aggregati.
Per iniziare a cogliere la natura del legame tra l'impresa e il mercato in cui
2 essa opera, conviene partire dal caso concettualmente più semplice di un'impresa
che da sola soddisfa tutta la domanda del mercato. In tal caso si dice che l'impresa è
in monopolio. Si tratta di un contesto in cui l'impresa non può assumere il prezzo
come un dato del problema e sulla base di questo individuare la quantità che
massimizza il profitto. Essa infatti fronteggia l'intera curva di domanda del mercato
che è inclinata negativamente. La conseguenza analitica immediata è che il prezzo
non è più indipendente dalla quantità. Nel monopolio l'impresa diventa price-maker.
Vediamo come va reimpostato il problema decisionale.
2 Il problema del monopolista
L'impresa produce un output y e ha una funzione di costo c( y) . Il prezzo
dell'output p non è costante ma è una funzione di y ,. p = p( y) è la funzione di
domanda (inversa) nel mercato del prodotto perchè la produzione dell'impresa è la
quantità totale disponibile per i consumatori. Poichè p' ( y) < 0 , la curva di
domanda è inclinata negativamente. Il problema di massimo profitto per questa
impresa è
max y p( y) y -c( y)
(1)
e la condizione di primo ordine
p( y) + p' ( y) y-c' ( y) = 0 (2)
e di secondo ordine
2 p( y) + p" ( y)y - c" ( y) < 0 (3)
Così la condizione necessaria per un massimo è che il costo marginale sia
uguale non al prezzo ma al ricavo marginale RM, che possiamo definire con
RM = R'( y) = p( y) + p' ( y) y (4)
e il ricavo totale con
R( y) = p( y) y (5)
Il ricavo marginale ha una interpretazione economica molto semplice. Quando
una impresa concorrenziale vende una unità extra di output incassa p , ma un
monopolista deve ridurre il prezzo per vendere di più, se tutto il prodotto deve essere
venduto ad uno stesso prezzo, così che il guadagno è ciò che riceve per l'unità extra
venduta p( y) , meno quanto si perde dalla riduzione del prezzo a cui l'output3
precedente viene venduto, p' ( y) y . (Si ricordi che p' ( y) < 0 .) Mediante semplici
passaggi otteniamo

dp y 
RM = p( y) + p' ( y)y = p( y)  1+
 = p( y)
dy p( y) 


1 
1+

 (6)
e

xp 
con p' ( y) = dp dy e
1
dp y
=
e xp dy p( y)
Poichè la relazione di domanda inversa p( y) è ottenuta invertendo la
funzione di domanda x( p) e ponendo x = y , e xp rappresenta l'elasticità rispetto al
prezzo della domanda della merce. Si ha perciò che RM è positivo se e solo se
e xp < −1 ⇒ e xp > 1
Dalla (4) osserviamo che quando y = 0 , RM e p( 0) sono uguali, ma per
valori positivi dell'output RM< p( y) .
Si consideri a titolo di esempio la funzione lineare p = a-by . La funzione di
2
ricavo è R = ay + by e il ricavo marginale RM = a-2by . La curva del ricavo
marginale è una semiretta con inclinazione doppia della curva di domanda, quando
quest'ultima è essa stessa una semiretta, con medesima intercetta in ordinata.
Se
e xp = −1 ⇒ exp = 1
la (6) ci dice che il RM è nullo e se
e xp > - 1 ⇒ e xp < 1
che il RM risulta negativo.
Finchè produrre merci costa qualcosa il costo marginale non potrà essere nullo
o negativo; ne segue che la produzione potrà avvenire solo nell'intervallo in cui il
ricavo marginale assume valori positivi (in figura 9.1 nell'intervallo 0 − ye ); in
questo intervallo la curva di domanda presenta elasticità superiore all'unità.
Notiamo che al crescere dell'elasticità la divergenza tra RM e prezzo diviene
via via più piccola. Quando l'elasticità della domanda è infinita, il prezzo diventa
4 uguale al ricavo marginale e ricadiamo nel caso della concorrenza.
elasticità maggiore di uno
elasticità unitaria
pe
elasticità inferiore a uno
RM
0
p(y)
ye
y
FIGURA 9.1 Curve di ricavo medio e marginale lineari
3 Quantità e prezzo che massimizzano il profitto
La figura 9.2 fornisce una rappresentazione grafica del problema di
massimizzazione del monopolista. I profitti sono massimi a y1 in corrispondenza del
quale costo marginale e ricavo marginale sono uguali, con il costo marginale che
taglia dal di sotto il ricavo marginale, come richiede la condizione del secondo ordine
(che può essere scritta d(RM − CMa) / dy < 0 .) Il prezzo, una volta determinato
la produzione che massimizza il profitto, si individua sulla curva di domanda, cioè
sulla curva del ricavo medio [ p(y1 )y1/y1 ]; si noti che al valore scelto dell'output
corrisponde un punto sulla curva di domanda in cui l'elasticità è superiore all'unità. Il
valore del profitto è pertanto
p( y1 ) y1 -c( y1 ) = ( p1 -CMe1 )y1
Notiamo infine che non è possibile definire una funzione di offerta o disegnare
una curva di offerta per il monopolista. L'equazione che rappresenta la condizione di
primo ordine, la (9.2), non può essere risolta per y funzione di p , perchè il prezzo
non è esogeno.
5
CMa
CMe
p1
CMe1
p
RM
0
y1
y
FIGURA 9.2 La massimizzazione del profitto in monopolio
Non possiamo dalla sola conoscenza della funzione di costo dell'impresa e dal
prezzo attualmente praticato dedurre quale quantità verrà offerta: la decisione del
monopolista dipende da ciò che egli pensa sia l'inclinazione e la posizione delle curve
di domanda e di ricavo marginale. Nei grafici sopra presentati si è ovviamente
supposto di conoscere le curve di ricavo medio e marginale.
Se combiniamo la condizione di massimizzazione del profitto (2) con la
relazione (6) che esprime il ricavo marginale in funzione del prezzo e dell'elasticità
puntuale della domanda, possiamo ricavare il margine di profitto del monopolista che
massimizza il profitto, cioè la differenza tra prezzo e costo marginale rispetto al
prezzo, che è una misura del grado di monopolio, ovvero della distanza da una
situazione di concorrenza in cui p( y ) = c ′ ( y) ; si ottiene la relazione (7) seguente:

1 
p( y ) − p(y ) 1 −

e
p( y ) − c ′ ( y)
xp 

1
=
=
(7)
p(y )
p( y )
e xp
che coincide con il reciproco del valore dell'elasticità in modulo della curva di
domanda. E' interessante osservare che per un valore dell'elasticità pari a infinito il
grado di monopolio si azzera e si ricade nella concorrenza.
4 Monopolio e concorrenza
Un confronto con il caso studiato nei capitoli precedenti può essere utile.
Confrontiamo due imprese con identica curva di domanda e funzione di costo
marginale, una che segue la logica concorrenziale, l'altra rappresentata da un
monopolista. Dalla figura 9.3 si può facilmente vedere che l'output sarà più basso in
monopolio. In concorrenza la curva di offerta è la curva di costo marginale dell'impresa,
supposta fronteggiare da sola la curva di domanda.
6
CMa
pm
pc
RM
0
ym yc
p(y)
y
FIGURA 9.3 Concorrenza e monopolio a confronto
L'output è scelto in modo tale che il prezzo uguaglia il costo marginale, perchè
l'impresa è price taker. Il monopolista è un price maker e sceglie la combinazione
output-prezzo che rende il ricavo marginale uguale al costo marginale. Si può osservare
che l'output del monopolista è inferiore (ym < yc ) e il prezzo più elevato (pm > pc ) .
La spiegazione economica è semplice: riducendo l'output, il monopolista può accrescere
prezzo e profitti. Anche una impresa concorrenziale potrebbe farlo; se non lo fa è perchè
la sua decisione isolata non influenzerebbe il prezzo e i suoi profitti si ridurrebbero.
5 Il monopolista fa sempre profitti?
La condizione di primo ordine, ricavo marginale=costo marginale, è solo
necessaria per ottenere il massimo profitto. Se vi sono alti costi fissi è possibile che la
soluzione di equilibrio per il monopolista sia la produzione nulla. Può accadere infatti
che sostituita nella funzione di profitto la quantità corrispondente alla condizione di
primo ordine, il profitto risulti negativo. Una produzione nulla garantirebbe almeno un
profitto non negativo. I due grafici nella sottostante figura 9.4 sottostante rappresentano
il primo una situazione normale in cui la domanda sufficientemente elevata indica un
prezzo che copre il costo medio, il secondo una situazione opposta di insufficienza di
domanda con conseguente profitto negativo. In questo caso solo un sussidio dall'esterno
a coprire la la differenza tra prezzo di monopolio e costo medio garantirebbe una
produzione positiva. E' questo il caso dei monopoli naturali o dei monopoli decisi da
una concessione delle autorità pubbliche, come nella fase di avvio delle produzioni di
alcune public utilities nei trasporti, nelle telecomunicazioni e nell'erogazione di altri
servizi di pubblica utilità.
p
p
m
m
7
y
domanda elevata che copre il costo fisso
con produzione positiva
domanda troppo bassa e conseguente y =0
m
6 Perchè esiste il monopolio
Possiamo ora chiederci quali potrebbero essere le ragioni che spiegano perchè
può esistere una impresa monopolista.
L'analisi ora svolta suggerisce che ogni imprenditore che massimizza il profitto
dovrebbe vedere con favore la possibilità di trasformarsi in monopolista, in quanto il
suo profitto aumenterebbe L'osservazione empirica conferma questo assunto. La gran
parte delle imprese perseguono sistematicamente politiche atte a configurare un
situazione esterna tale da garantire loro scelte "quasi monopolistiche". In termini
analitici queste politiche hanno l'obiettivo di rendere più rigida (meno elastica) la
curva di domanda per l'impresa. Una ispezione alla figura 9.3 mostra che un aumento
dell'inclinazione della curva di domanda, costanti i costi, produce una soluzione di
equilibrio con maggior profitti.
D'altro canto l'esistenza di profitti attira l'attenzione di altri imprenditori. Taluni
saranno indotti a entrare in un mercato che garantisce profitti elevati. Chi è già dentro
al mercato metterà in atto dei comportamenti che impediscono o rendono difficile o
molto costosa l'entrata per i concorrenti potenziali. Se questi entrassero la posizione
di favore del monopolista verrebbe meno.
Quanto detto non spiega tuttavia come può nascere una impresa monopolista.
Si hanno due insiemi di possibilità.
Il primo riguarda i monopoli naturali.
Supponiamo che per realizzare un prodotto o un servizio un'impresa debba
sostenere ingenti costi fissi. Se la produzione può avvenire in grandi numeri il costo
fisso per unità di prodotto può diventare piccolo riducendo di molto i costi medi.
Tecnicamente questo consentirebbe di far scendere i prezzi di offerta. Ma se il
mercato in cui opera quella impresa è piccolo, essa non è in grado di ridurre
sufficientemente il costo per unità di prodotto e così i costi medi. Il suo livello di
produzione sarebbe lontano da quello efficiente, cioè da quello che rende minimi i
costi medi. Se più imprese di questo tipo insistessero su un mercato piccolo,
8 ciascuna sosterrebbe un costo medio più elevato rispetto al caso in cui una sola
impresa operasse e gli acquirenti della merce o del servizio pagherebbero un prezzo
più elevato. La combinazione di un mercato "piccolo" e di una scala di produzione
efficiente "elevata" spiana la strada ad una soluzione in cui una sola impresa può
stare convenientemente sul mercato, ove stavolta il concetto di convenienza
riguarda anche gli acquirenti. Una situazione come quella descritta si manifesta
spesso nella erogazione di servizi di pubblica utilità, come la distribuzione del gas,
dell'elettricità, la produzione di servizi telefonici, l'erogazione dell'acqua e molti altri,
nei quali si sostengono ingenti costi fissi che possono essere ragionevolmente coperti
dai prezzi solo se le quantità del servizio erogato superano certe soglie dimensionali.
Per questo tipo di mercati sono le autorità di governo che impongono un regime di
monopolio legale a vantaggio dei consumatori.
Poichè tuttavia il monopolista potrebbe in seguito alzare i prezzi senza il
timore di concorrenti, le stesse autorità che hanno concesso il monopolio legale
istituiscono forme di controllo sistematiche sulla qualità e sul prezzo del servizio
erogato.
L'altra insieme di ragioni che spiegano l'affermarsi di un'impresa monopolista
riguardano la creazione di un nuovo prodotto o l'innovazione tecnica.
Quando un'impresa inventa un nuovo modo di soddisfare un bisogno mediante
la creazione di una merce prima mai realizzata si crea un suo proprio mercato nel
quale è monopolista. La posizione di monopolio è necessariamente temporanea. La
nuova merce potrebbe essere facilmente imitabile da altri produttori. Un brevetto
fornisce una copertura per qualche anno ma non è di solito uno strumento efficace
per prevenire l'entrata. Potrebbe accadere che la tecnologia per la produzione della
nuova merce sia caratterizzata da costi medi decrescenti rispetto alle scala produttiva.
L'esser partiti per primi crea un vantaggio dinamico in termini di costi via via calanti
che allontanerebbe il pericolo di entrata di potenziali concorrenti.
Anche una innovazione tecnica potrebbe condurre al sorgere di imprese
monopolistiche. La riduzione dei costi che segue all'innovazione dovrebbe tuttavia
trasferirsi in una riduzione dei prezzi. Qualora i concorrenti non siano in grado di
seguire il ribasso dei prezzi, l'impresa innovativa finirebbe per coprire l'intera offerta
di quel mercato.
Questi ultimi esempi mostrano come in realtà il monopolio, ad eccezione di
quello legale, sia una situazione di mercato che non è data una volta per tutte e che è
in gran parte il risultato, spesso transitorio, del comportamento delle imprese.
Se il monopolio è una forma di mercato transitoria, il quesito che subito si pone
è verso quali altre forme si trasformerà.
Si possono indicare due direttrici.
Se la merce che si produce è una merce facilmente differenziabile, la sua
tecnologia non esibisce economie di scala rilevanti, i costi di trasporto non sono
indifferenti rispetto al valore del prodotto, si affermerà una situazione in cui molte
imprese staranno sul mercato, ma ciascuna, mediante la differenziazione del prodotto,
alla stregua di un piccolo monopolista, controllerà una parte della domanda del9
mercato. Tuttavia non potrà fissare un prezzo della sua merce troppo elevato perchè
permane una certa sostituibilità con le merci simili degli altri produttori. Una
situazione così caratterizzata è chiamata di concorrenza monopolistica.
Nel caso in cui il prodotto non sia facilmente differenziabile, le economie di
scala abbiano un certo peso di modo che le imprese non possano essere di piccole
dimensioni, lo sbocco sarà una situazione con poche imprese che si dividono il
mercato e che nell'assumere decisioni debbono di necessità congetturare le risposte
delle imprese rivali. Questa situazione è l'oligopolio. Infine, se da un lato la
tecnologia è diventata conosciuta, facilmente applicabile, con costi fissi limitati e,
dall'altro, il prodotto è sufficientemente omogeneo, si va nella direzione di un
mercato perfettamente concorrenziale.
Vi sono degli effetti sociali negativi derivanti dall'esistenza di monopoli, in
special modo di quelli derivanti da specifici comportamenti delle imprese che si
concretizzano in uno spreco di risorse. Solo a titolo di esemplificazione si
rammentenao le spese per la pubblicità persuasiva che incidono sulla posizione della
curva di domanda, le spese per prevenire l'entrata di potenziali concorrenti, come ad
esempio i sovrainvestimenti in capacità produttiva, i costi di lobbing per strappare
privilegi al legislatore, le spese eccessive e in competizione in Ricerca e Sviluppo per
creare nuovi brevetti, e cosi' via.