Legislazione cinofila - Allevamento della Terra del Mare

Corso di
Legislazione
Cinofila
Avv. Maria Grazia Poli
1.
L’ALLEVAMENTO DEI CANI
DI RAZZA PURA
Per allevamento di cani si intende l’attività di far crescere, migliorare, riprodurre, selezionare ed incrementare una determinata razza canina; tale attività è svolta da un determinato soggetto denominato allevatore.
A) Inquadramento giuridico nel sistema normativo
dell’allevamento cinofilo
L’inquadramento giuridico nel sistema normativo dell’allevamento cinofilo è un problema di notevole rilevanza, che si pone, non solo perché è un aspetto della realtà economica, ma soprattutto perché
l’incertezza nella quale l’allevamento dei cani si trova, non soddisfa gli allevatori che reclamano chiarezza
in tale settore per poter operare in maniera coordinata ed unificata.
Sulla base del Protocollo n. 25251 del 15/12/1978 del Ministero dell’Agricoltura e Foreste e sul presupposto che l’attività cinofila è un’attività zootecnica diretta ad incrementare il patrimonio canino esistente, l’allevamento cinofilo sembrava rientrare nel settore dell’agricoltura.
Successivamente, con il Protocollo n. ST/1272 del 25/01/1980 in risposta alla richiesta dell’ENCI di
applicare all’allevamento cinofilo il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 05/04/1978, n. 132,
il suddetto Ministero sembrava non riconoscerlo più come rientrante nel settore agricolo. Infatti, secondo
quanto sostenuto dal Ministero, rientrava nel campo di applicazione del DPR n. 132/78 l’allevamento di
animali condotto su terreno idoneo a produrre un quarto del mangime utilizzabile per l’allevamento degli
animali stessi. Per quanto riguarda l’applicabilità di tale normativa all’allevamento di animali oltre il limite
indicato, cioè come richiesto dall’ENCI in caso di allevatori con terra insufficiente, il Ministero affermava
che era necessario che:
1) l’impresa di allevamento fosse gestita da titolare di reddito agrario per terreni “posseduti a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale o condotti in affitto”;
2) le attività attratte dal reddito agrario in connessione con l’impresa di allevamento, rientrassero
nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che la governa avendo per oggetto prodotti
ottenibili dal terreno per l’alimentazione degli animali allevati.
Il Ministero concludeva confermando la pronuncia del 15/12/1978 e la validità sotto altri profili di
qualificazione di “attività agricola” dell’allevamento cinofilo, ma affermava di non poter accogliere la richiesta dell’ENCI di applicazione del DPR n. 132/78, in quanto l’ambito oggettivo del provvedimento
comprendeva specifiche attività di allevamento e non ogni singola attività astrattamente definibile agricola.
Pertanto, dalla risposta data dal Ministero con il detto il Protocollo n. ST/1272 del 25/01/1980 per
l’applicazione del DPR n. 132/78 era necessario che l’allevatore avesse “terra sufficiente” e ricorressero le
due condizioni previste dal protocollo ministeriale.
Solamente con la Legge (L.) del 23/08/1993 n. 349 (GURI n. 213, 10/09/1993)1 veniva definita
all’art. 1 l’attività cinotecnica come quell’attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento
1
Testo della Legge n. 349/93: Norme in materia di attività cinotecnica.
Art. 1. Attività cinotecnica.
1. Ai fini della presente legge, per attività cinotecnica si intende l'attività volta all'allevamento, alla selezione e all'addestramento
delle razze canine.
Art. 2. Definizioni.
1. L'attività cinotecnica è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.
2. I soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati, che esercitano l'attività cinotecnica di cui al comma 1 sono imprenditori agricoli, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.
Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell'arco di un anno un numero di cani inferiore a quello
determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste da emanare entro trenta giorni dalla data di
delle razze canine. Vengono poi definiti all’art. 2 comma 2 “imprenditori agricoli” i soggetti, persone fisiche o giuridiche, singoli o associati che esercitano l’attività cinotecnica, ai sensi dell’art. 2135 Codice Civile (CC)2.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 2 comma 1 e 3 perché l’attività cinotecnica possa essere considerata agricola devono ricorrere i seguenti due requisiti:
a) che sia attività prevalente;
b) che vengano prodotti nell’arco di un anno il numero di cani, per tipi o per razza, stabilito dal decreto del
Ministero dell’Agricoltura e foreste da adottarsi nel termine di 30 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge.
Per quanto riguarda il primo requisito, l’art. 2 comma 1 della L. stabilisce che l’attività cinotecnica è
considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto alle altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto.
Per quanto riguarda il secondo requisito, il Decreto Ministeriale (DM) del 28/01/1994 n. 20504 del
Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali (GURI n. 40, 18/02/1994) ha stabilito che “non sono imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici ed
annualmente producono un numero di cuccioli inferiore a trenta unità”.
È di tutta evidenza che per essere imprenditore, l’allevatore cinofilo deve possedere i due sopramenzionati requisiti.
Per quanto riguarda la normativa regionale, è bene ricordare che la L.R. Toscana n. 6 del 1994 ha
istituito presso ogni provincia un albo suddiviso in due sezioni. Gli imprenditori agricoli professionali potevano esser iscritti in una delle due diverse sezioni. Nella prima venivano iscritti soggetti che impiegavano
2/3 del tempo-lavoro nell’attività agricola e con reddito derivante per i 2/3 dalla stessa attività agricola.
Nella seconda sezione venivano iscritti i soggetti che impiegavano il 50% del tempo-lavoro ed il 50% del
reddito derivava dall’attività agricola.
Il Decreto Legislativo (D. L.gs) n. 99/2004 che ha abrogato la L. 153/75, per l’iscrizione agli albi
provinciali, prevede tre requisiti:
1) che il soggetto impieghi nell’attività il 50% del tempo di lavoro;
2) che il 50% del reddito pervenga da lavoro (sono esclusi, quindi, il reddito da capitale o ad es. il reddito
del socio accomandante di una SAS; sono inclusi, invece, a titolo esemplificativo, i compensi degli
amministratori di una società di capitali).
3) che la capacità professionale sia accertata tramite un’apposita commissione con colloquio-esame.
Chi non possiede tali requisiti, ma è in possesso dei requisiti richiesti dalla L. n. 349/93 può sempre
rientrare nell’ambito dell’agricoltura e, conseguentemente, chiedere l’iscrizione alla camera di commercio
quale imprenditore agricolo.
Per essere poi iscritti nelle liste dei coltivatori diretti l’attività deve essere prevalente e deve essere
dedicato del tempo all’attività che viene quantificato, generalmente, in un numero di giornate lavorative.
I soggetti che non possiedono i requisiti richiesti dalla citata Legge saranno imprenditori commerciali e potranno chiedere l’iscrizione alla Camera di Commercio come imprenditori.
entrata in vigore della presente legge (Il D.M. 28 gennaio 1994 (GURI 18/02/94, n. 40) ha così disposto: Non sono imprenditori
agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente producono un numero di
cuccioli inferiore alle trenta unità).
Art. 3. Disciplina dell'attività cinotecnica.
1. Coloro che esercitano, a qualsiasi titolo, attività volte all'allevamento e all'addestramento delle razze canine sono tenuti a rispettare le disposizioni emanate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché, per le attività che attengono
alla selezione delle razze canine, le disposizioni adottate dall'Ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI).
Art. 4. Programmi di sviluppo dell'attività cinotecnica.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, in conformità ai propri ordinamenti, programmi di sviluppo
dell'attività cinotecnica.
Art. 5. Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella GURI.
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Art. 2135 Imprenditore agricolo: E imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque
connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione,
commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del
bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di
attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione
del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
Riportiamo in nota l’art 1 (Capo I - SOGGETTI E ATTIVITÀ) del Decreto Legislativo 29 marzo
2004, n. 99: "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), e), della legge 7 marzo 2003, n.
38" (GURI n. 94, 22/04/2004)3 che dà la definizione di Imprenditore Agricolo Professionale.
B) L’allevamento e l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana
L’ENCI è un’associazione nata nel 1882 come “Kennel Club d’Italia” e trasformatasi in Ente Nazionale della Cinofilia Italiana nel 1930.
Prima dell’entrata in vigore del DM n. 20894 del 18/04/2000 solitamente chi allevava chiedeva al
Consiglio Direttivo dell’ENCI la concessione dell’affisso. Era facoltà insindacabile dell’ENCI pronunciarsi
sulla domanda di concessione di affisso e quindi accoglierla o respingerla oppure proporre la scelta di un
affisso diverso da quello richiesto per evitare omonomie o per altri motivi.
L’ENCI è affiliato alla Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.) ed è quest’ultima che presiede
alla concessione e registrazione degli affissi i quali hanno valore per tutti i paesi aderenti ad essa. È bene
precisare che l’ENCI e le società aderenti alla F.C.I. riconoscono reciprocamente gli affissi registrati da
ciascuno di essi e si impegnano a non concedere l’uso di un affisso a persone residenti in un paese diverso
dal proprio rappresentato nella F.C.I.. Quest’ultima cura la tenuta di un repertorio internazionale degli affissi nel quale sono registrati tutti gli affissi autorizzati.
L’allevatore che otteneva l’affisso poteva richiedere di essere socio individuale dell’ENCI ai sensi
dell’art. 3 dello Statuto Sociale del 16/10/1982. Tale statuto è stato modificato e, come si vedrà in proseguo, ed i soci individuali e cioè i soci titolari di affisso diventeranno “soci allevatori”.
Secondo quanto disposto dall’art. 22 del Regolamento dei Libri Genealogici Italiani dell’01/06/1980,
per affisso si intende la denominazione di un allevamento, destinato a distinguere i prodotti. Esso precede o
segue il nome individuale di un cane proveniente da una fattrice della quale il titolare dell’affisso risulta
proprietario anche se temporaneo.
Per ottenere l’affisso necessitano le seguenti condizioni:
1) risultare proprietario da almeno un anno di 2 fattrici della medesima razza;
2) aver prodotto due cucciolate dalla stessa razza delle fattrici di cui al punto 1), nate almeno un anno prima
della richiesta di affisso;
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Art. 1. Imprenditore agricolo professionale
1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999,
dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del
proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per
l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento
(CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.
2. Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell'Istituto nazionale di
previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476.
3. Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali
qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile e
siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per
le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;
b) nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in
possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale;
c) nel caso di società di capitali, quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.
4. Qualunque riferimento della legislazione vigente all'imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito alla definizione di
cui al presente articolo. All'imprenditore agricolo professionale, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì
riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle
persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.
5. L'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, e successive modificazioni, è abrogato.
3) aver partecipato a manifestazioni a carattere nazionale ed internazionale riconosciute dall’ENCI conseguendo, con i propri soggetti, qualifiche di almeno “Molto Buono”.
Inoltre, ha diritto ad ottenere l’affisso la persona che sia moralmente ineccepibile e non svolga attività commerciale mediante la compra e la vendita di cani non prodotti dal suo allevamento.
Il Consiglio Direttivo ha la facoltà di revocare o sospendere per giusti motivi la concessione di affisso già autorizzato e di vietarne l’uso; il provvedimento deve essere motivato (art. 33 Regolamento Libri
genealogici Italiani).
La concessione di un affisso è personale e vitalizia. In caso di morte esso non può essere concesso ad
altra persona se non dopo 10 anni, fatta eccezione per gli eredi legittimi del titolare defunto, ad uno dei
quali soltanto il Consiglio Direttivo potrà concedere a suo insindacabile giudizio, il diritto di subentrare
nell’uso dell’affisso, purché il richiedente, oltre a dimostrare la propria qualità di erede, dia affidamento di
voler continuare nell’allevamento.
È possibile anche l’associazione in affisso da parte del titolare che può associare il coniuge, o il discendente o collaterale di 1° grado in linea retta o il genero (o la nuora) sempre che questi abbiano raggiunto il 18° anno di età.
La normativa riguardante l’affisso è prevista da “Regolamento Libri Genealogici” approvato dal
Consiglio Direttivo ENCI del 28/11/1968 ed in vigore dall’01/01/1969, all’art. 25 e seguenti ed è tuttora in
vigore dato che è una normativa data dall’ENCI nell’ambito della sua autonomia privatistica. Anch’esso
comunque dovrà essere modificato.
Il nuovo Statuto Enci approvato con DM del 24/02/2000 all’art. 3 lett. a) definisce: “soci dell’ENCI:
i cinofili iscritti al Registro degli allevatori previsto dal disciplinare del libro genealogico residenti in Italia ed in regola con i versamenti della quota associativa annuale”.
Con il DM n. 20894 del 18/04/2000 (all. 1) entravano in vigore le “Norme Tecniche del Libro
Genealogico del Cane di Razza” dove all’art. 1 si prevede letteralmente: “Al registro degli allevatori
previsto dall’art. 7 lett. a) del disciplinare del libro genealogico del cane di razza possono chiedere di essere iscritte le persone fisiche e giuridiche che, a qualsiasi titolo, svolgono attività di allevamento di fattrici iscritte al libro genealogico medesimo adibite alla riproduzione e che abbiano prodotto almeno una
cucciolata registrata allo stesso libro genealogico negli ultimi tre anni”.
L’art. 7 è stato modificato dal DM n. 22383 del 03/06/2003 (all. 2) che recita letteralmente: “È istituito il Registro degli allevatori e dei proprietari nel quale sono iscritti:
a) gli allevatori cioè i proprietari di due fattrici che abbiano prodotto almeno una cucciolata ciascuna
iscritta nel Libro Genealogico e nata negli ultimi tre anni.
b) i proprietari di soggetti iscritti al libro Genealogico”.
L’art. 3 del citato DM recita: ”L’art. 1 delle norme tecniche del libro genealogico del cane di razza,
approvate con DM n. 20894 del 18 aprile 2000, è modificato come segue: “al registro degli allevatori previsto all’art. 7 lett. a) del disciplinare del libro genealogico del cane di razza possono chiedere di essere
iscritte le persone fisiche e giuridiche che, a qualsiasi titolo, svolgono attività di allevamento di fattrici
iscritte al libro genealogico medesimo adibite alla riproduzione e che iscrivono ogni tre anni almeno due
cucciolate prodotte da fattrici diverse. Al registro dei proprietari previsto all’art. 7 lett. b) del medesimo
disciplinare possono chiedere di essere iscritte le persone fisiche e giuridiche proprietarie di soggetti
iscritti al libro genealogico”.
Ai sensi dell’art. 2 del DM del 24/02/2000, l’interessato, per essere iscritto al Registro degli allevatori deve effettuare un’apposita domanda e deve:
a) impegnarsi a svolgere attività di miglioramento genetico seguendo gli indirizzi stabiliti dal Libro Genealogico;
b) astenersi da comportamenti e azioni che possono arrecare nocumento o danno all’immagine ed
all’organizzazione del Libro Genealogico del cane di razza;
c) essere sottoposto a controlli previsti dalla normativa sanitaria.
Il giudizio di idoneità limitatamente ai punti a) e b) è di competenza dell’Ufficio Centrale del Libro
genealogico. L’allevatore per il quale l’Ufficio centrale non abbia dato parere favorevole all’iscrizione può
presentare ricorso alla Commissione Tecnica Centrale del Libro genealogico.
Per i proprietari di cani di razza la semplice richiesta di intestazione di un soggetto o qualsiasi altra
operazione di libro genealogico è equiparata alla domanda di iscrizione al registro dei proprietari sul quale
verranno annotati obbligatoriamente i dati anagrafici e fiscali completi dei proprietari dei cani da questi ultimi obbligatoriamente forniti.
La concessione della titolarità di un affisso ad un allevatore è disciplinata con apposite norme tecniche in armonia a quanto stabilito dalla Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.), proposte dalla CTC
e approvate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Sulla considerazione che, fino ad oggi, non sono state emanate norme tecniche sulla concessione
dell’affisso, è ancora in vigore il regolamento LOI del 29/11/1968.
A questo punto necessita precisare che è considerato cane di razza pura quel soggetto di genealogia
conosciuta in possesso di un certificato che ne attesti la identità.
Al LOI venivano iscritti i cani considerati di puro sangue figli di cani già iscritti al LOI stesso, oppure soggetti provenienti da altri paesi purché iscritti in un libro genealogico equivalente o comunque riconosciuto dalla F.C.I.. Possono essere iscritti anche cani la cui ascendenza, da almeno 3 generazioni, sia documentata dall’iscrizione al LIR e che abbiano conseguito in una Esposizione riconosciuta la qualifica di almeno Molto Buono (M.B.) in classe singola o il certificato di tipicità (C.T.) in classe LIR4 ed infine i cani
delle razze tipiche italiane, già iscritti al LIR, se proclamati campioni di bellezza, acquistano il diritto di essere
iscritti nel LOI.
Il LIR era invece riservato a quei cani di genealogia sconosciuta dei quali sia stata accertata la tipicità di una razza in una esposizione riconosciuta dall’ENCI mediante il rilascio del certificato di tipicità
(C.T.). Per le razze sottoposte in Italia a prova di lavoro, l’iscrizione dei capostipiti al LIR, è subordinata
inoltre al conseguimento di un Certificato di Qualità Naturali (C.Q.N.) o di una qualifica di almeno Buono
(B.) in prova riconosciuta dall’ENCI, alla quale potranno concorrere alla condizione che il conduttore presenti l’apposita autorizzazione scritta rilasciata dall’ENCI.
I certificati di iscrizione al libro genealogico sono rilasciati, secondo quanto disposto dal Regolamento dei Libri genealogici italiani, all’allevatore che ne abbia fatta specifica richiesta, su moduli predisposti, inoltrati alla Sede Centrale dell’ENCI per il tramite della delegazione, competente sul territorio dove è
nata e si trova la cucciolata. In un certificato di iscrizione al LOI sono indicati: il gruppo di appartenenza5,
il numero di iscrizione al LOI, la razza, il nome del cane (eventualmente preceduto o seguito dall’affisso),
il sesso, il colore, la data di nascita, il numero del microchips o del tatuaggio(quest’ultimo ancora possibile
nel caso di allevatori con affisso) il nome ed indirizzo dell’allevatore, nonché la genealogia sino ai trisnonni.
Se gli ascendenti hanno ottenuto un titolo di campione esso è indicato abbreviato; inoltre per alcune
razze determinate sigle indicheranno se il cane è esente da displasia dell’anca o se ha conseguito titoli di
bellezza o lavoro all’estero.
Con il DM n. 21095 del 05/02/1996 (all. 3) veniva approvato il disciplinare del libro genealogico del
cane di razza e ciò in virtù del D. L.gs del 30/12/1992, n. 529 dove venivano sostituiti i libri LOI e LIR con
due registri denominati Registro Origini Italiano (ROI) e Registro Supplementare Riconosciuti (RSR).
Con il DM n. 2120 dell’08/05/2005 è stato approvato il nuovo testo delle Norme Tecniche del Libro
Genealogico del cane di razza (all. 4), testo approvato su richiesta dell’ENCI, in conformità a quanto deliberato dalla Commissione Tecnica centrale nella riunione del 26/08/2004. Quale allegato delle dette norme
tecniche vi è il c.d. “codice etico dell’allevatore” approvato dall’ENCI in conformità a quanto deliberato
dalla stessa Commissione Tecnica Centrale nella riunione del 27/10/2004.
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Qualora il rilascio del C:T. sia negato, il soggetto, pur conservando l’iscrizione al LIR, non potrà più essere iscritto al LOI
Dal Regolamento “Libri genealogici italiani”, all’art. 18 le razze sono suddivise in 10 gruppi. Essi sono: 1° Gruppo: cani da pastore; 2° gruppo: Guardia-Difesa-Utilità; 3° gruppo: Terrier; 4° gruppo: Bassotti; 5°/6° gruppo: segugi; 7° gruppo: cani da ferma;
8° gruppo: razze Britanniche; 9° gruppo: cani da compagnia; 10° gruppo: Levrieri
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2. MONTA E DIRITTI DI MONTA
La nascita di una cucciolata assai spesso può dar luogo a controversie e discussioni qualora i genitori
dei cuccioli non appartengano al medesimo proprietario.
Spesso negli accoppiamenti fra cani di razza accadeva che i proprietari al momento della monta non
concordassero sulle condizioni alle quali l’uso dello stallone veniva concesso; nati i figli sorgevano le controversie. Proprio al fine di dirimerle, la Federazione Cinologica Internazionale istituiva nell’anno 1934 una
normativa denominata “Usi Internazionali di Allevamento di Monaco”, che disciplinava in maniera chiara e
precisa i rapporti tra proprietario della fattrice e proprietario dello stallone e i loro diritti ed obblighi.
I suddetti usi internazionali sono stati sostituiti dal “Regolamento Internazionale di Allevamento
della F.C.I.” (vedi allegato 5) adottato dalla Federazione Cinologica Internazionale in data 11-12 giugno
1979 a Berna (Svizzera).
Tale Regolamento è applicabile a livello nazionale qualora, come in Italia, non esista una normativa
specifica in materia (art. 1 Regolamento Internazionale di Allevamento della F.C.I.). Il Regolamento Internazionale di Allevamento della F.C.I. riesce a risolvere e dirimere le controversie insorgenti fra proprietario dello stallone e della fattrice e sarebbe buona norma che tutti gli allevatori italiani si attenessero al suddetto regolamento per la loro stessa tutela.
Prima dell’esecuzione della monta, per consuetudine, i proprietari pattuiscono o un compenso oppure
la cessione al proprietario dello stallone di cuccioli. A quest’ultimo proposito, si evidenzia che, per consuetudine, fino alla nascita di cinque cuccioli, al proprietario dello stallone spetta 1 cucciolo, oltre i 5 cuccioli nati spettano due cuccioli. Al proprietario dello stallone inoltre, spetta la prima e la terza scelta. In
ogni caso sarebbe buona norma mettere per iscritto tutte le pattuizioni relativa alla monta.
Nati i cuccioli si procederà al loro svezzamento ed allevamento sino all’età di 50 giorni6. In tale periodo, avverrà la scelta da parte del proprietario dello stallone, che anziché un compenso per la monta abbia
preteso i cuccioli. Solamente dopo il 50° giorno inizierà la vendita della cucciolata.
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L’allevatore o proprietario della fattrice entro i primi 25 gg. dalla nascita dovrà compilare e firmare, per la loro iscrizione al
R.O.I. (ex LOI) un modulo (c.d. Modulo A) che denuncia la monta e l’avvenuta nascita dei cuccioli, da genitori forniti anch’essi di
certificato di iscrizione al LOI. Successivamente, l’allevatore o il proprietario della fattrice deve compilare e firmare un modulo
(c.d. Modulo B) di iscrizione della cucciolata entro 3 mesi dalla nascita. Tutti i cuccioli, viventi all’atto della presentazione del
Mod. B denunciati e descritti con i loro nomi e le loro caratteristiche, avranno diritto di ottenere il certificato nel LOI. I suddetti
moduli devono essere presentati alla delegazione ENCI competente per territorio. È obbligo dell’allevatore o del proprietario della
fattrice tenere presso la stessa e nel luogo indicato nella denuncia (mod. A) i cuccioli sino all’età minima di 50 giorni: questo, non
solo per facilitare le Delegazioni ENCI per i controlli di loro competenza sulla cucciolata, ma soprattutto perché buona norma
d’allevamento.
3. LA VENDITA (NOZIONE DEL CONTRATTO)
La vendita, il più importante e diffuso dei contratti di scambio, ha per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa o il trasferimento di un diritto reale verso il corrispettivo di un prezzo (art. 1470 CC7).
Prestazione fondamentale del venditore è il trasferimento al compratore della proprietà della cosa;
prestazione fondamentale del compratore è il pagamento del prezzo. Il contratto è consensuale; si perfeziona cioè col consenso, indipendentemente dall’essersi consegnata la cosa o pagato il prezzo.
Il luogo ove si perfeziona il contratto, ai sensi dell’ art. 1326 CC8, si identifica con quello in cui il
proponente ha avuto conoscenza dell’accettazione dell’altra parte9.
Dato che per prassi, buona parte dei contratti che riguardano la vendita di un cane si concludono telefonicamente o per lettera, è da sottolineare che la perfezione del contratto, anche in questi casi, è governata
dal principio della cognizione, per il quale il contratto si forma nel momento in cui si perfeziona
l’accettazione e questa, a sua volta, si perfeziona, fra persone lontane, nel luogo e nel momento in cui venga a conoscenza del proponente10,11.
Oggetto del contratto è il trasferimento della proprietà, ma tale trasferimento non sempre avviene al
momento in cui il contratto si perfeziona. La cosa, acquistata dal compratore, può essere determinata al
momento della stipulazione del contratto, o la determinazione può avvenire solo in un momento successivo
come quando la vendita abbia per oggetto il trasferimento della proprietà di una fra più cose determinate, o
quando si tratti di cose determinate solo nel genere; la cosa può essere esistente al momento della stipulazione del contratto o può trattarsi di cosa che dovrà venire successivamente ad esistenza (vendita di cosa
futura); la cosa può al momento del contratto essere in proprietà del venditore o essere in proprietà di altri
(vendita di cosa altrui).
Quando l’effetto del trasferimento è differito al verificarsi di un dato evento si parla di vendita
“obbligatoria di fare acquistare al compratore la proprietà della cosa o il diritto”, in contrapposizione alla
vendita con efficacia reale, in cui l’effetto traslativo è immediato.
Nell’uno e nell’altro caso è esclusa la necessità di prestare un ulteriore consenso delle parti.
Il trasferimento si effettua al momento della perfezione del contratto, quando si tratta di cosa determinata, in proprietà del venditore; allorché si tratti di cosa fra più cose, indeterminate o determinate solo
nel genere, quando si perverrà, d’accordo fra le parti o nei modi da loro stabiliti, alla individuazione; in
questo caso se si tratta di cose che devono essere trasportate, l’individuazione avviene mediante la consegna al vettore o allo spedizioniere. Inoltre, il trasferimento di cosa futura si effettua allorché la cosa venga
ad esistenza; in caso di vendita di cosa altrui quando il venditore ne acquista la proprietà.
Obbligazione fondamentale del compratore è il pagamento del prezzo. Esso viene generalmente determinato nel contratto; esistono pur tuttavia altri modi di determinazione. Se le parti non hanno pattuito il
prezzo il contratto non è nullo in quanto supplisce l’art. 1474 CC12 (mancanza di determinazione espressa
del prezzo): il suddetto articolo sancisce che, qualora il contratto abbia per oggetto cose che il venditore
vende abitualmente, ci si riferirà al prezzo da egli normalmente praticato; qualora si tratti di cose aventi un
7
Art. 1470 Nozione: La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un
altro diritto (1376 e seguenti, 1476) verso il corrispettivo di un prezzo (1448, 1473 e seguente, 1498).
8
Art. 1326 Conclusione del contratto: Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (1335). L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente
necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi. Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché ne dia
immediatamente avviso all'altra parte. Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non
ha effetto se è data in forma diversa. Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.
9
Cass. 4 gennaio 1974, in Giust. Civ., Mass., 1974.
10
Cass. 14 febbraio 1966, n. 458, in Giust. Civ. Mass, 1966, 252; Cass. 31 Luglio 1952, n. 2458, in Foro It. Mass. 1952, 576.
11
Cass. 8/5/65, n. 864, in Giust. Civ. Mass. 1965, 450; Cass. 3/8/73, n. 2253, in Giust. Civ. Mass. 1973, 1184; Cass. 18/1/1974, n.
142, in Giust. Civ. Mass. 1974, 72.
12
Art. 1474 Mancanza di determinazione espressa del prezzo: Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente e le parti non hanno determinato il prezzo, né hanno convenuto il modo di determinarlo, né esso è stabilito per atto della
pubblica autorità (o da norme corporative), si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal
venditore. Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in
cui deve essere eseguita la consegna, o da quelli della piazza più vicina. Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si
applicano le disposizioni dei commi precedenti; e, quando non ricorrono i casi da essi previsti, il prezzo, in mancanza di accordo, è
determinato da un terzo, nominato a norma del secondo comma dell'articolo precedente (1561).
prezzo di borsa o mercato, il prezzo si desumerà dai listini o dalle mercuriali dal luogo in cui deve essere
eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina.
A) VENDITA AD EFFICACIA REALE ED OBBLIGATORIA
(TIPI DI VENDITA RIFERIBILI AI CANI)
so13.
Nella vendita ad efficacia reale l’effetto traslativo è immediato e conseguente al semplice consen-
Nella vendita dei cani un esempio di contratto reale (spesso ricorrente nella prassi) è dato dall’art.
939 degli usi di Varese I° comma( Allegato n.6)) che sancisce: “Il contratto si perfeziona di solito con una
stretta di mano (consenso) e con la consegna del cane al guinzaglio”.
Nella vendita obbligatoria, invece, sebbene si sia già formato il consenso, deve ancora realizzarsi un
ulteriore elemento: il trasferimento del diritto. In tale tipo di vendita possono sorgere subito altri effetti obbligatori definitivi, ma soprattutto sorge sempre, ed immediatamente, l’obbligazione di fare acquistare il
diritto al compratore ed anche questa obbligazione è un effetto definitivo. Infatti, l’inadempimento di
quest’ultima obbligazione legittima la risoluzione del contratto contro il venditore14.
Nell’ambito della vendita dei cani abbiamo due ipotesi di vendita obbligatoria quali: la vendita di cosa futura e la vendita a prova.
Altri tipi di contratto frequenti sono la vendita con riserva di gradimento e la vendita con spedizione.
B) – VENDITA DI COSA FUTURA – CONCETTO
È futura, ai sensi dell’art. 1472 CC15, quella cosa che non esiste al momento della stipulazione del
contratto, ma si spera o si prevede verrà ad esistenza, occorra o meno a tal fine un’attività dell’uomo.
Nella vendita di cosa futura l’acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza ed a tal fine va individuato il momento in cui si perfeziona il processo produttivo nelle sue componenti
essenziali. Per cosa futura si deve intendere il frutto, ossia un’entità che fisicamente può essere già prodotta
o in corso di maturazione.
La cosa futura può trovarsi “in rerum natura” ed anche nel più ristretto ambiente o luogo dal quale
dovrà essere separata.
Potrà essere possibile l’intervento umano attraverso una certa e specifica attività legata anche a causali leggi di natura; questa attività umana rappresenta un “posterius”, un qualcosa che viene dopo la conclusione del contratto; infatti, in questo momento la cosa non è isolabile e quindi non è giuridicamente esistente; ad esempio il cucciolo non è nato.
L’attuale inesistenza del bene non va confusa con l’ipotesi di impossibilità originaria del contratto:
questa si verificherà ogni qualvolta il bene alienato è in suscettibile di esistenza o di identificazione; infatti,
nella vendita di cosa futura la venuta ad esistenza del bene è un accadimento normalmente possibile.
L’impossibilità originaria del bene determina la nullità della vendita.
Siamo, piuttosto, dell’avviso del Bianca,16 in quanto se il bene alienato è identificabile e suscettibile
di venire ad esistenza, il vincolo contrattuale si costituisce, salva la possibilità del compratore di ricorrere
alla tutela contro l’inadempimento.
13
GIAN GUIDO SCALFI (1960). Corrispettività ad alea nei contratti, Istit. Edit. Cisalpino, Milano-Varese 1960, pag. 6 e segg.
DOMENICO RUBINO (1971). La compravendita, in: Trattato di Dir. Div. e Comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, Vol.
XXIII, in 8, pag. XVI-1150, Giuffrè Milano 1971, pag. 301
15
Art. 1472 Vendita di cose future: Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura (1348), l'acquisto della proprietà si verifica
non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando
gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati (820). Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio, la vendita è nulla, se la cosa non viene ad esistenza.
16
C.M. BIANCA, La Vendita e la Permuta, pagg. 331-332.
14
Generalmente la vendita di cosa futura è vendita di cosa specifica: infatti, la preventiva identificazione del bene è necessaria perché gli effetti traslativi della vendita dipendono da un concreto evento genetico,
produttivo della cosa.
Ciò non toglie che la vendita di cosa futura possa avere ad oggetto un cosa determinata solo nel genere. In questo caso di vendita, l’art. 1472 CC va posto in relazione con l’articolo 1378 CC17, concernente
la disciplina del trasferimento della proprietà delle cose determinate solo nel genere.
Determinante in tutti questi casi è il momento della individuazione, che di regola è quando la cosa
viene ad esistenza, ma non necessariamente si identifica con esso.
C) NATURA DELLA VENDITA DI COSA FUTURA
In tutti i casi di vendita obbligatoria si ha un contratto il cui effetto traslativo è differito ad un momento successivo alla conclusione del contratto, in quanto per il trapasso del diritto non basta il semplice
consenso, ma occorre il verificarsi di un ulteriore fatto. Tra le obbligazioni principali del venditore vi è
quella di far acquistare al compratore la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto (art. 1476, n. 2, CC18).
Confrontando l’art. 1476, n. 2, CC con l’art. 1472 CC possiamo riscontrare una notevole somiglianza. Infatti, l’art. 1472 CC, 1° comma, dispone: “Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura,
l’acquisto della proprietà si verifica in un momento successivo alla conclusione del contratto quando accade quel fatto ulteriore richiesto dallo stesso art. 1476, n. 2, CC (quando la cosa viene ad esistenza)”.
A tal punto serve una precisazione sull’art. 1472 CC. Esso considera unitariamente ogni fattispecie
nella quale la cosa non esiste attualmente, senza far differenza fra cosa che si produce da sé o prevalentemente da sé e cosa (certa) da prodursi dal venditore. Per il giurista è certo ciò che attualmente esiste o dovrà esistere perché già sussistono tutti gli elementi e le premesse ai quali la legge collega il verificarsi di un
certo evento; in questo senso va considerata la vendita di cosa inesistente, ma che certamente verrà ad esistenza in conseguenza di una certa attività che il soggetto si è impegnato a porre in essere19. Il contratto solitamente rientra nello schema della vendita generica.
Nell’emptio rei speratae, invece, il venire ad esistenza delle cose è soggetto a fattori naturali ed
umani che possono escludere o modificare il buon esito del contratto.
Tra la cosa certa e l’emptio rei speratae risulta evidente l’elemento differenziale: infatti, il venire ad
esistenza della cosa nella seconda ipotesi, e non nell’altra, è collegata a fatti estranei alla volontà dei contraenti. Tali fatti estranei possono essere determinanti nel far venire ad esistenza la cosa (ad es. frutti spontanei, anche se riteniamo che con la tecnica moderna si possa controllare, in parte, la stessa natura) o vi possono
influire.
Tenendo fermo il presupposto che la vendita di cosa futura si colloca nello schema della vendita obbligatoria, si avranno alcune differenze di atteggiamento in relazione alle tre ipotesi suddette, e precisamente:
I) Il venditore ha alienato una cosa di propria fabbricazione. In tal caso la fabbricazione di essa è “certa”;
non vi sarà sanzione di nullità quando essa non venga ad esistenza, ma semplicemente realizzerà un
inadempimento contrattuale.
II) Il venditore ha alienato cose la cui creazione è derivata in parte da fatti esterni. In tal caso gli elementi di
certezza, che caratterizzano la cosa nella prima ipotesi si attenuano notevolmente. Tuttavia, in questa
seconda ipotesi, non deve essere sottovalutata l’attività del venditore che è diretta a far sì che la cosa
venga ad esistenza. Secondo Greco-Cottino20 è proprio tale attività che avvicina quest’ultima ipotesi alla
prima.
17
Art. 1378 Trasferimento di cosa determinata solo nel genere: Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con l'individuazione fatta d'accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti (1465).
Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro, l'individuazione avviene anche mediante la consegna al
vettore (1678 e seguenti) o allo spedizioniere (1737 e seguenti).
18
Art. 1476 Obbligazioni principali del venditore: Le obbligazioni principali del venditore sono: 1) quella di consegnare la cosa al
compratore; 2) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l'acquisto non è effetto immediato del contratto (1376
e seguenti); 3) quella di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa.
19
Tale può essere la vendita di cose facenti parte della normale produzione del venditore, ad es. fabbricate in serie.
20
GRECO-COTTINO, La Vendita, pag. 86.
In conclusione possiamo asserire che la vendita di cosa futura, mentre è sempre ed incondizionatamente vendita obbligatoria nel caso di produzione propria, nel caso, invece, di emptio rei speratae, nei limiti in cui la venuta ad esistenza della cosa dipende da fattori esterni all’attività umana, esiste un parziale
condizionamento legato a tali fattori. In quest’ultimo caso per il trapasso del diritto, non bastando semplicemente il consenso, si starà in attesa di un presupposto per l’efficacia traslativa.
Quando invece la cosa non viene ad esistenza, e tale evenienza è posta a carico del compratore, la
vendita è a sorte (emptio spei). La vendita a sorte è la vendita di cosa futura dove il compratore assume il
rischio. Essa non si presume e data la sua eccezionalità essa deve risultare da una espressa volizione delle
parti e da clausole appositamente stabilite ed accettate.
Sia l’emptio rei speratae che l’emptio spei hanno un connotato unitario21, che giustificherebbe il disposto del capoverso dell’art. 1472 CC: “Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto
aleatorio la vendita è nulla se la cosa non viene ad esistenza”. Infatti, nella prima ipotesi se la cosa non
verrà ad esistenza il contratto sarà nullo, nella seconda, speculandosi dalle parti sulla incertezza della futura
esistenza della cosa ed essendo il rischio posto a carico del compratore, varrà la disciplina, richiamata dallo
stesso capoverso dell’articolo in esame, del contratto aleatorio.
In ogni caso rimane fermo il contratto e l’obbligo di pagarne il prezzo, calcolato in ragione del rischio che la cosa venga ad esistenza o meno.
D)
EFFETTO TRASLATIVO
Nella vendita di cosa futura la proprietà si acquista automaticamente col venire ad esistenza della cosa. Tale automatico trasferimento del diritto in capo al compratore è formulato espressamente dal legislatore22 (art. 1472 CC, I comma). Se la cosa è genericamente determinata l’effetto traslativo viene differito al
momento della individuazione23 .
Abbiamo già rilevato che nel contratto aleatorio (emptio spei) il prezzo sarà dovuto in ogni caso; se
vi è il silenzio delle parti si deve presumere un normale contratto commutativo e di conseguenza il prezzo
sarà dovuto solo se la cosa venga ad esistenza ed in quantità tale da soddisfare l’interesse del compratore24.
Una volta venuta ad esistenza la cosa, il venditore è tenuto alla garanzia per vizi e difetti di qualità25.
E)
APPLICAZIONE NELL’AMBITO DELLA VENDITA DEI CANI
Nell’ambito della vendita dei cani abbiamo un’ipotesi molto ricorrente di vendita di cosa (rectius cane) futura: la vendita del cucciolo non ancora nato.
Alla luce di quanto detto, a nostro avviso, tale ipotesi rientra nello schema dell’emptio rei speratae:
infatti, la nascita di un cucciolo dipende non solo da fatti naturali26 (quali ad esempio la fertilità della fattrice) ma anche da fatti umani (ad esempio l’accoppiamento, che generalmente, negli allevamenti presuppone
21
Stabilire se si tratta di emptio spei o emptio rei speratae o in genere di vendita di cosa futura è questione di fatto che attiene alla
interpretazione della volontà e quindi incensurabile in Cassazione. Se vi è dubbio se una vendita integri una emptio spei o una
emptio rei speratae si deve presumere questa ultima in quanto la emptio spei, contratto aleatorio, non può mai essere presunta attesa la sua eccezionalità, ma deve risultare da una espressa volizione delle parti e da clausole stabilite o accettate.
22
Ovviamente senza che ricorra una nuova attività delle parti: sul punto v. BIANCA, La Vendita e la Permuta, pag. 339.
23
RUBINO, La compravendita, pag. 187.
24
BIANCA, La vendita e la Permuta, pag. 351; GORLA, La compravendita e la permuta, pagg. 248/249
25
Anche nell’emptio rei speratae ed anche se lo si consideri un contratto in via di formazione. Se si considera un contratto in via di
formazione: RUBINO, La compravendita, pag. 191 e segg.. Il BIANCA, La vendita e la Permuta, pagg. 344-345, testualmente afferma: “con riguardo ai vizi e mancanze di qualità deve dirsi che, in quanto si tratti di difetti imputabili al venditore, essi esulano
dall’area del rischio assunto dal compratore. Tale imputabilità può fondarsi sul negligente svolgimento di attività preparatorie o
su deficienze dei beni strumentali. Nella vendita non aleatoria ha la possibilità di rifiutare i beni difettosi”.
26
Taluni potrebbero osservare che la nascita di un cane è fatto naturale. Questo è vero solo in parte, nell’ambito degli allevamenti
dei cani di razza pura dove solitamente, con serietà e metodo, gli accoppiamenti vengono studiati e i cani selezionati.
la scelta da parte dell’uomo del maschio e della femmina; le cure che potevano essere apprestate durante il
periodo di “calore” e di gravidanza).
Qualora il cucciolo nasca (venuta ad esistenza della cosa) si realizza il presupposto atteso per
l’efficacia traslativa del contratto e quindi si avrà il trasferimento automatico del diritto di proprietà in capo
al compratore.
Se il cucciolo non nasce (quindi la cosa venduta non viene ad esistenza) il contratto mancherà di oggetto e la vendita sarà nulla.
Qualora i contraenti abbiano voluto espressamente concludere un contratto aleatorio, a norma
dell’art. 1472 CC, 2° comma, il compratore si impegnerà a pagare incondizionatamente il prezzo, sia che il
cucciolo nasca o meno, sia che la qualità sia diversa da quella sperata o supposta.
La vendita di un cucciolo non ancora nato (emptio rei speratae) si trasformerà, quando il compratore
si accollerà, con patto espresso e con apposite clausole il rischio, in emptio spei e conseguentemente sarà
dovuto il pagamento del prezzo sia che il cucciolo nasca o meno.
Pur tuttavia la vendita di cucciolo non ancora nato non può considerarsi, in assoluto, rientrante nello
schema dell’emptio rei speratae: infatti, in determinati allevamenti la produzione annuale di cuccioli è tale
da ritenere che il cucciolo, nascerà.
A nostro avviso, nel caso in cui il compratore comperi in uno dei suddetti allevamenti il cucciolo non
ancora nato si dovranno seguire criteri determinati (quali: la espressa volontà contrattuale, la dimensione e
la produzione normale dell’allevamento) o determinabili in relazione al caso concreto.
Chiaramente in tutti i casi, l’attività dell’allevatore dovrà essere diretta a consentire che il cucciolo
venga ad esistenza.
F)
VENDITA A PROVA. NOZIONE
Altro contratto di vendita, spesso ricorrente, nell’ambito del commercio dei cani è la vendita a prova
(art. 1521 CC27). Questa si ha allorquando le parti subordinano la vendita alla condizione che la cosa abbia
i requisiti pattuiti o sia idonea all’uso cui è destinata, da accertarsi mediante prova (art. 1521, 1° comma).
Tale tipo di vendita implica l’esistenza di un contratto già concluso (ed impegnativo per entrambi le parti),
ma sottoposto ad una condizione sospensiva, salvo che le parti pattuiscano una condizione risolutiva.
Per aversi vendita a prova occorre che le parti abbiano voluto collegare la efficacia del contratto
all’accertamento dei requisiti della cosa. Tale volontà può essere espressa o implicita. La legge disciplina la
vendita a prova sotto la sezione II riservata alla vendita di cose mobili. Per le cose mobili è applicabile non
solo a quelle di specie, ma anche a quelle di genere. Quando le parti stabiliscono che per l’accertamento di
determinati requisiti debba essere compiuta la prova, essi vengono elevati al rango di condizione. La legge
presume che tale condizione sia sospensiva: gli effetti definitivi del contratto sorgono solo dopo che la prova sia stata compiuta ed abbia avuto esito positivo; se risulta negativa la condizione viene a mancare.
Prima della prova i rischi sono sopportati dal venditore: se la cosa perisce prima della prova, il venditore non ha diritto ad aver pagata la cosa (art. 1465, ultimo Comma28). Non sempre, però, il contratto si
scioglie: infatti ciascuna delle due parti può pretendere che la cosa venga sostituita con un’altra del medesimo genere, e sottoporre questa a prova. Ma le parti possono anche, esplicitamente od implicitamente,
pattuire la condizione risolutiva. Quando si tratta di condizione risolutiva, il rischio della cosa (a meno che
27
Art. 1521 Vendita a prova: La vendita a prova si presume fatta sotto la condizione sospensiva (1353 e seguenti) che la cosa abbia
le qualità pattuite o sia idonea all'uso a cui è destinata. La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità stabiliti dal
contratto o dagli usi.
28
Art. 1465 Contratto con effetti traslativi o costitutivi: Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero
costituiscono o trasferiscono diritti reali (1376), il perimento della cosa per una causa imputabile all'alienante non libera l'acquirente dall'obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.
La stessa disposizione si applica nel caso in cui l'effetto traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine.
Qualora oggetto del trasferimento sia una cosa determinata solo nel genere, l'acquirente non è liberato dall'obbligo di eseguire la
controprestazione, se l'alienante ha fatto la consegna o se la cosa è stata individuata (1378).
L'acquirente è in ogni caso liberato dalla sua obbligazione, se il trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e l'impossibilità è sopravvenuta prima che si verifichi la condizione (1360).
questa sia ancora generica), grava sul compratore: se la cosa perisce prima della prova, il compratore non
può ripetere il prezzo e deve pagarlo se ancora non lo ha fatto.
G)
LA PROVA
La prova è un atto di accertamento (atto in senso stretto) diretto a verificare i requisiti della cosa
pattuiti tra le parti. L’art. 1521 CC, 2° comma, sancisce che “la prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità stabilite dal contratto o dagli usi”. Il rinvio a questi ultimi consente di colmare l’eventuale
vuoto lasciato dalla disciplina convenzionale.
La prova, quindi, va eseguita con le modalità convenute dalle parti. Nel loro silenzio sono decisive le
circostanze del caso concreto e soprattutto la natura della cosa e dei requisiti pattuiti.
Nella vendita dei cani, per esempio da caccia, la prova si concretizzerà nell’accertamento delle qualità naturali e nella idoneità alla caccia, alla ferma ed alla non paura del fucile.
Qualora le parti implicitamente od esplicitamente non abbiano disposto contrattualmente le modalità,
si avrà, in via subordinata, riguardo agli usi.
Altrettanto va detto per il luogo della prova. Se il contratto non dispone, oltre alle circostanze anzidette (circostanze concrete e soprattutto natura della cosa e dei requisiti pattuiti), bisogna aver riguardo alla
qualità dei contraenti. Qualora in tal senso non esistano indizi è da presumere che, fin quando la cosa si
trova presso il venditore, la prova va fatto presso di lui.
Per quanto riguarda i cani riteniamo che generalmente il luogo della prova sia presso il compratore;
può essere anche presso il venditore: questo avviene solitamente quando, dopo la conclusione del contratto,
viene immediatamente (o quasi) eseguita la prova.
Anche per quanto concerne il tempo, in cui la prova va eseguita o la durata di essa , si deve aver riguardo alle clausole del contratto o alle circostanze del caso concreto ed, in via subordinata, agli usi. La
prova può consistere in uno o più esperimenti.
La prova nei cani, generalmente, è costituita da più esperimenti. Per soddisfare questa necessità, il
cane deve rimanere presso il compratore per un dato periodo di tempo (ed infatti come sopra detto, riteniamo che il luogo della prova, nella maggioranza dei casi, sia presso il compratore).
Ma la prova può consistere anche in un solo esperimento. Questo, per i cani, avviene solitamente
quando viene compiuta presso il venditore, subito dopo la conclusione del contratto.
Inoltre, la prova può essere compiuta dal compratore, ma alla presenza del venditore, o solo dal
compratore senza l’intervento del venditore.
Le modalità convenute dalle parti sono elementi essenziali della prova: una prova compiuta in modo
anche parzialmente diverso, non può ritenersi la prova pattuita e, pertanto, non ha alcun valore e deve considerarsi come non eseguita.
Qualora il contratto non disponga in tutto o in parte sulle modalità ed i termini per eseguire la prova
si avrà riguardo esclusivamente o parzialmente agli usi.
Nell’ambito della vendita dei cani potrà essere applicato l’art. 939 (conclusione del contratto e vendita a prova) degli usi di Varese, in mancanza di un esplicito od implicito accordo fra le parti. Il suddetto
articolo sancisce: “la vendita può essere subordinata, anche se il prezzo è concordato, ad una prova eseguita alla presenza dei due contraenti. Il compratore, con l’accordo del venditore, prova il cane per l’uso
per cui è stato acquistato, trattenendolo presso di sé per un periodo di otto giorni, salvo altri patti che devono essere messi per iscritto. Se alla prova il cane non dimostra le qualità pattuite o si mostra inidoneo
all’uso a cui è destinato, il compratore lo restituisce al venditore, il quale deve rimborsargli l’acconto ricevuto, restando a carico del compratore le spese di mantenimento per tutto il periodo di prova”. Tale
norma spiega come generalmente avviene o può avvenire una vendita a prova nell’ambito dei cani.
La valutazione della prova non dipende dall’arbitrio – o dalle aspettative – del compratore, ma dal
suo esito obiettivo, a seconda che risultino o meno accertate le qualità pattuite o la idoneità all’uso.
Una volta eseguita la prova non è necessario comunicare l’esito della prova al contraente che non vi
ha presenziato: gli effetti del contratto si verificano ugualmente. Chiaramente il venditore, se trascorso il
termine della prova, non gli è ancora stato comunicato l’esito, può presumere una accettazione tacita.
Ma se l’esito è negativo, è difficile che il silenzio del compratore possa comportare accettazione tacita della cosa.
L’esito della prova deve essere comunicato al venditore soprattutto se questo non ha presenziato alla
prova. Se il compratore, quando l’esito è negativo non lo comunica a tempo debito, visto che la prova produce ugualmente i suoi effetti, dovrà risarcire al venditore gli eventuali danni da questi subiti per aver ritenuto ormai perfezionato il contratto a causa di quella omessa o ritardata comunicazione.
Il venditore ha l’obbligo di porre il compratore in grado di compiere la prova.
Per il compratore, invece, si oscilla tra la configurazione dell’obbligo e quella dell’onere.
La prima soluzione appare preferibile; infatti il compratore ha l’obbligo di prestarsi alla prova come
specifica e diretta conseguenza del contratto. Inoltre, la stessa prova è una delle possibili manifestazioni del
generico obbligo che il contraente sotto condizione ha “di comportarsi secondo buona fede per conservare
integre le ragioni dell’altra parte (art. 1358 CC29)”.
Il compratore inoltre può rinunciare alla prova, perché questa è un suo diritto ed è stata pattuita nel
suo interesse; con tale rinuncia la vendita diventa pienamente efficace.
Il buon esito della prova è solo un presupposto dell’efficacia del contratto, ma non ne rappresenta
l’adempimento.
Se la prova ha esito positivo , la condizione sospensiva si avvera e tutti gli effetti del contratto si
considerano sorti dal giorno stesso della sua conclusione. Se, invece, era stata pattuita una condizione risolutiva, e la condizione “manca” il contratto rimane definitivamente efficace. Se la prova ha esito negativo si
verificano gli effetti opposti.
Il contratto cade senz’altro se si tratta di cosa infungibile; se la cosa è stata individuata, ma è fungibile, ciascuna della parti può chiedere la sua sostituzione e di rinnovare la prova. Ciò vale anche quando la
cosa sia il cane.
In breve, le parti debbono compiere quanto occorre secondo le regole della diligenza e della buona
fede (art. 1358-1375 CC30), per l’esecuzione e la riuscita della prova. Se è stato il venditore ad impedirla, il
29
Art. 1358 Comportamento delle parti nello stato dipendenza: Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona
fede per conservare integre le ragioni dell'altra parte (1175, 1375).
30
Art. 1359 Avveramento della condizione: La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla
parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa.
Art. 1360 Retroattività della condizione: Gli effetti dell'avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso (646). Se però la condizione risolutiva è apposta a un contratto ad esecuzione continuata o periodica, l'avveramento di essa, in mancanza di patto contrario, non ha effetto riguardo alle prestazioni già eseguite (1465, 2655).
Art. 1361 Atti di amministrazione: L'avveramento della condizione non pregiudica la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della condizione stessa, spettava l'esercizio del diritto. Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si è avverata (646)
Art. 1362 Intenzione dei contraenti: Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e
non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.
Art. 1363 Interpretazione complessiva delle clausole: Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto (1419).
Art. 1364 Espressioni generali: Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti
sui quali le parti si sono proposte di contrattare.
Art. 1365 Indicazioni esemplificative: Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono
esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può estendersi lo stesso patto.
Art. 1366 Interpretazione di buona fede: Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede (1337,1371,1375).
Art. 1367 Conservazione del contratto: Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono
avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (1424).
Art. 1368 Pratiche generali interpretative: Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in
cui il contratto è stato concluso. Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore (2082), le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell'impresa.
Art. 1369 Espressioni con più sensi: Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più
conveniente alla natura e all'oggetto del contratto.
Art. 1370 Interpretazione contro l'autore della clausola:Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto (1341) o in moduli
o formulari (1342) predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro.
Art. 1371 Regole finali: Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo (1362 e seguenti), il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l'equo
contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso.
Art. 1372 Efficacia del contratto: Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per
cause ammesse dalla legge (1671, 2227). Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge (1239,
1300 e seguente, 1411, 1678, 1737).
Art. 1373 Recesso unilaterale: Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata
finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può
compratore, oltre poter chiedere la consegna della cosa per la esecuzione del contratto, può chiedere il risarcimento dei danni; nell’ipotesi contraria sarà il venditore a chiedere il risarcimento del danno, sia pure
nei limiti dell’interesse negativo. In entrambi i casi le parti possono o considerare mancata la condizione,
ovvero invocare l’art. 1359 CC reputando la condizione come verificata.
Il risultato positivo della prova non fa venir meno tutti gli obblighi del venditore, compresa la garanzia.
Non la prova, ma l’esistenza di determinati requisiti è la condizione; la prova rappresenta l’unico
strumento stragiudiziale per accertarli. L’esito positivo della prova non fa venire meno la garanzia per i vizi
e i difetti.
H) VENDITA CON RISERVA DI GRADIMENTO
La riserva di gradimento si presenta come una clausola che fa dipendere il perfezionamento della
vendita da un atto di gradimento del bene da parte del compratore.
Nella previsione normativa la vendita non si perfeziona, con effetto ex nunc, finché il gradimento
non venga comunicato al venditore (art. 1520 CC31). In questo tipo di vendita il compratore ha una facoltà
assolutamente discrezionale. Non si tratta, infatti, di stabilire se la merce corrisponda o meno ai requisiti
pattuiti e di rifiutarla per mancato adempimento del venditore, ma si fa una semplice questione di “gusto”
del compratore. La vendita con riserva di gradimento non è sottoposta a condizione in quanto questo contrasterebbe con la precisa disposizione di legge che indica tale tipo di vendita come non ancora perfezionato.
Un attuale orientamento, a nostro avviso esatto, ravvisa, nella vendita con clausola di gradimento,
un’ipotesi di opzione.
“La congruità di tale inquadramento – scrive il Bianca – deve ammettersi nell’intendimento
dell’opzione come un compiuto regolamento contrattuale, che attribuisce all’optante il diritto potestativo di
dare seguito al contratto finale attraverso un distinto atto negoziale unilaterale e recettizio”.
La vendita con riserva di gradimento non si limita, per altro, ad attribuire una opzione al compratore:
essa prevede infatti un “esame della cosa” a seguito del quale l’acquirente manifesta il suo giudizio di gradimento o di mancato gradimento. Abbiamo visto che di regola il gradimento al venditore deve essere
“comunicato” dal compratore. Se però la cosa si trova presso questo ultimo, e questi non si pronuncia nel
termine stabilito dal contratto, o dagli usi o in mancanza entro un termine congruo fissato dal venditore, la
cosa si considera senz’altro di suo gradimento e il contratto perfezionato (art. 1520 CC, 3° comma).
Il cane, nel caso di specie, si troverà presso il compratore quando questi lo ritiri dall’allevamento, riservandosi di esprimere, entro un determinato termine, il suo gradimento, per un complesso di ragioni,
quali ad es. il voler constatare l’affettuosità o la docilità con le persone o con gli altri cani (ipotesi possibile
anche se non frequente).
Si troverà sempre presso il compratore il cane spedito (ad esempio per aereo) con la riserva di gradimento da comunicare al venditore entro un breve termine dal ricevimento.
Il compratore avrà il compito di comunicare all’allevatore il suo gradimento o il suo mancato gradimento. Se entro il termine fissato non si pronuncia, il cane si presumerà di suo gradimento ed il contratto si
perfezionerà.
Se l’esame della cosa si deve fare presso il venditore, questi è liberato qualora, entro tale termine, il
compratore non vi proceda (art. 1520, 2° comma).
essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (1569,
1612 e seguenti, 1671, 2227). Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la
prestazione è eseguita. È salvo in ogni caso il patto contrario.
Art. 1374 Integrazione del contratto: Il contratto obbliga le parti non solo a quanto e nel medesimo espresso, ma anche a tutte le
conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità.
Art. 1375 Esecuzione di buona fede: Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede (1337,1358,1366, 1460).
31
Art. 1520 Vendita con riserva di gradimento: Quando si vendono cose con riserva di gradimento da parte del compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento non sia comunicato al venditore (1353 e seguenti).
Se l'esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal
contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore.
Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento.
Qualora il compratore non compia l’esame nel termine prescritto, l’allevatore è liberato; se invece lo
compirà nel termine, l’esito potrà essere positivo o negativo, con le relative conseguenze.
Dal coordinamento del 2° e 3° comma dell’art. 1520 CC, si desume che il gradimento deve poter essere dato dal compratore, tramite la consegna della cosa da parte del venditore.
Determinatosi il perfezionamento del contratto, non può essere esclusa l’azione redibitoria sia per vizi che per difetti di qualità.
Dovrebbero essere esclusi dalla garanzia tutti quei vizi e difetti che il compratore ha riconosciuto o
poteva riconoscere, in quanto, dopo un esame “ad hoc”, ha gradito ugualmente la cosa.
Diversamente dalla vendita a prova, negli usi di Varese, in relazione ai cani, non rinveniamo norme
che disciplinano la vendita con riserva di gradimento; le modalità dovranno quindi essere convenute dalle
parti nel contratto.
L’art. 1520 CC può trovare applicazione qualora si tratti di cuccioli o cuccioloni (generalmente non
addestrati alla caccia o alla guardia, etc.), non nella vendita dei cani adulti o cuccioloni già addestrati dove,
solitamente, la disciplina è quella della vendita a prova.
I)
VENDITA CON SPEDIZIONE. DELIMITAZIONE
DELLA FIGURA
Le parti possono provvedere al trasporto in quattro modi diversi, che danno luogo ad altrettante ipotesi giuridicamente distinte.
A) Può provvedervi il compratore sia giuridicamente (cioè quando non venga addossata alcuna obbligazione al venditore) che materialmente, nel senso che non si avvale in alcun modo del venditore o di un suo
incaricato. Tale tipo di ipotesi ricorre allorché non venga fatto, nel contratto, alcun riferimento ad un
trasporto da un luogo ad un altro.
Tale riferimento non può essere considerato sempre “sic et sempliciter” implicito: esso deve essere desunto da circostanze concrete (quali ad esempio il luogo dove la cosa si trova alla conclusione del contratto e dalla natura delle cose). Per stabilire se le parti abbiano scelto questo tipo di trasporto deve essere interpretata la loro volontà. Ai sensi dell’art. 1510 CC32 la consegna avviene nel luogo dove la cosa si
trova al momento della vendita con la conseguenza che tutti i rischi e le spese vengono sopportati dal
compratore. Qualora le parti non sono a conoscenza del luogo, la consegna avviene nel luogo ove il
venditore ha il suo domicilio.
Questa ipotesi ricorre quando il compratore si rechi presso l’allevatore e ritiri il cucciolo o il cane trasportandolo ad esempio con la sua automobile.
B) Convenendosi che la consegna avvenga nel luogo in cui la cosa si trova alla conclusione della vendita si
può, nel contratto, aggiungere l’incarico al venditore di trasportare o fare trasportare la cosa dopo la
consegna in un altro determinato luogo.
In questo caso il trasporto non è un modo di eseguire la consegna, ma un’operazione successiva ed ulteriore a questa. Infatti, nella fattispecie la consegna è già avvenuta e sorge una obbligazione accessoria
alla vendita.
C) Le parti possono convenire che la cosa debba essere consegnata in un luogo diverso da quello della conclusione del contratto.
Questa è la vendita con consegna all’arrivo, che rappresenta una deroga all’art. 1510, II comma. Il trasporto, in questo caso, si deve considerare una attività preparatoria alla consegna e rientrante
nell’obbligazione di consegnare.
Il Rubino sostiene che in questo caso si dovrebbe presumere che le parti, con la clausola di consegna
all’arrivo intendano derogare alle regole legislative sulla sopportazione del rischio del trasporto, addossandolo al venditore sino al momento della consegna all’arrivo.
32
Art. 1510 Luogo della consegna: In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove
questa si trovava al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza (1182), ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo
domicilio o la sede dell'impresa. Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all'altro, il venditore si libera dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore (1678 e seguenti) o allo spedizioniere (1737 e seguenti); le
spese del trasporto sono a carico del compratore (1475).
La clausola senza questo significato risulterebbe priva della maggior parte del suo valore dato che anche
l’altro possibile effetto di essa (cioè l’accollo delle spese del trasporto al venditore) può essere ottenuto
con una delle apposite clausole producenti solo questo effetto (ad esempio franco stazione d’arrivo,
franco consegna arrivo o franco destino).
D) La quarta ipotesi possibile è quella della vera e propria vendita con spedizione. Essa ricorre quando le
parti stabiliscono che la consegna al compratore venga fatta tramite il vettore o lo spedizioniere (art.
1510, 2° comma). La natura giuridica di tale tipo di vendita sta nell’adempiere, da parte del venditore,
all’obbligazione di consegnare la cosa al vettore o allo spedizioniere.
In tale tipo di vendita la spedizione costituisce una modalità esecutiva della vendita.
Dell’inadempimento del vettore, il venditore non ne risponde, tranne che vi sia stata sua colpa per aver
affidato la cosa ad un vettore diverso da quello convenuto od inidoneo.
Il momento di affidamento al vettore vale sia come momento esecutivo della consegna (art. 1510 CC, 2°
comma), sia come individuazione della cosa generica (art. 1378 CC).
Tale ipotesi è quella che ricorre più frequentemente nell’ambito della vendita dei cani.
Le parti sono libere di scegliere fra le quattro modalità di consegna della cosa; stabilire, poi, se è stata
adottata l’una o l’altra è una questione di interpretazione della volontà da parte del giudice, la cui decisione che se sostenuta da adeguate motivazioni, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
L)
CLAUSOLE NELLA VENDITA CON SPEDIZIONE
L’obbligazione di consegnare si esaurisce con la consegna al vettore. Al trasporto, non essendo un
modo per eseguire la consegna, non può trovare applicazione il principio generale che le spese
dell’adempimento sono a carico del venditore (art. 1196 CC33), ma sarà logico che le spese di trasporto siano a carico del compratore (art. 1510, 2° comma), il quale deve rimborsarle al venditore, se questo ultimo
ha pagato il vettore anticipatamente. Possono, invece, gravare sul compratore nel caso di spedizione con la
clausola “porto assegnato”.
L’onere delle spese di trasporto può essere modificato o addirittura invertito da usi o apposite clausole contrattuali.
Gli usi di Varese nel capitolo riguardante il cane, all’art. 940 (rischio e spese di trasporto), sanciscono che se il cane è spedito dal venditore, la consegna si intende a spese ed a rischio di questi. Tale norma
sembra una deroga al principio stabilito dall’art. 1510 CC, 2° comma che stabilisce che il venditore si libera dell’obbligo della consegna rimettendo questa la vettore.
M)
LA GARANZIA PER I VIZI
L’art. 1511 CC34 sancisce che “nella vendita di cose da trasportare da un luogo ad un altro, il termine per la denuncia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti decorre dal giorno del ricevimento”.
È un corollario della disciplina normativa nella vendita fra piazze diverse, in cui l’affidamento al
vettore o spedizioniere non realizza una consegna in senso proprio e tecnico, ma solo un’operazione equiparata dalla legge.
Infatti, il vettore è un ausiliario del compratore dal quale riceve la consegna della cosa; egli, pur tuttavia, non ha il potere di verificare la cosa o di rifiutarla o di far valere i vizi per impedire la decadenza
dalla garanzia, quando si tratti di vizi apparenti.
33
Art. 1196 Spese del pagamento: Le spese del pagamento sono a carico del debitore (204, 672, 1215, 1245, 1475).
Art. 1511 Denunzia nella vendita di cose da trasportare: Nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro, il termine
(1495) per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti decorre dal giorno del ricevimento (att. 172).
34
4. GARANZIA
A)
LA VENDITA DEGLI ANIMALI ED IN PARTICOLARE
DEI CANI
L’art. 1496 CC35, unica norma che si riferisce alla vendita di animali, sancisce: “nella vendita di
animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure
questi dispongono, si osservano le norme che precedono”. In questo modo il Codice Civile ha introdotto una
gerarchia delle fonti: la legge speciale, l’uso, la disciplina degli artt. 1490 e seguenti36.
Seguendo tale gerarchia qualora un determinato vizio sia previsto e specificatamente regolamentato
da una norma consuetudinaria, mancando una legislazione speciale, la disciplina sarà dettata dagli usi.
Non basta però per applicare la legge speciale o l’uso ed escludere l’intervento della legge in generale,
che una di esse contempli per qualche aspetto la materia, occorre che venga disciplinato quel particolare vizio.
L’art. 1496 CC ha il vantaggio di rendere applicabile, sia pure solo in terzo grado, le norme del Codice Civile sulla garanzia, cosa che non faceva l’art. 1505 CC, ultimo Comma, del 1865 che, pertanto, lasciava una grande lacuna quando mancavano, oltre alle leggi speciali, gli usi locali.
Le norme di terzo grado sono non solo le norme del Codice Civile in materia di garanzia di vizi, ma
ogni altra norma, che possa trovare applicazione in questa materia. Le leggi speciali previste all’art. 1496
CC e che occupano il primo posto nella graduatoria, devono riferirsi specificatamente agli animali. Infatti,
quelle leggi che possono essere speciali, ma che si occupano di qualsiasi cosa e che possono applicarsi anche agli animali, stanno al terzo posto nella graduatoria come le norme del Codice Civile.
Nell’ambito cinofilo particolare importanza rivestono gli usi della Provincia di Varese dove sono inseriti i contratti di compravendita dei cani di pura razza.
Il contratto – secondo l’art. 937 degli usi di Varese – di regola verbale, ha per oggetto cuccioli, cuccioloni (soggetti slattati fino all’età della riproduzione), soggetti adulti (in età di produzione), soggetti addestrati nelle diverse specialità.
Il venditore con la frase: “il cane ha certificato” (art. 944) offre la garanzia che i soggetti sono o saranno in possesso del certificato di iscrizione al Libro Origini Italiano, tenuto dall’ENCI entro l’anno di
età.
Sono ammessi contratti con le formule “venduto a botta”, “Lo vendo così com’è”, che escludono
qualsiasi garanzia (art. 945). Solitamente il venditore garantisce il cane venduto da tutti i vizi o difetti sia
occulti che apparenti: tale tipo di vendita può essere caratterizzata dalla usuale frase, “Il cane lo vendo giu35
Art. 1496 Vendita di animali: Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli
usi locali. Se neppure questi dispongono, si osservano le norme che precedono (1490 e seguenti).
36
Art. 1490 Garanzia per i vizi della cosa venduta: Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la
rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il patto con cui si esclude o si limita la
garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa (1229).
Art. 1491 Esclusione della garanzia: Non è dovuta la garanzia (1490) se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi
della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato
che la cosa era esente da vizi.
Art. 1492 Effetti della garanzia: Nei casi indicati dall'art. 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto (1453 e seguenti) ovvero la riduzione del prezzo, salvo, che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione. La scelta è
irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale. Se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto; se invece è perita per caso fortuito o per colpa del compratore, o se questi l'ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione del prezzo.
Art. 1493 Effetti della risoluzione del contratto: In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita (1475). Il compratore deve restituire la cosa, se questa
non è perita in conseguenza dei vizi.
Art. 1494 Risarcimento del danno: In ogni caso il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno (1223), se non
prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa. Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.
Art. 1495 Termini e condizioni per l'azione: Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro
otto giorni dalla scoperta (1511), salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge. La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio o l'ha occultato. L'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il
compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato
denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna (1522; att. 172).
sto e sano da galantuomo”. Per vizi e difetti apparenti si intendono la malformazioni di nascita o acquisite
che devono essere fatte notare al compratore. Una peculiarità di tali usi è quella di far decorrere l’onere
della denuncia dalla consegna del cane, anziché dalla scoperta del vizio e prevede un variabile e breve termine di decadenza, sempre decorrente dalla consegna, a seconda del vizio. Infatti secondo l’art. 946 vengono considerati vizi che determinano la risoluzione del contratto:
1) malattia acuta febbrile in atto;
2) rabbia;
3) cimurro del cane;
4) epatite infettiva del cane;
5) leptospirosi del cane;
6) rogna;
7) micosi e tricofitosi;
8) tubercolosi clinicamente manifesta;
9) tetano;
10) piroplasmosi;
11) toxoplasmosi;
12) tosse infettiva da canile;
13) malformazioni palesi;
14) rachitismo;
15) osteomielite;
16) epilessia;
17) malformazioni nascoste;
18) displasia dell’anca (per i cani acquistati almeno a 5 mesi di età).
L’art. 947 sancisce: “Per i vizi di cui al numero 1 dell’art. 946 la garanzia è di un giorno. Per i vizi ai
numeri 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 15 dell’art. 946, il periodo di garanzia è di 8 giorni. Per i
vizi di cui ai numeri 16, 17 e 18 dell’art. 946 il periodo di garanzia è di 30 giorni. La garanzia decorre dal
giorno della consegna del cane.” “Il compratore che intende denunciare il vizio riscontrato deve avvertire il
venditore, e comunque entro i termini previsti dall’art. 947, il compratore deve fare la denuncia per iscritto
o con telegramma, o lettera raccomandata o con citazione giudiziaria. In essa si deve indicare non solo la
natura del vizio, ma anche il momento nel quale è stato rilevato. La denuncia deve essere accompagnata da
certificato veterinario (art. 948)”.
La diversa durata dei termini di decadenza previsto da tale Raccolta Ufficiale di Usi va posta in relazione con il diverso periodo di incubazione delle malattie.
In senso contrario si è espressa la Cassazione nella sentenza n. 599 del 1954 dove ha ritenuto, nella
vendita di animali, illegittimo e, pertanto, non applicabile l’uso locale che fa decorrere il termine per la denuncia dei vizi occulti dalla consegna dell’animale, anziché dalla scoperta del vizio.
Gli usi possono derogare anche alle specifiche norme cogenti, cioè inderogabili dei singoli contratti;
tuttavia non possono derogare ai principi generali dell’ordine pubblico e a quelli del buon costume. Gli usi
a cui si deve aver riguardo sono quelli del luogo in cui il vizio si è manifestato.
Ci si chiede se gli usi di Varese siano applicabili in tutto il territorio nazionale, non esistendo, secondo le nostre informazioni, in nessuna altra Provincia italiana usi di tal genere. È bene innanzitutto, evidenziare che l’uso richiamato nell’art. 1496 C.C. è una consuetudine “secundum legem” perché la pratica sociale generale e costante acquista valore di norma giuridica in quanto esplicitamente richiamata come giuridicamente vincolante da altra norma giuridica posta in essere dalla normativa statale. Si tratta di uso normativo o giuridico, operante come diritto oggettivo, che lo stesso art. 1496 C.C. ha posto, nella gerarchia
delle fonti, dopo la legge speciale e prima degli artt. 1490 e seguenti. Per avere un uso normativo o giuridico devono ricorrere due elementi: l’uno esteriore e materiale (l’usus), costituito da un mero fatto consistente nella ripetizione uniforme e costante di un dato comportamento; l’altro psicologico, rappresentato
dalla convinzione di osservare una norma giuridica (opinio iuris seu necessitatis).
È bene anche precisare che incombe alla parte, che allega l’uso o la consuetudine, dimostrarne
l’esistenza attraverso qualsiasi tipo di prova, non essendo compito del giudice averne conoscenza d’ufficio.
Infatti, solo se gli usi sono noti, il giudice può applicarli senza richiederne la prova.
Agli effetti della prova dell’esistenza dell’uso è sufficiente dimostrare la sussistenza di una pratica
generale e costante di una determinata situazione oggettiva. Quelle norme contenute nel Regolamento Provinciale degli usi di Varese seguite con la convinzione che rappresentino una norma di diritto dai cinofili
italiani possono essere estendibili a tutto il territorio nazionale, assumendo, così, la veste di usi nazionali.
Le leggi speciali e gli usi non sono estendibili, per analogia, a categorie di animali o a vizi diversi da quelli
previsti da ciò consegue che in loro difetto subentrano le norme del Codice Civile.
Ci sembra esatto rilevare che vi sono dei vizi che la raccolta provinciale degli usi di Varese non
menziona nell’elenco previsto dall’art. 946, quali a titolo esemplificativo la parvovirosi. Quest’ultima nei
primi anni ’80 e cioè al momento del suo arrivo in Italia manifestava i suoi sintomi in forma enterica, provocando una mortalità variabile fra il 10-70% nei cuccioli ed in forma cardiaca con mortalità del 70-80%.
Per tale malattia si applicherà l’art. 1495 CC
Gli usi di Varese indicano anche la displasia, (lussazione congenita dell’anca) quale vizio che determina la risoluzione del contratto limitatamente per i soggetti venduti dopo il quinto mese di età (art. 947
comma 3°) con un periodo di garanzia di 30 giorni. Gli usi sembrano escludere la garanzia per i cuccioli
venduti dal 2° al 5° mese di età:
L’elenco delle malattie, che comportano la risoluzione del contratto, negli usi di Varese, come tutti
quelli che si rinvengono nelle consuetudini locali, seppure analitico, non è completo. Secondo il Bianca tali
elenchi non sono completi, né tassativi e qualora il vizio non sia espressamente contemplato troverà applicazione la comune disciplina normativa della garanzia
Effettivamente le regole consuetudinarie sono poste ed appropriate ai singoli vizi considerati. Nei casi in cui la malattia non sia prevista nell’elenco dei vizi, ci sembra opportuno e logico, da parte
dell’interprete, tener presente il periodo di incubazione e/o la sua manifestazione.
B) VIZI, MANCANZA DI QUALITÀ ED “ALIUD PRO ALIO”.
Si considera vizio l’imperfezione inerente al processo di produzione, di fabbricazione, di formazione,
di conservazione della cosa.
I vizi sono innumerevoli, di razza, di materia, ecc.. Sussiste invece difetto di qualità, quando la cosa
rientri per la sua natura o per gli elementi che la caratterizzano in un tipo o specie diversi dal pattuito; ed
aliud pro alio, allorché la cosa sia completamente diversa da quella contrattata, cioè appartenente ad un genere diverso, o non soddisfi le esigenze economico-sociali per cui è stata acquistata. Il Rubino propone un
criterio distintivo fra qualità essenziale e vizio, basato sull’accertamento della presenza di tutte le qualità
essenziali, che sono tassative e quindi elencabili positivamente, con la conseguenza che ogni altra imperfezione che la cosa presenti sarà senz’altro un vizio (i quali essendo innumerevoli, possono essere delimitati
solo negativamente). Nel nostro codice civile non esistono differenze di disciplina fra vizi e mancanze di
qualità, estendendo a queste ultime l’onere della denuncia e i termini di decadenza e prescrizione propri dei
vizi.
1) VIZI
Il vizio redibitorio è caratterizzato da due aspetti fissati negativamente; esso è qualsiasi difetto che
non importi mancanza di qualità essenziali e la cui esclusione non sia stata specificatamente pattuita. Ci
sembra importante accennare alla distinzione fra vizi occulti e vizi riconoscibili. Per vizi riconoscibili si
intendono i “vizi” facilmente riconoscibili che il compratore, usando una diligenza minima, avrebbe dovuto
vedere, con un certo esame della cosa anche se profano in materia. La garanzia invece sarà dovuta se il vizio era facilmente riconoscibile da un tecnico e non da un profano.
Quindi la garanzia per i vizi facilmente riconoscibili muterà se l’acquirente è un tecnico od un profano e se il vizio è tecnico o accertabile mediante la diligenza minima dell’uomo medio. Inoltre per stabilire
se un vizio era facilmente riconoscibile bisogna aver riguardo allo stato in cui la cosa si trovava al momento della conclusione del contratto e non in quello in cui la cosa venga a trovarsi in seguito.
Nel caso di vendita di un cane affetto per esempio da rogna, rachitismo, ecc…, che sono vizi facilmente riconoscibili da un tecnico (quale può essere un allevatore o da un veterinario ecc.) la garanzia non
sussisterà. Al contrario, per l’acquirente profano sarà applicabile.
L’acquirente non deve effettuare una vera verifica: egli controlla e vede ciò che il venditore gli fa
vedere ed è chiaro che, se vi è un vizio facilmente riconoscibile, egli lo dovrà eccepire. Anche per i vizi facilmente riconoscibili è dovuta la garanzia se il venditore ha dichiarato la cosa immune da vizi (art. 1491
CC): la dichiarazione del venditore deve essere seria e fatta con valore di impegno giuridico e, pertanto,
non avranno valore le usuali lodi che il venditore fa alla cosa (c.d. dolus boni). Dai vizi riconoscibili vanno
distinti i vizi apparenti: questi sono obiettivamente riconoscibili; i primi, che sono un sottospecie dei secondi, si hanno quando alla riconoscibilità obiettiva si aggiunge quella subiettiva, cioè quando il compratore aveva già visto la cosa prima del contratto o al momento di questo. La suddetta distinzione è offerta
dall’art. 1511 CC il quale dispone: “nella vendita di cose da trasportare da un luogo ad un altro, il termine
per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti decorre dal giorno del ricevimento”. Per vizi apparenti, che sono quelli rilevabili “ictu oculi”, il termine per la denuncia è di 8 giorni e decorre sempre dal ricevimento sia che la cosa sia consegnata al compratore personalmente, sia ad un suo rappresentante.
Chiaramente se la garanzia è esclusa per i vizi facilmente riconoscibili a maggior ragione sarà esclusa per quelli apparenti.
I vizi occulti sono, per esclusione, quelli non apparenti e non facilmente riconoscibili. Nell’ambito
della vendita di animali, nel caso di specie “cani”, abbiamo visto che gli usi, nella gerarchia delle fonti, sono anteposti alla normativa del codice. I vari termini posti per le malattie dagli usi di Varese decorrono
dalla consegna del cane, prescindendo dal tipo di vizio.
Determinate malattie potrebbero essere considerate vizi occulti che decorso un certo periodo (c.d. incubazione) manifestano i propri sintomi per cui non possono essere considerate più tali. È il caso del cimurro, dell’epatite, della leptospirosi, del tetano, della piroplasmosi, della toxoplasmosi, della tosse infettiva da
canile e di altre malattie.
Chiaramente vi sono dei vizi occulti non compresi in tale elenco come per esempio la displasia dal 2°
al 5° mese, il criptorchidismo, ecc., ma quasi tutti questi difetti si manifestano prima dell’anno di età per
cui entro tale termine deve avvenire la denuncia del vizio negli otto giorni dalla sua manifestazione ex art.
1495 C.C. richiamato dall’art. 1496 C.C.. A tal proposito è bene precisare che la prescrizione dell’azione è
fissata in un anno dalla consegna ex art. 1495 C.C.
Oltre alle malattie suddette, che possono essere considerati vizi occulti che trascorso un determinato
periodo di tempo si manifestano, abbiamo vizi facilmente riconoscibili da un esperto (ad es. veterinario)
quali: malattia febbrile acuta in atto, rogna, micosi, e tricofitosi, tubercolosi clinicamente manifesta malformazioni palesi, rachitismo, ecc.. Anche per questi vizi, sempre secondo gli usi di Varese, il termine decorre dalla consegna del cane.
Chiaramente la garanzia è esclusa dalla stessa legge se al momento della conclusione del contratto il
compratore conosceva effettivamente i vizi (art. 1491 C.C). L’effettiva conoscenza esclude la garanzia anche se il vizio era occulto. Agli effetti della garanzia è indifferente la fonte da cui il compratore ha avuto
tale conoscenza: non occorre che sia stato il venditore a dichiarare il vizio, ma il compratore può averlo conosciuto in qualsiasi altro modo. L’effettiva conoscenza del compratore non si presume, ma spetta al venditore darne la prova.
2) MANCANZA DI QUALITÀ
Le caratteristiche di qualità (ed a fortori quelle di genere) sono note e facilmente accertabili e chi si è
obbligato per esse ha un elementare dovere di conoscerle o comunque di accertarle.
La legge comprende fra le qualità in contrapposto ai vizi, due distinte sottocategorie (art. 1497 CC,
1° comma37): le qualità essenziali per l’uso cui la cosa è destinata e le qualità promesse.
1. – Fra le due sottocategorie, la principale sembrerebbe la prima, cioè le qualità essenziali per l’uso cui la
cosa è destinata: esse si ritengono contrattate anche se non specificatamente indicate dai contraenti, salvo che qualcuna di esse possa essere stata espressamente esclusa.
L’uso può essere generico o specifico: se quest’ultimo non risulta il criterio da seguire per la definizione
dell’uso è quello dell’uso normale ed in tale caso saranno necessarie e sufficienti le sole qualità essenziali per quest’ultimo; altrimenti occorreranno anche quelle essenziali per l’uso specifico o speciale ed
eventualmente, sempre che risulti dal contratto, eccezionale.
In senso diverso il Rubino che ritiene che nel caso di usi speciali si rientra nella categoria delle qualità
promesse.
In ogni caso sarà la comune esperienza che determina le qualità essenziali, cioè quelle indispensabili per
l’uso cui la cosa è destinata.
2 – L’altra sottocategoria comprende le qualità promesse. Tale categoria deve essere considerata autonoma
rispetto all’altra, abbracciando tutti quei requisiti che da un lato non sono qualità essenziali e dall’altro
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Art. 1497 Mancanza di qualità: Quando la cosa venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento (1453 e seguenti), purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi.
Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla decadenza e alla prescrizione stabilite dall'art. 1495 (att. 172).
sono stati appositamente contemplate e richieste nel contratto in maniera esplicita od implicita. Si può
trattare, naturalmente, di qualità varie, secondo le esigenze o il gusto del compratore, di qualità più o
meno importanti, più o meno utili o puramente di forma.
Naturalmente sia per le qualità essenziali che per le qualità promesse, per cose determinate nel genere, nel silenzio del contratto, deve valere l’art. 1178 CC38 per cui esse devono rispondere alla qualità media
e, cioè, alla media fra quelle superiori ed inferiori attinenti all’uso normale o speciale richiesto, esplicitamente o implicitamente, dal compratore. Dalla stessa legge è ammesso un margine di tolleranza per le difformità, che attengono alla qualità, a volte inevitabili, che possono sussistere. Tale limite di tolleranza, di
cui il massimo è fissato dagli usi ex art. 1497 CC (“… purchè il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabilito dagli usi”), vale sia per le qualità promesse che per quelle essenziali.
Nella raccolta degli usi di Varese, oltre ai vizi, viene presa in considerazione un’altra ipotesi, da noi
ritenuta un difetto di qualità che dà luogo a risoluzione del contratto: la mancata consegna del certificato
LOI qualora il venditore abbia “garantito” che il cane lo possedeva (art. 944: vendita con certificato). Infatti, l’art. 951 sancisce: “il certificato del cane venduto, se il cane è adulto (1 anno), deve essere consegnato
entro 8 giorni dalla consegna del cane, se il cane è cucciolo o cucciolone (sotto l’anno di età) deve essere
consegnato non dopo che il cucciolo o cucciolone venduto ha compiuto l’anno di età. Trascorsi tali termini
la mancata consegna del certificato di origine dà luogo a risoluzione del contratto con tutte le conseguenze
di legge.” La mancata consegna del certificato non può considerarsi un vizio, in quanto non attiene alla
produzione, allo svezzamento o alla crescita del cane, né può considerarsi “aliud pro alio”, in quanto il cane nonostante sia sfornito di pedigrée, può essere ugualmente un cane della razza richiesta dal compratore.
La mancata consegna del certificato d’origine è un difetto di qualità, che si riferisce, appunto, alla differenza di origine della merce (rectius del cane).
Ci si chiede se tale difetto di qualità rientra nella categoria delle qualità essenziali o in quello delle
qualità promesse. Abbiamo visto che le qualità essenziali sono determinate dalla comune mentalità empirica e per la loro determinazione ci si deve riferire all’uso normale cui la cosa è destinata. Ad esempio per un
cane di razza da caccia saranno qualità essenziali le sue attitudini naturali a scovare la selvaggina e la mancanza di timore al colpo di fucile; potrà essere qualità promessa il possesso del certificato di origine. Il possesso del certificato di origine sarà invece qualità essenziale, qualora il compratore voglia iscrivere il cane
alle gare di caccia od alle esposizioni di bellezza o voglia iscrivere al LOI i suoi prodotti. Peraltro, ci sembra evidente che quando l’acquirente compera il cane da un allevatore serio e competente, implicitamente o
esplicitamente, richiede sempre l’attestato della purezza della razza e cioè il certificato di origine e, pertanto, questo diventa una qualità essenziale. Si possono definire qualità essenziali tutte quelle qualità inerenti alle caratteristiche di razza.
Le qualità promesse sono tutte quelle non essenziali che si possono definire contrattuali.
A titolo esemplificativo, l’acquirente compera un cane di razza per l’uso, ulteriore e specifico, di
esporlo in esposizioni: l’allevatore dovrà garantire che il cane non ha difetti morfologici e di costruzione
che possono importare la sua squalifica. L’allevatore garantisce che la cagna è gravida o che entro un certo
periodo verrà in “ calore”: qui si tratta di qualità promesse che senza dubbio entro il termine previsto e stabilito dalle parti, qualora la cagna non sia gravida o non “vada in calore”, porteranno alla risoluzione del
contratto. L’allevatore risponderà dei difetti di qualità solo quando è in colpa; ricade sul compratore l’onere
della prova non solo, ed ovviamente del difetto di qualità, ma anche della sua preesistenza al contratto.
3) ALIUD PRO ALIO
Si ha l’aliud pro alio quando viene consegnata una cosa diversa da quella convenuta ed appartenente
ad un genere o sottogenere completamente diverso. Si considera aliud pro alio, la cosa diversa da quella
contrattata, cioè appartenente non solo ad un genere diverso, ma anche priva della capacità funzionale di
soddisfare in concreto i bisogni che determinarono il compratore ad effettuare l’acquisto.
Per la giurisprudenza, aliud pro alio è ciò che appartiene ad un genere e sottogenere completamente diverso.
La sua identificazione poggia non solo su dati sostanziali, ma anche economici.
Aliud pro alio sarebbe quindi l’acquisto di un cane di una certa razza e la consegna di un cane di razza diversa.
Riteniamo invece difetto di qualità la consegna di un cane (sempre della medesima razza di quella richiesta) con colore del mantello diverso da quello richiesto.
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Art. 1178 Obbligazione generica: Quando l'obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere, il
debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media (Cod. Civ. 664).
In questo caso riteniamo si tratti di una qualità promessa (quindi dedotta in contratto) in quanto essa soddisfa il gusto o le esigenze dell’acquirente, non compromettendo l’uso cui la cosa (rectius il cane) è destinata.
Quindi, se si prendono in considerazione le massime della Cassazione esse sono generalmente ancorate a due riferimenti: il genere e la destinazione economica.
Il riferimento alla destinazione economica viene fatto per superare l’angusta formula del genere.
Secondo il Bianca il riferimento alla destinazione economica viene fatto per superare l’assunto, secondo il quale aliud pro alio non sarebbe configurabile quando il venditore consegni la cosa specifica contratta o individuata di comune accordo. Secondo l’Autore l’assunto è inesatto, perché nonostante vi sia
l’identità fra la cosa scelta dal compratore e quella consegnata, non si esclude che essa risulti del tutto diversa rispetto all’impegno contrattuale del venditore. Secondo alcuni autori invece, se la cosa consegnata è
proprio quella determinata in contratto potrà presentare dei vizi o dei difetti di qualità, ma non potrà parlarsi di aliud pro alio in quanto la cosa consegnata è la stessa che si è pattuita.
Con il riferimento alla destinazione economico-sociale si risolvono agevolmente tutti quei casi in cui
il bene prestato sia insuscettibile di assolvere la funzione del bene pattuito.
La diversità radicale del bene deve essere di importanza determinante nell’ambiente economicosociale; se tale diversità non è così determinante si rientrerà nel campo dei vizi o della mancanza di qualità.
Nell’ambito della vendita dei cani dovrà essere considerato aliud pro alio l’acquisto di un cane di
una certa razza e la consegna di un cane di una razza diversa; l’acquisto di un cane di sesso maschile e la
consegna di un cane di sesso femminileÈ bene precisare che è difficoltoso compiere una casistica dato che uno stesso difetto di qualità a
volte può alterare talmente la sostanza o la destinazione economica (es. anche la mancata consegna del certificato LOI) al punto da far degradare il cane in un genere completamente diverso o in un soggetto privo
delle capacità funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente.
Spetta all’interprete, seguendo sempre la prassi e la communis opinio, risolvere i casi dubbi o limite.
C) CONTENUTO DELL’AZIONE DI GARANZIA
Determinare se la cosa sia viziata od abbia difetti di qualità, o addirittura rientri nell’aliud pro alio, è
necessario per individuare il tipo di azione che l’acquirente può esperire. Infatti, se vi è vizio il compratore
può domandare a sua scelta, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, salvo che per determinati
vizi gli usi escludano la risoluzione.
L’azione di garanzia ha un duplice contenuto alternativo, essendo rimessa al compratore la scelta fra
il domandare la risoluzione del contratto (c.d. azione redibitoria) o la riduzione del prezzo (c.d. azione
estimatoria o quanti minoris) (art. 1492 CC).
Di regola il compratore può scegliere liberamente fra l’uno e l’altro rimedio e questo sia quando il
vizio sia talmente grave da rendere la cosa assolutamente inidonea all’uso cui è destinata, sia quando il vizio renda la cosa meno idonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore ex
art. 1490, 1° comma CC.
Tuttavia vi è un caso nel quale il compratore ha diritto solo alla riduzione del prezzo: quando per
quel determinato vizio gli usi escludono la risoluzione (art. 1492, 1° comma). Ovviamente ciò può verificarsi solamente per i vizi che non rendono la cosa assolutamente inidonea all’uso cui è destinata. Tuttavia,
a volte; gli usi stabiliscono un limite di gravità del vizio entro il quale è data la riduzione del prezzo; quindi spetterà al giudice di merito stabilire se, nel caso concreto, il limite sia stato varcato.
Per i vizi elencati dall’art. 946 degli usi di Varese, è prevista esclusivamente la risoluzione del contratto. In realtà riteniamo che la norma non contrasti con l’art. 1492 CC, per cui, nel caso di vendita dei cani, riteniamo che il compratore possa domandare, a sua scelta la risoluzione del contratto o la riduzione del
prezzo.
Se la cosa (rectius cane) è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto.
Il compratore ha, invece, diritto alla riduzione del prezzo, quando la cosa perisce per caso fortuito o per
colpa del compratore stesso, o quando questi l’abbia alienata o trasformata (art. 1492 CC, ultimo Comma).
In questi ultimi casi la risoluzione rimane esclusa, perché il compratore, per causa estranea al venditore, non è in grado di restituire la cosa a quest’ultimo, conseguenza necessaria della risoluzione.
Nella vendita dei cani (come in tutte le cose) non è possibile compilare una casistica, che determini i
casi in cui può ricorrere il caso fortuito.
Vista quale è la “ratio” della norma (art. 1492 CC, ultimo comma), si ritiene sia estendibile a tutti
quei casi non esplicitamente previsti nei quali la restituzione della cosa nell’originario stato sia divenuta
impossibile senza colpa del venditore (ad es. il cane sia stato smarrito). Quindi, purché la causa sia indipendente dal venditore, la legge dichiara indifferente che l’impossibilità della restituzione sia dovuta a colpa del compratore o per caso fortuito.
Sebbene la legge parli solo di perimento, si deve ritenere che la risoluzione rimanga esclusa, oltre
che per il perimento parziale (che, nel caso di specie, riteniamo non possibile), anche per i semplici deterioramenti, colposi, dovuti anche all’uso della cosa e sempre che siano ineliminabili ed apprezzabili (quindi di
una certa entità).
L’art. 1492 CC prevede un’altra ipotesi in cui viene esclusa la risoluzione del contratto e concessa
solo la riduzione del prezzo: quando il compratore abbia alienato o trasformato la cosa. In tale caso il compratore conserva esclusivamente il diritto alla riduzione del prezzo.
La scelta fra risoluzione e riduzione del prezzo diventa irrevocabile, quando è fatto con la domanda
giudiziale (art. 1492 CC, 2° comma). Ciò significa che un atto stragiudiziale non solo non ha alcun effetto,
ma che qualora il compratore abbia compiuto una scelta, in giudizio, non può più proporre l’altra azione.
Nel caso di difetto di qualità il compratore ha diritto ad ottenere la risoluzione del contratto secondo
le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento purché il difetto ecceda i limiti di tolleranza
stabiliti dagli usi. Tale diritto è soggetto alla decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 CC. In tale
ipotesi viene, quindi, esclusa l’azione di riduzione del prezzo. Anche nel caso di aliud pro alio è concessa
esclusivamente l’azione di risoluzione non soggetta ai termini previsti dall’art. 1495 CC.
E’ bene precisare che il 3° comma dell’art. 1492 CC è applicabile per la sua portata generale anche
nelle ipotesi di mancanza di qualità e di aliud pro alio (Cass.88/521).
D) RISARCIMENTO DEL DANNO
Se il venditore è in colpa, egli soggiace anche al risarcimento del maggior danno (art. 1494 CC) sia
nell’ipotesi di risoluzione, che in quella di riduzione del prezzo. Tale azione, quindi, si può cumulare con
quella scelta dal compratore. Il risarcimento è una sanzione complementare, integrativa, delle due anzidette, perché serve a coprire quei danni che non sono stati ristorati con la riduzione del prezzo o con la risoluzione. Esso esula dalla garanzia vera e propria, perché richiede la colpa del venditore, mentre la garanzia ne
prescinde. Nel caso concreto, perché sorga il diritto al maggior danno, deve sorgere la garanzia; mentre può
aversi garanzia senza che sorga maggior danno, qualora manchi la colpa del venditore o lo stesso maggior
danno da risarcire.
Il venditore non è in colpa solo perché la cosa è affetta da vizi, ma può esserlo, allorché ha consegnato la cosa, pur conoscendone i vizi, non informandone il compratore prima della conclusione del contratto. La colpa sussiste sempre se alla conclusione del contratto il venditore conosceva i vizi. Se invece li
ignorava, risponde quando avrebbe potuto conoscerli con la normale diligenza (solitamente per i vizi apparenti o facilmente riconoscibili e per alcune specie di vizi occulti); non è in colpa se la sua ignoranza non è
dovuta a negligenza.
In base ai principi generali (art. 1218 CC39) la colpa si presume e spetta al venditore provarne la
mancanza; deve, quindi, fornire la prova di aver ignorato, senza sua colpa, i vizi della cosa. Non si presume
invece il dolo e spetta al compratore provarlo. Secondo il Rubino il vero significato della norma (art. 1494
CC) non è di regolare l’onere della prova per la colpa o per il dolo, ma di precisare che il risarcimento del
danno, a differenza dei rimedi propri della garanzia, è dovuto solo per colpa.
I danni non prevedibili dal venditore al momento della conclusione del contratto sono risarcibili solo
se quest’ultimo era in dolo e non invece in colpa (art. 1225 CC40).
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Art. 1218 Responsabilità del debitore: Il debitore che non esegue esattamente (1307, 1453) la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno (2740), se non prova (1673, 1681, 1693, 1784, 1787, 1805-2, 1821) che l'inadempimento o il ritardo è stato
determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (1256; att. 160).
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Art. 1225 Prevedibilità del danno: Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al
danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione
Il risarcimento del danno ha lo scopo di risarcire non solo l’interesse negativo, ma tutto l’interesse
positivo, sia come danno emergente che come lucro cessante, in tutte le loro possibili forme e manifestazioni concrete. Con il risarcimento del danno si cerca di porre il compratore in una posizione economica
equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi e non a quella in cui si
sarebbe trovato se non avesse concluso il contratto, o se lo avesse concluso ad un prezzo inferiore.
L’interesse positivo, ai sensi dell’art. 1223 CC41, comprende il risarcimento integrale di qualsiasi danno diretto ed immediato come il mancato guadagno.
Anche nella vendita di cani dovrà, per il risarcimento del danno, ricorrere la colpa dell’allevatore.
Il venditore è tenuto a risarcire al compratore i danni derivanti dai vizi della cosa (art. 1494 CC, 2°
comma). Da ciò consegue che se la cosa, per via dei vizi dai quali era affetta, ha arrecato danni alla persona
o a cose del compratore, oppure danni a terzi che il compratore è tenuto a risarcire, il venditore deve provvedere al risarcimento di questi danni (art. 1494 CC, 2° comma).
L’azione per il risarcimento del danno è soggetta all’onere di denuncia ed al termine annuale di prescrizione, previsti dall’art. 1495 CC. Infatti il risarcimento del danno, per esulando dal contenuto della garanzia vera e propria, nasce dalla medesima situazione di fatto.
Abbiamo accennato al dolo come contegno passivo del venditore, il quale, conoscendo i vizi della
cosa, non ne abbia informato il compratore.
Diverso, e ben più grave, è il dolo come vizio del consenso che ricorre quanto il venditore, con un
comportamento attivo e con raggiri, ha addirittura operato per nascondere i vizi o comunque per non farli
scoprire dal compratore. In tal caso il compratore può chiedere l’annullamento del contratto (ex art. 1427
CC e 1439 CC) ed il risarcimento del danno oppure può chiedere il risarcimento del danno anche senza
proporre l’azione di annullamento.
E) AZIONE DI ADEMPIMENTO
È dubbio e da tempo discusso, se al compratore, oltre alla scelta tra redibitoria e quanti minoris,
spetti anche l’azione di adempimento. Le opinioni dottrinali sono divise, mentre la giurisprudenza è massicciamente schierata per l’ipotesi negativa.
Si è in genere d’accordo che se il venditore non è in colpa, il compratore non ha alcun rimedio
all’infuori della risoluzione o riduzione del prezzo e soprattutto non potrà chiedere l’esatto adempimento,
cioè la consegna di un’altra cosa, esente da vizi o la eliminazione dei vizi a spese del venditore, in quanto
l’art. 1492 CC, che ha valore tassativo in questo caso, prevede solo la risoluzione o la riduzione del prezzo.
Diversamente, quando sussiste la colpa, può riconoscersi al compratore la possibilità di preferire
l’azione di adempimento alla risoluzione o alla riduzione del prezzo.
All’art. 1494 CC non può attribuirsi il valore di avere, tacitamente, escluso l’azione di esatto adempimento, anche in caso di colpa, per aver previsto solo il risarcimento del danno; il significato di tale norma
è un altro: essa ha voluto semplicemente precisare che solo quando vi è colpa del venditore è dovuto
l’intero risarcimento del danno, che altrimenti rimane escluso.
Secondo il Rubino, la questione vera non è quella di stabilire se l’azione di adempimento sia compatibile con la garanzia, ma se sia piuttosto compatibile con la natura, la struttura e soprattutto la funzione
della vendita. Se la si ritiene compatibile, l’esatto adempimento incontra solo il limite naturale della sua
materiale possibilità di attuazione.
L’autore formula due casi:
1) per la cosa generica, è possibile l’esatto adempimento mediante la sua sostituzione: il compratore ha diritto di avere, in luogo del primo, un nuovo uguale, quantitativo di cose, esente da difetti. (ci si riferisce
all’ipotesi che la cosa sia stata individuata dopo la conclusione del contratto);
2) se invece si tratta di cosa specifica, o più esattamente, infungibile per la sua natura, o anche di cosa fungibile ma individuata al momento del contratto, non è materialmente possibile l’esatto adempimento
tramite la consegna di una nuova cosa in luogo della prima. Ma se il vizio è eliminabile, probabilmente
il compratore può chiedere che il venditore lo faccia eliminare a sue spese, riparando la cosa.
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Art. 1223 Risarcimento del danno: Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (1382, 1479, 2056 e seguenti).
Generalmente si ritiene che l’esatto adempimento, per quanto possibile, si concretizzi in una pretesa
di sostituzione e non anche di riparazione ed eliminazione dei vizi.
Nella vendita dei cani si può ritenere vendita di cosa generica, ad esempio, quella effettuata per telefono ed in tale ipotesi seguendo il criterio del Rubino, si ritiene possibile la sostituzione del primo esemplare con altro esente da difetti, sia che si tratti di cucciolo che di cane adulto.
Riteniamo, invece, vendita di cosa specifica, la vendita di quel particolare cane ad esempio visto dal
compratore ad una esposizione, ad una prova, ecc. In tale ipotesi non vi è possibilità di sostituzione.
In quest’ultimo caso, in sintonia con quanto asserisce il Rubino, allorché i vizi siano eliminabili, può
il venditore su richiesta del compratore ed a sua spese, eliminarli.
F)
DIFETTI DI QUALITÀ E RELATIVE AZIONI
L’art. 1497 CC riserva al compratore il diritto di ottenere la risoluzione del contratto, secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento.
È opinione prevalente in dottrina che tale norma debba interpretarsi in senso estensivo e quindi il
compratore non ha unicamente il diritto di ottenere la risoluzione, ma anche in luogo di essa, il diritto di
ottenere, quando sia possibile, l’esatto adempimento. In entrambi i casi il compratore ha diritto di ottenere
il risarcimento integrale del danno. In altri termini il compratore, ha le stesse facoltà che concede e prevede
l’art. 1453 CC42.
Trovandosi l’art. 1455 CC43 nelle disposizioni generali (art. 1453 CC e seguenti), si deve ritenere
che, quando dagli usi non viene posto alcun limite di tolleranza e si tratti di difetti di scarsa importanza, sia
sempre possibile l’azione di esatto adempimento. Si potrà poi sempre ottenere il risarcimento del danno.
Se il difetto non è di scarsa importanza, è solo possibile la risoluzione.
Qualora gli usi pongano dei limiti di tolleranza, la risoluzione è ammessa solo se si sono superati i
detti limiti ex art. 1497 CC. Quest’ultima norma opera una unificazione con la disciplina dei vizi per
quanto riguarda i termini di decadenza e prescrizione, ma non per questo si deve pensare che non esistano
elementi di distinzione e ritenere le due discipline equivalenti.
Nell’ambito della vendita dei cani, qualora sia stato acquistato un soggetto, che secondo le assicurazioni del venditore era fornito di certificato di origine (qualità essenziale), se all’anno di età, il compratore
non è ancora in possesso del pedigrée, può chiedere la risoluzione del contatto.
Gli usi di Varese prevedono, in tale caso, solo la risoluzione, per cui, implicitamente, lo ritengono un
grave difetto che supera un determinato limite di tolleranza.
G) REGOLAMENTO DI POLIZIA VETERINARIA
Per quanto riguarda la vera e propria garanzia e la responsabilità per mancanza di qualità, non esistono ancora le leggi speciali preannunciate dall’art. 1496 CC.
A tutt’oggi, l’unica legge speciale è il Regolamento di Polizia Veterinaria (DM 6 maggio 1914, approvato con Regio Decreto 10/05/1914, n. 533, abrogato, con tutte le ordinanze di polizia veterinaria in
materia nonché con le disposizioni incompatibili, dal Regolamento vigente, approvato con DPR
08/02/1954, n. 320).
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Art. 1453 Risolubilità del contratto per inadempimento: Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non
adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto (1878, 1976, 2652), salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno (1223 e seguenti). La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato
promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data
della domanda (Cod. Proc. Civ. 163) di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.
43
Art. 1455 Importanza dell'inadempimento: Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra (1522 e seguenti, 1564 e seguente, 1668, 1901).
L’art. 1 del Regolarmente elenca, in modo tassativo, tutte le malattie degli animali che vengono considerate infettive e diffusive, cioè contagiose, imponendo al compratore un onere di denuncia alla Pubblica
Amministrazione ed influendo sulla trasferibilità e commerciabilità dell’animale.
L’ordinamento di polizia veterinaria prende in considerazione le malattie contagiose, disponendo varie misure profilattiche e repressive, che vanno dal sequestro all’isolamento degli animali malati, o sospetti,
fino al loro abbattimento e distruzione dei residui..
Ora nell’elenco tassativo riportato nell’art. 1 del Regolamento di Polizia Veterinaria, le malattie dei
cani sono previste ai numeri:
5
rabbia;
11
tubercolosi;
17
salmonellosi nelle varie specie animali;
24
rickettsiosi, c.d. febbre Q;
39
leptospirosi (aggiunta con Ordinanza Ministeriale (OM) del 25/10/66. Vedi anche OM del 04/09/85).
Secondo il Rubino se l’animale era stato individuato al momento del contratto, rimangono superate
sia la garanzia per i vizi che la responsabilità per mancanza di qualità, in quanto il contratto è nullo per incommerciabilità dell’oggetto, dato che le leggi sanitarie vietano l’alienazione degli animali affetti dalle
malattie sopracitate.
Quindi non vi è onere di denuncia e l’azione per far dichiarare la nullità è imprescrittibile. Solamente
l’azione per la restituzione del prezzo si prescrive in 10 anni.
Altri autori e la giurisprudenza sostengono che, qualora ricorrano le malattie previste all’art. 1 del
Regolamento, sussiste la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto.
Il Bianca obietta a chi sostiene l’incommerciabilità dell’oggetto, che le disposizioni di polizia veterinaria non sanciscono il divieto della vendita degli animali, ma prevedono provvedimenti preventivi e repressivi che, solo indirettamente e di fatto, intralcerebbero la commerciabilità dell’animale. Tale incommerciabilità potrebbe ammettersi, al più, solo nei casi in cui l’animale è destinato all’abbattimento. Sempre
secondo l’Autore, la vendita dell’animale affetto da malattia contagiosa, deve ritenersi nulla per illiceità
dell’oggetto, in quanto lesiva di un fondamentale interesse pubblico, quale la pericolosità che le malattie
contagiose presentano per il patrimonio zootecnico nazionale e quindi per la pubblica economia.
La validità del contratto può invece ammettersi quando tale interesse non venga toccato.
Inoltre la giurisprudenza ha sostenuto anche la tesi della risoluzione del contratto per mancanza dei
requisiti essenziali dell’oggetto, oppure ha classificato le malattie mortali come difetti di qualità.
Né mancano decisioni di merito che, andando contro corrente, riducono le malattie diffusive ed infettive alla disciplina dei vizi redibitori.
In tutta questa serie di diversi indirizzi si inseriscono anche gli usi di Varese che classificano tali
malattie tra i vizi. Infatti, questi prevedono, all’art. 946 (vizi da risoluzione del contratto con garanzia di 8
gg.), alcune malattie inserite nell’elenco del Regolamento di Polizia Veterinaria e precisamente la rabbia, la
leptospirosi, la tubercolosi clinicamente manifesta.
In realtà le finalità del Regolamento di Polizia Veterinaria sono diverse e ben più ampie, anche se le
sue disposizioni possono intralciare indirettamente la commerciabilità, soprattutto quando vi sia o possa esservi contagio. Il suddetto Regolamento prevede una serie di rimedi, che dall’abbattimento, attraverso varie
sfumature, vanno ad interventi di minor gravità, che riguardano non solo i soggetti ammalati o sospetti, ma
anche quelli sani della stessa zona.
Non parrebbe possibile quindi pervenire alla conclusione che l’animale, affetto da malattie infettive
o diffusive, sia da considerare con “res extra commercium” e considerare nulla la vendita.
Nella valutazione della fattispecie concreta sarà necessario verificare la destinazione dell’animale, la
misura adottata dal legislatore ed il momento d’insorgenza della malattia.
Riteniamo, quindi, come il Bianca, che nel caso di vendita di animale che a causa del tipo di malattia
da cui è affetto debba essere abbattuto, sussista un implicito divieto assoluto di vendita con conseguente
nullità del contratto, sempre che il soggetto fosse già ammalato al tempo della vendita.
Nonostante le diverse interpretazioni, riteniamo che la nullità del contratto discenda non solo quando
l’animale era ammalato , ma anche quando la malattia era in stato di incubazione al momento della vendita
in quanto l’animale è stato contagiato presso il venditore e non presso il compratore.
La Cassazione limita la nullità del contratto solo al caso di malattie infettive e diffusive, cioè contagiose; mentre nei casi di malattia infettiva, anche se abbia causato la morte (o la macellazione), essa sostiene la tesi della risoluzione del contratto per consegna di aliud pro alio.
Il Regolamento di Polizia Veterinaria, elenca determinate malattie diffusive ed infettive ritenute dal
legislatore pericolose, ma non determina i termini di decadenza e, quindi, non regola il regime della garanzia per questi vizi.
Se tali malattie sono previste anche dagli usi, sembra logico rispettare la gerarchia imposta dall’art.
1496 CC.
Per la rabbia, la leptospirosi, la tubercolosi clinicamente manifesta, malattie previste dagli usi di Varese, la garanzia è di 8 giorni dalla consegna del cane ed in tale periodo la malattia, se non si è già manifestata, presenterà tutti i sintomi e le manifestazioni riferibili ad essa.
Inoltre, l’art. 950 dei suddetti usi stabilisce che le malattie infettive segnalate nel Regolamento di
Polizia Veterinaria si presumono preesistenti alla vendita e danno luogo a risoluzione del contratto (alla
condizione di inoltrare la relativa denuncia al sindaco del luogo dove il cane si trova) entro gli 8 giorni
dalla data della consegna del cane stesso.
Chiaramente se il cane dovrà essere abbattuto a causa della malattia cui è affetto si avrà la nullità del
contratto, nonostante quanto stabilito dall’art. 950 degli usi di Varese. Se invece non vi sarà soppressione
del cane, ma possibilità di cura, riteniamo possibile la risoluzione del contratto.
Osserviamo i tre suddetti casi:
1)
Rabbia (art. 83-92 del Regolamento di Polizia Veterinaria44).
44
Art. 83. Il sindaco deve provvedere alla profilassi della rabbia prescrivendo:
a) la regolare notifica, da parte dei possessori, di tutti i cani esistenti nel territorio comunale per la registrazione ai fini della vigilanza sanitaria e per la applicazione della tassa cani. A tale scopo deve essere riportato nel registro, oltre alle generalità del possessore, anche lo stato segnaletico degli animali rilevato dal veterinario comunale;
b) l'applicazione al collare di ciascun cane di una speciale piastrina che deve essere consegnata ai possessori all'atto della denuncia;
c) l'obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico;
d) l'obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.
Possono essere tenuti senza guinzaglio e senza museruola i cani da guardia, soltanto entro i limiti dei luoghi da sorvegliare purché
non aperti al pubblico; i cani da pastore e quelli da caccia, quando vengono rispettivamente utilizzati per la guardia delle greggi e
per la caccia, nonché i cani delle forze armate e delle forze di polizia quando sono utilizzati per servizio.
Art. 84. I comuni devono provvedere al servizio di cattura dei cani e tenere in esercizio un canile per la custodia dei cani catturati e
per l'osservazione di quelli sospetti. Il prefetto, quando ne riconosca la necessità, stabilisce l'obbligo di un sevizio di accalappiamento intercomunale o provinciale determinando le norme per il funzionamento ed il contributo che deve essere dato dai comuni e
dalla provincia.
Art. 85. I cani catturati perché trovati vaganti senza la prescritta museruola devono essere sequestrati nei canili comunali per il periodo di 3 giorni. Trascorsi i 3 giorni senza che i legittimi possessori li abbiano reclamati e ritirati, i cani sequestrati devono essere
uccisi con metodi eutanasici ovvero concessi ad istituti scientifici o ceduti a privati che ne facciano richiesta, salvo sempre i casi
previsti dai successivi articoli 86, 87 e 90 (1). (1) Vedi, ora, art. 2, l. 14 agosto 1991, n. 281.
Art. 86. I cani ed i gatti che hanno morsicato persone o animali, ogni qualvolta sia possibile catturarli, devono essere isolati e tenuti
in osservazione per 10 giorni nei canili comunali.
L'osservazione a domicilio può essere autorizzata su richiesta del possessore soltanto se non risultano circostanze epizoologicamente rilevanti ed in tale caso l'interessato deve dichiarare di assumersi la responsabilità della custodia dell'animale e l'onere per la
vigilanza da parte del veterinario comunale.
Alla predetta osservazione ed all'isolamento devono essere sottoposti i cani ed i gatti che, pure non avendo morsicato, presentano
manifestazioni riferibili all'infezione rabica, nonché in sede opportuna, gli altri mammiferi che presentano analoghe manifestazioni.
Ai fini della diagnosi anche questi animali non devono essere uccisi se il loro mantenimento in vita può essere assicurato senza pericolo. Durante il predetto periodo di osservazione gli animali non devono essere sottoposti a trattamenti immunizzanti. Nei casi di
rabbia conclamata il sindaco ordina l'immediato abbattimento degli animali.
Qualora, durante il periodo di osservazione, l'animale muoia o venga ucciso prima che il veterinario abbia potuto formulare la diagnosi, si procede agli accertamenti diagnostici di laboratorio.
È vietato lo scuoiamento degli animali morti per rabbia, i quali devono essere distrutti ai sensi dell'art. 10, lettera e), del presente
regolamento. Il luogo dove è stato isolato l'animale deve essere disinfettato.
Art. 87. I cani ed i gatti morsicati da altro animale riconosciuto rabido o fuggito o rimasto ignoto devono, di regola, essere subito
soppressi con provvedimento del sindaco sempreché non debbano prima sottostare al periodo di osservazione di 10 giorni per avere, a loro volta, morsicato persone o animali.
Tuttavia su richiesta del possessore, l'animale, anziché essere abbattuto, può essere mantenuto sotto sequestro, a spese del possessore stesso, nel canile municipale o in altro locale stabilito dall'autorità comunale dove non possa nuocere, per un periodo di mesi 6
sotto vigilanza sanitaria.
Allo stesso periodo di osservazione devono sottostare i cani ed i gatti contaminati o sospetti di essere stati contaminati da altro
animale riconosciuto rabido.
I cani ed i gatti morsicati da animali sospetti di rabbia sono sottoposti a sequestro per soli 10 giorni se durante questo periodo
l'animale morsicatore si è mantenuto sano.
Nel caso che l'animale venga sottoposto a vaccinazione antirabbica post-contagio da iniziarsi non oltre 5 giorni per ferite alla testa
e non oltre 7 giorni negli altri casi dal sofferto contagio, il predetto periodo di osservazione può essere ridotto a mesi 3 o anche a
mesi 2 se l'animale si trova nel periodo di protezione antirabbica vaccinale pre-contagio.
Durante il periodo del trattamento antirabbico post-contagio l'animale deve essere ricoverato nel canile municipale o presso Istituti
universitari o zooprofilattici.
I cani che hanno morsicato persone o animali devono essere isolati e tenuti in osservazione, per dieci
giorni, nei canili comunali (qualora richiesta dal proprietario, l’osservazione può essere effettuata presso il
suo domicilio). Alla predetta osservazione ed all’isolamento devono essere sottoposti i cani che, pur non
avendo morsicato, presentano sintomi riferibili all’infezione da rabbia.
Ai fini della diagnosi anche questi animali non devono essere uccisi, se il loro mantenimento in vita
può essere assicurato senza pericolo. Solo nei casi di rabbia conclamata il sindaco ordina l’immediato abbattimento degli animali. I cani morsicati da animale riconosciuto rabido, o fuggito, o rimasto ignoto, devono essere abbattuti a meno che non debbano sottostare al periodo di osservazione e questo generalmente a spese
del possessore (infatti il cane deve rimanere sotto sequestro nel canile municipale o in un altro locale dove
non possa nuocere per un periodo di 6 mesi).
Allo stesso periodo di osservazione devono sottostare i cani contaminati o sospetti di essere stati
contaminati da altro animale riconosciuto rabido.
I cani morsi da animali sospetti di rabbia sono sottoposti a sequestro per soli 10 giorni se durante
questo periodo l’animale morsicatore si è mantenuto sano. In questi casi, quando il cane è sospetto di essere
stato contaminato o addirittura è stato contaminato da un cane rabido, riteniamo che, non essendo in atto la
malattia al momento della vendita, esuli ogni responsabilità del venditore.
Solo se il cane conclamato rabido al momento della vendita aveva la rabbia già in atto (o sospetta),
ne discenderà la nullità della vendita per illiceità dell’oggetto.
Se invece il cane è sospetto e successivamente è dichiarato sano è superfluo ribadire la validità della vendita.
Tubercolosi clinicamente manifesta (art. 104 del Regolamento di Polizia Veterinaria45).
Il regolamento, dopo norme specifiche riguardanti i bovini, sancisce che qualora i cani presentino la
suddetta malattia devono essere soppressi.
Anche in questo caso il periodo di garanzia stabilito dagli usi di Varese è di 8 giorni, per cui riteniamo che trascorso tale periodo, qualora si manifesti la tubercolosi, il venditore non abbia alcuna responsabilità. Al contrario, se la malattia si manifesta nei primi 8 giorni, vi sarà la nullità della vendita per illiceità
dell’oggetto.
2)
3)
Leptospirosi (CAPO XXXIII del Regolamento di Polizia Veterinaria)
I cani ed i gatti morsicati possono essere spostati, con le norme degli articoli 14 e 15 del presente regolamento, durante il periodo di
osservazione, soltanto entro 7 giorni dalla sofferta morsicatura.
Qualora durante il periodo di osservazione il cane o il gatto morsicato muoia o venga ucciso, si procede in conformità di quanto
previsto dai commi 5º, 6º e 7º del precedente articolo.
Art. 88.
Gli equini, i bovini, i bufalini, gli ovini, i caprini ed i suini morsicati da animali riconosciuti rabidi o rimasti ignoti devono sottostare ad un periodo di osservazione di mesi 4, durante il quale gli equini, i bovini ed i bufalini possono essere abiditi al lavoro purché
posti in condizione di non nuocere alle persone.
La disposizione prevista dal 4º comma dell'articolo precedente è applicabile anche per gli animali delle specie sopraindicate.
Il latte prodotto durante il periodo di osservazione è ammesso al consumo soltanto previa bollitura.
Gli animali in osservazione non possono essere spostati senza autorizzazione del sindaco, da concedersi per imperiose esigenze di
pascolo o per lavori agricoli o per macellazione quando questa sia consentita, giusta le disposizioni vigenti in materia.
Se durante il periodo di osservazione l'animale per qualsiasi motivo viene abbattuto o muore dopo il quinto giorno, deve essere interamente distrutto col divieto di scuoiamento.
Art. 89. Le disposizioni del precedente articolo sono applicabili, in quanto possibile, nei confronti degli animali di altra specie.
Art. 90. Nel comune in cui sono stati constatati casi di rabbia o nel comune il cui territorio è stato attraversato da un cane rabido il
sindaco, oltre alle disposizioni indicate nei precedenti articoli, deve prescrivere:
a) che nei 60 giorni successivi i cani, anche se muniti di museruola, non possono circolare se non condotti al guinzaglio e che i cani
accalappiati non siano restituiti ai possessori se non abbiano subito favorevolmente il periodo di osservazione di mesi 6, riducibili a
mesi 2 qualora i cani vengano sottoposti a vaccinazione antirabbica post-contagio con le modalità stabilite dal precedente art. 87;
b) che i possessori di cani segnalino immediatamente all'autorità comunale l'eventuale fuga dei propri cani ovvero il manifestarsi in
essi di qualsiasi sintomo che possa far sospettare l'inizio della malattia come ad esempio: cambiamento d'indole, tendenza a mordere, manifestazioni di paralisi, impossibilità della deglutizione.
Art. 91. Nei casi in cui l'infezione rabida assuma preoccupante diffusione il prefetto può ordinare agli agenti adibiti alla cattura dei
cani ed agli agenti della forza pubblica di procedere, ove non sia possibile la cattura, all'uccisione dei cani e dei gatti vaganti, ed
adottare qualunque altro provvedimento eccezionale atto a estinguere l'infezione.
Art. 92. Il prefetto può rendere obbligatoria la vaccinazione antirabbica pre-contagio di determinate specie di animali, previo nulla
osta dell'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità pubblica.
45
Art. 104. Nei casi di tubercolosi degli animali di altre specie si adottano, in quanto applicabili, le misure indicate nel precedente
articolo 102. I cani, i gatti, le scimmie e gli psittaci riconosciuti affetti da tubercolosi devono, con provvedimento del sindaco, essere soppressi, ed i locali e gli oggetti che possono essere stati contaminati, accuratamente disinfettati (Articolo così sostituito dall'art.
10, l. 31 marzo 1976, n. 124).
Tale tipo di malattia, generalmente porta alla morte del cane. La relativa disciplina è stata data con
l’Ordinanza Ministeriale del 26/03/70, che sancisce: “qualora tale malattia venga accertata si procede
all’isolamento ed al sequestro del cane. Questi provvedimenti vengono revocati in caso di morte o in caso
di guarigione clinica conseguita per mezzo di un adeguato trattamento antibiotico che dovrà risultare da
certificato del medico veterinario curante”.
Gli usi di Varese prevedono 8 giorni di garanzia; trascorso tale periodo il venditore non ha alcuna responsabilità. Non essendo prevista la soppressione del cane riteniamo che in caso di morte del cane si avrà
semplicemente e solamente la risoluzione del contratto. Chiaramente la risoluzione potrà essere ottenuta dal
compratore in ogni caso, sempre che la malattia si manifesti nei primi 8 giorni.
Le altre malattie previste dal Regolamento di Polizia Veterinaria, ma non dagli usi di Varese, sono:
la salmonellosi delle varie specie animali e la rickettsiosi (febbre Q).
1)
La salmonellosi nelle varie specie animali (CAPO XVII, art. 122 del Regolamento di Polizia
Veterinaria46).
In tale capo viene solo specificato che, qualora ricorra tale malattia solo le carni dirette alla vendita e
al consumo dovranno essere distrutte.
Questo ci lascia intendere che il cane, non rientrando in tale categoria, può essere curato. Tale malattia, tenendo sempre presente se essa era in atto o in periodo di incubazione al tempo della vendita, provocherà la risoluzione del contratto e non la nullità della vendita.
Questa ultima, a nostro avviso, ricorre solo nei casi in cui il cane non è curabile e del conseguente
suo abbattimento.
Rickettsiosi (febbre Q) (CAPO XXIV, art. 142-143 del Regolamento di Polizia Veterinaria 47).
L’art. 142 (lett. G) prescrive: “l’isolamento e la cura oppure uccisione dei cani infetti”.
Tale articolo, da un rimedio non grave (quale l’isolamento e la cura) arriva all’uccisione del cane,
non specificando in quali casi sia da adottare l’uno o l’altro.
Noi riteniamo che i rimedi dovranno essere apprestati a seconda della gravità e della diffusione della
malattia. Tenendo presente i principi sino ad ora applicati (malattie in atto o periodo di incubazione), si arriverà alla nullità del contratto se si avrà l’uccisione del cane; la risoluzione del contratto se il cane viene
sottoposto ad isolamento e cura.
Nell’ambito del regolamento riteniamo che non vi sia altra malattia riferibile specificamente ai cani.
In conclusione, sul presupposto che il regolamento non vieta la commerciabilità, solo nel caso in cui
il cane venga abbattuto vi sarà la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto; negli altri casi potrà dar luo2)
46
Art. 122. Nei casi di salmonellosi degli animali il sindaco adotta, in tutto o in parte, i provvedimenti seguenti in conformità del
disposto dell'art. 10 del presente regolamento:
a) isolamento e sequestro degli animali infetti;
b) accurate disinfezioni delle stalle e particolarmente delle poste occupate digli animali infetti, distruzione dei feti e degli invogli
fetali ed idoneo trattamento delle deiezioni;
c) rigorose norme igieniche per l'alimentazione, il governo e la mungitura degli animali;
d) divieto di monta degli animali infetti;
e) divieto di consumo del latte prodotto dagli animali infetti se non previamente risanato secondo le istruzioni da impartirsi di volta
in volta.
Il sequestro è tolto, di norma, dopo la guarigione dell'animale ammalato, ma può essere mantenuto sino alla macellazione nel caso
che l'animale risulti eliminatore di salmonelle patogene per l'uomo. Il sindaco deve segnalare tempestivamente al direttore del macello di destinazione l'inoltro degli animali infetti.
47
Art. 142. Accertati casi di febbre Q nell'uomo, il sindaco, ai sensi dell'art. 10 del presente regolamento, adotta in tutto o in parte, i
seguenti provvedimenti nei riguardi degli animali che direttamente o indirettamente hanno avuto contatto con le persone ammalate:
a) identificazione dei soggetti infetti mediante prove sierologiche o allergiche;
b) isolamento degli animali che dagli accertamenti risultano infetti;
c) distruzione dei feti e degli invogli fetali;
d) accurate disinfezioni dei ricoveri;
e) divieto di destinare all'alimentazione umana ed all'allattamento degli animali il latte proveniente dai soggetti infetti, se non previo trattamento risanatore;
f) divieto dell'ammissione al consumo dei latticini, anche se confezionati primi dell'accertamento della malattia, se non preparati
con latte risanato o sottoposti a stagionatura per almeno 30 giorni;
g) isolamento e cura oppure uccisione dei cani infetti;
h) trattamenti idonei per la lotta contro le zecche o altri vettori della malattia riscontrati nelle località infette.
Art. 143. I provvedimenti sanitari disposti dal sindaco sono revocati, con le modalità stabilite dal primo comma dell'art. 16 del presente regolamento, quando successivi esami sierologici o allergici, da ripetersi a conveniente intervallo dagli ultimi risultati negativi, comprovano l'avvenuta estinzione della malattia.
go a semplice risoluzione del contratto. In entrambi i casi, comunque, dovrà sempre essere verificato se la
malattia era in atto o in incubazione al momento della vendita.
H) MODIFICHE CONTRATTUALI
DELLA GARANZIA
ED
ESCLUSIONE
L’art. 945 degli usi di Varese ammette la vendita con esclusione di ogni garanzia, che comunemente
si caratterizza con le frasi, pronunciata davanti ad un mediatore, un intenditore o un testimone: “vendita a
botta” o “lo vendo così com’è”.
Tale articolo deve essere raffrontato con l’art. 1490 CC, 2° comma, che sancisce: “il patto con cui si
esclude e si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore, i vizi
della cosa”.
La garanzia per i vizi può anche essere esclusa, ex art. 1490 CC, 2° comma, in maniera totale.
L’esclusione abbraccia qualsiasi possibile effetto della garanzia, cioè preclude qualsiasi azione del compratore. L’unica deroga prevista dalla legge, al patto restrittivo o di esclusione della garanzia, si ha quando
il venditore ha in mala fede (quindi non semplicemente per colpa) taciuto i vizi al compratore.
Le opinioni non sono univoche nel determinare cosa si intenda per malafede.
A nostro avviso , per malafede si intende la piena consapevolezza della propria slealtà e delle proprie
intenzioni di ingannare e quindi di pregiudicare un diritto altrui.
Malafede, dolo e colpa grave, sono tre ipotesi che stanno al limite e riteniamo che il dolo sia più vicino alla malafede di quanto lo sia la colpa grave. L’esclusione del patto di garanzia non può avere effetto
quando vi sia dolo e malafede. Rimarrà valida, invece, quando ricorre la colpa grave. Chiaramente nella
prassi, sarà difficile il distinguere fra colpa grave e malafede.
Spetta al compratore provare che il venditore conosceva i vizi; ma una volta provato in base al “quod
plerumque accidit” è da presumere la malafede, e spetta al venditore dare la prova contraria.
Chiaramente l’azione di garanzia sarà preclusa quando il compratore ha dichiarato di essere pienamente soddisfatto della cosa con rinuncia a far dichiarare vizi e difetti.
Dopo aver esaminato la disciplina codicistica, prendiamo in esame l’art. 945 degli usi di Varese che
prevede le clausole “cane venduto a botta” o “così com’è” cioè clausole di esclusione di ogni garanzia sia
per i vizi occulti che per ogni altro vizio.
La dottrina riporta le clausole suddette nell’ambito dell’art. 1490 CC, 1° comma, come una esclusione totale della garanzia.
Al contrario, l’orientamento giurisprudenziale è certamente restrittivo, dato che non esclude la garanzia per i vizi occulti ed anche per quelli facilmente riconoscibili, se sono taciuti in malafede dal venditore, ex art. 1490 CC, 2° comma.
Dobbiamo a tal punto ricordare che nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle
leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono si osservano le norme del codice che precedono (art. 1496 CC).
Ora se la garanzia per i vizi è regolata dall’art. 1496 CC, è chiaro che la stessa norma regolerà anche
l’esclusione di tale garanzia ed anche in quest’ultimo caso la gerarchia delle fonti sarà la legge speciale, gli
usi ed infine la normativa del codice.
Gli usi di Varese , regolando l’ipotesi di esclusione di ogni garanzia, non accennano minimamente
alla malafede del venditore e questo potrebbe significare che, qualora ricorra una clausola di esclusione
della garanzia, quest’ultima sarà esclusa sia nel caso di vizi occulti, che di quelli facilmente riconoscibili
anche se taciuti in malafede dal venditore.
ENTE NAZIONALE DELLA
CINOFILIA ITALIANA
(ENCI)
EVOLUZIONE STORICA DEL RICONOSCIMENTO
DELL’ENCI
L’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI) nasce nel 1882 come “Kennel Club d’Italia” e si
trasforma in “Ente Nazionale della Cinofilia Italiana” nel 1930.
L’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana viene riconosciuto quindi come Ente, su proposta del Ministro per le Corporazioni con Regio Decreto 13 giugno 1940, n. 1051. Con tale Decreto l’Ente acquista personalità giuridica pur rimanendo, come afferma la Cassazione48, un Ente privato e non pubblico. Il riconoscimento del 1940 è di fondamentale importanza nella storia della cinofilia, in quanto denota, non solo
l’interesse sociale e pubblico che tale attività suscita, ma soprattutto la volontà dei cinofili di potenziare
l’allevamento e la produzione dei cani di razza pura, per giungere a livelli qualitativi sempre più elevati.
Il D.L. del Capo Provvisorio dello Stato 23 dicembre 1947, n. 1665, pone l’Ente anzidetto sotto la
vigilanza del Ministero dell’Agricoltura e Foreste. Il suddetto D.L. è la base di un rapporto che si instaura
tra l’ENCI e il Ministero dell’Agricoltura e Foreste.
Il 6 dicembre 1949 viene approvato con Decreto del Ministro per l’Agricoltura e Foreste Segni, lo
statuto dell’ENCI composto di 32 articoli, proposto su deliberazione del 18 settembre 1949 dal Consiglio
Direttivo dell’ENCI.
Con il Decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1960, n. 553, su proposta del Ministro
dell’Agricoltura e Foreste, viene approvato il nuovo statuto dell’ENCI. Il suddetto Statuto, già approvato
dall’Assemblea Straordinaria dei Soci il 29 novembre 1959, entrava in vigore il 1° gennaio 1960 ed era
composto di 28 articoli.
Tale Statuto Sociale è stato modificato dall’Assemblea Straordinaria dei soci del 21 febbraio 1981 ed
è entrato in vigore il 16 ottobre 1982 con il Decreto del Presidente della Repubblica 876/82, n. 693, su proposta del Ministro dell’Agricoltura e Foreste.
Tale statuto è rimasto in vigore sino al 2000, quando l’assemblea dei soci ha approvato il nuovo statuto che stato ratificato con DM del 24 febbraio 2000. L’Assemblea dei soci approvava in data 22 marzo
2003 il nuovo regolamento che è stato recentemente modificato dall’Assemblea dei soci ENCI del 21-22
aprile 2006 e ratificato con D.M. n. 21909 del 28 giugno 2006.
48
Cassazione Civile a Sezione Unite, 9 maggio 1972, n. 1404, che conferma l’app. di Milano 6/3/1970. “Il criterio per determinare
il carattere pubblico di un Ente è dato dal suo rapporto con lo Stato, in conseguenza della attività espletata, la quale deve costituire
una integrazione dei fini propri di quest’ultimo, rispetto a cui l’ente operi come ausiliario per il raggiungimento di fini di interesse
generale, generalmente caratterizzati dall’assenza di lucro, e dalla presenza di particolari segni esteriori – sia pure non tutti egualmente determinati quali la costituzione per iniziativa statale, l’esistenza di controlli più o meno penetranti dell’autorità governativa,
il godimento di potestà di imperio per attribuzione dello Statuto (vedere Cass. Sez. Unite 30 marzo 1968, n. 983, e Sez. 1962, n.
3424, in Mass. Giur, ital, 1968, 340, e Foro It. 1968, I, 1, 1175, con nota di F. Satta). L’avvenuta costituzione ad iniziativa privata,
pure se seguita da riconoscimento con decreto reale, e la mancanza di potestà d’imperio, in particolare, escludono la natura pubblicistica dell’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana – (mancano precedenti specifici tuttavia la massima costituisce un corollario
della precedente).
LO STATUTO SOCIALE (SS) DELL’ENCI
SCOPI ( Studiare: art. 2 SS e TITOLO I del REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
L’ENCI, come espressamente sancisce l’art. 2 dello SS è un’associazione di allevatori a carattere
tecnico-economico, che ha lo scopo di svolgere attività dirette a tutelare, migliorare ed incrementare l’allevamento
di tutte le razze canine pure, nonché di disciplinarne e favorirne l’impiego e la valorizzazione anche a fini
sportivi e zootecnici. I modi per il conseguimento degli scopi previsti all’art. 2, SS, sono elencati nello stesso articolo al quale si rimanda.
SOCI (Studiare: artt da 3 a 7 SS. e TITOLO II del REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
I soci dell’ENCI si dividono in Soci allevatori e Soci collettivi.
Possono essere soci allevatori i cinofili iscritti al registro degli allevatori previsto dal disciplinare del
libro genealogico residenti in Italia ed in regola con il versamento della quota associativa annuale. Nello
Statuto del 1982 i soci erano suddivisi in individuali e collettivi. Appartenevano agli individuali le persone
di indubbia moralità, di cittadinanza italiana e residenti in Italia, che risultavano allevatori di cani di razza
pura e titolari di un allevamento riconosciuto dall’ENCI e registrato nell’elenco degli affissi, nonché coloro
i quali si erano valsi della facoltà contemplata nelle norme transitorie dello Statuto al 1° comma dell’art. 28.
Possono essere soci collettivi, i gruppi cinofili e le associazioni specializzate di razza che contino
almeno 50 iscritti e che abbiano uno statuto conforme ai principi dello statuto sociale dell’ENCI.
Il Consiglio direttivo può proporre all’Assemblea la nomina a socio onorario di persone o associazioni
anche straniere che acquistano particolare benemerenze nel campo della cinofilia e nei riguardi dell’ENCI.
Ai soci spetta l’esercizio di determinati diritti sociali e godono di particolari vantaggi anche di natura
economica quali gli sconti su tutte le attività cinofile.
Si perde la qualità di socio:
a) per dimissioni;
b) per morosità;
c) per esclusione e decadenza pronunciata dall’Assemblea Generale dei soci, su proposta del Consiglio Direttivo sentita la Commissione di disciplina.
d) per decesso.
Nei casi a, b e d la perdita della qualità di socio sono deliberate dal Consiglio Direttivo dell’ENCI
GLI ORGANI (Studiare: art. 8 SS)
L’ENCI si compone di più organi, forniti di propri distinti poteri, a mezzo dei quali svolge la propria
attività.
L’art. 7 sancisce: “Sono organi sociali:
a)
L’Assemblea dei soci;
b)
Il Consiglio Direttivo;
c)
Il Comitato Esecutivo;
d)
Il Presidente;
e)
Il Collegio Sindacale;
f)
Le Commissioni di Disciplina di Prima e Seconda Istanza;
g)
I Consigli Regionali che rappresentano l’innovazione rispetto dello Statuto Sociale del 1982.
a) L’ASSEMBLEA DEI SOCI (Studiare: artt. da 9 a 11 SS e TITOLO III - SEZIONE I del
REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
L’Assemblea è la riunione dei soci con l’intento di manifestare la volontà sociale. È, dunque, la consapevolezza dei soci di operare in funzione sociale, che qualifica la riunione come assemblea.
Perché si abbia assemblea occorre che essa sia preceduta da apposita convocazione con la quale tutti
i soci siano chiamati a manifestare la volontà sociale.
La convocazione dell’assemblea è disposta dal Consiglio Direttivo, almeno 15 giorni prima della
data fissata per la riunione mediante avvisi sulle pubblicazioni periodiche dell’ENCI ed inviti personali da
inviarsi a tutti i soci. Nell’avviso di convocazione dovranno essere precisati il luogo, l’ora della riunione in
1a e 2a convocazione, nonché l’Ordine del Giorno da trattare ed in caso di proposta di modifica di Statuto
l’indicazione degli articoli con il testo delle modifiche proposte.
L’Assemblea può essere convocata oltre che in Milano, in qualsiasi altra sede deliberata dal Consiglio Direttivo. Questa è una innovazione rispetto ai precedenti statuti.
b) IL CONSIGLIO DIRETTIVO (Studiare: artt. da 12 a 15 SS e TITOLO III- SEZIONE II del
REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
I componenti del Consiglio Direttivo sono e devono usare nell’adempimento dei doveri loro imposti
dallo SS, la diligenza del mandatario. A tal proposito si deve menzionare l’art. 18 (I comma) CC che prescrive che gli amministratori sono responsabili verso l’ente secondo le norme del mandato.
La diligenza che si richiede all’amministratore è “normale ed ordinaria” e non una diligenza speciale
maggiore o minore. La diligenza richiesta quindi è quella del “buon padre di famiglia”.
La responsabilità degli amministratori è di tipo contrattuale: non basta quindi perché sorga responsabilità, che si sia verificato il danno, ma che questo sia riferibile alla loro condotta. Gli amministratori inoltre, devo essersi resi inadempienti agli obblighi derivanti dallo Statuto o dalla legge ed aver prodotto il
danno non usando la normale diligenza (art. 1849-171050-239251 CC). Il danno subito dall’ente deve essere
conseguenza immediata e diretta del loro inadempimento (art. 1223 CC52).
Il Consiglio Direttivo è composto da 15 membri e precisamente in base all’art. 11 SS da:
un rappresentante del Ministero delle Politiche Agricole;
undici consiglieri nominati dall’Assemblea dei Soci ENCI dei quali cinque Soci Allevatori eletti da questi
ultimi e sei eletti dai Soci Collettivi. Le votazioni per l’elezione dei Consiglieri avverranno in due tempi
separati ed immediatamente successivi; gli eletti del primo turno non saranno più eleggibili nel secondo;
un rappresentante dell’Associazione Italiana Allevatori;
due Consiglieri chiamati dai tredici già designati e di cui alle lettere a), b), c), del presente articolo allo
scopo di integrare il consiglio con idonei elementi in rappresentanza di regioni, razze canine, Enti o settori
culturali di particolare importanza per la cinofilia italiana. Tale nomina avverrà prima dell’insediamento del
nuovo consiglio, in una riunione convocata e presieduta dal Consigliere Rappresentante del Ministero.
Il Consiglio Direttivo è formato quindi da 15 membri dei quali solo 11 sono di nomina assembleare;
possono essere eletti alla carica di “consigliere” solo i soci.
Riteniamo valgano le cause di ineleggibilità e di decadenza previste dall’art. 2382 CC53 per gli amministratori delle S.p.A. che sono: la interdizione, l’inabilitazione, il fallimento e la condanna ad una pena
che importi l’interdizione anche temporanea, dai pubblici uffici, o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi.
La nomina dei consiglieri non può essere fatta per un periodo superiore ai tre anni. Alla scadenza i
consiglieri devono essere rinnovati e possono essere rieletti.
Qualora durante il triennio venissero a mancare, per qualsiasi motivo, uno o più consiglieri, si procederà alla loro sostituzione con i primi dei non eletti con deliberazione approvata dal Collegio Sindacale. I Consiglieri così nominati resteranno in carica sino a quando vi sarebbero rimasti coloro che essi hanno sostituito.
Per assicurare la continuità del funzionamento del Collegio Direttivo si segue l’art. 15 SS che stabilisce:
se la cessazione dalla carica di uno o più amministratori, nel corso del triennio, non fa venir meno la maggioranza dei consiglieri, si procederà alla loro sostituzione con i primi dei non eletti.
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Art. 18 Responsabilità degli amministratori. Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato
(1710 e seguenti). E' però esente da responsabilità quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto che ha causato
il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso (2392).
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Art. 1708 Contenuto del mandato. Il mandato comprende non solo gli atti per i quali stato conferito, ma anche quelli che sono
necessari al loro compimento. Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, se non sono
indicati espressamente.
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Art. 2392 Responsabilità verso la società. Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto
costitutivo con la diligenza del mandatario (1710), e sono solidalmente (1292) responsabili verso la società (2621) dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più amministratori (2381). In ogni caso gli amministratori sono solidalmente responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra
essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni
del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale (2491; att. 209).
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Art. 1223 Risarcimento del danno. Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (1382, 1479, 2056 e seguenti).
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Art. 2382 Cause d'ineleggibilità e di decadenza. Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio,
l'interdetto, l'inabilitato (414 e seguente), il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi (2641).
Se venissero invece a mancare più della metà dei consiglieri, l’intero consiglio si intenderà decaduto
ed il Collegio dei Sindaci convocherà con urgenza, l’Assemblea Generale dei soci per le nuove elezioni ,
compiendo nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione (art. 2386 CC54).
La rinunzia di un consigliere dall’ufficio ha effetto immediato solo se rimane in carica la maggioranza del Consiglio Direttivo, altrimenti ha effetto solo dal momento in cui la maggioranza si è ricostituita in
seguito all’accettazione dei nuovi consiglieri (art. 2385, I comma CC55). La rinunzia deve essere comunicata per iscritto al Consiglio Direttivo ed al Presidente del Collegio Sindacale.
È bene precisare che la cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto solo dal
momento in cui il Consiglio è stato ricostruito (art. 2385, II comma, CC).
Le riunioni del Consiglio sono valide quando siano presenti almeno la metà dei consiglieri ed esattamente 8 sui 15 eletti. Il Consiglio si riunisce almeno ogni tre mesi e, straordinariamente, sempre quando
sia ritenuto necessario dal Presidente o sia richiesto da almeno sette dei suoi componenti, o dal Collegio dei
Sindaci (art. 14 SS, I comma). La convocazione del Consiglio spetta sempre al Presidente, ed a questi devono essere indirizzate le richieste motivate di convocazione. L’avviso della convocazione va inviato almeno sette giorni prima della riunione (art. 14, II comma). Se la riunione ha carattere di urgenza, l’avviso
di convocazione può essere inviato tre giorni prima con qualsiasi mezzo utile.
Il Consiglio è presieduto dal Presidente ed in sua assenza dal Vice Presidente, ovvero in subordine
dal membro più anziano del Consiglio. Non sono ammesse deleghe e le deliberazioni vengono prese a
maggioranza assoluta dei presenti. In caso di parità prevale il voto del Presidente (art. 14, III comma).
I membri che non intervengono a tre riunioni consecutive senza giustificato motivo sono ritenuti decaduti di diritto e sostituiti.
c) IL COMITATO ESECUTIVO (Studiare: Art. 16 SS e TITOLO III - SEZIONE II del
REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
Frequentemente nella S.p.A., per motivi di funzionalità, il Consiglio delega le proprie funzioni ad alcuni membri. Tale delega è possibile secondo quanto previsto dall’art. 2381 CC, solo se consentita dall’atto
costitutivo o dall’assemblea. In difetto essa è invalida. Se la delega è fatta ad alcuni membri del Consiglio
essi formeranno un comitato esecutivo. L’art. 2381 CC56 corrisponde all’art. 16 SS dove è previsto il Comitato Esecutivo.
Quest’ultimo affianca l’opera del Consiglio Direttivo e del Presidente, assicura il normale ed efficace
funzionamento dell’Ente, prende le decisioni che hanno carattere di urgenza, salvo ratifica del Consiglio
Direttivo nella prima successiva riunione.
La mancata ratifica da parte del Consiglio Direttivo delle delibere adottate dal Comitato, determina la
perdita di efficacia e la loro inesistenza. Esiste, quindi, un controllo successivo sull’operato del Comitato.
Della mancata ratifica si dovrà dare comunicazione immediata ai terzi interessati per i quali resteranno comunque salvi i diritti acquisiti sino al momento della mancata ratifica.
La delega in questione si ritiene di carattere generale dato che non sono determinati i poteri conferiti.
Vista la corrispondenza dell’art. 2381 CC con l’art. 16 SS si deve ritenere che certe attribuzioni previste dallo stesso articolo del CC, non possano essere delegate senza sopprimere la funzione stessa del
Consiglio Direttivo.
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Art. 2386 Sostituzione degli amministratori. Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri
provvedono a sostituirli con deliberazione approvata dal collegio sindacale. Gli amministratori così nominati restano in carica fino
alla prossima assemblea.
Se viene meno la maggioranza degli amministratori, quelli rimasti in carica devono convocare l'assemblea perché provveda alla
sostituzione dei mancanti.
Gli amministratori nominati dall'assemblea scadono insieme con quelli in carica all'atto della loro nomina.
Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti gli amministratori, l'assemblea per la sostituzione dei mancanti deve essere
convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione (2487).
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Art. 2385 Cessazione degli amministratori. L'amministratore che rinunzia all'ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale. La rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza
del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito
all'accettazione dei nuovi amministratori.
La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di amministrazione è stato
ricostituito.
La cessazione degli amministratori dall'ufficio per qualsiasi causa deve essere iscritta entro quindici giorni nel registro delle imprese a cura del collegio sindacale (2626) è pubblicata nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata (2330, 2457).
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Art. 2381 Comitato esecutivo e amministratori delegati. Il consiglio di amministrazione, se l'atto costitutivo o l'assemblea lo consentono, può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto, di alcuni dei suoi membri, o ad uno o più dei suoi
membri, determinando i limiti della delega. Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli artt. 2423, 2443, 2446 e 2447.
d) IL PRESIDENTE (Studiare: art. 17 SS e TITOLO III- SEZIONE II del REGOLAMENTO di
ATTUAZIONE SS).
Il Presidente ed il Vice-Presidente sono nominati dal Consiglio Direttivo nel proprio ambito. Il Presidente è quindi un membro del Consiglio Direttivo e come tale gli spettano le stesse competenze e le responsabilità degli altri consiglieri, oltre ad avere la rappresentanza legale dell’Ente sia nei rapporti interni
che in quelli esterni.
Nello Statuto Sociale dell’ENCI non si riscontrano limitazioni al potere di rappresentanza del Presidente e quindi esso è di tipo generale. Inoltre, il Presidente vigila e dispone che siano attuate le deliberazioni del Consiglio e del Comitato Esecutivo e provvede alla esatta applicazione e piena osservanza della Disciplina Sociale. Esercita, in sostanza, un potere di controllo.
In caso di urgenza può agire coi poteri del Consiglio; tali deliberazioni dovranno essere ratificate dal
Consiglio stesso nella sua prima successiva riunione. Se non seguirà la ratifica tali decisioni perderanno
qualsiasi efficacia e verranno considerate come mai emesse.
e) IL COLLEGIO SINDACALE (Studiare: art. 26 SS).
Nel libro primo, titolo III, capo II, del CC, riguardante associazioni e fondazioni non si rinviene una
norma che espressamente regoli il Collegio Sindacale.
È chiaro, infatti, che nelle associazioni di maggiore rilievo non sarebbe possibile un controllo diretto
sulla gestione sociale da parte di tutti i soci e ,pertanto, questo deve essere affidato ad un Collegio Sindacale.
Per chiarire la natura di tale organo è opportuno ricorrere alle norme analoghe riguardanti la S.p.A.
Per quanto riguarda la natura giuridica dei membri del Collegio Sindacale si può dire che essi non sono dei
veri e propri mandatari, stante la loro autonomia rispetto all’assemblea. Il secondo ed il terzo comma
dell’art. 26 SS stabiliscono i doveri del Collegio Sindacale.
Il Collegio Sindacale è composto di tre membri effettivi e due supplenti. Uno dei tre membri effettivi
e uno dei supplenti saranno eletti dall’Assemblea Generale dei Soci, mentre i rimanenti, due effettivi ed
uno supplente, verranno designati dal Ministero delle Politiche Agricole.
I supplenti subentreranno agli effettivi in ordine di anzianità in caso di legittimo impedimento da
parte di quest’ultimi ad esercitare le proprie funzioni. I nuovi Sindaci rimarranno in carica finché non si riunisce l’assemblea, la quale provvederà alla nomina del Sindaco effettivo e/o supplente che serve per
l’integrazione del collegio.
Se con il Sindaco supplente non si riesce ad integrare il Collegio, deve essere convocata l’Assemblea
(art. 2401 CC57). Non è fissato dallo Statuto un termine entro il quale il Collegio Sindacale si deve riunire.
Delle riunioni deve redigersi processo verbale che viene trascritto in apposito registro.
Le deliberazioni vengono prese a maggioranza assoluta ed il Sindaco dissenziente ha diritto di fare
iscrivere a verbale i motivi del dissenso (art. 2404, ultimo comma CC58).
Anche i Sindaci, come i consiglieri, devono adempiere ai loro doveri con la diligenza del mandatario
e sono solidalmente responsabili con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno
non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi derivanti dalla loro carica (art.
2407 CC59).
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Art. 2401 Sostituzione. In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco. subentrano i supplenti in ordine d'età. I nuovi
sindaci restano in carica fino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l'integrazione del collegio. I nuovi nominati scadono come quelli in carica. In caso di sostituzione del presidente, la presidenza è assunta fino alla prossima assemblea dal sindaco più anziano.
Se con i sindaci supplenti non si completa il collegio sindacale, deve essere convocata l'assemblea perché provveda all'integrazione
del collegio medesimo (att. 209).
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Art. 2404 Riunioni e deliberazioni del collegio. Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni trimestre.
Il sindaco che, senza giustificato motivo, non partecipa durante un esercizio sociale a due riunioni del collegio decade dall'ufficio.
Delle riunioni del collegio deve redigersi processo verbale, che viene trascritto nel libro previsto dal n. 5 dell'art. 2421 e sottoscritto
dagli intervenuti.
Le deliberazioni del collegio sindacale devono essere prese a maggioranza assoluta. Il sindaco dissenziente ha diritto di fare iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso (att. 209).
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Art. 2407 Responsabilità. I sindaci devono adempiere i loro doveri con la diligenza del mandatario (1710), sono responsabili
della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del
loro ufficio (2622; Cod. Pen. 622).
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori (1292 e seguenti, 2392) per i fatti o le omissioni di questi, quando il
danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (2621).
L'azione di responsabilità contro i sindaci è regolata dalle disposizioni degli artt. 2393 e 2394 (att. 209).
f) LA COMMISSIONE DI DISCIPLINA (Studiare: art. 27 SS e Titolo III - SEZIONI V ,VI,VII,VIII e IX
del REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
Tutti i soci allevatori e i soci dei collettivi sono tenuti ad osservare le norme dello SS e dei regolamenti,
le disposizioni dell’Assemblea e del consiglio, le regole della deontologia e della correttezza sportiva.
Gli inadempienti a tali obblighi incorrono in sanzioni disciplinari le quali vengono emesse da organi
competenti in materia denominati “commissioni di disciplina”.
Ci si chiede se tale organo ad hoc abbia la natura di “Collegio Arbitrale”.
Il Galgano asserisce che non si potrà qualificare come Collegio Arbitrale un organo interno
all’associazione composto da membri eletti dall’assemblea (e tanto meno da altri organi sociali). Non siamo in presenza di arbitri , dato che una delle parti si riserva il potere di decidere essa stessa, le controversie
con la controparte. Il fatto che non sia l’assemblea ad avere tale funzione “giudicante” ma un altro organo,
la c.d. commissione di disciplina nel caso di specie, non modifica i termini del fenomeno. I membri del
collegio non possono essere terzi, ma sono organi dell’Ente; l’associazione, attraverso la suddetta commissione, risolve le controversie, essa stessa, insorte fra sé e uno degli associati.
A tal proposito si dovrebbe ritenere che la volontà del legislatore statutario, espressa all’art. 8 SS, sia
quella di far considerare la Commissione di Disciplina come un organo sociale e quindi interno
dell’associazione.
Il Rescigno sostiene, al contrario, che nello schema dell’arbitrato libero si inseriscono le clausole
statutarie delle associazioni che rimettono a particolari collegi “di solito interni all’Ente” la soluzione delle
controversie fra associato e gruppo ed il ricorso ad una siffatta forma di “giustizia privata” può essere imposta dall’ordinamento particolare in cui il gruppo è inserito, come avviene nelle organizzazioni sportive.
Quest’ultima teoria parte dal presupposto che il Collegio viene designato dalle parti: l’associazione,
attraverso l’assemblea, designa i membri del collegio; il socio, con il suo voto e con l’appartenenza
all’Ente, dà un preventivo consenso alla nomina.
Per consolidata giurisprudenza (varie decisioni – Tribunale di Milano) le Commissioni di Disciplina
dell’ENCI sono state definiti arbitri irrituali.
Inoltre, è opportuno precisare che, a norma dell’art. 27 VI comma SS, possono essere eletti, non solo
i soci, ma anche terzi estranei all’Ente.
Entrambe le Commissioni di Disciplina sono composte da tre membri effettivi e due supplenti.
I componenti delle Commissioni durano in carica tre anni e sono rieleggibili; essi nominano un Presidente ed un Segretario.
Potranno farne parte sia i soci che i non soci e si avrà la preferenza per avvocati, magistrati e persone
dotate di conoscenze giuridiche. La qualità di componente della Commissione di Disciplina è incompatibile
con quella di:
Consigliere dell’Ente;
Sindaco dell’Ente;
Presidente di socio collettivo;
Consigliere Regionale.
Qualora manchino due componenti della commissione durante il triennio si procederà alla loro sostituzione in occasione della prima assemblea ordinaria dei soci.
Le sanzioni disciplinari che possono essere irrogate, previste all’art. 33 del Regolamento Generale di
attuazione dello SS, sono:
- ammonizione semplice: per illeciti di lieve entità;
- censura: in caso d’inosservanza delle norme richiamate dall’art. 26 del Regolamento, per dolo e colpa grave;
- sospensione: viene applicata nei casi di particolare gravità, per il periodo da un mese a tre anni;
- esclusione: quando l’illecito consumato renda non più compatibile la permanenza del socio nell’Enci. La
proposta di esclusione della Commissione di Disciplina divenuta definitiva , viene trasmessa al Consiglio
Direttivo che, in conformità all’art. 7 SS, ne sottoporrà la deliberazione all’Assemblea. La proposta di
esclusione può essere accettata o respinta dall’assemblea. In quest’ultimo caso il procedimento dovrà essere riesaminato dalla Commissione di Disciplina per applicare una diversa sanzione disciplinare.
L’associato escluso avrà la possibilità, trascorsi cinque anni dall’irrogazione della sanzione, di inoltrare al Presidente dell’Enci un’istanza di riammissione, sulla quale delibererà la Assemblea Generale dei
Soci, previo parere obbligatorio del Consiglio Direttivo.
ARTICOLAZIONI PERIFERICHE (Studiare: artt. 18 e 19 SS e Titolo III - SEZIONE III del
REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
Alla sezione V dello SS sono previste le c.d. Articolazioni periferiche e precisamente :
a)
I Consigli Regionali all’art. 18
b)
le Delegazioni all’art. 19.
a) I CONSIGLI REGIONALI
I Consigli Regionali sono Organi sociali dell’Ente , giusto quanto previsto dall’art. 8 dello SS. I Consigli Regionali sono stati introdotti con lo statuto 1982 all’art. 16 bis.
Essi rappresentano la volontà di decentramento e di maggior partecipazione e coinvolgimento dei soci alla vita dell’Ente. Essi sono composti da un membro per ogni gruppo cinofilo avente sede nella regione
ed eletto dal Consiglio Direttivo dei Gruppi Cinofili stessi.
I compiti sono quelli previsti dal terzo comma dell’art. 18 dello SS.
b) LE DELEGAZIONI
Il Consiglio Direttivo può concedere in ogni regione, con propria deliberazione, a Gruppi Cinofili in
possesso dei requisiti stabiliti nel Regolamento per l’attuazione dello statuto sociale, la qualifica di delegazione dell’Ente, affidando ad essi l’incarico di rappresentare l’Enci localmente e di svolgere a livello periferico le attività stabilite dallo stesso Regolamento.
La delegazione agisce in nome e per conto dell’ENCI in base ad un rapporto di rappresentanza. La
Delegazione, infatti, compie operazioni di controllo sui cuccioli di pura razza nati nell’ambito del territorio
di propria competenza , nonché riscuote, in nome e per conto dell’Ente, le tasse relative alle operazioni di
registrazione nei libri genealogici.
ORGANIZZAZIONE TECNICA :I COMITATI TECNICI (Studiare art. 22 SS).
Il Consiglio Direttivo può dar corso alla costituzione di Comitati Tecnici per sovrintendere a particolare attività o per lo studio di determinati problemi che interessano la vita e l’azione dell’Ente.
Sono organi consultivi del Consiglio Direttivo ed a questo sottopongono le proprie conclusioni. Essi
sono composti da un numero massimo di cinque membri scelti fra soci competenti ed idonei ad assolvere i
compiti affidati al Comitato del quale fanno parte, ovvero da esperti di comprovata professionalità anche
non soci
I soci che fanno parte di tali comitati dovranno essere in possesso di particolari requisiti di idoneità
per poter svolgere i compiti a loro affidati .
Solamente gli esperti di comprovata professionalità chiamati a costituire un comitato possono essere
non soci.
I Comitati tecnici, previsti all’art. 26 Regolamento Generale dello SS del 1982 erano:
a)
Comitato Amministrativo;
b)
Comitato Libri Genealogici;
c)
Comitato Giudici.
Nello Statuto in vigore non sono previsti particolari Comitati e, pertanto, il Consiglio Direttivo può
costituirli in relazione alle proprie esigenze .
Il Consiglio Direttivo può sciogliere in ogni momento qualsiasi comitato qualora abbia esaurito il
suo compito o qualora non ravvisi più la necessità di mantenerlo in vita.
Alle riunioni dei Comitati tecnici partecipa, senza diritto di voto, il Presidente dell’Ente o un componente del Consiglio all’uopo delegato.
I Comitati attualmente esistenti sono: il Comitato Giudici, il Comitato Prove e il Comitato Esposizioni.
ORGANIZZAZIONE DI BASE: I GRUPPI CINOFILI E LE ASSOCIAZIONI
SPECIALIZZATE DI RAZZA (Studiare artt. 20 e 21 SS e Titolo III - Sezione IV del
REGOLAMENTO di ATTUAZIONE SS).
Lo Statuto sociale prevede delle organizzazioni di base che rappresentano la vita stessa dell’Enci.
Dette organizzazioni sono:
a) i Gruppi Cinofili previsti all’art. 20 dello SS;
b) le Associazioni specializzate, previste all’art. 21 dello SS.
È bene precisare che i Gruppi Cinofili e le Associazioni specializzate di razza già esistenti all’entrata
in vigore dello statuto del 2000, ai sensi dell’art. 32 SS, conservavano il riconoscimento in precedenza ottenuto alla condizione di adeguare i loro statuti a quanto disposto dallo stesso nuovo Statuto.
a) I GRUPPI CINOFILI
I Gruppi Cinofili sono associazioni legalmente costituite tra cinofili proprietari di cani di razza che
intendono attivarsi per la valorizzazione delle razze canine , riconosciute ed ammesse come soci dell’Enci.
Condizione necessaria per il riconoscimento è che l’associazione abbia almeno 50 associati residenti nel
territorio nel quale opera. È consentita l’associazione ad un solo Gruppo Cinofilo che generalmente coincide con quello di residenza.
Il Gruppo Cinofilo coincide generalmente con il territorio della Provincia. Storicamente esistono
Gruppi Cinofili sub-provinciali quali quelli di Empoli, Volterra , Ostiglia ed altri.
Le norme relative ai rapporti tra l’Ente ed i Gruppi Cinofili sono disciplinate dall’art. 19 e segg. (e
non 29 come erroneamente scritto) del Regolamento di attuazione dello SS.
b) LE ASSOCIAZIONI SPECIALIZZATE DI RAZZA
Le associazioni specializzate di razza hanno lo scopo di studiare, valorizzare ed incrementare una
particolare razza canina od un gruppo di razze similari, riconosciute dall’ENCI. Esse devono essere legalmente costituite tra cinofili proprietari di soggetti iscritti al Libro Genealogico ed hanno, quindi, come scopo essenziale quello della tutela di una particolare razza canina. Condizione per il loro riconoscimento è
che l’Associazione abbia almeno 50 soci residenti in Italia.
Le norme relative ai rapporti tra l’Ente e le associazioni specializzate di razza sono disciplinate
dall’art. 19 e segg. (e non 29 come erroneamente scritto) del Regolamento di attuazione dello SS.
IL PATRIMONIO E L’AMMINISTRAZIONE DELL’ENCI
(Studiare art. da 23 a 25 e
31 SS).
Il patrimonio dell’ente è costituito, secondo quanto disposto dall’art. 23 SS:
dai beni mobili e immobili;
dalle eccedenze attive della gestione annuale che l’assemblea destinerà a patrimonio o a riserva;
da qualsiasi altro bene che gli sia pervenuto.
L’esistenza di un patrimonio, del quale, come nel nostro caso, lo Statuto Sociale deve contenere
l’analitica descrizione, è un requisito essenziale che devono possedere tutte le associazioni riconosciute. Il
suddetto requisito è necessario non solo per realizzare lo scopo sociale, ma anche per garantire il pagamento delle obbligazioni assunte.
L’art. 24 SS, inoltre, stabilisce che il fondo di esercizio è costituito:
dalle quote associative e dai contributi straordinari versati dai soci;
dai residui attivi derivanti dallo svolgimento di iniziative varie e non destinate alla costituzione di riserva;
dai contributi o da qualsiasi provento ad esso versati da Enti, persone o Società a qualsiasi titolo, purché compatibili con i fini statutari dell’Ente e non destinati a particolari iniziative o forme di attività;
dai frutti del patrimonio sociale
Per quanto riguarda l’amministrazione è da tener presente che l’esercizio finanziario va dal 1° gennaio al 31 dicembre. Il bilancio consuntivo, nonché le relazioni del Consiglio Direttivo e del Collegio dei
Sindaci dovranno essere approvati all’Assemblea generale dei soci.
L’esercizio sociale non potrà dare luogo ad utili ripartibili, stante la natura e le finalità dell’Enci.
Ai sensi dell’art. 31 SS, in caso di scioglimento dell’Ente, che dovrà essere deliberato da
un’assemblea straordinaria con il voto favorevole di almeno ¾ degli associati, l’intero patrimonio dovrà essere devoluto ad altre associazioni con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità di cui è competente a
giudicare il Ministero, sentito l’organo di controllo di cui all’art. 3 comma 190 della L. 23/12/1996 n. 662.
MODIFICHE STATUTARIE (Studiare art. 30 SS)
Le modifiche allo statuto possono essere proposte all’Assemblea o dal Consiglio Direttivo o tramite
richiesta scritta e firmata da tanti soci che rappresentino un terzo dei voti a disposizione della totalità dei
soci stessi in assemblea. La richiesta deve essere inoltrata al Presidente.
L’approvazione delle modifiche vengono approvate a semplice maggioranza in una assemblea in cui
siano presenti o rappresentati i tre quarti dei voti spettanti alla totalità dei Soci. Tali deliberazioni sono inviate al Ministero per l’approvazione.
È bene infine rammentare che per quanto non previsto dallo Statuto si applicano le norme del Codice Civile.
ALLEGATO 1
DECRETO MINISTERIALE n. 20894 del 18 aprile 2000
NORME TECNICHE LIBRO GENEALOGICO DEL CANE DI RAZZA
REGISTRO DEGLI ALLEVATORI E DEI PROPRIETARI
Art. 1
Al registro degli allevatori previsto all’art. 7 lett. a), del disciplinare del libro genealogico del cane di razza possono chiedere di
essere iscritte le persone fisiche e giuridiche che, a qualsiasi titolo, svolgono attività di allevamento di fattrici iscritte al libro genealogico medesimo adibite alla riproduzione e che abbiano prodotto almeno una cucciolata registrata allo stesso libro genealogico
negli ultimi tre anni.
Al registro dei proprietari previsto all'art. 7 lett. b) del medesimo disciplinare possono chiedere di essere iscritte le persone fisiche e
giuridiche proprietarie di soggetti iscritti al Libro genealogico.
Art. 2
L'iscrizione al registro degli allevatori è richiesta per iscritto all'Ufficio centrale dagli interessati.
Gli allevatori devono includere nella domanda (Mod. D) i propri dati anagrafici e fiscali, la propria residenza, l'ubicazione delle
eventuali strutture di allevamento in loro possesso in Italia, delegazione di appartenenza, razze e identificazione delle fattrici detenute all'atto dell'iscrizione, nonché, se del caso, il certificato comprovante l'iscrizione dell'impresa agricola al registro delle imprese
presso la competente C.C.I.A.A., ai sensi della L. 29.12.1993 n. 580 e successive modifiche.
Possono essere iscritti gli allevatori che:
a) si impegnino a svolgere attività di miglioramento genetico seguendo gli indirizzi stabiliti dal libro genealogico;
b) si astengano da comportamenti e azioni che possano arrecare nocumento o danno all'immagine ed all'organizzazione del libro
genealogico del cane di razza;
c) siano sottoposti ai controlli previsti dalla normativa sanitaria.
Il giudizio di idoneità, limitatamente ai precedenti punti a) e b), è di competenza dell'Ufficio centrale del libro genealogico. L'allevatore per il quale l’Ufficio centrale non abbia dato parere favorevole all'iscrizione può presentare ricorso alla Commissione Tecnica Centrale del libro genealogico. Per i proprietari di cani di razza la semplice richiesta di intestazione di un soggetto o qualsiasi
altra operazione di libro genealogico è equiparata alla domanda di iscrizione al registro dei proprietari sul quale verranno annotati
obbligatoriamente i dati anagrafici e fiscali completi dei proprietari dei cani da questi ultimi obbligatoriamente forniti.
La concessione della titolarità di un affisso ad un allevatore è disciplinata con apposite norme tecniche in armonia a quanto stabilito
dalla Federazione Cinologica Internazionale (FCI), proposte dalla CTC e approvate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Art. 3
L'Ufficio centrale del libro genealogico provvede alla cancellazione degli allevatori per i quali cessino di sussistere le condizioni di
iscrizione al registro degli allevatori, nonché degli allevatori che abbiano presentato le proprie dimissioni.
I REGISTRI DEL LIBRO GENEALOGICO
Art. 4
I due registri ROI (Registro Origini Italiano) e RSR (Registro supplementare riconosciuti) previsti dall'art. 8 del disciplinare del
libro genealogico del cane di razza, comprendono ciascuno :
a) il registro femmine e maschi riproduttori di produzione ordinaria;
b) il registro femmine e maschi riproduttori di produzione selezionata.
Sono iscritti nel registro della produzione ordinaria i soggetti figli di genitori iscritti al ROI e al RSR. Sono iscritti nel registro della
produzione selezionata i soggetti figli di genitori iscritti al ROI e al RSR e per i quali siano soddisfatti i test di cui all’art. 10.
ISCRIZIONE AI LIBRI GENEALOGICI
Art. 5
L'iscrizione dei cani al ROI e al RSR può essere effettuata per cucciolata o per singolo soggetto.
Art. 6
L'iscrizione per cucciolata riguarda tutti i soggetti nati in Italia da un accoppiamento tra cani della stessa razza iscritti ai registri del
libro genealogico. Essa si svolge con le modalità di seguito riportate:
Denuncia di monta e di nascita
a) Entro 45 giorni dalla nascita dei cuccioli, l'allevatore o il proprietario ne fa denuncia alla delegazione competente, con autocertificazione, resa su apposito modulo (Mod. A), fornito dalla delegazione dell'ENCI competente per territorio, la quale provvede a
consegnare anche il kit per il prelievo dei campioni biologici dello stallone e della fattrice, se non in precedenza depositati, necessari per le analisi relative alla corretta identificazione dei soggetti. Il Mod. A deve contenere tra l'altro le seguenti indicazioni:
- allevamento e relativo codice;
- allevatore o proprietario della fattrice e relativo codice;
- razza;
- codice della fattrice;
- data dell'ultima monta;
- codice del maschio che ha coperto la fattrice;
- delegazione competente per territorio individuata in base alla sede dell'allevamento;
- data di nascita;
- numero e sesso dei cuccioli nati vivi;
- mantello con i relativi nomi ad ognuno assegnati.
La denuncia di nascita dovrà essere corredata da fotocopia dei certificati genealogici dei riproduttori contrassegnati da un codice di
identificazione elettronica e dai campioni biologici prelevati secondo le istruzioni contenute nel kit.
b) La delegazione espleta i controlli di competenza relativi alla denuncia di cui al Mod. A, fornisce all'allevatore o al proprietario il
modulo per l'iscrizione della cucciolata (Mod. B) in cui trasferisce i dati tratti dal Mod. A, assegna nominativamente la marcatura
ufficiale da apporre ai cuccioli mediante punzonatura o attraverso l'applicazione di microchips, fornisce un kit per il prelievo e la conservazione dei campioni biologici dei cuccioli denunciati, necessari per la verifica della corretta attribuzione della paternità e maternità;
c) L'allevatore o il proprietario, entro 90 giorni dalla nascita dei cuccioli, e comunque prima che qualsiasi cucciolo venga allontanato dall'allevamento, deve:
- marcare i cuccioli secondo le istruzioni ricevute;
- prelevare i campioni biologici dai cuccioli, individuarli e sigillarli in appositi contenitori secondo le istruzioni ricevute;
- completare la compilazione del Mod. B;
- inviare alla delegazione competente il Mod. B compilato e sottoscritto per autocertificazione insieme ai campioni biologici.
Il Mod. B contiene in definitiva le seguenti indicazioni:
- i dati prestampati già contenuti nel Mod. A di denuncia di monta e nascita;
- marcatura di ogni singolo cucciolo (con identificazione univoca).
d) La delegazione che riceve il Mod. B compilato e sottoscritto deve entro 30 giorni eseguire le seguenti operazioni:
- digitare le informazioni del Mod. B sul computer per attivare il flusso-dati tra delegazione e Ufficio centrale;
- inviare i campioni biologici al laboratorio di riferimento;
- emettere l’attestato di iscrizione (Mod. C2) per ogni cucciolo registrato;
L’Ufficio centrale provvede a indicare le modalità per il prelievo, conservazione ed invio al laboratorio di riferimento dei campioni
biologici per l'accertamento della paternità e maternità. Il certificato genealogico (Mod. C1) deve essere richiesto alla delegazione
(Mod. C2) compilando le parti riservate contenute nello stesso Mod. C2 per quanto attiene anche l'intestazione del certificato all'allevatore o al nuovo proprietario del soggetto.
Il certificato genealogico contiene le seguenti informazioni: - nome e identificazione del soggetto; - genealogia del soggetto; - attributi fenotipici e genetici rilevati per l'eventuale ammissione del soggetto alla riproduzione selezionata.
Art. 7
L'iscrizione per singolo soggetto ai registri si riferisce ai seguenti cani:
a) cani nati in Italia i cui ascendenti per almeno tre generazioni siano stati iscritti al RSR;
b) cani importati in Italia e già iscritti nel paese di origine in un registro genealogico riconosciuto o convenzionato dalla Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.) e per i quali risulti registrata all'estero la cessione al nuovo proprietario italiano. Il certificato
del paese di origine rimane valido per i cani importati con l'attestazione della presa in carico sul registro italiano. La richiesta di
registrazione al ROI e al RSR dei cani importati deve essere accompagnata da campione biologico di tali soggetti. L'iscrizione per
singolo soggetto al ROI e al RSR deve essere avanzata all'ENCI attraverso la delegazione competente utilizzando il modulo (mod.
C1) ed il kit per il prelievo e la conservazione del campione biologico.
Art. 8
L'Ufficio centrale, ogni anno, sottopone a verifica della corretta attribuzione della paternità e maternità il 10% delle cucciolate denunziate con il Mod.B, controllando almeno un cucciolo per ciascuna di esse. La scelta del campione deve avvenire con criteri di
randomizzazione approvati dalla CTC.
La percentuale del campionamento può essere modificata ogni anno con delibera della CTC.
La mancata rispondenza del test comporta l'annullamento dei certificati genealogici o degli attestati di iscrizione di tutti i cuccioli denunciati nel Mod. B, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di cui all'art. 17 del disciplinare del libro genealogico del cane di razza. Nel caso di
fortuita monta ripetuta con stalloni diversi, denunciata dall'allevatore o del proprietario, la verifica sarà estesa a tutta la cucciolata.
REQUISITI PER L’AMMISSIONE ALLA RIPRODUZIONE
Art. 9
Sono riproduttori iscritti nel registro della riproduzione ordinaria i soggetti figli di genitori iscritti al ROI o al RSR per i quali sia
accertata la rispondenza allo standard di razza da parte di un esperto in una manifestazione ufficiale o in appositi raduni indetti dall'Ufficio Centrale ed organizzati da una Delegazione dell'ENCI.
Art. 10
Un cane femmina o maschio, per poter essere ammesso alla riproduzione, sia in monta naturale che per inseminazione artificiale,
per poter essere iscritto nel registro di produzione selezionata, deve:
a) ottenere un giudizio sintetico riportante almeno la qualifica minima richiesta, basata sulla valutazione del carattere e della socializzazione, da parte di esperti iscritti nell’albo dei giudici dell’ENCI, in esposizioni e prove nazionali o internazionali o in raduni
indetti dall’Ufficio centrale ed organizzati da una delegazione dell’ENCI;
b) avere i test di paternità e maternità compatibili;
c) risultare esente dalle patologie ereditarie, là dove previste.
La CTC, sentite le associazioni specializzate riconosciute dall'ENCI, stabilisce, per ciascuna razza, gli obiettivi di selezione ed i
requisiti per l'ammissione alla riproduzione naturale, e per i maschi anche per inseminazione artificiale.
Art. 11
L'allevatore o il proprietario che intende iscrivere un cane femmina o maschio, come riproduttore, nel registro della produzione selezionata, deve farne richiesta all'ENCI attraverso la delegazione competente per territorio compilando un modulo (Mod. F), fornito
dalla stessa, accompagnato da campioni biologici prelevati al soggetto se non in precedenza depositati.
Il Mod. F deve contenere le seguenti indicazioni:
- nome ed identificazione del soggetto o dei soggetti;
- data di nascita;
- sesso;
- razza;
- nome dell'allevatore o del proprietario richiedente e relativo codice;
- delegazione competente;
- giudizio sintetico basato sulla valutazione morfologico-attitudinale e sulla valutazione del carattere e della socializzazione del soggetto;
- certificato di esclusione delle patologie ereditarie, là dove prevista.
La delegazione invia all'Ufficio centrale il Mod. F e al laboratorio di riferimento il campionE biologico. L'Ufficio centrale acquisisce e archivia i test relativi alla corretta identificazione del soggetto ed alla esclusione delle patologie ereditarie.
Art. 12
L'Ufficio centrale verifica i requisiti minimi di cui all'art. 10 previsti per essere ammesso alla riproduzione selezionata.
Il certificato genealogico dei soggetti ammessi porterà la dicitura "soggetto ammesso alla riproduzione selezionata".
I certificati genealogici dei cani nati dall'accoppiamento di una fattrice ed uno stallone ammessi entrambi alla riproduzione selezionata riporteranno la dicitura: "Prodotto da genitori selezionati".
Possono essere iscritti nei registri della riproduzione selezionata anche soggetti importati che siano stati sottoposti, nel paese di origine, a verifica con la stessa procedura adottata in Italia o con procedura riconosciuta equivalente dalla CTC
I cani nati in Italia da stalloni esteri operanti in altro paese possono essere registrati nel registro della produzione selezionata qualora, la madre sia iscritta allo stesso registro della produzione selezionata e lo stallone estero risponda alle stesse norme di equivalenza già considerate per l'iscrizione di soggetti importati.
Art. 13
Il trasferimento di un soggetto da un proprietario o allevatore ad altro proprietario o allevatore, deve essere comunicato all’Ufficio
centrale, attraverso la delegazione competente, con la compilazione di apposito modulo (Mod. E) entro 30 giorni dalla data del trasferimento stesso.
Il Mod. E contiene le seguenti informazioni:
- nome e identificazione del soggetto;
- nome e codice dell'allevatore;
- nome e codice del proprietario, se diverso dall'allevatore;
- nome e codice dell'allevatore o del proprietario destinatario;
- data del passaggio di proprietà;
- firma dell'allevatore o del proprietario cedente.
Devono essere inoltre comunicati all''ENCI, entro 30 giorni dall'evento, morte, furto e scomparsa di cani iscritti al libro genealogico.
DOCUMENTI UFFICIALI
Art. 14
Sono documenti ufficiali:
Mod. A denuncia di monta e nascita;
Mod. B iscrizione cucciolata;
Mod. C2 attestato di iscrizione per ogni cucciolo registrato;
Mod. F richiesta iscrizione al Registro riproduttori di produzione selezionata;
Mod. D iscrizione registro degli allevatori e dei proprietari;
Mod. C1 iscrizione per singolo soggetto;
Mod. E passaggio di proprietà.
Elenco 1 riporta, per singola razza, l'elenco ufficiale dei soggetti maschi vivi con la specificazione di quelli ammessi alla riproduzione selezionata, e di quelli per i quali vi sia disponibilità di materiale seminale congelato;
Elenco 2 riporta per singola razza, l'elenco ufficiale delle fattrici vive con la specificazione di quelle ammesse alla riproduzione selezionata;
Elenco 3 riporta, per singola razza e per singola Delegazione, l'elenco ufficiale degli allevamenti iscritti.
Art. 15
Registri, certificati e moduli, nonché gli atti in genere del libro genealogico, contraddistinti con il marchio depositato dell'ENCI,
hanno valore ufficiale.
Chiunque sottragga, alteri e contraffaccia, i documenti ed i contrassegni depositati o chi ne faccia uso indebito è perseguito a norma di legge.
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 16
Tutti i titolari di allevamento, riconosciuti dall'ENCI e registrati nell'elenco degli affissi, sono direttamente iscritti nel registro degli
allevatori purché risultino, dai dati presenti negli archivi dell'ENCI, in possesso dei requisiti fissati all'art. 1.
Tutte le fattrici e gli stalloni già iscritti al LOI o al LIR all'atto dell'entrata in vigore del presente disciplinare, vengono trasferiti di
diritto nel Registro della produzione ordinaria dei riproduttori rispettivamente del ROI o del RSR.
Le presenti norme entreranno in vigore dalla data di approvazione da parte del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Le modifiche alle presenti norme tecniche, di iniziativa del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, nonché quelle proposte
dall'ENCI, su conforme parere della Commissione Tecnica Centrale, entrano in vigore dalla data del relativo decreto di approvazione.
ALLEGATO 2
DM n. 22383 del 30 giugno 2003
relativo alla modifica di alcune disposizioni del disciplinare
del libro genealogico del cane di razza
Ministero delle politiche agricole e forestali
IL DIRETTORE GENERALE
VISTO il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 529, "Attuazione della direttiva 91/174/CEE, relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza";
VISTO il decreto ministeriale n. 21095 del 5 febbraio 1996, con il quale, ai sensi del predetto decreto legislativo n. 529/92, è stato
approvato il Disciplinare del libro genealogico del cane di razza;
VISTO il decreto ministeriale n. 20894 del 18 aprile 2000 con il quale sono state approvate le norme tecniche del libro genealogico
del cane di razza ed il disciplinare del corpo degli esperti;
VISTA la nota n. 23052 del 29 maggio 2003 con la quale l'Ente Nazione Cinofilia Italiana (ENCI), che gestisce il libro genealogico del cane di razza, ha chiesto l'approvazione delle modifiche all'art. 7 del disciplinare del libro genealogico ed all'art. 1 delle
norme tecniche, concernenti l'iscrizione al registro degli allevatori, in conformità a quanto deliberato dalla Commissione Tecnica
Centrale nella riunione del 18 luglio 2002;
VISTO il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme generali sull'andamento del lavoro alle dipendenze dell'Amministrazione pubblica" ed in particolare l'art. 4 sull'indirizzo politico-amministrativo, funzioni e responsabilità;
CONSIDERATO che l'ENCI con la predetta nota n. 23052/03 ha manifestato l'esigenza, nelle more dell'attivazione del registro
degli allevatori, di raccordare la precedente figura dell'allevatore con affisso con l'attuale definizione di allevatore stabilita dal disciplinare del libro genealogico e dalle relative norme tecniche;
RITENUTO necessario predisporre una norma transitoria che preveda l'iniziale iscrizione nel registro degli allevatori di tutti gli
allevatori con affisso, subordinando peraltro il permanere dell'iscrizione alla verifica da effettuarsi entro un anno, del possesso dei
requisiti previsti dal disciplinare e relative norme tecniche;
CONSIDERATA l'assenza di una disciplina, ai sensi dell'art. 2 delle citate norme tecniche del libro genealogico, sulla concessione dell'affisso ad un allevatore;
CONSIDERATO che le nuove disposizioni, nel loro insieme, così come riformulate, risultato rispondenti alle finalità del libro
genealogico del cane di razza;
DECRETA:
ART. 1 - L'art. 7 del disciplinare del libro genealogico del cane di razza, approvato con D.M. n. 21095 del 5 febbraio 1996 è così
modificato:
"È istituito il Registro degli allevatori e dei proprietari, nel quale sono iscritti:
a) gli allevatori, cioè i proprietari di due fattrici che abbiano prodotto almeno una cucciolata ciascuna, iscritta al libro genealogico e nata negli ultimi tre anni;
b) i proprietari di soggetti iscritti al libro genealogico".
ART. 2 - L'art. 22 del disciplinare del libro genealogico del cane di razza, approvato con D.M. n. 21095 del 5 febbraio 1996 è così
modificato:
"È ammessa l'iscrizione al Registro allevatori degli allevatori titolari o associati in affisso. Entro un anno dalla data di emanazione del presente decreto, l'ENCI dovrà verificare che detti allevatori risultino in possesso dei requisiti previsti dall'art. 7 del disciplinare del libro genealogico provvedendo alla cancellazione di tutti coloro che ne risultino privi.
Tutti i cani già iscritti nei precedenti libri genealogici dell'ENCI mantengono la loro iscrizione. In attesa dell'emanazione delle
norme tecniche di cui all'art. 21, da emanare entro dodici mesi, restano in vigore quelle già approvate dal Consiglio direttivo dell'ENCI nel periodo 20 marzo 1986 - 1 gennaio 1995".
ART. 3 - L'art. 1 delle norme tecniche del libro genealogico del cane di razza, approvate con D.M. n. 220894 del 18 aprile 2000, è
modificato come segue:
"Al registro degli allevatori previsto dall'art. 7 lett. a), del disciplinare del libro genealogico del cane di razza possono chiedere di
essere iscritte le persone fisiche e giuridiche che, a qualsiasi titolo, svolgono attività di allevamento di fattrici iscritte al libro genealogico medesimo adibite alla riproduzione e che iscrivono ogni tre anni almeno due cucciolate prodotte da fattrici diverse. Al
registro dei proprietari previsto dall'art. 7 lett. b) del medesimo disciplinare possono chiedere di essere iscritte le persone fisiche e
giuridiche proprietarie di soggetti iscritti al Libro genealogico".
Roma, 3 giugno 2003
Il Direttore Generale
ALLEGATO 3
Decreto Ministeriale N. 21095 del 5 febbraio 1996
IL MINISTRO DELLE RISORSE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Direzione Generale delle Politiche Agricole ed Agroindustriali Nazionali
VISTO l’art. 71 lettera d) del D.P.R. 26 luglio 1977, n. 616 che demanda alla competenza statale l’ordinamento e la tenuta dei Libri
genealogici e dei relativi controlli funzionali;
VISTA la legge 15 gennaio 1991, n. 30 sulla ‘Disciplina della riproduzione animale’;
VISTO il D. L.gs n. 529 del 30.12.1992 che recepisce la direttiva 91/174/CEE del Consiglio del 25.3.1991 relativa alle condizioni
zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza;
VISTO il D.M. 26.7.1994 di attuazione dell’art. 3 della legge n. 30 del 15.1.1991 che stabilisce i requisiti che devono avere le Associazioni di allevatori che intendono tenere un Libro genealogico;
VISTO il R.D. n. 541 del 13.6.1940 con il quale è stato riconosciuto l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana;
VISTA la nota n. 740 del 11.1.1995 con la quale l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana ha chiesto l’istituzione del Disciplinare
del Libro genealogico del cane di razza in conformità di quanto deliberato dal Consiglio Direttivo dell’Ente nella seduta del 1011.10.1994;
SENTITO il Consiglio Superiore dell’Agricoltura e delle Foreste che ha espresso al riguardo parere favorevole nell’adunanza del
22.12.1995;
CONSIDERATO che il Disciplinare così come formulato risponde alle esigenze di selezione e miglioramento della specie canina;
DECRETA
ART. UNICO – È approvato il Disciplinare del Libro genealogico del cane di razza, costituito da 22 articoli, giusta testo allegato al
presente decreto.
Roma, li 05 Febbraio 1996
IL MINISTRO
DISCIPLINARE DEL LIBRO GENEALOGICO DEL CANE DI RAZZA
Art. 1
L’Ente Nazionale della Cinofililia Italiana (ENCI) in virtù dell’art. 2 del proprio Statuto, riconosciuto con Decreto del Presidente
della Repubblica n. 553 del 20 aprile 1960 e della legge n. 529 del 29.12.1992, istituisce il Libro genealogico dei cani di razza.
Art. 2
Organizzazione del Libro Genealogico
Il Libro genealogico rappresenta lo strumento per lo svolgimento dell’azione di miglioramento dei cani di razza ed ha, pertanto, la
finalità di indirizzare l’attività selettiva, promuovendone la valorizzazione zootecnica. Le attività del Libro genealogico sono svolte
con le norme di cui ai successivi articoli, sotto la vigilanza del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.
Art. 3
Allo svolgimento delle attività del Libro genealogico provvede l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana con:
a) la Commissione Tecnica Centrale,
b) l’Ufficio Centrale del Libro genealogico,
c) il Corpo degli esperti.
Art. 4
La Commissione Tecnica Centrale studia e determina i criteri per il miglioramento dei cani di razza, gli indirizzi di selezione e
propone eventuali modifiche al presente Disciplinare.
La Commissione Tecnica Centrale è composta da:
a) un rappresentante dei Servizi Zootecnici del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali;
b) un rappresentante dei Servizi Veterinari del Ministero della Sanità;
c) tre tecnici qualificati esperti in cinologia, di cui almeno uno docente o ricercatore universitario, nominati dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali e scelti fra una rosa di non meno di nove nominativi proposti dall’ENCI;
d) quattro allevatori di razza appartenenti a gruppi diversi designati dall’ENCI, dei quali uno Consigliere dell’Ente;
e) un funzionario del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, incaricato di vigilare, con carattere di continuità, sugli adempimenti previsti dal presente Disciplinare,
f) il Coordinatore nazionale degli esperti.
Il Direttore Generale dell’ENCI, o un suo delegato partecipa alle riunioni della Commissione Tecnica Centrale con funzioni di Segretario e senza diritto di voto.
La Commissione elegge tra i componenti il Presidente e il Vice Presidente.
I componenti della Commissione restano in carica per un triennio.
Gli allevatori possono essere confermati una sola volta.
In caso delle dimissioni o di impedimento di uno o più componenti, gli stessi verranno sostituiti con le medesime modalità previste
dal presente Disciplinare.
Le riunioni della Commissione sono valide con la presenza di almeno la metà più uno dei suoi componenti.
Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta dei voti dei presenti. In caso di parità dei voti prevale quello del Presidente. In
assenza del Presidente assume la presidenza il Vice Presidente.
La Commissione può costituire, per l’esame di particolari problemi, appositi gruppi di lavoro e promuovere la raccolta di dati su
popolazioni particolari, previa autorizzazione da parte dei Consiglio Direttivo dell’ENCI.
La convocazione della Commissione è fatta almeno 15 giorni prima della data della riunione.
Di ogni riunione della Commissione Tecnica Centrale è redatto apposito verbale che verrà firmato dal Presidente e dal Segretario.
Art. 5
L’Ufficio Centrale del Libro genealogico è l’insieme organizzato di personale, strutture ed attrezzature che provvede:
a) a garantire l’operatività dei Libro genealogico;
b) a compilare ed aggiornare i moduli e gli schedari;
c) ad effettuare l’elaborazione dei dati raccolti secondo quanto previsto dalle Norme tecniche ai fini della valutazione dei soggetti;
d) a rilasciare i documenti ufficiali del Libro genealogico secondo le modalità stabilite dal presente Disciplinare.
Responsabile dell’Attività dell’Ufficio Centrale, dell’applicazione del Disciplinare e delle Norme tecniche e dell’attuazione delle
delibere della Commissione Tecnica Centrale del Libro genealogico è il Direttore dell’ENCI
Art. 6
Il Corpo degli esperti, composto da tecnici specializzati iscritti in appositi Albi istituiti dall’Enci, è retto da Disciplinari predisposti
dall’Ufficio Centrale del Libro genealogico, su conforme parere della Commissione Tecnica Centrale, deliberato dal Consiglio Direttivo dell’ENCI ed approvato dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.
Art. 7
È istituito il Registro degli Allevatori e dei Proprietari, nel quale sono iscritti:
a) gli allevatori, cioè i proprietari di una femmina che abbia prodotto almeno una cucciolata iscritta ai Libro genealogico;
b) i proprietari di soggetti iscritti ai Libro genealogico.
Art. 8
Articolazione del Libro Genealogico
Il Libro genealogico si articola in:
a) Registro Origini Italiano (ROI);
b) Registro Supplementare Riconosciuti (RSR)
Il Registro Origini Italiano ed il Registro Supplementare Riconosciuti del Libro genealogico si suddividono in sezioni corrispondenti a ciascuna delle razze riconosciute, italiane ed estere, e descritte dalle Norme tecniche.
Art. 9
Il Registro Origini Italiano (ROI) è il registro nel quale vengono iscritti i cani di razza.
Possono essere iscritti al Registro Origini Italiano:
a) i cani nati in Italia da genitori iscritti nei Registro Origini Italiano;
b) i cani iscritti ad un Libro genealogico straniero riconosciuto dalla Federazione Cinologica Internazionale (FCI) come equivalente
al Registro Origini Italiano e di proprietà di cittadini italiani;
c) i cani i cui ascendenti per almeno tre generazioni siano stati iscritti al Registro Supplementare Riconosciuti ed in possesso dei
requisiti previsti dalle Norme tecniche.
Art. 10
Il Registro Supplementare Riconosciuti (RSR) è il registro nel quale vengono iscritti i cani dei quali non risulti l’origine impura e
che rivelino i caratteri di tipicità tali da farli ritenere di pura razza.
Possono essere iscritti al Registro Supplementare Riconosciuti:
a) i cani di ignota ascendenza (capostipiti), di razza italiana e estera, in possesso dei requisiti previsti dalla Norme tecniche. La
Commissione Tecnica Centrale può sospendere, anche a tempo indeterminato, l’iscrizione di capostipiti al RSR per una o più razze;
b) i cani di razza estera figli di fattrici iscritte al RSR e di stalloni iscritti al ROI o Libro estero equivalente;
c) i cani di razza estera figli di fattrici iscritte al ROI e di stalloni iscritti al RSR;
d) i cani di razza italiana figli di fattrici iscritte al RSR e di stalloni iscritti al RSR
Art. 11
Identificazione dei cani iscritti al Libro Genealogico
I soggetti nati in Italia vengono sottoposti a campione a visita di controllo entro 45 giorni dalla nascita da parte di un incaricato
dell’Ufficio Centrale dell’ENCI munito di tessera di riconoscimento.
I soggetti nati in Italia vengono identificati in modo permanente entro 120 giorni dalla nascita mediante apposizione obbligatoria di
un tatuaggio o altro strumento di identificazione approvato dalla Commissione Tecnica Centrale. È considerato valido ai fini identificativi del Libro genealogico il marchio eventualmente già apposto e certificato dall’Autorità sanitaria nell’ambito dei programmi
di lotta al randagismo.
I soggetti iscritti in un Libro genealogico estero riconosciuto dalla FCI e trasferiti in Italia in modo definitivo da Paesi Membri
dell’Unione Europea e da Paesi Terzi mantengono il loro marchio identificativo originale. In assenza di marchio identificativo detti
soggetti devono essere identificabili mediante apposizione di un tatuaggio o altro strumento di identificazione approvato dalla
Commissione Tecnica Centrale entro 30 giorni dalla loro definitiva introduzione in Italia.
Art. 12
Ai fini di un più sicuro controllo dell’identità dei soggetti, nonché per verificarne la compatibilità della paternità dichiarata,
l’Ufficio Centrale potrà in qualunque momento far effettuare prelievi di campioni biologici dai soggetti iscritti per sottoporli alle
analisi decise dalla Commissione Tecnica Centrale.
Art. 13
Documenti del Libro Genealogico
Per il funzionamento dei Libro Genealogico sono previsti, oltre ai registri di cui all’art. 7, i seguenti documenti predisposti dall’Ufficio Centrale:
a) Certificato genealogico per i soggetti iscritti al ROI;
b) Certificato d’iscrizione per i soggetti iscritti al RSR
Art. 14
Il Certificato genealogico o il Certificato d’iscrizione vengono rilasciati all’allevatore che ne faccia richiesta nei modi previsti dalle
Norme tecniche.
Per lo stesso soggetto è rilasciato un solo Certificato di iscrizione. Su richiesta motivata dell’allevatore può essere rilasciato un secondo Certificato genealogico o d’iscrizione sui quale verrà stampata in evidenza la parola ‘DUPLICATO’.
Sul Certificato genealogico e sul Certificato di iscrizione vengono registrati il nome dell’allevatore e, progressivamente, i nomi degli eventuali successivi proprietari.
La richiesta di rilascio del Certificato genealogico o del Certificato di iscrizione, ovvero la richiesta di registrazione del passaggio
di proprietà su detti certificati costituisce domanda di iscrizione al Registro di cui all’art. 8 e comporta pertanto l’accettazione da
parte dell’allevatore o del proprietario richiedente di tutti gli obblighi previsti dal presente Disciplinare.
Art. 15
Obblighi degli allevatori e funzionamento del Libro Genealogico
Gli allevatori ed i proprietari iscritti ai Registri di cui all’art. 8 sono tenuti a comunicare all’Ufficio Centrale tutte le inseminazioni,
le nascite, gli acquisti, le morti, le cessioni, i furti e gli smarrimenti di soggetti iscritti di loro proprietà secondo le modalità prescritte dall’Ufficio Centrale.
Art. 16
L’allevatore di soggetti iscritti ai Libro genealogico si impegna:
a) ad osservare il presente Disciplinare e le relative Norme tecniche di attuazione;
b) ad ottemperare alle disposizioni dell’Ufficio Centrale del Libro genealogico;
c) a fornire agli organi competenti del Libro genealogico chiarimenti e notizie riguardanti i soggetti iscritti ;
d) a consentire il prelievo di campioni biologici dei propri cani per l’effettuazione delle analisi di cui all’art. 12.
Art. 17
Per infrazioni agli obblighi di cui ai precedenti articoli 15 e 16, gli allevatori ed i proprietari iscritti al Registro di cui all’art. 8 sono
passibili dei seguenti provvedimenti:
a) ammonimento;
b) annullamento dell’iscrizione di determinati soggetti;
c) sospensione dal Registro degli allevatori e dei proprietari di cui all’art. 8;
d) radiazione dal Registro degli allevatori e dei proprietari di cui all’art. 8;
e) denuNcia all’Autorità giudiziaria nei casi di frode,
I provvedimenti di cui punti a) e b) del presente articolo sono disposti
dall’Ufficio Centrale del Libro genealogico.
I provvedimenti di cui ai punti c), d), ed e) sono deliberati dall’ENCI su proposta dell’Ufficio Centrale e su conforme parere della
Commissione Tecnica Centrale.
Art. 18
Finanziamento delle attività del Libro Genealogico
Al finanziamento delle attività del Libro genealogico l’ENCI provvede con risorse tratte da:
a) quote associative;
b) proventi per servizi resi nell’ambito dell’attività istituzionale;
c) contributi utili allo svolgimento dei compiti istituzionali a qualunque titolo messo a disposizione;
d) contributi comunitari, statali e regionali in applicazione di leggi in materia zootecnica;
e) altre eventuali entrate.
Art. 19
Disposizioni generali
Registri, certificato e moduli, nonché gli atti in genere del Libro genealogico hanno valore ufficiale.
Chiunque sottragga, alteri o contraffaccia i documenti ed i contrassegni depositati o chi ne faccia uso indebito è perseguitato a norma di
legge.
Art. 20
Le modifiche del presente Disciplinare, d’iniziativa del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali o proposte
dall’ENCI su conforme parere della Commissione Tecnica Centrale, entrano in vigore dalla data del relativo decreto di approvazione.
Art. 21
Le Norme tecniche costituiscono parte integrante del presente Disciplinare e sono proposte dalla Commissione Tecnica Centrale,
deliberate dal Consiglio Direttivo dell’ENCI ed approvate dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali. Le modifiche alle Norme tecniche d’iniziativa del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali entrano in vigore dalla data del
relativo Decreto di approvazione; quelle proposte dall’ENCI, sentito il parere della Commissione Tecnica Centrale, devono venire
trasmesse al Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali entro 60 giorni dalla data della delibera dell’Ente.
Le modifiche entrano in vigore dalla data del relativo Decreto di approvazione da parte del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.
Art. 22
Disposizioni transitorie
Entrano a far parte del Libro genealogico tutti i soggetti già registrati negli attuali Libri genealogici dell’ENCI con i nominativi dei
relativi allevatori e proprietari.
In attesa dell’emanazione delle Norme tecniche di cui all’art. 21, da emanare entro dodici mesi, restano in vigore quelle già approvate dal Consiglio Direttivo nel periodo 20 marzo 1986 – 1 gennaio 1995.
VISTO: Si approva
IL MINISTRO
ALLEGATO 4
Decreto Ministeriale n. 21203 – 8 marzo 2005
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
DIPARTIMENTO DELLA QUALITÀ DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI E DEI SERVIZI
DIREZIONE GENERALE PER LA QUALITÀ DEI PRODOTTI AGROALIMENTARIE LA TUTELA DEL CONSUMATORE
Ufficio QTC IX – Prod. animali
IL DIRETTORE GENERALE
VISTO il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 529, "Attuazione della direttiva 91/174/CEE, relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza";
VISTO il decreto ministeriale n. 21095 del 5 febbraio 1996, con il quale, ai sensi del predetto decreto legislativo n. 529/92, è stato
approvato il disciplinare del libro genealogico del cane di razza;
VISTO il decreto ministeriale n. 20894 del 18 aprile 2000 con il quale sono state approvate le norme tecniche del libro genealogico
del cane di razza ed il disciplinare del corpo degli esperti;
VISTO il decreto ministeriale n. 22383 del 3 giugno 2003 con il quale sono state apportate alcune modifiche alle predette norme
tecniche;
VISTA la nota n. 5924 del 14 febbraio 2005 con la quale l'Ente Nazionale Cinofilia Italiana (ENCI), che gestisce il libro genealogico del cane di razza, ha chiesto l’approvazione di un nuovo testo delle norme tecniche in conformità a quanto deliberato dalla
Commissione Tecnica Centrale nella riunione del 26 agosto 2004 e del codice etico dell’allevatore di cani in conformità a quanto
deliberato dalla stessa Commissione Tecnica Centrale nella riunione del 27 ottobre 2004;
RITENUTO necessario apportare alcune correzioni formali al testo delle norme tecniche innanzi richiamate;
CONSIDERATO che le nuove disposizioni, nel loro insieme, così come riformulate, risultano rispondenti alle finalità del libro
genealogico del cane di razza;
RITENUTO di accogliere la richiesta al fine di consentire un miglior funzionamento del libro genealogico del cane di razza;
DECRETA:
ARTICOLO UNICO: È approvato il nuovo testo delle norme tecniche del libro genealogico del cane di razza, costituito da n. 14
articoli, giusta testo allegato al presente decreto.
Roma, 8 Marzo 2005
NORME TECNICHE LIBRO GENEALOGICO DEL CANE DI RAZZA
Decreto Ministeriale 21203 – 8 marzo 2005
REGISTRI DEGLI ALLEVATORI E DEI PROPRIETARI
Art. 1
1. Al registro degli allevatori previsto all'art. 7 lett. a), del disciplinare del libro genealogico del cane di razza possono chiedere di
essere scritte le persone fisiche e giuridiche che, a qualsiasi titolo, allevino sul territorio nazionale cani di razza iscritti ai registri del
libro genealogico e che siano proprietari di almeno due fattrici, ciascuna delle quali abbia prodotto almeno una cucciolata iscritta al
libro genealogico e nata negli ultimi tre anni.
2. Al registro dei proprietari previsto all'art. 7 lett. b) del medesimo disciplinare sono iscritte le persone fisiche e giuridiche proprietarie di soggetti iscritti al libro genealogico.
Art. 2
1. L'iscrizione al registro degli allevatori è richiesta per iscritto all'Ufficio Centrale del libro genealogico (UC) dagli interessati. Gli
allevatori devono includere nella domanda, oltre ai dati anagrafici e fiscali, la residenza, l’ubicazione delle eventuali strutture di
allevamento, la razza e l’identificazione delle fattrici di cui all’atto dell’iscrizione sono proprietari, nonché, se del caso il certificato
comprovante l’iscrizione dell’impresa agricola al registro delle imprese presso la competente C.C.I.A.A. ai sensi della Legge 29
dicembre 1993, n. 580 e successive modifiche.
2. Gli allevatori che possono essere iscritti al registro devono:
a) svolgere attività di miglioramento genetico seguendo gli indirizzi stabiliti dal libro genealogico;
b) astenersi da comportamenti e azioni che possano arrecare nocumento o danno all'immagine ed all'organizzazione del libro genealogico;
c) sottoporsi ai controlli previsti dalle norme e dai regolamenti vigenti;
d) iscrivere ogni tre anni almeno due cucciolate prodotte da due fattrici diverse;
e) comunicare tempestivamente ogni variazione dei propri dati anagrafici e fiscali;
f) sottoporre i propri cani e strutture ai controlli sanitari previsti dalla legislazione vigente.
3. All’atto della richiesta l’allevatore si impegna a sottoscrivere il codice etico (allegato). Nel caso di infrazione ai principi che precedono, in estensione a quanto disposto dall’art 16 del disciplinare del libro genealogico, si applicano i provvedimenti di cui all’art
17 del disciplinare medesimo.
4. Il giudizio d’idoneità per il comma 2 è di competenza dell'UC. L'allevatore, per il quale l’UC non abbia dato parere favorevole
all'iscrizione, può presentare ricorso alla Commissione Tecnica Centrale (CTC).
5. L'UC provvede alla cancellazione degli allevatori per i quali cessino di sussistere le condizioni di iscrizione al registro degli allevatori, nonché degli allevatori che abbiano presentato le proprie dimissioni. In entrambi i casi le informazioni rimangono agli atti
del libro genealogico.
6. I proprietari di cani di razza iscritti al libro genealogico vengono iscritti al registro dei proprietari sul quale sono annotati obbligatoriamente i dati anagrafici e fiscali dei proprietari medesimi dagli stessi obbligatoriamente forniti.
7. La concessione della titolarità di un affisso ad un allevatore, è disciplinata con apposite norme tecniche, in armonia a quanto stabilito dalla Federazione Cinologica Internazionale (FCI), proposte dalla CTC e approvate dal Ministero delle politiche agricole e
forestali.
REGISTRI DEL LIBRO GENEALOGICO
Art. 3
1. I due registri ROI (Registro Origini Italiano) e RSR (Registro supplementare riconosciuti) previsti dall'art. 8 del disciplinare del
libro genealogico, comprendono ciascuno:
a) il registro femmine e maschi riproduttori di produzione ordinaria;
b) il registro femmine e maschi riproduttori di produzione selezionata limitatamente ai soggetti iscritti al ROI.
2. Sono iscritti nel registro della produzione ordinaria i soggetti figli di genitori iscritti al ROI e al RSR.
3. Sono iscritti nel registro della produzione selezionata, i soggetti figli di genitori iscritti al ROI per i quali siano soddisfatte le verifiche di cui all’art. 8.
4. È inoltre previsto un registro supplementare aperto (RSA) per l’iscrizione di soggetti appartenenti a popolazioni tipiche italiane
in fase di recupero come razze.
5. Gli standards morfologici e di lavoro delle nuove razze canine sono quelli adottati dalla FCI e dall’ENCI.
ISCRIZIONE AI LIBRI GENEALOGICI
Art. 4
1. L'iscrizione dei cani al ROI e al RSR può essere effettuata per cucciolata o per singolo soggetto.
Art. 5
Iscrizione dei cani capostipiti all’RSR
1. I cani delle razze italiane ed estere, senza distinzione di sesso, possono essere iscritti nel RSR come capostipiti, allorché:
2. per la razza interessata su proposta della competente associazione specializzata non sia stata deliberata dalla CTC la chiusura del
libro;
3. abbiano conseguito, in una manifestazione canina riconosciuta dall’ENCI, un certificato di tipicità (C.T.).
4. per le razze sottoposte in Italia a prova di lavoro, sia stato conseguito un certificato di qualità naturali (CQN) o la qualifica di
almeno “Molto Buono” in una prova riconosciuta dall’ENCI, in apposita classe.
5. I soggetti di qualsiasi razza, italiana o non, e di qualsiasi sesso, discendenti da almeno tre generazioni complete, registrate nel
RSR, possono ottenere il passaggio d’iscrizione nel ROI purché abbiano conseguito il C.T. nella Classe RSR, oppure la qualifica di
“Molto Buono” in un’altra classe, nell’ambito di un’esposizione riconosciuta dall’ENCI.
6. I cani delle razze italiane, già iscritti all’RSR, se proclamati campioni italiani di bellezza acquistano il diritto di essere iscritti al
ROI.
Art. 6
Iscrizione per cucciolata
1. L'iscrizione ai registri genealogici per cucciolata, riguarda tutti i soggetti nati in Italia da un accoppiamento tra cani della stessa
razza, iscritti ai registri del libro genealogico. Essa si svolge con le modalità di seguito riportate:
1.1.Denuncia di monta e nascita
Entro 25 giorni dall’avvenuta nascita della cucciolata, il proprietario della fattrice ne da comunicazione alla delegazione competente per territorio, secondo quanto indicato dallo UC, utilizzando l’apposito modulo predisposto dallo stesso UC ed indicando la
data della monta. Nel caso sia stato usato uno stallone con certificato estero, la denuncia dovrà essere inviata corredata della copia
del certificato genealogico e dei certificati attestanti eventuali titoli e performance del medesimo.
1.2.Identificazione dei cuccioli
Entro 60 giorni dalla nascita i cuccioli devono essere identificati con microchip. I cuccioli non possono essere ceduti prima dei 60
giorni dalla nascita.
1.3. Denuncia di cucciolata
1.3.1. Entro 90 giorni dalla nascita dei cuccioli, l’allevatore ne fa denuncia alla delegazione competente per territorio utilizzando
l’apposito modulo previsto dall’UC.
1.3.2. La denuncia su apposito modulo deve contenere i seguenti dati:
a) nominativo completo di indirizzo e codice fiscale dell’allevatore della cucciolata;
b) dati relativi ai riproduttori (nome, iscrizione al libro genealogico, microchip);
c) nome dei cuccioli nati, sesso, codice microchip di ogni cucciolo, mantello, nome dell’eventuale nuovo proprietario del cucciolo
completo di indirizzo e codice fiscale;
1.3.3. L’UC o la delegazione competente per territorio eseguono i controlli sulle cucciolate verificando l’identità della fattrice attraverso il codice identificativo, il numero dei cuccioli ed il sesso di ognuno di essi).
1.3.4. La delegazione che riceve le denuncie compilate e sottoscritte deve, entro 15 giorni, trasmetterle all’UC. La trasmissione potrà avvenire anche per via telematica.
1.3.5. L’UC provvede a rilasciare il certificato genealogico entro tre mesi dalla denuncia di cucciolata.
1.3.6. Il certificato genealogico contiene le seguenti informazioni:
a) nome del cane, numero di iscrizione nel registro genealogico, razza, sesso, data di nascita, colore e macchie del mantello, codice
microchip;
b) nomi e numeri di iscrizione degli ascendenti;
c) nome dell’allevatore;
d) dati del proprietario;
e) dati relativi a caratteristiche, performance, titoli e verifiche di patologie ereditarie, laddove previste, di genitori, nonni, bisnonni
e trisnonni.
Art. 7
Iscrizione di un singolo soggetto
1. L'iscrizione per singolo soggetto ai registri ROI e RSR, si riferisce ai seguenti cani:
a) cani nati in Italia i cui ascendenti per almeno tre generazioni siano stati iscritti all’RSR, secondo quanto previsto all’art. 3;
b) cani importati in Italia e già iscritti nel Paese di origine in un registro genealogico riconosciuto o convenzionato dalla FCI e per i
quali risulti registrata all'estero la cessione al nuovo proprietario italiano. Il certificato del paese di origine rimane valido per i cani
importati con l'attestazione della presa in carico sul registro italiano. L'iscrizione per singolo soggetto al ROI e all’RSR, deve essere avanzata all’UC, attraverso la delegazione competente.
CONTROLLO DELLA PARENTELA
Art. 8
1. L'UC, ogni anno, può sottoporre, a verifica della corretta attribuzione della paternità e maternità un campione di soggetti attraverso l’analisi del loro DNA presso un laboratorio riconosciuto sulla base di un capitolato approvato dalla CTC per gli aspetti tecnici di sua competenza.
2. La banca del materiale biologico e l’archivio delle formule dei marcatori genetici rimane di inalienabile ed esclusiva disponibilità dell’ENCI.
3. La scelta del campione di materiale biologico può essere random o mirata, con criteri approvati dalla CTC; il prelievo del campione viene effettuato da medici veterinari o controllori autorizzati dalla delegazione, ed i il campione stesso inviato a cura della
delegazione medesima, secondo le modalità indicate dall’UC.
4. Il prelievo del campione di materiale biologico ed il suo invio al laboratorio riconosciuto sono obbligatori, al fine di consentire
l’eventuale necessità di identificazione con analisi del DNA, per i seguenti riproduttori:
a) tutti i riproduttori da ammettere alla riproduzione selezionata (art. 10);
b) tutti gli stalloni che hanno prodotto più di 5 cucciolate;
c) tutti gli stalloni usati in inseminazione artificiale;
d) tutti gli stalloni esteri in Italia in stazione di monta;
e) i campioni di bellezza, di lavoro e riproduttori riconosciuti dall’ENCI prima dell’omologazione del titolo e che ottengano eventuali altri titoli da riportare sul certificato genealogico.
5. La mancata rispondenza del test comporta l'annullamento dei certificati genealogici della cucciolata cui il soggetto controllato
appartiene fino a prova contraria, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di cui all'art. 17 del disciplinare del libro genealogico.
6. Nel caso di fortuita monta, ripetuta con stalloni diversi, denunciata dall'allevatore o dal proprietario, la verifica deve essere effettuata su tutta la cucciolata a spese dell’allevatore.
REQUISITI PER L'AMMISSIONE ALLA RIPRODUZIONE
Art. 9
1. Tutti i genitori delle cucciolate iscritte sono registrati quali riproduttori ordinari o selezionati.
2. Riproduttore selezionato
2.1. È il soggetto iscritto al ROI che in manifestazioni ufficiali ENCI, valutato da un esperto giudice specialista di razza, presenti i
seguenti requisiti:
a) giudizio morfologico e comportamentale di idoneità, con sintetica descrizione analitica;
b) per le razze sottoposte a prova di lavoro, certificato di superamento della prova per adire alla classe lavoro in esposizione prevista per la singola razza, cosi come determinato dall’ENCI su proposta dell’associazione specializzata interessata;
2.2 .Il riproduttore selezionato deve essere controllato per le patologie ereditarie più significative per ciascuna razza, secondo
quanto proposto dalle rispettive associazioni specializzate di razza ed approvato dalla CTC. Nel caso di mancanza di proposte da
parte dell’associazione specializzata di razza, o nel caso di razze per le quali non sia stata riconosciuta una associazione specializzata, è la CTC a stabilire le patologie ereditarie da controllare.
3. Le associazioni specializzate di razza propongono alla approvazione della CTC obiettivi e criteri di selezione nonché i requisiti
per l’ammissione alla riproduzione naturale o alla inseminazione artificiale.
4. Il libro genealogico rileva le caratteristiche morfo-funzionali, genetiche e genealogiche dei cani iscritti.
5. Il registro genealogico dei riproduttori selezionati riporta, oltre ai dati anagrafici e genealogici, le caratteristiche morfofunzionali, attitudinali e di lavoro, e relative qualifiche acquisite.
Art. 10
1. La richiesta di iscrizione di un soggetto nel registro dei riproduttori selezionati è inoltrata all’UC compilando apposito modulo.
2. Ai fini dell’ammissione alla riproduzione selezionata dei soggetti importati ed iscritti al registro del libro genealogico sono richiesti gli stessi requisiti di cui all’art. 9.
3. In caso di monta o fecondazione artificiale di stallone estero, i figli potranno essere iscritti come “nati da genitori selezionati”
soltanto se anche per tali stalloni è dimostrato il possesso di analoghi requisiti di cui all’art. 9.
4. I figli di riproduttori selezionati avranno un certificato genealogico differenziato, con la scritta: “nato da genitori selezionati”
DIFFUSIONE DEI DATI DI LIBRO GENEALOGICO
Art. 11
1. L’UC rende pubblicamente consultabili, anche per via telematica, nel rispetto della legge sulla privacy n° 196/03, le informazioni relative all’identificazione degli allevatori e dei proprietari iscritti al registro di cui all’art. 7 del disciplinare di libro genealogico,
nonché quelle relative alle caratteristiche anagrafiche, morfologiche, funzionali, genetiche, genealogiche e sanitarie dei cani iscritti.
2. Registri, certificati e moduli, nonché gli atti in genere del libro genealogico, contraddistinti con il marchio depositato dell’ENCI,
hanno valore ufficiale.
3. Chiunque sottragga, alteri, contraffaccia o integri i documenti ufficiali e i contrassegni depositati del libro genealogico, o chi ne
faccia uso indebito è perseguito a norma di legge.
PASSAGGIO DI PROPRIETÀ
Art. 12
1. Il trasferimento di un soggetto dall’allevatore ad altro proprietario deve essere comunicato dall’allevatore all’UC, attraverso la
delegazione competente, che provvede anche ad effettuare la registrazione sul documento in originale. La comunicazione deve essere inviata entro 30 giorni dalla data del trasferimento stesso, con la compilazione di un apposito modulo predisposto dall’UC,
controfirmato dal nuovo proprietario, contenente i seguenti dati:
a) delegazione che ha effettuato la registrazione;
b) numero di iscrizione al libro genealogico del cane;
c) codice microchip del cane;
d) nominativo completo di indirizzo e codice fiscale del proprietario cedente;
e) nominativo completo di indirizzo e codice fiscale del nuovo proprietario;
f) data di cessione del cane;
g) data di registrazione presso la delegazione.
2. Devono essere comunicati all’UC, anche tramite la delegazione competente, entro 30 giorni dall’evento, morte, furto e scomparsa di cani iscritti al libro genealogico.
Art. 13
1. Per il funzionamento del libro genealogico è costituita una banca dati contenente tutte le informazioni riguardanti gli allevatori, i
proprietari ed i cani iscritti.
2. Alla banca dati affluiscono i dati e le informazioni rilevate dall’UC, dalle delegazioni e dagli esperti giudici di razza mediante:
a) dichiarazione di monta e di nascita e di iscrizione di cucciolata, da compilare a cura dell’allevatore o del proprietario e da inviarsi alle delegazioni;
b) passaggi di proprietà;
c) schede di valutazione morfologiche, di attitudine e di lavoro redatte dai competenti esperti;
d) verifiche di patologie ereditarie;
e) analisi del DNA;
f) altri moduli e procedure informatiche ammessi dall’UC.
3. Le informazioni contenute nella banca dati consentono:
a) la gestione informatica ed il mantenimento del registro degli allevatori e dei registri del libro genealogico;
b) il rilascio dei certificati ufficiali:
- certificato genealogico,
- certificato di parentela;
c) il rilascio di moduli di servizio, elenchi, tabulati ecc. nei modi e nei formati stabiliti dall’UC.
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 14
1. Gli standard di razza sono quelli emanati dalla FCI, nelle lingue ufficiali riconosciute, e rimangono in vigore fino ad eventuali
aggiornamenti.
2. Le norme che regolano le manifestazioni del libro genealogico, in uso al momento dell’entrata in vigore delle presenti norme
tecniche, rimangono in vigore fino all’emanazione di successive disposizioni da parte dell’UC su conforme parere della CTC.
3. Le presenti norme entreranno in vigore dalla data di approvazione da parte del Ministero delle politiche agricole e forestali.
4. Le modifiche alle presenti norme tecniche, di iniziativa del Ministero delle politiche agricole e forestali, nonché quelle proposte
dall'ENCI, su conforme parere della CTC, entrano in vigore dalla data del relativo decreto di approvazione.
Allegato alle norme tecniche del libro genealogico del cane di razza
CODICE ETICO DELL’ALLEVATORE DI CANI
PREMESSA
L’ allevamento e la selezione del cane è associato a responsabilità di tipo etico che richiedono una gestione seria e onesta. Pertanto
è fatto obbligo agli iscritti al Registro degli allevatori del libro genealogico del cane di razza di rispettare il seguente regolamento.
CONDIZIONI DI ALLEVAMENTO
1. Mantenere i propri cani nelle migliori condizioni di benessere e salute, con adeguate cure, pulizia, igiene, esercizio fisico e contatto con le persone.
2. Rispettare la normativa vigente sul benessere degli animali.
SELEZIONE
3. Impegnarsi ad approfondire le conoscenze sulla razza, sul suo standard morfologico, sulle problematiche sanitarie e sulle caratteristiche comportamentali e funzionali, in modo da interpretare correttamente gli obiettivi di selezione.
4. Selezionare con l’obiettivo di migliorare la qualità della razza, secondo quanto previsto dallo standard di razza ufficiale (FCI).
5. Non agire come prestanome per la registrazione al libro genealogico di riproduttori o di cucciolate.
6. Osservare la normativa e i regolamenti dell’ENCI e delle associazioni da esso riconosciute.
7. Far riprodurre solo cani iscritti al libro genealogico italiano o a libri esteri riconosciuti dalla Federazione Cinologica Internazionale.
8. Non vendere cani non iscritti al libro genealogico.
9. Far riprodurre cani sani, cioè privi di malattie manifeste o impedimenti a una corretta funzionalità o portatori di patologie ereditarie rilevate.
10. Rendere accessibili gli esiti diagnostici di patologie ereditarie prima dell’accoppiamento, ai proprietari dello stallone o della
fattrice del quale o a favore della quale viene richiesta la prestazione di monta.
11. Non accoppiare femmine troppo giovani, non prima del secondo calore, o troppo anziane. Dopo i sette anni di età è opportuno
ottenere un certificato veterinario di idoneità alla riproduzione.
12. Per le razze in cui sono richiesti test comportamentali, rendere accessibili gli esiti delle valutazioni prima dell’accoppiamento.
13. Rilevare e registrare in modo accurato i dati di allevamento.
RIPRODUZIONE
14. Nell’allevamento impiegare solo soggetti che possono riprodursi in modo naturale. Evitare l’impiego della inseminazione artificiale (I.A.) per quei soggetti non in grado di accoppiarsi naturalmente.
15. Evitare di far riprodurre cani con reazioni comportamentali deviate come paura esagerata o aggressività.
16. E’ opportuno che una fattrice, a salvaguardia del suo benessere, non abbia più di cinque cucciolate nella sua vita.
PUBBLICITA’ E COMMERCIO
17. Non essere dedito ad abituale commercio di cani da lui non allevati.
18. Fornire informazioni veritiere e complete sui cani del proprio allevamento.
19. Fare pubblicità del proprio allevamento e dei propri cani in modo onesto, e veritiero.
20. Non offrire cani a vendite per corrispondenza o come premio in competizioni o lotterie.
21. Non consegnare cuccioli prima dei 60 giorni di vita.
22. Assicurarsi che l’acquirente si renda conto della responsabilità di detenere un cane e sia conscio delle caratteristiche morfologiche e comportamentali della razza.
23. Informare preferibilmente per iscritto l’acquirente sulla genealogia, sull’alimentazione avuta, i trattamenti antiparassitari e immunizzanti effettuati, e fornire indicazioni e consigli per una corretta socializzazione.
ALLEGATO 5
Ente Nazionale della Cinofilia Italiana
D. M. n. 20640 del 24 febbraio 2000
Statuto Sociale dell'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana
Titolo I
Norme generali
Costituzione
Art. 1
1. L'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI) con sede in Milano, riconosciuto con R.D. 13 giugno 1940 n. 1051 e sottoposto
alla vigilanza del Ministero per le Politiche Agricole, di seguito denominato Ministero, con D. L. del Capo Provvisorio dello Stato
del 23 dicembre 1947 n. 1665, è regolato dal presente Statuto Sociale.
2. L'ENCI svolge la sua attività in tutto il territorio nazionale e, con deliberazione del Consiglio Direttivo, può nominare propri delegati e delegazioni e costituire uffici distaccati.
3. La durata dell'Ente è illimitata.
4. L'Ente non ha scopo di lucro.
Scopi
Art. 2
L'ENCI è un'associazione di allevatori a carattere tecnico-economico, ha lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute pure, migliorandone ed incrementandone l'allevamento, nonché disciplinandone e favorendone l'impiego e la valorizzazione ai fini zootecnici, oltre che sportivi. Per il conseguimento di questi fini l'Ente:
a) regola e controlla la produzione e l'allevamento dei cani di razza con particolare riguardo alle esigenze della cinotecnia italiana;
b) cura la tenuta dei libri genealogici e registri anagrafici nel rispetto della normativa vigente, sulla base di appositi disciplinari approvati con decreto del Ministero in armonia con le normative comunitarie con particolare riguardo al D.L.vo 30/12/1992 n. 529,
attuativo della direttiva CEE n. 91/174, nonché nel rispetto degli indirizzi della Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.) in
quanto compatibili;
c) provvede alla formazione, alla qualificazione tecnica ed all'aggiornamento culturale di giudici ed esperti da impiegare per la valutazione delle caratteristiche morfologiche e funzionali di soggetti appartenenti alle razze canine, istituendo e tenendo aggiornato
il relativo Registro sulla scorta di disciplinari approvati dal Ministero con proprio decreto. Provvede altresì alla tenuta ed aggiornamento degli elenchi di altri specialisti della cinotecnia e ne cura la preparazione tecnica e l'aggiornamento culturale;
d) regola, approva, riconosce, patrocina ed organizza in Italia, anche direttamente, esposizioni, prove, corse ed ogni altra manifestazione cinotecnica anche con finalità sportive, al fine di verificare i risultati zootecnici e favorire la selezione dei prodotti dell'allevamento nazionale. Può intraprendere anche all'estero le iniziative di cui al comma precedente intese a favorire la conoscenza e la
valorizzazione dell'allevamento italiano. Può gestire strutture destinate all'allevamento di cani da lavoro ed alle relative prove di
verifica zootecnica. Indipendentemente dalle attività sopra esposte, può procedere anche ad organizzare, direttamente o indirettamente manifestazioni ufficiali di libro genealogico sulla base di apposito disciplinare approvato con decreto del Ministero;
e) promuove studi e ricerche interessanti la cinotecnia ed aiuta le iniziative qualificate rivolte allo studio, al controllo, al miglioramento ed alla diffusione delle razze canine;
f) può partecipare ad Enti ed Associazioni aventi fini analoghi e può assumere partecipazioni anche societarie strumentali al perseguimento degli scopi sociali;
g) esercita ogni altra funzione che gli sia demandata da leggi e da disposizioni emanate dalle competenti Autorità;
h) potrà curare stampe e pubblicazioni utili alla diffusione delle attività inerenti l'oggetto sociale.
Soci
Art. 3
1. Sono soci dell'ENCI:
a) i cinofili, iscritti al Registro degli Allevatori previsto dal disciplinare del libro genealogico, residenti in Italia ed in regola con i
versamenti della quota associativa annuale;
b) i Gruppi Cinofili riconosciuti dall'ENCI che associano almeno 50 cinofili proprietari di soggetti iscritti al libro genealogico;
c) le Associazioni Specializzate di razza che associano almeno 50 cinofili proprietari di soggetti iscritti al libro genealogico.
I Soci di cui alla lettera a) ed i cinofili proprietari di cui alle lettere b) e c) possono associarsi ad un solo Gruppo Cinofilo e ad una
sola Associazione Specializzata ad eccezione dei Soci Allevatori e dei proprietari di cani appartenenti a più di una razza i quali
possono associarsi alle relative Associazioni Specializzate.
2. Il Consiglio Direttivo dell'ENCI può proporre all'Assemblea la nomina a Socio Onorario di persone o di associazioni, anche
straniere, che abbiano acquisito particolari benemerenze nel campo della cinotecnia e nei riguardi dell'ENCI.
Domanda di ammissione a Socio
Art. 4
1. Per far parte dell'ENCI in qualità di Socio Allevatore o di Gruppo Cinofilo o Associazione Specializzata, di cui rispettivamente
lettera a), lettera b) e lettera c), comma 1 dell'art. 3, occorre proporre domanda secondo le modalità fissate dal Regolamento per
l'attuazione del presente Statuto.
2. Su ciascuna domanda si pronuncia il Consiglio Direttivo entro 90 giorni dalla data di presentazione della stessa.
3. In caso di non accettazione, l'aspirante socio entro 30 giorni dalla comunicazione, può presentare al Presidente dell'Ente reclamo
che verrà esaminato dall'Assemblea dei soci nella prima seduta utile.
Diritti sociali
Art. 5
1. L'esercizio dei diritti sociali spetta ai Soci allevatori, ai Gruppi Cinofili ed alle Associazioni Specializzate regolarmente iscritti
ed in regola con i versamenti delle quote annuali.
2. Il Gruppo Cinofilo e l'Associazione Specializzata sono rappresentati nell'Assemblea dell'ENCI dal loro Presidente che in caso di
impedimento può essere sostituito dal Vice Presidente, oppure, per delega, attribuita dal Presidente ad un Consigliere o ad altro Socio dello stesso Gruppo o della stessa Associazione.
Obblighi dei soci
Art. 6
1. Ogni socio dell'ENCI deve corrispondere:
a) una quota annuale fissata dall'Assemblea su proposta del Consiglio Direttivo, che deve essere versata entro il primo trimestre di
ogni anno; la quota annuale dei Gruppi Cinofili e delle Associazioni Specializzate è proporzionale al numero dei propri associati;
b) eventuali contributi straordinari relativi ad iniziative di carattere particolare approvate dall'Assemblea
2. Le quote di partecipazione e gli eventuali altri contributi non sono in alcun modo trasmissibili ad altro socio e non rivalutabili.
Perdita della qualità di Socio
Art. 7
1. La qualità di Socio si perde:
a) per dimissioni, comunicate con un preavviso di 3 mesi, tramite lettera raccomandata, al Consiglio Direttivo;
b) per morosità, qualora non abbia versato entro l'anno i contributi di cui all'art. 6;
c) per esclusione e decadenza, dovuta a grave infrazione delle disposizioni contenute nel presente Statuto e nelle deliberazioni degli
Organi dell'Ente;
d) per decesso.
La perdita della qualità di socio sarà deliberata dal Consiglio Direttivo nei casi di cui alle lettere a), b) e d); dall'Assemblea dei soci su proposta del Consiglio Direttivo sentita la Commissione di Disciplina nel caso di cui alla lettera c).
2. La qualità di Gruppo Cinofilo e di Associazione Specializzata si perde, altresì, per decadenza, pronunciata dal Consiglio Direttivo:
a) quando venga a cessare l'attività degli stessi;
b) quando vengono apportate ai loro Statuti modifiche tali da renderne gli scopi incompatibili con le finalità dell'ENCI;
c) quando il numero dei Soci scende al di sotto di 50 componenti.
3. Il Consiglio Direttivo non può dichiarare la decadenza di un Gruppo Cinofilo o di una Associazione Specializzata nell'ultimo
semestre del proprio mandato.
4. La perdita della qualità di Associato importa la rinuncia ad ogni diritto sul patrimonio dell'Associazione.
5. La perdita della qualità di socio ha effetto: - con la fine dell'anno nel quale scadono i tre mesi dalla data di dimissioni in cui al
punto a) del comma 1; - con la fine dell'anno nel quale viene dichiarata la morosità di cui al punto b) del comma 1; - immediatamente per i casi di decesso, esclusione e decadenza.
Titolo II
Struttura dell'Associazione
Sezione I: organi sociali
Art. 8
1. Sono organi sociali:
a) l'Assemblea dei Soci;
b) il Consiglio Direttivo;
c) il Comitato Esecutivo;
d) il Presidente;
e) il Collegio Sindacale;
f) le Commissioni di Disciplina di 1a e 2a Istanza;
g) i Consigli Regionali.
2. Tutte le cariche sociali con esclusione dei componenti del Collegio Sindacale, sono gratuite.
Ai componenti degli organi di cui al numero 1 lettere b, c, d, e, f, per l'esercizio dell'attività istituzionale spetta il rimborso delle
spese di viaggio.
3. I membri degli organi sociali in caso di cessazione del mandato restano in carica fino alla loro sostituzione.
Sezione II Assemblea
Art. 9
1. L'Assemblea è composta dai Soci Allevatori, dai Gruppi Cinofili e dalle Associazioni Specializzate di razza in regola col versamento delle quote associative, inclusa quella per l'anno in corso.
2. I Gruppi Cinofili e le Associazioni Specializzate debbono essere rappresentati in Assemblea nei modi e nei termini previsti dall'art. 5.
3. L'Assemblea si riunisce in via ordinaria almeno una volta all'anno, entro il mese di aprile per l'approvazione del bilancio annuale; in via straordinaria quando lo ritenga necessario il Consiglio Direttivo, oppure quando sia fatta richiesta scritta e motivata al Presidente da tanti Soci che rappresentano almeno un decimo dei soci, o dal Collegio Sindacale.
4. La convocazione dell'Assemblea è disposta dal Consiglio Direttivo, almeno 15 giorni prima del giorno fissato per l'adunanza
mediante avvisi sulle pubblicazioni periodiche dell'ENCI ed inviti personali da inviarsi a tutti i Soci. Nell'avviso di convocazione
dovranno essere precisati il luogo, il giorno, l'ora della riunione in 1¡ e 2¡ convocazione nonché l'ordine del giorno da trattare e in
caso di proposta di modifica di Statuto l'indicazione degli articoli da modificare con il testo delle modifiche proposte.
5. L'Assemblea viene convocata in Milano o in altra sede deliberata dal Consiglio Direttivo.
6. L'Assemblea è valida in prima convocazione quando siano presenti o rappresentati almeno la metà dei voti spettanti alla totalità
dei Soci; l'Assemblea sarà valida in seconda convocazione qualunque sia il numero di soci presenti o rappresentati. La seconda
convocazione non potrà aver luogo lo stesso giorno fissato per la prima.
Partecipazione all'Assemblea
Art. 10
1. Le deliberazioni dell'Assemblea sono prese a maggioranza di voti: in caso di parità la proposta si intende respinta.
2. Ogni Socio Allevatore ha diritto ad un voto.
3. Ogni Gruppo Cinofilo ed ogni Associazione Specializzata ha diritto a 5 voti se conta almeno 50 associati in regola con la quota
associativa annuale. Al solo effetto del diritto di voto dal computo del numero totale dei Soci sono esclusi eventuali Soci Allevatori
associati al Gruppo e/o ad una o più Associazioni Specializzate e contemporaneamente all'ENCI; ha diritto inoltre ad un voto per
ogni 20 associati oltre i primi 50. La frazione dell'ultima quota di 20 associati conta per una quota intera se la frazione supera il
numero di 10. Il Socio Collettivo non può in alcun caso fruire di più di 50 voti complessivi. Ogni Gruppo Cinofilo ed ogni Associazione Specializzata ha sempre diritto a 3 voti anche se per effetto dell'esclusione degli eventuali Soci Allevatori il numero degli
associati scende al di sotto dei 50.
4. Il Socio Allevatore può farsi rappresentare in Assemblea da altro Socio Allevatore mediante delega scritta che deve pervenire,
entro il giorno precedente a quello fissato per l'Assemblea, nella sede prevista secondo il disposto dell'art. 9 comma 5. Il Socio Allevatore non può fruire di più di due deleghe.
5. Il Gruppo Cinofilo e l'Associazione Specializzata sono rappresentati nell'Assemblea dell'ENCI secondo il disposto dell'art. 5
comma 2; eventuale delega scritta ad un Socio deve pervenire entro il giorno precedente a quello fissato per l'Assemblea, nella sede
prevista, secondo il disposto dell'art. 9 comma 5. Non sono consentite più di due deleghe di Gruppi Cinofili o di Associazioni Specializzate allo stesso Socio.
6. Possono presenziare all'Assemblea ed intervenire alla discussione, ma senza diritto di voto, i Soci Onorari ed i Presidenti dei
Consigli Regionali.
Attribuzioni dell'Assemblea
Art. 11
1. L'Assemblea delibera:
a) sulla relazione del Presidente;
b) sul bilancio consuntivo e preventivo;
c) sul programma generale;
d) sulle modifiche allo Statuto e al suo Regolamento di attuazione;
e) sull'applicazione e sulla misura delle quote associative e dei contributi di cui art. 6 lettera b;
f) sulla determinazione dell'emulamento ai Sindaci;
g) sulla eventuale adesione, fusione e accordo con altre organizzazioni;
h) sulla perdita della qualità di associato nei casi di cui all'art. 7 lettera c;
i) sul reclamo avanzato dall'aspirante socio non accettato dal Consiglio Direttivo;
l) su ogni altro argomento iscritto all'ordine del giorno.
2. Spetta inoltre all'Assemblea di eleggere undici membri del Consiglio Direttivo, tre componenti effettivi e due supplenti delle
Commissioni di Disciplina di 1¡ e 2¡ Istanza, nonché un Sindaco effettivo ed uno supplente.
3. L'Assemblea, prima di iniziare i suoi lavori, elegge un Presidente, un Segretario e due Scrutatori.
Sezione III Consiglio Direttivo
Art. 12
1. Il Consiglio Direttivo è composto da quindici Consiglieri di cui:
a) un rappresentante del Ministero;
b) undici Consiglieri eletti dall'Assemblea, dei quali cinque Soci Allevatori eletti da questi ultimi e sei eletti dai Gruppi Cinofili e
dalle Associazioni Specializzate. Le votazioni per l'elezione dei Consiglieri avvengono in due turni separati e immediatamente successivi; gli eletti del primo turno non sono più eleggibili nel secondo;
c) un rappresentante dell'Associazione Italiana Allevatori;
d) due Consiglieri chiamati dai tredici già designati e di cui alle lettere a), b) e c) del presente articolo, allo scopo di integrare il
Consiglio con rappresentanti di regioni, razze canine, enti o settori culturali di particolare importanza per la cinofilia italiana. Tale
nomina avverrà prima dell'insediamento del nuovo Consiglio, in una riunione convocata e presieduta dal Consigliere rappresentante del Ministero.
Attribuzioni del Consiglio Direttivo
Art. 13
1. Il Consiglio Direttivo ha il compito di:
a) curare il conseguimento degli scopi statutari in conformità delle deliberazioni dell'Assemblea;
b) attendere all'amministrazione sociale, nonché curare l'osservanza delle norme statutarie e dei regolamenti;
c) sottoporre all'esame dell'Assemblea i bilanci consuntivi e le relazioni del Presidente;
d) approvare non oltre il 30 novembre di ogni anno il bilancio preventivo;
e) costituire i Comitati Tecnici nominandone i componenti e deliberando sulle proposte da essi avanzate;
f) approvare i Regolamenti speciali;
g) riconoscere le Associazioni Specializzate di razza nonché ammettere i Soci allevatori e i Gruppi Cinofili;
h) concedere la qualifica di Delegazione ai sensi del successivo art. 19;
i) rilasciare, revocare o sospendere la concessione di affisso;
l) indire manifestazioni cinotecniche, approvare e riconoscere quelle indette da altri e stabilirne il calendario;
m) stabilire le tariffe per l'iscrizione dei cani ai libri genealogici, per i passaggi di proprietà, per il rilascio di certificati e duplicati,
per la concessione di affissi, nonché quelle relative al riconoscimento delle manifestazioni e all'iscrizione dei cani a queste ultime;
n) nominare i giudici e gli esperti, suddivisi secondo le funzioni, tenendone aggiornato l'elenco e determinando la misura dei rimborsi spettanti;
o) deliberare su accordi e convenzioni che debbono essere stipulati dall'Ente;
p) deliberare accordi ai fini di sviluppo ed incremento dell'attività cinofila con Associazioni ed Enti che abbiano comunque tra gli
scopi sociali o che in qualunque modo si propongano l'utilizzazione e la valorizzazione del cane puro;
q) provvedere a pubblicazioni di carattere speciale o periodico;
r) procedere all'assunzione, alla nomina o al licenziamento del personale occorrente per il funzionamento degli uffici, stabilendone
le mansioni e la retribuzione, in funzione dell'organico opportunamente predisposto;
s) deliberare le liti attive e passive nominando i relativi difensori;
t) deliberare la decadenza dei Soci;
u) adempiere, infine, a tutte le altre attribuzioni relative al funzionamento dell'Ente e che dal presente Statuto non siano riservate
alla competenza dell'Assemblea;
v) gestire strutture per l'allenamento e le prove di lavoro finalizzate alla verifica del livello tecnico dei soggetti esaminati;
z) nominare Commissari straordinari o ad acta presso Gruppi Cinofili e Associazioni Specializzate.
Funzionamento del Consiglio Direttivo
Art. 14
1. Il Consiglio Direttivo si riunisce almeno una volta ogni tre mesi e straordinariamente, sempre quando sia ritenuto necessario dal
Presidente ed allorché sia richiesto da almeno sette dei suoi componenti oppure dal Collegio dei sindaci.
2. L'avviso di convocazione va inviato almeno sette giorni prima della riunione. Se la riunione ha carattere di urgenza, l'avviso di
convocazione può essere inviato tre giorni prima con qualsiasi mezzo utile.
3. Il Consiglio Direttivo é presieduto dal Presidente ed in sua assenza dal Vice Presidente, ovvero in subordine dal membro più anziano del Consiglio stesso; le riunioni sono valide quando sono presenti almeno la metà più uno dei Consiglieri. Non sono ammesse
deleghe. Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta dei presenti; in caso di parità prevale il voto del Presidente.
4. I membri del Consiglio Direttivo che non intervengono a tre riunioni consecutive senza giustificato motivo sono ritenuti decaduti
di diritto e sostituiti.
5. Alle riunioni del Consiglio Direttivo partecipa il Direttore con funzioni di segretario senza diritto di voto.
Durata dei Consiglieri
Art. 15
1. I membri del Consiglio Direttivo durano in carica tre anni. Qualora durante il triennio venissero a mancare per qualsiasi motivo
uno o più membri del Consiglio, gli altri provvederanno a sostituirli con i primi dei non eletti con deliberazione approvata dal Collegio Sindacale. I Consiglieri così nominati restano in carica fino alla prossima Assemblea (art. 2386 C.C.).
2. I Consiglieri eletti in tali circostanze resteranno in carica sino a quando vi sarebbero rimasti coloro che essi hanno sostituito.
3. Se venisse invece a mancare più della metà dei Consiglieri, il Collegio dei sindaci convocherà con urgenza l'Assemblea per l'elezione
del nuovo Consiglio compiendo nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione (art. 2386 C.C.).
Comitato Esecutivo
Art. 16
1. Il Comitato Esecutivo é composto dal Presidente, dal Vice Presidente e da tre componenti del Consiglio Direttivo, da questo designati.
2. Il Comitato Esecutivo affianca l'opera del Consiglio Direttivo e del Presidente; assicura il normale ed efficace funzionamento
dell'Ente; prende le decisioni di carattere urgente, salvo ratifica del Consiglio Direttivo nella prima successiva riunione.
3. Alle riunioni del Comitato Esecutivo partecipa il Direttore con funzioni di segretario e senza diritto di voto.
Sezione IV Presidente
Art. 17
1. Il Presidente ed il Vice Presidente sono nominati dal Consiglio Direttivo nel proprio ambito.
2. Il Presidente ha la rappresentanza legale e giudiziaria dell'Ente, sia nei rapporti interni che in quelli esterni; vigila e cura perché
siano attuate le deliberazioni del Consiglio Direttivo e del Comitato Esecutivo e provvede a quanto si addice alla osservanza della
disciplina sociale. In casi urgentissimi può agire coi poteri del Consiglio Direttivo; le deliberazioni così adottate devono essere
sottoposte alla ratifica di quest'ultimo nella sua prima successiva riunione.
3. Il Presidente, in caso di assenza o di impedimento, è sostituito dal Vice Presidente o in subordine dal membro più anziano del
Consiglio Direttivo.
Sezione V Articolazione periferica Consigli Regionali
Art. 18
1. I Consigli Regionali sono composti da un membro per ogni Gruppo Cinofilo avente sede nella Regione nominato dal Consiglio
Direttivo dei Gruppi Cinofili stessi.
2. I Consigli Regionali restano in carica 3 anni; i loro componenti sono rieleggibili. I Consiglieri regionali nella prima seduta del
Consiglio, convocato dal Presidente del Gruppo Cinofilo che ha sede nel capoluogo di Regione, eleggono al loro interno il Presidente ed il Vice Presidente del Consiglio Regionale.
3. Spetta ai Consigli Regionali:
a) formulare, previo interpello dei Gruppi Cinofili e delle altre Associazioni od enti promotori aventi sedi nella Regione, proposte
per la formazione dei calendari regionali delle manifestazioni da sottoporre all'approvazione del Consiglio dell'ENCI;
b) esprimere pareri non vincolanti sul funzionamento dei Gruppi Cinofili aventi sede nella Regione;
c) tenere rapporti con l'Ente Regione, rappresentando a questo le esigenze dell'ENCI a riguardo;
d) svolgere tutte le altre mansioni e compiti che il Consiglio dell'ENCI ritenesse opportuno affidare loro per il conseguimento degli
scopi statutari;
4. I Consigli Regionali hanno sede in ogni capoluogo di Regione.
Delegazioni
Art. 19
1. Il Consiglio Direttivo può concedere in ogni regione ai Gruppi Cinofili in possesso di requisiti che saranno stabiliti dal Regolamento Generale per l'attuazione e l'integrazione dello Statuto Sociale, la qualifica di Delegazione dell'Ente affidando ad essi l'incarico di rappresentare l'Enci nell'ambito del proprio territorio e di svolgere a livello periferico le attività che verranno attribuite nel
medesimo Regolamento.
2. Il Consiglio Direttivo, se necessario, può attribuire la qualifica di Delegazione dell'Ente a più di un Gruppo Cinofilo per ciascuna
regione.
3. Le norme relative ai rapporti che devono intercorrere tra i Gruppi Cinofili riconosciuti Delegazione dell'Ente e l'Enci saranno disciplinate da apposito Regolamento il cui testo verrà deliberato dal Consiglio Direttivo ed approvato dal Ministero.
Sezione VI Organizzazione di base Gruppi Cinofili
Art. 20
Il Consiglio Direttivo concede il proprio riconoscimento ammettendole a Soci, con la denominazione di Gruppi Cinofili, a quelle
associazioni legalmente costituite tra cinofili proprietari di cani di razza che intendono attivarsi per la valorizzazione delle razze
canine. I Gruppi Cinofili svolgono la propria attività mediante manifestazioni, convegni e altre iniziative in ambito provinciale e
subprovinciale. Condizione necessaria per il riconoscimento è che l'associazione abbia almeno cinquanta soci residenti nel territorio nel quale il Gruppo opera. Non è consentita l'associazione a più di un Gruppo Cinofilo. Le norme relative ai rapporti tra l'Ente e
i Gruppi Cinofili sono disciplinate dal Regolamento di attuazione di cui all'art. 29.
Associazioni Specializzate
Art. 21
Il Consiglio Direttivo concede il proprio riconoscimento ammettendole a soci con la denominazione di Associazioni Specializzate
di razza a quelle Associazioni legalmente costituite tra cinofili proprietari di soggetti iscritti al libro genealogico che si occupano, ai
fini del miglioramento genetico delle popolazioni, dello studio, della valorizzazione dell'incremento e dell'utilizzo di una singola
razza o di un gruppo di razze similari, affidando ad esse incarichi di ricerca e di verifica e concordando con esse particolari modalità di interventi, mirati al conseguimento dei programmi che l'Associazione persegue. Le Associazioni Specializzate sono inoltre
chiamate a fornire supporti tecnici alla Commissione Tecnica Centrale prevista nel Disciplinare del libro genealogico. Non può essere riconosciuta più di una Associazione Specializzata per razza o per gruppo di razze. Condizione necessaria per il riconoscimento è che l'Associazione abbia almeno 50 Soci residenti in Italia. Le norme relative ai rapporti fra l'Ente e le Associazioni Specializzate di razza sono disciplinate dal Regolamento di attuazione di cui all'art. 29.
Sezione VII Organizzazione tecnica Comitati tecnici
Art. 22
1. Il Consiglio Direttivo può costituire Comitati Tecnici per sovrintendere a particolari attività o per lo studio di determinati problemi interessanti la vita e l'azione dell'Ente. Tali Comitati sono organi consultivi del Consiglio Direttivo e a questo sottopongono
le proprie proposte e conclusioni; essi sono formati da un massimo di cinque membri scelti fra Soci particolarmente competenti e
idonei ad assolvere i compiti affidati al Comitato del quale fanno parte, ovvero da esperti di comprovata professionalità, anche non
Soci.
2. Il Consiglio Direttivo può sciogliere in ogni momento qualsiasi Comitato Tecnico qualora questo abbia esaurito il proprio compito o quando il Consiglio stesso non ravvisi più la necessità di conservarlo in vita.
Titolo III
Patrimonio e amministrazione
Art. 23
Patrimonio
Il Patrimonio dell'Ente è costituito:
a) dai beni mobili ed immobili;
b) dalle eccedenze attive della gestione annuale che l'Assemblea destinerà a patrimonio o a riserva;
c) da qualsiasi altro bene che gli sia pervenuto.
Fondo di esercizio
Art. 24
Il fondo d'esercizio dell’Ente è costituito:
a) dalle quote associative, dai contributi straordinari versati dai Soci;
b) dai residui attivi derivanti dallo svolgimento di iniziative varie e non destinate alla costituzione di riserva;
c) dai contribuiti o da qualsiasi altro provento ad esso versati da Enti, persone o Società a qualsiasi titolo, purché compatibile con i
fini statutari dell'Ente e non destinati a particolari iniziative o forme di attività;
d) dai frutti del patrimonio sociale.
Esercizio finanziario
Art. 25
1. L'esercizio finanziario va dal 1¡ gennaio al 31 dicembre.
2. Ogni anno si provvede alla compilazione del bilancio consuntivo al 31 dicembre da sottoporre all''Assemblea ordinaria degli associati, insieme alle relazioni del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Sindaci.
3. Per la natura e le finalità dell'Ente l'esercizio sociale non potrà dar luogo ad utili ripartibili. '' vietato distribuire, anche in modo
indiretto utili o avanzi di gestione comunque denominati, nonché fondi di riserva, capitale, durante la vita dell'Ente, a meno che la
distribuzione non sia imposta per legge.
4. Eventuali eccedenze saranno riservate per iniziative statutarie negli esercizi successivi.
5. Il progetto di bilancio consuntivo dovrà essere predisposto dal Consiglio Direttivo almeno 30 giorni prima della data dell'Assemblea.
Collegio dei Sindaci
Art. 26
1. Il Collegio dei Sindaci è composto da 3 membri effettivi e 2 supplenti. Due dei membri effettivi ed 1 dei supplenti sono nominati
dal Ministero e l'altro membro effettivo, nonché il supplente sono eletti dall'Assemblea anche tra persone estranee all'Enci. I supplenti subentrano agli effettivi in ordine di anzianità, in caso di legittimo impedimento da parte di questi ultimi ad esercitare le proprie funzioni.
2. Il Collegio dei Sindaci esercita tutti i compiti attribuiti per legge; controlla i dati del bilancio e del rendiconto consuntivo dell'Associazione, verifica la regolarità degli atti amministrativi e l'esattezza delle relative scritture contabili e, in generale, vigila sull'andamento dell'amministrazione con la facoltà di prendere in esame tutti gli atti ed i documenti di ufficio necessari per l'espletamento
del suo compito.
3. Deve, inoltre, compiere la verifica del''esistenza di cassa e dei valori comunque custoditi presso ''Ente e deve accertare annualmente ''effettiva consistenza dei beni di proprietà dell'Ente, vistando il relativo inventario.
4. Dell'esito delle proprie operazioni il Collegio redige regolare verbale da iscriversi in apposito registro. Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta di voti.
5. Il Collegio dei Sindaci partecipa con voto consultivo alle riunioni dell'Assemblea e del Consiglio Direttivo alle quali deve essere
invitato. Esso si riunisce convocato dal proprio Presidente tutte le volte che questo lo ritenga opportuno o su richiesta di un Sindaco.
6. Al Collegio dei sindaci devono essere presentati il bilancio ed i rendiconti con tutti gli allegati, almeno un mese prima della convocazione dell'Assemblea ordinaria, per la compilazione della relazione.
7. I componenti del collegio dei sindaci ricevono un emolumento nella misura stabilita dall'Assemblea a norma dell'art. 11 lettera
f). 8. I Sindaci durano in carica 3 anni e sono rieleggibili.
Titolo IV
Norme disciplinari Commissione di Disciplina
Art. 27
1. I Soci Allevatori, i Gruppi Cinofili e le Associazioni Specializzate, sono tenuti ad osservare le norme del presente Statuto e dei
Regolamenti sociali, le disposizioni dell'Assemblea e del Consiglio, le regole della deontologia e correttezza sportiva.
2. Contro gli inadempienti possono essere adottate sanzioni disciplinari che variano a seconda della gravità dell'addebito. Esse sono: l'ammonizione semplice, la censura, la sospensione, l'esclusione.
3. Competente a giudicare per la irrogazione di tali sanzioni è la Commissione di Disciplina di 1¡ e 2¡ Istanza.
4. Le Commissioni di Disciplina sono composte da tre membri effettivi e due supplenti eletti dall'Assemblea.
5. I componenti della Commissione di Disciplina durano in carica 3 anni e sono rieleggibili; essi nominano nell'ambito di ciascuna
di queste un Presidente e un Segretario.
6. I componenti della Commissione di disciplina sono scelti di preferenza tra avvocati, magistrati, e comunque tra persone dotate di
conoscenze giuridiche anche se non rivestono la qualità di Soci dell'ENCI. La qualità di componente della Commissione di Disciplina è incompatibile con quella di Consigliere e di Sindaco dell'Ente e con quella di Presidente di Gruppo Cinofilo. E' altresì incompatibile con quella di Consigliere regionale.
7. In caso di mancanza di almeno due componenti della Commissione di Disciplina durante il triennio si procede alla loro sostituzione in occasione della prima Assemblea ordinaria dei Soci.
8. Il procedimento disciplinare è regolato dalle disposizioni contenute nel Regolamento di attuazione dello Statuto.
Titolo V
Disposizioni finali e transitorie Commissariamento
Art. 28
In caso di documentato irregolare funzionamento di un Gruppo Cinofilo o di una Associazione Specializzata, il Consiglio Direttivo
dell'ENCI anche su richiesta di un organo o di un terzo dei Soci del Gruppo Cinofilo o della Associazione Specializzata medesimi,
nomina un Commissario straordinario o ad acta. Il mandato del Commissario dura non più di sei mesi. Il Commissario riferisce al
Consiglio Direttivo circa l'espletamento del mandato.
Regolamento di attuazione
Art. 29
Per l'applicazione delle norme contenute nel presente Statuto, nonché per meglio disciplinare lo svolgimento delle diverse attività
che l'Ente è chiamato a svolgere, il Consiglio Direttivo darà corso alla compilazione di un regolamento generale che non potrà comunque derogare da quanto stabilito dal presente Statuto e che dovrà essere approvato dall'Assemblea dei Soci e ratificato dal Ministero.
Modifiche statutarie
Art. 30
1. Qualsiasi modifica al presente Statuto non può essere proposta all'Assemblea se non dal Consiglio Direttivo o dai Soci, purché
questi rappresentino almeno un terzo dei voti a disposizione della totalità dei Soci stessi in Assemblea. In quest'ultimo caso la richiesta deve essere formulata per iscritto al Presidente e debitamente firmata dai proponenti.
2. Le deliberazioni relative a modifiche statutarie devono essere approvate a semplice maggioranza da una Assemblea in cui siano
presenti o rappresentati almeno i tre quarti dei voti spettanti alla totalità dei Soci. Tali deliberazioni sono inviate al Ministero per
l'approvazione.
Scioglimento dell'Ente
Art. 31
In caso di scioglimento dell'Ente, deliberato dall'Assemblea straordinaria, con il voto favorevole di almeno i 3/4 degli associati,
l'intero patrimonio sociale dovrà essere devoluto ad altre associazioni con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità di cui è competente a giudicare il Ministero, sentito l'organismo di controllo di cui all'art. 3 comma 190 della legge 23/12/96, n. 662.
Norma transitoria
Art. 32
1. I Soci individuali in regola con la quota associativa alla data di entrata in vigore del presente Statuto conservano l'affisso loro
eventualmente riconosciuto.
2. I Gruppi Cinofili e le Associazioni Specializzate già esistenti all'entrata in vigore del presente Statuto conservano il riconoscimento in precedenza ottenuto ma sono tenute ad adeguare i loro Statuti a quanto disposto nel presente testo.
3. Gli associati in affisso, ai quali alla data dell'approvazione del presente Statuto sia stata riconosciuta la qualifica di Soci individuali, conservano la qualifica di associati in affisso ancorché il titolare dell'affisso non vi abbia ancora rinunciato o non sia deceduto.
Norme finali
Art. 33
Il presente Statuto entra in vigore quindici giorni dopo la comunicazione da parte del Ministero dell'avvenuta registrazione da parte
degli Organi di controllo del decreto ministeriale di approvazione. Entro dieci mesi da tale data il Consiglio Direttivo convoca l'Assemblea Generale dei Soci per l'approvazione del regolamento generale previsto dal precedente art. 29.
Art. 34
Per quanto non previsto nel presente Statuto si applicano le norme del codice civile.
ALLEGATO 6
Decreto Ministeriale 21909 del 28 giugno 2006
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO
DIREZIONE GENERALE PER LA QUALITÀ DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI
Ufficio QPA V - Prod. Animali
VISTO il R.D. 13 giugno 1940, n. 1051 con il quale è stata riconosciuta la personalità giuridica all'Ente Nazionale della Cinofilia
Italiana (ENCI) ed approvato il relativo statuto;
VISTO il d.l. del Capo Provvisorio dello Stato 23 dicembre 1947, n. 1665 con il quale l'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana è
stato sottoposto alla vigilanza di questo Ministero;
VISTI i DD.PP.RR. 20 aprile 1960 n. 553 e 8 giugno 1982 n. 693 con i quali sono state approvate modifiche allo statuto del predetto Ente;
VISTO il D.M. n. 20640 del 24 febbraio 2000 con il quale è stato approvato il nuovo statuto dell’Ente Nazionale della Cinofilia
Italiana;
VISTO l’articolo 29 di detto nuovo statuto che prevede che il regolamento di attuazione dello statuto medesimo, approvato
dall’assemblea venga ratificato da questo Ministero;
VISTO il D.M. n. 21835 del 16 aprile 2003 con il quale è stato ratificato il regolamento di attuazione dello statuto ENCI, così come approvato dall’assemblea dei soci in data 22 marzo 2003;
VISTA la nota n. 23964 del 16 giugno 2006 con la quale l’Ente già menzionato ha trasmesso la delibera dell’assemblea dei soci del
21-22 aprile 2006 che ha approvato un nuovo testo di regolamento di attuazione;
CONSIDERATO che detto regolamento è in linea con le norme del vigente statuto;
DECRETA:
Articolo unico: E’ ratificato il nuovo regolamento di attuazione dell’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, così come approvato
dall’assemblea dei soci del 21-22 aprile 2006 e che viene allegato al presente decreto di cui costituisce parte integrante.
Roma, 28 giugno 2006
REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DELLO STATUTO SOCIALE ENCI
TITOLO I.
Disposizioni generali
1. Il presente Regolamento, emanato ai sensi dell’art. 29 dello Statuto Sociale (lo Statuto) dell’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (l’ENCI o l’Ente), è volto a dare applicazione alle norme dello Statuto nonché a disciplinare lo svolgimento delle attività
dell’Ente.
2. L’ENCI persegue le finalità indicate dallo Statuto ed esercita anche attività a rilevanza pubblica, quale la tenuta dei libri genealogici, in base a previsioni normative e/o provvedimenti amministrativi. Svolge inoltre gli altri compiti attribuitigli dallo Stato. Anche in collaborazione con altri soggetti cura la formazione degli allevatori.
3. Le attività di cui all’art. 2 sono svolte dall’ENCI anche tramite le delegazioni.
4. L’ENCI, compatibilmente con la normativa vigente, conforma le proprie attività agli indirizzi e ai regolamenti della Federazione
Cinologica Internazionale (FCI), riconoscendo fra l’altro, sulla base di questi ultimi, i certificati genealogici rilasciati dai paesi
membri della FCI, nonché i relativi giudici-esperti.
TITOLO II.
Soci
5.1 Ai sensi dell’art. 3 dello Statuto sono soci Allevatori le persone fisiche o giuridiche che rispondano ai seguenti requisiti:
a) siano cinofili in quanto dimostrino, attraverso i risultati conseguiti nell’ultimo quinquennio con soggetti direttamente allevati,
ovvero prestando la propria opera nella veste di esperti giudici, in verifiche zootecniche riconosciute dall’ENCI o dalla FCI, interesse attivo all’allevamento ed al miglioramento delle razze canine riconosciute e non svolgano abitualmente attività di compravendita di soggetti non prodotti dal proprio allevamento;
b) siano iscritti al Registro degli Allevatori;
c) siano residenti in Italia.
5.2 La domanda di ammissione a socio Allevatore è presentata compilando in ogni sua parte l’apposito modulo predisposto
dall’ENCI. Alla domanda va allegato importo pari alla quota associativa annuale stabilita dall’Assemblea su proposta del Consiglio
Direttivo ENCI. Tale domanda verrà valutata dal suddetto Consiglio ai sensi dell’art. 4, comma 2 dello Statuto.
5.3 Il Consiglio Direttivo propone all’Assemblea la nomina a “Socio Onorario” dell’ENCI di quelle persone e associazioni che si
siano particolarmente distinti per meriti cinofili. La nomina deve essere accettata da parte del socio interessato.
5.4 Il Socio Onorario, ha diritto di partecipare alle Assemblee senza diritto di elettorato sia attivo che passivo. Ha altresì diritto di
fruire di tutte le agevolazioni legate all’essere socio, senza dover corrispondere la quota associativa.
6.1 Sono “Soci Collettivi”, nel rispetto e nei limiti di cui agli artt. 20 e 21 dello Statuto, i Gruppi cinofili e le Associazioni specializzate di razza che, in particolare:
a) siano Associazioni ai sensi del Titolo II del Libro I del Codice civile;
b) enumerino tra i propri associati almeno 50 proprietari di cani iscritti ai libri genealogici tenuti dall’ENCI;
c) abbiano Statuto conforme ai principi dello Statuto sociale dell’ENCI e a quanto previsto nel successivo art. 20, comma 1 del presente Regolamento.
6.2. La domanda di ammissione a Socio Collettivo è presentata compilando in ogni sua parte l’apposito modulo predisposto
dall’ENCI, sottoscritto dal Presidente del Gruppo cinofilo o dell’Associazione specializzata, allegandovi lo Statuto vigente, elenco
di almeno 50 soci proprietari di cani iscritti ai registri tenuti dall’ENCI, importo pari alla quota associativa annuale, stabilita
dall’Assemblea su proposta del Consiglio Direttivo ENCI in ragione del numero degli associati al Socio Collettivo.
Le Associazioni specializzate di razza hanno l’obbligo di corredare l’istanza per il riconoscimento e l’associazione all’ENCI con
uno studio per la valorizzazione della razza e degli obiettivi di selezione che l’associazione intende perseguire.
6.3 Gli associati iscritti ai Soci Collettivi dell’ENCI godranno delle agevolazioni deliberate dal Consiglio Direttivo. A tale riguardo
sarà rilasciata una tessera di riconoscimento dalla quale risulterà che l’intestatario appartiene a un sodalizio che è Socio Collettivo
dell’ENCI.
7.1 I Gruppi Cinofili hanno ambito di operatività provinciale. Nell’ambito della medesima provincia, ulteriori Gruppi Cinofili potranno essere riconosciuti previo parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio Cinofilo Regionale competente e del/i Gruppo/i Cinofilo/i già operante/i nella provincia, tenendo conto delle opportunità cinotecniche, nonché di promozione e diffusione di
discipline finalizzate all’impiego del cane a scopo sportivo, culturale o umanitario.
7.2 Operano senza limiti territoriali i Gruppi cinofili che dimostrino di svolgere su tutto il territorio nazionale attività ad alto valore
sociale (quali, ad esempio, le attività di soccorso, protezione civile, pet therapy, aiuto ai disabili) ovvero svolgano attività che
l’ENCI ritiene ausiliarie a particolari esigenze cinotecniche di impiego in zootecnia, comuni a più razze.
TITOLO III.
STRUTTURA DELL’ASSOCIAZIONE
SEZIONE I.
Assemblea
8.1 Al Presidente dell’ENCI ed in sua assenza al Vice Presidente o ad un Consigliere delegato dal Presidente, spetta:
a) espletare ogni formalità preliminare ai lavori assembleari;
b) verificare l’elenco dei soci che hanno diritto a partecipare all’Assemblea e le deleghe di cui all’art. 10, comma 4 e 5 dello Statuto;
c) verificare il numero dei voti di cui ha diritto in Assemblea ciascun Socio Collettivo, ai sensi dell’art. 10 comma 3 dello Statuto,
in relazione agli associati quali risultanti dal relativo elenco, aggiornato a cura del Socio Collettivo, sino a tre giorni prima della
data dell’Assemblea;
d) promuovere gli adempimenti di cui all’art. 11, comma 3, dello Statuto.
8.2 Al Presidente dell’Assemblea spetta:
a) acquisire i risultati delle attività preliminari ai lavori assembleari, compresa la constatazione del numero dei soci presenti e rappresentati, svolte dagli Uffici dell’ENCI antecedentemente alla sua nomina;
b) espletare ogni ulteriore formalità preliminare ai lavori assembleari;
c) presiedere l’Assemblea, una volta che egli la dichiari aperta, e dirigerla, fissandone, quando necessario, le regole per il suo svolgimento;
d) presiedere e gestire le procedure di voto e di scrutinio con l’ausilio del segretario e degli scrutatori nominati ai sensi dell’art. 11,
comma 2 dello Statuto;
e) proclamare i risultati delle votazioni;
f) utilizzare personale messo a disposizione dall’ENCI per ogni necessario supporto.
9.1 Il Segretario, sotto la direzione del Presidente dell’Assemblea:
a) redige il verbale dell’Assemblea, comprendente anche il resoconto delle operazioni di scrutinio dei voti, che è inserito nel libro
dei verbali dei lavori assembleari;
b) acquisisce dagli Uffici dell’ENCI il foglio presenze, da allegarsi al verbale del l’assemblea, nel quale sono individuati i soci intervenuti e quelli rappresentati per delega, con specificazione del socio rappresentante;
c) custodisce, quando necessario, le urne in cui sono apposte le schede delle votazioni di cui all’art. 10.2, lett. b).
10.1 I lavori dell’Assemblea si svolgono, di regola, in una unica adunanza. Il Presidente dell’Assemblea, ove ne ravvisi l’opportunità e
salvo l’opposizione della maggioranza dei soci presenti, può interrompere i lavori per un tempo non superiore a due ore.
10.2 Le votazioni dell’Assemblea, esauritasi la discussione, avvengono:
a) per l’approvazione del bilancio nonché, quando si provveda all’elezione di cui all’art. 11, comma 3 dello Statuto, mediante voto
palese, di regola per alzata di mano;
b) inderogabilmente quando si tratti di eleggere i componenti del Consiglio Direttivo, delle Commissioni di disciplina nonché i
componenti elettivi del Collegio dei Sindaci, e in ogni ulteriore caso, salva diversa decisione della maggioranza dei soci presenti
all’adunanza, mediante voto segreto, utilizzando schede, raccolte in apposite urne.
10.3 Nel caso di voto espresso secondo le modalità di cui all’art. 10.2, lett. b), le operazioni di scrutinio, da compiersi conclusi entrambi i turni di voto se si tratti dell’elezione dei membri del Consiglio Direttivo, e la proclamazione dei risultati avvengono in
chiusura dell’adunanza oppure, a seguito della decisione del Presidente dell’Assemblea e sempre che non si opponga la maggioranza dei soci presenti, in un momento successivo alla chiusura dei lavori assembleari, specificamente individuato ed immediatamente
comunicato all’Assemblea.
Nel caso di scrutinio successivo i soci hanno facoltà di assistere alle relative operazioni e i risultati vengono senza indugio pubblicati sull’organo dell’ENCI, o, comunque, a cura dell’Ente.
10.4 I voti espressi con modalità difformi da quelle previste nel presente Regolamento o indicate dal Presidente dell’Assemblea
sono nulli.
11.1 L’intervento in assemblea dei membri del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Sindaci
non è subordinato ad alcuna formalità.
11.2 Possono assistere ai lavori dell’Assemblea i dipendenti dell’Ente, quando la loro presenza sia ritenuta utile dal Presidente
dell’Assemblea, in relazione alle materie da trattare.
11.3 Su invito e comunque con il consenso del presidente dell’Assemblea possono seguire i lavori assembleari, o singole loro fasi,
professionisti, consulenti, esperti, giornalisti.
12.1 L’elezione dei membri del Consiglio Direttivo avviene sulla base di liste presentate:
a) da non meno di cento soci Allevatori, aventi diritto al voto;
b) da non meno di venti soci Collettivi, aventi diritto al voto;
c) congiuntamente, da non meno di cinquanta soci Allevatori e non meno di dieci soci Collettivi, tutti aventi diritto al voto;
d) da non meno di cinque membri del Consiglio Direttivo uscente di nomina assembleare.
12.2 In coerenza con la previsione dell’art. 12, comma 1, lett. b) dello Statuto, le liste sono di norma composte da due sezioni distinte:
a) la prima sezione è composta da cinque candidati Soci Allevatori da eleggersi da parte dei soci Allevatori, nel primo turno di votazione;
b) la seconda sezione è composta da sei candidati Soci Allevatori o Proprietari da eleggersi da parte dei Soci Collettivi, nel secondo
turno di votazione;
12.3 Ogni lista è identificata con il cognome del “capolista” della sezione B della lista stessa ed è corredata dal relativo programma elettorale.
12.4 Almeno sessanta giorni prima della scadenza del Consiglio Direttivo o dello svolgimento dell’Assemblea convocata ex art. 15,
comma 3 dello Statuto, le liste, in cui i candidati sono indicati in numero progressivo, vengono depositate presso la sede dell’ENCI,
unitamente al programma elettorale e alle dichiarazioni con i quali i singoli candidati accettano la propria candidatura e attestano,
sotto la propria responsabilità, l’inesistenza di cause di ineleggibilità, incompatibilità e, comunque, la ricorrenza dei seguenti requisiti, la cui insussistenza comporta l’ineleggibilità o l’immediata decadenza del membro eletto:
a) di essere soci aventi diritto di voto, non essere sottoposto a provvedimento disciplinare con cui sia stata comminata la sanzione
della sospensione dalla Commissione di disciplina diventata esecutiva e di non trovarsi nelle condizioni di cui all’articolo 33 punto
1) lettera c);
b) di non trovarsi nelle condizioni di cui agli artt. 28 e ss. c.p. ed eventuali modifiche;
c) di non commerciare abitualmente cani prodotti da terzi.
12.5 Non meno di trenta giorni prima dell’Assemblea, verificata a cura degli uffici dell’ENCI la regolare presentazione delle liste e
l’eleggibilità dei singoli candidati, tutte le liste ammesse e i relativi programmi vengono pubblicati sull’organo dell’ENCI e sul suo
sito web.
12.6 Ogni socio, anche se membro del Consiglio Direttivo può concorrere alla presentazione di una sola lista, a pena del mancato
computo del suo nome fra i sostenitori delle liste interessate.
12.7 Ogni socio Allevatore può presentarsi in una sola lista, a pena di ineleggibilità. Qualora il socio Allevatore sia persona giuridica, dovrà essere indicato tramite il proprio rappresentante legale o suo delegato senza vincolo di mandato. I requisiti di cui al comma 3 lettere b-c devono sussistere anche in capo a tale persona fisica.
12.8 Ogni socio avente diritto al voto può votare una sola lista ed inoltre può esprimere un massimo di quattro preferenze per i candidati da lui prescelti nella sezione a) o b) della lista votata, a seconda si tratti di socio Allevatore o di socio Collettivo.
12.9 L’elezione dei componenti del Consiglio Direttivo avviene sulla base di liste mentre quella dei componenti del Collegio dei
Sindaci e delle Commissioni di Disciplina avviene mediante il meccanismo della votazione di candidati, presentati direttamente in
assemblea.
13.1Le due liste più votate ottengono:
- quanto alla votazione dei soci Allevatori:
+ se la lista più votata consegue meno del 60% dei voti totali, per il Consiglio Direttivo tre seggi la lista più votata, due seggi l’altra lista;
+ se la lista più votata consegue più del 60% dei voti totali, per il Consiglio Direttivo quattro seggi la lista più votata, un seggio
l’altra lista;
- quanto alla votazione dei soci Collettivi, per il Consiglio Direttivo quattro seggi la lista più votata, due seggi l’altra lista;
13.2 In caso di parità di voti il Presidente dell’Assemblea con l’ausilio del Segretario, procede per sorteggio ad individuare la lista
od il candidato prevalente.
13.3 Per quanto riguarda l’elezione dei componenti del Consiglio Direttivo, la lista che ottiene più dell’ottanta per cento dei voti
consegue tutti i seggi.
13.4 Oltre al seggio assegnato al “capolista”, i seggi sono attribuiti ai candidati delle singole sezioni di lista che abbiano ottenuto il
più alto numero di preferenze validamente espresse.
13.5 L’elezione viene senza indugio comunicata al candidato, il quale, a pena di decadenza, provvede ad accettarla nei quindici
giorni successivi, con dichiarazione scritta trasmessa presso gli uffici dell’Ente.
SEZIONE II.
Consiglio Direttivo, Comitato Esecutivo, Presidente
14.1 Il Consiglio Direttivo si reputa regolarmente costituito ai fini della votazione di cui all’art. 12, comma 1, lett. d) dello Statuto
allorché tutti i membri eletti abbiano accettato la carica e siano stati designati i due membri indicati all’art. 12, comma 1, lett. a) e
c) dello Statuto.
14.2 Trascorso il termine di cui all’art. 13, comma 5 senza che sia pervenuta l’accettazione del Consigliere, o nel caso in cui pervenga nel medesimo termine una dichiarazione scritta di rinuncia, subentra il primo dei non eletti della lista del candidato che non
abbia accettato. Ai subentranti si applica quanto disposto dall’art. 13, comma 5.
14.3 Ai soggetti individuati secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 1, lett. d) dello Statuto si applica la previsione dell’art. 13,
comma 5 del presente Regolamento. Trascorso il termine senza che sia pervenuta l’accettazione del Consigliere, o nel caso in cui
pervenga nel medesimo termine una dichiarazione scritta di rinuncia, si provvede ad una nuova designazione.
14.4 Il Consiglio Direttivo nella sua prima riunione, convocata e presieduta dal capolista della lista che ha ottenuto più seggi, nomina il Presidente, il Vicepresidente nonché i tre membri destinati a comporre il Comitato Esecutivo.
14.5 Il Consigliere che intenda dimettersi ne dà comunicazione scritta al Presidente e al Presidente del Collegio dei Sindaci.
14.6 Il Consigliere che venga sostituito o cessi dalla carica per revoca, dimissioni o per qualsiasi altra causa viene sostituito applicandosi quanto previsto all’art. 14, comma 2.
14.7 Delle riunioni del Consiglio, che si svolgono di regola presso la sede dell’ENCI, viene redatto, a cura del Segretario, il verbale, che, entro la riunione successiva previa lettura e approvazione da parte dei Consiglieri presenti, viene sottoscritto dal Presidente
e dal Segretario e poi trascritto, a cura di quest’ultimo, nell’apposito libro.
15.1 Il Comitato Esecutivo si riunisce, di regola presso la sede dell’ENCI, ogni qualvolta sia necessario e su richiesta motivata di
uno dei suoi componenti, trasmessa al Presidente.
15.2 La convocazione è inviata, a cura del Presidente con l’ausilio del Segretario, con preavviso minimo di ventiquattro ore, con
qualsiasi mezzo atto ad assicurare l’effettivo inoltro della convocazione. In caso di necessità la convocazione avviene ad oras, anche telefonicamente.
15.3 Purché non vi sia opposizione da parte di almeno due componenti il Comitato Esecutivo, le riunioni possono essere valida-
mente tenute in conferenza telefonica, da approntarsi, se necessario, a cura degli uffici dell’ENCI, purché sia garantita:
a) l’esatta identificazione, a cura del Presidente e del Segretario, dei soggetti legittimati a presenziare alla conferenza;
b) la possibilità per tutti i partecipanti di intervenire oralmente, in tempo reale, sugli argomenti trattati e di poter visionare e ricevere documentazione e, ancora, di poter trasmettere documenti;
c) la presenza, almeno, del Presidente e del Segretario nel luogo scelto per la riunione, ove si considera tenuto il Comitato Esecutivo.
15.4 Le decisioni di carattere urgente, di cui all’art. 16, comma 2 dello Statuto, hanno efficacia immediata, impegnano l’ENCI e, a
cura del Segretario e devono essere ratificate dal Consiglio Direttivo nella sua prima successiva riunione.
15.5 Per quanto concerne il funzionamento del Comitato Esecutivo si applicano le norme previste per il Consiglio Direttivo all’art.
14, comma 3 dello Statuto.
15.6 I membri del Consiglio Direttivo hanno accesso al libro dei verbali del Comitato Esecutivo. Il Consiglio Direttivo può revocare l’incarico ai componenti eletti del Comitato Esecutivo, sostituendoli con altri suoi membri, a seguito di comunicazione scritta.
Quando il consigliere si dimetta da componente del Comitato Esecutivo o quando questi cessi dalla carica di consigliere per qualsiasi causa, il Consiglio Direttivo provvede alla sostituzione con altri suoi membri.
16.1 Il Presidente agisce con i poteri del Consiglio Direttivo, quando non sia possibile convocare ad oras il Comitato Esecutivo. In
tal caso i suoi motivati provvedimenti, emanati per iscritto, hanno efficacia immediata, impegnano l’ENCI e, a cura degli Uffici
dell’ENCI, e devono essere ratificati dal Consiglio Direttivo nella sua prima successiva riunione.
SEZIONE III.
Articolazioni periferiche: Consigli Regionali e Delegazioni
17.1 Il Consiglio Regionale ha sede presso un Gruppo Cinofilo del capoluogo di Regione.
17.2 Il Consiglio Regionale si riunisce di preferenza presso la propria sede ovvero in altro luogo idoneo, possibilmente presso la
sede di altro Gruppo Cinofilo della stessa Regione. La riunione avviene a seguito di convocazione del suo Presidente ogni qual
volta sia necessario per espletamento dei compiti demandati dall’Ente, e comunque almeno ogni tre mesi oppure su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti o, ancora, del Consiglio Direttivo dell’ENCI.
17.3 Il Consiglio delibera a maggioranza dei partecipanti alle adunanze; in caso di parità prevale il voto del Presidente.
17.4 L’ENCI può riconoscere ai Consigli Regionali contributi per far fronte all’attività corrente; in ogni caso, l’Ente rimborsa le
spese occorse ai Consigli per lo svolgimento delle mansioni e dei compiti affidati ai sensi dell’art. 18, comma 3 dello Statuto.
18.1 Possono essere riconosciuti Delegazioni dell’ENCI i Gruppi Cinofili che ne facciano richiesta, dichiarando di accettare integralmente e senza condizioni quanto previsto dal Regolamento di cui all’art. 19, comma 3 dello Statuto e di aver uniformato, per quanto
necessario, i propri statuti a tale Regolamento. Il riconoscimento a delegazione verrà effettuato sulla base dei seguenti parametri:
a) disponibilità di locali adeguati al rapporto con i soci e con il pubblico e idonei orari di apertura;
b) disponibilità di personale e di idonei mezzi informatici;
c) capacità tecniche ed organizzative idonee allo svolgimento dei compiti di controllo sul territorio nonché all’attività di raccolta e
trasmissione di dati all’ENCI.
18.2 L’ENCI riconosce alle Delegazioni un contributo proporzionato all’attività svolta e documentata e ai servizi offerti al pubblico.
SEZIONE IV.
Rapporti tra l’ENCI e i soci collettivi
19.1 I Soci Collettivi, ed i rispettivi associati, devono attenersi, nel perseguimento delle finalità associative, al rispetto dello Statuto, dei Regolamenti nonché delle delibere e determine dell’ENCI.
19.2 I Soci Collettivi operano e si presentano rigorosamente quale associazioni autonome, pur se a loro volta associate ENCI. Esse
non possono agire in nome e per conto dell’ENCI, facendo assumere obbligazioni od anche diritti a questa ultima.
19.3 L’ENCI, per l’esercizio delle attività a rilevanza pubblica di cui all’art. 2 del presente Regolamento, si avvale della collaborazione dei Gruppi Cinofili e delle Associazioni specializzate.
19.4 I Gruppi cinofili e le Associazioni specializzate svolgono le attività sociali sotto l’indirizzo, vigilanza, controllo e potere di
sanzione e di sostituzione dell’ENCI, nel rispetto della normativa comunitaria ed italiana, delle norme FCI e delle disposizioni previste dai disciplinari e norme tecniche relative al funzionamento del Libro genealogico, approvate dal Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali e delle specificazioni in vario modo adottate dall’ENCI.
20.1 Ai sensi dell’art. 6.1 del presente Regolamento, la partecipazione alla vita associativa dell’ENCI richiede il riconoscimento nei
singoli statuti dei Soci Collettivi dei seguenti principi:
a) uguaglianza e democraticità partecipativa alla vita dell’Associazione, in particolare garanzia del diritto di voto a tutti gli associati
e limitazione del voto per delega in ragione di due deleghe per ogni socio presente in assemblea; divieto del voto per posta;
b) potere di indirizzo, vigilanza, controllo e di sanzione in capo all’ENCI, come di seguito specificato agli artt. 21, 22 e 23;
c) potere dell’ENCI di nominare un Commissario straordinario o ad acta per il Gruppo Cinofilo o l’Associazione Specializzata, che
si trovi nelle condizioni di cui all’art. 28 dello Statuto dell’ENCI;
d) obbligo del Socio Collettivo di ottemperare alle decisioni delle Commissioni di Disciplina di 1° e 2° Istanza dell’ENCI, nonché
previsione di un Collegio di probiviri, quale organo di giustizia disciplinare di primo grado dell’associazione, le cui decisioni siano
appellabili avanti la Commissione di Disciplina di 2° istanza dell’ENCI;
e) sottoposizione dei singoli associati dei Soci Collettivi alle decisioni delle Commissioni di Disciplina dell’ENCI;
f) potere dell’ENCI di nomina di un membro del Consiglio Direttivo delle Associazioni Specializzate, con l’obbligo di partecipare
alle riunioni di Consiglio e di inviare annualmente una relazione dettagliata sull’attività della società, nonché segnalare tempestivamente all’ENCI eventuali irregolarità;
20.2 I Soci Collettivi già esistenti alla data di entrata in vigore del presente Regolamento conservano il loro riconoscimento a condizione che adeguino entro un anno il proprio Statuto ai principi suesposti, a pena della perdita della qualità di soci ENCI.
21.1 L’ENCI esercita i poteri di indirizzo nei confronti dei Soci collettivi tramite delibere, circolari, comunicati ai Gruppi Cinofili
ed Associazioni specializzate.
22.1 La vigilanza e controllo sull’attività associativa, e nella specie sull’attività a rilevanza pubblica, è esercitata dall’ENCI, sia
fruendo dei dati a sua disposizione che chiedendo informazioni al consigliere delegato ENCI, ove esistente, nonché al Presidente
del Gruppo cinofilo o Associazione specializzata interessata, il quale ha l’onere di dare riscontro entro 15 giorni dal ricevimento
della richiesta, salvo motivate ragioni di differimento.
22.2 I Presidenti dei Soci Collettivi hanno l’onere di comunicare all’ENCI le variazioni all’elenco degli associati del proprio sodalizio, le variazioni delle cariche sociali, nonché ogni altra informazione di rilievo circa l’attività associativa. Dovranno altre sì trasmettere gli atti dalla stessa adottati in merito alla disciplina ed alla organizzazione delle attività zootecniche, al fine di ottenerne la
ratifica dall’ENCI.
22.3 In caso di proposte di modifica dello Statuto, l’Associazione deve darne preventiva comunicazione all’ENCI in tempo utile
per la necessaria disamina che dovrà, in ogni caso, avvenire entro due mesi.
23.1 In caso di presunte violazioni della normativa statale o pattizia, l’ENCI instaura un procedimento nei confronti del Socio Collettivo interessato, nell’osservanza delle seguenti previsioni.
23.2 Qualora gli Uffici dell’ENCI, nell’esercizio dell’attività di vigilanza e di controllo o a fronte di motivata segnalazione, vengano a conoscenza di comportamenti non conformi di Soci collettivi, effettuano una istruttoria preliminare del caso, anche con
l’ausilio del Consigliere Delegato (ove previsto), comunicandone al Consiglio Direttivo l’esito, con eventuale proposta di attivazione di procedimento di vigilanza.
23.3 Il Consiglio Direttivo, ove rilevi la possibilità di presunte violazioni, dispone l’avvio del procedimento formulando la contestazione da comunicare al Presidente del Socio Collettivo interessato.
23.4 Entro il termine stabilito dal Consiglio Direttivo, comunque non inferiore a dieci giorni dalla data di ricezione della comunicazione d’avvio del procedimento, il Presidente del Socio Collettivo può inviare all’Ufficio ENCI incaricato dell’istruttoria memoria
difensiva ed eventuali documenti.
23.5 Nei successivi trenta giorni dalla scadenza del termine di partecipazione, l’Ufficio ENCI preposto, preso atto dei dati a sua
disposizione nonché di quanto eventualmente rappresentato dal Socio Collettivo, presenta al Consiglio Direttivo dell’ENCI motivata proposta in merito al procedimento.
23.6 Il Consiglio Direttivo, valutata la proposta dell’Ufficio, può disporre l’archiviazione del procedimento, richiedere all’Ufficio
ulteriori approfondimenti istruttori, adottare provvedimento di cui al comma successivo.
23.7 I provvedimenti adottabili dal Consiglio Direttivo sono:
a) richiamo scritto, in caso di violazione della normativa statale o pattizia, sempre che l’inadempimento possa essere o sia stato
prontamente sanato;
b) nomina di un Commissario ad acta, con contestuale sostituzione degli organi di rappresentanza e gestione del Socio Collettivo,
in caso di grave o reiterata violazione documentata della normativa statale o pattizia, specie nell’ambito dell’attività zootecnica;
c) nomina di un Commissario Straordinario, con contestuale revoca degli organi di rappresentanza e gestione del Socio Collettivo,
in caso di documentato irregolare funzionamento e qualora l’illecito accertato e le sue conseguenze siano di gravità tale da far ritenere l’attività del Socio collettivo in contrasto con i principi e le finalità perseguite dall’ENCI.
24.1 Per gravi ragioni di urgenza e necessità, il Consiglio Direttivo può motivatamente disporre misure a carattere interinale, e finanche nominare in via anticipata un Commissario ad acta, in attesa della definizione del procedimento. Il suddetto Commissario
dura in carica non più di tre mesi.
25.1 Il Commissario ad acta, una volta nominato, assume i poteri degli organi di rappresentanza e gestione del Socio Collettivo,
limitatamente alle attività per cui opera la sostituzione.
25.2 Il Commissario straordinario esercita i poteri degli organi di rappresentanza e gestione del Socio Collettivo al fine di ripristinare il corretto svolgimento dell’attività sociale, sotto la costante direzione e vigilanza del Consiglio Direttivo dell’ENCI.
25.3 Entro 20 giorni dalla fine dell’incarico, il Commissario deve presentare relazione circa l’operato svolto al Consiglio Direttivo
dell’ENCI, il quale, nei casi in cui neppure l’attività sostitutiva abbia potuto ripristinare l’osservanza delle norme pattizie e statali,
può disporre la sospensione del Gruppo Cinofilo o della Associazione specializzata dall’esercizio dell’attività Cinotecnica, revocare il riconoscimento, ovvero disporre un ulteriore commissariamento.
SEZIONE V.
Norme disciplinari: i soggetti
26.1 Sono sottoposti alle seguenti norme disciplinari i soci Allevatori dell’ENCI, nonché gli associati dei Soci Collettivi. Essi sono
tenuti ad osservare lo Statuto Sociale ENCI, il presente Regolamento, gli ulteriori Regolamenti ENCI, le norme tecniche del Libro
genealogico e tutte le norme comunitarie, statali ed FCI che comunque regolano e disciplinano l’attività cinologica, nonché le regole di correttezza, buon costume e deontologia sportiva.
26.2 I soci Allevatori e gli associati dei Soci Collettivi che facciano parte di organi collegiali previsti dallo Statuto dell’ENCI o dei
Soci Collettivi non possono essere chiamati a rispondere personalmente delle opinioni manifestate o dei voti espressi nel l’ambito
delle riunioni dell’organo collegiale del quale sono componenti.
SEZIONE VI.
Le Commissioni di Disciplina
27.1 Il procedimento disciplinare ha due possibili gradi di giudizio, dinanzi alle Commissioni di Disciplina di prima e seconda istanza.
27.2 Le Commissioni di Disciplina hanno sede presso la sede dell’ENCI e sono composte da tre membri effettivi e da due supplenti
eletti dall’assemblea a norma dello Statuto Sociale.
27.3 I membri delle Commissioni hanno diritto al rimborso delle spese sostenute.
27.4 Non possono far parte di una Commissione di Disciplina, e qualora ne siano componenti decadono immediatamente, quegli
associati, Allevatori o collettivi, che abbiano in corso, od instaurino, un contenzioso giurisdizionale con l’ENCI.
28.1 Il Componente della Commissione, effettivo o supplente, sia di prima che di seconda istanza, deve astenersi in tutti i casi in
cui abbia un interesse nel procedimento, quando sia teste, se una delle parti o un suo difensore è suo prossimo congiunto, se con
una delle parti o suoi difensori vi è grave inimicizia.
28.2 In ogni altro caso in cui sussistano altre gravi ragioni di convenienza, il componente della Commissione, sia di prima che di
seconda istanza, può richiedere al Presidente di quest’ultima l’autorizzazione ad astenersi.
28.3 Ove l’astensione riguardi il Presidente della Commissione di seconda istanza, l’autorizzazione andrà richiesta al Consiglio
Direttivo. In caso di astensione o ricusazione del Presidente di una Commissione, il Collegio ricostituito per mezzo di un supplente
nomina tra i propri membri un presidente facente funzione per il procedimento.
28.4 Il Presidente della Commissione di seconda istanza provvede alla sostituzione del Componente autorizzato ad astenersi, così
come nel caso di grave impedimento temporaneo per motivi di salute.
29.1 L’incolpato ha facoltà di ricusare uno o più componenti, anche supplenti, della Commissione di disciplina di prima istanza per
i motivi indicati dall’art. 37 cpp. Mediante inoltro entro quindici giorni dal ricevimento della contestazione di istanza motivata alla
Commissione di disciplina di seconda Istanza.
29.2 Alla prima sessione utile, la Commissione di seconda istanza deve tempestiva mente decidere sull’accoglimento o meno
dell’istanza.
29.3 In caso di accoglimento, il Presidente della Commissione di prima istanza provvede immediatamente alla sostituzione del
componente ricusato.
29.4 Qualora l’istanza di ricusazione risulti manifestamente infondata, la Commissione di disciplina di seconda istanza può infliggere all’incolpato la sanzione disciplinare della censura.
29.5 L’appellante che intende ricusare uno o più componenti anche supplenti della Commissione di seconda istanza, deve inviare
richiesta motivata al Consiglio Direttivo dell’ENCI contestualmente all’invio del ricorso.
29.6 Il Consiglio Direttivo dell’ENCI deve tempestivamente riunire apposita Commissione composta dai due membri supplenti
della Commissione di prima istanza e da un membro supplente della Commissione di seconda istanza, che non abbiano avuto cognizione del giudizio in questione. La Commissione così composta deciderà sull’accoglimento o meno dell’istanza. In caso di accoglimento il Presidente della Commissione di seconda istanza provvede immediatamente alla sostituzione del componente ricusato. Nel caso in cui la ricusazione riguardi il Presidente della Commissione di seconda istanza, e la stessa sia stata accolta, la sostituzione dello stesso avverrà, senza indugio, a cura del Consiglio Direttivo dell’ENCI.
30.1 I componenti delle commissioni decadono all’avverarsi dei casi di incompatibilità previsti dall’art. 27 comma 6° dello Statuto
ENCI e nei casi di incompatibilità e decadenza di cui all’art. 27.4 del presente Regolamento di Attuazione.
30.2 La nomina viene meno anche per morte, per rinunzia o per grave ed irreversibile impedimento.
30.3 Il Consiglio Direttivo prende atto della decadenza, della morte, della rinunzia o della ragione di impedimento irreversibile del
componente della Commissione e ne dà comunicazione agli interessati a cura della segreteria a mezzo raccomandata a.r.
30.4 In sostituzione di uno dei membri effettivi della Commissione, subentra il componente supplente che abbia riportato il maggior numero di voti. I componenti così nominati scadono insieme con quelli in carica.
30.5 Qualora con i membri supplenti non si completi la Commissione, all'integrazione si provvederà con i membri supplenti
dell’altra Commissione, a condizione che non abbiano in alcun modo avuto cognizione di un qualche procedimento od abbiano
partecipato a deciderlo.
Nell’ulteriore difficoltà, le Commissioni saranno integrate nella prima assemblea dei soci; fino a questa data i termini dei procedimenti disciplinari in corso sono sospesi.
31.1 Qualora, a seguito di ricusazione, denuncia o astensione, non fosse possibile il regolare funzionamento di una delle Commissioni di disciplina, i termini dei procedimenti disciplinari interessati sono sospesi.
32.1 I componenti effettivi della Commissione di disciplina di prima istanza, riunitisi per la prima volta dopo l’elezione, provvedono a nominare un Presidente ed un Segretario Istruttore.
32.2 Il Presidente convoca la Commissione e ne dirige le riunioni; affida all’uno o all’altro dei componenti le pratiche relative ai
procedimenti già istruiti con l’incarico di riferire alla Commissione in sede deliberante, e di stendere la motivazione della decisione
adottata.
32.3 Al Segretario Istruttore è affidata la direzione dell’Ufficio Istruttoria, la tenuta del libro dei verbali di riunione della Commissione, la formazione dei fascicoli dei procedimenti in corso, la tenuta di un ruolo generale dei procedimenti e la conservazione
dell’archivio, nonché le altre incombenze che gli vengono di volta in volta affidate dal Presidente, il quale può anche avocare a sé i
compiti e le funzioni del Segretario Istruttore per alcuni procedimenti o delegarne l’istruzione ad altro componente.
32.4 Per l’espletamento di tali funzioni, il Segretario si avvarrà di un apposito Ufficio di Segreteria di cui ha la direzione. Dello
stesso Ufficio si avvarrà il Presidente nei casi di avocazione delle funzioni. La composizione dell’Ufficio di Segreteria è decisa dal
Consiglio Direttivo.
32.5 Per l’istruttoria delle singole pratiche il Segretario Istruttore od il Presidente, si avvalgono anche di un Ufficio Istruttoria Pratiche Disciplinari istituito presso l’ENCI. A tale Ufficio possono anche essere delegati interrogatori o specifici atti istruttori.
SEZIONE VII.
Illeciti e sanzioni
33.1 In caso di violazione delle prescrizioni di cui al precedente art. 26, la Commissione applica le seguenti sanzioni:
a) Ammonizione per illeciti di lieve entità.
b) Censura, in caso di inosservanza delle norme richiamate dall’art. 26 del presente Regolamento di Attuazione, per dolo o colpa grave.
c) Sospensione, nel caso di illeciti di particolare gravità o nel caso di recidiva. Viene comminata per un periodo da un mese a tre
anni. Essa comporta la sospensione del responsabile da ogni attività organizzata o riconosciuta dall’Ente e dall’esercizio dei diritti
sociali, la decadenza da ogni carica o funzione dallo stesso ricoperte in seno all’ente o ai Soci Collettivi nonché il divieto di avere
parte attiva a qualunque titolo ed in qualunque veste alle manifestazioni riconosciute dall’ENCI. La sospensione viene altresì
comminata, per una durata pari alla pena inflitta, in caso di sentenza irrevocabile di condanna del giudice penale per reati che rechino pregiudizio ai beni giuridici anche tutelati dall’ENCI, nonché all’immagine dello stesso. Qualora nel corso di dieci anni venga
inflitta ad un associato per due volte la sanzione della sospensione per un tempo complessivamente superiore ad anni tre, egli non potrà
ricoprire cariche statutarie in seno all’ENCI o ai Soci Collettivi per i cinque anni successivi alla espiazione della sospensione.
d) Esclusione, nel caso in cui l’illecito consumato renda non più compatibile la permanenza del socio nell’ENCI. La esclusione
comporta la perdita di qualità di socio e comunque l’esclusione definitiva da tutte le attività dell’ENCI. La proposta di esclusione
della Commissione di Disciplina, divenuta definitiva, viene trasmessa al Consiglio Direttivo che, in conformità all’art. 7 dello Statuto, ne sottoporrà la deliberazione all’Assemblea generale dei Soci.
33.2 Qualora l’Assemblea Generale respingesse la proposta di esclusione avanzata dalla Commissione di Disciplina, il procedimento dovrà essere riesaminato da quest’ultima per l’applicazione di una diversa sanzione disciplinare. Per il periodo di tempo intercorrente tra la comunicazione della proposta definitiva da parte della Commissione di disciplina e la deliberazione della Assemblea, il soggetto per il quale l’esclusione sia stata proposta è sospeso da ogni attività associativa.
33.3 Il soggetto escluso, trascorsi cinque anni dall’irrogazione della sanzione, potrà inoltrare al Presidente del Consiglio Direttivo
dell’ENCI istanza di riammissione alla vita e all’attività sociale sulla quale delibererà l’Assemblea generale dei soci previo parere
obbligatorio del Consiglio Direttivo.
34.1 I fatti passibili di sanzione disciplinare si prescrivono in cinque anni dalla loro commissione. In tale caso la Commissione dichiara non doversi procedere per intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare.
34.2 l decorso della prescrizione viene interrotto da ogni comunicazione effettuata all’incolpato dall’Ufficio Segreteria, dalla ricusazione nonché dalla presentazione di appello. In ogni caso il termine massimo della prescrizione non può essere superiore a complessivi anni sette, salvo il caso di sospensione di cui al precedente art. 35.1 In caso di pendenza di più procedimenti disciplinari a
carico della stessa persona o Ente è ammessa la riunione ad istanza di parte o di ufficio.
35.2 La riunione dei procedimenti in caso di condanna comporta un’unica sanzione consistente, quando venga comminata la sospensione, nella sanzione più grave aumentata fino a 1/3.
SEZIONE VIII.
Procedimento
36.1 Il procedimento disciplinare si instaura a seguito di denuncia del socio, oppure a seguito della doverosa segnalazione da parte
del Presidente, dei membri del Consiglio Direttivo nonché dei rispettivi responsabili degli uffici dell’ENCI, per notizie di cui sono
venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni o del loro servizio.
36.2 Non attivano il procedimento disciplinare le denunce anonime o quelle proposte in difformità a quanto previsto all’articolo
successivo.
37.1 Chi intenda sollecitare l’apertura di un procedimento disciplinare deve inviare alla Commissione di disciplina di prima istanza
un esposto che deve contenere a) generalità e domicilio del denunciante, b) generalità e domicilio, ove noto, dell’incolpato, c)
l’indicazione specifica dei fatti che darebbero luogo ad illecito disciplinare, d) l’indicazione degli elementi di prova.
37.2 L’esposto, sottoscritto ed indirizzato all’ENCI presso la sua sede, deve essere inviato a mezzo lettera raccomandata a.r. entro
tre mesi dal verificarsi del fatto denunciato o dalla data in cui il denunciante ne è venuto a conoscenza. Fa fede la data di spedizione
riportata sul timbro postale.
37.3 La pendenza del procedimento penale per lo stesso fatto sottoposto a giudizio disciplinare non comporta la sospensione di
quest’ultimo salvo il caso in cui la soluzione di una questione ad esso deferita dipenda dall’accertamento del giudice penale di un
fatto costituente reato.
38. L’ufficio di Segreteria, ricevuto il ricorso, provvede alla sua iscrizione nell’apposito registro e alla formazione del fascicolo
che, senza indugio, trasmette al Segretario Istruttore o al Presidente in caso di avocazione delle funzioni.
39.1 Il Segretario Istruttore od il Presidente, tenuto conto dell’istruttoria preliminare svolta dagli Uffici competenti, propongono
alla Commissione l’archiviazione del procedimento o provvedono alla contestazione degli addebiti. Il procedimento archiviato potrà essere riaperto ove sopravvengano nuovi e decisivi elementi di prova.
39.2 In casi di particolare gravità, l’Istruttore od il Presidente possono proporre alla Commissione la sospensione cautelativa
dell’incolpato sino all’esito definitivo del procedimento disciplinare. La sospensione cautelativa deve essere adottata con provvedimento collegiale motivato. Contro la sospensione cautelativa è ammessa impugnazione con ricorso motivato alla Commissione di
seconda istanza entro il perentorio termine di giorni trenta dal ricevimento della comunicazione effettuata dal segretario della
Commissione.
39.3 Ove non si proceda ad archiviazione, la contestazione degli addebiti viene effettuata al domicilio risultante dagli atti in possesso dell’ENCI, restando a carico dell’incolpato la comunicazione di ogni variazione del domicilio medesimo. Ove il domicilio
dell’incolpato non risulti dagli atti, ovvero l’incolpato non riceva la comunicazione per trasferimento non comunicato o per omesso
ritiro, la contestazione, così come tutte le altre comunicazioni relative al procedimento, si effettuano mediante deposito presso la
Segreteria della Commissione e pubblicazione, per estratto, sulla rivista dell’Ente.
39.4 Con la stessa comunicazione, è concesso all’incolpato il termine perentorio di giorni 30 per presentare le sue difese scritte e
gli elementi probatori relativi ai fatti di cui alla denuncia. Il termine decorre dalla data in cui l’incolpato ha ricevuto la contestazione, e può essere prorogato, a giudizio insindacabile della Commissione, per gravi e giustificati motivi.
39.5 L’incolpato può avvalersi dell’assistenza tecnica di un avvocato che può anche rappresentarlo, in base alle norme
dell’ordinamento processuale italiano.
40.1 Decorsi i termini di cui all’art. 39.4, ha inizio la fase istruttoria del procedimento che deve svolgersi senza ritardo.
40.2 All’Istruttore od al Presidente spettano il compimento di tutti gli atti che riterranno opportuni al fine dell’accertamento dei
fatti oggetto del procedimento, fruendo a tale scopo dell’ausilio dell’Ufficio Istruttoria Pratiche Disciplinari.
40.3 L’Istruttore od il Presidente hanno la facoltà e, se richiesti, l’obbligo, di disporre la convocazione personale dell’incolpato,
eventualmente in contraddittorio con il denunciante, e con l’assistenza del difensore se nominato.
40.4 L’istruttore od il Presidente valutano i mezzi di prova proposti dalle parti e dispongono in ordine alla loro rilevanza, ammissibilità ed assunzione.
40.5 Di ogni atto istruttorio deve redigersi processo verbale sottoscritto dall’istruttore o dal suo ausiliario delegato, nonché dagli
intervenuti.
41.1 L’istruttoria viene dichiarata chiusa con provvedimento del Segretario Istruttore o del Presidente, da comunicarsi senza indugio all’incolpato con l’avviso che entro giorni sessanta dal ricevimento della comunicazione può chiedere copia, previo rimborso
delle spese all’ENCI, degli atti assunti e inviare memoria difensiva. Fa fede la data di spedizione riportata sul timbro postale.
41.2 Scaduto il termine di cui al comma 1, l’istruttore od il Presidente riferiscono immediatamente alla Commissione collegialmente riunita.
42.1 La Commissione decide a maggioranza e in forma scritta; il voto del Presidente ha eguale valore di quello degli altri Componenti della Commissione. Tutte le decisioni devono essere adeguatamente motivate.
42.2 Se la Commissione ritiene che l’incolpato abbia commesso l’illecito disciplinare ascrittogli e ne sia responsabile, irroga una
delle sanzioni di cui all’art. 33.
42.3 In tutti gli altri casi dispone l’assoluzione dell’incolpato.
42.4 Il testo della decisione, sottoscritto da tutti i componenti della Commissione, sarà allegato al fascicolo del relativo procedimento.
42.5 Ogni decisione dovrà essere numerata progressivamente in relazione all’anno solare della sua emissione, e a cura della Segreteria, conservata negli archivi ed inserita nella raccolta ufficiale delle decisioni della Commissione.
43.1 Copia della decisione verrà comunicata all’incolpato, e al Consiglio Direttivo, con l’indicazione che contro tale decisione
l’incolpato potrà proporre appello avanti la Commissione di disciplina di seconda Istanza. Si applica quanto previsto dall’art. 39.3.
43.2 La decisione verrà comunicata anche all’eventuale Associazione di appartenenza dell’incolpato.
44.1 Le decisioni della Commissione di disciplina di prima istanza diventano definitive se non appellate nei termini di cui all’art.
45.1, oppure in caso di conferma della stessa da parte della Commissione di seconda istanza.
44.2 Nei casi di cui al comma che precede, l’Ufficio Segreteria dichiara la definitività della decisione con provvedimento in calce
alla stessa, dandone notizia a cura della Segreteria al Consiglio Direttivo.
44.3 Le decisioni definitive sono poste in esecuzione immediatamente. A cura della Segreteria dovrà essere tenuto l’elenco aggiornato delle decisioni definitive. Copia di tale elenco dovrà essere inviato agli uffici preposti, nonché ai delegati dell’ENCI, e a tutti i
comitati Organizzatori.
SEZIONE IX.
Appello
45.1 L’incolpato può proporre appello avverso le decisioni della Commissione di Disciplina di prima istanza, ovvero dei Probiviri
dei Soci Collettivi, nel termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 43.1.
45.2 L’appello si propone con ricorso scritto, sottoscritto personalmente dall’appellante o dal suo procuratore, da inviarsi a mezzo
raccomandata a.r. alla Commissione di Disciplina di seconda istanza. Fa fede la data di spedizione riportata sul timbro postale.
45.3 Copia dell’atto di impugnazione sarà trasmessa a cura della segreteria, alla Commissione di Disciplina di I° Istanza, ovvero ai
Probiviri del Socio Collettivo.
45.4 L’atto deve contenere:
a) il nome, cognome e domicilio dell’appellante;
b) l’indicazione del provvedimento che si impugna;
c) i motivi di fatto e di diritto sui quali l’appello è fondato;
d) l’indicazione dei nuovi mezzi di prova che non sia stato possibile indicare nel giudizio di primo grado, o di quelli richiesti e non
ammessi nel giudizio di primo grado;
e) l’eventuale istanza di ricusazione di cui all’articolo 29.
46.1 Ricevuto il ricorso, l’ufficio di Segreteria della Commissione trasmette tempestiva mente il fascicolo degli atti e dei documenti del relativo procedimento al Presidente della Commissione di disciplina di seconda istanza, il quale nomina un Relatore che,
alla prima sessione utile, propone alla Commissione l’accoglimento o il rigetto delle eventuali istanze istruttorie indicate nell’atto
di appello. Il Relatore può altresì proporre l’esperimento d’ufficio di prove non richieste.
46.2 In caso di ammissione delle prove, il Commissario Relatore provvederà alla loro assunzione.
46.3 Si applicano le disposizioni dell’art. 40.
47.1 La decisione della Commissione di seconda istanza può essere di conferma o di riforma parziale o totale.
47.2 In nessun caso la Commissione di seconda istanza può deliberare l’adozione di sanzioni più gravi di quelle comminate in primo grado.
48. Le decisioni della Commissione di appello vengono depositate in conformità all’art. 43 del presente Regolamento e, a cura
della segreteria, comunicate in copia all’appellante, alla Commissione di I° Istanza, al Consiglio Direttivo e all’associazione di appartenenza dell’incolpato a mezzo raccomandata a.r..
49. Esse sono definitive e la loro esecuzione è affidata al Consiglio Direttivo che deve provvedervi immediatamente.
50. Si applicano inoltre al procedimento d’appello, in quanto compatibili, le norme previste per il procedimento disciplinare avanti
la Commissione di I° Istanza.
ALLEGATO 7
REGOLAMENTO INTERNAZIONALE DI ALLEVAMENTO
FEDERAZIONE CINOLOGICA INTERNAZIONALE
PREAMBOLO
1. I Paesi membri e partner con contratto della federazione Cinologica Internazionale (FCI) sono tenuti a rispettare il regolamento di allevamento internazionale della FCI.
• Il presente regolamento di allevamento della FCI concerne direttamente tutti i paesi membri e partner con contratto della FCI. Ciò significa che l’allevamento può essere praticato unicamente con cani di razza pura, di buon
carattere, in perfetta salute nei termini della funzionalità e dell’ereditarietà ed iscritti in un libro origini o registro
d’attesa riconosciuto dalla FCI. Per altro, devono soddisfare le condizioni imposte dai paesi membri e partner con
contratto della FCI.
• I soli cani che possono essere considerati in perfetta salute nei termini d’ereditarietà sono quelli che possiedono
le caratteristiche dello standard di una razza, il suo tipo ed il suo temperamento e non presentano alcun difetto
ereditario sostanziale che potrebbe minacciare l’aspetto funzionale della loro progenie. I paesi membri e partner
con contratto della FCI devono di conseguenza evitare che gli standard non includano delle esagerazioni delle caratteristiche che potrebbero mettere in pericolo la funzionalità dei cani.
• I cani che presentano delle anomalie, come un temperamento malsano, una sordità od una cecità congenita, labbro leporino, palato spaccato, delle malformazioni notorie della mascella o dei difetti dentali pronunciati,
un’atrofia progressiva della retina, i cani che soffrono di epilessia, criptorchidi, monorchidi, albini, affetti da displasia severa accertata dell’anca oppure dei cani che presentano dei colori di pelo non desiderati non possono essere utilizzati ai fini dell’allevamento.
• In materia della “gestione” delle tare ereditarie come la displasia dell’anca o l’atrofia progressiva della retina, i
paesi membri e partner con contratto della FCI devono tenere un registro dei cani affetti da tali malattie, combattendole in modo metodico, registrare continuamente i progressi realizzati e comunicarlo alla FCI su richiesta.
• I paesi membri e partner con contratto della FCI godono dell’appoggio della Commissione Scientifica in materia di
valutazione dei difetti ereditari. La Commissione aiuta a combattere tali tare consigliando i paesi membri e partner
con contratto della FCI. Nell’eventualità che la Commissione elabori o pubblichi una pubblicazione di misure relative
alla lotta contro queste tare, quest’ultima dovrà essere rispettata a partire dalla data di approvazione da parte del Comitato Generale della FCI.
• I paesi membri e partner con contratto della FCI hanno competenza e responsabilità totale in materia di allevamento.
Ciò comprende i consigli e linee direttive date agli allevatori, il controllo delle procedure di allevamento praticate da
questi ultimi e la gestione dei libri origine.
L’allevamento e lo sviluppo delle razze canine devono appoggiarsi a degli obiettivi a lungo termine e su principi sani
di modo che la pratica di tale attività non produca dei cani malati o che abbiano un carattere instabile o che non possieda attitudine al lavoro.
L’obiettivo dell’allevamento deve essere la preservazione e, di preferenza, di estendere la diversità genetica di una
razza.
Solo i cani funzionalmente sani possono essere utilizzati nell’allevamento. È compito di ogni allevatore che seleziona
un cane di determinare se quest’ultimo è, mentalmente e fisicamente, idoneo alla riproduzione.
L’allevatore si deve assicurare che gli animali preposti alla riproduzione abbiano un temperamento stabile e siano in
buone condizioni fisiche. Per tutto il tempo durante il quale l’allevatore assicura la custodia di un cucciolo, deve permettergli di crescere in un ambiente sano (mentalmente e fisicamente) e benefico al fine di garantire una socializzazione adeguata.
• I paesi membri e partner con contratto della FCI devono stabilire i propri regolamenti di allevamento, basati su questo regolamento, nei quali devono figurare gli obiettivi da raggiungere. Questi regolamenti dovranno tenere conto, in
modo appropriato, delle specifiche di lavoro proprie di ciascuna razza.
I commercianti di cani e gli allevatori che lavorano per uno scopo prettamente commerciale non possono praticare allevamento in un paese membro o partner con contratto della FCI.
2. I diritti ed obblighi reciproci dei proprietari dello stallone e della fattrice sono principalmente determinati dal diritto
nazionale, dai regolamenti stabiliti dalle associazioni cinofile nazionali oppure i loro club ed associazioni di razza e/o
da convenzioni specifiche. Nel caso tali disposizioni non esistano, si applica il Regolamento Internazionale di Allevamento della FCI.
• Si stressa sull’importanza per gli allevatori ed i proprietari degli stalloni di mettere per iscritto le condizioni nelle
quali avverrà la monta, al fine di creare una situazione chiara per quanto riguarda le obbligazioni finanziarie.
• Il “proprietario” di un cane è la persona che ha legalmente acquisito l’animale, si trova in suo possesso e può provarlo con la detenzione, correttamente certificata, di un certificato d’iscrizione ed un pedigree validi.
• Il “possessore” dello stallone è o il proprietario dello stesso o la persona che ha ricevuto l’autorizzazione del proprietario di offrire i servizi di tale stallone per una monta.
COSTI DI TRASPORTO E MANTENIMENTO DELLA FATTRICE
3. Si raccomanda ai proprietari di fattrici di portarle e andarle a riprendere personalmente, oppure tramite una terza
persona fidata. Qualora la cagna dovesse rimanere per più giorni presso il possessore dello stallone, tutte le spese conseguenti quali: alimentazione, alloggio, eventuali cure veterinarie, come pure gli eventuali danni provocati dalla cagna
agli impianti dell’allevamento o all’abitazione del possessore dello stallone, sono a carico del proprietario della fattrice. Il trasporto di ritorno della femmina viene effettuato a spese del suo proprietario.
RESPONSABILITA’
4. In conformità con le norme di legge in vigore nei singoli paesi, dei danni eventualmente causati dall’animale
è responsabile la persona che, al momento del loro verificarsi, ha la detenzione o il possesso dell’animale.
Di conseguenza, qualora la fattrice debba rimanere per uno o più giorni sotto la sorveglianza del possessore dello
stallone, quest’ultimo viene considerato dalla legge, quale persona a cui spetta la custodia dell’animale, responsabile
dei danni che la fattrice possa causare a terzi.
Il possessore (o proprietario) dello stallone deve tener conto di quanto sopra nella stipulazione di polizza e di assicurazione personale per la responsabilità civile.
MORTE DELLA FATTRICE
5. In caso di morte della fattrice durante la sua permanenza presso il possessore dello stallone, quest’ultimo si
obbliga a far constatare a sue spese il decesso da un medico veterinario ed a farne stabilire le cause. Egli deve
informare quanto prima, il proprietario della fattrice dell’avvenuto decesso e della causa.
Il proprietario della fattrice che lo desideri, ha diritto di vedere la cagna deceduta.
Se il decesso è imputabile a colpa del possessore dello stallone, quest’ultimo è tenuto al risarcimento dei danni e gli
interessi legali nei confronti del proprietario della fattrice.
Qualora al possessore dello stallone non possa essere addebitata alcuna colpa, spetta al proprietario della fattrice rimborsare al primo tutte le spese sostenute in correlazione con la morte della fattrice.
SCELTA DELLO STALLONE
6. Il possessore dello stallone è obbligato a far coprire la fattrice dallo stallone prescelto, con esclusione di qualsiasi
altro.
Qualora lo stallone prescelto non esegua la monta, la fattrice non può essere presentata ad altro stallone se non previo
consulto del proprietario.
In ogni caso, è vietato far coprire una fattrice da due o più stalloni durante lo stesso calore.
MONTA FORTUITA
7. Qualora, accidentalmente, ma non intenzionalmente, si sia verificata una monta da parte di un altro stallone diverso
da quello convenuto, il possessore dello stallone, cui spetti la custodia della fattrice, è obbligato a rimborsare al proprietario di questa tutte le spese causate dalla monta errata o fortuita.
Dopo una monta fortuita da parte di uno stallone diverso da quello previsto è vietato procedere ad una nuova monta
con lo stallone che era stato prescelto a tale scopo. Al proprietario dello stallone non spetta alcun compenso per la
monta fortuita.
CERTIFICATO DI MONTA
8. Il proprietario dello stallone certifica, redigendo un attestato, la corretta esecuzione della monta. Firmando il documento, egli conferma che è stato testimone oculare della monta.
Qualora il servizio Libro delle Origini del paese nel quale deve essere iscritta la cucciolata, prevede la presentazione
di appositi moduli, spetta al proprietario della fattrice procurarsi gli stessi, compilarli correttamente e presentarli al
possessore dello stallone per la firma.
Il certificato di monta deve contenere obbligatoriamente i seguenti dati:
a. Nome e numero di iscrizione al Libro Origini dello stallone;
b. Nome e numero di iscrizione al Libro Origini della fattrice;
c. Nome e indirizzo del possessore/proprietario dello stallone;
d. Nome e indirizzo del proprietario della fattrice al momento della monta ed eventualmente la data di acquisto della
fattrice;
e. Luogo e data della monta;
f. Firma del possessore dello stallone e del proprietario della cagna;
g. Qualora il servizio del Libro Origini esiga per l’iscrizione dei cuccioli una fotocopia autenticata o un estratto certificato del pedigree, spetta al possessore dello stallone fornire gratuitamente tali documenti al proprietario della fattrice.
COMPENSO PER LA MONTA
9. Si raccomanda al proprietario dello stallone di firmare il certificato di monta solamente dopo il pagamento del prezzo precedentemente convenuto per la monta. Non sono permessi né la ritenzione né il pegno della fattrice.
10. Se lo stallone prescelto non procede alla monta per qualsiasi motivo o se la fattrice non si lascia montare, di modo
che la monta non sia stata effettivamente eseguita, il proprietario dello stallone conserva il diritto di risarcimento previsto all’Art. 2, ma non può pretendere il pagamento del prezzo convenuto per la monta.
11. per quanto riguarda la discendenza dello stallone, il proprietario dello stallone non ha il diritto, nei confronti del
proprietario della fattrice, a dei compensi se non quello per la monta. Non ha neppure alcun diritto a farsi consegnare
un cucciolo.
Se le parti si sono accordate per la consegna di un cucciolo a titolo di compenso per la monta, tale accordo deve essere
formulato per iscritto prima della monta. In un accordo del genere, i punti seguenti devono assolutamente essere precisati e rispettati:
a. il momento della scelta del cucciolo da parte del proprietario dello stallone;
b. il momento della consegna del cucciolo al proprietario dello stallone;
c. il momento a partire dal quale il diritto del proprietario dello stallone di scegliere il cucciolo è irrevocabilmente prescritto;
d. il momento a partire dal quale il diritto del proprietario dello stallone di prendere il cucciolo è irrevocabilmente prescritto;
e. il pagamento dei costi di trasporto;
f. gli accordi speciali per il caso nel quale la fattrice dovesse partorire solo cuccioli nati morti oppure con un solo cucciolo in vita, o nel caso che il cucciolo prescelto muoia prima della consegna.
LA FATTRICE RESTA VUOTA
12. Dopo una monta eseguita correttamente, si considerano adempiuti gli obblighi dello stallone e che, quindi, le condizioni per aver diritto al pagamento convenuto si sono verificate.
Ciò non costituisce garanzia del fatto che la fattrice sia gravida. E’ facoltà del proprietario dello stallone decidere, in
caso la fattrice resti vuota, se consentire una nuova monta gratuita al calore seguente, oppure rimborsare una parte del
compenso ricevuto per la monta. Tale accordo dovrà essere messo per iscritto nel contratto di monta prima della stessa.
Il diritto convenuto per una monta gratuita si estingue con il decesso dello stallone oppure con il passaggio di proprietà dello stesso o con il decesso della fattrice.
Qualora possa essere provato (con analisi dello sperma) che lo stallone era sterile al momento della monta, il proprietario della fattrice deve essere rimborsata delle spese causate dalla monta.
INSEMINAZIONE ARTIFICIALE
13. L’inseminazione artificiale non può essere effettuata su animali che non si sono precedentemente riprodotti naturalmente.
Nel caso di inseminazione artificiale della fattrice, il veterinario che ha raccolto lo sperma dello stallone deve certificare, con un attestato da consegnare al servizio del libro origini del paese che registrerà i cuccioli, che lo sperma fresco o congelato proviene dallo stallone convenuto. Inoltre gli attestati previsti nell’Art. 7 (a – g) devono essere forniti
gratuitamente al proprietario della fattrice dal proprietario dello stallone.
Tutte le spese sostenute per il raccoglimento dello sperma sono a carico del proprietario della fattrice. Le spese relative all’inseminazione sono anch’esse a carico del proprietario della fattrice. Il veterinario che procede
all’inseminazione deve confermare al servizio del libro origini che la fattrice è stata fecondata con lo sperma dello
stallone prescelto per la monta.
Su tale certificato, è bene precisare anche il luogo e la data dell’inseminazione, il nome ed il numero di iscrizione
della fattrice al libro origini così come il nome e l’indirizzo del proprietario della fattrice.
Il proprietario dello stallone che fornisce lo sperma deve consegnare al proprietario della fattrice, oltre all’certificato
fornito dal veterinario, un certificato ufficiale di monta.
CESSIONE DEI DIRITTI DI ALLEVAMENTO
14. Si considera, in generale, che il proprietario della fattrice al momento della monta sia l’allevatore della cucciolata.
Il diritto di utilizzare una fattrice o uno stallone può tuttavia essere trasferito, a mezzo di contratto, a terzi.
Tale trasferimento deve, in tutti i casi, essere messa per iscritto, prima della monta programmata.
Tale cessione dei diritti di allevamento, risultante per iscritto, deve essere dichiarata per tempo al servizio del libro
origini ed eventualmente all’associazione di allevatori competente per la razza in questione. Questa deve essere allegata alla dichiarazione di nascita.
E’ bene descrivere dettagliatamente nella cessione dei diritti di allevamento, i diritti ed i doveri delle due parti contraenti.
La terza persona che ottiene temporaneamente i diritti di allevamento di una fattrice viene considerato come il proprietario di quest’ultima, ai sensi del presente regolamento, della monta fino al momento dello svezzamento.
REGOLE DI BASE
15. I cuccioli nati da genitori di razza pura in possesso di pedigree riconosciuti dalla FCI, sui quali non risulta alcuna
obiezione o restrizione emessa dall’organismo cinofilo nazionale, sono considerati cani di razza pura e possono, a tale
titolo, ricevere un pedigree riconosciuto dalla FCI.
16. I pedigree riconosciuti dalla FCI sono dei certificati attestanti l’affidabilità dei dati relativi alle generazioni menzionate, e non dei certificati di garanzia di qualità del cane.
ISCRIZIONE DEI CUCCIOLI AL LIBRO ORIGINI
17. Salvo accordi diversi, si considera che il nuovo proprietario in caso di vendita di una cagna gravida, diviene automaticamente l’allevatore della cucciolata in arrivo.
18. Tutti i cani allevati ed iscritti in un paese membro o partner con contratto della FCI deve essere provvisto di un
sistema d’identificazione permanente e non falsificabile; tale identificazione deve essere riportata sul pedigree.
I cuccioli sono iscritti, in principio, al libro origini del paese dove il proprietario della fattrice risiede (residenza abituale) ed i cuccioli porteranno il suo affisso. Nel caso non fosse possibile determinare la “residenza abituale” da un
punto di vista legale, il proprietario della fattrice ha il diritto di far nascere la cucciolata nel paese nel quale risiede al
momento della monta e di far iscrivere i cuccioli nel libro origini dell’organizzazione cinofila di tale paese. Tuttavia,
le seguenti condizioni devono essere soddisfatte:
- Il proprietario deve soddisfare le condizioni di allevamento emesse dall’organizzazione cinofila del paese nel quale
risiede al momento della monta.
- Il proprietario deve fornire un certificato emesso dalle autorità locali competenti del paese dove risiede precisando
che ci abita (senza interruzioni) da almeno 6 mesi.
Se queste condizioni sono soddisfatte, l’associazione cinofila nazionale del paese nel quale il proprietario vive al momento della monta deve iscrivere la cucciolata nata sul proprio territorio nel proprio libro origini, deve emettere i pedigree dei cuccioli indicando l’affisso del proprietario e l’indirizzo di dove vive.
Delle eccezioni vengono tollerate per gli allevatori di cani di razza che vivono in un paese il quale non tiene un libro
origini riconosciuto dalla FCI.
Questi avranno quindi la possibilità di procedere alla registrazione dei cuccioli in un libro origini riconosciuto dalla
FCI.
Tutti i cuccioli della cucciolata dovranno essere iscritti; questo include tutti i cuccioli esistenti nella data della domanda d’iscrizione.
I pedigree, che sono di fatto dei certificati di nascita, devono essere emessi unicamente per certificare le linee di sangue. Normalmente, una femmina non può che essere coperta, per una cucciolata, da un solo maschio. In caso di dubbio, le
associazioni cinofile nazionali sono tenute a verificare le linee di sangue (con esame del D.N.A.) a spese
dell’allevatore.
REGOLAMENTI DI ALLEVAMENTO DEI PAESI MEMBRI DELLA FCI
19. I regolamenti di allevamento dei paesi membri o partner con contratto della FCI possono essere più vincolanti di
quelli stabiliti dalla FCI ma non possono essere in contrasto a questi ultimi.
DISPOSIZIONI FINALI
20. Il presente regolamento sostituisce “Gli usi e costumi internazionali di allevamento di Monaco” del 1934.
In caso di divergenza di interpretazione, il testo in tedesco è determinante.
*Adottato dall’Assemblea Generale della FCI l’11 e 12 giugno 1979 a Berna (Svizzera).
Le parti in grassetto sono state approvate dal Comitato Generale, Kyoto, novembre 2004.
ALLEGATO 8
USI E CONSUETUDINI DELLA PROVINCIA DI VARESE
La Giunta della Camera di Commercio di Varese ha approvato il 6 giugno 2005 la nuova Raccolta degli Usi della
provincia.
Il volume con il testo degli usi revisionati è stato recentemente stampato, ed è disponibile presso gli uffici camerali,
oltre ad essere disponibile e scaricabile in fondo a questa pagina.
Nelle materie regolate dalle leggi, gli usi hanno efficacia giuridica se richiamati (o in caso di mancanza - o necessità
d’integrazione - di fonti del diritto di livello superiore).
Gli usi, infatti, sono regole consolidate nel tempo (attraverso il ripetersi della condotta e la convinzione delle parti interessate di osservare una norma giuridica obbligatoria), rilevate e revisionate secondo quanto previsto dalla normativa.
I comportamenti si trasformano, pertanto, in fonte giuridica (di tipo terziario) solo quando sono pubblicati nella Raccolta ufficiale approvata dall’Ente competente (la Camera di Commercio), e da questo momento si presumono esistenti fino a prova contraria.
La nuova “Raccolta provinciale degli usi” è stata completamente revisionata, dopo un lungo e approfondito lavoro
della Commissione provinciale, composta da esperti (delle Associazioni di categoria e dei consumatori, degli Ordini
professionali, di vari Enti, ..), si è avvalsa del supporto di 28 Comitati tecnici, per i singoli settori da revisionare.
Sono stati revisionati gli usi dei seguenti Settori merceologici:
• usi ricorrenti nelle contrattazioni in genere;
• compravendita e locazione di immobili urbani, di aziende commerciali e di impianti industriali;
• compravendita, affitto e conduzione di fondi rustici;
• compravendita di prodotti:
o zootecnia,
o agricoltura,
o silvicoltura,
o industrie estrattive,
o industrie alimentari,
o industria delle pelli,
o industrie tessili,
o industrie del legno,
o industrie della carta, poligrafiche e fotocinematografiche,
o industrie metallurgiche,
o industrie meccaniche,
o industrie della trasformazione dei minerali non metalliferi,
o industrie chimiche;
• credito, assicurazioni, borse valori:
o usi bancari,
o leasing,
o carte di credito,
o credito al consumo,
o factoring;
• altri usi: esercizio della caccia
• usi negoziali:
a) prestazioni varie d’opera e di servizi (candeggio, tintoria, stampa e finissaggio di tessuti - lavanderie - pavimentazioni - serramenti e infissi in legno - opere da verniciatore - tappezzerie - ricami a macchina e
pizzi, - alberghi),
b) usi nei trasporti terrestri,
c) compra-vendita automezzi,
d) cani,
e) franchising,
f) internet providers.
Capitolo 8° - CANI
Sommario
Sezione I – Generalità
Oggetto del contratto di vendita Art. 1
Forme e soggetti del contratto ” 2
Conclusione del contratto e vendita a prova ” 3
Rischio e spese di trasporto ” 4
Pagamento e caparra ” 5
Espressioni di garanzia ” 6
Certificato di origine ” 7
Vendita con certificato ” 8
Vizi da risoluzione del contratto ” 9
Durata della garanzia e decorrenza ” 10
Denuncia dei vizi ” 11
Verifica dei vizi e risoluzione del contratto ” 12
Consegna del certificato di cui agli Artt. 7-8 ” 13
Mediazione ” 14
Sezione II – Canili per pensione e per addestramento cani
Tenutari ” 15
Contratto di pensione ” 16
Variazione del prezzo giornaliero di pensione ” 17
Responsabilità e cautele ” 18
Malattie del cane in pensione ” 19
Pagamento della pensione ” 20
Morosità del proprietario del cane ” 21
Morte del cane ” 22
Sezione III – Allevamento e riproduzione di cani di razza
Vedi appendice
Capitolo 8° - CANI
Sezione I
Generalità
Art. 1 - Oggetto del contratto di vendita.
Sono oggetto del contratto:
a) cuccioli (età minima 60 giorni);
b) cuccioloni;
c) soggetti adulti (in età di riproduzione);
d) soggetti addestrati nelle diverse specialità.
Art. 2 - Forme e soggetti del contratto.
Il contratto è di regola verbale.
Si fa per iscritto quando le parti non abbiano fra loro rapporti commerciali o intendano stabilire patti speciali.
I soggetti che intervengono nel contratto sono il venditore, il compratore ed il mediatore.
Quest’ultimo può essere escluso dalle parti contraenti.
Art. 3 - Conclusione del contratto e vendita a prova.
Il contratto si perfeziona di solito con una stretta di mano e con la consegna del cane al guinzaglio.
La vendita può essere subordinata, anche se il prezzo è concordato, ad una prova eseguita alla presenza dei due contraenti.
Il compratore, con l’accordo del venditore, prova il cane per l’uso per cui è stato acquistato, trattenendolo presso di sé
per un periodo di 8 giorni, salvo altri patti che devono essere messi per iscritto.
Se alla prova il cane non dimostra le qualità pattuite o si mostra inidoneo all’uso a cui è destinato, il compratore lo restituisce al venditore, il quale deve rimborsargli l’acconto ricevuto, restando a carico del compratore le spese di mantenimento e le spese del veterinario per tutto il periodo di prova.
Art. 4 - Rischio e spese di trasporto.
Se il cane è spedito dal venditore, la consegna si intende a spese e a rischio del venditore, salvo patti contrari.
Art. 5 - Pagamento e caparra.
Se le parti hanno tra loro rapporti commerciali, di solito non viene data caparra ed il pagamento deve essere fatto entro
8 giorni dalla consegna del cane.
Se le parti non hanno tra loro rapporti commerciali, il compratore versa congrua caparra alla conclusione del contratto
e deve effettuare il saldo del prezzo alla consegna del cane.
In ogni caso, quando viene versata caparra, il venditore rilascia ricevuta, nella quale di solito menziona le condizioni
del contratto.
Se il compratore, che ha versato la caparra non intende più ritirare il cane contrattato, perde la caparra.
Se il venditore che ha ricevuto la caparra non intende più consegnare il cane contrattato, deve restituire la caparra raddoppiata.
Se il cane oggetto del contratto è morto prima del termine della consegna, il contratto è risolto, e nel caso sia stata versata la caparra, questa deve essere restituita.
Art. 6 - Espressioni di garanzia.
Con la frase “Il cane lo vendo giusto e sano da galantuomo” il venditore intende garantire il compratore da tutti i vizi
o difetti sia nascosti che apparenti e deve specificarne la razza.
I vizi e difetti apparenti, che sono le malformazioni di nascita o acquisite, devono essere fatti notare al compratore che
non potrà rivalersi in futuro nei confronti del venditore.
Art. 7 - Certificato di origine.
I certificati di origine vengono rilasciati dall’Ente che tiene i Libri delle Origini e che per l’Italia è l’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) Viale Corsica 20, Milano, che ha delegazioni nella provincia di Varese.
L’ENCI è affiliato alla F.C.I. (Federazione Cinologica Internazionale).
I certificati dei cani provenienti dall’estero e rilasciati da una nazione il cui Ente Cinofilo risulti affiliato alla F.C.I.
(Federazione Citologica Internazionale) vengono registrati ai Libri Genealogici dell’ENCI in base ai regolamenti approvati dalla F.C.I. ma devono comunque corrispondere tutti i dati forniti all’atto della compravendita compresi il codice alfanumerico del microchip e/o del tatuaggio o marcatura. I certificati dei cani provenienti da una nazione estera
affiliata alla F.C.I. devono essere intestati a un proprietario residente in Italia e devono avere la dicitura “export – pedigree” se provenienti da nazioni non facenti parte dell’Unione Europea.
Art. 8 - Vendita con certificato.
Con la frase “Il cane ha il certificato” (pedigree) il venditore intende garantire il compratore che gli verrà consegnato
il relativo certificato originale del cane venduto.
Il venditore deve specificare se il certificato è del L.O.I. (Libro Origini Italiano) oppure del L.I.R. (Libro Italiano Riconosciuti), oppure se il certificato è rilasciato da una organizzazione straniera affiliata alla F.C.I. (Federazione Cinologica Internazionale) e che dà diritto all’iscrizione presso l’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana), al L.O.I.
Il venditore deve inoltre specificare se le spese del certificato sono a carico del compratore secondo le correnti tariffe
dell’ENCI; se ciò non viene specificato sarà dovere del venditore consegnare il certificato senza richiedere alcun rimborso, salvo diversa pattuizione.
Art. 9 - Vizi da risoluzione del contratto.
1) Malattia acuta febbrile in atto;
2) Rabbia;
3) Cimurro;
4) Gastroenteriti infettive;
5) Epatite infettiva;
6) Tosse infettiva da canile;
7) Leptospirosi del cane;
8) Rogna;
9) Micosi e tricofìtosi;
10) Tubercolosi clinicamente manifesta;
11) Tetano;
12) Piroplasmosi;
13) Leishmaniosi;
14) Filariosi;
15) Toxoplasmosi;
16) Malformazioni palesi;
17) Rachitismo;
18) Osteomielite;
19) Epilessia;
20) Malformazioni e patologie ereditarie congenite e nascoste;
21) Displasia dell’anca e del gomito.
Art. 10 - Durata della garanzia e decorrenza.
Per il vizio di cui al numero 1 dell’Art. 9 la garanzia è di 2 giorni.
Per i vizi di cui ai numeri 2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18 dell’Art. 9 il periodo di garanzia è di giorni 8.
Per i vizi di cui ai numeri 19-20-21 dell’Art. 9 il periodo di garanzia è di giorni 30.
La garanzia decorre dal giorno della consegna del cane.
Art. 11 - Denuncia dei vizi.
Il compratore che intende denunciare il vizio riscontrato al cane, deve avvertire il venditore, e comunque entro i termini di cui all’Art 10.
La denuncia deve essere fatta per iscritto, precisamente con telegramma, fax o con lettera raccomandata con avviso di
ritorno o con citazione giudiziaria.
In essa si deve indicare, non solo la natura del vizio, ma anche il momento nel quale è stato rilevato.
La denuncia deve essere accompagnata da certificato veterinario.
Art. 12 - Verifica dei vizi e risoluzione del contratto.
Il venditore, ricevuta la denuncia, è tenuto a procedere alla verifica del vizio nel più breve tempo possibile.
Il cane nel frattempo resta a casa o nel canile del compratore in costante riposo.
Se il venditore, entro 6 giorni dalla ricezione della denuncia del vizio, non si presenta a verificarlo, il cane può essere
collocato presso terzi o presso canile municipale.
Il contratto, dopo la verifica e il riconoscimento del vizio redibitorio denunciato, si intende risolto con tutte le conseguenze di legge.
Art. 13 - Consegna del certificato di cui agli Artt. 7-8.
Il certificato di origine del cane venduto, se il cane è adulto (1 anno) deve essere consegnato entro 8 giorni dalla consegna del cane; se il cane è cucciolo o cucciolone (sotto l’anno di età) deve essere consegnato non dopo che il cucciolo o cucciolone venduto ha compiuto un anno.
Trascorsi tali termini la mancata consegna del certificato dà luogo alla risoluzione del contratto con tutte le conseguenze di legge.
Art. 14 - Mediazione.
Per la conclusione del contratto di vendita dei cani, al mediatore spetta una provvigione nella misura del 15 % sul
prezzo pagato e deve essere corrisposta dal venditore.
Lo stesso non ha diritto a provvigione in caso di risoluzione del contratto.
Sezione II
Canili per pensione e per addestramento cani
Art. 15 - Tenutari.
Tenutari sono definiti coloro che detengono cani in pensione ed in addestramento.
I canili devono essere autorizzati dal Sindaco e dalle ASL.
Art. 16 - Contratto di pensione.
Il prezzo di pensione si stabilisce prima della consegna del cane; il prezzo della pensione si fa per giorno e si calcolano comunque come giorni interi anche quello della consegna e quello della restituzione.
Art. 17 - Variazione del prezzo giornaliero di pensione.
Per variare il prezzo giornaliero di pensione deve essere data comunicazione per mezzo di raccomandata con ricevuta
di ritorno almeno 30 giorni prima di quando il tenutario vuole variare tale prezzo.
Art. 18 - Responsabilità e cautele.
Il tenutario, salvo sue responsabilità, chiede e conserva, fino al termine della pensione, il certificato di vaccinazione
antirabbica (nei periodi di vaccinazione obbligatoria), e il certificato di vaccinazione contro il cimurro, l’epatite infettiva e la leptospirosi e le gastroenteriti infettive.
Le vaccinazioni di cui sopra non sono valide se sono state effettuate da oltre un anno.
Art. 19 - Malattie del cane in pensione.
Quando in un canile si verifica una malattia diffusiva od infettiva o nel caso di malattia del cane in pensione, il tenutario avvisa immediatamente il proprietario; nel caso di mancato reperimento, ricorre al proprio veterinario di fiducia,
così da curarlo con la dovuta diligenza.
Nel caso invece di reperimento del proprietario, questi ed il tenutario sono entrambi liberi di disporre a loro piacimento del cane, anche con la rescissione istantanea del contratto di pensione.
Art. 20 - Pagamento della pensione.
Il proprietario del cane non può ritirarlo per nessuna ragione se prima non ha pagato l’importo intero della pensione.
Art. 21 - Morosità del proprietario del cane.
Quando il proprietario del cane è moroso da 30 giorni sul pagamento della pensione, il tenutario invia al proprietario
lettera raccomandata con avviso di ritorno con cui gli comunica che, se entro 10 giorni dalla data di spedizione della
raccomandata, non si provvederà ad effettuare il saldo della pensione e a ritirare il cane, il cane stesso sarà consegnato
presso il domicilio del proprietario ed, in caso di impossibilità, come abbandonato, potrà essere consegnato presso il
canile municipale del comune dove è sito il canile del tenutario.
Restano salvi i diritti del tenutario di farsi risarcire ogni suo avere dal proprietario del cane.
Art. 22 - Morte del cane.
In caso di morte improvvisa del cane o di sopravvenuta morte per malattia senza che il proprietario sia stato reperito o
informato, il tenutario provvede a far constatare la causa di morte dal veterinario di sua fiducia; nel caso che il proprietario ritenga opportuno inviare un veterinario di sua fiducia per la constatazione di morte, è tenuto ad avvisare in
tempo il tenutario, il quale ha il diritto di fare intervenire congiuntamente il proprio veterinario di fiducia.
Sezione III
Allevamento e riproduzione di cani di razza
(Vedi appendice per estratto che riproduce la Convenzione Internazionale di Monaco - Marzo 1934 - Tav. VII).
Tavola VII
ESTRATTO CONVENZIONE INTERNAZIONALE DI MONACO MARZO 1934 SULL’ALLEVAMENTO E
RIPRODUZIONE DI CANI DI RAZZA
Art. 1 - La cagna viaggia a rischio e pericolo del suo proprietario.
Il proprietario dello stallone deve alla cagna, durante tutto il tempo nel quale essa è affidata alla sua custodia, tutte le
cure che un allevatore coscienzioso dà ai propri cani.
Art. 2 - Le spese di trasporto, sia nell’andata che nel ritorno, sono a carico del proprietario della cagna.
Art. 3 - Lo stesso è per le spese straordinarie che il proprietario dello stallone fosse costretto ad anticipare
nell’interesse della cagna; spese di malattia, di soggiorno anormale dopo la monta, o la cessazione del calore, spese di
imballaggio, ecc.
Art. 4 - Senza accordo formale col proprietario della cagna, non può essere sostituito un altro stallone a quello che è
stato convenuto.
Art. 5 - In caso di monta fortuita da parte di stallone diverso da quello convenuto, sia prima che dopo la monta dello
stallone convenuto, il proprietario dello stallone ha tutti gli obblighi abituali e non ha nessun diritto.
Non è tenuto ad altre obbligazioni speciali dal fatto della monta fortuita che al rimborso del prezzo della monta e delle
spese di viaggio della cagna.
Tuttavia se la monta fortuita ha avuto luogo prima di quella dello stallone convenuto, una monta da parte di
quest’ultimo stallone (monta appoggiata), può essere fatta con l’autorizzazione formale del proprietario della cagna; in
questo caso i diritti ed i doveri reciproci delle parti sono quelli abituali.
La seconda monta sarà ritardata, in quanto possa aver luogo e nei limiti del possibile, di diversi giorni.
Art. 6 - Quando la cagna sia stata coperta da stalloni differenti, il certificato di monta menzionerà i diversi stalloni e le
date delle loro monte.
Art. 7 - Non si da luogo a ripetizione della monta se non a seguito di convenzione formale.
Art. 8 - In caso di decesso della cagna presso il proprietario dello stallone, questi farà fare a sue spese la constatazione
del decesso, possibilmente da un veterinario.
Ne avvertirà telegraficamente il proprietario della cagna per chiedere se questi desidera, a proprie spese, l’autopsia
della cagna.
Art. 9 - Quando come prezzo della monta è stabilita la corresponsione di una somma in contanti, il proprietario dello
stallone non deve rilasciare il certificato di monta che allorquando ne ha ricevuto il prezzo.
Art. 10 - Se il proprietario dello stallone consente alla monta di questi senza averne ricevuto preventivamente il prezzo, egli ha facoltà di restituire la cagna contro assegno del prezzo della monta, delle spese di trasporto e delle spese
straordinarie eventuali, di cui all’Art. 3.
Art. 11 - Quando per una ragione qualsiasi diversa dalla monta fortuita, la cagna non ha potuto essere coperta dallo
stallone convenuto, il proprietario di questo non ha diritto, eventualmente, che alle spese di trasporto ed a quelle
straordinarie di cui all’Art. 3.
Art. 12 - Se la cagna coperta resta vuota, il proprietario dello stallone conserva i suoi diritti e l’ammontare della
somma convenuta.
Art. 13 - Tuttavia, il proprietario della cagna e il suo avente diritto, può ottenere, per la stessa cagna, la monta dello
stesso stallone al primo o al secondo calore susseguente, a sua scelta, senza dover pagare una nuova volta il prezzo
convenuto.
Se la nuova monta resta inoperante, il diritto non si rinnova più.
Questo diritto cessa anche per la morte della cagna o la incapacità dello stallone.
Art. 14 - Se nell’intervallo il proprietario dello stallone cede questo, deve imporre al cessionario le obbligazioni risultanti dal paragrafo precedente.
Il cedente non è garante dell’osservanza di questa obbligazione da parte del cessionario. Egli è solamente tenuto a di-
mostrare che ha imposto la clausola.
Se ha trascurato di imporre la clausola o il cessionario non consente a sopportarla gratuitamente, il cedente è tenuto al
rimborso del prezzo percepito per la monta.
Art. 15 - In caso di vendita dello stallone o di cambiamento di residenza causante, per la nuova monta, un trasferimento in altro Stato o ad una distanza superiore di cento chilometri a quella che esisteva tra la residenza dei due proprietari al momento della prima monta, il proprietario della cagna può, se lo preferisce, rinunciando al rinnovamento
della monta, ottenere, dal proprietario che ha ricevuto il prezzo, il rimborso di metà della somma versata per la monta
rimasta inoperante.
Art. 16 - Quando le condizioni di retribuzione della monta non sono state determinate o questa è stata accordata con
la scelta di un cucciolo, il proprietario dello stallone ha diritto di esercitare per primo la scelta di un sol cucciolo
dell’intera cucciolata fra il 42° e il 49° giorno dalla nascita.
Può anche esercitarlo prima. In caso di accordo col proprietario della fattrice, egli può prolungare questa mora fino al
60° giorno al massimo.
Art. 17 - Se la cagna è morta prima del parto o se essa è rimasta vuota o se i cuccioli sono morti al momento della
scelta, i proprietari perdono tutti i loro diritti reciproci.
Art. 18 - Nei cinque giorni dalla nascita, il proprietario della fattrice deve far conoscere al proprietario dello stallone il
numero, il sesso e, quando la razza lo permetta, il colore dei cuccioli nati, ed eventualmente i decessi avvenuti o sopravvenuti in questo spazio di tempo. Il proprietario dello stallone deve, alla ricezione di questo avviso, inviare il certificato di monta.
Art. 19 - Se non è nato che un solo cucciolo, o se un solo cucciolo è vivo al momento della scelta, esso appartiene al
proprietario dello stallone.
Tuttavia il proprietario della fattrice avrà la facoltà di conservare il prodotto nato o rimasto solo pagando il prezzo
preteso abitualmente per la monta dello stallone adoperato. Se questo prezzo non è conosciuto, esso sarà stabilito da
un arbitro.
Art. 20 - Il proprietario della fattrice deve dare alla cucciolata tutte le cure di un allevatore coscienzioso.
Quando lo standard della razza prevede l’accorciamento della coda, questa operazione deve essere fatta a tutta la cucciolata, conformemente alle regole dell’arte e nel tempo necessario perché la piaga sia interamente cicatrizzata prima
del 42° giorno.
Lo stesso è per l’asportazione degli speroni agli arti posteriori o anteriori, quando questa è stata convenuta.
Art. 21 - Il proprietario dello stallone non deve sopportare alcuna spesa per i suddetti motivi né per l’allevamento fino
al 49° giorno.
Art. 22 - Se, malgrado un avviso a mezzo raccomandata inviato dopo il 48° giorno, il proprietario dello stallone non
ha esercitato la sua scelta prima del 56° giorno, il proprietario della fattrice può far esercitare questa scelta da un medico veterinario, o da una persona competente, a spese del proprietario dello stallone.
Il cucciolo così scelto può essere spedito contro il rimborso delle spese di veterinario, di imballo, di trasporto e delle
spese di allevamento a partire dal 49° giorno.
Art. 23 - Nei Paesi nei quali l’iscrizione nel Libro delle Origini si fa per cucciolate, il proprietario della cagna deve
procedere all’iscrizione dell’intera cucciolata, a sue spese nei termini di tempo prescritti, e rilasciare gratuitamente il
pedigree del cucciolo scelto dal proprietario dello stallone.
Art. 24 - Negli altri Paesi, e se la cucciolata non è iscrivibile al Libro delle Origini, il proprietario della fattrice rilascerà, per il cucciolo scelto, un pedigree il più completo possibile, risalente fino ai bisavoli.
Se in seguito lo stallone e la fattrice si trovano nelle condizioni volute per avere accesso al Libro delle Origini, e se la
loro iscrizione ha per conseguenza di rendere possibile l’accesso dei cuccioli al Libro delle Origini, il proprietario
dello stallone o della fattrice ha l’obbligo di compiere le formalità necessarie all’iscrizione dello stallone o della fattrice in quanto il proprietario del cucciolo scelto gliene faccia domanda.
Art. 25 - Se la cagna è ceduta prima del parto o se la cucciolata è ceduta prima della data fissata per la scelta, il cedente deve imporre al cessionario le condizioni che precedono.
Il cedente non è garante dell’osservanza di queste obbligazioni da parte del cessionario. Esso è solamente tenuto a
giustificare che egli ha imposto questa obbligazione al cessionario.
Art. 26 - Se il cedente ha trascurato di imporre questa obbligazione e se, per questa ragione, il cessionario non permette di esercitare la scelta gratuitamente, il proprietario dello stallone ha diritto, in compenso, al doppio del prezzo
normale della monta di uno stallone di rinomanza equivalente al suo. In caso di contestazione sul prezzo, questo sarà
fissato da un arbitro.
Art. 27 - Il proprietario dello stallone può, se lo preferisce, esigere il prezzo normale semplice, fissato eventualmente
da un arbitro, se, per causa del proprietario della fattrice (cessione, cambiamento di residenza, ecc.) egli si trova obbligato ad esercitare la scelta in un altro Stato o ad una distanza superiore di cento chilometri a quella che esisteva tra
le residenze dei due proprietari al momento della monta.
Art. 28 - Quando una monta viene concessa mediante il compenso cumulativo del pagamento di un prezzo e della
scelta di un cucciolo, il proprietario dello stallone, salvo stipulazione contraria, ha diritto di esercitare la seconda
scelta.
In questo caso le regole sopra stabilite devono essere osservate da una parte quanto al pagamento, dall’altra quanto al
prelievo, tenendo conto delle osservazioni seguenti: il certificato di monta non viene rilasciato se non dopo aver ricevuto il pagamento del prezzo e l’avviso della nascita della cucciolata.
Se la cagna è morta prima del parto, o se tutti i cuccioli sono morti al momento della scelta, o se la cagna coperta resta
vuota o se non nasce o sopravvive che un unico cucciolo, il proprietario dello stallone conserva unicamente e definitivamente i propri diritti alla somma in contanti, senza rinnovazione di monta.
Art. 29 - Le regole stabilite nei precedenti paragrafi non hanno applicazione nel caso di monte fortuite, fatte senza accordo dei proprietari o a loro insaputa.