SAN ROCCO - Banzano 17 agosto 2014 (Omelia) Quest’oggi la Chiesa e in modo particolare la comunità di Banzano guardano con particolare interesse alla figura di un uomo e di un santo che ha fatto della sua vita un servizio verso gli ultimi. Non voglio tracciare il suo profilo biografico perché la vita di san Rocco e a voi tutti nota per la particolare devozione e l’affetto che nitrite per lui. La vorrei presentare tuttavia nei suoi tratti più importanti e sotto tre aspetti con una lettura moderna del massaggio che oggi, a ciascuno di noi, continua ad offrire: il giovane, il pellegrino, il servo. Considerata la sua età, oggi il giovane Rocco parla in modo particolare a voi giovani proponendovi non grandi imprese, falsi ideali o inconsistenti sicurezze, vi rivela, invece, il segreto della felicità che non si compra a buon mercato, che non è merce di scambio, frutto di compromessi; essere felici significa essere in pace prima di tutto con sé stessi, con Dio e con i fratelli; il segreto della felicità di questo giovane che continua ad effondere come la fragranza di un buon profumo è aver scoperto Gesù il tesoro nascosto, la perla preziosa per la quale vale la pene di abbandonare tutto pur di conquistarla. È Gesù la felicità, la beatitudine del uomo, perché soltanto Lui può riempirti il cuore, rispondere alle tue domande, appagare il desiderio infinito del senso della vita. Era poco più che vent’enne quando Rocco con la perdita dei genitori decise di seguire Cristo fino in fondo: vendette tutti i suoi beni, si affiliò al Terz’ordine francescano e, indossato l’abito del pellegrino fece voto di recarsi a Roma per pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Nel suo cuore forse saranno risuonate le parole di Gesù al giovane ricco:”Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). Diversamente da quel uomo che non ebbe il coraggio di fare una scelta così radicale perché era posseduto dai suoi molti bene, Rocco, invece, abbandona tutto perché è un giovane che ama rischiare, che ha scommesso tutto su Gesù, che ha puntato la partita della sua vita su di Uno che non delude, che non ti impoverisce, che non ti spegne. Il viaggio di quest’uomo è iniziato da un movimento del cuore; da una forza dentro che non è riuscito a controllare e che lo ha spinto oltre se stesso, i suoi limiti, il suo egoismo. Capita anche a ciascuno di voi quando siete raggiunti da un semplice sguardo d’amore fosse quello dei genitori, di un amico o della persona con la quale condividete i vostri sentimenti. Rocco nel suo viaggio verso Roma non è un navigatore solitario, non sta fuggendo dalla realtà che lo circonda, non è deluso dalla vita alla ricerca di nuove avventure. È, invece, un pellegrino perché ha una meta da raggiungere. Bastone, mantello, cappello, borraccia e conchiglia sono i suoi ornamenti; la preghiera e la carità la sua forza; Gesù Cristo la sua gioia e la sua santità. Visitare la tomba degli apostoli Pietro e Paolo significa rinnovare la propria appartenenza alla Chiesa e al suo messaggio. Il suo esempio, pertanto, richiama le parole di Papa Francesco con il suo invito a raggiungere le periferie del mondo, non soltanto quelle geografiche ma soprattutto quelle esistenziali dove l’uomo è emarginato, escluso ed abbandonato. A ciascuno di noi oggi San Rocco ripete con le parole del Papa: “Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura” (dalla Evangelii gaudium). Potremmo dire che il pellegrinaggio di Rocco compiuto più di seicento anni fa sia stato profezia di questo anelito ad uscire prima di tutto da sé stessi. In un tempo certamente non facile e non agevole per la scarsità di mezzi di trasporto un giovane lascia la propria terra con un unico biglietto forse di sola andata, tuttavia un biglietto per il paradiso. Il suo esodo è come quello di Abramo “Lekh- Lekha” –“Vai - vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre verso la terra che io ti indicherò!” (Gn 12,1). Carissimi, anche noi, come Abramo, come San Rocco, siamo chiamati da Dio a metterci in cammino lungo le strade del mondo. Il nostro, come quello di Rocco e degli altri Viandanti della storia, è un itinerario che si trasforma in pellegrinaggio perché all’orizzonte c’è un appello divino. E “per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava” (Eb 11,8). La bussola del nostro viaggio è la fede che non ci permette di navigare costeggiando la riva o di ormeggiare in acque tranquille; la fede ci spinge a largo, verso nuovi orizzonti, sfidando i venti contrari e i mari in tempesta, per approdare verso quell’unico sospirato porto della patria del cielo. Il viaggio di ritorno di Rocco probabilmente si è interrotto poco prima di raggiungere la sua patria terrena perché aveva già conquistata quella del cielo con il suo servizio per la guarigione degli appestati. Numerose furono le miracolose guarigioni che San Rocco operò tanto da essere colpito egli stesso dalla peste. A suo riguardo potremmo applicare le parole di San Gregorio Magno nel suo commento al libro di Giobbe “Sdegna in sé le ferite del corpo, e cura negli altri le ferite del cuore. I grandi infatti hanno questo di particolare che, trovandosi nel dolore della propria tribolazione, non cessano di occuparsi dell’utilità altrui; e mentre soffrono in se stessi sopportando le proprie tribolazioni, provvedono agli altri, consigliando loro quanto abbisogna. Sono come dei medici eroici, colpiti da malattie: sopportano le ferite del proprio male e provvedono gli altri di cure e di medicine per la guarigione”. Di sua iniziativa o forse scacciato dalla gente si allontana dalla città e si rifugia in un bosco vicino Sarmato, in una capanna vicino al fiume Trebbia. Qui un cane lo trova e lo salva dalla morte per fame portandogli ogni giorno un tozzo di pane, finché il suo ricco padrone seguendolo scopre il rifugio del Santo. Il Dio potente e misericordioso non permette che il giovane pellegrino morisse di peste perché doveva curare e lenire le sofferenze del suo popolo. Intanto in tutti i posti dove Rocco era passato e aveva guarito col segno di croce, il suo nome diventava famoso. Tutti raccontano del giovane pellegrino che porta la carità di Cristo e la potenza miracolosa di Dio. L’esempio di San Rocco che ci ricorda ancora una volta le parole di Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium con la scelta preferenziale dei poveri. Afferma il Papa: “Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che egli stesso si fece povero (2 Cor 8,9). Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani chiamati ad avere gli stessi sentimenti di Gesù” (Fil 2,5). Per questo desiderio una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro (nn. 197-198). Rocco povero tra i poveri sulla terra e santo tra i santi in cielo continui a guarire le piaghe dei cuori feriti della peste dell’indifferenza, della violenza, dell’odio, degli interessi personali che aumentano l’egoismo e a guarirli con la medicina dell’amore, della solidarietà e della carità. Amen Don Danilo Mansi