395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 395 S anta Sede Il destino dei ghiacciai di montagna nell’Antropocene Rapporto del gruppo di lavoro incaricato dalla Pontificia accademia delle scienze «L’umanità ha creato l’era dell’Antropocene e con essa deve ora convivere. Questo richiede però una nuova consapevolezza dei rischi che le azioni dell’uomo stanno avendo sulla Terra e sui suoi sistemi, inclusi i ghiacciai». Un gruppo di scienziati, convocato dalla Pontificia accademia delle scienze, si è riunito in Vaticano dal 2 al 4 aprile 2011 «per discutere del destino dei ghiacciai (…) e per considerare gli interventi necessari a stabilizzare il cambiamento climatico che li sta influenzando». La dichiarazione ufficiale al termine dei lavori «è un avvertimento all’umanità e una richiesta di intervento immediato – per mitigare il riscaldamento globale, per proteggere i ghiacciai e altri ecosistemi vulnerabili, per valutare i rischi climatici globali e locali», ma anche «per prepararsi e adattarsi a quegli impatti climatici che non possono essere mitigati». Tra i fenomeni cui occorrerà prepararsi, quello dei cosiddetti «rifugiati ambientali», ovvero di coloro che saranno «costretti ad abbandonare la loro terra d’origine per motivi legati (…) al degrado dell’ambiente», è uno dei temi centrali del messaggio pubblicato dalla CEI (12.6.2011) in vista della VI Giornata per la salvaguardia del creato (cf. riquadro alle pp. 398-399). Stampa (13.6.2011) da sito web www.vatican.va. IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 D ichiarazione del gruppo di lavoro Noi invitiamo tutti i popoli e le nazioni a una nuova consapevolezza degli impatti, gravi e potenzialmente irreversibili, del riscaldamento globale causato dall’emissione di gas serra e di altri inquinanti da parte dell’uomo e dai cambiamenti nell’uso del territorio. Invitiamo tutte le nazioni a sviluppare e a implementare, senza ritardi, politiche efficienti ed eque per ridurre le cause e gli impatti del cambiamento climatico sulle comunità e sugli ecosistemi, compresi i ghiacciai di montagna e i loro bacini, consapevoli che viviamo tutti in una stessa casa. Agendo subito, nello spirito di una responsabilità comune ma diversificata, accettiamo il nostro dovere verso il prossimo e verso la custodia di un pianeta benedetto dal dono della vita. Siamo tenuti ad assicurare che tutti gli abitanti del pianeta abbiano accesso al loro pane quotidiano, ad aria pulita da respirare e acqua pulita da bere, essendo noi consapevoli che, se vogliamo giustizia e pace, dobbiamo proteggere l’habitat che ci sostiene. I credenti fra noi chiedono a Dio di esaudire questo nostro auspicio. I. Sintesi Antropocene: l’uso indiscriminato dei combustibili fossili e di altre risorse naturali ha causato l’inquinamento dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo e della terra sulla quale abitiamo. Per fare un esempio, all’incirca 1.000 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio e altri gas serra climaticamente importanti sono stati immessi nell’atmosfera dall’uomo, con il risultato che la concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera è attualmente la più elevata rispetto agli ultimi 800.000 anni. Si ritiene che gli impatti climatici ed ecologici di questa interferenza umana sul sistema Terra si protrarranno per molti millenni, tanto da far coniare un nuovo nome, Antropocene, per la nuova era geologica altamente influenzata dall’attività umana nella quale viviamo. 395 395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 396 S anta Sede Regresso dei ghiacciai: il volume dei ghiacciai si sta riducendo su tutto il pianeta, con velocità più elevate alle quote più basse. La grande perdita di massa dei ghiacciai nelle regioni tropicali, temperate e polari è una delle conseguenze più chiare di un cambiamento in atto nel sistema climatico, molto rapido ed esteso su scala globale. Lunghe serie temporali di misure indicano che la velocità di scioglimento dei ghiacciai è più che raddoppiata dall’inizio del secolo. Lo scioglimento delle nevi e dei ghiacciai montani ha poi contribuito significativamente all’innalzamento del livello del mare osservato nell’ultimo secolo. Il regresso dei ghiacciai nelle Alpi è stato osservato dalla fine della «piccola era glaciale» (prima parte del XIX secolo), ma la sua velocità è aumentata notevolmente dagli anni Ottanta e i ghiacciai alpini hanno già perso più del 50% della loro massa. Migliaia di piccoli ghiacciai nella regione dell’Hindukush-Himalaya-Tibet continuano a disgregarsi e costituiscono un pericolo per le comunità locali e per il numero ancora maggiore di coloro che dipendono dalle risorse idriche della montagna. Proiezioni attendibili indicano chiaramente che molte catene montuose in tutto il mondo potrebbero perdere frazioni rilevanti dei loro ghiacciai entro i prossimi decenni. I cambiamenti recenti osservati nelle caratteristiche dei ghiacciai sono dovuti a una complessa serie di fattori causali che includono il forcing dovuto ai gas serra, insieme alle emissioni su larga scala di particelle carboniose (il black carbon) e polveri che formano le cosiddette brown clouds, e ai cambiamenti associati del contenuto di energia e umidità dell’atmosfera su scala regionale, che determinano un significativo riscaldamento ad altitudini elevate, non da ultimo sull’Himalaya. Retrospettiva sui cambiamenti passati: in risposta all’affermazione che «avendo la Terra sperimentato nel passato un alternarsi di periodi freddi (glaciali) e caldi (interglaciali), gli attuali cambiamenti climatici e della copertura dei ghiacci sono eventi naturali», affermiamo: le cause principali dei periodi glaciali e interglaciali sono i cambiamenti ben noti dei parametri astronomici che riguardano il movimento del nostro pianeta all’interno del sistema solare, unitamente a processi di retroazione nel sistema climatico. La scala temporale di tali fenomeni è dell’ordine di 10.000 anni o più. Al contrario, i cambiamenti indotti dall’uomo nella concentrazione di biossido di carbonio, altri gas serra e particelle carboniose, stanno avvenendo su una scala temporale di 10-100 anni – quindi per lo meno un centinaio di volte più velocemente. È particolarmente preoccupante che l’emissione dei suddetti agenti riscaldanti stia avvenendo durante un periodo interglaciale, quando la Terra si trova già a un massimo naturale di temperatura. Tre raccomandazioni: i cambiamenti causati dall’uomo nella composizione dell’atmosfera e nella qualità dell’aria causano a livello globale più di due milioni di morti premature ogni anno e mettono in pericolo le risorse di acqua e cibo – specialmente fra i tre miliardi di persone troppo povere per avvalersi della protezione offerta dalla tecnologia e dall’uso di combustibili fossili. Dato che non è possibile un futuro sostenibile basato sull’uso di carbone, petrolio e gas naturale, sia per l’esau- 396 IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 rimento delle risorse che per i connessi danni ambientali (come quello causato, ad esempio, dall’innalzamento del livello del mare), esortiamo la società a: I. Ridurre senza ulteriori indugi le emissioni di biossido di carbonio, usando tutti i mezzi possibili per conseguire gli ambiziosi obiettivi internazionali sui livelli tollerabili di aumento della temperatura globale e per assicurare la stabilità del sistema climatico nel lungo periodo. Tutte le nazioni debbono impegnarsi su una rapida transizione alle fonti di energia rinnovabili e su altre strategie per ridurre le emissioni di CO2. Ogni nazione dovrebbe anche favorire l’assorbimento naturale del carbonio fermando la deforestazione e riforestando i terreni degradati. Ogni nazione deve inoltre impegnarsi a sviluppare tecnologie che possano rimuovere l’eccesso di biossido di carbonio dall’atmosfera. Tutto questo deve avvenire nello spazio di pochi decenni. II. Ridurre per lo meno del 50% la concentrazione di inquinanti atmosferici che contribuiscono al riscaldamento globale (particelle carboniose, metano, ozono troposferico e idrofluorocarburi), allo scopo di rallentare il riscaldamento climatico nel corso del secolo attuale, prevenendo in questo modo anche milioni di morti premature causate da malattie respiratorie e milioni di tonnellate di perdite nei raccolti ogni anno. III. Prepararsi ad adattarsi ai cambiamenti climatici, sia graduali sia improvvisi, che la società non sarà in grado di mitigare. In particolare invochiamo un’iniziativa globale di rafforzamento delle capacità di valutare gli impatti naturali e sociali dei cambiamenti climatici sui sistemi montani e sui relativi bacini. Il costo di questi tre interventi raccomandati è irrisorio in confronto al prezzo che il mondo dovrà pagare se non agiamo subito. II. Risultati specifici e raccomandazioni Antropocene: una nuova era geologica Gli ultimi due secoli hanno visto una crescita della popolazione umana e uno sfruttamento delle risorse della Terra senza precedenti. Questo sfruttamento ha causato impatti sempre più negativi su molti componenti del sistema Terra – sull’aria che respiriamo, sull’acqua che beviamo e sul suolo sul quale abitiamo. L’uomo sta cambiando il sistema climatico con l’emissione di gas serra e di particolato in grado di assorbire calore. La concentrazione attuale di biossido di carbonio, il principale gas serra, è di gran lunga superiore ai livelli osservati negli ultimi 800.000 anni. Anche trasformazioni a larga scala della superficie terrestre, tra cui la scomparsa di foreste, praterie, zone umide e altri ecosistemi, sono causa 395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 397 del cambiamento climatico. Riconoscendo che le attività umane stanno profondamente modificando i componenti del sistema Terra, il premio Nobel Paul Crutzen ha coniato il nome di Antropocene per la nuova era geologica che noi stessi abbiamo creato. Un gruppo di scienziati si è riunito sotto gli auspici della Pontificia accademia delle scienze presso la Casina Pio IV in Vaticano, dal 2 al 4 aprile 2011, per discutere del destino dei ghiacciai di montagna nell’Antropocene e per considerare gli interventi necessari a stabilizzare il cambiamento climatico che li sta influenzando. La dichiarazione ufficiale di consenso di questo gruppo di scienziati è un avvertimento all’umanità e una richiesta di intervento immediato – per mitigare il riscaldamento globale e regionale, per proteggere i ghiacciai e altri ecosistemi vulnerabili, per valutare i rischi climatici globali e locali e per prepararsi e adattarsi a quegli impatti climatici che non possono essere mitigati. Il gruppo nota inoltre che un ulteriore rischio di origine antropica per il sistema climatico può derivare dal pericolo di una guerra nucleare, pericolo che può essere attenuato con una rapida e consistente riduzione degli arsenali nucleari mondiali. La Terra si sta riscaldando e gli impat ti del cambiamento climatico stanno aumentando Il riscaldamento della Terra è inequivocabile. La maggior parte dell’aumento osservato della temperatura media globale dalla metà del XX secolo è «molto probabilmente» – il che significa con una probabilità maggiore del 90% – il risultato dell’aumento rilevato nella concentrazione di gas serra di origine antropica. Il riscaldamento sta avvenendo nonostante l’effetto concomitante di raffreddamento del particolato atmosferico – in gran parte emesso dagli stessi processi responsabili dell’emissione di CO2. Alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici attuali e previsti per il futuro includono la perdita di barriere coralline, foreste, aree umide e altri ecosistemi; un tasso di estinzione per diverse specie molte volte più alto della media storica; carenza di cibo e acqua per molte popolazioni vulnerabili. L’aumento del livello del mare ed eventi meteorologici estremi mettono in pericolo ecosistemi e popolazioni, specialmente quelli delle isole e delle nazioni costiere. La perdita di ghiacciai di montagna qui discussa mette in pericolo le popolazioni a valle, specialmente durante la stagione secca quando il flusso di acqua dai ghiacciai è maggiormente necessario. I ghiacciai terrestri stanno regredendo: cause e conseguenze La perdita diffusa di ghiaccio e neve sulle montagne del pianeta è una delle evidenze più chiare che abbiamo dei cambiamenti globali nel sistema climatico. Le attuali perdite di ghiacciai montani causano un innalzamento del livello del mare maggiore di 1 mm l’anno, circa un terzo del tasso globale d’innalzamento osservato. Nella parte più recente dell’Antropocene, molta parte della riduzione in massa ed estensione dei ghiacciai in regioni tropicali, temperate e polari è il risultato dell’aumento osservato nella concentrazione dei gas serra e delle particelle in grado di assorbire la radiazione solare, come le particelle carboniose derivanti da processi di combustione inefficiente e le polveri originate dai cambiamenti nell’uso dei suoli. Come riportato nel rapporto del 2007dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, l’istituzione delle Nazioni Unite incaricata di monitorare i cambiamenti climatici – ndr; cf. Regno-att. 20,2099,674), estrapolazioni da studi sul cambiamento di massa realizzati su circa 400 ghiacciai selezionati globalmente indicano una diminuzione di spessore medio annuo di circa 0,7 m equivalenti di acqua. La linea di equilibrio tra area di accumulo e area di ablazione dei ghiacciai si è spostata verso l’alto di diverse centinaia di metri in molte catene montuose rispetto alla metà degli anni Settanta. Per molti ghiacciai nelle catene montuose meno elevate, il piano nivale alla fine dell’estate si trova a un’altezza superiore a quella massima delle montagne, rendendo così questi ghiacciai fortemente vulnerabili al cambiamento climatico in atto. In molte zone, inoltre, si sta verificando la frammentazione di questi ultimi, che lascia ghiacciai di più piccole dimensioni più soggetti a sparire definitivamente. Le osservazioni a oggi disponibili ci dicono che l’estensione dei ghiacciai è in diminuzione a livello globale, con i tassi più elevati alle quote minori. I ghiacciai più grandi perdono le loro lingue, lasciandosi dietro morene instabili e laghi dagli argini fragili, come il lago Imja in Nepal. Questi argini fragili sono soggetti a cedimenti improvvisi che causano allagamenti catastrofici che devastano le già fragili infrastrutture delle comunità a valle. In America del Nord, l’intervento umano sta aumentando l’emissione di polveri minerali dai deserti dell’altopiano del Colorado e del Great Basin, che rendono più scura la neve accorciando quindi la stagione di innevamento delle Montagne Rocciose del Colorado di 4-7 settimane. Le polveri minerali contribuiscono anche a riscaldare l’atmosfera assorbendo la radiazione solare. Altrove, le diffuse brown clouds formate da particelle carboniose originate da processi di combustione inefficiente possono avere un impatto importante su regioni quali l’Himalaya. Abbiamo pochissimi studi – in alcuni casi nessuno – del bilancio di massa e di energia che quantifichino gli effetti del black carbon sulla neve e sui ghiacci di molte regioni montuose remote. Gli impatti che comprendiamo grazie a misure dettagliate effettuate in America del Nord forniscono comunque un quadro della risposta dei ghiacciai in altre regioni similmente influenzate. L’ammontare e la velocità della perdita di massa dei ghiacciai differiscono nelle diverse regioni del pianeta, così come gli impatti associati alla disponibilità stagionale d’acqua nelle valli e nelle pianure sottostanti. In regioni con una stagione secca e una umida, come l’Asia centrale, le montagne, i ghiacciai e le nevi invernali sono IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 397 395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 398 S anta Sede In una terra ospitale, educhiamo all’accoglienza L a Conferenza episcopale italiana (Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo) ha pubblicato, lo scorso 12 giugno, il messaggio in occasione della VI Giornata per la salvaguardia del creato, che la Chiesa italiana celebrerà il 1° settembre 2011. Lo riportiamo di seguito (www.chiesacattolica.it). Il tema della VI Giornata per la salvaguardia del creato è assai significativo nel contesto del dibattito ecclesiale e culturale odierno. Esso si articola in quattro punti, in continuità con l’argomento trattato l’anno passato, Custodire il creato, per coltivare la pace (cf. Regno-doc. 15,2010,518), nella linea degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio corrente: «La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita quello di tutti perché la società diventi sempre più terreno favorevole all’educazione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie» (EPISCOPATO ITALIANO, Educare alla vita buona del Vangelo, 28.10.2010, n. 50; Regno-doc. 19,2010,619). La Giornata diventa così occasione di un’ulteriore immersione nella storia, per ritrovare le radici della solidarietà, partendo da Dio, che creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, con il mandato di fare della terra un giardino accogliente, che rispecchi il cielo e prolunghi l’opera della creazione (cf. Gen 2,8-15). 1. L’uomo, creatura responsabile e ospitale La sacra Scrittura, infatti, narra che l’uomo venne posto da Dio nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Affidandogli la terra, Dio gli consegnò, in qualche modo, tutta la sua gratuità. L’uomo diventa così la creatura chiamata a realizzare il disegno divino di governare il mondo nello stile della gratuità, con santità e giustizia (cf. Sap 9,2-3), fino a giungere alla meta di riconoscersi, per grazia, figlio adottivo in Gesù Cristo (cf. Ef 1,5). Accogliendo l’intero creato come dono gratuito di Dio e agendo in esso nello stile della gratuità, l’uomo diviene egli stesso autentico spazio di ospitalità: finalmente idoneo e capace di accogliere ogni altro essere umano come un fratello, perché l’amore come «serbatoi» che raccolgono acqua potabile per milioni di persone. La perdita di massa del ghiacciaio può generare un iniziale aumento del flusso a valle dovuto ad acqua immagazzinata molto tempo prima, come è stato osservato in diversi bacini; ma il flusso d’acqua inevitabilmente si riduce quando il ghiacciaio regredisce ulteriormente. I ghiacciai montani svolgono un’altra funzione molto importante conservando informazioni dettagliate sul clima del passato e sulla capacità dei ghiacciai stessi di rispondere alle diverse variabili climatiche. Questo rende i ghiacciai preziosi strumenti per comprendere le dinamiche climatiche passate e presenti. L’elevato potenziale dei ghiacciai montani come strumenti d’indagine per la ri- 398 IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 di Dio effuso dallo Spirito nel suo cuore lo rende capace di amore e di perdono, di rinuncia a se stesso, «di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace» (BENEDETTO XVI, lett. enc. Caritas in veritate sullo sviluppo umano integrale, 29.6.2009, n. 79; Regno-doc. 15,2009,490). È il cuore dell’uomo, infatti, che deve essere formato all’accoglienza, anzitutto della vita in se stessa, fino all’incontro e all’accoglienza di ogni esistenza concreta, senza mai respingere qualcuno dei propri fratelli. Il Santo Padre ci ricorda che: «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale s’inaridiscono. L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco» (ivi, n. 28; Regno-doc. 15,2009,468). L’ospitalità diventa così, in un certo senso, la misura concreta dello sviluppo umano, la virtù che getta il seme della solidarietà nel tessuto della società, il parametro interiore ed esteriore del disegno dell’amore che rivela il volto di Dio Padre. Diventando ospitale, l’uomo riconosce con i fatti a ogni persona il diritto a sentirsi di casa nel cuore stesso di Dio. 2. Il problema dei rifugiati ambientali In questa delicata stagione del mondo il tema dell’ospitalità richiama con drammatica urgenza le dinamiche delle migrazioni internazionali, nel loro legame con la questione ambientale. Sono sempre più numerosi, oggi, gli uomini e le donne costretti ad abbandonare la loro terra d’origine per motivi legati, più o meno direttamente, al degrado dell’ambiente. È la terra stessa, infatti, che – divenuta inospitale a motivo del mancato accesso all’acqua, al cibo, alle foreste e all’energia, come pure dell’inquinamento e dei disastri naturali – genera i cosiddetti «rifugiati ambientali». Si tratta di un fenomeno che può avere una dimensione nazionale, laddove gli spostamenti avvengano all’interno di un paese o di una regione; ma che si caratterizza sempre più spesso per la portata globale, con migrazioni che interessano talvolta popoli interi, sospinti dagli eventi a spostarsi in terre lontane. In questo processo gioca un ruolo non trascurabile il mutamento del clima, che attraverso la variazione repentina e non sempre prevedibile delle sue fasce, rischia d’intaccare l’abitabilità di intere aree del pianeta e d’incrementare, di conseguenza, i flussi migratori. Per quanto sia possibile prevedere, non si è lontani dal vero immaginando che entro la metà di questo secolo il numero dei profughi ambientali potrà raggiungere i duecento milioni. Si comprende bene, allora, il senso dell’accorato richiamo del papa nel Messaggio per la giornata della pace dell’anno 2010: «Come rima- cerca climatica sta solo ora iniziando a essere compreso. Nuove ricerche necessarie a ridurre le incertezze, a delineare i processi e a quantificare gli impatti regionali possono portare a importanti risultati. È tempo di prestare maggiore attenzione ai ghiacciai montani prima che i loro archivi vadano persi per sempre. Per evitare «pericolose inter ferenze antropiche» sono necessari obiet tivi climatici chiari e vincolanti L’obiettivo delle politiche sul clima è quello di stabilizzare le emissioni di gas serra a un livello che pre- 395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 399 nere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti “profughi ambientali”: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare – spesso insieme ai loro beni – per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato?» (BENEDETTO XVI, mess. Coltivare la pace, custodire il creato, n. 4; Regno-doc. 1,2010,2). 3. Educare all’accoglienza È questo lo scenario cosmico e umano dentro il quale la Chiesa è chiamata oggi a rendere presente il mistero della presenza di Cristo, via, verità e vita, riproponendone con forza il messaggio di solidarietà e di pace. Attraverso la sua opera educativa, «la Chiesa intende essere testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa; nell’accoglienza del povero e del bisognoso; nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale; nella difesa coraggiosa e profetica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in particolare di chi è straniero, immigrato ed emarginato; nella custodia di tutte le creature e nella salvaguardia del creato» (EPISCOPATO ITALIANO, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 24; Regno-doc. 19,2010,610). Ecco perché educare all’accoglienza a partire dalla custodia del creato significa condurre gli uomini lungo un triplice sentiero: quello, anzitutto, di coltivare un atteggiamento di gratitudine a Dio per il dono del creato; quello, poi, di vivere personalmente la responsabilità di rendere sempre più bella la creazione; quello, infine, di essere, sull’esempio di Cristo, testimoni autentici di gratuità e di servizio nei confronti di ogni persona umana. È così che la custodia del creato, autentica scuola dell’accoglienza, permette l’incontro tra le diverse culture, fra i diversi popoli e perfino, nel rispetto dell’identità di ciascuno, fra le diverse religioni, e conduce tutti a crescere nella reciproca conoscenza, nel dialogo fraterno, nella collaborazione più piena. Ciò può realizzarsi senza mai dimenticare la necessità che la Chiesa, con il coraggio della parola e l’umiltà della testimonianza, continui a proclamare che è proprio Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne, la presenza profonda che permette il disvelarsi del disegno di Dio sull’uomo e sul cosmo, perché «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). È in Cristo che la solidarietà diventa reciprocità, esercizio di amore fraterno, gara nella stima vicendevole, custodia dell’identità e della dignità di ciascuno, stimolo al cambiamento nel vivere sociale. È consolante rilevare come, sull’insieme di questi temi, le diverse Chiese e comunità cristiane abbiano raggiunto una significativa sinto- venga «pericolose interferenze antropiche sul sistema climatico» e «permetta agli ecosistemi di adattarsi naturalmente al cambiamento climatico, assicuri che la produzione di cibo non sia messa a rischio e permetta allo sviluppo economico di procedere in modo sostenibile», così come espresso nell’articolo 2 della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC, convenzione quadro adottata dopo la Conferenza ONU su ambiente e sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, attualmente sottoscritta da 192 paesi; ndr). Il limite di temperatura attualmente proposto per evitare «pericolose interferenze antropiche» è un aumento di 2°C (rispetto ai livelli preindustriali), sebbene molti scien- nia: il mondo ortodosso, a partire dal Patriarcato ecumenico, ha dedicato al problema della salvaguardia responsabile del creato documenti, momenti di riflessione ed iniziative; le diverse denominazioni evangeliche condividono la preoccupazione per l’uso equo e solidale delle risorse della terra, in un impegno concreto e fattivo. Tutte convergono nella sollecitudine verso i più poveri, verso le vittime delle guerre, dei disastri ambientali e della ingiusta distribuzione dei frutti della terra. La Giornata per la salvaguardia del creato si conferma, così, anche una felice occasione d’incontro ecumenico, che mostra come il dialogo fra i credenti in Cristo salvatore non si limiti al confronto teologico, ma tocchi il comune impegno per le sorti dell’umanità. Tutti siamo chiamati a cooperare perché le risorse ambientali siano preservate dallo spreco, dall’inquinamento, dalla mercificazione e dall’appropriazione da parte di pochi. Il fatto che, in questo sforzo condiviso, le Chiese riescano a parlare con una voce sola, rappresenta una grande testimonianza cristiana, che rende di sicuro più credibile l’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi. 4. I miti, eredi di questo mondo «Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5). Sentirsi custodi gli uni degli altri è l’effetto dinamico dell’essere dono nell’accoglienza. Sappiamo, però, che la mitezza coincide con la purezza del cuore: è uno stile di vita e di relazioni a cui il cristiano aspira, perché in esso arde la pienezza dell’umiltà contro la prevaricazione e l’egoismo. Sono i miti i veri difensori del creato, perché amano quanto il Padre ha creato per la loro sussistenza e la loro felicità. Dio infatti «ha creato il mondo per manifestare e per comunicare la sua gloria, in modo che le sue creature abbiano parte alla sua verità, alla sua bontà, alla sua bellezza: ecco la gloria per la quale Dio le ha create» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 319). Tutti abbiamo bisogno di Dio: riconoscendoci opera delle sue mani, sue creature, siamo invitati a custodire il mondo che ci ha affidato, perché, condividendo le risorse della terra, esse si moltiplichino, consentendo a ogni persona di condurre un’esistenza dignitosa. Roma, 12 giugno 2011, solennità di Pentecoste. LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, LA GIUSTIZIA E LA PACE LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO ziati sostengano, e molte nazioni siano d’accordo, che 1,5°C sarebbe un limite superiore più sicuro. Considerazioni scientifiche, politiche ed economiche hanno contribuito all’identificazione di questa soglia, che è stata adottata nei negoziati internazionali sul clima. La Terra si è già riscaldata di 0,75°C dal 1900 e potrebbe raggiungere i 2°C entro l’anno 2100, anche se le odierne emissioni di gas serra non aumentassero ulteriormente e l’inquinamento atmosferico fosse limitato per evitare danni alla salute dell’uomo. C’è però il rischio che il riscaldamento superi abbondantemente i 3°C se le emissioni di gas serra continueranno a crescere con i tassi attuali. Quindi superare l’obiettivo dei 2°C è una possibilità seria e reale. IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 399 395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 400 S anta Sede Una rapida azione di mitigazione è necessaria se si vogliono limitare il riscaldamento climatico e i relativi impatti La comprensione delle cause dei cambiamenti climatici, così come degli impatti presenti e futuri, dà alla società l’opportunità di evitare gli impatti non gestibili attraverso le azioni di mitigazione e di gestire gli impatti inevitabili attraverso le azioni di adattamento. Questo è il momento di agire se la società vuole avere una ragionevole possibilità che la temperatura media globale rimanga al di sotto del limite di sicurezza di 2°C. Possibili azioni di mitigazione tramite la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio e aumento dell’assorbimento del carbonio: la CO2 è il principale responsabile dell’effetto serra. Mentre più della metà della CO2 emessa è assorbita dagli oceani e dal suolo nello spazio di un secolo, circa il 20% rimane in atmosfera e causa riscaldamento per millenni. Debbono essere fatti tutti gli sforzi possibili per ridurre l’emissione diretta di CO2 dovuta all’uso dei combustibili fossili e per ridurre l’emissione indiretta limitando la deforestazione ed espandendo le foreste in altre aree, il più velocemente possibile per evitare il riscaldamento a lungo termine provocato dalla CO2 e gli impatti a esso collegati. Possibile mitigazione tramite la riduzione dell’emissione di agenti climatici a vita breve diversi dalla CO2: la seconda parte di una strategia di mitigazione integrata è la riduzione degli agenti climatici a vita breve. Questi comprendono il black carbon, l’ozono troposferico e il metano, suo precursore, e gli idrofluorocarburi (HFC). Il black carbon e l’ozono troposferico hanno un impatto importante sul riscaldamento regionale e globale. Riducendo gli agenti climatici a vita breve usando le tecnologie esistenti si può ridurre il tasso di riscaldamento globale significativamente dalla seconda metà del presente secolo e il tasso di riscaldamento dell’Artico di due terzi, a patto che anche la CO2 sia contestualmente ridotta. Ridurre gli inquinanti atmosferici può inoltre contribuire a evitare la perdita di circa due milioni di vite ogni anno, incrementare la produzione agricola e ristabilire la capacità della vegetazione di sequestrare il carbonio. La riduzione delle particelle carboniose dovrebbe essere parte di una strategia integrata di riduzione delle emissioni di particolato, per essere certi che il riscaldamento causato dalle particelle carboniose sia limitato più velocemente del raffreddamento dovuto agli altri tipi di particolato. In molte regioni in via di sviluppo vi è un elevato potenziale di riduzione del black carbon e del carico di polveri che accelerano lo scioglimento dei ghiacciai attraverso la riduzione delle emissioni provocate dai sistemi tradizionali di cottura del cibo, che possono essere sostituiti con fornelli energeticamente efficienti e meno inquinanti. Occorre inoltre abbattere con opportuni filtri le particelle emesse dai motori diesel e stabilizzare superfici desertiche e altri suoli per ridurre le emissioni di polveri minerali. 400 IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 Gli HFC sono gas sintetici e costituiscono le emissioni di specie climaticamente rilevanti in maggior crescita in molti paesi. La produzione e l’uso degli HFC possono essere gradualmente ridotti nell’ambito del Protocollo di Montreal sulle specie che distruggono lo strato di ozono stratosferico, regolando poi le emissioni residue nell’ambito nel Protocollo di Kyoto. Questo darebbe luogo a una mitigazione pari all’equivalente di 100 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2050. Il Protocollo di Montreal è unanimemente considerato il miglior trattato ambientale al mondo; ha già eliminato il 98% delle emissioni di quasi 100 composti simili agli HFC, con un effetto di mitigazione climatica netta di 135 miliardi di tonnellate tra il 1990 e il 2010. In breve, l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico sono ancora trattati come se fossero due problematiche separate, quando in realtà sono due aspetti dello stesso problema. Le sorgenti di emissione degli inquinanti atmosferici e dei gas serra coincidono, e una politica strategica integrata riduce i costi nel contrastare entrambe queste minacce per la salute umana e per il benessere della società. Tali strategie di mitigazione devono essere perseguite simultaneamente e con l’intensità che le valutazioni scientifiche richiedono. Esse hanno il potenziale di «mettere in sicurezza» il sistema climatico e di ridurre «l’ingiustizia climatica». Ma è rimasto poco tempo. Il riscaldamento climatico e i suoi effetti sul sistema Terra causati dalle emissioni di CO2, che rimane in atmosfera per millenni, potrebbero presto divenire ingestibili. L’adat tamento deve iniziare adesso A causa del tempo di ritardo tra le azioni di mitigazione e la risposta del sistema climatico, le popolazioni e gli ecosistemi vulnerabili dovranno affrontare impatti climatici importanti e rischi perfino troppo alti anche in presenza di azioni di mitigazione efficaci. Perciò, insieme alle importanti azioni di mitigazione, anche le azioni di adattamento debbono iniziare subito ed essere perseguite con decisione. Non possiamo ovviamente adattarci a cambiamenti che non comprendiamo. L’adattamento inizia necessariamente con una corretta valutazione degli impatti; un’iniziativa internazionale volta a osservare e modellizzare i sistemi montani e i loro bacini con un’alta risoluzione spaziale, una topografia realistica e processi appropriati per le alte quote è un prerequisito per rafforzare le capacità regionali e locali di valutare gli impatti fisici e sociali del cambiamento climatico. Le osservazioni sui ghiacciai necessitano di essere estese e migliorate È necessario caratterizzare i forcing radiativi e climatici sui ghiacciai e le loro risposte, non ancora sufficientemente conosciute. Ad esempio, è necessario migliorare la comprensione delle differenti risposte dei ghiacciai nelle diverse regioni del pianeta in termini di cambia- 395-401:Layout 3 7-07-2011 13:19 Pagina 401 menti regionali del clima e di assorbimento dei contaminanti. Anche le osservazioni del volume dei ghiacciai, delle precipitazioni e dei cambiamenti nei bacini idrografici montani sono molto scarse. Questo limita la nostra capacità di creare scenari attendibili dei flussi d’acqua dai ghiacciai per il futuro. I modelli climatici non possiedono la necessaria risoluzione nelle regioni montuose e di conseguenza hanno serie limitazioni nel simulare le precipitazioni e le variazioni di temperatura e nel riprodurre le concentrazioni di particolato atmosferico. Allo stesso modo, la modellizzazione e il monitoraggio delle relazioni tra i cambiamenti nei bacini glaciali e le risorse idriche, alla scala spaziale del singolo bacino, sono oggi a uno stadio iniziale. La difficoltà e pericolosità di accesso alle quote superiori ai 6.000 m è una delle ragioni per cui abbiamo poche misure dettagliate, a parte lunghezza ed estensione dei ghiacciai, in sistemi montuosi come l’Himalaya e le Ande. Le attuali tecnologie di remote sensing possono rilevare le variazioni nell’estensione dei ghiacciai e della copertura nevosa, ma non possono quantificare i forcing relativi e non forniscono importanti proprietà di neve e ghiaccio, come la granulometria, la presenza d’impurità, e il contenuto di acqua liquida in superficie. Tuttavia, si stima che nuovi sistemi d’analisi multispettrale aerotrasportati e montati su satelliti permetteranno nell’immediato futuro di ottenere misure spazialmente dettagliate di queste proprietà superficiali. Con l’ausilio di misure più approfondite derivanti da campagne su larga scala, e da misure di bilancio di energia e di massa in situ, l’analisi multispettrale consentirà la messa a punto e la validazione di una nuova generazione di modelli di bilancio di massa dei ghiacciai con elevata risoluzione. Le osservazioni quantitative sono infatti la chiave per la comprensione di questi fenomeni. Geoingegneria: sono necessarie ulteriori ricerche e una valutazione internazionale La geoingegneria, l’applicazione cioè di tecniche artificiali d’intervento umano sull’ambiente fisico, non sostituisce la mitigazione del cambiamento climatico. Vi sono ancora molte domande senza risposta circa la potenziale irreversibilità di questi interventi, e sugli impatti che possono essere molto diversi da regione a regione, prima che la geoingegneria possa essere responsabilmente considerata. Non esiste a tutt’oggi una valutazione concorde sulla geoingegneria a livello internazionale. È invece necessaria una valutazione effettuata secondo gli standard più elevati da parte dei molteplici soggetti interessati basata, per esempio, sul modello dell’IPCC. Le basi di questa valutazione devono però essere rese più solide mediante studi scientifici più approfonditi di quanto sia stato finora possibile. Sarà prudente prendere in considerazione la geoingegneria solo nel caso in cui eventuali impatti climatici catastrofici e irreversibili non possano essere gestiti con la mitigazione e l’adattamento. Debbono inoltre essere creati gli strumenti organizzativi per valutare rischi e benefici della geoingegneria e un processo decisionale trasparente e ampiamente partecipativo per decidere quali rischi sono accettabili, prima che una qualsiasi azione in questo senso possa essere intrapresa. I popoli e le nazioni hanno il dovere di agire immediatamente L’umanità ha creato l’era dell’Antropocene e con essa deve ora convivere. Questo richiede però una nuova consapevolezza dei rischi che le azioni dell’uomo stanno avendo sulla Terra e sui suoi sistemi, inclusi i ghiacciai che sono qui discussi. Ciò impone a tutti il dovere di ridurre questi rischi. Il possibile fallimento delle azioni volte a mitigare il cambiamento climatico rappresenterebbe il venir meno agli obblighi che tutti noi abbiamo, particolarmente nei confronti dei popoli che sono più vulnerabili, ad esempio coloro che dipendono dall’acqua dei ghiacciai montani e coloro la cui vita è messa in pericolo dall’innalzamento del livello del mare o da eventi meteorologici estremi. Il nostro dovere include anche l’aiuto alle comunità più vulnerabili ad adattarsi ai cambiamenti che non possono essere mitigati. Tutte le nazioni devono assicurare che le loro azioni siano efficaci e tempestive per affrontare gli impatti e i rischi crescenti del cambiamento climatico e per evitare conseguenze catastrofiche irreversibili. Noi invitiamo tutti i popoli e le nazioni a una nuova consapevolezza degli impatti, gravi e potenzialmente irreversibili, del riscaldamento globale causato dall’emissione di gas serra e di altri inquinanti da parte dell’uomo e dai cambiamenti nell’uso del territorio. Invitiamo tutte le nazioni a sviluppare e a implementare, senza ritardi, politiche efficienti ed eque per ridurre le cause e gli impatti del cambiamento climatico sulle comunità e sugli ecosistemi, compresi i ghiacciai e i loro bacini, consapevoli che viviamo tutti in una stessa casa. Agendo subito, nello spirito di una responsabilità comune ma diversificata, accettiamo il nostro dovere verso il prossimo e verso la custodia di un pianeta benedetto dal dono della vita. Siamo tenuti ad assicurare che tutti gli abitanti del pianeta abbiano accesso al loro pane quotidiano, ad aria pulita da respirare e acqua pulita da bere, essendo noi consapevoli che, se vogliamo giustizia e pace, dobbiamo proteggere l’habitat che ci sostiene. Città del Vaticano, 11 maggio 2011. SEGUONO LE FIRME* * Ajai, L. Bengtsson (co-organizzatore), D. Breashears, P.J. Crutzen (co-organizzatore), S. Fuzzi, W. Haeberli, W.W. Immerzeel, G. Kaser, C. Kennel, A. Kulkarni, R. Pachauri, T.H. Painter, J. Rabassa, V. Ramanathan (co-organizzatore), A. Robock, C. Rubbia, L. Russell, M. Sánchez Sorondo, H.J. Schellnhuber, S. Sorooshian, T.F. Stocker, L.G. Thompson, O.B. Toon, D. Zaelke. IL REGNO - DOCUMENTI 13/2011 401