Il destino dei ghiacciai di montagna nell`Antropocene

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Il destino
dei ghiacciai
di montagna
nell’Antropocene
Rapporto del gruppo di lavoro
incaricato dalla
Pontificia accademia delle scienze
«L’umanità ha creato l’era dell’Antropocene e con essa deve ora convivere.
Questo richiede però una nuova consapevolezza dei rischi che le azioni dell’uomo stanno avendo sulla Terra e sui
suoi sistemi, inclusi i ghiacciai». Un
gruppo di scienziati, convocato dalla
Pontificia accademia delle scienze, si è
riunito in Vaticano dal 2 al 4 aprile 2011
«per discutere del destino dei ghiacciai
(…) e per considerare gli interventi necessari a stabilizzare il cambiamento
climatico che li sta influenzando». La
dichiarazione ufficiale al termine dei
lavori «è un avvertimento all’umanità e
una richiesta di intervento immediato –
per mitigare il riscaldamento globale,
per proteggere i ghiacciai e altri ecosistemi vulnerabili, per valutare i rischi
climatici globali e locali», ma anche
«per prepararsi e adattarsi a quegli impatti climatici che non possono essere
mitigati». Tra i fenomeni cui occorrerà
prepararsi, quello dei cosiddetti «rifugiati ambientali», ovvero di coloro che
saranno «costretti ad abbandonare la
loro terra d’origine per motivi legati (…)
al degrado dell’ambiente», è uno dei
temi centrali del messaggio pubblicato
dalla CEI (12.6.2011) in vista della VI
Giornata per la salvaguardia del creato
(cf. riquadro alle pp. 398-399).
Stampa (13.6.2011) da sito web www.vatican.va.
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ichiarazione del gruppo di lavoro
Noi invitiamo tutti i popoli e le nazioni a una nuova
consapevolezza degli impatti, gravi e potenzialmente irreversibili, del riscaldamento globale causato dall’emissione di gas serra e di altri inquinanti da parte dell’uomo
e dai cambiamenti nell’uso del territorio. Invitiamo tutte
le nazioni a sviluppare e a implementare, senza ritardi,
politiche efficienti ed eque per ridurre le cause e gli impatti del cambiamento climatico sulle comunità e sugli
ecosistemi, compresi i ghiacciai di montagna e i loro bacini, consapevoli che viviamo tutti in una stessa casa.
Agendo subito, nello spirito di una responsabilità comune ma diversificata, accettiamo il nostro dovere verso
il prossimo e verso la custodia di un pianeta benedetto
dal dono della vita. Siamo tenuti ad assicurare che tutti
gli abitanti del pianeta abbiano accesso al loro pane
quotidiano, ad aria pulita da respirare e acqua pulita da
bere, essendo noi consapevoli che, se vogliamo giustizia
e pace, dobbiamo proteggere l’habitat che ci sostiene. I
credenti fra noi chiedono a Dio di esaudire questo nostro auspicio.
I.
Sintesi
Antropocene: l’uso indiscriminato dei combustibili
fossili e di altre risorse naturali ha causato l’inquinamento
dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo e della
terra sulla quale abitiamo. Per fare un esempio, all’incirca
1.000 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio e altri
gas serra climaticamente importanti sono stati immessi
nell’atmosfera dall’uomo, con il risultato che la concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera è attualmente la più elevata rispetto agli ultimi 800.000 anni. Si
ritiene che gli impatti climatici ed ecologici di questa interferenza umana sul sistema Terra si protrarranno per
molti millenni, tanto da far coniare un nuovo nome, Antropocene, per la nuova era geologica altamente influenzata dall’attività umana nella quale viviamo.
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Regresso dei ghiacciai: il volume dei ghiacciai si
sta riducendo su tutto il pianeta, con velocità più elevate
alle quote più basse. La grande perdita di massa dei ghiacciai nelle regioni tropicali, temperate e polari è una delle
conseguenze più chiare di un cambiamento in atto nel sistema climatico, molto rapido ed esteso su scala globale.
Lunghe serie temporali di misure indicano che la velocità di scioglimento dei ghiacciai è più che raddoppiata
dall’inizio del secolo. Lo scioglimento delle nevi e dei
ghiacciai montani ha poi contribuito significativamente all’innalzamento del livello del mare osservato nell’ultimo
secolo. Il regresso dei ghiacciai nelle Alpi è stato osservato
dalla fine della «piccola era glaciale» (prima parte del XIX
secolo), ma la sua velocità è aumentata notevolmente dagli anni Ottanta e i ghiacciai alpini hanno già perso più
del 50% della loro massa. Migliaia di piccoli ghiacciai
nella regione dell’Hindukush-Himalaya-Tibet continuano
a disgregarsi e costituiscono un pericolo per le comunità
locali e per il numero ancora maggiore di coloro che dipendono dalle risorse idriche della montagna. Proiezioni
attendibili indicano chiaramente che molte catene montuose in tutto il mondo potrebbero perdere frazioni rilevanti dei loro ghiacciai entro i prossimi decenni.
I cambiamenti recenti osservati nelle caratteristiche
dei ghiacciai sono dovuti a una complessa serie di fattori
causali che includono il forcing dovuto ai gas serra, insieme alle emissioni su larga scala di particelle carboniose
(il black carbon) e polveri che formano le cosiddette brown
clouds, e ai cambiamenti associati del contenuto di energia e umidità dell’atmosfera su scala regionale, che determinano un significativo riscaldamento ad altitudini
elevate, non da ultimo sull’Himalaya.
Retrospettiva sui cambiamenti passati: in risposta all’affermazione che «avendo la Terra sperimentato nel passato un alternarsi di periodi freddi (glaciali) e
caldi (interglaciali), gli attuali cambiamenti climatici e
della copertura dei ghiacci sono eventi naturali», affermiamo: le cause principali dei periodi glaciali e interglaciali sono i cambiamenti ben noti dei parametri astronomici
che riguardano il movimento del nostro pianeta all’interno
del sistema solare, unitamente a processi di retroazione nel
sistema climatico. La scala temporale di tali fenomeni è dell’ordine di 10.000 anni o più. Al contrario, i cambiamenti
indotti dall’uomo nella concentrazione di biossido di carbonio, altri gas serra e particelle carboniose, stanno avvenendo su una scala temporale di 10-100 anni – quindi per
lo meno un centinaio di volte più velocemente. È particolarmente preoccupante che l’emissione dei suddetti agenti
riscaldanti stia avvenendo durante un periodo interglaciale, quando la Terra si trova già a un massimo naturale
di temperatura.
Tre raccomandazioni: i cambiamenti causati dall’uomo nella composizione dell’atmosfera e nella qualità
dell’aria causano a livello globale più di due milioni di
morti premature ogni anno e mettono in pericolo le risorse di acqua e cibo – specialmente fra i tre miliardi di
persone troppo povere per avvalersi della protezione offerta dalla tecnologia e dall’uso di combustibili fossili.
Dato che non è possibile un futuro sostenibile basato
sull’uso di carbone, petrolio e gas naturale, sia per l’esau-
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rimento delle risorse che per i connessi danni ambientali
(come quello causato, ad esempio, dall’innalzamento del
livello del mare), esortiamo la società a:
I. Ridurre senza ulteriori indugi le emissioni
di biossido di carbonio, usando tutti i mezzi possibili per conseguire gli ambiziosi obiettivi internazionali sui livelli tollerabili di aumento
della temperatura globale e per assicurare la
stabilità del sistema climatico nel lungo periodo.
Tutte le nazioni debbono impegnarsi su una rapida transizione alle fonti di energia rinnovabili e su altre strategie
per ridurre le emissioni di CO2. Ogni nazione dovrebbe
anche favorire l’assorbimento naturale del carbonio fermando la deforestazione e riforestando i terreni degradati. Ogni nazione deve inoltre impegnarsi a sviluppare
tecnologie che possano rimuovere l’eccesso di biossido di
carbonio dall’atmosfera. Tutto questo deve avvenire nello
spazio di pochi decenni.
II. Ridurre per lo meno del 50% la concentrazione di inquinanti atmosferici che contribuiscono al riscaldamento globale (particelle
carboniose, metano, ozono troposferico e idrofluorocarburi), allo scopo di rallentare il riscaldamento
climatico nel corso del secolo attuale, prevenendo in questo modo anche milioni di morti premature causate da
malattie respiratorie e milioni di tonnellate di perdite nei
raccolti ogni anno.
III. Prepararsi ad adattarsi ai cambiamenti
climatici, sia graduali sia improvvisi, che la società non sarà in grado di mitigare. In particolare
invochiamo un’iniziativa globale di rafforzamento delle
capacità di valutare gli impatti naturali e sociali dei cambiamenti climatici sui sistemi montani e sui relativi bacini.
Il costo di questi tre interventi raccomandati è irrisorio
in confronto al prezzo che il mondo dovrà pagare se non
agiamo subito.
II.
Risultati specifici
e raccomandazioni
Antropocene: una nuova era geologica
Gli ultimi due secoli hanno visto una crescita della
popolazione umana e uno sfruttamento delle risorse
della Terra senza precedenti. Questo sfruttamento ha
causato impatti sempre più negativi su molti componenti
del sistema Terra – sull’aria che respiriamo, sull’acqua
che beviamo e sul suolo sul quale abitiamo. L’uomo sta
cambiando il sistema climatico con l’emissione di gas
serra e di particolato in grado di assorbire calore. La concentrazione attuale di biossido di carbonio, il principale
gas serra, è di gran lunga superiore ai livelli osservati
negli ultimi 800.000 anni. Anche trasformazioni a larga
scala della superficie terrestre, tra cui la scomparsa di foreste, praterie, zone umide e altri ecosistemi, sono causa
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del cambiamento climatico. Riconoscendo che le attività
umane stanno profondamente modificando i componenti del sistema Terra, il premio Nobel Paul Crutzen
ha coniato il nome di Antropocene per la nuova era geologica che noi stessi abbiamo creato.
Un gruppo di scienziati si è riunito sotto gli auspici
della Pontificia accademia delle scienze presso la Casina
Pio IV in Vaticano, dal 2 al 4 aprile 2011, per discutere
del destino dei ghiacciai di montagna nell’Antropocene
e per considerare gli interventi necessari a stabilizzare il
cambiamento climatico che li sta influenzando. La dichiarazione ufficiale di consenso di questo gruppo di
scienziati è un avvertimento all’umanità e una richiesta
di intervento immediato – per mitigare il riscaldamento
globale e regionale, per proteggere i ghiacciai e altri ecosistemi vulnerabili, per valutare i rischi climatici globali
e locali e per prepararsi e adattarsi a quegli impatti climatici che non possono essere mitigati. Il gruppo nota
inoltre che un ulteriore rischio di origine antropica per il
sistema climatico può derivare dal pericolo di una guerra
nucleare, pericolo che può essere attenuato con una rapida e consistente riduzione degli arsenali nucleari mondiali.
La Terra si sta riscaldando e gli impat ti
del cambiamento climatico stanno aumentando
Il riscaldamento della Terra è inequivocabile. La
maggior parte dell’aumento osservato della temperatura media globale dalla metà del XX secolo è «molto
probabilmente» – il che significa con una probabilità
maggiore del 90% – il risultato dell’aumento rilevato
nella concentrazione di gas serra di origine antropica. Il
riscaldamento sta avvenendo nonostante l’effetto concomitante di raffreddamento del particolato atmosferico
– in gran parte emesso dagli stessi processi responsabili
dell’emissione di CO2.
Alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici attuali e
previsti per il futuro includono la perdita di barriere coralline, foreste, aree umide e altri ecosistemi; un tasso di
estinzione per diverse specie molte volte più alto della
media storica; carenza di cibo e acqua per molte popolazioni vulnerabili. L’aumento del livello del mare ed eventi
meteorologici estremi mettono in pericolo ecosistemi e
popolazioni, specialmente quelli delle isole e delle nazioni
costiere. La perdita di ghiacciai di montagna qui discussa
mette in pericolo le popolazioni a valle, specialmente durante la stagione secca quando il flusso di acqua dai
ghiacciai è maggiormente necessario.
I ghiacciai terrestri stanno regredendo:
cause e conseguenze
La perdita diffusa di ghiaccio e neve sulle montagne
del pianeta è una delle evidenze più chiare che abbiamo
dei cambiamenti globali nel sistema climatico. Le attuali
perdite di ghiacciai montani causano un innalzamento
del livello del mare maggiore di 1 mm l’anno, circa un
terzo del tasso globale d’innalzamento osservato. Nella
parte più recente dell’Antropocene, molta parte della riduzione in massa ed estensione dei ghiacciai in regioni
tropicali, temperate e polari è il risultato dell’aumento
osservato nella concentrazione dei gas serra e delle particelle in grado di assorbire la radiazione solare, come le
particelle carboniose derivanti da processi di combustione inefficiente e le polveri originate dai cambiamenti
nell’uso dei suoli.
Come riportato nel rapporto del 2007dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, l’istituzione delle
Nazioni Unite incaricata di monitorare i cambiamenti climatici – ndr; cf. Regno-att. 20,2099,674), estrapolazioni da
studi sul cambiamento di massa realizzati su circa 400
ghiacciai selezionati globalmente indicano una diminuzione di spessore medio annuo di circa 0,7 m equivalenti
di acqua. La linea di equilibrio tra area di accumulo e area
di ablazione dei ghiacciai si è spostata verso l’alto di diverse centinaia di metri in molte catene montuose rispetto
alla metà degli anni Settanta. Per molti ghiacciai nelle catene montuose meno elevate, il piano nivale alla fine dell’estate si trova a un’altezza superiore a quella massima
delle montagne, rendendo così questi ghiacciai fortemente
vulnerabili al cambiamento climatico in atto. In molte
zone, inoltre, si sta verificando la frammentazione di questi ultimi, che lascia ghiacciai di più piccole dimensioni più
soggetti a sparire definitivamente.
Le osservazioni a oggi disponibili ci dicono che
l’estensione dei ghiacciai è in diminuzione a livello globale, con i tassi più elevati alle quote minori. I ghiacciai
più grandi perdono le loro lingue, lasciandosi dietro morene instabili e laghi dagli argini fragili, come il lago
Imja in Nepal. Questi argini fragili sono soggetti a cedimenti improvvisi che causano allagamenti catastrofici
che devastano le già fragili infrastrutture delle comunità
a valle.
In America del Nord, l’intervento umano sta aumentando l’emissione di polveri minerali dai deserti dell’altopiano del Colorado e del Great Basin, che rendono più
scura la neve accorciando quindi la stagione di innevamento delle Montagne Rocciose del Colorado di 4-7 settimane. Le polveri minerali contribuiscono anche a
riscaldare l’atmosfera assorbendo la radiazione solare. Altrove, le diffuse brown clouds formate da particelle carboniose originate da processi di combustione inefficiente
possono avere un impatto importante su regioni quali
l’Himalaya. Abbiamo pochissimi studi – in alcuni casi
nessuno – del bilancio di massa e di energia che quantifichino gli effetti del black carbon sulla neve e sui ghiacci
di molte regioni montuose remote. Gli impatti che comprendiamo grazie a misure dettagliate effettuate in America del Nord forniscono comunque un quadro della
risposta dei ghiacciai in altre regioni similmente influenzate.
L’ammontare e la velocità della perdita di massa dei
ghiacciai differiscono nelle diverse regioni del pianeta,
così come gli impatti associati alla disponibilità stagionale
d’acqua nelle valli e nelle pianure sottostanti. In regioni
con una stagione secca e una umida, come l’Asia centrale, le montagne, i ghiacciai e le nevi invernali sono
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In una terra ospitale, educhiamo all’accoglienza
L
a Conferenza episcopale italiana (Commissione episcopale
per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo) ha pubblicato, lo scorso 12 giugno, il messaggio in occasione della VI
Giornata per la salvaguardia del creato, che la Chiesa italiana celebrerà il 1° settembre 2011. Lo riportiamo di seguito (www.chiesacattolica.it).
Il tema della VI Giornata per la salvaguardia del creato è assai
significativo nel contesto del dibattito ecclesiale e culturale
odierno. Esso si articola in quattro punti, in continuità con l’argomento trattato l’anno passato, Custodire il creato, per coltivare la
pace (cf. Regno-doc. 15,2010,518), nella linea degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio corrente: «La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita quello di tutti
perché la società diventi sempre più terreno favorevole all’educazione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori,
è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del
creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità
etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie» (EPISCOPATO
ITALIANO, Educare alla vita buona del Vangelo, 28.10.2010, n. 50;
Regno-doc. 19,2010,619).
La Giornata diventa così occasione di un’ulteriore immersione
nella storia, per ritrovare le radici della solidarietà, partendo da Dio,
che creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, con il mandato di
fare della terra un giardino accogliente, che rispecchi il cielo e prolunghi l’opera della creazione (cf. Gen 2,8-15).
1. L’uomo, creatura responsabile e ospitale
La sacra Scrittura, infatti, narra che l’uomo venne posto da Dio
nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Affidandogli la terra, Dio gli consegnò, in qualche modo, tutta la sua gratuità. L’uomo diventa così la creatura chiamata a realizzare il
disegno divino di governare il mondo nello stile della gratuità, con
santità e giustizia (cf. Sap 9,2-3), fino a giungere alla meta di riconoscersi, per grazia, figlio adottivo in Gesù Cristo (cf. Ef 1,5).
Accogliendo l’intero creato come dono gratuito di Dio e
agendo in esso nello stile della gratuità, l’uomo diviene egli stesso
autentico spazio di ospitalità: finalmente idoneo e capace di accogliere ogni altro essere umano come un fratello, perché l’amore
come «serbatoi» che raccolgono acqua potabile per milioni di persone. La perdita di massa del ghiacciaio può
generare un iniziale aumento del flusso a valle dovuto ad
acqua immagazzinata molto tempo prima, come è stato
osservato in diversi bacini; ma il flusso d’acqua inevitabilmente si riduce quando il ghiacciaio regredisce ulteriormente.
I ghiacciai montani svolgono un’altra funzione molto
importante conservando informazioni dettagliate sul
clima del passato e sulla capacità dei ghiacciai stessi di rispondere alle diverse variabili climatiche. Questo rende i
ghiacciai preziosi strumenti per comprendere le dinamiche climatiche passate e presenti. L’elevato potenziale dei
ghiacciai montani come strumenti d’indagine per la ri-
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di Dio effuso dallo Spirito nel suo cuore lo rende capace di amore e di
perdono, di rinuncia a se stesso, «di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace» (BENEDETTO XVI, lett. enc. Caritas in veritate sullo sviluppo umano integrale, 29.6.2009, n. 79; Regno-doc. 15,2009,490).
È il cuore dell’uomo, infatti, che deve essere formato all’accoglienza, anzitutto della vita in se stessa, fino all’incontro e all’accoglienza
di ogni esistenza concreta, senza mai respingere qualcuno dei propri
fratelli. Il Santo Padre ci ricorda che: «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme
di accoglienza utili alla vita sociale s’inaridiscono. L’accoglienza della
vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco» (ivi, n.
28; Regno-doc. 15,2009,468).
L’ospitalità diventa così, in un certo senso, la misura concreta dello
sviluppo umano, la virtù che getta il seme della solidarietà nel tessuto
della società, il parametro interiore ed esteriore del disegno dell’amore
che rivela il volto di Dio Padre. Diventando ospitale, l’uomo riconosce
con i fatti a ogni persona il diritto a sentirsi di casa nel cuore stesso di
Dio.
2. Il problema dei rifugiati ambientali
In questa delicata stagione del mondo il tema dell’ospitalità richiama con drammatica urgenza le dinamiche delle migrazioni internazionali, nel loro legame con la questione ambientale. Sono sempre più
numerosi, oggi, gli uomini e le donne costretti ad abbandonare la loro
terra d’origine per motivi legati, più o meno direttamente, al degrado
dell’ambiente. È la terra stessa, infatti, che – divenuta inospitale a motivo del mancato accesso all’acqua, al cibo, alle foreste e all’energia,
come pure dell’inquinamento e dei disastri naturali – genera i cosiddetti «rifugiati ambientali». Si tratta di un fenomeno che può avere una
dimensione nazionale, laddove gli spostamenti avvengano all’interno
di un paese o di una regione; ma che si caratterizza sempre più spesso
per la portata globale, con migrazioni che interessano talvolta popoli interi, sospinti dagli eventi a spostarsi in terre lontane.
In questo processo gioca un ruolo non trascurabile il mutamento
del clima, che attraverso la variazione repentina e non sempre prevedibile delle sue fasce, rischia d’intaccare l’abitabilità di intere aree del
pianeta e d’incrementare, di conseguenza, i flussi migratori.
Per quanto sia possibile prevedere, non si è lontani dal vero immaginando che entro la metà di questo secolo il numero dei profughi ambientali potrà raggiungere i duecento milioni.
Si comprende bene, allora, il senso dell’accorato richiamo del papa
nel Messaggio per la giornata della pace dell’anno 2010: «Come rima-
cerca climatica sta solo ora iniziando a essere compreso.
Nuove ricerche necessarie a ridurre le incertezze, a delineare i processi e a quantificare gli impatti regionali possono portare a importanti risultati. È tempo di prestare
maggiore attenzione ai ghiacciai montani prima che i loro
archivi vadano persi per sempre.
Per evitare «pericolose inter ferenze
antropiche» sono necessari
obiet tivi climatici chiari e vincolanti
L’obiettivo delle politiche sul clima è quello di stabilizzare le emissioni di gas serra a un livello che pre-
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nere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la
perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi
e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi
naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali?
Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti “profughi ambientali”: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono,
lo devono lasciare – spesso insieme ai loro beni – per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato?» (BENEDETTO XVI, mess.
Coltivare la pace, custodire il creato, n. 4; Regno-doc. 1,2010,2).
3. Educare all’accoglienza
È questo lo scenario cosmico e umano dentro il quale la Chiesa è
chiamata oggi a rendere presente il mistero della presenza di Cristo,
via, verità e vita, riproponendone con forza il messaggio di solidarietà
e di pace. Attraverso la sua opera educativa, «la Chiesa intende essere
testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa; nell’accoglienza
del povero e del bisognoso; nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e solidale; nella difesa coraggiosa e profetica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in particolare di chi è straniero,
immigrato ed emarginato; nella custodia di tutte le creature e nella salvaguardia del creato» (EPISCOPATO ITALIANO, Educare alla vita buona del
Vangelo, n. 24; Regno-doc. 19,2010,610).
Ecco perché educare all’accoglienza a partire dalla custodia del
creato significa condurre gli uomini lungo un triplice sentiero: quello,
anzitutto, di coltivare un atteggiamento di gratitudine a Dio per il dono
del creato; quello, poi, di vivere personalmente la responsabilità di rendere sempre più bella la creazione; quello, infine, di essere, sull’esempio di Cristo, testimoni autentici di gratuità e di servizio nei confronti
di ogni persona umana. È così che la custodia del creato, autentica
scuola dell’accoglienza, permette l’incontro tra le diverse culture, fra i
diversi popoli e perfino, nel rispetto dell’identità di ciascuno, fra le diverse religioni, e conduce tutti a crescere nella reciproca conoscenza,
nel dialogo fraterno, nella collaborazione più piena.
Ciò può realizzarsi senza mai dimenticare la necessità che la Chiesa,
con il coraggio della parola e l’umiltà della testimonianza, continui a
proclamare che è proprio Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne, la
presenza profonda che permette il disvelarsi del disegno di Dio sull’uomo e sul cosmo, perché «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza
di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). È in Cristo che la solidarietà diventa reciprocità, esercizio di amore fraterno, gara nella stima
vicendevole, custodia dell’identità e della dignità di ciascuno, stimolo
al cambiamento nel vivere sociale.
È consolante rilevare come, sull’insieme di questi temi, le diverse
Chiese e comunità cristiane abbiano raggiunto una significativa sinto-
venga «pericolose interferenze antropiche sul sistema
climatico» e «permetta agli ecosistemi di adattarsi naturalmente al cambiamento climatico, assicuri che la
produzione di cibo non sia messa a rischio e permetta
allo sviluppo economico di procedere in modo sostenibile», così come espresso nell’articolo 2 della United
Nations Framework Convention on Climate Change
(UNFCCC, convenzione quadro adottata dopo la
Conferenza ONU su ambiente e sviluppo, tenutasi a
Rio de Janeiro nel 1992, attualmente sottoscritta da
192 paesi; ndr).
Il limite di temperatura attualmente proposto per evitare «pericolose interferenze antropiche» è un aumento di
2°C (rispetto ai livelli preindustriali), sebbene molti scien-
nia: il mondo ortodosso, a partire dal Patriarcato ecumenico, ha
dedicato al problema della salvaguardia responsabile del creato documenti, momenti di riflessione ed iniziative; le diverse denominazioni evangeliche condividono la preoccupazione per l’uso equo
e solidale delle risorse della terra, in un impegno concreto e fattivo.
Tutte convergono nella sollecitudine verso i più poveri, verso
le vittime delle guerre, dei disastri ambientali e della ingiusta distribuzione dei frutti della terra.
La Giornata per la salvaguardia del creato si conferma, così,
anche una felice occasione d’incontro ecumenico, che mostra
come il dialogo fra i credenti in Cristo salvatore non si limiti al confronto teologico, ma tocchi il comune impegno per le sorti dell’umanità.
Tutti siamo chiamati a cooperare perché le risorse ambientali
siano preservate dallo spreco, dall’inquinamento, dalla mercificazione e dall’appropriazione da parte di pochi. Il fatto che, in questo sforzo condiviso, le Chiese riescano a parlare con una voce sola,
rappresenta una grande testimonianza cristiana, che rende di sicuro più credibile l’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi.
4. I miti, eredi di questo mondo
«Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5). Sentirsi custodi gli uni degli altri è l’effetto dinamico dell’essere dono
nell’accoglienza. Sappiamo, però, che la mitezza coincide con la
purezza del cuore: è uno stile di vita e di relazioni a cui il cristiano
aspira, perché in esso arde la pienezza dell’umiltà contro la prevaricazione e l’egoismo. Sono i miti i veri difensori del creato, perché
amano quanto il Padre ha creato per la loro sussistenza e la loro
felicità.
Dio infatti «ha creato il mondo per manifestare e per comunicare la sua gloria, in modo che le sue creature abbiano parte alla sua
verità, alla sua bontà, alla sua bellezza: ecco la gloria per la quale Dio
le ha create» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 319).
Tutti abbiamo bisogno di Dio: riconoscendoci opera delle sue
mani, sue creature, siamo invitati a custodire il mondo che ci ha affidato, perché, condividendo le risorse della terra, esse si moltiplichino, consentendo a ogni persona di condurre un’esistenza
dignitosa.
Roma, 12 giugno 2011, solennità di Pentecoste.
LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO,
LA GIUSTIZIA E LA PACE
LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO
ziati sostengano, e molte nazioni siano d’accordo, che
1,5°C sarebbe un limite superiore più sicuro. Considerazioni scientifiche, politiche ed economiche hanno contribuito all’identificazione di questa soglia, che è stata
adottata nei negoziati internazionali sul clima.
La Terra si è già riscaldata di 0,75°C dal 1900 e potrebbe raggiungere i 2°C entro l’anno 2100, anche se le
odierne emissioni di gas serra non aumentassero ulteriormente e l’inquinamento atmosferico fosse limitato per
evitare danni alla salute dell’uomo. C’è però il rischio che
il riscaldamento superi abbondantemente i 3°C se le
emissioni di gas serra continueranno a crescere con i tassi
attuali. Quindi superare l’obiettivo dei 2°C è una possibilità seria e reale.
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Una rapida azione di mitigazione è necessaria
se si vogliono limitare il riscaldamento climatico
e i relativi impatti
La comprensione delle cause dei cambiamenti climatici, così come degli impatti presenti e futuri, dà alla società l’opportunità di evitare gli impatti non gestibili
attraverso le azioni di mitigazione e di gestire gli impatti
inevitabili attraverso le azioni di adattamento. Questo è il
momento di agire se la società vuole avere una ragionevole possibilità che la temperatura media globale rimanga
al di sotto del limite di sicurezza di 2°C.
Possibili azioni di mitigazione tramite la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio e
aumento dell’assorbimento del carbonio: la CO2
è il principale responsabile dell’effetto serra. Mentre più
della metà della CO2 emessa è assorbita dagli oceani e dal
suolo nello spazio di un secolo, circa il 20% rimane in atmosfera e causa riscaldamento per millenni. Debbono essere fatti tutti gli sforzi possibili per ridurre l’emissione
diretta di CO2 dovuta all’uso dei combustibili fossili e per
ridurre l’emissione indiretta limitando la deforestazione
ed espandendo le foreste in altre aree, il più velocemente
possibile per evitare il riscaldamento a lungo termine provocato dalla CO2 e gli impatti a esso collegati.
Possibile mitigazione tramite la riduzione
dell’emissione di agenti climatici a vita breve diversi dalla CO2: la seconda parte di una strategia di
mitigazione integrata è la riduzione degli agenti climatici
a vita breve. Questi comprendono il black carbon, l’ozono
troposferico e il metano, suo precursore, e gli idrofluorocarburi (HFC). Il black carbon e l’ozono troposferico
hanno un impatto importante sul riscaldamento regionale e globale. Riducendo gli agenti climatici a vita breve
usando le tecnologie esistenti si può ridurre il tasso di riscaldamento globale significativamente dalla seconda
metà del presente secolo e il tasso di riscaldamento dell’Artico di due terzi, a patto che anche la CO2 sia contestualmente ridotta.
Ridurre gli inquinanti atmosferici può inoltre contribuire a evitare la perdita di circa due milioni di vite ogni
anno, incrementare la produzione agricola e ristabilire la
capacità della vegetazione di sequestrare il carbonio. La
riduzione delle particelle carboniose dovrebbe essere
parte di una strategia integrata di riduzione delle emissioni di particolato, per essere certi che il riscaldamento
causato dalle particelle carboniose sia limitato più velocemente del raffreddamento dovuto agli altri tipi di particolato.
In molte regioni in via di sviluppo vi è un elevato potenziale di riduzione del black carbon e del carico di polveri che accelerano lo scioglimento dei ghiacciai
attraverso la riduzione delle emissioni provocate dai sistemi tradizionali di cottura del cibo, che possono essere
sostituiti con fornelli energeticamente efficienti e meno
inquinanti. Occorre inoltre abbattere con opportuni filtri
le particelle emesse dai motori diesel e stabilizzare superfici desertiche e altri suoli per ridurre le emissioni di polveri minerali.
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DOCUMENTI
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Gli HFC sono gas sintetici e costituiscono le emissioni
di specie climaticamente rilevanti in maggior crescita in
molti paesi. La produzione e l’uso degli HFC possono essere gradualmente ridotti nell’ambito del Protocollo di
Montreal sulle specie che distruggono lo strato di ozono
stratosferico, regolando poi le emissioni residue nell’ambito nel Protocollo di Kyoto. Questo darebbe luogo a una
mitigazione pari all’equivalente di 100 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2050. Il Protocollo di Montreal è
unanimemente considerato il miglior trattato ambientale
al mondo; ha già eliminato il 98% delle emissioni di quasi
100 composti simili agli HFC, con un effetto di mitigazione climatica netta di 135 miliardi di tonnellate tra il
1990 e il 2010.
In breve, l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico sono ancora trattati come se fossero due
problematiche separate, quando in realtà sono due aspetti
dello stesso problema. Le sorgenti di emissione degli inquinanti atmosferici e dei gas serra coincidono, e una politica strategica integrata riduce i costi nel contrastare
entrambe queste minacce per la salute umana e per il benessere della società. Tali strategie di mitigazione devono
essere perseguite simultaneamente e con l’intensità che le
valutazioni scientifiche richiedono. Esse hanno il potenziale di «mettere in sicurezza» il sistema climatico e di ridurre «l’ingiustizia climatica». Ma è rimasto poco tempo.
Il riscaldamento climatico e i suoi effetti sul sistema Terra
causati dalle emissioni di CO2, che rimane in atmosfera
per millenni, potrebbero presto divenire ingestibili.
L’adat tamento deve iniziare adesso
A causa del tempo di ritardo tra le azioni di mitigazione e la risposta del sistema climatico, le popolazioni e
gli ecosistemi vulnerabili dovranno affrontare impatti climatici importanti e rischi perfino troppo alti anche in presenza di azioni di mitigazione efficaci. Perciò, insieme alle
importanti azioni di mitigazione, anche le azioni di adattamento debbono iniziare subito ed essere perseguite con
decisione.
Non possiamo ovviamente adattarci a cambiamenti
che non comprendiamo. L’adattamento inizia necessariamente con una corretta valutazione degli impatti;
un’iniziativa internazionale volta a osservare e modellizzare i sistemi montani e i loro bacini con un’alta risoluzione spaziale, una topografia realistica e processi
appropriati per le alte quote è un prerequisito per rafforzare le capacità regionali e locali di valutare gli impatti
fisici e sociali del cambiamento climatico.
Le osservazioni sui ghiacciai necessitano
di essere estese e migliorate
È necessario caratterizzare i forcing radiativi e climatici sui ghiacciai e le loro risposte, non ancora sufficientemente conosciute. Ad esempio, è necessario migliorare
la comprensione delle differenti risposte dei ghiacciai
nelle diverse regioni del pianeta in termini di cambia-
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menti regionali del clima e di assorbimento dei contaminanti. Anche le osservazioni del volume dei ghiacciai,
delle precipitazioni e dei cambiamenti nei bacini idrografici montani sono molto scarse. Questo limita la nostra
capacità di creare scenari attendibili dei flussi d’acqua dai
ghiacciai per il futuro.
I modelli climatici non possiedono la necessaria risoluzione nelle regioni montuose e di conseguenza hanno
serie limitazioni nel simulare le precipitazioni e le variazioni di temperatura e nel riprodurre le concentrazioni
di particolato atmosferico. Allo stesso modo, la modellizzazione e il monitoraggio delle relazioni tra i cambiamenti nei bacini glaciali e le risorse idriche, alla scala
spaziale del singolo bacino, sono oggi a uno stadio iniziale.
La difficoltà e pericolosità di accesso alle quote superiori ai 6.000 m è una delle ragioni per cui abbiamo
poche misure dettagliate, a parte lunghezza ed estensione
dei ghiacciai, in sistemi montuosi come l’Himalaya e le
Ande. Le attuali tecnologie di remote sensing possono rilevare le variazioni nell’estensione dei ghiacciai e della
copertura nevosa, ma non possono quantificare i forcing
relativi e non forniscono importanti proprietà di neve e
ghiaccio, come la granulometria, la presenza d’impurità,
e il contenuto di acqua liquida in superficie.
Tuttavia, si stima che nuovi sistemi d’analisi multispettrale aerotrasportati e montati su satelliti permetteranno nell’immediato futuro di ottenere misure
spazialmente dettagliate di queste proprietà superficiali. Con l’ausilio di misure più approfondite derivanti
da campagne su larga scala, e da misure di bilancio di
energia e di massa in situ, l’analisi multispettrale consentirà la messa a punto e la validazione di una nuova
generazione di modelli di bilancio di massa dei ghiacciai con elevata risoluzione. Le osservazioni quantitative sono infatti la chiave per la comprensione di questi
fenomeni.
Geoingegneria: sono necessarie ulteriori ricerche
e una valutazione internazionale
La geoingegneria, l’applicazione cioè di tecniche artificiali d’intervento umano sull’ambiente fisico, non sostituisce la mitigazione del cambiamento climatico. Vi
sono ancora molte domande senza risposta circa la potenziale irreversibilità di questi interventi, e sugli impatti
che possono essere molto diversi da regione a regione,
prima che la geoingegneria possa essere responsabilmente considerata.
Non esiste a tutt’oggi una valutazione concorde sulla
geoingegneria a livello internazionale. È invece necessaria una valutazione effettuata secondo gli standard più
elevati da parte dei molteplici soggetti interessati basata,
per esempio, sul modello dell’IPCC. Le basi di questa valutazione devono però essere rese più solide mediante
studi scientifici più approfonditi di quanto sia stato finora
possibile.
Sarà prudente prendere in considerazione la geoingegneria solo nel caso in cui eventuali impatti climatici
catastrofici e irreversibili non possano essere gestiti con
la mitigazione e l’adattamento. Debbono inoltre essere
creati gli strumenti organizzativi per valutare rischi e benefici della geoingegneria e un processo decisionale trasparente e ampiamente partecipativo per decidere quali
rischi sono accettabili, prima che una qualsiasi azione in
questo senso possa essere intrapresa.
I popoli e le nazioni hanno il dovere
di agire immediatamente
L’umanità ha creato l’era dell’Antropocene e con essa
deve ora convivere. Questo richiede però una nuova consapevolezza dei rischi che le azioni dell’uomo stanno
avendo sulla Terra e sui suoi sistemi, inclusi i ghiacciai
che sono qui discussi.
Ciò impone a tutti il dovere di ridurre questi rischi.
Il possibile fallimento delle azioni volte a mitigare il
cambiamento climatico rappresenterebbe il venir meno
agli obblighi che tutti noi abbiamo, particolarmente nei
confronti dei popoli che sono più vulnerabili, ad esempio coloro che dipendono dall’acqua dei ghiacciai montani e coloro la cui vita è messa in pericolo dall’innalzamento del livello del mare o da eventi meteorologici
estremi. Il nostro dovere include anche l’aiuto alle comunità più vulnerabili ad adattarsi ai cambiamenti che
non possono essere mitigati. Tutte le nazioni devono assicurare che le loro azioni siano efficaci e tempestive per
affrontare gli impatti e i rischi crescenti del cambiamento climatico e per evitare conseguenze catastrofiche
irreversibili.
Noi invitiamo tutti i popoli e le nazioni a una nuova
consapevolezza degli impatti, gravi e potenzialmente irreversibili, del riscaldamento globale causato dall’emissione di gas serra e di altri inquinanti da parte dell’uomo
e dai cambiamenti nell’uso del territorio. Invitiamo tutte
le nazioni a sviluppare e a implementare, senza ritardi,
politiche efficienti ed eque per ridurre le cause e gli impatti del cambiamento climatico sulle comunità e sugli
ecosistemi, compresi i ghiacciai e i loro bacini, consapevoli che viviamo tutti in una stessa casa.
Agendo subito, nello spirito di una responsabilità comune ma diversificata, accettiamo il nostro dovere verso
il prossimo e verso la custodia di un pianeta benedetto
dal dono della vita. Siamo tenuti ad assicurare che tutti gli
abitanti del pianeta abbiano accesso al loro pane quotidiano, ad aria pulita da respirare e acqua pulita da bere,
essendo noi consapevoli che, se vogliamo giustizia e pace,
dobbiamo proteggere l’habitat che ci sostiene.
Città del Vaticano, 11 maggio 2011.
SEGUONO LE FIRME*
* Ajai, L. Bengtsson (co-organizzatore), D. Breashears, P.J.
Crutzen (co-organizzatore), S. Fuzzi, W. Haeberli, W.W. Immerzeel,
G. Kaser, C. Kennel, A. Kulkarni, R. Pachauri, T.H. Painter, J.
Rabassa, V. Ramanathan (co-organizzatore), A. Robock, C. Rubbia,
L. Russell, M. Sánchez Sorondo, H.J. Schellnhuber, S. Sorooshian,
T.F. Stocker, L.G. Thompson, O.B. Toon, D. Zaelke.
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