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Il Contrattualismo 1. Pacta sunt servanda
Cielo
La nozione politica di “Contratto”
nelle forme del pensiero antico è
connessa al rapporto tra sfera
religiosa e mondo umano. Il Patto –
lo si chiami “Alleanza” nell’Antico
Testamento, Eusébeia in Grecia o
Pax Deorum a Roma – si prospetta
come una relazione di potere nella
quale l’ordine politico discende
originariamente dalla volontà divina
ed è mantenuto in virtù del rispetto
da parte degli uomini di regole e
rituali di origine sacra. A
fondamento del potere era
assunto un mito o una
narrazione religiosa, in grado di
conferire legittimazione a una casa
regnante o al governo libero delle
città. In ogni caso, era come se le
istituzioni politiche sgorgassero dalla
volontà di un dio, dalla natura o da
se stesse, venendo a oscurarsi così
l’idea che fossero gli uomini e non gli
Dèi o il Fato a plasmare le leggi della città.
Un primo punto di svolta
Un possibile punto di svolta, rispetto a tale impostazione tradizionale, si
sviluppò all’interno della riflessione dei sofisti della cosiddetta seconda
generazione: Antifonte, Trasimaco, Callicle, Crizia. Il tema qui posto fu quello
della contrapposizione tra il Nomos, il diritto della città, e la Phýsis, la natura.
Per questi filosofi, la legge non nasce come espressione della Themis, il
Decreto divino, ma come un evento storico legato a interessi concreti degli
uomini e delle singole poleis, a partire da un universale rappresentato non da
dèi che mutano di città in città, ma da una “legge naturale” comune. La tesi
dei sofisti dell’esistenza di uno spazio prepolitico che fonda il politico
venne duramente contrastata sia da Platone sia da Aristotele: per il primo, la
Legge è forma dell’idea del Bene; mentre per il secondo giacché l’uomo è, per
definizione, “animale politico”, egli tende a vivere naturalmente all’interno di
uno Stato.
Platone semplificò e demolì le tesi di Trasimaco e Callicle nel Libro I della
Repubblica e si servì di tali posizioni in modo tale da esibirle quasi come il
“punto di non ritorno” della politica: che le leggi siano l’utile dei più e che
siano un artificio escogitato dai deboli per proteggersi contro i forti.
Contro questa politica umana, e al tempo stesso disumana, Platone affermò la
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necessità di una profonda rifondazione della politica sul terreno della
Verità assoluta dell’Idea.
Epoca cristiana
Con l’affacciarsi del Cristianesimo e con il Medioevo, si rafforzò la convinzione
che l’ordine politico fosse l’espressione di un piano provvidenziale e che
la stabilità delle istituzioni umane derivasse dalla volontà divina. Tuttavia, nel
lungo periodo che va dalla decadenza dell’Impero Romano nel quale si situa il
pensiero di Agostino d’Ippona, all’affermazione della civiltà comunale e degli
Stati nazionali, terreno di confronto per Tommaso d’Aquino, si maturano dei
mutamenti di prospettiva destinati a enormi conseguenze.
La Civitas Dei di Agostino rappresenta chiaramente un punto di vista centrato
sulla supremazia del potere religioso, sul dovere del cristiano di anteporre
la Città di Dio alla città terrena e sull’irrilevanza delle ambizioni della città
umana (dei discendenti del contadino Caino) di appropriarsi della terra e di
radicarsi in essa, rispetto alle ambizioni del vero potere cristiano (discendente
dal pastore Abele), che mira ad attraversare la terra per trovare il vero frutto
in Cielo.
Otto secoli più tardi, a queste teorie che nei secoli avevano alimentato le
pretese teocratiche della Chiesa, è lo stesso Tommaso d’Aquino a porre un
freno assimilando al Cristianesimo le tesi politiche di Aristotele e
aprendo la strada a feconde riflessioni miranti a limitare e separare gli ambiti
spirituali e temporali: il De Monarchia di Dante, il Defensor Pacis di Marsilio da
Padova, le opere politiche di Guglielmo di Ockham, fino alle tesi del
domenicano Francisco de Vitoria che nel ‘500 demolì, proprio a partire dalle
premesse aristoteliche di Tommaso, le pretese universalistiche del Papato.
Natura
Sia Agostino sia Tommaso sono esponenti del cosiddetto giusnaturalismo
cristiano: in entrambi il fondamento del diritto, la legge temporale degli Stati,
si trova nella Legge eterna, con la differenza che, mentre per Agostino essa si
configura con la Volontà divina che regge il mondo e che si ritrova
annunciata nella Bibbia, per Tommaso Dio ha donato agli uomini il lumen
naturale della ragione, che permette loro di individuare nell’ordine naturale,
e non in contrapposizione a esso, le norme della comunità. In altri termini, il
concetto di Natura di Tommaso non finisce per annullarsi di fronte al possibile
conflitto con la Volontà di Dio, ma è dotato di realtà a sé stante, essendo
l’espressione di un Dio che ha limiti nel suo potere, perché non può volere la
sofferenza degli innocenti e la sottrazione dei diritti che spettano all’uomo per
la sua stessa essenza e appartenenza universale di genere.
La posizione tomistica, indubbiamente più flessibile, poteva armonizzarsi con la
conciliazione degli interessi e i confini di giurisdizione tipici dell’età tardomedievale, quando i numerosi centri di potere (Papato, Impero, Monarchie,
Corpi intermedi, Città-Stato, ecc.) avevano la necessità di trovare equilibrio e
accordo.
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Contratto
La Riforma protestante
La Riforma protestante indiscutibilmente imprime alla storia nuove direzioni,
sotto molteplici aspetti. Uno di questi coinvolge anche la sfera della riflessione
politica agli albori dell’Età Moderna: la fine dell’unità religiosa tra gli Stati
europei e il disgregarsi di questa compattezza anche all’interno dei
singoli regni fece crollare l’architrave dell’interpretazione del diritto
internazionale fondato sul giusnaturalismo cristiano.
Infatti, fino a quando l’Europa (paesi ortodossi di rito greco e russo a parte) si
riconosceva sotto l’autorità del Papa, spettava al Vicario di Pietro il compito,
in ultima istanza, di interpretare il diritto e di essere il garante delle
relazioni internazionali. Non a caso, in occasione della Guerra dei Cent’Anni,
Francia e Inghilterra si schierarono su opposti versanti durante il periodo dello
Scisma d’Occidente e della moltiplicazione delle sedi papali.
In conseguenza del dilagare della Riforma, però, questa interpretazione
unitaria del diritto naturale non era più assicurata dal Papa e,
contemporaneamente, avvenne la crisi del potere imperiale, determinata dal
fallimento da parte di Carlo V del tentativo di compattare l’Europa
manu militari ed esercitare in tal maniera le funzioni di moderatore e
conciliatore della cristianità.
Ne discese un’instabilità che si manifestò in scontri, guerre, eccidi col pretesto
di reprimere le differenze religiose.
Per ovviare all’assenza di un principio solido e certo, per dare fondamento alla
comunità politica e ai diritti che dovevano in essa avere cittadinanza, si
affermò, grazie alla corrente di area nordeuropea del giusnaturalismo
moderno (Althusius, Grozio, Pufendorf, Thomasius), l’idea che l’origine delle
forme della convivenza politica si dovesse ricercare nella Natura o, per la
precisione, nella condizione naturale dell’uomo.
Il Seicento
Il Seicento è il secolo dell’Arcadia, delle rappresentazioni iconografiche e
letterarie di una umanità primitiva anacronistica e idilliaca che permettevano di
aggirare gli obblighi per intellettuali ed élite di sottoporsi senza deroghe
all’educazione puritana degli istinti introdotta sia in ambito cattolico sia
protestante con la stagione della Controriforma. Però, il Seicento è anche il
secolo dei grandi scienziati, capaci di riconoscere con Galileo che la Natura è
un Libro che contiene la verità scritta in caratteri matematici: è il secolo di
Cartesio e Pascal, di Boyle e Newton. La Natura, pertanto, non era più un luogo
di tenebrose e peccaminose opacità e neppure un libro cifrato che solo i Maghi
potevano indagare, bensì un testo che si poteva leggere e interpretare con
metodo e chiarezza, capace così di fornire regole e risposte sotto forma di leggi
razionali.
Dallo stato di natura l’umanità esce stipulando un patto, stabilendo
regole che vincolano l’intera comunità. Un’idea semplice, chiara e come molto
spesso è accaduto nella storia, rivoluzionaria: proprio perché le soluzioni più
astratte e complicate sono in pochi a capirle e occorrono interpreti che le
spieghino addomesticandole ai propri interessi.
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