Piazzi (7) 332/334 Gloss. Stor.

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GLOSSARIO DI STORIOGRAFIA
Annales
Erano documenti di carattere pubblico: si trattava di libri
compilati dal pontifex maximus in cui venivano registrati
gli avvenimenti più importanti dell’anno, detti anche annales pontificum o maximi (v. Livio IX, 18).
Auctoritas
«… il termine auctoritas deriva da una radice indo-europea che significa aumentare, accrescere; è auctor ogni
uomo che aumenta o che fa crescere qualcosa. Infatti la
radice indo-europea *aug designa una forza, quella degli
dei, nelle sue implicazioni concrete; un potere di una natura e di una efficacia del tutto particolari. In latino il verbo augeo indica l’azione di aumentare, di rendere più
grande qualcosa che già esiste. Nelle sue accezioni più
antiche, questo verbo significava produrre fuori dal proprio essere, creare qualcosa che proveniva da un ambito
diverso da quello dell’uomo, dunque dal mondo degli
dèi. Nelle più antiche preghiere romane, augere indica
benefici che gli uomini attendono dagli dei, la promozione delle loro imprese. È dunque auctor colui che promette, che prende una iniziativa creatrice, che fonda qualcosa, con il consenso degli dei» (M. Meslin).
Candidati
Erano coloro che aspiravano ad una magistratura, così
chiamati per il colore bianco della toga che indossavano
(v. Livio III 35).
Centuriata comitia
Nel nuovo ordinamento centuriato, dalla tradizione attribuito al re Servio Tullio, ma probabilmente di età più recente, sullo scorcio del V secolo a.C., vennero istituiti i
comizi centuriati, adunanze del popolo per centurie, che
si tenevano fuori dal pomerium, per eleggere i magistrati, votare le leggi principali, dichiarare la guerra ed esercitare la provocatio ad populum (v. Livio III 34).
Civitas
Stato, organizzazione giuridica e politica saldamente costituita.
Clientelae
Termine usato da Cesare per indicare le relazioni tra popoli intrecciate al fine di ottenere protezioni. Il termine
Cliens, cliente, nella legge romana si oppone a patronus,
protettore.
I clienti a Roma provenivano dagli originari abitanti italici
vinti dal popolo più forte, immigrato nel loro paese; avevano obblighi e doveri precisi nei confronti del patronus:
poi divennero tutt’uno coi plebei. In seguito formarono
la corte del patronus, poiché la mattina gli offrivano i loro omaggi e poi lo accompagnavano nel foro, ricevendone in cambio denaro e cibi (sportula).
Questa usanza esisteva anche in età imperiale.
Il termine cliens è usato da Cesare per indicare una specie di vassallo, riferito sia ad un individuo che a una popolazione. La clientela, termine derivato, è quindi lo stato, la condizione del cliente.
Consulares
Erano gli ex consoli; formavano il gruppo più autorevole
dei senatori.
Cursus honorum
È l’ordine secondo il quale vengono ricoperte le varie
magistrature romane: dopo il preliminare servizio militare
si partiva dalla questura, poi la pretura, il consolato e la
censura. Il tribunato della plebe e l’edilità, non obbligatori, venivano ricoperti, di norma, dopo la questura.
Decem tabularum leges
Le leggi delle XII Tavole furono sempre considerate dagli
antichi un testo sacro e studiate come il fondamento di
tutto il diritto, pubblico e privato; intorno ad esse, nel
corso dei secoli, si svolse un’intensa attività di giuristi, i
quali non solo adattarono le antiche norme alle nuove
circostanze, ma anche ne aggiunsero altre, meglio rispondenti alle particolari esigenze della vita sociale.
Exordium
Inizio del discorso (storico). «I problemi della periodizzazione e del taglio da conferire alla narrazione degli avve-
Glossario di storiografia
nimenti, tipici dell’introduzione ad ogni discorso storico,
sono presenti anche negli storici antichi, che usavano indicare almeno da quale a quale altro avvenimento avrebbero proceduto nella narrazione. Ad es. Sallustio (fr.3) a
primordio urbis ad bellum macedonicum; Livio Ab urbe
condita; Ammiano Marcellino A principatu Caesaris Nervae ad usque Valentis interitum» (E. Zaffagno).
Extremum atque ultimum senatus consultum
È un provvedimento di emergenza a cui si ricorreva solo
in casi estremi e senza via di uscita per la collettività, una
specie di stato di assedio che accordava ai magistrati in
carica i pieni poteri.
Fas
È la legge posta dagli dèi, mentre ius è quella posta dagli
uomini. «Il fas sorregge i comportamenti umani, rende
possibili le azioni intraprese. Ciò che è fas non può essere discusso. Un periodo di tempo, una porzione di spazio
sono decretati fasti o nefasti secondo che diano o meno
all’azione umana questo fondamento quasi mistico che
costituisce la sua reale possibilità di successo; è fas dunque quanto è conforme alla regola cosmica, quanto si integra in un ordine universale. La formula rituale, fas est,
non è da intendersi come espressione di un permesso,
“dagli dèi è consentito fare questo”, ma piuttosto come
riferimento a una legge di organizzazione fondamentale
del mondo: “è conforme all’ordine delle cose fare questo”» (M. Meslin).
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Quali che ne siano state le apparenze, i magistrati non
costituiscono un potere uscito dalle urne elettorali, né un
carisma individuale che porrebbe il suo beneficiario fuori
dalle regole comuni. La magistratura romana conferisce
all’esercizio del potere un aspetto molto originale. Occorre una legge, lex curiata de imperio, non solamente perché il potere esercitato sia legittimo e riconosciuto da
tutti, ma anche perché sia efficace. Questa legge, attraverso la quale si esprime il popolo romano, ha un valore
sociale in quanto manifesta una unanimità, ma al tempo
stesso un valore di efficacia religiosa: l’imperium è strettamente legato all’auspicium, a questa sorta di benedizione di Giove che è superiore a qualsiasi legge umana e
che conferma a ogni magistrato una investitura sacrale…
All’uomo riconosciuto dai suoi pari e investito dall’assenso degli dei, incombe tuttavia il dovere di fornire le prove
della sua attitudine a dirigere gli affari pubblici, della sua
intelligenza e del suo coraggio. In questo popolo orientato verso l’azione, l’esercizio del potere, tanto politico
quanto militare, ci appare come il risultato di una costante dialettica che si svolge, nella persona del capo tra la
sua felicità, la sua fortuna e i suoi meriti» ( M. Meslin).
Intercessio tribunorum
Veto dei tribuni. L’intercessio consisteva nella possibilità,
di cui potevano usufruire i tribuni, di bloccare qualsiasi
provvedimento preso da un magistrato o da un organo
dello stato, il senato o i comizi.
Lex sacrata
Fasti
Erano documenti di carattere pubblico (v. Livio IX 18):
elenchi dei più alti magistrati annuali, consoli, dittatori,
censori.
Funebres laudes
Gli elogi funebri potevano essere pronunciati da un parente del defunto, se il funerale era privato, da un magistrato scelto dal senato, se si trattava di un funerale pubblico. (v. Livio VIII 40). Erano discorsi encomiastici e commemorativi, il cui testo veniva conservato nell’archivio
delle famiglie patrizie ad esaltazione di più o meno autentici titoli di gloria, per riguardo al defunto, ma soprattutto a vantaggio e a reputazione dei vivi.
Hostis
Nemico pubblico (v. Sallustio ). Il riconoscimento di «nemico pubblico» comportava la perdita di ogni garanzia
costituzionale e, di fatto, la morte.
Gens
Forma nominale del verbo gigno, is, «generare», indica il
gruppo di famiglie discendenti dallo stesso progenitore.
Gentes indica anche la collettività nazionale, che ha in
comune caratteri fisici e spirituali.
Quella legge in forza della quale i tribuni erano sacrosanti (v. Livio II 33) «sacrata perché fu sancita con un giuramento solenne e chi l’avesse violata era homo sacer, cioè
consacrato agli Dei, e poteva essere ucciso impunemente: sacrata anche perché stabiliva l’inviolabilità dei tribuni» (Mondolfo).
Lustrum
Era propriamente il sacrificio espiatorio che si ripeteva
ogni 5 anni al termine del censimento (v. Livio IX 19), poi
significò anche un periodo quinquennale.
Magistratus
Ha la stessa radice *mag- di magister, magnus; magis,
che indica chi è più di, per autorità, potere, saggezza,
forza; si tratta quindi delle autorità più alte.
Manes
Erano le anime benigne dei trapassati che avevano cura
dei familiari sulla terra, mentre lemures erano gli spiriti
maligni che, errando come fantasmi notturni, perseguitavano i viventi.
Munus militiae
«Il servizio militare». Livio chiama munera militiae (XXVII
9, 9) gli obblighi del servizio militare.
Imperium
«… nella sua natura profonda il potere politico a Roma,
l’imperium non è concepito come delega ad uno o più
individui di un potere collettivo detenuto dal popolo.
Natio
«Stirpe», il termine, connesso al verbo nascor indica
l’insieme di individui nati nello stesso luogo.
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Glossario di storiografia
Nobilitas
«La qualifica di nobilis spettava a chi aveva avuto almeno
un console tra i suoi antenati: il primo di una famiglia
che accedesse a quella carica era il fondatore della nobiltà dei suoi. A partire dal II sec. a.C. la nobilitas era diventata una casta chiusa; alcune cricche più influenti di essa
si accaparravano le cariche lucrose. I nobili avevano diritto a posti speciali in teatro e tenevano nell’atrio della casa le imagines di cera degli antenati. I privilegi dei nobili
non erano riconosciuti legalmente, ma soltanto ammessi
per consuetudine. Sallustio attribuisce l’aggettivo nobilis
quasi esclusivamente a persone spregevoli (L. Storoni).
Nundinae
Con questo termine i Romani indicavano il mercato, che
si teneva ogni nove giorni, calcolando quello di partenza
e quello di arrivo. (In effetti perciò tra due nundinae
l’intervallo era di sette giorni). In quella circostanza i contadini si recavano in città, sia per vendere i loro prodotti
sia per informarsi degli affari politici, anche perché durante tali mercati venivano esposti al pubblico i progetti
di legge e si indicevano i comizi più importanti (v. Livio III,
35).
Otium
Tempo trascorso lontano dalle occupazioni pubbliche, attività al servizio dello stato (negotia); si tratta di attività
dello spirito, impegno intellettuale cui Sallustio, ad esempio, rivendica una dignità se non pari alla politica attiva,
almeno non troppo inferiore.
Patronus
V. clientelae.
Phalanx
Formata da sedicimila opliti, disposti su un fronte di mille
uomini e su sedici file in profondità (v. Livio IX 19). Ogni
soldato era armato di una lunga lancia (larisa) e di un
piccolo scudo. Ma, mentre la compattezza dello schieramento rendeva poco manovrabile la falange macedone,
l’esercito romano, invece, costituito da vari reparti, si poteva muovere ordinatamente e con facilità secondo gli
ordini dei comandanti.
Plebs
Sostantivo derivato forse dalla radice *ple che indica
quantità, pieno (v. plenus), indica la plebe, l’insieme dei
cittadini romani che non sono nobili, i plebei in opposizione ai patrizi.
Alcuni derivati italiani di plebs sono «pieve» gruppo di
fedeli e «plebiscito» decreto della plebe.
Il termine differisce da populus che indica l’insieme i tutti
i cittadini ed è raramente usato nel senso di «popolo»,
termine con il quale in seguito si è confuso.
Populares
I fautori del popolo, i democratici (v. Livio III 39).
Provocatio ad populum
Diritto di appello al popolo secondo la legge di appel-
lo, presentata da Valerio Publicola nel 509 a.C., la
quale nelle cause capitali dava ai cittadini il diritto di
appellarsi al popolo, ritenuto fonte di ogni sovranità.
Questa legge cessava di aver vigore quando si nominava un dittatore o quando, col senatus consultum ultimum, si concedevano ai consoli poteri discrezionali (v.
Livio, III 32).
Quirites
Di etimologia incerta (secondo i Romani deriverebbe dal
nome della città sabina Curi e avrebbe indicato in origine
la parte sabina della popolazione), designa i Romani nella loro qualità di cives. Nel discorso di Mario, riportato da
Sallustio, ricorre ben dieci volte.
Rerum scriptores
Gli storici.
Rogationes
Erano i disegni di legge proposti dai magistrati che venivano affissi in pubblico prima di essere messi ai voti nei
comizi. Soltanto dopo l’approvazione da parte delle assemblee del popolo la rogatio diventava lex.
Verba iurare
Era l’espressione, usata anche in età repubblicana per indicare la formula del giuramento di fedeltà dei soldati al
loro generale.
Veto
Termine tecnico, con il quale i tribuni della plebe esercitavano il loro diritto di opposizione nei confronti dei patrizi o dei loro stessi colleghi (v. Livio VI 35).
Virtus
«Secondo Livio l’imperium di Roma è cresciuto esclusivamente per mezzo della virtus… Il concetto di virtus è
molto ampio, e non lo si può far corrispondere che in
parte all’italiano “virtù”. Così in guerra, la virtus romana
comprenderà il coraggio, la fatica, lo sforzo fisico:
Camillo conquisterà Falerii non con il tradimento, ma con
le virtù tipicamente romane (V 27 8)… Nella vita civile altre, e non meno essenziali sono le virtù del Romano; ad
esse prendono parte, nell’intimo della loro casa, anche le
donne. È la pudicitia che caratterizza le eroine romane,
come la famosa Lucrezia che si uccise per essere stata
violata da Sesto Tarquinio, che il marito e il padre la considerassero o no innocente (I 58-59)… In patria, e cioè
nella Roma arcaica, regna la frugalitas …la frugalitas più
famosa è quella di Cincinnato… Altre virtù tipiche del
cittadino romano (in particolare del senatore) sono la dignitas e la gravitas.
Esse sono impersonate in modo esemplare dagli anziani
di Roma, che nell’imminenza dell’invasione gallica, non
potendo essere portati in Campidoglio, dove si organizza
l’estrema resistenza e dove sarebbero stati solo un peso,
preferiscono morire nelle loro case. Il loro aspetto venerabile incute venerazione, in un primo momento, agli
stessi barbari (V 41, 8 ss.)» (C. Moreschini. V. Livio pp.
175 s.).
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