Copyright © by Tommaso Ciccarone Firmato digitalmente da Tommaso Ciccarone ND: CN=Tommaso Ciccarone, C=IT, [email protected] Motivo: Sono l'autore del documento Posizione: Data: 22/09/2015 15:48:11 IL CRITICISMO di IMMANUEL KANT 1 - Introduzione generale Kant costituisce il punto di maturazione più alto di un percorso filosofico cominciato nel '600 e continuato nel '700 su due argomenti principali: la conoscenza e la morale. Più in generale: è il tema sulle caratteristiche e il ruolo del soggetto e delle sue funzioni rispetto alle potenzialità conoscitive e comportamentali rispetto al fine ultimo della condotta umana. I punti di riferimento filosofici con cui Kant si è confrontato sono costituiti soprattutto dalle correnti di RAZIONALISMO (inaugurato da Cartesio e dall'esaltazione del "Cogito" e soggettività razionale come essenza assoluta della natura umana) e dell'EMPIRISMO anglosassone (HOBBES, ma soprattutto LOCKE e HUME, i quali hanno fatto della sensibilità e dell'esperienza le basi più realistiche da cui partire nell'analisi delle funzioni o poteri della conoscenza umana, stabilendo una presa di distanza scettica nei confronti del troppo potere assegnato alla ragione colpevole di chiudersi in una "bolla" assoluta e dogmatica: ciò porterà Kant a ricordare che Hume è stato colui che lo "ha risvegliato dal sonno dogmatico"). L’Empirismo si dice anche che conduce ad una forma di scetticismo perché non crede al potere forte della ragione umana: tutto ciò che l’uomo conosce deriva solo dai sensi. Kant, in una prospettiva "illuministica", ovvero non sottomessa alle mode dottrinali, non ha aderito totalmente né ad una corrente né all'altra, bensì ha preso quanto di buono entrambe hanno proposto, rifiutandone però alcuni esiti secondo lui troppo rigidi e indimostrati. Per esempio di Cartesio ha rifiutato l'eccessivo peso dato alla ragione soggettiva come l'unica base di ogni verità da cui Cartesio 1 Copyright © by Tommaso Ciccarone aveva tagliato fuori la sensibilità o esperienza dei sensi; dell'Empirismo, invece, Kant ha criticato l'eccessivo ruolo dato alle percezioni e sensibilità che hanno portato a vedere il soggetto come un recipiente passivo e incapace di poter fondare attivamente una conoscenza universale anche se limitata a partire dalle sue facoltà. In fin dei conti Kant, coinvolgendo sia l’esperienza sia il potere della ragione, esprime l'adesione a ciò che la rivoluzione scientifica di Galilei e Newton hanno determinato, ovvero il fatto che la ragione con può fare a meno dell'esperienza e vice versa l'esperienza non può determinare una vera conoscenza senza gli strumenti teorici e logici della ragione che "interroga" la natura e la adatta alle forme del pensiero umano. Infatti Galilei nel suo libro Il Saggiatore (1623) fu il primo ad essere filosoficamente consapevole che la scienza è l'intreccio tra "sensate esperienze" e "necessarie dimostrazioni". Il compito di Kant è stato "solo" quello di confermare le conclusioni galileiane interrogandosi e analizzando quali siano gli strumenti attraverso cui la ragione opera nella conoscenza scientifica, come anche in altri campi, in cui sono coinvolte altre facoltà umane (come la volontà o il gusto estetico). Nella celebre Introduzione alla Critica della Ragion Pura Kant scriveva che “la sensibilità senza intelletto è cieca; l’intelletto senza la sensibilità è vuoto”. 2 - L'atteggiamento "critico" della filosofia di Kant Il CRITICISMO si impone come descrizione delle funzioni e degli ambiti della ragione umana nel campo dell'esperienza conoscitiva e in quello della volontà morale per ciò che riguarda la realizzazione della volontà autonoma dell'individuo come essere razionale finito. La parola "critica" è usata da Kant nella sua derivazione etimologica dalla lingua greca: il verbo "krinein", infatti, significa delimitare, analizzare, separare ma anche fissare i confini. Il Dio Kronos nell’immaginario mitologico era rappresentato con la scure affilata che serve a tagliare il tempo: la lama distingue, separa, fissa le separazioni. Nel caso dell'oggetto dell’indagine kantiana, lo scopo della filosofia è quello di ritagliare, descrivere e circoscrivere i limiti e gli ambiti di applicazione della ragione, fissandone i suoi confini ma, allo stesso 2 Copyright © by Tommaso Ciccarone tempo, evidenziandone la legittimità o validità all'interno dei limiti analizzati e fissati. In questo senso si può dire che Kant sia stato il "geografo" della ragione umana, un continente delimitato da diverse facoltà, ognuna con il proprio ambito ma anche con i propri confini oltre i quali verrebbe meno la legittimità o sicurezza che ciascuna facoltà possa funzionare correttamente. 3 - Le domande fondamentali della filosofia critica Kant poco prima di morire aveva riassunto tutta la vastità e complessità del suo pensiero dicendo che la filosofia non deve che interessarsi a tre possibili domande degne di considerazione: 1) 2) 3) Come e cosa posso conoscere? Come e cosa posso volere per essere felice? Cosa posso sperare/desiderare? E aveva aggiunto: rispondere a questi quesiti corrisponde a rispondere all'unica e generale domanda "Che cosa è l'uomo?". La filosofia critica di Kant si propone quindi di descrivere l'essenza dell'uomo che sta nella sua ragione, divisa nei tre ambiti o facoltà che corrispondono agli ambiti delle tre domande, rispettivamente: a) la CONOSCENZA come la facoltà della Ragione "teoretica" b) la MORALE come facoltà della Ragion "pratica" c) Il SENTIMENTO come facoltà del "Giudizio estetico", ovvero sentimento del Bello e del Sublime. 4 - Le tre opere del Criticismo kantiano Le risposte alle tre domande che la vera filosofia deve porsi corrispondono, non per caso, alla trilogia di opere che segnano e fondano il Criticismo: 1) "Critica della Ragion Pura" (1781/87), in cui sono tracciate le condizioni intrinseche, pure e universali della ragione per cui esiste una cosa che si chiama esperienza conoscitiva e quindi la possibilità di una conoscenza scientifica; 3 Copyright © by Tommaso Ciccarone 2) "Critica della Ragion Pratica" (1788), in cui sono tracciate le condizioni intrinseche, pure e universali per cui è possibile e doverosa una condotta razionale della volontà morale, autonoma da qualsiasi condizionamento esterno perché si realizzi tale autonomia; 3) "Critica del Giudizio" (1790), in cui sono tracciati i criteri intrinseci puri e universali alla ragione che sono alla base dell’organo del Giudizio estetico ovvero in generale il sentimento o gusto legato alla nozione del Bello e del Sublime. 5 - Le funzioni della Ragione sono "a priori" e “pure” In queste tre opere, Kant non parla mai di condizioni casuali o contingenti, ovvero che possono esserci come non possono esserci, o che valgono in un certo momento e poi non valgono più in altri momenti, bensì delle condizioni "intrinseche" pure e universali, ovvero che stanno già di fatto strutturalmente nella ragione e che valgono sempre. Il termine che usa Kant quando allude all'intrinsecità alla purezza e alla universalità di certe funzioni è la nozione di "a priori" che sta per "universale", "ciò che sta a monte"; "ciò che è innato e non è derivato da nulla". L’aggettivo “puro” in oltre si riferisce come rafforzativo di “a-priori”, ma nello specifico allude al fatto che Kant descrive gli strumenti “puri” della ragione o volontà, a prescindere (quindi per questo “puri”) dall’esperienza. Ovvero: sono strumenti che fondano e rendono possibile qualcosa come l’esperienza e non sono derivati dall’esperienza. 6 - Il "come" della filosofia Senza entrare nel dettaglio di questi ambiti, qui ciò che conta capire da subito è che per tracciare le risposte Kant non deve parlare del COSA dei singoli ambiti o oggetti della ragione, bensì del suo "COME", ovvero delle funzioni e principi operativi della mente umana. La filosofia trascendentale kantiana individua le modalità operative e procedurali, non i contenuti, dell’intelletto umano. In altri termini Kant quando parla della conoscenza non lo fa parlando della tavola degli elementi della chimica o delle orbite dell'astronomia, o dei processi organici della biologia (tutte scienze settoriali e con il loro specifico oggetto di studio), ma lo fa parlando e descrivendo i comuni e universali processi che riguardano 4 Copyright © by Tommaso Ciccarone chimica, astronomia, biologia e qualsiasi altra singola scienza. Quella di Kant non è una fondazione di una scienza particolare, ma è la descrizione delle funzioni di ciò che determina ogni scienza, ovvero la ragione soggettiva. Ciò che si propone la filosofia è criticare ovvero descrivere la ragione ma non di fondarla: altrimenti non avrebbe scritto una “Critica della ragion” pura, pratica o del Giudizio, ma avrebbe scritto una “Dottrina della ragion pura”, oppure, come farà Fichte (filosofi post-kantiano tedesco) una “Dottrina” della scienza. Insomma: una Dottrina fonda, anche senza dimostrare, qualcosa; la Critica descrive il campo d’azione di qualcosa che già esiste pur con i suoi limiti. In sintesi il Criticismo parte dalle funzioni razionali e del loro ambito di applicazione universale e non da oggetti estranei alla ragione e di per sé esterni ad essa come può essere il cosmo, l'obbedienza passiva a regole morali imposte o la fede in un Dio insondabile. L'atteggiamento critico è dunque un atteggiamento per sua natura antidogmatico e antimetafisico o anti-dottrinario. La Metafisica non ha nulla da spartire con una filosofia critica o seria. 7 - La ragione come terra ferma: la distinzione tra Verstand e Vernunft Kant arriva a sostenere che se proprio si vuole usare ancora la parola “metafisica”, associata alla filosofia, si deve dire che l'unica forma di "metafisica" possibile è la critica che la ragione fa di se stessa: altre forme di filosofia sganciate dalle certezze della ragione sono destinate ad essere voli inconcludenti del pensiero che vagherebbe nel buio o non su una base stabile. Infatti è famosa la metafora che Kant usa per descrivere questa verità di metodo: la ragione, nelle sue funzioni e modalità universali, all'interno dei suoi confini, è come un isola: finché si rimane nell'isola si cammina senza sbandamenti; quando si pretende di uscire in mare aperto si entra nell'ignoto e nell'incertezza vaga e inconcludente col rischio di essere visionari. Alla luce di questa premessa nel linguaggio tedesco Kant distingue, nell’ambito del soggetto, due tipi di ragione: quella conoscitiva e quella metafisica (che può pensare cose al di là dei fenomeni ma queste cose non potranno mai essere conosciute). La distinzione fa capo ai termini di 5 Copyright © by Tommaso Ciccarone a) Verstand (che significa “Intelletto” conoscitivo, matematico, basato su funzioni che si riferiscono e sintetizzano i dati dell’esperienza, ovvero i fenomeni, raccolti attraverso le due funzioni sensibili pure e a-priori di spazio – tempo e poi “ordinati” e fissati entro i legami logici di altre funzioni che sono quelle della Logica, basata sull’uso delle categorie che per Kant sono 12 e che sono ciò senza cui l’intelletto non potrebbe giudicare e significare la realtà che lo circonda. La Verstand, cioè l’intelletto conoscitivo, si basa su questi meccanismi che fanno capo alla funzione sintetizzatrice dell’esperienza: ecco perché Kant dice che tutti i Giudizi della scienza sono i cosiddetti giudizi sintetici a-priori); b) Vernunft (che significa “Ragione” in generale. Si tratta di quel campo del pensiero non ristretto alla conoscenza ma ad altre facoltà come la volontà morale o il sentimento. Questo tipo di ragione ha senso a patto che non pretenda di applicare i suoi concetti, come per esempio l’infinità, la perfezione, l’immortalità o la libertà assoluta, nel campo dei fenomeni, perché ovviamente non esiste la conoscenza o onniscienza di un mondo infinito; non si dà nella storia dell’umanità la conoscenza di una immortalità dell’uomo e non si dà, infine, nell’ambito dell’esperienza, una condizione di assoluta libertà del soggetto perché il soggetto è inchiodato necessariamente (“necessità” in filosofia è il contrario di “libertà”) ai fenomeni, all’esperienza e alla sua stessa finitezza mortale. 8 - Il Criticismo è una nuova "rivoluzione copernicana": Sul rapporto soggetto-oggetto; distinzione tra Fenomeni e Noumeni. Questo rovesciamento di prospettiva è il vero esito cui perviene in generale la filosofia critica di Kant: l'opposizione ad ogni forma di dogmatismo o metafisica a cui il soggetto secondo le filosofie passate si doveva sempre adeguare passivamente. Si diceva, per la metafisica passata (come quella medievale, per esempio), che la Verità sia una forma di adeguazione passiva dell’Intelletto a cose esterne e distaccate dall’intelletto (Kant le chiama Cose-in-sé), secondo la formula latina Adaeguatio Rei et Intellectus. Queste “Cose” possono essere Dio, dogmi, principii astratti. Essendo invece il punto di partenza il soggetto, con la preliminare analisi di tutti gli ambiti sicuri anche se finiti della ragione, si può affermare che quella di Kant sia stata una vera e propria 6 Copyright © by Tommaso Ciccarone "Rivoluzione Copernicana" nell' ambito della filosofia e per cui sono proprio gli oggetti, qualsiasi essi siano, che hanno senso se sono sottoposti alle regole o funzioni della ragione umana. E gli unici oggetti di cui l’intelletto può trattare e che può conoscere sono i “fenomeni”, ovvero tutto ciò che appare ed è legato al soggetto (phenomenon significa, dal greco, “ciò che appare a chi osserva”). Dio, o la nozione di Dio, essendo separata dal soggetto che non ne può avere esperienza sensibile e quindi non lo può nemmeno sintetizzare e categorizzare in leggi scientifiche, per Kant è una Cosain-sé, ovvero è a sé stante, staccata, ab-soluta, sciolta dal soggetto: non se ne sa nulla anche se nessuno può vietare di pensare o credere in Dio. Ecco perché Kant usa anche un altro termine, i “noumeni”. I noumeni (dal greco “noumenon”, ciò che è pensabile) sono quegli oggetti astratti e metafisici che possono essere pensati ma non conosciuti. Ovvero io posso tranquillamente pensare a Dio, alla nozione di Infinito o alla nozione di immortalità, ma dato che non rientra nelle capacità finite dell’intelletto umano, non posso conoscerle. Quindi: la conoscenza è solo conoscenza di fenomeni e nient’altro. 9 - Il "Trascendentale" Questo campo d'azione è ciò che Kant chiama il potere "trascendentale" della ragione, volendo con questo termine opporsi ad ogni insondabile o trascendente condizione che non rientra nelle possibilità del soggetto pensante. "Trascendentale" è infatti l'aggettivo che più ricorre nella nuova filosofia critica kantiana e riassume le possibilità valide universalmente ma anche i limiti operativi della ragione umana. Trascendentale è l’insieme delle modalità universali e pure che fondano ogni possibile esperienza, quindi è un campo di azione immanente all’esperienza e riguarda il D.N.A. operativo della ragione umana. Alla luce di ciò tutto ciò che è trascendentale è riferibile alla soggettività e alle sue modalità e, nel suo significato più essenziale, è l’opposto di “trascendente”. Trascendente, infatti, è tutto ciò che eccede (trascende, appunto, va al di là) le reali possibilità del soggetto. Le nozioni di Dio, immortalità o infinità, per esempio, sono concetti trascendenti perché non hanno un legame con l’esperienza e la loro conoscibilità da parte della ragione umana. 7 Copyright © by Tommaso Ciccarone 10 – Kant tra Illuminismo e Romanticismo La filosofia di Kant, alla luce di questa premessa, rispecchia in pieno l'atmosfera filosofica dell'illuminismo europeo, ovvero un atteggiamento laico e incentrato sul potere critico della ragione che ha il dovere di "sfrondare" da ogni ambito umano dogmi imposti o che fuoriescono dall'ambito delle possibilità della ragione stessa. "Sapere Aude!", il monito con cui Kant apre il famoso saggio "Che cos'è l'Illuminismo?", scritto nel 1785, significa proprio questo: la conoscenza della natura e dei fenomeni, la morale con ciò che è Bene o Male (o virtuoso/vizioso), la stessa religione devono essere trattati entro i limiti della ragione e a partire dai suoi strutturali principi e funzioni universali perché diversamente sarebbero pura metafisica dogmatica. Il campo d'azione della ragione è l'insieme delle modalità e delle condizioni universali di possibilità per cui si possa concepire una conoscenza scientifica della natura; per cui si possa parlare con cognizione di causa della condotta della volontà umana in ambito morale; per cui si possano capire le condizioni universali di certi sentimenti come il bello o il sublime; per cui, infine, si possa concepire la religione intesa come l'ambito nel quale l'uomo pensa la perfezione o l'infinito. Per quest'ultimo aspetto Kant è stato in sintonia con la cultura illuministica del cosiddetto "Deismo", distinto dalle religioni rivelate o dogmatiche (dette anche "religioni positive", nel senso di imposte) che assoggettano la ragione alle catene della dottrina. Che cos'è l'illuminismo? si era chiesto Kant e la risposta è stata netta: è quando l'uomo grazie alla ragione spezza le catene e fuoriesce dallo stato di "minorità" che deve imputare a se stesso. Va anche detto che certe forme di illuminismo si sono chiuse in un eccesso uguale e contrario a ciò che hanno criticato: hanno fatto della ragione un dogma, chiudendo l'uomo ad una sorta di venerazione per la scienza e la natura, sulla scorta dei progressi della tecnica e della scienza sin dalla rivoluzione scientifica, escludendo da ogni interesse altre caratteristiche della natura umana come il sentimento o la morale. In questo senso Kant non è stato pienamente illuminista proprio perché ha sottolineato che la filosofia non può assolutizzare o dogmatizzare una facoltà sulle altre ma deve parlare della ragione nella sua più realistica com-plessità (nel senso che la filosofia deve trattare dei diversi plessi o dimensioni del soggetto). 8 Copyright © by Tommaso Ciccarone Infatti quando Kant parlerà del sentimento o della stessa morale che deve liberare l'individuo da ogni condizionamento materiale o tecnico, all'insegna dell'autonomia razionale della volontà e dello slancio verso l'infinito tramite il sentimento o gusto estetico della bellezza e del sublime, ci si trova in atmosfere lontane dal culto della scienza tipiche dell'illuminismo, ma già pre-romantiche, se si considera in linea generale che il romanticismo tedesco si configurerà come "filosofia dell'infinito", anche grazie a certe tematiche aperte da Kant. 9