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Data: 22/09/2015 15:48:11
IL CRITICISMO di IMMANUEL KANT
1 - Introduzione generale
Kant costituisce il punto di maturazione più alto di un percorso
filosofico cominciato nel '600 e continuato nel '700 su due argomenti
principali: la conoscenza e la morale.
Più in generale: è il tema sulle caratteristiche e il ruolo del soggetto
e delle sue funzioni rispetto alle potenzialità conoscitive e
comportamentali rispetto al fine ultimo della condotta umana.
I punti di riferimento filosofici con cui Kant si è confrontato sono
costituiti soprattutto dalle correnti di RAZIONALISMO (inaugurato
da Cartesio e dall'esaltazione del "Cogito" e soggettività razionale
come essenza assoluta della natura umana) e dell'EMPIRISMO
anglosassone (HOBBES, ma soprattutto LOCKE e HUME, i quali
hanno fatto della sensibilità e dell'esperienza le basi più realistiche
da cui partire nell'analisi delle funzioni o poteri della conoscenza
umana, stabilendo una presa di distanza scettica nei confronti del
troppo potere assegnato alla ragione colpevole di chiudersi in una
"bolla" assoluta e dogmatica: ciò porterà Kant a ricordare che Hume
è stato colui che lo "ha risvegliato dal sonno dogmatico").
L’Empirismo si dice anche che conduce ad una forma di scetticismo
perché non crede al potere forte della ragione umana: tutto ciò che
l’uomo conosce deriva solo dai sensi.
Kant, in una prospettiva "illuministica", ovvero non sottomessa alle
mode dottrinali, non ha aderito totalmente né ad una corrente né
all'altra, bensì ha preso quanto di buono entrambe hanno proposto,
rifiutandone però alcuni esiti secondo lui troppo rigidi e
indimostrati.
Per esempio di Cartesio ha rifiutato l'eccessivo peso dato alla
ragione soggettiva come l'unica base di ogni verità da cui Cartesio
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aveva tagliato fuori la sensibilità o esperienza dei sensi;
dell'Empirismo, invece, Kant ha criticato l'eccessivo ruolo dato alle
percezioni e sensibilità che hanno portato a vedere il soggetto come
un recipiente passivo e incapace di poter fondare attivamente una
conoscenza universale anche se limitata a partire dalle sue facoltà.
In fin dei conti Kant, coinvolgendo sia l’esperienza sia il potere della
ragione, esprime l'adesione a ciò che la rivoluzione scientifica di
Galilei e Newton hanno determinato, ovvero il fatto che la ragione
con può fare a meno dell'esperienza e vice versa l'esperienza non
può determinare una vera conoscenza senza gli strumenti teorici e
logici della ragione che "interroga" la natura e la adatta alle forme
del pensiero umano.
Infatti Galilei nel suo libro Il Saggiatore (1623) fu il primo ad essere
filosoficamente consapevole che la scienza è l'intreccio tra "sensate
esperienze" e "necessarie dimostrazioni". Il compito di Kant è stato
"solo" quello di confermare le conclusioni galileiane interrogandosi
e analizzando quali siano gli strumenti attraverso cui la ragione
opera nella conoscenza scientifica, come anche in altri campi, in cui
sono coinvolte altre facoltà umane (come la volontà o il gusto
estetico). Nella celebre Introduzione alla Critica della Ragion Pura
Kant scriveva che “la sensibilità senza intelletto è cieca; l’intelletto senza
la sensibilità è vuoto”.
2 - L'atteggiamento "critico" della filosofia di Kant
Il CRITICISMO si impone come descrizione delle funzioni e degli
ambiti della ragione umana nel campo dell'esperienza conoscitiva e
in quello della volontà morale per ciò che riguarda la realizzazione
della volontà autonoma dell'individuo come essere razionale finito.
La parola "critica" è usata da Kant nella sua derivazione etimologica
dalla lingua greca: il verbo "krinein", infatti, significa delimitare,
analizzare, separare ma anche fissare i confini. Il Dio Kronos
nell’immaginario mitologico era rappresentato con la scure affilata
che serve a tagliare il tempo: la lama distingue, separa, fissa le
separazioni.
Nel caso dell'oggetto dell’indagine kantiana, lo scopo della filosofia
è quello di ritagliare, descrivere e circoscrivere i limiti e gli ambiti di
applicazione della ragione, fissandone i suoi confini ma, allo stesso
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tempo, evidenziandone la legittimità o validità all'interno dei limiti
analizzati e fissati.
In questo senso si può dire che Kant sia stato il "geografo" della
ragione umana, un continente delimitato da diverse facoltà, ognuna
con il proprio ambito ma anche con i propri confini oltre i quali
verrebbe meno la legittimità o sicurezza che ciascuna facoltà possa
funzionare correttamente.
3 - Le domande fondamentali della filosofia critica
Kant poco prima di morire aveva riassunto tutta la vastità e
complessità del suo pensiero dicendo che la filosofia non deve che
interessarsi a tre possibili domande degne di considerazione:
1)
2)
3)
Come e cosa posso conoscere?
Come e cosa posso volere per essere felice?
Cosa posso sperare/desiderare?
E aveva aggiunto: rispondere a questi quesiti corrisponde a
rispondere all'unica e generale domanda "Che cosa è l'uomo?".
La filosofia critica di Kant si propone quindi di descrivere l'essenza
dell'uomo che sta nella sua ragione, divisa nei tre ambiti o facoltà
che corrispondono agli ambiti delle tre domande, rispettivamente:
a)
la CONOSCENZA come la facoltà della Ragione "teoretica"
b)
la MORALE come facoltà della Ragion "pratica"
c)
Il SENTIMENTO come facoltà del "Giudizio estetico", ovvero
sentimento del Bello e del Sublime.
4 - Le tre opere del Criticismo kantiano
Le risposte alle tre domande che la vera filosofia deve porsi
corrispondono, non per caso, alla trilogia di opere che segnano e
fondano il Criticismo:
1)
"Critica della Ragion Pura" (1781/87), in cui sono tracciate le
condizioni intrinseche, pure e universali della ragione per cui esiste
una cosa che si chiama esperienza conoscitiva e quindi la possibilità
di una conoscenza scientifica;
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2)
"Critica della Ragion Pratica" (1788), in cui sono tracciate le
condizioni intrinseche, pure e universali per cui è possibile e doverosa
una condotta razionale della volontà morale, autonoma da qualsiasi
condizionamento esterno perché si realizzi tale autonomia;
3)
"Critica del Giudizio" (1790), in cui sono tracciati i criteri
intrinseci puri e universali alla ragione che sono alla base dell’organo
del Giudizio estetico ovvero in generale il sentimento o gusto legato
alla nozione del Bello e del Sublime.
5 - Le funzioni della Ragione sono "a priori" e “pure”
In queste tre opere, Kant non parla mai di condizioni casuali o
contingenti, ovvero che possono esserci come non possono esserci,
o che valgono in un certo momento e poi non valgono più in altri
momenti, bensì delle condizioni "intrinseche" pure e universali,
ovvero che stanno già di fatto strutturalmente nella ragione e che
valgono sempre.
Il termine che usa Kant quando allude all'intrinsecità alla purezza e
alla universalità di certe funzioni è la nozione di "a priori" che sta
per "universale", "ciò che sta a monte"; "ciò che è innato e non è
derivato da nulla". L’aggettivo “puro” in oltre si riferisce come
rafforzativo di “a-priori”, ma nello specifico allude al fatto che Kant
descrive gli strumenti “puri” della ragione o volontà, a prescindere
(quindi per questo “puri”) dall’esperienza. Ovvero: sono strumenti
che fondano e rendono possibile qualcosa come l’esperienza e non
sono derivati dall’esperienza.
6 - Il "come" della filosofia
Senza entrare nel dettaglio di questi ambiti, qui ciò che conta capire
da subito è che per tracciare le risposte Kant non deve parlare del
COSA dei singoli ambiti o oggetti della ragione, bensì del suo
"COME", ovvero delle funzioni e principi operativi della mente
umana.
La filosofia trascendentale kantiana individua le modalità operative e
procedurali, non i contenuti, dell’intelletto umano.
In altri termini Kant quando parla della conoscenza non lo fa
parlando della tavola degli elementi della chimica o delle orbite
dell'astronomia, o dei processi organici della biologia (tutte scienze
settoriali e con il loro specifico oggetto di studio), ma lo fa parlando
e descrivendo i comuni e universali processi che riguardano
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chimica, astronomia, biologia e qualsiasi altra singola scienza.
Quella di Kant non è una fondazione di una scienza particolare, ma
è la descrizione delle funzioni di ciò che determina ogni scienza,
ovvero la ragione soggettiva. Ciò che si propone la filosofia è
criticare ovvero descrivere la ragione ma non di fondarla: altrimenti
non avrebbe scritto una “Critica della ragion” pura, pratica o del
Giudizio, ma avrebbe scritto una “Dottrina della ragion pura”,
oppure, come farà Fichte (filosofi post-kantiano tedesco) una
“Dottrina” della scienza.
Insomma: una Dottrina fonda, anche senza dimostrare, qualcosa; la
Critica descrive il campo d’azione di qualcosa che già esiste pur con
i suoi limiti.
In sintesi il Criticismo parte dalle funzioni razionali e del loro ambito
di applicazione universale e non da oggetti estranei alla ragione e di
per sé esterni ad essa come può essere il cosmo, l'obbedienza passiva
a regole morali imposte o la fede in un Dio insondabile.
L'atteggiamento critico è dunque un atteggiamento per sua natura
antidogmatico e antimetafisico o anti-dottrinario.
La Metafisica non ha nulla da spartire con una filosofia critica o seria.
7 - La ragione come terra ferma: la distinzione tra Verstand e
Vernunft
Kant arriva a sostenere che se proprio si vuole usare ancora la parola
“metafisica”, associata alla filosofia, si deve dire che l'unica forma di
"metafisica" possibile è la critica che la ragione fa di se stessa: altre forme
di filosofia sganciate dalle certezze della ragione sono destinate ad
essere voli inconcludenti del pensiero che vagherebbe nel buio o non
su una base stabile. Infatti è famosa la metafora che Kant usa per
descrivere questa verità di metodo: la ragione, nelle sue funzioni e
modalità universali, all'interno dei suoi confini, è come un isola:
finché si rimane nell'isola si cammina senza sbandamenti; quando si
pretende di uscire in mare aperto si entra nell'ignoto e nell'incertezza
vaga e inconcludente col rischio di essere visionari.
Alla luce di questa premessa nel linguaggio tedesco Kant distingue,
nell’ambito del soggetto, due tipi di ragione: quella conoscitiva e
quella metafisica (che può pensare cose al di là dei fenomeni ma
queste cose non potranno mai essere conosciute). La distinzione fa
capo ai termini di
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a) Verstand (che significa “Intelletto” conoscitivo, matematico,
basato su funzioni che si riferiscono e sintetizzano i dati
dell’esperienza, ovvero i fenomeni, raccolti attraverso le due
funzioni sensibili pure e a-priori di spazio – tempo e poi “ordinati” e
fissati entro i legami logici di altre funzioni che sono quelle della
Logica, basata sull’uso delle categorie che per Kant sono 12 e che
sono ciò senza cui l’intelletto non potrebbe giudicare e significare
la realtà che lo circonda. La Verstand, cioè l’intelletto conoscitivo, si
basa su questi meccanismi che fanno capo alla funzione
sintetizzatrice dell’esperienza: ecco perché Kant dice che tutti i
Giudizi della scienza sono i cosiddetti giudizi sintetici a-priori);
b) Vernunft (che significa “Ragione” in generale. Si tratta di quel
campo del pensiero non ristretto alla conoscenza ma ad altre facoltà
come la volontà morale o il sentimento. Questo tipo di ragione ha
senso a patto che non pretenda di applicare i suoi concetti, come
per esempio l’infinità, la perfezione, l’immortalità o la libertà
assoluta, nel campo dei fenomeni, perché ovviamente non esiste la
conoscenza o onniscienza di un mondo infinito; non si dà nella
storia dell’umanità la conoscenza di una immortalità dell’uomo e
non si dà, infine, nell’ambito dell’esperienza, una condizione di
assoluta libertà del soggetto perché il soggetto è inchiodato
necessariamente (“necessità” in filosofia è il contrario di “libertà”)
ai fenomeni, all’esperienza e alla sua stessa finitezza mortale.
8 - Il Criticismo è una nuova "rivoluzione copernicana":
Sul rapporto soggetto-oggetto; distinzione tra Fenomeni e Noumeni.
Questo rovesciamento di prospettiva è il vero esito cui perviene in
generale la filosofia critica di Kant: l'opposizione ad ogni forma di
dogmatismo o metafisica a cui il soggetto secondo le filosofie passate
si doveva sempre adeguare passivamente. Si diceva, per la
metafisica passata (come quella medievale, per esempio), che la
Verità sia una forma di adeguazione passiva dell’Intelletto a cose
esterne e distaccate dall’intelletto (Kant le chiama Cose-in-sé),
secondo la formula latina Adaeguatio Rei et Intellectus. Queste “Cose”
possono essere Dio, dogmi, principii astratti.
Essendo invece il punto di partenza il soggetto, con la preliminare
analisi di tutti gli ambiti sicuri anche se finiti della ragione, si può
affermare che quella di Kant sia stata una vera e propria
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"Rivoluzione Copernicana" nell' ambito della filosofia e per cui sono
proprio gli oggetti, qualsiasi essi siano, che hanno senso se sono
sottoposti alle regole o funzioni della ragione umana.
E gli unici oggetti di cui l’intelletto può trattare e che può conoscere
sono i “fenomeni”, ovvero tutto ciò che appare ed è legato al soggetto
(phenomenon significa, dal greco, “ciò che appare a chi osserva”).
Dio, o la nozione di Dio, essendo separata dal soggetto che non ne
può avere esperienza sensibile e quindi non lo può nemmeno
sintetizzare e categorizzare in leggi scientifiche, per Kant è una Cosain-sé, ovvero è a sé stante, staccata, ab-soluta, sciolta dal soggetto:
non se ne sa nulla anche se nessuno può vietare di pensare o credere
in Dio. Ecco perché Kant usa anche un altro termine, i “noumeni”.
I noumeni (dal greco “noumenon”, ciò che è pensabile) sono quegli
oggetti astratti e metafisici che possono essere pensati ma non
conosciuti. Ovvero io posso tranquillamente pensare a Dio, alla
nozione di Infinito o alla nozione di immortalità, ma dato che non
rientra nelle capacità finite dell’intelletto umano, non posso
conoscerle.
Quindi: la conoscenza è solo conoscenza di fenomeni e nient’altro.
9 - Il "Trascendentale"
Questo campo d'azione è ciò che Kant chiama il potere
"trascendentale" della ragione, volendo con questo termine opporsi
ad ogni insondabile o trascendente condizione che non rientra nelle
possibilità del soggetto pensante.
"Trascendentale" è infatti l'aggettivo che più ricorre nella nuova
filosofia critica kantiana e riassume le possibilità valide
universalmente ma anche i limiti operativi della ragione umana.
Trascendentale è l’insieme delle modalità universali e pure che
fondano ogni possibile esperienza, quindi è un campo di azione
immanente all’esperienza e riguarda il D.N.A. operativo della
ragione umana. Alla luce di ciò tutto ciò che è trascendentale è
riferibile alla soggettività e alle sue modalità e, nel suo significato più
essenziale, è l’opposto di “trascendente”.
Trascendente, infatti, è tutto ciò che eccede (trascende, appunto, va al di là)
le reali possibilità del soggetto.
Le nozioni di Dio, immortalità o infinità, per esempio, sono concetti
trascendenti perché non hanno un legame con l’esperienza e la loro
conoscibilità da parte della ragione umana.
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10 – Kant tra Illuminismo e Romanticismo
La filosofia di Kant, alla luce di questa premessa, rispecchia in pieno
l'atmosfera filosofica dell'illuminismo europeo, ovvero un
atteggiamento laico e incentrato sul potere critico della ragione che
ha il dovere di "sfrondare" da ogni ambito umano dogmi imposti o
che fuoriescono dall'ambito delle possibilità della ragione stessa.
"Sapere Aude!", il monito con cui Kant apre il famoso saggio "Che
cos'è l'Illuminismo?", scritto nel 1785, significa proprio questo: la
conoscenza della natura e dei fenomeni, la morale con ciò che è Bene
o Male (o virtuoso/vizioso), la stessa religione devono essere trattati
entro i limiti della ragione e a partire dai suoi strutturali principi e
funzioni universali perché diversamente sarebbero pura metafisica
dogmatica.
Il campo d'azione della ragione è l'insieme delle modalità e delle
condizioni universali di possibilità per cui si possa concepire una
conoscenza scientifica della natura; per cui si possa parlare con
cognizione di causa della condotta della volontà umana in ambito
morale; per cui si possano capire le condizioni universali di certi
sentimenti come il bello o il sublime; per cui, infine, si possa
concepire la religione intesa come l'ambito nel quale l'uomo pensa
la perfezione o l'infinito.
Per quest'ultimo aspetto Kant è stato in sintonia con la cultura
illuministica del cosiddetto "Deismo", distinto dalle religioni rivelate
o dogmatiche (dette anche "religioni positive", nel senso di imposte)
che assoggettano la ragione alle catene della dottrina.
Che cos'è l'illuminismo? si era chiesto Kant e la risposta è stata netta:
è quando l'uomo grazie alla ragione spezza le catene e fuoriesce
dallo stato di "minorità" che deve imputare a se stesso.
Va anche detto che certe forme di illuminismo si sono chiuse in un
eccesso uguale e contrario a ciò che hanno criticato: hanno fatto della
ragione un dogma, chiudendo l'uomo ad una sorta di venerazione
per la scienza e la natura, sulla scorta dei progressi della tecnica e
della scienza sin dalla rivoluzione scientifica, escludendo da ogni
interesse altre caratteristiche della natura umana come il sentimento
o la morale. In questo senso Kant non è stato pienamente illuminista
proprio perché ha sottolineato che la filosofia non può assolutizzare
o dogmatizzare una facoltà sulle altre ma deve parlare della ragione
nella sua più realistica com-plessità (nel senso che la filosofia deve
trattare dei diversi plessi o dimensioni del soggetto).
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Infatti quando Kant parlerà del sentimento o della stessa morale che
deve liberare l'individuo da ogni condizionamento materiale o
tecnico, all'insegna dell'autonomia razionale della volontà e dello
slancio verso l'infinito tramite il sentimento o gusto estetico della
bellezza e del sublime, ci si trova in atmosfere lontane dal culto della
scienza tipiche dell'illuminismo, ma già pre-romantiche, se si
considera in linea generale che il romanticismo tedesco si
configurerà come "filosofia dell'infinito", anche grazie a certe
tematiche aperte da Kant.
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