Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Federico Lastaria [email protected] Introduzione alla teoria dell’integrazione secondo Riemann 1 Dicembre 2015 Indice 1 Considerazioni euristiche introduttive 3 1.1 Calcolo dello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.2 Calcolo delle aree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 2 Teoria dell’integrazione secondo Riemann 5 2.1 Integrale come limite di somme di Cauchy-Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.2 Integrale in termini di somme inferiori e superiori, o integrale di Darboux. . . . . . . . 7 2.3 Integrabilità di alcune classi di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 2.4 Prime proprietà dell’integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 2.5 Integrale orientato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.6 Teorema della media integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.7 Teorema fondamentale del calcolo integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 2.7.1 La funzione integrale. Antiderivate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 2.7.2 Continuità della funzione integrale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.7.3 Teorema fondamentale del calcolo integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.7.4 Approfondimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Cambio di variabili negli integrali definiti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.8 3 Ricerca di una primitiva 18 3.1 Il metodo di sostituzione per il calcolo di una primitiva. . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 3.2 Integrazione per parti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 4 Integrali impropri o generalizzati 4.1 21 Integrali su intervalli non limitati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a 22 4.1.1 Integrale di 1/x . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 4.1.2 Criterio del confronto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Pag. 1 Introduzione al calcolo integrale 4.1.3 4.2 Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Criterio del confronto asintotico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Integrali di funzioni non limitate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 4.2.1 a Integrali di 1/x . Criteri del confronto e del confronto asintotico . . . . . . . . 26 Pag. 2 Introduzione al calcolo integrale 1 Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Considerazioni euristiche introduttive Prima di imbarcarci in definizioni rigorose, introduciamo in modo informale il concetto di integrale e il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale e Differenziale, presentando due problemi: il calcolo dello spazio percorso da una particella in moto rettilineo, quando si conosca la velocità in ogni istante, e il calcolo dell’area di un segmento parabolico. 1.1 Calcolo dello spazio Problema 1. Trovare lo spazio percorso, quando si conosca la velocità in ogni istante. In modo più specifico: supponiamo che un punto si muova lungo l’asse reale; denotiamo con s(t) la coordinata della sua posizione all’istante t e con v(t) = s0 (t) la velocità istantanea (che supporremo funzione continua del tempo nell’intervallo [a, b]). Problema Supponiamo che siano note la posizione iniziale s(a) del punto all’istante iniziale t0 = a e la velocità istantanea v(τ ), in ogni istante τ dell’intervallo temporale [a, b]. Come possiamo calcolare lo spazio percorso dal punto nell’intervallo di tempo che intercorre fra l’istante iniziale a e l’istante finale b? Fissiamo un insieme finito di istanti P = (t0 , t1 , ..., tn−1 , tn ) in modo tale che si abbia a = t0 < t1 < ... < tn = b Diremo che P è una partizione di [a, b]. Per il Teorema del Valore Medio applicato alla funzione s nel sottointervallo [ti−1 , ti ], esiste un τi ∈ (ti−1 , ti ) per il quale s(ti ) − s(ti−1 ) = s0 (τi )(ti − ti−1 ) = v(τi )(ti − ti−1 ) per i = 1, ..., n (1.1) Se sommiamo questi termini, e ricordiamo che tn = b e t0 = a, otteniamo s(b) − s(a) = n X [s(ti ) − s(ti−1 )] = i=1 n X v(τi )(ti − ti−1 ) i=1 Denotiamo con |P |, e chiamiamo norma della partizione P , la lunghezza del più grande dei sottointervalliP[ti−1 , ti ]. Quando si prendono in considerazione partizioni la cui norma tende a zero, le n somme i=1 v(τi )(ti − ti−1 ) tendono (in un senso che verrà spiegato in modo rigoroso nel prossimo Rb paragrafo) a un numero, che si denota a v(τ ) dτ e che si chiama integrale di v su [a, b], e scriveremo lim |P |→0 n X Z v(τi ) (ti − ti−1 ) = b v(τ ) dτ a i=1 Otteniamo allora l’uguaglianza Z b v(τ ) dτ = s(b) − s(a) a Quest’ultima uguaglianza, che possiamo riscrivere come Z b s0 (τ ) dτ = s(b) − s(a) a Pag. 3 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 non è altro che la formula di Newton-Leibniz (Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale e DiffeRb renziale). Questa formula permette di trovate l’integrale a v(τ ) dτ quando v = s0 è la derivata di una funzione s. In tal caso, l’integrale è dato dalla variazione totale s(b) − s(a) della funzione s (una antiderivata o primitiva della funzione integranda v) sull’intervallo di integrazione [a, b]. 1.2 Calcolo delle aree Problema 2. Calcolo di un’area. f (x) = x2 1 S 0 xi−1 xi 1 Figura 1: Approssimazione un’area S al di sotto di un grafico mediante la somma delle aree di rettangoli. Facciamo un esempio: vogliamo trovare l’area S della figura compresa tra il grafico della parabola f (x) = x2 e l’asse delle x, quando x varia nell’intervallo [0, 1]. Effettuiamo una partizione dell’intervallo [0, 1] mediante i punti 0 = x0 < x1 < · · · < xn = 1 e poniamo ∆xi = xi − xi−1 . Senza entrare nei dettagli su cosa si intenda in generale per area di una figura piana, possiamo ragionevolmente approssimare l’area S mediante somme di aree di rettangoli (come in figura) di base ∆xi e altezza x2i−1 : S≈ n X x2i−1 ∆xi i=1 Posto f (xi−1 ) = x2i−1 , riscriviamo la formula come S≈ n X f (xi−1 )∆xi i=1 Pag. 4 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Se vogliamo ottenere una vera uguaglianza (e non un’uguaglianza approssimata) passiamo al limite e otteniamo Z 1 n X S = lim f (x) dx f (xi−1 )∆xi = λ→0 0 i=1 dove, come sopra, λ è la massima ampiezza degli intervallini [xi−1 , xi ]. Vediamo allora che il problema del calcolo delle aree ha la stessa forma matematica del problema del calcolo dello spazio, nota la velocità. Come in quest’ultimo problema, se troviamo una funzione F (x) tale che F 0 (x) = f (x), possiamo concludere che Z 1 f (x) dx = F (1) − F (0) S= 0 Nel nostro caso, basta prendere F (x) = 31 x3 . Dunque Z 1 f (x) dx = F (1) − F (0) = S= 0 1 1 −0= 3 3 Si noti che l’area del segmento parabolico (cioè della regione di piano limitata dalla parabola e dalla retta y = 1) è uguale a 23 dell’area del rettangolo circoscritto al segmento parabolico. Questo è un caso particolare di un classico risultato dimostrato da Archimede con metodi puramente geometrici. 2 Teoria dell’integrazione secondo Riemann Ci sono diverse teorie dell’integrazione; quella che noi studieremo è la teoria dell’integrazione secondo Riemann. Il concetto di integrale di Riemann puøessere introdotto in due modi equivalenti: come limite di somme di Riemann (dette anche somme di Cauchy-Riemann), oppure in termini di somme superiori e somme inferiori (Integrale secondo Darboux). Premessa: Nella teoria dell’integrazione secondo Riemann, prendiamo in considerazione (almeno inizialmente) f funzioni [a, b] −→ R, soddisfacenti le condizioni seguenti: (a) f è una funzione limitata (cioè, esiste una costante K in R per la quale f (x) ≤ K, per ogni x in [a, b]); (b) il dominio [a, b] è un intervallo chiuso e limitato. Più avanti definiremo gli integrali generalizzati, che sono integrali di funzioni non limitate, o di funzioni il cui dominio non è limitato. 2.1 Integrale come limite di somme di Cauchy-Riemann Se I = [a, b] è un intervallo chiuso e limitato di R, una partizione di I è un insieme finito e ordinato P = (a0 , a1 , ..., am−1 , am ) di punti in I che soddisfano: a = a0 < a1 < a2 < · · · · · · < am = b I punti della partizione P = (a0 , a1 , ..., am ) dividono l’intervallo [a, b] in m sotto-intervalli [a0 , a1 ] [a1 , a2 ] ...... [am−1 , am ] Pag. 5 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Denoteremo ∆k = ak − ak−1 la lunghezza di [ak−1 , ak ]. La norma o parametro di finezza1 della partizione P = (a0 , a1 , ..., am ) è per definizione il numero |P | = max (ai − ai−1 ) i=1,...,m vale a dire la massima tra le lunghezze dei sotto-intervalli della partizione. (Per gli scopi della integrazione, più piccolo è il parametro di finezza, meglio è). Ovviamente, molte diverse partizioni possono avere la stessa norma, e quindi la partizione non è funzione della norma. Una partizione marcata, o partizione puntata, di [a, b] consiste in una partizione P a = a0 < a1 < a2 < · · · · · · < am = b dell’intervallo [a, b], insieme a una ulteriore scelta di punti {x1 , ..., xm }, tali che x1 ∈ [a0 , a1 ], x2 ∈ [a1 , a2 ], ......, xm ∈ [am−1 , am ] I punti {x1 , ..., xm } sono dunque intercalati a quelli della partizione P = (a0 , a1 , ..., am ): a = a0 ≤ x1 ≤ a1 ≤ x2 ≤ a2 < · · · · · · < am−1 ≤ xm ≤ am = b (2.1) Denoteremo una partizione marcata a = a0 < a1 < a2 < · · · · · · < am = b, x1 ∈ [a0 , a1 ], x2 ∈ [a1 , a2 ], ......, xm ∈ [am−1 , an ] con il simbolo Ṗ o, più semplicemente, con lo stesso simbolo P usato per la partizione (non marcata) (a0 , a1 , ..., am ). f Consideriamo ora una funzione [a, b] −→ R definita su un intervallo compatto [a, b]. Non richiediamo che f sia continua; anzi, il caso di funzioni non continue è importante. Richiediamo invece che f sia limitata su [a, b]. (Questa richiesta è, a stretto rigore, superflua, perché si dimostra che se una funzione è integrabile, nel senso definito in questo paragrafo, essa deve essere necessariamente limitata. L’ipotesi di limitatezza di f sarà invece necessaria nella definizione di integrale secondo Darboux, che daremo nel prossimo paragrafo) A ogni partizione marcata Ṗ di [a, b], a = a0 < a1 < a2 < · · · · · · < am = b, x1 ∈ [a0 , a1 ], x2 ∈ [a1 , a2 ], ......, xm ∈ [am−1 , an ] associamo la somma di Riemann di f associata a Ṗ , definita come Sf (Ṗ ) = m X j=1 f (xj )(aj − aj−1 ) = m X f (xj )∆j j=1 Se accade che le somme di Riemann di f si avvicinano quanto si vuole a un numero reale A, purché sia sufficientemente piccola la norma |P | della partizione marcata (e quale che sia la scelta dei punti xj ∈ [aj−1 , aj ]) si dice che la funzione f è integrabile (secondo Riemann) e che A è il suo integrale. Più precisamente, diamo la seguente definizione. Definizione 2.1 (Integrale secondo Riemann, come limite di somme) Una funzione f [a, b] −→ R si dice integrabile secondo Riemann se esiste un numero reale A che soddisfa la seguente proprietà: Per ogni numero ε > 0 esiste un numero δ > 0, tale che, per ogni partizione puntata Ṗ con parametro di finezza |P | < δ, si abbia (2.2) Sf (Ṗ ) − A < ε 1 Inglese: norm o mesh. Pag. 6 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Se un tale numero A esiste, si dimostra facilmente che esso è unico; lo si denota Z b f (x) dx a e si chiama integrale di Riemann di f sull’intervallo compatto [a, b]. Se f è integrabile secondo Riemann su [a, b] e A = anche Z Rb a b f (x) dx = lim |P |→0 a f (x) dx è il valore del suo integrale, scriveremo n X f (t1 ) ∆ti (2.3) i=1 Rb e diremo che a f (x) dx è il limite delle somme di Riemann, fatto sull’insieme delle partizioni di [a, b], al tendere a zero del parametro di finezza |P | delle partizioni. 2.2 Integrale in termini di somme inferiori e superiori, o integrale di Darboux. f Data una funzione [a, b] −→ R limitata sull’intervallo compatto [a, b] e una partizione P a = a0 < a1 < a2 < · · · · · · < am = b dell’intervallo [a, b], poniamo: mi = Mi = S − (f ; P ) inf{f (x) | x ∈ [ai−1 , ai ]} sup{f (x) | x ∈ [ai−1 , ai ]} m X = mi (ai − ai−1 ) i=1 S + (f ; P ) = m X Mi (ai − ai−1 ) i=1 Le S − (f ; P ) e le S − (f ; P ) si chiamano rispettivamente somme inferiori (di Darboux) e somme superiori (di Darboux) della funzione f relative alla partizione P . Le seguenti proprietà delle somme inferiori e superiori si verificano facilmente: 1. Per ogni partizione P , S − (f ; P ) ≤ S + (f ; P ) 2. Se P1 è una partizione più fine della partizione P2 , nel senso che P1 ⊃ P2 (cioè P1 si ottiene da P2 aggiungendo altri punti), allora S − (f ; P1 ) ≥ S − (f ; P2 ) S + (f ; P1 ) ≤ S − (f ; P2 ) 3. Siano P1 , P2 due partizioni dell’intervallo [a, b] e sia P = P1 ∪ P2 la loro unione. Allora S − (f ; P1 ) ≤ S − (f ; P ) ≤ S + (f ; P ) ≤ S + (f ; P2 ) (2.4) Pag. 7 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Dalla proprietà 2.4 segue che ogni somma inferiore S − (f ; P1 ) è minore o uguale di ogni somma superiore S + (f ; P2 ), quali che siano le partizioni P1 , P2 . Per definizione, l’integrale inferiore di f e l’integrale superiore di f su [a, b] sono rispettivamente i numeri Integrale inferiore di f Integrale superiore di f = I(f ) = I(f ) = = sup {Tutte le somme inferiori S − (f ; P ), P ∈ P} inf {Tutte le somme superiori S + (f ; P ), P ∈ P} Qui P denota l’insieme di tutte le possibili partizioni dell’intervallo [a, b]. A priori, l’integrale inferiore è minore o uguale dell’integrale superiore: I(f ) ≤ I(f ) Definizione 2.2 (Integrale secondo Darboux, come valore comune dell’integrale inferiore f e dell’integrale superiore) Una funzione [a, b] −→ R, limitata sull’intervallo compatto [a, b], si dice integrabile su [a, b], se I(f ) = I(f ) (2.5) ossia se il suo integrale inferiore e il suo integrale superiore sono uguali. Se f è integrabile, il comune Z b valore (2.5) si chiama allora integrale di f su [a, b] e si denota f (x) dx. a I due modi di introdurre l’integrale (come limite di somme di Cauchy-Riemann oppure come valore comune dell’integrale inferiore e dell’integrale superiore) sono equivalenti. Infatti si dimostra la seguente Proposizione 2.3 Se una funzione è integrabile sull’intervallo compatto [a, b] secondo la definizione 2.1, allora è limitata ed è integrabile anche secondo la definizione 2.2. Viceversa, ogni funzione integrabile secondo la definizione 2.2 è integrabile anche secondo la definizione 2.1. Inoltre, i valori dei due integrali coincidono. La dimostrazione di questo teorema non è difficile, ma non ci interessa riportarla.2 Dal momento che i due concetti di integrale sono equivalenti, d’ora in poi ci riferiremo indifferentemente all’una o all’altra definizione, a seconda della convenienza. f Osservazione. La funzione di Dirichlet [0, 1] −→ R 1 se x è razionale f (x) = 0 se x è irrazionale (pur essendo limitata) non è integrabile secondo Riemann, perché in ogni sottointervallo ci sono sia numeri razionali che irrazionali, e quindi le somme inferiori di Darboux valgono zero, mentre le somme superiori di Darboux valgono 1. 2.3 Integrabilità di alcune classi di funzioni (Di questo paragrafo sono stati dati a lezione soltanto gli enunciati dei teoremi, senza alcuna dimostrazione). Dalle proprietà delle somme inferiori e superiori e dalla definizione di integrale segue facilmente la seguente proposizione: 2 L’idea della dimostrazione è semplice. Da un lato, le somme di Cauchy-Riemann sono incastrate fra somme inferiori e somme superiori; quindi, se l’integrale inferiore e l’integrale superiore coincidono con lo stesso numero A, anche le somme di Cauchy-Riemann convergono a tale numero A. Viceversa, scegliendo opportune partizioni marcate, si dimostra che ci si può avvicinare quanto si vuole all’integrale inferiore e all’integrale superiore. Quindi, se esiste l’integrale come limite di somme e vale A, allora l’integrale inferiore e l’integrale superiore coincidono entrambi con il numero A. Pag. 8 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 f Proposizione 2.4 (Criterio di integrabilità) Una funzione [a, b] −→ R, limitata sull’intervallo compatto [a, b], è integrabile secondo Riemann se e solo se per ogni ε > 0 esiste una partizione X tale che S + (f ; X) − S − (f ; X) ≤ ε (2.6) In base a tale criterio, si dimostra il seguente teorema. Teorema 2.5 (Integrabilità delle funzione continue sui compatti) Se f è una funzione reale continua su un intervallo compatto [a, b] ⊂ R, allora f è integrabile su [a, b]. (La dimostrazione di questo teorema richiede la nozione di uniforme continuità ed è facoltativa). Dimostrazione. Si sfrutta la proprietà di uniforma continuità di f . Per il teorema di Heine-Cantor, la funzione f , essendo continua su un compatto, è uniformemente continua. Dunque per ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che se |x1 − x2 | < δ, allora |f (x1 ) − f (x2 )| < ε. Ne segue che se P è una qualunque partizione di [a, b] con parametro di finezza |P | < δ, si ha sup{f (x), x ∈ [xi−1 , xi ]} − inf{f (x), x ∈ [xi−1 , xi ]} ≤ ε (2.7) S + (f ; P ) − S − (f ; P ) ≤ ε(b − a) (2.8) e quindi Da questo segue, per il criterio 2.6, che f è integrabile su K. Q.E.D. Enunciamo tre teoremi, dei quali non diamo la dimostrazione. f Teorema 2.6 Una funzione [a, b] −→ R la quale sia nulla su [a, b] eccetto che in numero finito di punti p1 , ..., pN è integrabile e ha integrale nullo. (Idea della dimostrazione: Basta dimostrare l’enunciato nel caso in cui f sia sempre nulla, tranne che in un unico punto p1 , in cui, per fissare le idee, si abbia f (p1 ) > 0. Fissato ε > 0, sia P una qualunque partizione marcata con parametro di finezza |P | < ε/f (p1 ). Allora la somma inferiore S − (f ; P ) vale zero, mentre S + (f ; P ) ≤ 2f (p1 ) f (pε 1 ) = 2ε se p1 è un punto della partizione comune a due intervallini contigui, mentre S + (f ; P ) ≤ f (p1 ) f (pε 1 ) = ε se p1 è un punto interno a uno degli intervallini della partizione. Quindi sia l’integrale inferiore che l’integrale superiore (estremo inferiore delle somme superiori) valgono zero, e pertanto la funzione f è integrabile, con integrale nullo). Ne segue che se f è una funzione integrabile e una funzione g differisce da f solo in numero finito di punti, allora anche g è integrabile e i due integrali coincidono. (Infatti, la differenza f − g è sempre nulla, tranne che su un numero finito di punti, e quindi, per il teorema precedente, ha integrale nullo). Questo significa che, nel calcolo dell’integrale di una funzione f , possiamo cambiare i valori che f assume in un insieme finito di punti (o trascurare del tutto tali valori), senza che l’integrale cambi. Teorema 2.7 (Integrabilità delle funzioni monotòne) Ogni funzione monòtona su un intervallo compatto [a, b], è integrabile su [a, b]. Teorema 2.8 (Integrabilità delle funzioni con un numero finito di punti di discontinuità) f Sia [a, b] −→ R una funzione limitata e supponiamo che l’insieme dei punti di discontinuità di f sia finito. Allora f è integrabile su [a, b]. Osservazione. (Facoltativa). Gli esempi precedenti rendono naturale la seguente domanda: Pag. 9 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Quali sono esattamente le funzioni integrabili su un intervallo compatto [a, b]? Allo scopo di rispondere a questa domanda, premettiamo una definizione. Un sottoinsieme Z ⊂ R si dice uno zero-insieme se per ogni ε > 0 esiste una famiglia numerabile di intervalli aperti (ai , bi ) tali che +∞ [ X Z⊂ (ai , bi ) e (bi − ai ) < ε (2.9) i=1 i∈N (Ricordiamo il significato della convergenza P+∞ di una somma di infiniti addendi, ossia di una serie numerica. Si dice che la serie numerica i=1 an converge a S se, posto sn = a1 + · · · + an , si ha limn→+∞ sn = S.) Se una proprietà vale ovunque, tranne che su uno zero-insieme , si dice che la proprietà vale quasi ovunque. f Teorema 2.9 (Riemann-Lebesgue) Una funzione [a, b] −→ R è Riemann-integrabile se e solo se è limitata e l’insieme dei punti di discontinuità è uno zero-insieme. In altri termini, il teorema di Riemann-Lebesgue afferma che una funzione è Riemann-integrabile su un intervallo compatto se e solo se è limitata e quasi-ovunque continua. 2.4 Prime proprietà dell’integrale Indichiamo con R[a, b] lo spazio delle funzioni Riemann-integrabili sull’intervallo [a, b]. Enunciamo, senza dimostrarle, alcune proprietà dell’integrale. Teorema 2.10 Valgono le proprietà seguenti: 1. R[a, b] è uno spazio vettoriale. Vale a dire, se f, g appartengono a R[a, b] e λ, µ sono numeri reali, allora anche λf + µg appartiene a R[a, b]. 2. (Linearità dell’integrale). Per ogni f1 , f2 ∈ R[a, b], e per ogni numero reale λ, si ha Z b Z b (f1 + f2 )(x) dx = Z a a f2 (x) dx (2.10) a b Z b f1 (x) dx + b Z λf1 (x) dx = λ f1 (x) dx a (2.11) a Queste due proprietà si sintetizzano dicendo che l’operatore di integrazione Z b Rb a R[a, b] −→ R, f 7−→ f (x) dx (2.12) a è lineare. 3. (Monotonia dell’integrale). Se f1 , f2 ∈ R[a, b] e f1 (x) ≤ f2 (x) per ogni x ∈ [a, b], allora Z b Z f1 (x) dx ≤ a b f2 (x) dx (2.13) a 4. Per ogni f ∈ R[a, b] e c ∈ (a, b), le restrizioni di f agli intervalli [a, c] e [c, b] sono integrabili e Z b Z f (x) dx = a c Z f (x) dx + a b f (x) dx (2.14) c Pag. 10 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 5. Se f ∈ R[a, b] e M ∈ R è un numero tale che |f (x)| ≤ M per ogni x ∈ [a, b], allora Z b f (x) dx ≤ M (b − a) a 6. Se f ∈ R[a, b], allora anche |f | ∈ R[a, b] e Z Z b b |f (x)| dx f (x) dx ≤ a a (2.15) (2.16) 7. Se f, g ∈ R[a, b], allora anche il loro prodotto f g ∈ R[a, b]. 2.5 Integrale orientato Definizione 2.11 (Integrale orientato) Se a > b, si pone, per definizione, Z b Z a f (x) dx = − f (x) dx a Ad esempio, R0 1 (2.17) b x2 dx è uguale, per definizione, a − Z 0 x2 dx = − 1 R1 0 x2 dx: 1 Z x2 dx 0 Con questa definizione di integrale orientato, l’uguaglianza Z b Z c Z f (x) dx = f (x) dx + a a b f (x) dx (2.18) c vale per ogni scelta di a, b, c (qualunque sia la posizione reciproica di a, b e c), ovviamente se gli integrali in questione esistono. 2.6 Teorema della media integrale Teorema 2.12 (della media integrale) Sia f ∈ R[a, b]. Denotiamo m = inf f M = sup f l’estremo inferiore e l’estremo superiore di f su [a, b]. Allora Z b 1 m ≤ f (x) dx ≤ M b−a a Se inoltre f è continua, esiste un punto c in [a, b] tale che Z b 1 f (x) dx = f (c) b−a a (2.19) (2.20) (2.21) Se f ≥ 0 e si interpreta l’integrale come l’area della regione di piano A compresa tra il grafico di f e l’asse delle x, le disuguaglianze (2.20) sono evidenti, perché M (b − a) è l’area di un rettangolo che contiene interamente A, mentre m(b − a) è l’area di un rettangolo tutto contenuto in A. Pag. 11 Introduzione al calcolo integrale Dimostrazione. dell’integrale, Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Da m ≤ f (x) ≤ M (per ogni x ∈ [a, b]) segue, per la proprietà di monotonia Z b b Z m dx ≤ Z f (x) dx ≤ a M dx (2.22) f (x) dx ≤ M (b − a) (2.23) a ossia Z m(b − a) ≤ b a b a (in quanto Rb a m dx = m(b − a) e Rb a M dx = M (b − a)). Di qui segue subito la tesi (2.20). Per dimostrare (2.21), supponiamo f continua su [a, b]. Per le disuguaglianze (2.20), il numero Z b 1 f (x) dx (2.24) b−a a è compreso tra l’estremo inferiore m e l’estremo superiore M di f in [a, b]. Poiché f è continua sull’intervallo [a, b], assume tutti i valori compresi tra il suo estremo inferiore e il suo estremo superiore. Quindi esisterà un punto c tra a e b per il quale vale (2.21). Q.E.D. 2.7 Teorema fondamentale del calcolo integrale Figura 2: “Cosı̀, se le aree ABC, ABDG sono descritte dalle ordinate BC, BD che avanzano con moto uniforme sulla base AB, le flussioni delle loro aree saranno tra loro in rapporto come le ordinate che descrivono BC e BD, e possono essere rappresentate per mezzo di quelle ordinate, perché quelle ordinate stanno tra loro come gli incrementi nascenti delle aree.”Isaac Newton, De Quadratura Curvarum, manoscritto del 1691-1692 2.7.1 La funzione integrale. Antiderivate. Premettiamo due definizioni. f Definizione 2.13 Sia [a, b] −→ R integrabile su [a, b]. Si chiama funzione integrale di f (con punto F base a) la funzione [a, b] −→ R definita nel modo seguente: per ogni x ∈ [a, b], Z x F (x) = f (t) dt (2.25) a (Più in R xgenerale, fissato un qualunque x0 ∈ [a, b], la funzione integrale di f con punto base x0 sarà F (x) = x0 f (t) dt.) Pag. 12 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 g G Definizione 2.14 Una funzione [a, b] −→ R è una antiderivata o una primitiva di [a, b] −→ R, se G è derivabile e G0 (x) = g(x), per ogni x ∈ [a, b]. (Si intende di considerare la derivata destra in a e la derivata sinistra in b). Una interpretazione geometrica della funzione integrale di f con punto-base a, nel caso in cui la funzione f sia non negativa, è data nella figura di sotto. y F (x) è l’area sotto il grafico di f tra a e x. Grafico di f Z F (x) = x f (t)dt a a 2.7.2 x x b Continuità della funzione integrale. Si dice che una funzione F : [a, b] → R soddisfa una condizione di Lipschitz se esiste una costante K per la quale |F (x) − F (x0 )| ≤ K|x − x0 | ∀x, x0 ∈ [a, b] . (Condizione di Lipschitz) Se una funzione soddisfa una condizione di Lipschitz, è continua. Infatti, per ogni fissato x0 in [a, b] e per ogni x ∈ [a, b], |F (x) − F (x0 )| ≤ K|x − x0 | (2.26) e quindi la distanza |F (x) − F (x0 )| si può rendere piccola quanto si vuole, pur di prendere sufficientemente piccola la distanza tra x e x0 . Teorema 2.15 (Continuità della funzione integrale) Sia f ∈ R[a, b]. Allora la funzione integrale Z x F (x) = f (t) dt (2.27) a soddisfa una condizione di Lipschitz su [a, b] ed è quindi continua su [a, b]. Più precisamente, se la funzione integranda soddisfa |f (x)| ≤ C per ogni x ∈ [a, b], allora |F (z) − F (w)| ≤ C|z − w| (2.28) per ogni w, z ∈ [a, b]. Pag. 13 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Dimostrazione. Se w, z ∈ [a, b] e w ≤ z, allora Z Z w Z z f+ f= F (z) = Z z f f = F (w) + w w a a z e dunque Z z F (z) − F (w) = f (2.29) w Da −C ≤ f (x) ≤ C (per ogni x ∈ [a, b]), segue (per la proprietà di monotonia, prendendo l’integrale su [w, z]) Z z −C(z − w) ≤ f ≤ C(z − w) w Ne segue (ricordando (2.29) che Z |F (z) − F (w)| = z w f ≤ C|z − w| Q.E.D. 2.7.3 Teorema fondamentale del calcolo integrale f Teorema 2.16 (Teorema fondamentale del calcolo integrale) Sia [a, b] −→ R una funzione continua. Allora valgono i due fatti seguenti: 1. La funzione integrale di f x Z F (x) = f (t) dt (2.30) a è una antiderivata di f , ossia è derivabile e F 0 (x) = f (x) per ogni x in [a, b]: Z x d f (t) dt = f (x) dx a (2.31) 2. Se G è una qualunque antiderivata di f su [a, b], ossia G0 (x) = f (x) per ogni x in [a, b], allora b Z f (t) dt = G(b) − G(a) (2.32) a Dimostrazione. 1) Fissiamo un punto x in [a, b]. Allora 1h F (x + h) − F (x) = h h Z x+h Z f (t) dt − a a x i 1 Z x+h f (t) dt = f (t) dt = f (c) h x (2.33) dove c è un opportuno punto tra x e x + h. La (2.33) segue dall’uguaglianza (2.21) del precedente lemma della media integrale, applicato all’intervallo di estremi x e x + h. Quando h tende a zero, il punto c, compreso tra x e x + h, tende a x. Poiché f è continua, f (c) tende a f (x) e quindi F (x + h) − F (x) = f (x) h→0 h lim (2.34) Si è cosı̀ dimostrato che F 0 (x) = f (x). Pag. 14 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Spiegazione intuitiva: F (x + h) − F (x) è l’area della piccola striscia verticale, che è quasi un rettangolino (quando h è molto piccolo) di base h e altezza f (x), e quindi di area h.f (x). Allora [F (x+h)−F (x)]/h = y h.f (x) area = = f (x) base h Dunque, F 0 (x) = f (x) Grafico di f f (x) a x x+h x b 2) Sia ora G(x) una qualunque funzione derivabile tale che G0 (x) = f (x). Poiché G0 (x) = f (x) = F 0 (x) Z le due funzioni G(x) e F (x) = scono per una costante: x f (t) dt hanno la stessa derivata sull’intervallo [a, b]. Quindi differia Z G(x) = x f (t) dt + c (2.35) a Ponendo in questa uguaglianza prima x = b e poi x = a e sottraendo, si ottiene: G(b) − G(a) = b hZ Z = i hZ f (t) dt + c − a b f (t) dt a i f (t) dt + c (2.36) a (2.37) a Cosı̀ abbiamo dimostrato l’uguaglianza (2.32). Q.E.D. Pag. 15 Introduzione al calcolo integrale 2.7.4 Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Approfondimento Abbiamo dimostrato il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale nell’ipotesi che la funzione integranda f sia continua in ogni punto di [a, b]. Vale anche un enunciato più forte, in cui non si richiede che f sia continua in ogni punto x ∈ [a, b]. Precisamente: Rx Se f è continua in un punto x0 ∈ [a, b], allora F (x) = a f (f ) dt è derivabile in x0 e F 0 (x0 ) = f (x0 ). Se x0 = a (oppure x0 = b, intendiamo che F è derivabile da destra (rispettivamente, da sinistra), con derivata uguale a f (a) (rispettivamente, f (b)). Dimostrazione. Sia x0 ∈ (a, b). Dimostriamo dapprima che la funzione integrale F è derivabile a destra in x0 e F+0 (x0 ) = f (x0 ). Poiché f è continua in x0 , dato ε > 0 esiste un δ > 0 tale che se x0 ≤ x < x0 + δ, allora f (x0 ) − ε < f (x) < f (x0 ) + ε (2.38) Sia 0 < h < δ. Applicando il Teorema della Media a f sull’intervallo [x0 , x0 + h], otteniamo Z x0 +h (f (x0 ) − ε).h < f < (f (x0 ) + ε).h (2.39) x0 R x +h R x +h Rx R x +h Ora x00 f = F (x0 + h) − F (x0 ). (Infatti, F (x0 + h) − F (x0 ) = a 0 f − a 0 f = x00 f ). Dunque le disuguaglianze (2.39) si scrivono (f (x0 ) − ε).h < F (x0 + h) − F (x0 ) < (f (x0 ) + ε).h (2.40) Se dividiamo per h > 0, otteniamo f (x0 ) − ε < F (x0 + h) − F (x0 ) < f (x0 ) + ε h (2.41) Ma, poiché ε è arbitrario, concludiamo che lim+ h→0 F (x0 + h) − F (x0 ) = f (x0 ) h (2.42) Questo significa che la derivata destra di F in x0 esiste ed è uguale a f (x0 ). Nello stesso modo si dimostra che F è derivabile da sinistra in x0 , e F−0 (x0 ) = f (x0 ). Quindi F è derivabile in x0 e F 0 (x0 ) = f (x0 ). La stessa dimostrazione vale anche quando x0 = a (oppure x0 = b). In questo caso, F è deivabile solo da destra (rispttivamente, solo da sinistra) e F+0 (a) = f (a) (rispettivamente, F+0 (b) = f (b)). Q.E.D. 2.8 Cambio di variabili negli integrali definiti. f Teorema 2.17 (Cambio di variabili negli integrali definiti) Sia [a, b] −→ R una funzione conϕ tinua sull’intervallo [a, b] e sia [α, β] −→ [a, b] una funzione biunivoca con derivata continua ϕ0 (t) > 0. (Dunque ϕ(α) = a e ϕ(β) = b.) Allora vale questa uguaglianza: Z b Z β f (x) dx = f (ϕ(t))ϕ0 (t) dt (ϕ(α) = a, ϕ(β) = b) (2.43) a α Pag. 16 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Prima dimostrazione. Consideriamo una partizione P = (x0 , x1 , ..., xn ) di [a, b], x0 = a < x1 < x2 < · · · < xn = b La funzione biunivoca ϕ induce la partizione Π di [α, β]: t0 = α < t1 < t2 < · · · < tn = β definita da xi = ϕ(ti ), per i = 0, ..., n. (Qui usiamo il fatto che ϕ sia crescente; se invece fosse decrescente, alla partizione t0 = α < t1 < t2 < · · · < tn = β dovremo associare la partizione ϕ(β) = a < ϕ(tn−1 ) < ϕ(tn−2 ) < · · · < ϕ(α) = b). Per il Teorema del Valore Medio (del calcolo differenziale, detto anche Teorema di Lagrange) si ha xi − xi−1 = ϕ(ti ) − ϕ(ti−1 ) = ϕ0 (ηi )(ti − ti−1 ) (2.44) per opportuni ηi ∈ (ti−1 , ti ). Posto ci = ϕ(ηi ), per i = 0, ..., n, abbiamo allora n X f (ci )(xi − xi−1 ) = i=1 n X f (ϕ(ηi ))ϕ0 (ηi )(ti − ti−1 ) (2.45) i=1 A primo membro di (2.45) abbiamo la somma di Riemann di f relativa alla seguente partizione marcata Ṗ di [a, b]: a = x0 < x1 < x2 < · · · · · · < xn = b, c1 ∈ [x0 , x1 ], c2 ∈ [x1 , x2 ], ......, cn ∈ [xn−1 , xn ] A secondo membro di (2.45) abbiamo la somma di Riemann della funzione composta f (ϕ(t)ϕ0 (t) relativa alla partizione marcata Π̇ dell’intervallo [α, β] data da: t0 = α < t1 < t2 < · · · < tn = β, η1 ∈ (t0 , t1 ), · · · · · · , ηn ∈ (tn−1 , tn ) Rb Dunque, le somme di Riemann che figurano a primo membro di (2.45) convergono a a f (x) dx, Rβ mentre le somme di Riemann che figurano a secondo membro di (2.45) convergono a α f (ϕ(t))ϕ0 (t)dt. Dunque i due integrali coincidono. Seconda dimostrazione. Consideriamo le due funzioni G, H definite sull’intervallo [α, β] nel modo seguente: Z ϕ(y) Z y G(y) = f (x) dx H(y) = f (ϕ(t))ϕ0 (t)dt a (2.46) α per ogni y ∈ [α, β]. Per il teorema fondamentale del calcolo integrale (insieme al teorema di derivazione di funzione composta, per la G(y)), queste due funzioni sono derivabili in [α, β] e hanno la stessa derivata: G0 (y) = f (ϕ(y))ϕ0 (y) H 0 (y) = f (ϕ(y))ϕ0 (y) (2.47) Dunque G e H differiscono per una costante. Ma nel punto y = α assumono lo stesso valore: G(α) = F (α) = 0 Ne segue che G e H sono uguali: per ogni y in [α, β] G(y) = H(y) In particolare G(β) = H(β), che è la tesi. Q.E.D. Pag. 17 Introduzione al calcolo integrale 3 Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Ricerca di una primitiva 3.1 Il metodo di sostituzione per il calcolo di una primitiva. Per cercare una primitiva di una funzione assegnata, a volte puøessere utile un cambio di variabili. Descriviamo questa tecnica, che si chiama metodo di sostituzione. Presentiamo questo metodo nei due casi che si incontrano più spesso. Metodo di sostituzione: Primo caso. Supponiamo di volere calcolare un integrale indefinito del tipo Z f (h(u)) du (3.1) Ricordiamo che il problema consiste nel trovare una funzione H(u) la cui derivata sia H 0 (u) = f (h(u)). Nel nostro caso la funzione integranda f (h(u)) è una funzione composta, dove f e h sono funzioni assegnate. Supponiamo che la funzione x = h(u) sia invertibile e denotiamo con u = h−1 (x) = k(x) la sua inversa. Per semplicità, scriveremo anche x = x(u), anziché x = h(u); analogamente, scriveremo u = u(x), al posto di u = h−1 (x). Ma sia chiaro che questo significa che x = x(u) è la specifica funzione h e che u = u(x) denota l’inversa di h. Supponiamo inoltre che h abbia una derivata continua h0 (u) che non si annulli mai. Questa richiesta ci permette di dire che anche la funzione inversa k = h−1 è derivabile. (Regola della derivata della funzione inversa.) Il metodo di sostituzione si basa sulla seguente osservazione: Sia G(x) qualunque primitiva della funzione f (x)u0 (x), cioè si abbia G0 (x) = f (x)u0 (x) = f (x)k 0 (x) (3.2) Allora la funzione composta G(h(u)) è una primitiva di f (h(u)) (che è la funzione integranda iniziale nell’integrale 3.1). Infatti, per la regola di derivazione di una funzione composta, abbiamo: d G(h(u)) = G0 (h(u)) h0 (u) = f (h(u)) k 0 (h(u)) h0 (u) = f (h(u)) du (3.3) perché k 0 (h(u)) h0 (u). (Infatti, per la regola di derivazione della funzione inversa k = h−1 , k 0 (h(u)) = 1 h0 (u) e quindi k 0 (h(u))h0 (u) = 1.) Riassumiamo schematicamente. Per trovare una primitiva di f (h(u)), si puøprocedere nel modo seguente: 1. Si pone h(u) = x; 2. Si trova la funzione inversa u = h−1 (x) = u(x); 3. Si considera la funzione f (x)u0 (x), dove u(x) = h−1 (x) è l’inversa di x = h(u); 4. Si cerca una primitiva G(x) di f (x)u0 (x); 5. In G(x) si opera la sostituzione x = h(u), ottenendo cosı̀ la funzione G(h(u)). Pag. 18 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 La funzione finale G(h(u)) sarà allora una primitiva di f (h(u)). In altri termini, per calcolare l’integrale indefinito Z f (h(u)) du (3.4) basta calcolare l’integrale indefinito Z f (x) u0 (x)dx (3.5) f (h(u)) du (3.6) e poi effettuare la sostituzione x = h(u). Il simbolo che appare sotto il segno di integrale, suggerisce la trasformazione giusta da fare, quando si effettua una sostituzione di variabili: se al posto di h(u) si sostituisce h(u) = x e al posto di du si sostituisce du = u0 (x)dx dove u(x) = h−1 (x), allora si passa automaticamente da 3.4 a 3.5. Dunque, se per denotare gli integrali indefiniti si usa la notazione di Leibniz 3.6, il metodo di sostituzione si ricorda più facilmente e si effettua meccanicamente. Ovviamente, non è detto che il metodo di sostituzione sia sempre praticabile. Ad esempio, il metodo fallisce se non si sa trovare esplicitamente la funzione inversa u = h−1 (x); oppure se non si sa trovare una primitiva G(x) di f (x)u0 (x). Metodo di sostituzione: Secondo caso. Supponiamo di dovere calcolare un integrale indefinito del tipo: Z f (h(u))h0 (u) du (3.7) che differisce dal precedente integrale 3.1 perché ora nella funzione integranda compare il termine h0 (u). Si ponga h(u) = x e sia F (x) una primitiva di f (x). Allora si vede subito che F (h(u) è una primitiva di f (h(u))h0 (u). Infatti, per la regola di derivazione di una funzione composta, si ha: d F (h(u)) = F 0 (h(u))h0 (u) = f (h(u))h0 (u) du Anche in questo caso la notazione simbolica di Lebniz suggerisce la cosa giusta da fare. Si ponga h(u) = x e dx = x0 (u)du = h0 (u)du. Allora il metodo di sostituzione prende la forma Z Z f (h(u))h0 (u) du = f (x) dx = F (x) = F (h(u)) (3.8) In questo caso il metodo di sostituzione risulta semplificato, perché non è necessario trovare l’inversa della funzione h(u). Esempio 3.1 Calcolare: Z π 4 sin 2x dx 0 Pag. 19 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Soluzione. Cambiamo la variabile, ponendo 2x = t, ossia x = 2t . In termini più precisi, definiamo la funzione x = h(t) = 2t , con t ∈ [0, π2 ]. Si ha h0 (t) = 21 . Allora, per la formula del cambio di variabile, abbiamo: Z π Z π4 Z π2 π 1 2 1 1 0 sin 2x dx = (sin h(t)) h (t) dt = (sin t)dt = [− cos t]02 = 2 2 2 0 0 0 Z 1 du Esempio 3.2 Calcolare: eu + e−u Poniamo eu = x. Allora la funzione inversa è u = ln x e du = u0 (x)dx = 1 dx. Quindi per il metodo x di sostituzione (primo metodo) si ha Z Z Z 1 1 1 1 du = dx = arctan x dx = eu + e−u x + x−1 x 1 + x2 Ora torniamo alla variabile iniziale u con la sostituzione x = eu , e cosı̀ troviamo la primitiva cercata: arctan eu . R u√ Esempio 3.3 Calcolare: e 1 + eu du Usiamo il metodo di sostituzione, ponendo 1 + eu = x = x(u). Notiamo che con tale sostituzione √ u l’espressione e 1 + eu du diventa p √ eu 1 + eu du = x(u) x0 (u) du Si noti che, per la presenza del termine x0 (u) du = dx, siamo nel secondo caso del metodo di sostituzione. Allora Z Z p Z √ √ 2 √ 2 3 eu 1 + eu du = x(u)x0 (u)du = x dx = x 2 = x x 3 3 √ 2 u Ora al posto di x si deve porre: x = 1 + e . Quindi la primitiva cercata è 3 (1 + eu ) 1 + eu . Se invece non ci fossimo accorti di quel fattore x0 (u)du = eu du che ci ha fatto usare il secondo caso del metodo di sostituzione, avremmo proceduto nel modo seguente (Metodo di sostituzione: Primo caso). La funzione inversa di x = 1 + eu è u = ln(x − 1). Allora du = u0 (x)dx = 1 dx x−1 1 La regola di sostituzione, ponendo 1 + eu = x e du = x−1 dx, prende la forma: Z Z Z √ √ √ 1 eu 1 + eu du = (x − 1) x dx = xdx x−1 e da qui si procede come sopra. R R Esempio 3.4 Calcolare tan x dx e cot x dx Z Z sin x Per definizione di tangente, si ha tan x dx = dx. Poniamo cos x = t. Non è necessario cos x invertire questa relazione, in quanto è presente il termine (− sin x)dx = dt. (Siamo nel secondo caso del metodo di sostituzione). Quindi Z Z Z sin x 1 tan x dx = dx = − dt = − ln |t| = − ln | cos x| cos x t In modo analogo, con la sostituzione sin x = t, si trova: Z Z Z cos x 1 cot x dx = dx = dt = ln |t| = ln | sin x| sin x t Pag. 20 Introduzione al calcolo integrale 3.2 Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Integrazione per parti Ricordiamo che se f (x) e g(x) sono funzioni derivabili, la derivata del prodotto f (x)g(x) è data dalla regola di Leibniz h i0 f (x)g(x) = f 0 (x)g(x) + f (x)g 0 (x) (3.9) Se integriamo entrambi i membri e ricordiamo che una primitiva della derivata di una funzione è la funzione stessa, otteniamo Z Z f (x)g(x) = f 0 (x)g(x)dx + f (x)g 0 (x)dx (3.10) ovvero Z Z 0 f (x)g (x)dx = f (x)g(x) − f 0 (x)g(x)dx (3.11) La 3.11 si chiama formula di integrazione per parti. Come al solito, l’uguaglianza 3.10 va intesa nel senso seguente: la somma di una qualunque primitiva di f 0 (x)g(x) e di una qualunque primitiva di f (x)g 0 (x) è uguale a f (x)(g(x), a meno di una costante additiva. Allo stesso modo va interpretata la 3.11. Esempio 3.5 Per calcolare R ln x dx, possiamo usare la formula di integrazione per parti 3.11, dove 1 f (x) = ln x e g 0 (x) = 1. Si ha f 0 (x) = e g(x) = 1. Dunque x Z Z x ln x dx = x ln x − x = x ln x − x x Esempio 3.6 Z 2 Z Z sin x sin x dx = − cos x sin x − Z = − cos x sin x + cos2 x dx Z = − cos x sin x + (1 − sin2 x) dx Z = − cos x sin x + x − sin2 x dx sin x dx = Portando l’integrale a primo membro, si ottiene Z x − cos x sin x sin2 x dx = 2 In modo del tutto analogo si trova Z 4 cos2 x dx = x + cos x sin x 2 (− cos x) cos x dx (3.12) (3.13) Integrali impropri o generalizzati Rb Finora abbiamo considerato solo integrali a f (x)dx dove l’intervallo [a, b] è limitato e la funzione f (x) è limitata su [a, b]. Ora vediamo come il concetto di integrale si definisce quando la funzione f (x) Pag. 21 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 è limitata ma l’intervallo di integrazione non è limitato, oppure quando la funzione non è limitata e l’intervallo di integrazione è limitato. Un esempio del primo tipo è l’integrale Z +∞ 1 dx (4.1) 2 x 1 (L’intervallo (1, +∞) non è limitato). Un esempio del secondo tipo è 1 Z 1 √ dx x 0 (La funzione √1 x (4.2) non è limitata vicino a 0). In entrambi i casi si parla di integrali generalizzati (o impropri). 4.1 Integrali su intervalli non limitati Sia f una funzione reale definita su un intervallo non limitato [a, +∞): f [a, +∞) −→ R (4.3) Diremo che f è integrabile (o integrabile in senso generalizzato, o in senso improprio) sulla semiretta [a, +∞) se f è integrabile su ogni intervallo [a, t] con t > a ed esiste finito il limite t Z lim t→+∞ f (x) dx In questo caso si pone, per definizione, Z +∞ Z f (x) dx = lim t→+∞ a (4.4) a t f (x) dx (4.5) a R +∞ Se l’integrale a f (x) dx esiste (finito) si dice che tale integrale è convergente. Se il limite 4.4 è +∞, R +∞ si dice che l’integrale a f (x) dx è divergente. In modo simile si definiscono le funzioni integrabili su intervalli non limitati del tipo (−∞, b]. 4.1.1 Integrale di 1/xa Teorema 4.1 (Integrabilità di 1/xa in un intorno di +∞) Z +∞ diverge a + ∞ 1 dx converge (al numero 1 ) xa 1 a−1 se a ≤ 1 (4.6) se a > 1 Dimostrazione. Se a = 1, abbiamo Z lim t→+∞ 1 t 1 dx = lim (ln t − ln 1) = +∞ t→+∞ x (4.7) e quindi l’integrale Z 1 +∞ 1 dx x (4.8) vale +∞, ossia è divergente. Pag. 22 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Se a 6= 1, si ha Z 1 t 1 1 1 h 1−a it = dx = x (t1−a − 1) a x 1−a 1−a 1 (4.9) Ora 1 lim (t1−a − 1) = t→+∞ 1 − a Riassumendo: Z 1 +∞ ( +∞ 1 a−1 se a < 1 se a > 1 diverge a + ∞ 1 dx xa se a ≤ 1 converge (al numero 1 ) a−1 (4.10) se a > 1 Esempio 4.2 Vediamo se la funzione xex è integrabile (in senso improprio) sulla semiretta (−∞, 0). Per ogni t < 0, la funzione xex è integrabile su [t, 0] (perché è continua) e si ha: Z 0 0 xex = (x − 1)ex = −1 − (t − 1)et (4.11) t t Ora si deve calcolare il limite per t che tende a −∞. Si ottiene: Z 0 lim xex = lim (−1 − (t − 1)et ) = −1 t→−∞ t→−∞ t Dunque la funzione xex è integrabile su (−∞, 0) e Z 0 Z x xe dx = lim t→−∞ −∞ 4.1.2 (4.12) 0 xex = −1 (4.13) t Criterio del confronto A volte si puøstabilire se una funzione è integrabile in senso generalizzato, senza bisogno di trovarne esplicitamente un’antiderivata. Puøbastare un confronto con funzioni integrabili più semplici. Teorema 4.3 (Criterio del confronto.) Supponiamo che f (x) e g(x) siano funzioni continue definite su una stessa semiretta I = (a, +∞) e soddisfacenti 0 ≤ f (x) ≤ g(x) Allora: Z +∞ 0≤ Z +∞ f (x) dx ≤ a (4.14) g(x)dx (4.15) a In particolare: 1. Se g è integrabile su I, anche f è integrabile su I; R +∞ 2. Se f non è integrabile su I (cioè, se a f (x) dx = +∞), anche g non è integrabile su I (ossia, R +∞ anche a g(x)dx = +∞) Dimostrazione. Poiché le funzioni integrande f e g sono non-negative, gli integrali in questione sicuramente esistono3 , magari uguali a +∞. Per la proprietà di monotonia dell’integrale, valgono le disuguaglianze Z Z t 0≤ t f (x) dx ≤ a g(x)dx (4.16) a 3 Ricordiamo che se una funzione reale h(t) è crescente su un intervallo (a, +∞), allora sicuramente esiste (finito o +∞) il limite limt→+∞ h(t), e tale limite è uguale al sup di h su (a, +∞). Nel nostro caso, siccome le funzioni f e g R R sono non-negative, le funzioni integrali at f e at g sono crescenti, e quindi hanno limite per t → +∞. Pag. 23 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 per ogni t > a. Passando al limite per t → +∞, si ha allora la tesi. Q.E.D. L’enunciato del teorema è del tutto ragionevole quando si pensi alla seguente interpretazione geometrica. Poiché 0 ≤ f (x) ≤ g(x), la regione di piano compresa tra l’asse delle x e il grafico di f (x) R +∞ è tutta al di sotto del grafico di g(x). Quindi, se l’area a g(x)dx è finita, a maggior ragione l’area R +∞ R +∞ R +∞ f (x) dx sarà finita. Mentre se l’area a f (x) dx è infinita, a maggior ragione l’area a g(x)dx a sarà infinita. Z Esempio 4.4 Stabilire se l’integrale +∞ 2 e−x dx è convergente. 0 2 Soluzione. La funzione e−x è ovviamente integrabile su ogni intervallo [0, b], in quanto è continua. Occorre studiare la sua integrabilità in un intorno di +∞. Non si sa trovare esplicitamente un’antide2 rivata di e−x . Osserviamo perøche in un intorno di +∞ (vale a dire per tutti gli x sufficientemente grandi) si ha 1 1 (4.17) 0 ≤ x2 ≤ 2 x e (In realtà la 4.17 vale per ogni x in (0, +∞), perché et > t per ogni t ∈ R, e quindi 0< 1 1 < et t (4.18) 1 per ogni t > 0). Siccome sappiamo già che in un intorno di +∞ la funzione 2 è integrabile, per il x Z +∞ −x2 criterio del confronto possiamo concludere che l’integrale e dx è convergente. Q.E.D. 0 4.1.3 Criterio del confronto asintotico Un altro criterio per stabilire se una funzione è integrabile in senso generalizzato è il criterio del confronto asintotico. Ricordiamo una definizione. Date due funzioni f (x), g(x), definite entrambe su (a, +∞), con g(x) sempre diverso da zero, si dice che f (x) è asintoticamente equivalente a g(x) quando x tende a +∞, e si scrive f (x) ∼ g(x), per x → +∞ (4.19) se lim x→+∞ f (x) =1 g(x) (4.20) Vale allora il seguente Teorema 4.5 (Criterio del confronto asintotico.) Siano f (x) e g(x) funzioni non-negative continue definite su una stessa semiretta I = (a, +∞). Supponiamo f (x) ∼ g(x) per x → +∞. Allora f (x) è integrabile su I se e solo se g(x) è integrabile su I. (x) (x) = 1. Quindi, per ogni fissato ε > 0, il rapporto fg(x) sarà Dimostrazione. Per ipotesi, limx→+∞ fg(x) contenuto nell’intervallo [1 − ε, 1 + ε] per tutti gli x sufficientemente grandi. In altri termini, varranno definitivamente le due disuguaglianze (1 − ε)g(x) ≤ f (x) ≤ (1 + ε)g(x) (4.21) Ora la tesi segue subito dal teorema del confronto. Infatti, se g(x) è integrabile sulla semiretta I, da f (x) ≤ (1 + ε)g(x) Pag. 24 Introduzione al calcolo integrale Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 segue che f (x) è integrabile; mentre, se g(x) non è integrabile su I, da (1 − ε)g(x) ≤ f (x) segue che f (x) non è integrabile. Esempio 4.6 Stabilire se l’integrale Z +∞ 1 x3 + 2x2 − x + 1 dx x5 + x4 + 7 (4.22) converge. Infatti, la funzione integranda è asintotica a 1 : x2 x3 + 2x2 − x + 1 1 ∼ 2, 5 4 x +x +7 x per x → +∞ (4.23) Ne segue, per il criterio del confronto asintotico, che l’integrale 4.22 è convergente. Esempio 4.7 L’integrale Z +∞ 1 1 − sin dx x x 1 (4.24) è convergente. Infatti, per x → +∞, si ha e 1 1 3! x3 4.2 1 1 1 1 − sin ∼ x x 3! x3 è integrabile sulla semiretta [1, +∞). Integrali di funzioni non limitate Vediamo ora come estendere il concetto di integrale definito a funzioni che non sono limitate in un intorno di un punto. Sia f (x) una funzione definita su un intervallo (a, b] (a, b ∈ R e a < b). Supponiamo che f non sia limitata in un intorno del punto a. Se esiste finito il limite Z b lim+ f (x)dx (4.25) c→a c esso viene chiamato integrale improprio, o generalizzato, di f sull’intervallo [a, b] e si denota ancora con il simbolo Z b f (x) dx a Come esempi guida, consideriamo le due funzioni f (x) = x1 e g(x) = √1x , definite sull’intervallo (0, 1]. Ovviamente, entrambe non sono limitate vicino a 0. Nel primo caso, una primitiva di f (x) su (0, 1] è ln x e Z 1 lim+ f (x) dx = lim+ ln(1) − ln(c) = +∞ c→0 c c→0 Nel secondo caso, Z lim+ c→0 1 x c 1 √ 1 √ 1 √ dx = lim 2 x c = lim (2 − 2 c) = 2 + + x c→0 c→0 Quindi, f (x) = non è integrabile in senso generalizzato su [0, 1], mentre g(x) = integrale vale 2). √1 x lo è (e il suo Pag. 25 Introduzione al calcolo integrale 4.2.1 Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Integrali di 1/xa . Criteri del confronto e del confronto asintotico Con un conto del tutto analogo a quello svolto per studiare l’integrabilità di si ottiene il seguente Teorema 4.8 (Integrabilità di 1/xa in un intorno di zero) Z 1 diverge a + ∞ 1 dx a converge (al numero 1 ) 0 x 1−a 1 xa sull’intervallo [1, +∞), se a ≥ 1 (4.26) se a < 1 Anche per gli integrali impropri di funzioni non limitate, valgono il criterio del confronto e il criterio del confronto asintotico. Teorema 4.9 (Criterio del confronto.) Supponiamo che f (x) e g(x) siano funzioni continue sull’intervallo I = (a, b], entrambe non limitate vicino al punto a e soddisfacenti 0 ≤ f (x) ≤ g(x) Allora: Z 0≤ b Z f (x) dx ≤ a (4.27) b g(x)dx (4.28) a In particolare: 1. Se g è integrabile su I, anche f è integrabile su I; Rb 2. Se f non è integrabile su I (cioè a f (x) dx = +∞), anche g non è integrabile (cioè, anche Rb g(x)dx = +∞). a Teorema 4.10 (Criterio del confronto asintotico.) Siano f (x) e g(x) funzioni non-negative continue sull’intervallo I = (a, b], entrambe non limitate vicino al punto a. Supponiamo f (x) ∼ g(x) per x → a+ . Allora f (x) è integrabile su I se e solo se g(x) è integrabile su I. Le dimostrazioni di questi due teoremi sono del tutto simili a quelle già viste nel caso di integrali su intervalli illimitati, e non le ripeteremo. Pag. 26