Tre montagne di Matteo Meschiari
È uscito da poco un nuovo titolo della collana “Bassa stagione”
curata da Marino Magliani per Fusta editore. Si tratta dell’opera
di Matteo Meschiari intitolata Tre montagne e composta di tre
storie e tre paesaggi montani,Svernamento, Primo appennino –
Canovaccio
di
piazza, Pace
nella
valle,
seguiti
da
una Proustfazione di Gian Luca Picconi. Il primo testo ha per
protagonista un vecchio che tenta quella che potrebbe essere
l’ultima scalata della sua vita. Il secondo è una sorta di ripresa
tetrale dell’epopea
di
Gilgamesh,
che viene però
ricollocata
nell’Appennino modenese (terra d’origine dell’autore) negli anni
della Resistenza. Nel terzo, un figlio e un padre vanno insieme a
caccia in un bosco senza tempo.
Meschiari (Modena 1968) è anche autore di saggi, docente di
Antropologia e Geografia all’Università di Palermo, e studioso del
paesaggio in letteratura (da Campana a Biamonti). Ha formulato laLandscape Mind Theory, con cui
sostiene che la mente dell’uomo è geneticamente e culturalmente paesaggistica. Come si legge
nellaProustfazione di Picconi:
“Cosa
viaggia,
dunque,
clandestinamente
in Tre
montagne?
Quale
significato
si
dispiega
silenziosamente? Se si pensa all’attività di ricerca di Meschiari, si può sospettare che con questo
libro – caratterizzato da un umanesimo radicale proprio mentre sembrerebbe additarci la via
dell’antiantropocentrismo – l’autore abbia voluto dare una dimostrazione pratica di come funziona
la percezione del paesaggio; abbia voluto spiegarci il paesaggio per emblemata e figure. In realtà,
Meschiari,
forse
a
sua
insaputa,
con
la
inquietudine
delle
sue
descrizioni,
con
la
sua
orchestrazione di intreccio e ambientazione locale, ci dà, ci fa avere un paesaggio (un po’ nel
senso in cui Calvino poteva dire: «avevo un paesaggio»), anzi, tre paesaggi: tre paesaggi di
montagne, di parole, di sensazioni, di emozioni, di configurazioni spaziali, di configurazioni
storiche, di scelte politiche, di immaginario, di simbolico, di reale. Come lettori forse non
abbiamo capito cosa è il paesaggio, ma, ora, abbiamo un paesaggio, che si distende sul nostro e ce
ne mostra meglio le contraddizioni, i silenzi, i porti di pace, le isole di paura e cancellazione.
Abbiamo un paesaggio entro cui situare – dare senso – finalmente la nostra esperienza del mondo.”
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