DIAGNOSTICA STRUMENTALE NEL DOLORE NEUROPATICO PERIFERICO di Fabio Falco, Medico di Base, Neurologo Le condizioni morbose che, irritando o danneggiando componenti del sistema nervoso periferico ( radici, plessi, tronchi e rami nervosi), in una grande varietà di sedi anatomiche, possono causare dolore neuropatico sono molto eterogenee. Diverse sono pertanto le metodiche strumentali che possono, di volta in volta , essere utili nel processo diagnostico. Indagini strumentali di tipo morfologico ( radiografia tradizionale, ecografia muscolo-tendinea, TC, RMN) sono utilizzabili per individuare situazioni di conflitto meccanico, compressione e/o infiltrazione di strutture nervose da parte di tessuti limitrofi. Indagini strumentali di tipo funzionale ( elettromiografia-elettroneurografia, potenziali evocati somatosensoriali, potenziali evocati da stimolo laser) possono contribuire a definire l’entita’ della compromissione funzionale a carico di componenti del SNP, la sede e le caratteristiche del danno eventualmente presente. A differenza dell’elettroneurografia e dei potenziali evocati somatosensoriali ( PESS), che studiano la conduzione dell’impulso prevalentemente lungo le fibre nervose mieliniche di grosso calibro ( sensibilità tattile ), i potenziali evocati da stimolo laser (LEPs) studiano in maniera selettiva la conduzione dell’impulso, generato da stimolazione laser dei nocicettori cutanei, lungo le vie afferenti della sensibilità dolorifica, costituite prevalentemente, a livello periferico, da fibre mieliniche di piccolo calibro ed amieliniche . Questo rende la registrazione dei LEPs lo strumento più sensibile e selettivo nello studio funzionale del sistema nocicettivo . I limiti di questa metodica sono rappresentati dalla ancora scarsa diffusione degli stimolatori laser negli ambulatori di neurofisiologia clinica e forse anche, rispetto alla elettroneurografia tradizionale , dal ridotto potere localizzatorio della lesione lungo la via afferente nocicettiva periferica ( vedi box). L’esame elettromiografico-elettroneurografico, che consente anche una valutazione segmentaria , rimane pertanto il principale strumento di uso comune in grado di studiare il sistema nervoso periferico sul piano funzionale, contribuendo a definire la sede della lesione, il tipo di danno ( assonale, demielinizzante, misto ), la sua gravità’ ( neuro -aprassia, assonotmesi ), la sua evoluzione temporale ( danno acuto, subacuto, cronico, stabilizzato, evolutivo, con o senza segni di reinnervazione ). La specificità e la sensibilità della metodica è alta in molte delle condizioni morbose causa di dolore neuropatico periferico ( buona parte delle sindromi canalicolari e da conflitto come la s. del tunnel carpale, la s. del canale di Guyon, la s. del pronatore rotondo, la s. del tunnel cubitale, la s. dell’egresso toracico, la meralgia parestesica, la s. del piriforme, la s. del tunnel tarsale etc., ed ancora le plessopatie , le polineuropatie e multi neuropatie ), media o bassa in altre condizioni, ma spesso anche in queste ultime l’esame elettromiografico-elettroneurografico può essere utile per escludere altre condizioni morbose in overlap sindromico. Un limite della elettroneurografia è rappresentato dalla sua incapacità di studiare in maniera selettiva la conduzione lungo le fibre afferenti nocicettive ( amieliniche e mieliniche di piccolo calibro), per cui in alcune neuropatie dolorose con selettivo interessamento di queste fibre con risparmio delle fibre nervose mieliniche di grosso calibro ( ad. esempio alcune forme di polineuropatia diabetica ), l’esame può risultare del tutto normale. Non potendo trattare in dettaglio la diagnostica elettromiografica –elettroneurografica di tutte le condizioni responsabili di dolore neuropatico periferico, si forniranno di seguito spunti di riflessione critica per una condizione di frequente riscontro nella pratica, in parte traslabili ad altre condizioni. ELETTROMIOGRAFIA NELLE RADICOLOPATIE Serve ancora ? Le moderne tecniche diagnostiche ( TC, RMN, ecografia, endoscopia a fibre ottiche ) hanno relegato in soffitta più datati approcci diagnostici strumentali. L’elettomiografia-elettroneurografia ha resistito alla rivoluzione tecnologica conservando sostanzialmente intatto il suo valore diagnostico nelle malattie del motoneurone, nelle neuropatie, nelle malattie della placca neuromuscolare e nelle miopatie. In un solo campo di applicazione , lo studio delle radicolopatie, l’elettomiografia-elettroneurografia può sembrare aver perduto parte della sua importanza diagnostica, grazie alle dettagliate informazioni morfologiche ottenibili con la RMN del rachide. Di seguito mi propongo di ridefinire le indicazioni ed i limiti dell’elettromiografia-elettroneurografia nella diagnostica delle radicolopatie nell’era delle moderne tecniche di neuroimaging. CENNI TECNICI Qualche cenno sulla tecnica elettromiografia-elettroneurografica può facilitare la comprensione del linguaggio apparentemente ermetico dei referti che giungono sulla nostra scrivania. L’esame che comunemente chiamiamo elettromiografia si compone in realtà di due tecniche assolutamente distinte: L’elettroneurografia, studio della conduzione di un impulso elettrico artificiale lungo un nervo sensitivo e/o lungo un nervo motorio ( in quest’ultimo caso fino al muscolo che innerva attraversando le placche neuromuscolari). I parametri misurati sono la velocità di conduzione dell’impulso e la latenza distale , patologici se rispettivamente ridotti e aumentati rispetto a valori standard di riferimento ; l’ampiezza dei potenziali d’azione muscolari composti ( cMAP), e dei potenziali d’azione sensitivi (SAP), patologici se ridotti oltre un certo limite. L’elettromiografia ad ago coassiale che registra, attraverso un ago infisso nel muscolo, l’attività elettrica naturale delle fibre muscolari. I parametri misurati sono: presenza di attivita’ spontanea da denervazione nel muscolo a riposo; reclutamento ( quantita’ di unita’ motorie attivate durante la contrazione massimale , fino al raggiungimento in condizioni normali di un pattern definito interferenziale ); morfologia dei singoli potenziali di unità motoria : durata , ampiezza e numero di fasi ( aumentati nelle neuropatie e nelle radicolopatie). L’elettromiografia-eletroneurografia non è un esame standart ma comprende un gran numero di test e protocolli; l’elettromiografista, di solito un neurologo, sceglierà di volta in volta i test da utilizzare in relazione al quadro clinico, anamestico ed obiettivo presentato dal paziente , strutturando l’esame in itinere, in relazione ai dati acquisiti durante la stessa esecuzione dell’esame. SENSIBILITA’ E SPECIFICITA’ DIAGNOSTICA L’esame elettroneurografico ha nella diagnostica delle radicolopatie un valore diagnostico positivo prossimo a zero, perché di solito è normale , ciononostante è di grande importanza ( ed infatti nella prassi precede sempre l’elettomiografia ad ago coassiale) perché consente di escludere con buona accuratezza tutte le altre patologie del sistema nervoso periferico che possono simulare clinicamente una radicolopatia ( ad esempio una compressione dell’ulnare o una sindrome dell’egresso toracico possono simulare una radicolpatia c8-t1, una compressione del mediano al polso od al gomito può simulare una radicolopatia c6-c7; una sofferenza del peroneo comune può simulare una radicolopatia l4-l5, una compressione del nervo cutaneo laterale del femore può simulate una radicolopatia l4 etc. ). Ha invece un discretamente alto valore diagnostico positivo ( sensibilità del 70 % secondo uno studio della AAEM ) l’elettromiografia con ago coassiale. Il riscontro di reperti neuropatici ( presenza di attività spontanea da denervazione, ridotto reclutamento durante la contrazione massimale, aumento della percentuale dei potenziali di unità motoria polifasici e/o di durata ed ampiezza aumentata ) in due o più muscoli dipendente da una stessa radice ma da nervi diversi può essere espressione di sofferenza delle fibre motorie di quella radice nella loro componente assonale . VANTAGGI DELL’ELETTROMIOGRAFIA-ELETTRONEUROGRAFIA A differenza delle indagini neuro radiologiche che forniscono esclusivamente informazioni morfologiche, l’esame elettromiografico-elettroneurografico fornisce informazioni funzionali e dinamiche , entro certi limiti è infatti in grado di definire l’entità del danno radicolare e dare informazioni sulla sua evolutività. Consente, come già accennato, di escludere lesioni a carico di altre strutture del sistema nervoso periferico. LIMITI DELL’ELETTOMIOGRAFIA –ELETTRONEUROGRAFIA L’elettromiografia ad ago coassiale è in grado di documentare la sofferenza esclusivamente delle fibre nervose motorie nella loro componente assonale, mentre non è in grado di evidenziare demielinizzazione e sofferenza delle fibre sensitive radicolari; ne consegue che l’esame elettromiografico-elettroneurografico puo risultare negativo ( in circa il 30% dei casi ) pur in presenza di una chiara sindrome radicolopatica con intensa sintomatologia dolorosa ( ricordare quindi sempre che un esame EMG-ENG negativo non esclude assolutamente la diagnosi di radicolopatia, tutt’al più esclude un significativo interessamento assonale delle fibre motorie della radice interessata ). I reperti elettromiografici suggestivi di sofferenza radicolare ( con la sola eccezione del ridotto reclutamento ) compaiono solo dopo due-tre settimane dall’inizio del processo patologico, per cui è inutile eseguire l’esame in urgenza . Pur avendo in genere un buon potere localizzatorio è possibile talvolta una apparente incongruenza nella localizzazione del livello radicolare fra i dati clinici, quelli di neuroimmaging e quelli elettrofisiologici. Le ragioni sono a volte riconducibili alla peculiare organizzazione anatomica della cauda equina con le radici che scendono da livello vertebrale l1-l2 verso i correlati forami di coniugazione ed in questo tragitto possono essere compresse a vario livello disco-vertebrale. Fig.1 In altri casi l’incongruenza può essere riconducibile a quanto sopra detto circa l’invisibilità elettromiografica della sofferenza radicolare limitata alla componente mielinica o esclusivamente alle fibre sensitive ( ad esempio il paziente giunge alla nostra osservazione con dolore neuropatico lungo il dermatomero l5 dx , coerente con una discopatia L5-S1 documentata dalla RMN, ma invisibile all’elettromiografia perché senza danno assonale delle fibre motorie , l’EMG evidenzia invece segni di rimaneggiamento delle unità motorie nel miomero S1 sx, correlati ad una preesistente sofferenza radicolare, al momento dell’osservazione scarsamente sintomatica: nel referto EMG-ENG si parlerà esclusivamente di sofferenza radicolare S1 sx, apparentemente del tutto incongruente col quadro clinico attuale. Ne consegue che i risultati dell’esame EMG-ENG nelle radicolopatie hanno scarso valore assoluto, ma vanno sempre contestualizzati. CONCLUSIONI L’esame elettromiografico-elettroneurografico trova indicazione , nella diagnostica delle radicolopatie , in tutti i casi in cui il quadro clinico sia poco chiaro o atipico, in presenza di deficit motori, ed in tutti i casi in cui venga preso in considerazione un approccio chirurgico. Anche un esame negativo ha un intrinseco valore positivo escludendo con buona sensibilità altre patologie del sistema nervoso periferico che possano simulare una radicoloptia. Tutte le indagini neurofisiologiche vanno sempre considerate una estensione dell’esame clinico obiettivo, prive di un intrinseco valore assoluto . Bibliografia AAEM. Practice parameter for needle electromyographic evaluationof patients with suspected cervical radiculopathy. MuscleNerve 1999 . (Suppl. 8): s 209-221. Alfonsi E. Apporto delle indagini elettrofisiologiche alle patologie del rachide. Atti del IX congresso S.I.R.E.R “ Il rachide lombare”- Piacenza 2004. Falco F. Elettromiografia. In Medi&co 2008. Collana Telematica curata dalla Sezione Fimmg Lecce. Falco F. Le cervicobrachialgie nel laboratorio di neurofisiopatologia. Salento Medico 8-9 1996. Hakimi K, Spanier D., Electrodiagnosis of Cervical Radiculopathy. Phys Med Rahabil Clin N Am (20013) 1-12.